Ricerca per Volume

SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il pvesente volume, sesto della serie II, ha inizio il lo gennaio 1875 e termina il 24 marzo 1876, data della caduta del Ministero Minghetti e della Destra.

In esso acquista maggiore rilievo la documentazione relativa ai fatti della Bosnia-Erzegovina, col delinearsi sempve più evidente della questione d'Oriente.

Altri argomenti di notevole interesse sono la viforma giudiziaria in Egitto, la questione del Canale di Suez, nonché le visite 1in Italia dell'Imperatore d'Austria ,e dell'Imperatore di Germania.

Circa la poli<tica interna ancora in evidenza la questione romana per la legge sulle guarentigie e l'eventualità di un Conclave.

2. Il volume, come i precedenti, è in gran parte fondato sulla documentazione conservata nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri e precisamente sui seguenti fondi archivistici:

l) Gabinetto e Segretariato Generale: a) Istruzioni per missioni all'estero; b) Corrispondenza telegrafica in arrivo e pavtenza; c) Carteggio confidenziale e riservato.

2) Divisione Politica:

a) Registri copialettere in pavtenza;

b) Rapporti in arrivo;

c) Pratiche d.i,verse trattate dalla Divisione Politica.

3. -Un importante contributo per la compilazione del volume è stato fornito da alcuni archivi privati: l'Archivio Visconti Venosta di Santena, 'le Carte Minghetti della Biblioteca Comunale di Bologna e le Carte Robilant conservate - 4. -Alcuni dei documenti pubbl!icati erano già editi, integralmente o parzialmente, nelle seguenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo): Libro Verde 21 -Documenti Diplomatici concernenti la riforma giudi:zJiaria in Egitto presentati dal Ministro degli Esteri Visconti Venosta nella

tornata del 26 gennaio 1875 (LV 21).

Libro Verde 22 -Documenti diplomatici concernenti gli affari d'Oriente presentati dal Ministro degli Affari Esteri Melegari nella tornata del 3 marzo 1877 (LV 22).

XI

Libro Verde 26 -Documenti DiplomatiCii concernenti gli Affari d'Egitto presentati dal Presidente del Consiglio Ministro ad interim degli Affari Esteri Depretis nella tornata del 2 luglio 1879 (LV 26).

5. Per le ricerche e il coordinamento dei documenti ho avuto la preziosa collaborazione del Prof. Francesco Bacino a cui va il mio particolare ringraziamento. Con lui desidero ringraziare vivamente la Dott. Emma Ghisalberti per la compilazione dell'apparato critico.

ANGELO TAMBORRA


DOCUMENTI
1

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 533. Madrid, 1 gennaio 1875 (per. il 10).

Colla rapidità vertiginosa di un turbine, nel modo più imprevisto anche per gli stessi Alfonsisti, il figlio della Regina Isabella è proclamato Re di Spagna e la Dittatura del Duca della Torre, dispersa al vento in ventiquattro ore, senza convulsioni, senza ombra di 11esistenza da qualsiasi lato.

Dissi che tutto ciò avvenne alla sorpresa degli stessi Alfonsisti, imperocché il lunedì 28 dicembre ultimo, partì segretamente da Madrid per la provincia di Varenza, il generale Martinez-Campos il quale a cagione delle sue tendenze monarchiche, non occupava posto alcuno nell'esercito attivo dalla morte del Marchese del Duero, e gli amici dell'antica dinastia fecero di tutto per distoglierlo dal disegno di promuovere una sedizione fra le truppe, non giudicando l'istante opportuno. Lo lasciarono andar via senza fondi, e si atteggiarono in somma guisa da non far ricadere sul loro partito la responsabilità di simile tentativo in caso di non riuscita.

Però l'esistenza del potere esecutivo della Repubblica era giunta a tal segno di precarietà, siccome ebbi spesso a rassegnare a V. E. nel corso della mia più recente corrispondenza, che l'edifieio a mala pena sorretto dal 3 gennaio 1974, crollò subitaneamente al primo urto senza neppure avere la forza di fare un sembiante di resistenza. I miei rapporti non ponno aver lasciato l'adito aperto al menomo dubbio sulla debolezza che caratterizzava il caduto Governo.

Puramente come interesse storico, ecco i dettagli di questa straordinaria rivoluzione.

Il Signor Sagasta, sin dal momento in cui ebbe contezza che al sollevamento del generale Martinez-Campos, al quarle subito aderì la Brigata Daban, erasi unito iJ. generale Jovellar, comandante l'esercito del Centro, dovette rendersi conto della gravità e della portata di questo fatto che venne poi avvalorato dalle dichiarazioni che fecero i capi dei varii corpi del presidio di Madrid, al Ministro della guerra, generale Serrano-Bedoya, quando questi visi,tò le caserme della Capitale: le truppe essere pronte a sostenere l'ordine, non però a battersi con i difensori della causa di Don Alfonso, ad esse simpatica. Tali turono in sostanza le manifestazioni fatte, specialmente nella caserma d'artiglieria in via molto categorica.

l

3 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

La posizione del Governo era insostenibile e pericolosa, imperocché Madrid era minacciata d'un serio conflitto, qualora la lotta fosse stata impegnata nelle strade, tanto più che i partigiani di Don Alfonso, anche quelli non militari, erano disposti a porsi a lato delle truppe. Il Governo vedevasi compromesso assai e sebbene contasse sull'appoggio di tutti i repubblicani, come se gli fosse stato offerto, era mestieri ben ponderare le condizioni in cui .trovavasi il suo prestigio, dopo un anno perduto nella più imbelle e inutile dittatura. Conveniva adunque di ricercare con accurata disamina e matura riflessione i mezzi di compiere i proprii doveri, evitando un'altra guerra civile. In tale stato di cose, si telegrafò al Duca della Torre che la gran maggioranza del Corpo d'Armata del Centro assecondava il pronunciamento Alfonsista, e che ritornasse in tutta fretta.

Il Maresciallo rispose da principio che rimaneva al campo ove una battaglia era imminente, e che combattuta questa, sarebbe venuto. Poco tempo trascorse però prima che giungesse la notizia al Capo dello Stato che la guarnigione di Madrid con il Capitano Generale Primo di Rivera e varii altri generali s'immedesimavano apertamente col movimento monarchico. Allora dicesi che il Duca stesso significasse al Signor Sagasta che, non sicuro dello spirito delle truppe sotto i suoi ordini, era pronto a sottomettersi alla situazione sì improvvisamente creata a Madrid.

Nella notte del 30, l'antico Gabinetto si riunì per deliberare e fece chiamare il generale Primo di Rivera. Le spiegazioni fornite ed alcuni altri incidenti importanti, costrinsero i Ministri a rimettere, benché protestando, i loro poteri al Capitano generale predetto; questi si rivolse immediatamente al generale Cheste, al Signor Canovas e ad altri suoi amici che dalla vigilia erano detenuti al Palazzo del Governo della Provincia, e, imitando l'operato del generale Pavia un anno fa, li incaricò deHa composizione di un Ministero Monarchico. Questi personaggi giunsero sollecitamente al Dicastero della Guerra, dove e-rano convenuti quasi tutti gli amici più importanti della dinastia caduta nel 1868 e gli ex ministri di avanti la rivoluzione, allo scopo di formare un Gabinetto neUe condi2lioni di forza e di stabilità richieste dalle circostanze. Venne tosto ammesso in massima che il Signor Canovas dovesse nominare il Gabinetto e che il generale Jovellar fosse Ministro della Guerra. Fu deciso che il generale Primo di Rivera restasse al suo posto, che il generale MartinezCampos fosse promosso a Tenente-generale, e il Brigadiere Daban a Maresciallo di Campo, rimanendo così, secondo le consuetudini Spagnuole, immantinenti ricompensati gli originatori del pronunciamento militare.

Col mio rapporto in data di jeri (1), mandai a V. E. i decreti della Gazzetta Ufficiale che erano al Ministero-Reggenza. Riserbo alla prossima partenza di un corriere di Gabinetto i commenti sulla situazione, e confido la presente spedizione a una occasione privata, non giudicando prudente in quest'istante, valermi della posta.

(l) Cfr. Serie II, vol. V, n. 641.

2

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 8. Vienna, 3 gennaio 1875, ore 18 (per. ore 21,20).

Avènement au tròne Espagne prince Alphonse est solution très sympathique ici Empereur et Gouvernement (1). Hofmann m'a dit cependant qu'on attendra pour faire démarche quelconque Que nouveau roi se soit officielliement annoncé. En attendant ministre d'Autriche à Madrid a ordre entretenir relations officieuses sympathiques avec nouveau Gouvernement.

3

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2427. Parigi, 3 gennaio 1875 (per. l' 8).

Mi pregio d'annunziare all'E. V. che ho dir.etto oggi per la posta al Suo indirizzo il volume contenente il rapporto del Signor Perrot sulle operazioni militari del 1870-71 nell'Est, e quindi sulla parte presa a queHa campagna dal corpo d'esercito comandato dal Generale Garibaldi. Quel rapporto fa parte dell'inchiesta generale parlamentare sugli atti del Governo della difesa naziomde, ordinata dall'Assemblea e proseguita dal 1872 al 1874. La commissione parlamentare era presieduta dal Signor Saint-Mare Girardin, Presidente, ora defunto, e dal Conte Daru, Vice-Presidente. Il relatore del rapporto sulle operazioni militari dell'Est, Signor Ulrico Perrot, membro dell'Assemblea, mori nell'anno ora scorso, prima che il rapporto stesso fosse pubblicato.

La Legazione itaHana, come il R. Governo, che non ebbero ad intervenire nelle risoluzioni e negli atti del Generale Garibaldi e de' suoi seguaci, né in quelli del Governo della difesa nazionale di Francia, non hanno, credo, nessuna plausibile ragione d'interV'enire ne' giudizi e negli apprezzamenti che sopra di essi furono espressi in un rapporto d'iniziativa parlamentare d'una Assemblea estera. Giova del resto ricordare qui, per ogni buon fine, il disposto dell'ar

« In verità non potrei dire egualmente che l'avvenuta soluzione fosse quella desiderata nei circoli di quella Aristocrazia Austriaca, la quale tuttoché sia in massima parte estranea al Governo del paese, pure non cessa dall'essere una Potenza non senza azione sull'andamento governativo. In quelle sfere si sognava il trionfo dei Carlisti, ed anzi oltre ai caldi voti in favore della causa di Don Carlos, mandassi pure dall'Austrija a quel Pretendente, nello scorso autunno, un buon gruzzolo di denaro. Ad ogni modo però,l'accaduto, salvo agli ultra-affatto irragionevoli retrogradi, riuscl piuttosto gradito; poiché,sebbene non si sia effettuato il sognato riconoscimento del Diritto Divino, pure una Ristorazione sempre venne compiuta, e, non foss'altro, si volle in ciò ravvisare la constatazione del fatto che le Ristorazioni delle Famiglie spodestate dalla Rivoluzione possono ancora compiersi ai tempi nostri •.

ticolo 11 del Codice civile italiano, del quale non ispefJa a questa R. Legazione di pregiudicare l'interpretazione e l'applicazione.

I giudizi e gli apprezzamenti espressi nel rapporto del Signor Perrot sulle operazioni militari del Generale Garibaldi in Francia possono sembrare e sembrarono severi e talora ingiusti anche ad uomini imparziali ed immuni dai pregiudizi e dalle passioni di partito e di nazionalità. Ma, ripeto, questa questione d'apprezzamento sfugge interamente alla competenza ufficiale della Legazione di Sua Maestà. Spetta ai militari francesi e stranieri, la di cui responsabilità è specialmente fatta oggetto di esame e di biasimo nel rapporto predetto, l'oppugnarne, ove lo credano conveniente e nel modo che stimeranno migliore, le conclusioni. Nel rimanente, l'opinione pubblica europea, Hluminata dai fatti, dai documenti della controversia, e dal tempo, porterà essa in conclusione, anche su questa quistione, il suo giudizio imparziale e inappellabile.

(l) Cfr. il seguente brano del r. 323 di Robilant del 4 gennaio:

4

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 147. Roma, 4 gennaio 1875.

Ho ricevuto regolarmente la corrispondenza politica indirizzatami da V. S. Illustrissima nello scorso anno fino al n. 244 inclusivamente, ed ora La ringrazio delle informazioni contenute ·in quei rapporti.

Credo necessario in questa circostanza di chiamare l'attenzione di V. S. sopra un particolare che merita considerazione e che renderà opportuna qualche pratica speciale, per parte di Lei, presso il Governo della Confederaz.ione. È occorso frequenti volte, ed anche nello scorso dicembre, di dover incaricare il

R. Console in Lugano, dietro richiesta del Ministero Interni, di procurarsi i nomi precisi di taluni individui la cui presenza colà dava origine a qualche sospetto, e si ebbe per risultato di nulla poter conoscere perchè il R. Console non ottenne che risposte evasive alle domande rivolte per tale oggetto alle locali autorità. Sarebbe assai desiderabHe che queste ultime si prestassero con maggior premura nel coadjuvare in quel compito i<l Rappresentante del R. Governo. Anche indipendentemente dai maneggi di natura politica sui quali le

R. Autorità possano desiderare di raccogliere esatte informazioni col procurarsi i nomi delle persone sospette di cui viene segnalata la presenza nel Canton Ticino, è indubitabile che anche la stessa giustizia penale può in molti casi aver d'uopo di quelle indicazioni. Parrebbe dunque che le Autorità Ticinesi abbiano l'obbligo, pel solo fatto delle Convenzioni in vigore tra i due Governi, di compiere scrupolosamente quegli atti da cui può dipendere l'applicazione delle stipulazioni contenute nelle Convenzioni medesime.

Io lascio alla saviezza di V. S. Illustrissima di scegliere il modo più acconcio per tentare di recar rimedio all'inconveniente che Le ho qui indicato...

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI

T. l. Roma, 5 gennaio 1875, ore 14,10.

Le Roi a décidé de nommer le comte Barbolani actuellement à Constantinople envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire à Pétersbourg. Je vous prie de demander au pl'ince Gortchakoff si ce choix serait agréé par la Cour de Russie ·et de me faire connaitre sa réponse par télégraphe.

6

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 18. Lisbona, 6 gennaio 1875, ore 15,30 (per. ore 9,40 del 7).

Serrano très bien accueilli ici par la Cour Gouvernement et le pays. Ministre des affaires étrangères m'a répété etre meilleure solution contre propagande républicaine et de l'union hibérique. D'après les dépèches chiffrées que l'on a reçues hier, l'Europe parait satisfaite et mème pl'ète à reconnaitre le nouveau roi. Celle de Berlin ajoute reconnaitre de manière à ne pas laisser soupçon d'ingérence ou de protection a:llemande. Quant à la reconnaissance papale d'après le comte de Thomar elle ne sera guère empressée. Andrade Corvo désirerait concert général pour que la reconnaissance soit simultanée à Madrid, nommément entre Italie et le Portugal.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

L. P. Roma, 6 gennaio 1875.

Mi dispiace di non essere in grado di mandarle copia della lettera del Re all'Imperatore. Sua Maestà non considerando le minute che come un semplice brouillon, non segue che l'ordine generale delle idee in esse tracciate.

La lettera dell'Imperatore era, non solamente cortese, ma affettuosa. La risposta è concepita in un identico senso.

Il Re ringrazia l'Imperatore del dono inviatogli, ch'egli considera come un ricordo deill'accoglienza tanto cordiale ricevuta a Berlino. Alludendo a ciò che l'Imperatore ha scritto della sua salute, il Re lo assicura che non poteva meglio incominciare l'anno che ricevendo da Sua Maestà Imperiale la notizia che la sua salute, un momento éprouvée, sia ora ristabilita. Segue una frase rela,tiva

al viaggio dell'Imperatore in Italia. Sua Maestà Imperiale parlando della visita ch'egli avrebbe voluto restituire al Nostro Re, si esprime nella sua lettera in questi termini • visite que je me propose de vous rendre en personne, si ma santé et les circonstances me favoriseront •. Il Re gli risponde che il nuovo anno sarà per Lui un anno felice, se vedrà compiersi il progetto di cui l'Imperatore gli parla e che risponderebbe a tutti i suoi voti.

La lettera del Re termina dicendo che V.E. esprimerà all'Imperatore i sentimenti di affezione e gli auguri di Sua Maestà per la Sua Augusta P·ersona e per tutta la Famiglia Imperiale, ma che il Re desidera .in questa occasione che l'Imperatore ne abbia un'espressione più diretta nella lettera che gli scrive.

Spero che l'impressione che produrrà la lettera del Re all'Imperatore sarà pari a quella qui prodotta dalla lettera di Sua Maestà Imperiale. Il carattere di queste lettere esclude naturalmente qualunque pubblicità, ma l'effetto ch'esse devono produrre non è per ciò meno importante.

8

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1392. Berlino, 6 gennaio 1875 (per. il 10).

Dans une visite faite hier au Secrétaire d'Etat, celui-ci m'a donné que~ques indications au sujet de l'Espagne.

Quelque rapide qu'ait été la solution annoncée par le télégraphe, elle n'était pas imprévue pour le Cabinet de Berlin. Au mo.is d'Octobre déjà la candidature de Don Alfonso avait fourni matière à quelques pourparlers. Ses partisans représentaient cette candidature comme ayant les meilleures chances de réussite, et semblaient disposés à prendre une attitude plus active surtout dans le cas où ils pourraient compter sur l'assentiment des Puissances. Le Cabinet de Berlin, pour ce qui le concerne, s'est tenu dans une extreme réserve, en laissant comprendre qu'il importait à un prétendant d'éloigner tout soupçon qu'une ingérence meme indirecte de source étrangère eut favorisé sa cause. De son còté le Comte de Hatzfeld avait reçu l'instruction formelle de s'abstenir, s'il était interpellé, de se prononcer dans un sens quelconque sur la question de candidature (1). Le Gouvernement Impérial voulait rester fidèle à son programme de respecter le libre arbitre de la nation espagnole. Il se bornait à exprimer 1es voeux les plus sincères pour que cette nation parvint à substituer

c En provoquant, il y a quatre mois, une reconnaissance du Gouvernement centrai de Madrid de la part de la grande majorité des Puissances, Son Altesse [Bismarck] a frappé de discrédit les Carlistes. C'était aplanir la voie, ménager la transition vers la combinaison qui vient de se faire jour. Mais ce serait aller trop loin que de prétendre qu'il se soit employé à précipiter le dénouement. Ses intéréts réels n'exigeaient point qu'il fùt mis un terme aussi prompt au provisoire qui avait plus d'un còté avantageux ».

au provisoire un ordre de choses stable qu'elle estimerait le mieux approprié

pour assurer sa tranquillité et son indépendance.

Dans le cours de cet entretien, H m'a paru que je pouvais induire de la

manière de voir de M. de Biilow qu'il eut mieux valu que les événements au

delà des Pyrénées ,eussent poursuivi une marche mo1ns hàtive. Maintenant que

l'évolution s'est accomplie sans provoquer nulle part de résistance, et qu'elle

parait meme avoir été accueillie avec une certaine faveur en Espagne sauf dans

le camp carliste, les différents Cabinets ont du se poser la question de savoir si

et quand ils reconnaitront la nouvelle royauté.

Le Cabinet de Berlin, après avoir échangé à cet égard quelques idées avec

d'autr,es Puissances, a pu constater que les dispositions étaient généralement

assez favorables. Aussi avait-il télégraphié hier au Comte de Hatzfeld que si

l'Espagne sanctionnait la restauration de la dynastie des Bourbons détrònée en

1868, le Cabinet de Berlin ferait bon accueil aux lettres de notification de Don

Alfonso et pourtant le reconnaitrait comme Roi d'Espagne.

J'ai demandé si la sanction des Cortès était sous entendue. Le Secrétaire

d'Etat m'a répondu qu'on ne discuterait pas sur cette question de forme ou sur

telle autre. Il suffirait Que l'assentiment de l'Espagne fut ,implicitement constaté.

• Aussi dans notre télégramme à Madrid, ajoutait-il, nous nous sommes servis de l'expression mtification bona fide de la part de cette Nation •. Je me suis empressé de transmettre hier par le télégraphe ces der:niers détails (1).

Pour ce qui regarde l'Italie, j'ai dit à M. de Biilow qu'il était facile de prévoir ce que nous ferions dans cette circonstance. Nous nous en tiendrions évidemment à la ligne de conduite que nous nous étions tracée depuis 1873

• ni les premiers, ni les derniers •.

(l) Cfr. il seguente brano del r. 1391 di Launay del 2 gennaio:

9

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 21. Pietroburgo, 7 gennaio 1875, ore 17,40 (per. ore 21,55).

Gortchakoff m'a dit que le choix du prince Alphonse fait une impression favorable sur l'Empereur; que le Cabinet impérial est d'accord avec Allemagne et l'Autriche sur la question de la reconnaissance. La Russie reconnaitra après que don Alphonse aura été accepté par la nation. Le représentant allemand m'a assuré que le prince Gortchakoff a dans ses instructions laissé dans le vague la signification du terme acceptation de la nation; c'est à dire en ne subordonnant pas reconnaissance à un vote des Cortès.

(l) Cfr. t. 13 del 5 gennaio, non pubblicato.

10

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 543. Roma, 8 gennaio 1875.

Col mio dispaccio del 14 novembre, (l) Le trasmisi copia della lettera del Marchese di Noailles, contenente l'invito per l'Italia di farsi rappresentare nella Conferenza diplomatica per il metro, la Quale si riunirà in Parigi il l" febbraio prossimo.

Dopo le assicurazioni avute da V.S. nel colloQuio con S.E. il Duca Decazes, (2) mi affrettai di mettermi d'accordo col mio collega, il Ministro deill'Istruzione pubblica, circa la designazione del delegato tecnico che sarebbe stato aggiunto alla S.V. per prendere parte ai lavori della Conferenza. Quel mio collega ha scelto per tale ufficio il Prof. Govi, che ha già avuto parte ai lavori della Commissione scientifica internazionale. Conseguentemente io ho risposto al Marchese di Noailles con la lette:m di cui L•e trasmetto copia (3) e dalla quale visultano la nostra accettazione, la designazione di V.S. Illustrissima e del Prof. Govi come rappresentanti italiani nella futura conferenza ed il conc·etto generale delle istruzioni che io mi occuperò di preparare per la S.V. e che mi farò premura di spedirle tostoché sappia se converrà che i pieni poteri per firmare siano dati soltanto a Lei od anche al delegato tecnico. Sopra quest'ultimo punto Le sarei grato di favorirmi sollecitamente le necessarie informazioni.

11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 8 gennaio 1875.

Non ho che il tempo di scrivervi una riga per ringraziarvi delle vostre

ultime due lettere particolari.

Il Conte W·impffen non fece motto alcuno di visita da parte del suo Sovrano. Avrete veduto dai giorna1i che l'Imperatore di Germania mandò il suo ritratto a Sua Maestà, accompagnandolo con una lettera autografa. Questa lettera è assai cordiale. Vi si parla • du profond attachement que j'ai voué à Votre Majesté ecc. ecc. •. Ricordando la visita del Re a Berlino soggiunge • visite que je me propose de vous rendre ·en personne si, comme je l'espère, ma santé et les circonstances me favoriseront ».

La lettera di risposta di Sua Maestà è redatta sullo stesso tenore.

Il Conte Wimpffen mi lesse 1e istruzioni del Conte Andrassy a Madrid circa il riconoscimento del nuovo Re. Desidererei sapere che significato preciso si dà a Vienna alla prova che si attende dell'adesione nazionale. Noi agiremo d'accordo col:1e altre grandi potenze. Ma credo che la restaurazione del Re Alfonso sarà accompagnata in Spagna da una forte corrente di clericalismo. Se questa corrente si tradurrà in velleità al nostro indirizzo, le arresteremo sul bel principio.

Vi contraccambio i miei sinceri augurii pel nuovo anno a vi sarò grato se vorrete presentare alla Contessa di Robilant i miei rispettosi omaggi.

(l) -Cfr. Serie II, vol. V, n. 600. (2) -Cfr. Serie II, vol. V, n. 609. (3) -Non si pubblica.
12

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 408. Costantinopoli, 8 gennaio 1875 (per. il 16).

Nei convegni di società ed in tutte le altre occasioni in cui io vedo gli altri esteri Rappresentanti, non è caso che i principa:li fra essi non mi facciano parola dell'incidente turco-montenegrino. Mi è quindi forza ritornare su questo assunto. Dicevami jeri sera il Generale Ignatiew di avere ricevuto ordine da Pietroburga di richiamare di bel nuovo la seria attenzione dei Ministri del Sultano sulla urgenza di addivenire ormai alla punizione dei co'lpevoli degli eccessi di Podgoritza, visto tanto più, esseve fatto positivo quello di una straordinaria effervescenza fra i Montenegrini i quali sono decisi fra una o due settimane, al terminar cioè delle fazioni militari annuali, anziché rientrare ai loro quartieri, di venire Le armi in mano cercare soddisfazione e vendetta.

La relazione della Commissione d'inchiesta è giunta da Scutari questi giorni alla Sublime Porta; questa chiede le si lasci il tempo di esaminarli.

I Rapporti consolari che ci giungono da Scutari affermano essere assolu

tamente imperfetti il corso e l'esito dell'inchiesta, ma in ogni modo ove il

Governo della Sublime Porta prendesse senza tardare un momento più una

decisione nel senso delle conclusioni della relazione in discorso -in cui quattro

son condannati nel capo ed altri ai lavori forzati -farebbe atto reputato savio

da ognuno. Ma il Gran Vezir non cessa dal ripetere che se vi sono colpevoli

turchi da punire non ne debbono mancare di parte montenegrina, e che quindi

l'inchiesta turca ha a tener dietro un sindacato sever,issimo sul punto della re

sponsabilità dei fatti, ch'egli afferma incombere unicamente ai Montenegrini.

Così il Gran Vezir accenna a voler andar pelle lunghe in questa faccenda,

atteggiamento questo di cui si commuovon di molto questi Ambasciatori di

Russia e d'Austria-Ungheria nonchè il Rappresentante del Governo Francese, e

che non può del resto che altamente rincresceve a tutti nell'interesse dei principii

di giustizia e del mantenimento della quiete.

In ogni modo, mentre non vengono meno i debiti avvertimenti al Governo

del Sultano per parte di tutti, senza eccezione, i Rappresentanti delle maggiori

Potenze a Costantinopoli, nella varia misura creduta da ciascun di loro conveniente, sarebbe eziandio e giusto ed opportuno, parmi, che ferme parole ed eccitamenti a più savii consigli non si lasciassero di far udire al Principe Nicola e nelle file dei bellicosi abitanti della Montagna Nera.

13

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 236. Bruxelles, 9 gennaio 1875 (per. il 12).

Il Barone Lambermont mi domandò oggi se io avessi qualche notizia delle intenzioni del Governo del Re di fronte al desiderio della Russia di riunire nuovamente la Conferenza sulle leggi ed usi della guerra. Egli dimostra di non spiegarsi come la Russia ponga tanto impegno a spingere le potenze a decisioni che abbisognano più lunga e seria maturazione, di modo che i Governi cui non è così facile come all'Inghilterra lo starsene in disparte, si trovino nell'alternativa o di non rispondere colla deferenza che vorrebbero ad un sovrano rispettato, ·lasciando che alcune potenze vengano isolatamente ad accordi gravi di conseguenze politiche o di urtare il sentimento pubblico prendendo parte ad un'opera la quale nell'ipotesi 1la meno sfavorevole rimarrà lettera morta. I capitoli dello schema formulato nella Conferenza di Bruxelles relativi all'occupazione, alla qualità di belligeranti, ed aUe requisizioni sono specialmente considerati qui non poter esseve argomento di attuale accordo tra le potenze. Ai paesi stessi ove le questioni relative al riconoscimento della qualità di belligeranti vennero rese di più agevole soluzione per l'istituzione di milizie territoriali, quale è l'Italia (che suppongo qui disposta ad accostarsi al programma Russo), sembra secondo il Barone Lambermont rimanere difficilissimo l'accettare alcuni principii che eccitano nel Belgio viva e generale repulsione, e fra gli altri quello che dichiara illecita la resistenza nel territorio occupato, e quello del diritto dell'occupante sulle proprietà mobiliarie, anche di ferrovie (che nel Belgio sono 1in gran parte dello Stato) di spettanza del Governo.

Si sta facendo nel Belgio un accurato esame dei lavori della conferenza per parte dei magistrati, dei professori nelle Università, e dei funzionarii competenti; l'impressione comune risulta sempre più sfavorevole al progetto. Gli uomini che per dottrina ed ·esperienza sarebbero più capaci di venire a conclusioni precise se l'argomento lo comportasse, dimostrano di non potere cavare dalle proprie riflessiorni alcuna formula positiva e sicura che possa venire proposta dal Governo per gli argomenti più gravi.

V.E. ebbe dal rapporto politico del Conte de Sonnaz n. 232 H risultamento inconcludente della breve discussione impegnatasi nel dicembre scorso in questa Camera dei Rappresentanti circa la partecipazione del Belgio alla Conferenza. Il Conte D'Aspremont mi diceva recentemente che egli si aspettava ed anzi desiderava che la discussione continuasse dopo il suo discorso, e che ne emerges

lO

sero norme sufficienti per giovare al Governo quali autorevoli constatazioni dell'opinione del paese; ma la Camera sembrò come già la stampa, rifuggire dall'entrare a fondo in un argomento troppo irto di difficoltà e pericoli. Si crede tuttaVJia che qua:lche discussione al riguardo avrà luogo prossimamente in questo Parlamento in occasione della votazione del bilancio degli Affari Esteri. Il Governo Belga differirà almeno fino a quel momento ogni manifestazione deHe sue intenzioni al Governo russo.

Secondo le informazioni riservate giunte al Governo belga pare che il Gabinetto di Pietroburgo non abbia ancora determinato la sede da proporsi per la nuova sessione della Conferenza; ove le risoluzioni della maggioranza delle Potenze rendano verosimile una buona riuscita, la Russia convocherebbe la conferenza a Pietroburgo e questa sarebbe dn tale caso presieduta dal principe Gortchakoff; se invece l'esito sembrasse troppo incerto la Conferenza verrebbe convocata in Bruxelles.

14

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 73. Scutari, 9 gennaio 1875 (per. il 18).

La quistione turco-montenegrina sta per entrare in una nuova fase, in quella della mediazione per parte dell'Austria. Mi autorizza a crederlo una conversazione che ebbi ier:i col Console Generale d'Austria-Ungheria. La mediazione, lasciate le disquisizioni giudiziarie, porterebbe la vertenza sul terreno politico.

Il Montenegro avrebbe in tal modo più ampia soddisfazione che non possa attendersi dalla riescita di qualsivoglia processo, mentre poi ne raccoglierebbe molte utilità.

La mediazione porterebbe sulle guarenzie per parte della Porta al Montenegro contro il rinnovamento dei disordini che funestarono Podgorizza e sulla soddisfazione da darsi al Principato.

Il Montenegro vorrebbe in quest'occasione proporre:

l) che gli sia ceduta tutta la destra della Morania e la destra della Bibuitza ·in guisa che il confine muova dalla montagna di Kusei e segua il corso della Bibuitza fino al confluente di quel fiume colla Morania poi oltre Podgorizza, e poi la Morania fino alla foce nel lago: tutta la Zeta con Zabliak e Spouz sarebbe del Montenegro. La popolazione di questo distretto è, come scrissi in precedenti rapporti, tutta slava di sangue ed ovtodossa di religione: pochi turchi sono a Zabliak ed a Spouz : il numero degli abitanti si può calcolare a 15 o 16 mila dei quali 13 o 14 mila slavi ortodossi -2 mila circa slavi-turchi. Tale proposta sarebbe fatta col solito pretesto della rettificazione delle frontiere e per dare i mezzi necessarj agli abitanti degli infecondi paesi montenegrini;

2) il diritto di avere un Agente tutelato dal diritto pubblico (un console) in Podgorizza;

3) libertà di navigazione del lago e della Bojana al mare;

4) finalmente e per incidenza si tratterebbe di regolare per rapporti reciproci dei due paesi. Io do all'E.V. in modo riservato e confidenziale questa comunicazione e colgo...

15

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 326. Vienna, 11 gennaio 1875 (per. il 15).

Col mio rapporto dell'8 corrente n. 325 (l) faceva presentire all'E.V. :J.a spedizione per parte del Gabinetto di Vienna di una Circolare alle grandi Potenze intorno al riconoscimento della nuova forma di Governo costituitasi in !spagna. Tale comunicazione seppi poi essere stata diretta il 5 corrente, sotto forma di telegramma al Conte Wimpffen a Roma. L'E.V. ne avrà dunque già avuto conoscenza da parecchi giorni. In essa, come potei rilevare, avendone avuto visione qui oggi, è fatto cenno della convenienza che il Paese sotto una forma rivestente un carattere di legalità, dia la sua sanzione al nuovo ordine di cose prima che si possa addivenire al formale riconoscimento.

Le mie prime informazioni, come l'E.V. avrà potuto rilevare, suonavano ritenere il Gabinetto di Vienna suf~iciente per il riconoscimento, l'ufficiale notificazione da Madrid per parte del Re del suo avv,enimento al Trono. La comunicazione diretta alle Potenze il 5 già sarebbe una modificazione della prima decisione; se tanto è che le mie informazioni fossero in allora esatte; locchè mi sarebbe difficile guarentire dovendo, a difetto del Conte Andrassy che ogni giorno si rende più invisibile ai diplomatici, attingere notizie da persone che sebbene incaricate di rappresentar,e il Ministro, pur non ne conoscono sempre il pensiero. Ora stando alle voci che corrono parrebbe che si voglia essere qui un poco più esigenti ancora verso il nuovo Re, poiché si fa cenno della necessità della previa riunione delle Cortes. Chiesi schiarimenti in proposito al Barone Hofmann, ma auesti l'isposemi nessuna nuova decisione essere intervenuta dopo il telegramma del 5. Lasciommi però intendere che i termini di quello erano sì elastici da dar la più larga libertà di apprezzamento intorno al fatto capace di dar la sanzione legale al nuovo Sovrano.

Conseguentemente la mia impressione si è che realmente cualche cosa di nuovo ci sia; e le Corti Nordiche intendano procedere in proposito con maggiore lentezza di quanto erasi prima deciso. Cosa sia intervenuto, meglio che da me l'E.V. potrà saperlo da:l mio Collega di Berlino; ciò nondimeno mi permetterò esprimerle la mia idea in proposito. Sta di fatto che al primo momento la Ri

storazione spagnuola fu accolta con molto favore in Europa; ma i primi intendimenti del nuovo Regime annunciatici dal telegrafo, accennarono ad un indirizzo abbastanza clericale da mettere in allarme il Gabinetto di Berlino, e quindi da far raffreddare non poco le sue simpatie pel nuovo Sovrano. Aggiungasi a ciò che la crisi che tuttora perdura in Francia, e che se non altro è' indizio si sia colà al principio della fine, doveva naturalmente inspirare alle Potenze Nordiche il desiderio di procedere con molta cautela sulla questione del riconoscimento di nuovi Governi, onde non costituire precedenti compromettenti. Non ho il mezzo, per la ragione che ho più sopra indicata, di controllare il maggiol'e o minore fondamento di questi miei apprezzamenti; pur non ho creduto fuor di luogo farne cenno all'E.V., a cui ciò fare riuscirà facile.

(l) Non pubblicato.

16

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 36. Madrid, 13 gennaio 1875, ore 21 (per. ore 1,15 del 14).

Les ministres étrangers ont décidé de ne pas faire de visite en corps au roi, dans l'état actuel des relations. Cependant, quelQues uns d'entre eux, soit pour des raisons de parenté soit à d'autres égards, ayant exprimé l'intention de demander néanmoins une audience particulière à l'occasion de son arrivée à Madrid, cet ex,emple va etre probablement imité par la majorité. Il est possible qu'en fait d'abstention, il n'y ait que les ministres de Russie et d'Angleterre et H peut meme se faire que ce dernier soit le seul. Me trouvant etre actuellement l'unique chargé d'affaires, veuillez me télégraphier si je do,is agir comme la majorité, ou si, tant qu'il y a un représentant d'une grande puissance qui se tienne dans la réserve, je dois en faire autant, ou si enfin je ne dois suivre la conduite des ministres dans aucun cas (1). Le manifeste aux .... (2) puissances sera signé, dit-on, par le roi, demain meme en arrivant au palais et sera immédiatement expédié par courrier.

17

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 41. Madrid, 14 gennaio 1875, ore 18,30 (per. ore 10,15 del 15).

Le roi vient de faire son entrée. L'accueil qu'il a reçu sera représenté comme enthousiaste mais en vérité si l'on excepte les classes élévées ou officielles, la grande masse du peuple s'est montrée indiffévente.

(l) -Con t. 16 del 14 gennaio Visconti Venosta dette istruzioni a Maffei di non richiedere un'udienza particolare al Re Alfonso ma lo autorizzò a partecipare ad un'eventuale udienza cui fosse invitato tutto il corpo diplomatico. (2) -Gruppo indecifrato.
18

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 328. Vienna, 14 gennaio 1875 (per. il 17).

Siccome ebbi ad annunciarle testé telegraficamente, (l) ad iniziativa del Principe Gortschakoff gli Ambasciatori di Germania e di Russia ricevettero istruzione di concertare col Gabinetto di Vienna un'azione comune da esercitarsi a Cettigne allo scopo di appoggiare il Pdncipe di Montenegro nella resistenza che si vorrebbe egli facesse alla pressione dei Notabili del paese che intendono indurlo a dichiarare senza indugio la guerra alla Turchia, onde attenerne colle armi la riparazione che essa rifiuta di dare pei fatti di Podgorizza. Il generale Schweinitz disimpegnò oggi il suo incarico presso il Barone Hofmann, ed il Signor di Novikoff mosse stamane a quello scopo alla volta di Pest onde conferire direttamente col Conte Andrassy. Il prefato Barone Hofmann dicevami già due sere fà, che gli affari stavano assumendo una piega molto grave dalla parte del Montenegro. Oggi confermommi quella sua impressione, mentre però insisteva nel caratterizzare in senso altamente conservativo della pace, il passo che le tre potenze d'accordo sarebbero per fare a Cettigne. Devo però dire che parvemi capire che se le tre Potenze non riuscivano nell'intento a cui accennavano, l'Austria non ne sarebbe soverchiamente addolorata. Avendogli poi io chiesto cosa si sapesse dell'attitudine della Serbia, mi rispose che per ora tutto ·era colà tranquillo, ma che evidentemente non si poteva prevedere .l'avvenire. Quel ripetermi che l'orage est bien près d'éclater, come il Direttore Generale del Ministero ebbe a farmi, mi dà ragione di credere che più che ad impedirlo di scoppiare, si cerchi mezzo di farlo nascere.

Come già ebbi a dire altra volta, non posso vedere se non pericoH per l'Impero Austro-Ungarico da una sollevazione contro la Turchia in questo momento delle razze Slavce e Rumene, e quindi non riesco ad afferrare !'·intendimento pratico che guida in questa circostanza il Gabinetto di Vienna.

Bensì intendo la ragion d'agire della Russia, :la quale certamente non potrebbe trovare momento più favorevole di questo per rimettere sul tappeto ed anche sul terreno la questione d'Oriente. Essa può ora contare sulla Germania

assolutamente, e tiene ugualmente a sé legata l'Austria. Nessun'altra Potenza è in grado di opporsi oggi a tale alleanza, che se non è diffatto conchiusa fin qui, può essere tradotta in atto da un momento all'altro. Il nodo della situazione è a Pietroburgo, ed è quindi da colà che l'E.V. potrà essere meglio informata delle intenzioni delle tre Potenze. Per mio conto, non mancherò di ragguagliarla, di ciò che mi riuscirà sapere qui, ma prevedo che giungerò sempre tardi, poiché, in questo affare l'iniziativa non è qui, e d'altronde la

Corte dovendo, per una diecina di giorni ancora soggiornare a Pest, il Conte Andrassy non farà certamente ritorno a Vienna prima di quell'epoca; quindi impossibile mi sarà riferire se non cose attinte a sorgenti di informazioni mediocremente buone soltanto.

(l) Con t. 39, pari data, non pubblicato.

19

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1396. Berlino, 15 gennaio 1875 (per. il 22).

Sans vouloir grossir outre mesure l'importance des révélations du procès Arnim, il résulte clairement des dépeches du Prince de Bismarck que ce que le Chancelier voudrait éviter en France, c'est la fondation d'un Gouvevnement régulier quelconque. Il désire avant tout qu'elle reste dans un état provisoire soumis aux J.ncertitudes et éloignant des alliances avec l'étranger. Son but avoué c'est d'empecher un groupement des Etats Européens genant pour l'Allemagne. Les Bonapartistes sont envisagés comme les seuls dont on puisse espérer des relations supportables.

Je n'avais donc nul besoin de chercher à pressentir quelle était [a manière de voir, quels étaient les voeux du Cabinet lmpérial en présence de la crise mirnistérielle et parlementaire, chez ses voisins de l'Ouest. Aussi, dans mon entretien avec le Secrétaire d'Etat, me suis-je tenu dans les généralités. De son còté il s'est exprimé avec une certaine réserve sur le dénouement de la crise, tout en émettant l'avis que dans les conditions présentes de fa France, aussi bien que dans l'avenir, l'Italie et l'Allemagne ont un intéret mutuel à faire

~ '

cause commune.

J'apprends de bonne source que, d'après des informations parvenues indirectement au Cabinet de Berlin, le Maréchal Mac Mahon se trouve dans l'alternative ou de ruiner son prestige ou de dissoudre l'Assemblée Nationale. Le pouvoir du Président de la république, établi pour sept ans, ne restera qu'une apparence si on ajourne indéfiniment le vo,te des lois constitutionnelles venant compléter le vote de la septennalité. Il ne saurait se contenter de n'etre que le mandataire à la fois inviolable et impuissant d'une assemblée unique· et omnipotente. D'un autre còté, la confusion règne dans :le Parlement. Il joue la comédie des partis qui se poursuiv·ent de leurs récriminations faites pour dénaturer la vérité, au lieu de se maintenir dans la réalité des choses. Chacun de ces partis se figure, à son point de vue, que le pays s'intéresse à ses querelles, qu'il est pret à venger ses griefs, à se prononcer pour la droite ou la gauche, pour la monarchie ou la république. On aurait plutòt lieu de croire que c'est là une erreur. Le peuple français, pris dans son ensemble, a passé par tant d'épreuves et de déc·eptions, qu'il est devenu assez sceptique, ou si l'on veut, assez éclectique pour prendre son bien où il le trouvera. La lassitude aidarnt, il finira par accepter l'ordre et la sécurité de la part de ceux qui seront en mesure de lui donner un jour ces garanties.

Une semblable situation aboutira-t-elle à un coup d'Etat? Les renseignements reçus de Paris ne le mettent pas en doute. La masse de la nation ne se croirait alors ni sauvée, ni perdue, et laisserait aUer les choses. Il se produirait un apaisement, comme après toutes les crises dont on s'effraie d'abord parce qu'elles sont l'inconnu, et qu'on s'étonne un peu ensuite d'avoir franchi sans avoir essuyé trop d'avaries.

Selon ces memes indications, les temps sont miìrs pour le coup d'Etat. Qu'oa 12 vcuille ou qu'on ne le veu:lle p<:s, les situations ont leur logique. Mais le Maréchal Mac-Mahon est-il de taille à trancher le noeud gordien? Qui aurait le bénéfice Ci11 ~riomphe? On répond à cela Que peut-etre le Maréchal essaiera d'en retirer les profits pour lui-meme, sauf, en cas d'échec, de se rattacher au candidat monarchique ou impérialiste qui offrirait le plus de chances de réussite, et ce candidat serait l:e fils de Napoléon III.

Je ne sais si ces données ont Q.uelque degré d'exactitude, aussi je ne les transmets que sous bénéfice d"inventaire.

20

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1397. Berlino, 15 gennaio 1875 (per. il 22).

Le Cabinet de Berlin assure oue les expériences de l'année dernière doivent l'engager résolument et avec confiance dans le conflit entre l'Eglise et l'Etat. Ses actes marchent de front avec ses assurances. Un second Eveque, celui de Paderborn vient d'etre destitué. Deux Archeveques et trois Eveques ont été incarcérés. Le nombre des pretres qui, depuis la nouvelle législation, ont été comdamnés à des amendes ou à la prison, s'élève déjà à 1400. Les Evechés deviendront vacants et l'on ne pourra pourvoir à ces vacances. Le meme vide se produira successivement pour les cures, et l'exercice du culte catholique se restreindra de plus en plus. Si cet état de choses persiste quelques années, il n'y aura plus assez de candidats à la pretrise. Les populations s'émeuvent, mais jusqu'ici du moins il n'y a pas eu de résistance ouverte contre l'autorité civile.

Il est clair que cette situation ne peut durer toujours. La question est de savoir qui de l'Etat ou de l'Eglise pourra la supporter plus longtemps. Le Gouvernement prend ses mesures pour év<iter le trouble que de telles conditions pourraient jeter dans 'la vie publiQ.ue. Il a, entre autres, introduit en Prusse le mariage civil, et il ne tardera pas à etre appliQ.ué dans toute l'Allemagne. LP. Gouvernement protège ,en outre ,le vieux-catholicisme en se flattant de recruter parmi ses adeptes un clergé pour remplacer celui qui ne veut pas preter obéissance aux décrets du Landtag et du Reichstag.

C'est là le point briìlant de la politique allemande, et jusqu'ici du moins on ne voit pas trop quels avantages le Cabinet de Berlin a retiré de son attitude.

Il ne s'attendait pas probablement à la force de résistance de ses adversaires, mais il est d'avis qu'il est impossible de reculer, et qu'il faut aller jusqu'au bout dans la voie où il est engagé. Les zélés vont jusqu'à dire que la nécessité des choses entrainera le recours aux grands moyens pour fonder une Eglise nationale, pour compléter l'oeuvre de Luther, et conquérir ainsi une entière indépendance dans le monde spirituel.

En présence d'une question aussi délicate qu'épineuse, nous devons nous féliciter de notre politique prudente et avisée. Nous devons continuer à nous en tenir à une tempérance habile qui nous a épargné plus d'un embarras et dont nous recueillerons peu à peu les fruits. Mieux vaut 'en effet pour nos conditions particulières intérieures laisser à l'Eglise, aux Evèques, au Pape toute 1la liberté compatible avec l'exdstence de notre nationalité, et nous prèter à toutes les combinaisons pratiques dans nos relations avec le Clergé.

21

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 409. Costantinopoli, 15 gennaio 1875 (per. il 22).

Il Generale Ignatiew ha comunicato a me e agli altri Rappresentanti delle maggiori Potenze un telegramma indil'izzatogli 1'11 del corrente mese dal Principe di Montenegro, concepito nei seguenti termini:

• Depuis le massacre de Podgoritza j'ai entretenu avec Son Altesse le Grand-Vizir sur ce sujet une correspondance pleine d'une patience et d'une modération que la marche irrégulière des travaux de la Commission à Scutari mettait chaque jour à l'épreuve, espérant ainsi obtenir de la Sublime Porte une justice satisfaisante à la dignité et aux intérèts lésés de mes sujets.

Sans tenir compte des efforts que j'ai tentés dans cette voie, Son Altesse me faisant part du prononcé de la sentence contre les auteurs du massacre, -prononcé d'ailleurs infirmé par la protestation de mes délégues -prétend encore subordonner les décisions prises par la Commission, au jugement et à la condamnation des coupables de notre part, dont l'enquète démontrera le nombre.

Je vous laisse juge ainsi que vos Collègues si une semblable manière de voir qui renversant 1les ròles impUque une demande de satisfaction à notre justice mise en suspicion, est de nature à calmer notre susceptibilité offensée.

Quant à notre justice, elle aura un plein effet; mais il serait à mon avis exorbitant que ses décisions puissent devancer l'exécution des coupables tures, dont le crime a amené les r,eprésailles.

V. E. se convaincra aisément que cette manière conditionnelle de la part du Gouvernement Ottoman de rendre la justice, ajourne, à mon grand regret, la solution d'un différend grave et préjudiciable aux intérets des deux pays ».

Siffatta comunicazione venne tosto d'ordine del generale Ignatiew, portata a notizia del Gran Vizir, dal primo interprete dell'Ambasciata Russa.

Sua Altezza prese in poco buona parte tale partecipazione e fece rispondere all'Ambasciatore che S.M.!. il Sultano non aveva, nell'alto suo volere, che a far venire a surrogarlo un nuovo Gran Vizir, ma che egli finché godeva della fiducia del Sovrano non recederebbe dal suo fermo proposito di volere la punizione simultanea d'una parte e dall'altra dei colpevoli, e non accetterebbe mai la formazione d'una commissione d'inchiesta sugli imputati Montenegrini, che qualora riunita sopra territorio Ottomano.

Sir Henry Elliot ed il Barone W1erther, Ambasctatore d'Allemagna, videro pure non è guarì il Gran Vizir -ma lo trovarono irremovibile in tali suoi intendimenti.

È da notarsi che le istruzioni di cui il predetto Rappresentante d'Allemagna è già da qua•lche tempo in possesso lo abilitano in modo preciso -come intesi affermarlo da lui stesso -ad adoprarsi per che il Gov,erno Imperiale faccia severa giustizia nel ma1laugurato incidente di Podgoritza.

Tale faccenda trovasi adunque in una fase che sfortunatamente non accenna ad un immediato favorevole compimento.

22

APPUNTI PER IL MINISTRO DESTINATO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

Roma, 16 gennaio 1875.

La più antica e cordiale amicizia esiste fra le Case Regnanti d'Italia e di Russia. La guerra di Crimea non fece che sospendere momentaneamente queste ottime relazioni, ed è noto che la Russia contribuì efficacemente, d'accordo colla Francia, al riconoscimento del Regno d'Italia per parte delle altre Grandi Potenze.

D'altro canto è noto che fra il Vaticano e il Gabinetto russo esistono cagioni di dissenso gravissime·. È supedluo rammentare l'incidente Meyendorff e la rottura delle relazioni ufficiali, le quali non furono formalmente riprese, e si continuano soltanto mercè un agente ufficioso, il Signor Capniste. Non può quindi attribuirsi grande importanza alle millanterie d'un partito che pretende vedere nella Russia la restauratrice del potere temporale. Ma non è inutile tener dietro a certi int11ighi che mirano a seminar la discordia fra la Russia e la Germania, ed a fare di Pietroburgo il centro d'una cospirazione diplomatica ultramontana.

La Russia non ha, né sotto l'aspetto religioso né pei rapporti politici interesse alcuno al ristabilimento del potere temporale. Sola fra tutte le Potenze di Europa, essa non ha difficoltà religiose, appunto perché l'organizzazione della Chiesa Ortodossa, ammette senza più ola supremazia politica dello Stato. Non è a dubitarsi che tutto ciò che ridonasse al Papato il prestigio d'una grande istituzione politica, fomente·rebbe in appresso i malumori, nelle popolazioni cattoliche dell'Impero russo. n Principe Gortchakoff è troppo intelligente per non comprenderlo.

Tuttavia l'aborrimento da ogni moto popolare, il desiderio di rinfrancare le basi conservative della Società potrebbero spiegare sino ad un certo punto che a Pietroburgo si veda con certa riserva la situazione attuale in Roma. Può dubitarsi se sia durevole lo stato di cose che vi fu introdotto, e chiedersi, se giovi o nuoccia all'ordine sociale, che il principio d'autorità non abbia più a Roma la satda base d'un pontificato che si confonda colla monarchia.

Il Conte Barbolani non avrà difficoltà a dissipare codesti dubbi, qualora gli se ne presenti spontanea i'opportunità. Il Papato politico era divenuto per l'Italia non solo, ma anche per l'Europa, un fomite di disordini. Sin dal 1853 le Potenze dovevano dar consigli circa la forma di governo ed i modi adoperati dai preti nell'amministrare Je provincie romane. L'intervento, dapprima dell'Austria poi della Francia, fu la principale cagione di quelle scosse successive che finirono per distruggere interamente l'equilibrio europeo qual era stato stabilito nel 1815.

L'ordine sociale non può avere in Italia miglior base della monarchia. Essa sola riescì a temperare i moti spontanei deHe popolazioni: essa rivolse a suo pro' il sentimento unitario e nazionale, e fece di questa forza potentissima una garanzia di sicurezza interna e di pace coll'estero. L'indipendenza dell'Italia è un grande interesse politico russo: il Gabinetto di Pietroburgo ha per tradizJone di proteggerlo, ed infatti manteneva rapporti intimJ con Torino e con Napoli, i soli due punti della penisola in cui esistevano governi indipendenti. Ma è facile dimostrare che senza l'unità non potrebbe esservi più ormai per l'Italia né indipendenza dall'estero, né pace sociale interna.

La costituzione dell'unità monarchica in Italia non differisce da quella per cui nei secoli scorsi sorsero le grandi unità nazionali in Inghilterra, in Francia, in !spagna, in Russia stessa. Se si fa astrazione da quell'il:lusione per cui gli avvenimenti accaduti alcuni secoli sono sembrano esser più legittimi nei loro risultati, perché sanciti dal tempo, dappertutto ove si costituirono le grandi unità nazionali, ciò avvenne mediante l'annessione delle altre parti del territorio nazionale a quella che ebbe la fortuna di possedere una dinastia prode, generosa, pronta a identificare le sue sorti con quelle della nazione. Ciò che avvenne altrove ed in altri tempi per conquiste, o matrimoni, o trattati di compera, avvenne· ora in Italia con metodi corrispondenti alle nuove correnti d'idee e di civiltà. Qualunque giudizio si voglia portare in Russia sopra queste nuove idee, si dovrà ciò nulla meno riconoscere che la dinastia di Savoia ha esteso la legittimità della sua corona a tutta la penisola. Certo non erano più legittime della sua le altre dinastie preesistenti in Italia; né queste potrebbero trarre a:lcun profitto dalla distruzione dell'ordine attuale, di cui sola erede sarebbe l'anarchia sotto il nome di repubblica.

L'Italia ha comuni con la Russia gl'interessi ed i principii conservatori: ed in nessuna questione politica di grande ·importanza si trova in disaccordo con essa. Il Governo italiano cerca come la Russia di prevenire ogni complicazione politica: al pari del Gabinetto russo mantiene rapporti d'intimità coi Gabinetti di Berlino e di Vienna, pur cercando di coltivare relazioni amichevoU anche colla Francia. In Oriente noi seguiamo la massima di non trattare ogni piccolo incidente come una grande questione: favorevoli allo statu quo, noi non ci

opponiamo tuttavia al pacHico e progressivo sviluppo delle razze cristiane. Nella questione del diritto delle potenze di conchiudere accordi commemiali colla Rumania, noi cercammo di evitare la quistione di diritto, e consigliammo alla Porta di scegliere essa stessa un modo pratico di dar soddisfazione agli interessi commerciali delle Potenze, senza derogare ai suoi diritti. Nella quistione di Podgorizza abbiamo dato ordine alla Legazione a Costantinopoli di associarsi alla Russia per ottenere che la Porta prendesse tosto i provvedimenti necessari per punire i colpevoli ed impedire che quel'l'incidente avesse ulteriori conseguenze.

Circa le proposte che furono l'oggetto della Conferenza di Bruxelles, i:l Gov,erno del Re f·ece plauso alla nobile e generosa iniziativa di S.M. l'Imperatore A:lessandro, e non esitò ad associarsi a quegli studi. Le proposte formulate dalila Conferenza furono quindi prese in attento esame e furono sottoposte per la parte tecnica al Comitato di Stato Maggiore dell'esercito, per la parte politica legale ad una Commissione di deputati, magistrati e professori nominati dal Guardasigilli. Allorché questo esame sarà compiuto in ogni sua parte il Governo del Re si affretterà a far conoscere al Gabinetto di Pietroburgo le sue deliberazioni.

All'infuori di codesti affari, non esistono attualmente altri negoziati politici fra l'Italia e rla Russia. Il compito del Ministro del Re consiste quindi soprattutto nel dare spiegazioni sulla situazione interna dell'Italia, sulle intenzioni del Re e del suo Governo. Dissipare ogni impressione men favorevole con un contegno franco ma dignitoso e prudente, favorire lo scambio d'idee sopra tutte le questioni d'indole generale, promuovere fra i due Gabinetti rapporti non solo cortesi ma di fiducia, ecco ciò che più gioverebbe in questo momento al Rappresentante d'Italia a Pietroburgo. Ma non gioverà dimenticare che colà, come in ogni grande centro di politica, un osservatore accorto e sagace può rendere grandi servigi al proprio Governo. Tutti i fatti speciali per cui si possa scoprire quale grado d'intimità corre realmente fra il Gabinetto di Pietroburgo e quelli di Berlino, di Vienna e di Parigi hanno grande importanza per noi. Il Conte Barbolani si adopererà quindi con grande cura a coltivare relazioni cordiali coi suoi colleghi, alcuno dei quali, per la sua influenza a Corte, può essergli utilissimo.

23

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

(Ed., con alcune varianti, in LV 21, pp. 263-264)

D. 103. Roma, 16 gennaio 1875.

Il Consiglio di Stato ha emesso il parere che sia da presentarsi all'approvazione del Parlamento l'accordo stabilito fra il Governo di Sua Maestà e quello del Khedive per l'introduzione della riforma griudiziaria in Egitto. Tale accordo risultante dallo scambio di note avvenuto a Costantinopoli nel marzo 1873 fra il conte Barbolani e Nubar Pascià è stato posteriormente in qualche parte reso più completo ed in altre modificato per effetto dei negoziati posteriori del Governo egiziano con altre Potenze e segnatamente in seguito alle intelligenze prese dall'Egitto con la Francia e comunicate al Governo di Sua Maestà con la nota che Cherif Pascià ha indirizzato a V. S. il 19 novembre ultimo passato.

Trattandosi di sottoporre all'approvazione del Parlamento l'accordo che termina le lunghe trattative nelle quali l'Italia ha preso quella parte importante che richiedevano i gravi interessi dei suoi cittadini in Egitto, è necessario che l'accordo stesso risulti da un atto firmato recentemente da:lla S. V. e dal personaggio a cui piacerà al Vicere di dare la necessaria autorizzazione. A tale atto si potrebbe dare la forma stessa che fu adottata per gli ultimi conc·erti presi con la Francia. Attenendoci a questa forma è naturale che non siano a temersi difficoltà, e un atto terminativo di tutto il negoziato, mentre risponde alle nostre esigenze parlamentari, darà all'accordo una forma più regolare di cui l'Egitto stesso è in grado di apprezzare tutto H valore.

V. S. troverà qui unito il progetto di protocollo ch'io spero possa essere accettato senza variazioni dal Governo del Khedive. In questo caso, Ella è autorizzata da questo dispaccio ad apporvi la firma sotto la sola 11iserva dell'approvazione del Parlamento.

24

IL MINISTRO AD ATENE, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 217. Atene, 16 gennaio 1875 (per. il 22).

Il Signor Delyanni mi ha ieri incaricato di far perv,enire a V. E. i più vivi e sinceri ringraziamenti del Governo Ellenico per le istruzioni date al nostro Agente in Alessandria di appoggiare le istanze del Gabinetto di Atene onde ottenere dal Khediv:e che la Grecia abbia una parte più larga nella composizione dei tribunali che stanno per essere colà stabiliti dn seguito al!la riforma giudiziaria. Il Ministro degli Affari Esteri mi disse che, dopo le assicurazioni date al Signor Mannos tanto dal Ministro di Grazia e Giustizia del Vicere, quanto da personaggi della Corte egiziana, egli aveva concepita la certezza che verrebbero offerti alla Grecia due posti di giudice nel Tribunale di l • Istanza, oltre al sostituto Procuratore, ed aveva quindi dato all'Agente Ellenico ordine di aderire alla riforma; che però, siccome dietro Ie ultime notizie il Governo egiziano non sembrava pienamente disposto a render paghe le concepite speranze, egli telegrafò al Signor Mannos di sospendere l'adesione del Governo Ellenico. Il Signor Delyanni avendo però saputo che il Commendatore De Martino si accingeva a fare presso il Khedive nuovi ufficii, mi disse che desiderava intanto far giungere per mezzo mio al Governo del Re le vivissime grazie del Gabinetto Ellenico, non senza ripetermi che in ogni caso non poteva a meno di riguardare come una condizione sine qua non l'ottenere le concessioni più sopra ·indicate onde dare la sua adesione alla progettata riforma.

25

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1400. Berlino, 17 gennaio 1875 (per. il 22).

En suite des instructions contenues dans la dépèche de V. E. N. 338 (1), j'ai sollicité de l'Empereur une audience qui m'a été accordée hier. J'ai dit que j'étais chargé de remettre la réponse de Mon Auguste Souverain à la lettre si cordiale qui accompagnait un don offert avec tant de gràce, et que le Roi conserverait comme un de ses plus précieux souvenirs. J'ai exprimé en mème temps dans Ies termes les plus chaleureux les souhaits et les sentiments d'affection du Roi pour Sa Majesté, ainsi que pour toute la famille Impériale, souhaits et sentiments dont l'expression plus directe était tracée de coeur et d'ame dans la lettre qui parvenait à sa haute destination par mon entremise.

L'Empereur m'a témoigné combien il avait été toujours touché des excellents procédés de la part de Sa Majesté, et dont il était heureux de recevoir une nouvelle preuve. Il désirait vivement pouvoir réaliser le projet de visiter notre Cour dans le courant de cette année. Le seul obstacle avait été l'ordonnance des médecins de ménager ses forces ébranlées par une maladie durant l'hiver. Il se sentait parfaitement remis en automne, de manière à pouvoir assister aux grandes manoeuvres. Il avait fallu cependant prendre ensuite quelques semaines de repos, après quoi la saison était trop avancée, sinon pour passer les Alpes, du moins pour s'exposer, au retour, à un trop brusque changement de température.

Maintenant sa santé était parfaHement rétable. Il ne prévoyait aucunement que les circonstances politiques devinssent un empèchement. Chacun comprendrait néanmoins qu'à son age il ne pouvait répondre qu'une maladie ne le surprendrait pas au milieu de ses projets. Mais Sa Majesté m'autorisait à répéter au Roi qu'Elle en souhaitait avec sincérité l'accomplissement, et à transmettre l'assurance des meilleures dispositions à cet effet.

Je me suis empressé de déclarer que je me ferais un devoir de communiquer à Mon Auguste Souverain cette assurance qui serait accueillie avec la plus vive satisfaction à titre de confirmation de la lettre de Sa Majesté Impériale. Notre Cour et le pays entier étaient animés des plus grandes sympathies pour l'Empereur et pour l'Allemagne. L'Itaiie saluerait dans sa personne un ancien allié, dont la présence serait un gage de plus des relations qui ne peuvent et ne doivent qu'ètre intimes entre deux Nations solidaires dans leurs intérèts permanents. La v,isite serait non seulement un témoignage des sympathies existantes, mais aussi un grand acte politique, comme l'avait été en 1873 la venue à Berlin du Roi d'Italie.

• En effet, répliquait Sa Majesté Impériale, j'arriverais comme un véritable ami, et dès lors avec les meilleures intentions. Ma course ne saura,it dès lors

etre comparée aux Romerzuge qui ont laissé à juste titre de si fiìcheuses impres

sions au delà des Alpes à répoque du Saint Empire. Ce serait là un argument

très concluant pour me décider, si Dieu me prète vie et si les conditions poli

tiques de l'Europe continuent à ne pas présenter de prochains dangers de

troubles •.

Dans le cours de cet entretien Sa Majesté n'a fait aucune aHusion à l'endroit déjà indiqué l'année dernière pour un rendez-vous, ou à tout endroit, s'il survenait une modification dans le plan du voyage. J'ai cru f!Ue de mon còté aussi mieux valait, puisqu'on ne me mettait pas sur la voie, de ne pas toucher prématurément à cette question. L'Empereur, en parlant de ses forces, exprimatt quelques doutes si elles suffiraient en sorte de lui permettre de prendre part, aussi bien que son frère le Prince Charles en 1873, à toutes les fètes de notre Cour si réputée pour la manière, dont elle sait exercer i'hospitalité. J'ai laissé comprendre que le Roi n'aurait que le désir d'etre agréable de toute manière à Sa Majesté, et Lui ·laisserait le soin, le cas échéant, d'indiquer Elle-mème le programme le plus conforme à ses gouts.

J'ai cherché à remplir de mon mieux les ordres du Roi, et je serais heureux si mon langage à l'Empereur d'Allemagne obtenait l'approbation de Sa Majesté.

(l) Non pubblicato.

26

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. P. 336. Roma, 19 gennaio 1875.

Mi viene riferito confidenzialmente che il Comi•tato Internazionale di Locarno abbia assunto il titolo di • Comitato nazionale dell'Internazionale • e siasi messo in relazione con corrispondenti locali, distrettuali, provinciali e regionali del Regno.

Questo Comitato avrebbe fatto sentire ai corrispondenti suddetti che l'associazione stanca di non essere tenuta in conto e delle derisioni e persecuzioni, di cui è fatta segno e persuasa d'altra parte di nulla poter tentare per ora, dovrebbe, allo scopo di acquistare importanza e rispondere alle persecuzioni sovra accennate, attentare alla vita del Re, dei Ministri, dei Prefetti e dei Procuratori Generali.

Per compiere l'attentato alla vita di Sua Maestà avrebbe designato le città di Roma, Napoli, Firenze e Torino ed avrebbe domandato in proposito il parere dei corrispondenti suddetti.

Nel programma del suddetto Comitato vi sarebbe inoltre il progetto di tentare la perpetrazione di furti sui treni ferroviari che trasportano valori e di commettere audaci grassazioni nelle campagne.

Comunico all'E. V. colle debite riserve queste notizie, che sembrano per lo meno esagerate, e La prego di assumere a mezzo del R. Rappresentante in Svizzera le occorrenti informazioni relativamente al Comitato suddetto ed ai suoi progetti.

27

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 19 gennaio 1875.

A l'appui de ce que je vous ai mandé par ma dépeche N. 1400 (l) sur les bonnes dispositions de l'Empereur de faire Sa contrevisite au Roi j'ajouterai que Sa Majesté Impériale en a parlé à la Cour de son Auguste rrère le Prince Charles. La Princesse Charles travaille à entretenir les bonnes dispositions, et croit que le voyage s'effectuera en Avril. M. de Biilow pense aussi que le voyage aura lieu si l'Emp€reur pourra féter en parfai,te santé son jour de naissance, le 22 Mars.

Dans cette prévision, vous trouverez peut-etre comme moi que si Rome continuait, comme tout porte à le supposer, à ne pas convenir ici pour le lieu de rendez-vous, il faudrait s'en tenir à Florence tout en donnant l'exclusion à Turin et meme à Milan. Chacun comprendrait, et au besoin on devrait le faire comprendre, que Sa Majesté Impériale désire éviter ce séjour dans notre capitale par la seule considération de politiQue intérieure concernant l'Allemagne engagée dans un confiit avec la Papauté. Il ne faudrait pas répéter les mots qui auraient été prononcés l'année dernière par des gens trop zélés: • plutot point de visite si elle ne devait pas avoir lieu à Rome meme • quand on ne peut avoir le plus, il faut savoir se contenter du moins. La rencontre des deux Souverains à Florence aurait toujours une grande valeur dans notre Pays et aux yeux de l'étranger. Il est un point sur lequel il va sans dire, que noli$ devrions insister le cas échéant, à savoir que le Prince de Bismarck accompagnat l'Empereur. Je pense que M. de Keudell ne croira pas se compromettre en se rendant J'interprète de ce désir.

28

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 422. Pietroburgo, 20 gennaio 1875 (per. il 26).

In una visita che feci al Signor Stremoukoff l'undici corrente, S.E. intrattenendomi dei fatti di Podgoritza, e dell'importanza d'insistere a Costantinopoli per ottenere un',imparziale ed equa soluzione della vertenza, mi disse che le informazioni ricevute qui da Costantinopoli rappresentavano l'Italia come animata di disposizioni conformi all'azione che la Russia e le altre Potenze, eccettuata -l'Inghilterra, esercitano colà. Anzi egli aggiungeva che constatava, anche

• un rapprochement de vues » relativamente alla questione delle convenzioni commerciali coi Principati.

Jeri ebbi un nuovo colloQuio col Direttore del Dipartimento Asiatico. Insistette nel discorso sulla gravità della situazione, sulla difficoltà che incontra il Principe del Montenegro a raffrenare la popolazione, e con impazienza biasimava l'ostinazione del Gran Vizir a voler che i Montenegrini accusati siano trasportati sul territorio ottomano per essere giudicati e puniti. Propugnò la tesi che i Montenegrini accusati debbano esser giudicati in territorio Montenegrino da commissione o Tribunale Nazionale ammettendov,i però Delegati Turchi.

• È importantissimo, disse il signor Stremoukoff, di agire a Costantinopoli con accordo collettivo usando molta energia. Il Generale Leflò ha dato ufficiale conoscenza delle istruzioni mandate all'Ambasciatore Francese presso la Porta, ed il Duca Decazes concorda colla nostra opinione alla quale si uniscono del pari l'Austria e la Germania ».

Era ben chiaro per me che il Signor Stremoukoff escludeva ad arte il nostro Governo dal novero di quelli che meglio adottano il suo modo di vedere e quando colsi l'occasione di alludere al linguaggio che egli aveva tenuto con me precedentemente sulla nostra attitudine favorevole, avendo anche cura di basare le mie parole sul contenuto del dispaccio n. 126 del 28 dicembre ultimo, S.E. affettò di obliare la constatazione da lui già fatta delle nostre buone disposizioni e s'ingegnò con calcolata insistenza a persuadermi che la nostra azione a Costantinopoli, giusta le sue informazioni, contrasta ora con quella esercitata collettivamente e con maggior energia dalle quattro potenze summentovate. Ebbi occasione stm, • di vedere l'Incaricato d'Affari di Germania al quale il Direttore del Dipartimento Asiatico aveva riferito la nostra conversazione di ieri insistendo con lui sul valore di un perfetto accordo fra le grandi Potenze che dnfluiscono a Costantinopoli.

Il Signor Stremoukoff attribuisce poca importanza all'offerta che fece recentemente un villaggio d'Erzegovina dei suoi servigi militari al Principe Montenegrino in caso di sortita contro i Turchi poiché si tratta di un caso isolato e le ragioni di malcontento che hanno indotto i sediziosi di quel villaggio a far simile offerta al Sovrano vicino non ha connessione alcuna coi fatti di Podgoritza.

Nel confermare all'E.V. il mio telegramma di ieri... (l)

(l) Cfr. n. 25.

29

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 540. Madrid, 20 gennaio 1875 (per. l' 1 febbraio).

Se anche pei membri più autorevoli del corpo diplomatico accreditato a Madrid, e meglio in grado di esser bene informati, l'evento che pose fine alla Dittatura riuscì una completa sorpresa, havvene uno fra essi che più di tutti

deve essersi ingannato nelle esposizioni mandate al suo Governo. Egli è il conte Hatzfeld, il quale, siccome avevo significato a V.E. (R. n. 530) (1), si disponeva a partire in uso della licenza ottenuta, dietro a quanto aveva rappresentato a Berlino che nulla additava alla possibilità di qualche subitanea complicaZJione.

Invero, benché io rassegnassi a V.E. nella mia corrispondenza, che la tensione era giunta a tale estremo da non permettere alcuna illusione sulla stabilità dell'ordine di cose creato or fa un anno, <la proclamazione della monarchia nelle presenti condizioni della guerra civile pareva, come è pur troppo, un'impresa talmente arrischiata, che non era dato a nessuno preconizzar sì vicino il pronunciamento Alfonsista. Su ciò dunque il Conte Hatzfeld non può essere accusato d'aver avuto meno antiveggenza della maggior parte dei suoi colleghi. Non è sotto questo aspetto che gli si ponno fare appunti; bensì sul modo erroneo in cui egli giudicò costantemente la situazione.

Non intendo volgere addietro lo sguardo e indagare fino a che punto il Ministro d'Allemagna a Madrid possa esser chiamato responsabile dell'attitudine spiegata dal suo Governo negli affari di questa penisola; ma limitandosd. alla semplice rassegna degli ultimi mesi dello spirato anno, è impossibile tacere che il contegno del Conte Hatzfeld durante siffatto periodo fu tale da giustificare molte se non la totalità delle congetture che sorsero sui disegni attribuiti al Principe di Bismarck nel campo della politica Spagnuola. Le ostentate sue intime relazioni col Governo dittatoriale, il riguardo particolare con cui egli veniva in ogni occasione trattato, la tendenza deliberatamente favorevole con la quale egli contemplava il corso degli avvenimenti, erano altrettante circostanze significantissime che attiravano l'attenz,ione di tutti. Toccando quest'argomento, accennai all'E.V. che alla fiducia manifestata dal Rappresentante Germanico nel passato settembre era subentrato uno scoraggiamento a mala pena celato nello scorgere una dopo l'altra convertite in disinganno, le concepite speranze. Col Rapporto summentovato specialmente additai che fra i rumori in giro all'epoca della partenza del Duca della Torre per l'esercito, prevaleva quello che l'influenza dell'allora potente Legazione Tedesca non era stata estranea a simile determinazione, cui, riluttante il Capo dello Stato si sottometteva, nella necessità in cui si trovava di sottrarsi alle difficoltà che lo assillavano e, uscendo dall'inazione, riparare con un colpo fortunato davanti il nemico, il discredito accumulato sopra di lui e la sua amministrazione in dodici mesi di fiacchezza e d'imprevidenza.

La notoria incapacità del cessato Governo a mantenere una parte qualunque dell'impegno morale assunto verso l'Europa, fu una solenne contraddizione data dai fatti all'iniZJiativa che credette di dover prendere il Gabinetto di Berlino e che il Conte Hatzfeld appoggiò a Madrid. Però havvi più ancora; sebbene la sua fede nelle promesse del Governo presidenziale fosse alquanto scossa, tuttavia egli faceva tale assegnamento sulle risorse della Dittatura che alla vigilia della proclamazione della Monarchia, era, come già dissi, in procinto di partire, e unicamente ne fu trattenuto dalla interruzione assoluta dei mezzi di comunicazione che in quel momento sopravvenne. Nella stessa visita di com

miato che mi aveva fatto, alludendo all'agitazione prodottasi fra ,i partigiani del figlio della Regina Isabella, nella recente occasione dell'invio d'un indirizzo al giovane Principe pel compimento della sua età maggiore, egli mi diceva che gli Alfonsisti avevano più che mai dimostrata la loro impotenza e la loro dappocaggine. Fondandosi sulle dichiarazioni energiche introdotte dal Signor Sagasta nella sua circolare dello scorso novembre, l'ultima che emanò dalle sfere del potere, il Conte Hatzfeld esprimeva enfaticamente l'avviso che come partito, l'Alfonsismo aveva cessato di essere temibile, e che l'unica via che ad esso sarebbe restata aperta per favorire ,n suo ideale dinastico, sarebbe stata di avvicinarsi al Duca della Torre, non di avversarlo; che avendo al contrario adottato il sistema diametralmente opposto, si era da sé medesimo precluso ogni adito a promuovere il successo della ristorazione. Questo fu testualmente il linguaggio che meco tenne il rappresentante di Germania pochi g,iorni prima del pronunciamento, il quale poi, al suo scoppiare, veniva da lui qualificato di insignificante quanto insensato. Da ciò è facile inferire qual fosse il tenore dei ragguagli che secondo ogni probabilità egli avrà trasmessi a Berlino.

Una delle individualità politiche più strettamente identificate col potere esecutivo caduto, colla quale ebbi non ha guarì un'interessante conversazione, lamentava in termini vivissimi, l'insigne debolezza che caratterizzò la condotta del Duca della Torre non solo, ma dello stesso Signor Sagasta in tutto il periodo in cui ressero le sorti della Spagna. A parer suo, essi avrebbero dovuto più abilmente approfittare delle buone disposizioni nutrite dalla Germania; avrebbe abbisognato saper rendel'e gl'interessi Tedeschi solidarii di quelli della Spagna, nella lotta che questa sostiene al piede dei Pirenei; sarebbe insomma stato necessario prepararsi persino all'eventualità di rendere un'altra volta la questione Spagnuola arbitra delle relazioni fra l'Impero e la Francia. Ma, dopo di aver tenuto il Duca della Torre e i suoi Ministri responsabili per la massima parte, dei risultati negativi avuti dall'ingerenza Prussiana, nel concetto del precitato personaggio, il contegno del Governo Tedesco verso quello di Madrid puranche aveva vacillato e, in definitiva, non era stato all'altezza di ciò che da principio prometteva. Chi mi parlava addebitava altresì al Conte Hatzfeld la sua quota di responsabilità se l'atteggiamento del Gabinetto di Berlino non aveva sortito miglior effetto, poiché (sempre nell'opinione del mio interlocutore) mentre in teoria il Rappresentante di Germania si palesava in guisa da spingere il Governo Spagnuolo a mettersi in manifesta ostilità colla Francia, nella pratica, la sua azione rimaneva interamente sterile. Il più importante requisito che mancava alla Spagna per schiacciare prontamente il Carlismo era la facoltà di spendere.

Richiamo alla memoria di V. E. il progetto d'un imprestito sotto la guarentigia della Germania al auale realmente, ma invano qui si pensò nel!La penuria finanziaria che indubitatamente costituisce la causa prima della derisoria campagna finora condotta contro il Pretendente. Il mio interlocutore credeva dunque che solo una gran guerra vigorosamente combattuta e conseguenza d'un patto

che avesse fatto entral'e la questione Spagnuola nel novero delle cause che propugna l'Europa liberale, avrebbe potuto trarre questa penisola dall'abisso in cui giace, abilitandola col tempo ad una soluzione monarchica di migliori auspici che l'attuale e, comun<:!ue si consideri, prematura ristorazione. La conclusione

che egli infine deduceva da codesta serie di insuccessi che intralciarono il cammino a una politica feconda e ardita, è che non esisteva in Spagna un uomo di sufficiente prestigio da imporre rispetto alle masse, o di bastante levatura da tirar partito dell'opportunità che si offriva, e che la Potenza la quale assunse la scorsa estate tanta ingerenza in Questo paese, non si rese mai ben ragione né prima né poi del vero stato delle cose che qui si affacciava.

In marcato contrapposto col Conte Hatzfeld fu l'Ambasciatore Francese; altrettanto la sua posizione era stata delicata e difficile sotto il Governo del Duca della Torre, altrettanto essa diventò espansiva ed amichevole al primo esordire del rivolgimento Alfonsista. Lungi dal dissimularla, la sua soddisfazione traspariva da ogni di lui aHo, e l'intenzione pienamente coronata del resto, di afferrare l'influenza perduta dal suo rivale, fu evidente per tutti. La qualità di decano del corpo diplomatico facilitò al Conte di Chaudordy uno scambio di comunicazioni col nuovo Governo, che venne immediatamente stabilito sul piede della più grande cordialità. Il Ministro di Germania dal canto suo, come si comprenderà di leggieri, non s.i tenne indietro e affermando che il suo Governo non poteva che fare la migliore accoglienza a qualunque cambiamento atto ad assicurare l'ordine e la tranquillità della Spagna, affettò anche lui molta affabilità verso i membri del Gabinetto-Reggenza.

Non così il Ministro d'lnghilterra, il Quale non contemplò di buon occhio la ristorazione e che tenendo conto della natura officiosa dello stadio che si attraversa presentemente, e dei provvedimenti reazionarii subito presi contro il culto protestante, si astenne non solamente dal chiedere un'udienza particolare al Re, siccome fecero gli altri inviati stranieri. ma non ebbe sinora rapporti di sorta né col Presidente del Consiglio, né col Ministro di Stato. Questo modo di agire fornì materia a commenti d'ogni genere, e destò molto malumore nei circoli Alfonsisti, ove il Signor Layard è fatto segno alla più grande freddezza. Egli però non uscì per Questo dalla sua riserva ad onta delle istanze rivoltegli anche dall'Ambasciatore di Francia, e da Quanto pare, Lord Derby lo ha interamente approvato.

Dovrò aspettare la partenza di Qualche corriere di Gabinetto per compier la spedizione di questo rapporto...

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

30

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 20 gennaio 1875.

Il corriere Anielli giunse stamane in Vienna da Berlino, e lo facc,io tosto ripartire a seconda della preghiera fattamene dal Conte de Launay. Un telegramma di ieri di Salvini da Pest mi comunicò la notizia che i Montenegdni decisero nel meeting tenuto il giorno prima di dichiarar la guerra alla Turchia!

Era dunque l'incidente di Podgorizza giunto a quello stato acuto che da

alcuni giorni prevedevasi. Non sono in grado di scrivervi per ora un rapporto

ufficiale in proposito, poiché QUi a Vienna come vi ho ripetutamente detto sl

vive grandemente al buja sugl'intendimenti del Conte Andrassy.

Ieri sera parecchi fra i miei colleghi che trovavansi in casa mia, fra i quali l'Ambasciatore di Germania, vedevano le cose molto in nero. Per conto mio non saprei proprio prevedere come l'andrà a finire, salvo che il Gran Vizir si dimetta e la Porta rinunci senza ritardo alle sue proprie inammissibili pretese. Intanto devo constatar con rincrescimento il fatto, che all'azione complessa delle Grandi Potenze negli affari d'Oriente, è subentrata quella esclusiva della Russia, Germania ed Austria. Tutti gli altri siamo logés à la méme enseigne cioè fuori di questione. Un tal stato di cose non potrà a meno di accelerare lo sconvolgimento generale dell'Oriente, senza che i tre che si unirono per demolire, sotto il pretesto di conservare, riescano a porsi d'accordo per edificar qualche cosa di nuovo.

Nella vostra lettera dell'8 (l) di cui vi ringrazio m'indicavate il senso della risposta fatta dal Re alia lettera dell'Imperatore Guglielmo, voglio sperare che quella visita si decida prima del viaggio di Francesco Giuseppe in Dalmazia, poiché fallita quell'occasione sarebbe sempre più diffioile farne nascere un'altra.

Sono alQuanto in apprensione sulle conseguenze della venuta di Garibaldi a Roma, annunciata come prossima dai giornali. Colla corrente reazionaria che soffia in Europa sarebbe cosa grave assai ove il Governo non spiegasse in quella circostanza fin dal primo momento tutta la voluta energia.

Vi prego a tenermi al corrente anche telegraficamente degl'incidenti che potranno nascere in tal occasione, affinché io sia in grado di rettificar senza ritardo le erronee notizie che non si mancherà di porre in giro. Il 23 l'Imperatore torna a Vienna, lo vedrò il 28 ad un Ballo, e più tardi forse anche in altre parti; converrebbe quindi ch'io non mancassi delle volute previe informazioni onde rispondere alle interpellanze che potrebbe farmi.

Credo io pure che prima di riconoscere Don Alfonso ci convenga aver serie guarentigie sugl'intendimenti del Suo Governo a nostro riguardo. Quindi anche se arrivassimo gli ultimi non ci vedrei inconvenienti, intanto come vi facevo prevedere, la riconoscenza non procede a vapore neppur per gli altri.

31

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 50. Vienna, 21 gennaio 1875, ore 17,50 (per. ore 21,40).

La nouvelle arnvee ici de décision belliqueuse prise par Monténégro est controuvée. Informations reçues ce matin direetement de Cettigné par l'am

bassade de Prusse assurent au contraire <:!Ue les notables offrent leur concours au prince pour arriver à une solution pacifique. Orczy m'a dit que si les puissances insistaient d'accord à Constantinople pour aue la Porte renonce à ses prétentions injustes, le conflit pourrait ètre évité. Malgré cela, on 'est inquiet ici, surtout dans le monde financier.

(l) Cfr. n. 11.

32

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 22 gennaio 1875.

Desiderando che la S. V. sia informata dell'atteggiamento preso dal Governo di Sua Maestà nella quistione nata fra la Turchia e il Montene.gro, relativamente ai recenti casi di Podgorizza, Le trasmetto qui unito, insieme ai documenti relativi alla quistione stessa, copia delle ultime istruzioni, che ho dato al R. Incaricato d'affari a Costantinopoli (1).

Da questa comunicazione la S. V. sarà messa in grado di vedere come quel Rappresentante italiano, esattamente interpretando le istruzioni generali, che egli aveva ricevute, abbia saputo associarsi in opportuna misura ai passi fatti simultaneamente dagli Ambasciatori delle altre Potenze, prima presso Aarifi Bey e poscia presso il Gran Visir.

Sebbene io abbia avuto a parecchie riprese delle conversazioni con rappresentanti dei varii Governi e particolarmente con quello di Russia sulla questione di cui debbo oggi trattenere la S. V., tuttavia da nessuno di quei ministri mi venne presentata una vera proposizione per concertare l'azione dell'Italia con quella dei Governi da essi rappresentati.

Quando però le notizie che pervenivano al Ministero, facevano temere vicina una complicazione maggiore, Quando si dovette riconoscere l'inefficacia dei primi passi fatti presso la Porta Ottomana, io ho creduto necessario che l'incaricato d'affari d'Italia a Costantinopoli fosse autorizzato con istruzioni meglio determinate a prendere una posizione più risoluta in questo affare. E siccome è sempre stato deside11io del Governo di Sua Maestà di mantenere, in quanto poteva dipendere da lui, Quel concerto di tutte le Potenze che forma la base e la guarentigia reciproca dell'azione politica europea nelle questioni dell'Impero ottomano, così io vorrei che la S. V. si procurasse l'occasione di esprimersi in questi sensi con codesto Ministro degli Esteri facendogli conoscere le istruzioni che furono date al Rappresentante Italiano a Costantinopoli (2).

(l) -Cfr. Serie II, vol. V, n. 639. (2) -In pari data venne inviato a Parigi un dispaccio dal contenuto simile.
33

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 411. Costantinopoli, 22 gennaio 1875 (per. il 30).

Ringrazio rispettosamente l'E. V. delle direzioni fornitemi coll'ossequiato

dispaccio n. 178 di questa Serie delli 28 dicembre prossimo passato (1), nonché

del 'teLegramma di jer l'altro (2).

Mercé tali riverite comunicazioni io mi trovai e sono in grado di continuare ad adoprarmi a seconda delle circostanze e di concerto cogli altri Rappresentanti allo scopo del pacifico componimento delle quistioni a cui diede luogo lo sgraziato incidente di Podgoritza.

Siffatto negozio aveva preso in questi giorni un carattere abbastanza serio fra il Principe Nicola ed il Governo del Sultano per indurre, come è noto alla

E. V. per altre fonti, i Gabinetti delle Potenze Garanti a dare istruzioni ai loro Rappresentanti qui accreditati al :l'ine di invitare perentoriamente la Porta a non indugiare più oltre a dare la soluzione voluta dalla giustizia alla vertenza esist·ente fra di essa ed il Governo Principesco.

Alle comunicazioni che il Generale Ignatiew aveva fatte a Pietroburgo circa le sue viste di conciliazione per la soluzione della questione·, rispose il Principe Gortschacow non celando all'Ambasciatore dello Czar la sua meraviglia pel fatto delle di lui troppo blande esigenze verso la Porta, e gli si ingiungeva d'ordine dell'Imperatore di senz'altro ottenere, mettendo in opera la maggiore energia, che la Commissione che avevasi ora a riunire per ricercare e punire i colpevoli di parte Montenegrina dovesse riunirsi su territorio montenegrino soltanto, e dovesse essere composta di Montenegrini, potendo solo ad essa accedere dei delegati turchi con pari trattamento, ne'l modo stesso cioè, con cui i delegati del Principe di Montenegro erano stati ammessi ed erano intervenuti alla Commissione turca d'inchiesta a Scutari.

Uguale domanda, per parte del Gabinetto Austro-Ungarico venne formulata alla Porta dal Conte Zichy.

Il Principe Bismarck avrebbe imposto di certo al Barone Werther di chiedere al Gran Vezir che le sentenze dei condannati dalla Commissione di Scutari venissero senza più eseguite.

Il Duca Decazes ordinò all'Incaricato di Francia di esigere dal Gran Vezir che questi recedesse dalla sua pretesa di riunire la Commissione d'inchiesta sugl'imputati Montenegrini su territorio Ottomano, volersi una Commissione Montenegrina su territorio montenegrino, Sua Altezza il Gran Vezir ponesse ben mente che non piegandosi e~li a tali consigli, nel conflitto che ne seguirebbe il Principe Nicola non mancherebbe né di alleati né di appoggi.

Sir Henry Elliot era invitato a far noto il preciso desiderio del Governo della Regina di veder la Sublime Porta piegarsi a giusti propositi in tutte le quistioni afferenti alla vertenza.

L'E. V. nell'alto suo giudizio mi dava l'ordine di vivamente insistere presso il Ministro del Sultano per che la Porta avesse a prendere immediatamente tutte le misure necessarie per prevenire un conflitto alla frontiera del Montenegro autorizzandomi ad unirmi ai passi che darebbero in questo senso gli altri Rappresentanti.

Le sollecitazioni fatte tosto a seconda dei succennati ordini dei rispettivi Governi da questi Rappresentanti si urtarono dapprima contro il voler contrario del Gran Vezir che sembrava voler essere irremovibile nel proposito di esigere che su ter11itorio ottomano soltanto avesse a riunirsi la Commissione sugl'imputati montenegrini; il Gran Vezir -Seraskiere, sembrava del pari nelle sue risposte accennare che se i bellicosi montanari irrompessero in armi sul territorio dell'Impero, troverebbero chi ne li ricaccerebbe e rimetterebbe a dovere.

Per mia parte non mancarono neppure le maggiori esortazioni nel senso ingiuntomi dall'E. V. p11esso il nuovo Ministro degli Affari Esteri, Savfet Pacha; e debbo dire che S. E. mostrando di interamente apprezzar,e i s2nsi amichevoli del R. Governo che ispiravano i miei passi, mi diede l'assicuranza che metterebbe in opera tutti i suoi sforzi per dare alla questione una soluzione soddisfacente anche per Governi amici come era e fu sempre quello d'Italia.

Senza dilungarmi di troppo in particolari, aggiungerò che nella giornata di mercoledì ed in quella di jeri, il Generale Ignatiew, dopo lunga discussione col Gran Vezir ed in ripetuti colloqui -a cui Savfet Pacha era pure presente riuscì a vincere le riluttanze di Sua Altezza e si cadde tra loro verbalmente d'accordo sull'accettazione dei seguenti punti d'accomodamento, trovato da noi tutti perfettamente accettabile, e che a scanso d'equivoco, vennero consegnati per iscritto in un semplice • Memento • senza firme, di cui il Gran Vezir ritenne un originale, ed il Decano dei Rappresentanti delle Potenze maggiori un altro. Si stabilisce in tale scrittura:

• l o Le Prince Nicolas réunit la Commission au Couvent de Piperi (territorio Montenegrino) où elle se constituera et demandera au Gouverneur de Scutari ,le Délégué Ottoman.

2o On y procédera à l'interrogatoire et au jugement des coupables Monténegrins; lorsque le moment sera venu d'interroger les coupables Ottomans, la Commission se transportera à Sputch (territorio Ottomano limitrofo); après quoi les sujets Ottomans seront jugés à Scutari et les Monténégrins au Monténégro.

3° Le Gouverneur de Scutari signalera au Prince Nicolas les sujets Ottomans

reconnus pour avoir tiré sur des soldats tures pendant l'affaire de Podgoritza

et qui se seraient réfugiés au Monténégro, ces individus seront remis aux Auto

rités Ottomanes au fur et mesure qu'il seront arl'etés.

4o La Porte s'occupe de donner aux sentences rendues dernièrement à Scutari la sanction exécutoire par la Sanction Souveraine à obtenir au plus tòt •. Il Gran Vezir insisté acché non si aggiungessero altri punti a questi, ed avendo a ciò il Generale IgnaUew aderito, Sua Altezza diede verbale e for

male assicuranza che nelle Quistioni d'indennità ai Montenegrini danneggiati si poteva !asciarne la regolarizz;:.zione alla larghezza ed alla giustizia del Sultano; e che per altre quistioni locali, fonte di Quotiàiane differenze fra gli abitanti limitrofi, ordini perentorii verrebbero dati 2-l ::vrutessarif di Scutari pella loro pronta e migliore definizione.

Così, come ebbi l'onore di dire nel cenno telegrafico datone jeri a V. E., si ha luogo a sperare che ulteriori complicazioni vengano ora ad evitarsi in una questione che aveva in questi giorni cominciato a trapelare nel pubblico ed a produrvi non lievi apprensioni.

(l) -Cfr. Serie II, vol. V, n. 639. (2) -Non pubblicato.
34

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 21, pp. 264-265)

R. 256. Cairo, 23 gennaio 1875 (per. il 29).

Jeri sera mi è pervenuto il dispaccio di V. E. del 16 corrente n. 103 (l) con l'annesso progetto di protocollo da proporre al Governo Egiziano, dal quale risulta l'accordo stabilito tra il Governo di Sua Maestà e Quello del Khedive per l'introduzione della riforma giudiziaria in Egitto, reso più completo, ed anche modificato dopo lo scambio di Note tra Nubar Pascià ed il Conte Barbolani nel 1873.

Il Khedive * era di opinione che un protocollo nel senso indicato dovesse firmarsi quando il Parlamento avesse sanzionato l'accordo intervenuto tra i due governi; ma * (2) appena apprese che l'E. V. ne faceva la proposta, ordinò ed autorizzò Scerif Pascià a firmarlo; ed insistette perché si facesse nel corso della giornata, onde potessi rimetterlo all'E. V. con questo postale, e non incorrere contro nessun ritardo * se <!Uesto documento è necessario per poter presentare il progetto al Parlamento *.

Mi premuro quindi rimettere a V. E. uno degli esemplari firmati con

Scerif Pascià con copia del protocollo del 10 Novembre 1874.

* E il Khedive, e Scerif Pascià, e sopratutto il Cav. Giaccone, sono nella massima impazienza di sentir portata la q_uistione in Parlamento, convinti che ottenuta ora l'adesione della Grecia, e la Francia isolata del tutto, immensamente potrebbe influire sull'Assemblea di Versailles la decisione de:Ha nostra Rappresentanza Nazionale. Il Viceré mi ha vivamente interessato ancor questa mattina di pregare in suo nome l'E. V. di voler di accordo col Comm. Vigliani sollecitare la presentazione della nuova legge alla Camera *

4 -Documenti di1>lomatici -Serie II -Vol. VI

(l) -Cfr. n. 23. (2) -I brani fra asterischi sono omessi in LV 21.
35

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 543. Madrid, 23 gennaio 1875 (per. il 4 febbraio).

L'arduo quesito che oggi si affaccia a chi contempla il cambiamento verificatosi in !spagna, è se l'uomo in cui s'è personificato sinora il movimento Alfonsista, in una parola se il Signor Canovas del Castillo sarà o no capace di resistere alla pressione del partito reazionario clericale. In ciò e nella pronta terminazione della guerra Carlista consiste il problema di governo che la ristorazione ha da sciogliere.

Il Signor Canovas, libera.le egli medesimo, vorrebbe dare, almeno lo dice, un liberale indirizzo alla politica del Gabinetto che presiede; così pure vorrebbe il Duca di Sesto, personaggio importante nelle sfere· Alfonsiste per l'influenza che gode sull'animo del Re. Potranno però queste buone intenzioni giungere a trionfare degl'ostacoli che da ogni parte verranno messi all'esecuzione di siffatto programma? Odasi su tale argomento il linguaggio che tiene uno degl'organi della frazione ultra cattolica:

• La questione religiosa preoccupa l'intero paese, speravasi che a quest'ora il Ministero-Reggenza avrebbe già dichiarato che il Concordato è vigente. il che è incontestabile, un trattato non potendo cessar di esserlo, senza il consenso di tutte le parti contraenti. Siffatta affermazione avrebbe rassicurato gli animi, come quella che implicava l'unità cattolica e, conseguentemente, la completa cessazione del matrimonio civile, il ripristinamento della società di San Vincenzo da Paola e di tutte le istituzioni cattoliche che esistevano avanti il funesto 20 settembre 1868. Il Ministero-Reggenza non può ignorare l'unanime inquietudine che regna in presenza del suo silenzio su tanto vitale soggetto, imperocché un semplice cambiamento di Ministero che succedesse prima che venisse espressa tale affermazione può far sì che sia ristabilita la legislazione rivoluzionaria e, come conseguenza di essa, il decreto che pronunciò esser concubinaggio il matrimonio canonico, e matrimonio legale il concubinaggio, giacché il matrimonio civ.ile non è altro, secondo la dottrina cattolica. Il Ministero-Reggenza non può ignorare l'inQuietudine generale nel vedere centinaia di coniugi, uniti dalla Chiesa, soffrire una condanna iniqua, senza avere altra colpa che di avere compiuto il proprio dovere da buoni cattolici.

Il silenzio del Ministero-Reggenza dà luogo a commenti che non sono ad esso favorevoli, ed i nemici della Monarchia vanno propalando voci allarmanti per ogni cattolico spagnuolo, non ultima fra esse, quella che non si può addivenire ad un accordo col Santo Padre perché si vuole la libertà dei culti, dichiarando che sarà religione dello Stato, la religione cattolica •.

In che direzione piegassero le generali tendenze.. appena proclamato Don Alfonso, lo provano le misure state immediatamente prese contro i'l culto protestante, e che solo furono rivocate mercé l'energica attitudine del Ministro d'Inghilterra e di quello di Germania. Nello stadio presente, in un momento in cui la mera esistenza della Monarchia dipende dal successo delle operazioni di guerra, è impossibiLe di additare con qualche probabilità di esattezza, quale delle due opposte correnti avrà la supremazia nei consigli del giovane monarca. Però in questo paese, l'esperienza del passato pur troppo svela la funesta abitudine di trascorrere ad eccessi. La repubblica generò il cantonalismo, la ristorazione produrrà il sanfedismo.

Attualmente sono incessanti gli encomi che vengono tributati alle doti che distinguono il Principe Alfonso, al suo senno, alla sua moderazione. I suoi aderenti tutto rappresentano sotto il più favorevole aspetto e, secondo loro, un'era d'ineffabile prosperità s'apre alfine per la Spagna. Ma simili discorsi in questo istante non sono che naturali e, per portare un giudizio imparziale e sul merito del quale si possa fare assegnamento, converrà che, passato il primo impeto d'entusiasmo per gli uni, e l'attrattiva che per altri offre la novità, si aspetti a vedere qualche fatto più sostanziale che le visite alle Chiese, le allocuzioni ai prelati e le riviste di truppe che fino adesso hanno costituito i soli risultati del ritorno della dinastia di Borbone.

Già si può scorgere dalla citazione che feci più sopra, le divergenze che esistono fra gli stessi monarchici, e l'ora di un malcontento spiegato verrà a sua volta. Nell'interesse personale di Don Alfonso sarebbe stata una gran ventura se la sua ristorazione non fosse stata sì repente, se si fosse dato tempo alle sue qualità, oggidì decantate, di maturare; se infine, ristabilito l'ordine, la di lui proclamazione fosse stata la conseguenza di un voto delle Cortes, non di un pronunciamento militare. La sua posizione sarebbe stata infinitamente migliol'e in ogni rispetto, osservando poi che se il Principe sì prematuramente collocato sopra un trono circondato di scogli, non riesce a sorreggervisi, si sarà sfruttata una soluzione che in altre circostanze avrebbe potuto aver sorte più felice, e dietro la quale sta di nuovo la demagogia.

La risponsabilità di tutto questo pesa altrettanto sulla improntitudine degli Alfonsisti, quanto sull'inefficacia del caduto Governo e, si può aggiungere, sulla indifferenza della gran massa delle popolazioni. Basti a convincersene, il gettar gli occhi sui numeri della gazzetta ufficiale del 30 dicembre e del 2 gennaio. Nel primo, i governatori delle provincie protestavano della loro fedeltà e di quella del pubblico e delle truppe alla forma repubblicana, qualificando d'iniquo il tentativo del generale Martinez-Campos. Nel secondo, le stesse autorità notificavano l'adesione unanime alla causa monarchica. Mi perito a sostenere senza timore di essere validamente contraddetto, che non è il vero sentimento nazionale che si è manifestato in quanto è avvenuto. La ristorazione fu l'opera di un partito spalleggiato dall'armata o, per parlare più correttamente, di un partito che ha radici solo nelle alte classi e nell'elemento militare. Non ostante la facilità colla quale qui si può comandare l'entusiasmo, non ne ho veduto traccia in alcuna di quelle dimostrazioni che sono generalmente considerate come l'espressione dell'opinione popolare. Ciò non toglie che quando sarà giunto l'istante opportuno, si rinnoverà il fenomeno particolare alla penisola iberica, di convocare cioè i comizii e far uscire dall'urna elettorale una camera esclusivamente di un colore politico.

Con una ferrovia occupata militarmente in quasi tutta la sua estensione, e con un convoglio preceduto e seguito da numerose truppe, S. M. Don Alfonso XII si recò presso l'esercito del Nord. La durata della sua presenza al Quartier Generale è incerta. Quanto al piano strategico che s'intende eseguire, non sono di competenza a discorrerne. Mi limiterò ad accennare che, secondo il consueto, pare irrealizzabile l'attaccare risolutamente di fronte i trinceramenti dei Carlisti, e che si procederà con una mossa convergente da tre punti diversi all'approvvigionamento di Pamplona, strettamente assediata. Si crede comunemente che l'operazione riuscirà nel pretto senso della parola, giacché, forzato il blocco e vettovagliata la città, difficilmente potranno le truppe mantenersi in simile pericoloso terreno; al loro ritirarsi, nulla impedirà ai Carlisti di retrocedere al posto di prima. Questa ·in ogni caso è l'universale credenza. In siffatto stato di cose, il sì spesso svanito rumore di un convenio e di varie defezioni fra i seguaci di Don Carlos, ritorna all'ordine del giorno, con qual fondamento non so. Al momento in cui scrivo, di positivo non havvi che la domanda d'indulto rivolta al Console di Spagna in Bajona da una quarantina di ufficiali che si sono separati dal Pretendente, e di cui sarà pervenuta notizia costà.

36

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 241. Bruxelles, 24 gennaio 1875 (per. il 28).

Ho l'onore di trasmettere a V. E. il rendiconto dell'ultima parte della seduta del 20 Gennaio alla Camera dei Rappresentanti, e (!uella delle sedute dei 21, 22 e 23 nelle quali si discusse il bilancio del Ministero degli Affari Esteri.

Nella seduta del 21 il discorso del Signor Malou relativo alla neutralità belga è degno di osservazione. Meritano poi l'attenzione dell'E. V. le parole del Signor Van Humbeeck e la risposta del Conte d'Aspremont sul mantenimento della Legazione belga presso la Santa Sede e sulla parte presa dal Nunzio al pellegrinaggio di Verviers. Il Ministro belga rese giustizia alla

moderazione nostra e ripeté pubblicamente, a proposito dell'incidente Pycke, quanto egli mi aveva varie volte dichiarato, ed ebbi l'onore di riferire a V. E., cioè che la Legazione belga presso il Pontefice era un mezzo per fargli conoscere che le opinioni del Belgio non erano quelle di tutti coloro che si recano a Roma; che tutto il Belgio non pensava come tal o tal pellegrino che porta il suo obolo al Santo Padre, e che i Cattolici di opinione moderata sono, nel Belgio in ben più gran numero che i fanatici cui si fa allusione.

37

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 25 gennaio 1875.

Approfitto della partenza del Prof. Gavi per scrivervi queste poche righe. Il Duca Decazes al cui desiderio di mantenere le buone relazioni tra la Francia e l'Italia e di evitare gli incidenti rispondo con uguale e sincera premura vi ha parlato delle cose di Tunisi. La politica ch'egli vi ha espressa come la politica della Francia sulla Reggenza, è anche la nostra. Noi non abbiamo colà altro in vista che il mantenimento dello statu qua senza arrière pensée di sorta; e, come conseguenza di questa politica comune, invece della rivalità fra i Consoli vorremmo sempre vedere mantenuta la loro azione concorde per la protezione degli interessi commerciali delle colonie. Non sono, per verità, interamente convinto che se la realtà delle cose non corrispose sempre in Tunisi a queste intenzioni dei Governi, la colpa fosse tutta da parte del nostro Agente. Ma questa sarebbe una inutile discussione. A voi dirò semplicemente che non è mia intenzione il lasciare a lungo il Console Generale Pinna a Tunisi. Ma, come invece di ricevere un'altra destinazione, il Console Pinna sarà probabilmente messo a riposo dopo una lunga e onorata carriera, ho bisogno di un po' di tempo per certi riguardi dovuti a un antico e fedele servitore dello Stato. Così pure ho preso nota di quanto mi avete scritto intorno al Console Machiavelli e appena mi giunga il destro di dargli naturalmente una nuova destinazione è mia intenzione di farlo.

Quanto all'arresto Raynouard, non ho rkevuto dal Marchese de Noailles alcuna comunicazione. È pur troppo uno di quei fatti spiacevoli pei quali non v'è altro a fare che manifestare il proprio rincrescimento. Se il Signor Raynouard si fosse fatto condurre alla prima stazione telegrafica e avesse telegrafato non sarebbe avvenuto il I'itardo frapposto alla sua liberazione.

Poco ho a dirvi di politica generale.

Pel riconoscimento del Governo spagnuolo, attendiamo innanzi tutto le lettere di notificazione del Re Alfonso. Benché alcuni Governi e specialmente il Gabinetto di Vienna abbiano parlato della prova che conveniva attendere della sanzione del paese al nuovo Governo, non credo che per questo si intendesse con preciso significato la sanzione legale delle Cortes_. né che il riconoscimento si farà molto attendere. Per queMa nostra, ricevute le lettere di notificazione, ci intenderemo cogli altri Governi e, come pel passato, non saremo fra i primi, nè fra gli ultimi. Senza esserne punto meravigliati, abbiamo dovuto notare la forte corrente clericale che accompagnò in Spagna la restaurazione del Re Alfonso. La nostra attitudine verso e dopo il riconoscimento dipenderà dalle disposizioni verso l'Italia di cui il Governo del Re Alfonso si mostrerà animato. Disposti alla reciprocità delle buone relazioni, siamo anche disposti ad applicare il principiis obstat ad ogni velleità meno corretta verso di noi.

Garibaldi è giunto jeri a Roma. Abbiamo prese le disposizioni necessarie per non permettere che le ovazioni popolari degenerino in disordine. Abbiamo poi prese Ie misure che occorrono per impedire ad ogni modo qualunque manifestazione, qualunque assembramento il quale turbi la solita tranquillità che regna intorno al Vaticano.

P.S. Sento ora da Artom che per l'arresto Raynouard furono fatte nuove pratiche al Ministero dell'Interno e si attende la risposta.

38

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1407. Berlino, 25 gennaio 1875 (per. il 29).

Le conflit soulevé par l'affaire de Podgoritza entre le Monténégro et la Turquie, avait inspiré des inquiétudes assez sérieuses pour nécessiter à un degré plus ou moins marqué l'intervention des grandes Puissances. La Russie et l'Autriche se so n t montrées en première ligne. et l'Allemagne a secondé leurs efforts à Constantinople. Nous avons également preté notre concours, à ce que me disait aujourd'hui M. de Btilow, pour vaincre les difficultés d'une situation assez compliquée en ce qu'elle se rattache à l'état pol~tique des pays feudataires de la Turquie. Si l'un d'eux déclarait la guerre au Suzerain, la tentation serait grande pour les autres. La Porte semble avoir compris maintenant qu'elle avait été trop loin dans ses exigences et se montrer disposée à se preter à des propositions plus équitables. M. de Btilow avait donc tout lieu de croire à une solution pacifique qui est dans l'intéret général.

Les rapports entre la Serbie et la Turquie on été également assez tendus

dans ces derniers temps à la suite d'un changement de Ministère à Belgrade,

qui ne présente pas les memes garanties que le Cabinet précédent. Mais là

aussi, notamment la Russie, on a fait entendre de sages conseils dont il faut

espérer qu'il sera tenu compte. De son còté, chaque fois que l'occasion s'en pré

sente, le Cabinet de Berlin met en garde la Roumanie contre ses velléités d'in

dépendance en lui prechant 'la modération, et de vivre en de bons termes

avec Constantinople.

Mais a,insi Que je l'ai souvent écrit, le Cabinet de Berlin, pour ce qui regarde

ces questions, se tient dans une certaine réserve. Tout ce qui touche à l'Orient

n'a pas pour lui la meme importance que pour d'autres Puissances. Ce n'est

qu'un appoint pour sa politique dont l'objet principal est d'écarter tout ce qui

pourrait troubler la paix de l'Europe, et de maintenir la Russie et 1'Autriche

dans des conditions où l'une et l'autre cherchent de préférence, et aussi long

temps Que possible, leur centre de gravité à Berlin. Or, comme ni à Vienne,

ni à St. Pétersbourg on n'est encore pret à recuillir les fruits de troubles qui

éclateraient en Orient, il y a lieu d'espérer que l'Allemagne réussira à éloigner

une lutte qui pourrait prendre une extension incalculable. Le but essentiel

du Cabinet de Berlin doit etre de tenir en échec la France et de prévenir toute complication, de nature à faire diversion et à procurer à cette Puissance un a:llié dans ses projets de revanche.

On prétend que le Comte Andrassy, jaloux de la Russie et désirant miner son influence en Orient, travaille à renchérir sur elle dans une protection des chrétiens sujets de la Porte. C'est un ròle habile, mais non sans danger. Le jour où ce jeu serait découvert, le Cabinet de St. Pétersbourg ne manquerait pas de le contrecarrer par tous les moyens. S'il ne réussissait pas à renverser ce Ministre dont le principal appui est à Berlin, la Russie se verrait peut-etre a:lors dans le cas de prendre une attitude plus accentuée au risque d'accélérer le cours des événements qu'il convient au contraire de ralentir tant que faire se pourra.

39

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 245. Berna, 26 gennaio 1875 (per. il 29).

In esecuzione degli ordini contenuti nell'ossequiato Dispaccio dei 4 gennaio n. 147 di questa serie (1), ho avuti diversi colloqui col Presidente della Confederazione per ottenere che il Consiglio Federale avesse ad indurre il Governo del Ticino a provvedere perché gli ufficiali preposti ailla Polizia nelle diverse parti di quel Cantone, dovessero secondare, per quanto è da loro, il Rappresentante del Governo a Lugano nelle ricerche di cui fosse incaricato all'uopo di informare le Autorità Regie intorno ai malfattori Italiani che riparano colà, sia per fuggire la giustizia del loro paese, sia per prepararvisi a commettere nuovi reati nel Regno.

Il Signor Scherer accolse le rimostranze che io gli indirizzava in proposito

e si dichiarò pronto a fare quanto era da lui per venire in chiaro dei fatti che

io gli narrava e porre il Consiglio federale in grado di provvedere. Egli però,

senza voler scusare la polizia Ticinese, mi disse che sono a dimora stabile in

quel Cantone oltre ad ottomila dei nostri i quali per la lingua, le consuetudini

ed il vestire si confondono facilmente coi nativi. H Ticino è del resto la via

che seguono le molte migliaia di onesti operai italiani che valicando il S. Got

tardo si recano ogni anno nell'interno della Svizzera o si trasferiscono in Ger

mania e nei Dipartimenti Ordentali della Francia e ne ritornano.

I tristi sui quali l'Italia vorrebbe giustamente si tenesse l'occhio entrano

in quel territorio senza passaporto, vi cambiano nome e si disperdono nelle

diverse valli di quel paese.

Ciò posto, è ovvio il convincersi che non sia agevole alla Polizia locale il

conoscerli, sopratutto quando non le si forniscono indizj sufficienti per ricono

scerli. Le guarentigie pubbliche assicurate dalla Costituzione del paese sono altresì non di rado un impedimento alle indagini necessarie per ottenere simigliante risultato.

Non impugnai quanto si asseriva dal mio interlocutore, ma aggiunsi che quando g1i ufficiali pubblici Ticinesi fossero animati di buona volontà metterebbero il Cantone in condizioni di rendere meno inefficaci i Trattati che nel comune interesse sono stati per quanto s'attiene alla sicurezza pubblica, conclusi fra i due paesi, quando cioè rendessero meno difficili ai Magistrati Italiani ed al R. Governo le domande cui sono autorizzati dai Trattati in vigore.

Dopo ciò i!l Presidente mi promise che il Consiglio federale inviterebbe il Governo del Ticino a verificare i fatti di cui si lamenta il Cav. Chiora, di cercare le cagioni e di provvedere all'oggetto che le autorità locali di poliz;ia abbiano a coadiuvare il nostro Console e a far sì che le stipulazioni internazionali siano rispettate, e mantenute le buone relazioni di buon vicinato che esistono fra i due paesi. Mi ha di più promesso questa mattina stessa di comunicarmi le risposte che a questo riguardo il Ticino farebbe a'l Consiglio federale.

(l) Cfr. n. 4.

40

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 423. Pietroburgo, 26 gennaio 1875 (per. il 4 febbraio).

Dopo aver ricevuto il telegramma relativo alla questione del Montenegro che l'E.V. m'indirizzava in data del 20 corrente (1), in riscontro al mio del 19 (1), colsi un'occasione per avere una conversazione col Signor Stremoukow.

Per informazioni avute dalle Ambasciate di Austria e di Germania sapevo che il Direttore del Dipartimento Asiatico conosceva nostre disposizioni, ma non ignoravo che il Generale Ignatieff, per amore d'indipendenza informa incompletamente il Ministero Imperiale e preferisce attribuire alla sua influenza personale i successi della diplomazia Russa ottenuti a Costantinopoli. Ciò rende naturalmente inv,idioso il Signor Stremoukow, la di cui influenza benchè cresca ogni giorno presso il Principe Gortchakow reso indolente dall'età avanzata, ha bisogno di essere avvivata e così spiegasi l'attività che quell'alto funzionario dimostrò in conseguenza dei fatti di Podgoriza. Inoltre la nota riluttanza di Khamil Pacha a tenere il suo Governo esattamente informato di qualsiasi cosa spiacevole, rende ancor più difficile l'opera del Signor Stremoukow, il quale non fa mistero della sua poca simpatia per questo Ambasciatore Ottomano.

Per meglio illustrare questo stato di cose riferisco il seguente fatto che mi venne narrato oggi all'Ambasciata Germanica: Questo Ministero Imperiale degli Affari Esteri ha ricevuto recentemente la notizia trasmessa dal Generale Ignatieff che i rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli hanno mandato al

Principe del Montenegro un telegramma firmato collettivamente per guarentirgli il loro appoggio morale ed indurlo a perseverare nel suo atteggiamento dignitoso e pacifico, ma ignorasi finora quali siano i firmatarii del telegramma e quale ne sia il testo esatto.

Nella conversazione che ebbi col Signor Stremoukow, gli dissi che nell'ultimo nostro colloquio avendo egli espresso un dubbio sull'azione Italiana presso la Porta e ciò in contraddiz,ione al linguaggio che le mie informazioni ufficiali m'avevano permesso tenere, era a me grato di potergli ora confermare che, dietro le mie più recenti notizie, V.E. aveva instistito vivamente presso il Ministro Turco perché la Sublime Porta prendesse misure atte ad evitare complicazioni al Montenegro.

Quando aggiunsi che Ella aveva dato al R. Rappresentante a Costantinopoli istruzioni di unirsi alle pratiche che fossero fatte in questo senso dai rappresentanti delle altre Potenze, questo, disse il Sig. Stremoukow, è il punto importante. Mi chiese se non desiderassi farne subito la dichiarazione al Principe Gortchakow. Siccome l'E.V. non me n'aveva dato l'ordine e credendo preferibile di non attribuire soverchio significato ad un passo che in sostanza era destinato a rettificare interpretazioni erronee e non a stabilire fatti nuovi, risposi al Sig. Stremoukow che col suo gradimento e per non disturbare il Cancelliere, lo autorizzavo a fargli note le cose di cui l'E.V. m'aveva informato, che del resto concordavano esattamente col linguaggio da me tenuto :nel precedente colloquio, e non dubitavo fossero state da lui riferite a Sua Altezza.

(l) Non pubblicato.

41

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 59. Scutari, 27 gennaio 1875, ore 12,45 (per. ore 15).

A Cettigné 13 (?) (l) courant, démonstration contre prince de Monténégro pour son manque d'énergie contre Turquie. Gouvernements allemand, français envoyé de suite leurs consuls auprès du prince. Consul de Russie, en congé, reçu ordre retourner immédiatement Cettigné. Prince attend consul d'Autriche, qui ne tardera pas à s'y rendre, H paraìtrait. J'ai télégraphié à la légation de Sa Majesté pour demander instructions: répondu qu'affaire étant arrangée, rester mon poste. lVIais c'est malgré arrangement que les consuls se sont rendus au Monténégro donner appui moral au prince et que Son Altesse demande instamment consul Autriche. V. E. verra si dignité du Gouvernement du roi et la convenance de donner marque sympathie, appui au prince dans intéret ordre, paix, serait de nature à modifier dispositions de la légation, pour le cas de départ du consul d'Autriche, car alors, ne mJanqueraient à Oettigné que consuls anglais et italien. Situation Monténégro très-tendue.

(l) II punto interrogativo è nel regi>tro dei telegrammi.

42

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 413. Costantinopoli, 29 gennaio 1875 (per. il 5 febbraio).

Il 23 corrente sulla proposta del Decano del Corpo Diplomatico i Rappresentanti delle Potenze Garanti firmarono ed inviarono al Principe di Montenegro il ·telegramma, allegato in copia, redatto dal Generale Ignatiew, responsivo a quello di Sua Altezza inviato a Costantinopoli li 11 del presente mese.

In tale comunicazione, dopo aver espresso al Principe tutto il nostro gradimento pelle prove di calma e di moderazione da Lui date, si fa conoscere l'opinione dei Rappresentanti nel senso che si abbiano a considerare come appianate tutte le difficoltà dopo il fatto avvenuto del consenso dato dalla Porta acchè • una Commissione Montenegrina si riunisca al Conv,ento di Piperi (territorio Montenegrino) per fare un'inchiesta coll'assistenza d'un dele

gato ottomano, e che questa abbia poi a trasferirsi a Spouz (territorio turco) per interrogare i testimoni Ottomani •. Si prende quindi atto della parola data dal Principe pel giudizio e pella punizione nel Montenegro dei Colpevoli Montenegrini, nel modo stesso che ciò ha ad aver luogo a Scut.ari per Sudditi Ottomani. Non ha potuto poi essere -si aggiunge -che la conseguenza di un equivoco la supposizione secondo cui la Porta abbia pensato a ritardare condizionalmente le sentenze rese, le quali si ha ogni motivo di credere che debbano ricevere senza più una forma esecutoria. I Rappresentanti conchiudono la comunicazione in discorso esprimendo la loro fiducia che nulla si opponga più acchè ogni traccia della increscevole differenza tra il Governo Ottomano ed il Montenegro svanisca, come lo richiede l'interesse reciproco dei due paesi.

Benché il Principe Nicola non potesse ignorare· la difficoltà che ebbimo

qui per vincere la riluttanza del Gran Vezir ad ammettere la riunione su

territorio Montenegrino della Commissione Montenegrina d'inchiesta ed a pie

garsi all'invio d'un delegato Ottomano presso di essa, egli, stando pare alle

notizie che gli recavano da Vi·enna degli Ufficiali Austriaci venuti a Cettigne,

si attendeva ad ottenere da Costantinopoli tale concessione in modo assoluto

e senza l'aggiunta conciliativa della disposizione concernente il trasferimento

della Commissione stessa su territorio Ottomano qualora si tratti dello inter

rogatorio dei sudditi Ottomani implicati nell'incidente. Il Principe apprese

di mal'animo l'ammessione di siffatta clausola, benché nulla contenga di lesivo

ai proprii diritti e fece conoscere a Costantinopoli che tale disposizione con

tinuava a !asciarlo in gravi imbarazzi di fronte all'atteggiamento concitato

dei proprii sudditi. Il Principe stesso ritenne presso di sé l'ufficiale Consolare

di Francia -un giovane allievo-Console che pare si dimeni di molto in tutta

questa faccenda -nonché il Console d'Allemagna ed avrebbe voluto vedere

a Cettigne tutti gli altri titolari dei Consolati esteri residenti a Scutari, per

avere campo per avventura -sotto .n pretesto di vo1erli fare conscii de visu

della situazione -di dar un carattere di tal quale solennità alle sue proteste

e dichiarazioni sulla impossibilità di ammettere altro principio nella quistione dell'inchiesta in Montenegro che l'istituzione in modo assoluto d'una Commissione Montenegrina che funzioni costantemente su territorio Montenegrino.

Comechessia questo affaccendarsi dei Consoli pvesso i,l Principe Nicola, è mia convinzione, che renda meno agevole lo scioglimento desiderato delle sue attuali divergenze colla Sublime Porta, sia perché una trattazione diretta di esse, a tempo opportuno, fra il Principe e questi Rappresentanti ha pelle decisioni a prendersi un peso maggiore sull'animo di quegli, sia perché, allontanati pretesti di suscettibilità e di sospetti nello spirito dei Ministri del Sultano, i passi che si dan qui presso di loro possono essere più effi.caci. Il Signor Berio coll'intendimento da lui manifestato alle Autorità di Scutari quando eransi appena verificati i fatti di Podgoritza, della necessità cioè dell'intervento Consolare nella Commissione d'inchiesta, svegliò queste suscettibilità ed alquanto di mal umore nella Porta. Coll'atteggiamento amichevole e nello stesso tempo accentuato a tempo opportuno che potei tenere in tutto il corso di questa faccenda, in grazia delle così savie ed autorevoli ·istruzioni di cui l'E. V. mi onorò, ho potuto anche efficacemente far udire la mia voce nell'interesse della giustizia e della conciliazione presso il Gran Vizir ed i Ministri del Sultano, i quali apprezzano perfettamente le intenzioni benevoli del Governo del Re.

L'andata in questo momento del Signor Berio a Cettigne non farebbe che ridestare tali prevenzioni, senza prò, a mio avviso, malgrado le perfette intenzioni di quell'intelligente Regio Funzionario, pel conseguimento del fine ormai tanto desiderabile di vedere cioè l'incidente turco-montenegrino esaurito o quanto meno Quietato pel meglio.

Valendomi quindi della compiacente autorizzazione datami dall'E. V. col suo telegramma di jeri -come ne feci oggi sommariamente parte alll'E. V. rinnovai al Signor Berio l'invito di rimanersi a Scutari e lo incaricai di insistere di colà vivamente presso il Principe acché ei si mantenga nelle· vie pacifiche. La Francia fece conoscere ultimamente al Principe Nicola che qualora egli si dipartisse da atti di moderazione e non si contentasse delle concessioni ottenuteg1i dalla Porta, lo si lascerebbe solo a disbrigarsi.

Al punto di chiudere questo mio Rapporto, il Generale Ignatiew mi comunica il telegramma delli 17/29 corrente -qui unito in copia (l) -ch'ei viene di ricevere dal Principe Nicola, in cui Sua Altezza nel mostrarsi grato della parte benevola presa dai Rappresentanti nella sua vertenza colla Turchia, si mostra dolente di non poter accettare il proposto eventuale invio della Commissione Montenegrina su territorio Ottomano, ma a dar prova di sua deferenza, dicesi pronto a mettere in oblio tutto che si riferisce all'incidente.

Prendendo atto di questa dichiarazione, non possiamo qui che far voti per che così sia.

Ringraziando rispettosamente V. E. dell'ossequiato dispaccio al N. 179 di questa Serie, delli 20 corvente (1), relativo alla vevtenza turco-montenegrina in discorso, il cui autorevole contenuto non mancherò di aver accuratamente pre:;:"!nte ...

(l) Non pubblicato.

43

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 72. Vienna, 31 gennaio 1875, ore 15,30 (per. ore 16,15).

Dispositions du Cabinet autrichien pour entamer négociations pour la révision du traité de commerce sont excellentes. On insiste pour recevoir sans retard communication officielle à cet égard. Je vous prie de me dire quand vous m'enverrez l'ordre d'adresser ici note officielle à ce propos.

44

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC

D. 79. Roma, 51 gennaio 1875.

Ringrazio V. S. del rapporto indirizzatomi il 9 gennaio (l) per darmi conto di un interessante colloQuio avuto col barone Lambermont sulla continuazione dei lavori relativi alla dichiaraz:one internazionale dei diritti e dei doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti. Codesto Signor Segretario generale del Ministero degli affari esteri avrebbe desiderato sapere da Lei quali sieno le presenti disposizioni del Governo italiano in tale riguardo.

La S. V. conosce come dopo la chiusura dei lavori della Conferenza di Bruxelles, la Russia si sia rivolta a tutti i Governi che vi erano rappresentati chiedendo che essi vogliano far conoscere al Gabinetto imperiale le risoluzioni che sarebbero state il frutto dell'esame della progettata dichiarazione internazionale. Lo schema elaborato dalla Conferenza e dalla medesima raccomandato ai singoli Governi, tocca a delle questioni d'ordine superiore tanto nel campo politico-giuridico, Quanto nella sfera degli ordinamenti militari. Tali questioni doveano pertanto essere esaminate a due punti di vista molto diversi da autorità aventi competenza speciale in materie ugualmente diverse. I Ministeri della Giustizia e della Guerra assunsero ciascuno per la parte che li riguarda di fare eseguire gli studii indispensabili per pronunciarsi in siffatte materie. Tali studi non sono ancora compiuti e conseguentemente il Governo di Sua Maestà non ha ancora potuto rispondere alla Russia, cosa che si propone di fare tosto che dai pareri che verranno emessi sarà posto in grado di esporre le intenzioni dell'Italia.

Ella potrà valersi di queste notizie parlando col signor Barone di Lambermont al quale Ella vorrà porgere ringraziamenti del Governo di Sua Maestà per lo scambio di idee che il Belgio dimostra di volere avere con noi sopra ciò che si riferisce a questo affare.

(l) Cfr. n. 13.

45

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 78. Scutari, 31 gennaio 1875 (per. il 10 febbraio).

Pochi giorni or sono il Console d'Austria-Ungheria venne a vedermi ed io destramente lo interpellai sulla mediazione nella vertenza montenegrina di cui aveva fatto cenno (rapporto del 9 corrente) (1).

Egli non mi disse che la mediazione dell'Austria fosse stata finora messa in campo, né se fosse stata chiesta od offerta né tampoco accettata, ma notò essere inevitabile, essere il solo mezzo di soluzione della vertenza.

L'Austria vicina, con tanti interessi con tanti elementi slavi (mi diss'egli) che sono in uno stato di fermento, massime sulla frontiera di Cattaro, non può a meno di desiderare che si compongano le cose del Montenegro per aver pace nei suoi confini, per evitare che le sue popolazioni slave trasmodino per sentimento di solidarietà coi Monteneg11ini.

Poi venuti a parlare delle basi della mediazione egli mi fece un lungo discorso che riassumo.

" Il Montenegro è uno Stato indipendente di fatto e di diritto: la Porta non vuol riconoscere l'indipendenza in diritto del medesimo, ma è riconosciuta dalle altre Potenze massimamente dall'Austria. Che sia indipendente di fatto, tutti lo sanno, che sia autonomo non è impugnato da alcuno, neppure dalla Porta.

Ma il Governo Ottomano ha sempre avuto ed ha tuttavia la ridicola e malaugurata vanità di possedere dei Reami, degli Stati che si direbbero in paTtibus, il che vuol dire ch'esso è sovente in pericolo ,e mette in pericolo la pace pubblica senza causa, senz'utilità, anzi con grave danno.

La mediazione deve aver per iscopo di porre le cose nello stato normale, nello stato in cui veramente sono.

Se la Turchia abbandona i suoi sogni di considerare il Montenegro come provincia propria e di aspirarne al possesso reale, la pace è fatta, ed i rapporti che si stabiliranno fra i due Governi saranno regolari. Per indurla ad abbandonare Questi sogni deve bastare il farle considerare che il Montenegro indipendente di fatto per tutti, è indipendente in diritto per la maggior parte dei Governi d'Europa.

Stabilito questo, riconosciuto lo stato attuale (e non si può altrimenti) le conseguenze ne scendono di per sé.

Vi è tra la Tara e la Piva (due fiumi che pigliano la lor sorgente nel territorio montenegrino) alle falde del Dormitor una contrada, un triangolo isoscele, la cui base è il Montenegro, i lati sono i due fiumi, il vertice è d confluente dei fiumi sovradetti che danno origine alla Drina, poco lungi da

Foutscha. Questo territorio abitato da slavi illirici, greci di religione, in numero di 16 o 18 miJ.a circa si considerò sempre per montenegrino: i Turchi non poterono mai piantar lor dominazione in quella contrada: gli abitanti poveri, fieri, bellicosi ricorrono al Montenegro per le cose loro, alle Autorità principesche nei loro piati, non pagano imposte ai Turchi, in sostanza sono Montenegrini. Quando io (Wassitsch) ero Console a Mostar Osman Pascià volle ridurre i Scharanji ed i Drobniaki (così si chiamano quelle popolazioni di cui l'ultima risiede in parte sul territorio del Montenegro) all'ubbidienza, ed in un punto sulla Tara costrurre un Kulé o blokhaus che dir si voglia, venne con un nerbo di truppe; Scharanji e Drobniaki insorsero, occuparono i valichi, ricorsero al Principe del Montenegro che mobilizzò quattro battaglioni con ordine di mantenere inviolati quei confini e Osman Pascià si ritirò. Il Montenegro pertanto considera quelli come suoi sudditi, essi si considerano Montenegrini; in fatto sono indipendenti dalla Porta. Tanto vale che la Turchia rinunzii ad una sovranità la quale non è se non nominale e lasci quel distretto si aggreghi, sia annesso al Montenegro.

Dire alla Porta di cedere la destra della Morastia (soggiungeva il mio amico) come alcuni pensano (i Montenegrini) è impossibile; quel territorio è proprio turco, in esso la Porta esercita sovranità e giurisdizione, le fu confermato da una Commissione europea, ma il territorio di cui si tratta non le è stato riconosciuto e sovr'esso il Governo Ottomano non esercita se non una autorità limitata, anzi nessun'autorità.

Così in un altro ordine di idee. Se il Principato è indipendente di fatto tant'è che la Porta riconosca al medesimo i diritti che sono a tutti gli Stati indipendenti comuni, cioè di aver Consoli e Ministri, di far trattati e convenzioni, ed esso stesso il Governo Ottomano dovrebbe concluder tali atti relativamente ai telegrafi, alle poste, alla navigazione della Bojana e del lago, alle ferrovie ecc. ecc.

Ora per un dispaccio da Scutari a Cettigne si pagano franchi 7: fatto un Trattato non si pagherebbero che 2 franchi, i piroscafi del Lloyd potrebbero lasciare a Cattaro le lettere che giungerebbero a Scutari 24 o 36 ore prima che ora non arrivino via di Antivari ecc. ecc.•.

Al ragionamento del mio Collega mi permisi solo di far un'osservazione in proposito di quanto concerne l'indipendenza (sovranità ,interna ed esterna) del Principato richiamandogli in memoria ciò che si è detto al Congresso di Parigi e ciò che dal Principe fu accettato ·in seguito alla nota, del 31 Agosto 62, di Ornar P.ascià. Egli mi dispose che auesti atti non hanno efficacia davanti alla realtà che molte Potenze riconoscono il Montenegro come Stato indipendente in fatto (il che è incontrastabile) ed in diritto.

Il Signor Wassitsch pertanto crede che la mediazione debba consistere nel far accettare dalla Porta lo stato di fatto attuale e le conseguenze del medesimo; nel far riconoscere dalla Porta ch'essa sul distretto dell'Erzegovina tra la Tara e la Piva non ha dominio e quindi indurla ad abbandonare la sovranità di quel territorio ed a riconoscere tutti i diritti di sovranità al Principe del Montenegro.

Ma aggiunse che già nel 1858 la Porta aveva offerto al Montenegro una

estensione di territorio nell'Erzegovina a patto che riconoscesse l'alta sovra

nità Ottomana, ma che il Principe per non pregiudicar l'avvenire non aveva

accettato.

Io non so se realmente ciò sia vero, perché nelle storie non ne ho trovato

cenno. Ma credo che la Porta non accetterebbe mai tutte queste distinzioni

di diritto e di fatto e che respingerebbe sdegnosamente come contrario alla

sua dignità ogn'atto che menomasse l'autorità, la sovranità, il dominio suo.

Ora l'Austria vorrà essa far accettare dalla Turchia, suo malgrado, questi

concetti, questi ragionamenti? Non lo so. Certo l'Austria è in un grande imba

razzo perché bisogna pur che consenta una soddisfazione ai suoi Slavi, a quegli

Slavi che la salvarono in addietro, che le diedero una brillante vittoria ma

rittima, che ora combattono e strepitano per la loro autonomia! La Dalmazia

secondo le informazioni che ricevo è sossopra pel Montenegro e massime il

distretto di Cattaro in cui l'autorità Cesarea è nulla e in cui non vi sono se

non Montenegrini di cuore (massime i Pastrovich); evitare una guerra dei

Turchi contro il Montenegro, dar soddisfazione ai Montenegrini è per l'Austria

necessità propria, necessità di pace interna.

Certo se l'Austria potesse riescire a far accettare o ad imporre alla Turchia

le condizioni di cui si tratta, il riconoscimento dei principj (o dei fatti come

dir si vuole) che ho esposti, essa farebbe un grandissimo guadagno.

Io prego l'E. V. a voler gettar lo sguardo sopra una carta della Bosnia e del Montenegro: Ella rileverà ad un tratto che colla cessione del territorio tra la Piva e la Tara, la Bosnia sarebbe poco men che divisa in due porzioni di cui una (al Nord) cadrebbe ben presto nel potere dell'Austria la quale avrebbe nei Montenegrini dei granieri o guardia-frontiera gratuiti. La frontiera montenegrina sarebbe a 30 o 40 miglia da Serajevo, nel centro della Bosnia, a 30 miglia dalla frontiera serbiana, di amici che non vogliono altro se non associarsi ai Montenegrini. In una guerra poi H Montenegro ed i suoi alleati avrebbero con facile mossa una linea fortissima tra il Lim e la Narenta non lontani, stupenda per l'offensiva e la difensiva comeché protetta da quei due fiumi e dalle catene delle Alpi dinariche le quali corrono la Bosnia dall'Est al Sud Ovest.

Riconosciuta al Montenegro la facoltà di far Trattati non so di qual natura essi potranno essere.

Di tutto ciò io m'astenni naturalmente di far motto al mio cortese interlocutore; né posso dire ch'egli nell'esprimermi queste idee rivelasse propositi governativi o non piuttosto concetti proprj; mi caleva sapere quali sieno quelle che si possono dire idee austriache e quali possano essere le idee degli Agenti Russi.

Jeri pertanto quando venne a visitarmi il Signor Iastreboff feci cadere il discorso sul Montenegro e sulla utilità, sulla convenienza che un Governo amico s'intrometta fra la Porta ed il Montenegro per amor di pace -mi avvidi che il mio interlocutore ignorava l'idea della mediazione austriaca -riconoscendo l'utilità d'una pacificazione il Signor Iastreboff venne a darmi le basi di quella che, a parer suo, si potrebbe proporre. Egli non riconosce l'indipendenza del

Montenegro, ma l'autonomia, propone che al Montenegro si ceda parte del territorio tra la Piva e la Tara, cioè quella che è abitata dagli Scharanji, e il territorio alla destra della Morascia come che sia necessario onde i Montenegrini possano supplire alla povertà del territorio attuale; vuole la libertà della navigazione della Bojana e del lago ed il diritto al Principe di nominare Consoli nei luoghi più frequentati dai suoi sudditi.

Queste sono pertanto le proposte, le vedute dell'Austria e della Russia.

(l) Cfr. n. 14.

46

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 79. Scutari, 31 gennaio 1875 (per. il 10 febbraio).

Che cosa si debbe dire della condotta dell'Austria nella vertenza montenegrina?

Io raccontai già a V. E. in precedenti rapporti come il Conte Andrassy avesse spedito a Cettigne un telegramma pel Cav. Wassitsch Console Generale in Scutari e come avesse col telegrafo interpellato questo Consolato onde conoscere se il titolare si trovasse a Cettigne o fosse di ritorno in questa sua residenza.

Ma non un solo, tre telegrammi furono dal Conte Andrassy spediti al Cav. Wassitsch a Cettigne, e gli furono spediti per mezzo del Principe, il quale corrisponde direttamente col Conte Andrassy.

Il Principe pertanto avrebbe dovuto recapitare egli stesso Quei telegrammi

al Cav. Wassitsch.

Ma questi non si mosse da Scutari, e rispondendo al Conte Andrassy '' ch'era in questa sua residenza • chiese se dovesse recarsi a Cettigne. Finora, ed oggi corre il decimo giorno, non ebbe risposta. Intanto finita la pendenza i Consoli di Francia e di Germania lasciarono

Cettigne ed il Principe respinse al Conte Andrassy telegrammi che doveva recapitare al Cav. Wassitsch.

È ovvio il chiedersi: se il Ministro Imperiale dell'Estero voleva che il suo Console si recasse al Montenegro, che pigliasse parte a quella dimostrazione perché non gliene diede l'ordine? se non voleva, se pensava doversi astenere, doversi riservare, non doversi associare alle dimostrazioni, all'azione delle altre Potenze, per mezzo dei loro Consoli, perché scriveva al Principe di recapitare al Cav. Wassitsch come se fosse in Cettigne i dispacci che gli spediva? perché far credere che esso Ministro supponesse il Cav. Wassitsch in quella residenza o dovesse tosto recarvisi?

Non so darmi ragione di questa condotta che mi par subdola o quanto meno strana: mi vien detto che il Principe non poté trattenersi dal dimostrare un certo corruccio, un certo sdegno.

Qui si argomenta che l'Austria voglia spingere o lasciar che il Montenegro corra alla guerra, alle ostilità.

È probabile che le ostilità le rendano più facile la mediazione e la mediazione allontanerà pericoli e darà vantaggi all'Austria.

47

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1412. Berlino, 1 febbraio 1875 (per. il 5).

En suite de la dépeche que V. E. a bien voulu m'adresser en date du 22 Janvier échu n. 340 (1), j'ai donné connaissance au Sécrétaire d'Etat des instructions tracées à notre représentant à Constantinople.

M. de Bulow m'a chargé de remercier V. E. de cette intél'essante communication. Il m'a paru à propos de dire, comme préambule, qu'à défaut d'une entente préalable qui n'avait point été recherchée avec l'Italie pour les affaires de Podgoritza, nous avions cru devoir marquer davantage notre attitude par les instructions dont j'allais donner lecture; et cela surtout lorsque nous apprenions que les premières démarches d'autres Puissances n'avaient pas eu

dès l'abord le résultat désiré. Nous étions heureux de nous etre rencontrés avec ces Puissances dans nos efforts pour apaiser un conflit qui menaçait alors de prendre des proportions sérieuses. Notre programme n'est autre que de maintenir, autant qu'il est en notre pouvoir, une attitude uniforme pour les questions qui se rattachent à l'Orient. Nous regretterions que l'accord des Puissances parut un seui instant altéré par une action restreinte qui pourrait laisser supposer une tendance de partager sur ce terrain l'Europe en deux camps, tendance qui ne saurait répondre aux convenances ni de l'Italie, ni de l'Al1emagne, intéressées l'une et l'autre à la conservation du status quo territorial en Turquie.

M. de Bulow, sans contester la valeur de ces considérations, m'a dit que pour ce qui concernait l'Orient, le Cabinet de Berlin s'abstenait de prendre une ,initiative. Il se bornait, quand une proposition était présentée, à la soumettre à un mùr examen, et à l'appuyer quand elle lui semblait conforme aux intérets généraux de la politique.

Il en avait été ainsi au sujet du droit revendiqué par la Roumanile de conclure des conventions commerciales avec les Puissances étrangères, et pour l'incident de Podgoritza. Dans ce dernier cas, l'Autriche avait pris les devants. Le Cabinet de Berlin n'avait fait que suivre. C'est pourquoi il n'avait chargé ses représentants près 1es autres Cours d'aucune communication à cet égard.

(l) Cfr. n. 32.

48

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. l. Pietroburgo, 2 febbraio 1875 (per. il 9).

Giunto qui la sera del 27 dello scorso gennaio, mi affrettai l'indomani, conformandomi alle norme d'etichetta che sono qui in vigore a fare annunziare per mezzo del Primo Segretario di questa R. Legazione Signor Barone· Marochetti, il mio arrivo in questa residenza a S. A. il Principe Cancelliere e chiedergU un'udienza, la quale fu fissata al giorno susseguente.

Come ebbi l'onore di significarle per telegrafo (l) il Principe Gortchakoff mi fece la più lieta e cortese accoglienza e mi disse, senza aspettare che io gliene avessi fatto la richiesta, che S. M. l'Imperatore mi avrebbe ben presto ricevuto per la presentazione delle lettere credenziali.

Infatti la sera stessa, nel restituirmi a casa trovai l'invito di rendermi dall'Imperatore il sabato seguente 30.

Non posso che confermare ciò che per telegrafo ho già riferito all'E. V., cioè a dire che S. M. l'Imperatore fu meco di un'amabilità senza pari e nel porgermi la mano mi disse che era contentissimo di rivedermi, sapendo bene che egli aveva in me un amico. Mi chiese poi subito con premura ~tizie di

S. M. il Re e m'incaricò di far pervenire alla Maestà Sua ed ai Reali Principi i suoi più sinceri e sentiti ringraziamenti per tutte le attenzioni che prodigano a S. M. l'Imperatrice, e mostrossi particolarmente grato a S. M. il Re della visita fatta ultimamente dalla Maestà Sua all'Imperatrice a S. Remo. Disse quindi di aver ric·evuto con gran piacere un ritratto di S. M. il Re, che avea fatto porre nella Galleria Imperiale di Gatchina dove sono i ritratti degli altri Sovrani d'Europa.

Parlò da ultimo con effusione dell'Italia che egli aveva visitata nella sua prima giovinezza e di piacevoli ricordi che ne conservava dicendo di rammentare bene di aver veduto allora a Torino S. M. il Re, come Principe Erede e il compianto Duca di Genova, che facevano leur première sortie dans le monde; e da tutto il tenore della sua conversazione traspariva manifesto in lui il desidevio che un'occasione propizia si presentasse d'incontrarsi di nuovo con S. M. il Re per cui professava la più sincera e costante amicizia.

S. M. l'Imperatore nel congedarmi mi stese di bel nuovo la mano esternandomi la speranza che mi avrebbe ben presto riveduto e credo, ciò dicendo, facesse allusione al piccolo ballo che avrà luogo a Corte nel corso della set

timana.

Ho creduto mio debito di riferire questi pavticolari a V. E. per mostrarle che tanto S. M. l'Imperatore personalmente, quanto il Governo lmpe·riale sono assai favorevolmente disposti verso il Governo Italiano, dappoiché, com'è detto nelle istruzioni da V. E. conferitemi, mentre nessuna questione separa i due Governi, parecchi ed importanti sono gli interessi che li accomunano. Il com

pito dunque di colui che ha l'onore di rappresentare l'Italia in questo paese sarà grandemente agevolato da uno stato di cose sì propizio ed io non dubito che il desiderio da V. E. espresso di vedere cioè che i rapporti fra ,i due Stati divengono sempre più cordiali e più intimi possa essere in breve con reciproca soddisfazione pienamente effettuato.

(l) Cfr. t. 68 del 30 gennaio, non pubblicato.

49

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant; ed in M. MINGHETTI, Copialettere, vol. II, pp. 497-498)

L. P. Roma, 3 febbraio 1875.

Sono ·in gran ritardo per ringraziarvi. E nel ringraziarvi mi rallegro assais

simo della buona piega che prendono le trattative pei negoziati di commercio.

Visconti ha già avuto da me tutti gli elementi per inviarvi una nota e forse

oggi o domani partirà per Vienna.

Sarò contento se accettano Roma, contentissimo se non ripugnasse l'idea di anticipare la scadenza di qualche mese. Da parte mia mi trovo pronto a cominciare anche subito.

La venuta di Garibaldi da molti, e non senza ragione temuta, si è risolta in una novella prova del buon senso delle nostre popolazioni, e del patriottismo del generale medesimo. Questa mattina ho avuto con lui un lungo colloquio, nel quale mi parlò con molta devozione del Re e riconobbe che il solo modo di combattere la Curia Romana è di portar qui istruzione e lavoro. La sua mente ora è preoccupata della regolazione del Tevere, e del bonificamento dell'agro romano, due temi veramente importantissimi e nei quali io gli ho promesso l'appoggio del Governo nei limiti che permettono le nostre finanze. Bisogna tenerlo in questa buona via, e sopratutto impedire che i faccendieri e gli intriganti s'impossessino di lui.

Il Parlamento continua, benché in questi giorni di Carnevale con molta lassezza. L'esito della interpellanza di Villa-Ruffi ha mostrato la compattezza e la solidità del partito conservatore. La mia esposizione finanziaria ha incontrato abbastanza favore, e credo che le proposte passeranno con qualche modificazione che io non sono alieno dall'accettare, purché si stia fermi nel concetto sostanziale. La più difficile sarà la legge della Pubblica Sicurezza ma non dispero che anch'essa finirà per trionfare. Insomma in questo momento le cose si mostrano prospere. Speriamo che duri.

Mia moglie ebbe al suo ritorno a Roma una cordialissima lettera dalla Contessa Robilant, e le ne fu veramente grata. Vogliate porgerle le sue scuse se non le avesse risposto ancora del che dubito, perché mia moglie colla buona volontà di far tutte cose, appunto perché piglia troppo a fare, non è un modello di puntualità nella sua corrispondenza. E riverite la Contessa per me.

50

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 81. Pietroburgo, 4 febbraio 1875, ore 8,40 (per. ore 22,30).

Gortchakoff que j'ai vu hier m'a annoncé avec une irritation marquée refus de l'Ang1eterre à une participation ultérieure à la conférence Bruxelles. Je lui ai demandé ce que Gouvernement russe pensait faire il m'a répondu qu'aucune décision n'avait été prise jusqu'à ce moment mais qu'il ne manquera pas de me la faire connaìtre. Je rends compte de toute la conversation, sur des autres affaires aussi, par dépeche que je confie au baron Marochetti (1).

51

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1414. Berlino, 4 febbraio 1875 (per. il 7).

Ainsi que je l'ai télégraphié hier, le Secrétaire d'Etat m'a donné par écrit l'avis confidentiel que S. M. l'Empereur ayant signé la réponse à la notification de l'avènement du Roi Alphonse XII ainsi que les lettres de créance du Comte de Hatzfeld, un courrier était parti pour porter ces lettres à l'Ambassadeur d'Allemagne à Paris qui les ferait passer à Madrid.

D'après le langage Qui m'avait été tenu le l"'" de ce mois par M. de Bulow (dépèche n. 1411) (2), je dois supposer que cette expédition a été faite hier. Peut-ètre a-t-elle été anticipée en suite de venseignements favorables de Vienne et de St. Pétersbourg. Le dernier numéro de la P1·ovinzial Correspondenz constate en effet que les trois Cours du Nord agissent en parfaite intelligence à cet égard.

En nouant des rapports réguliers avec le nouveau régime, l'Europe lui prete une certaine force morale dont l'Espagne sera peut-ètre à meme de tirer profit pour mettre un terme à la crise qui se déroule depuis quelques années et qui se concentre aujourd'hui dans une sorte de duel entre la Monarchie aux apparences libérales, et un prétendant campé à la tete de ses partisans dans les Prov,inces du Nord. Mais il est bien permis de concevoir quelques doutes sur l'affermissement du nouvel ordre de choses. En admettant mème QUe l'Espagne réussisse à refouler les Carlistes, ce Pays se retrouvera en présence d'autres difficultés intérieures d'une nature assez grave, et contre lesquelles il faudra lutter avec des chances peut-ètre moins favorables. La Péninsule n'est certainement pas au bout de ses épreuves.

(l) -Cfr. nn. 52 e 53. (2) -Non pubblicato.
52

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Pietroburgo, 4 febbraio 1875 (per. il 13).

Profitto della partenza del Barone Marochetti per far pervenire a V. E. per la via di Parigi questo mio rapporto.

Come l'E. V. avrà potuto ben immaginare nella prima visita, di pura cortesia che resi, accompagnato dal Primo Segretario della R. Legazione, al Principe Cancelliere non fu fatta allusione alcuna alla politica.

Nei giorni susseguenti alla mia udienza il Principe Gortchakoff fu preso da uno dei soliti attacchi di gotta che or lo tormentano più fieramente di prima e lo rendono nel frattempo inabile al lavoro ed alla trattazione degli affari.

Avendo udito ieri l'altro che le notizie del suo stato di salute erano alquanto migliori gli feci domandare se era in grado di ricevermi ed egli amabilmente mi fé risponder di sì.

Con mia sorpresa però lo trovai disteso sopra un seggiolone e tuttora affranto da acuti dolori, sicché chiedendogli scusa di mia importunità gli proposi di rinviare a miglior tempo nostro colloquio, ma egli m'invitò a rimanere, dicendomi che sebbene non fosse in istato di conversare a lungo e ricevere gente aveva voluto fare un'eccezione per me. Disse sentirsi oramai stanco ed oppresso dal peso degli anni e disposto a ritirarsi se l'Imperatore non l'obbligasse a restare al suo posto e non credesse tuttora utile la sua opera specialmente allorché sorgono incidenti sì imprevisti e delicati come quello di Podgoritza. La conversazione venne dunque naturalmente sulla nuova fase in cui è entrata questa Questione e il Principe si mostrò assai contento della decisione presa dal Principe di Montenegro nel rinunziare a qualsiasi reclamo contro la Porta sui massacri commessi da sudditi turchi, ma soggiunse che non per questo le Pot,enze dovevano ristarsi dal continuare i loro adoperamenti a Costantinopoli perché giustizia sia fatta. Il Principe soggiunse che egli era lieto di poter attestare che il Governo Italiano erasi francamente associato agli sforzi fatti dal Governo Imperiale e da altre Potenze a Costantinopoli per convincere i Ministri del Sultano della necessità di dar pronta ed adeguata soddisfazione ai giusti reclami del Montenegro ed egli auguravasi che il Governo del Re avrebbe seguitato a dar consigli in questo senso alla Porta, nonostante la desistenza del Principe Nicola da ogni ulteriore reclamo.

Colsi quest'occasione per far notare a Sua Altezza che il Governo del Re aveva dato prove manifeste di volere non solo in questa ma in altre questioni concordare la sua azione con quella del Governo Imperiale; solo si credeva che tale accordo si otterrebbe più agevolmente se il Gov,erno del Re fosse messo in tempo opportuno al fatto degli intendimenti della Cancelleria Russa, se vi fosse insomma tra i due Governi uno scambio d'idee più intimo e più seguito.

Il Principe mi rispose assai gentilmente che egli non domandava nulla di meglio dal canto suo, dappoiché egli era lieto di convenire meco che i due Governi hanno molti interessi in comune e nessuna Questione che li separa.

53

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 6. Pietroburgo, 4 febbraio 1875 (per. il 13).

Verso la fine della conversazione che ebbi ieri col Principe Gortchakoff il discorso cadde sullo stato delle nostre cose in Italia e mi avvidi con piacere che Sua Altezza le riguardava sotto un aspetto assai favorevole. Io ne presi occasione per esprimermi con lui ai sensi indicatimi dalle istruzioni ricevute da V.E.

Avendomi parlato del soggiorno che fa a Roma in questo momento suo figlio il Principe Costantino colla moglie, gli chiesi in aria di scherzo • s'ils n'avaient pas été effrayés de l'arrivée de Garibaldi ». Mi rispose: • Au contraire, cela les a beaucoup amusés et intéressés, ils étaient présents à la séance de la Chambre lorsqu'il a preté serment de fidélité au Roi et disent que ce fut un beau spectacle de voir alors toute la droite se lever et applaudir ce qui prouve les sentiments monarchiques dont la grande majorité de la Chambre et du pays est animée •.

Fece da ultimo grandi elogi del Re dont je suis toujours fie1·, aggiunse, d'etre le cou.sin.

54

L'ADDETTO MILITARE A PARIGI, LANZA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI

R. 165. Parigi, 5 febbraio 1875 (1).

Jeri sera ebbe luogo, all'Eliseo, il consueto ricevimento settimanale del Presidente della Repubblica. Io v'intervenni, ed al mio ingresso, mentre presentava i miei ossequj al Maresciallo ed alla Marescialla Mac-Mahon, quegli mi disse che desiderava parlarmi. Chiamatomi infatti poco dopo in disparte, il Maresciallo mi esprimeva il suo vivo dispiacere per l'effetto prodotto in Italia dalla pubblicazione della Relazione Perrot sulle operazioni del Corpo d'esercito del generale Garibaldi nella campagna del 1870-71, soggiungendo che nessuno qui aveva mai avuto in animo di recare offesa ai volontarj italiani verso i quali, come verso tutto l'esercito italiano, egli e tutto l'esercito francese nutri

vano i migliori sentimenti.

Io ringraziava il Maresciallo e replicava che se le conclusioni tanto severe e forse troppo passionate del defunto Perrot avevano certamente potuto fare dolorosa impressione sull'animo degli Italiani, io era lieto ed altamente onorato di udir confermata dalla autorevole parola del Duca di Magenta la espressione degli amichevoli sentimenti del Governo e dell'Esercito francese per la Nazione cui vado altero di appartenere.

(l) Copia di questo rapporto venne trasmessa al ministero degli Esteri da quello della Guerra, con nota riservata 1041 del 17 febbraio.

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 344 (1). Roma, 7 febbraio 1875.

Nell'interesasnte dispaccio che la S. V. mi ha indirizzato il 27 gennaio (2), ho letto con piacere che codesto Segretario di Stato, esprimendo a Lei la sua soddisfazione nel sentire che il Governo di Sua Maestà desiderava di procedere d'accordo col Gabinetto di Berlino nell'affare del riconoscimento del nuovo Governo spagnuolo, aveva accennato alla possibilità che anche l'Italia si associasse ad un accordo comune di tutte le grandi potenze per addivenire simultaneamente all'atto definitivo di riconoscimento.

Poster·iormente la S. V. mi ha fatto sapere che le lettere in risposta alla notificazione dell'avvenimento al trono del Re Alfonso e per accreditare presso il medesimo il Conte Hatzfeld, prima d'ora Ministro presso il Governo di Madrid, erano state spedite per corriere all'Ambasciata tedesca in Parigi perché le facesse pervenire alla Legazione di Germania in Spagna. Un telegramma che ho ricevuto dal R. Incaricato d'affari a Madrid, mi annunzia che finora sono stati designati solamente i titolari di due o tre posti diplomatici e che la Spagna aspetterà certamente per accreditare dei Ministri all'estero che i singoli Governi abbiano mandato delle nuove cre~E:!nziali ai loro rappresentanti in Madrid.

Dal complesso di queste notizie mi sembra risultare che la Germania non abbia fatto difficoltà ad assecondare le viste del nuovo Governo di Madrid il quale, come risulta dalla stessa lettera di notificazione, intenderebbe di succeder•e direttamente per diritto ereditario e per effetto dell'abdicazione della Regina Isabella, al Governo rovesciato nel 1868. Un nuovo Governo per essere riconosciuto non dovrebbe accontentarsi dell'invio di una Lettera di notificazione; dovrebbe pvendere egli stesso l'iniziativa del ristabilimento delle relazioni diplomatiche regolari. Pare invece che il Governo di Madrid abbia voluto che i Governi esteri procedano a suo riguardo come si suol fare nei casi di ordinaria successione al trono d'un sovrano ad un altro della stessa dinastia.

È noto infatti che in tali casi i Governi procedono senza difficoltà al rinnovamento delle credenziali dei loro inviati e che tale formalità non suol essere ritardata da preliminari trattative. Qualunque sia l'importanza che a Madrid si voglia annettere a simili sottigliezze delle procedure diplomatiche, queste non basteranno mai a distruggere il fatto storico di due Governi riconosciuti officialmente dalle potenze i quali interruppero la successione diretta del Re Alfonso alla madre. Né vi sarebbe per noi ragione di preoccuparci di questo lato della quistione se prima della caduta del Governo del Maresciallo Serrano l'Italia avesse accreditato a Madrid un Ministro di prima classe. Noi avremmo in questo caso potuto con ogni facilità seguire l'esempio che ci davano le altre Potenz,e e le lettere di credito per l'inviato di Sua Maestà a Madrid avrebbero potuto essere spedite insieme aLla risposta del Re alla lettera di notificazione.

Ma, come è noto a V. S. l'Italia non ha in questo momento a Madrid che un Incaricato d'affari. L'invio di un Ministro il quale sarebbe accreditato presso il Re Alfonso sarebbe un atto che chiamerebbe certamente l'attenzione pubblica già risvegliata dalle non celate tendenze del Governo di Madrid nelle questioni politico-religiose. Sopra queste tendenze non è forse ancora il tempo di emettere un giudizio. Pe-rò le notizie che il Governo di Sua Maestà ha ricevuto da Madrid confermano l'esistenza di una corrente di idee reazionarie che da un momento all'altro potrebbe prendere il sopravento. Se il Governo italiano non può calcolare con certezza sull'invio di un Ministro spagnuolo accreditato presso Sua Maestà, se dovesse invece attendersi di vedere in Roma, al lato di un Ambasciatore presso il papa, un incaricato d'affari reggente la Legazione stabilita presso il Governo del Re, V. S. ben comprende che un sentimento di dignità dovrebbe impedire che l'Italia si esponga a fare un primo passo al quale la Spagna corrisponderebbe in modo tanto imperfetto e così poco amichevole. L'invio dunque di un Ministro italiano a Madrid potrà essere deliberato soltanto quando io sia in grado di annunziare al Re la precisa intenzione del Governo spagnuolo di avere presso Sua Maestà un rappresentante di prima classe debitamente accreditato.

In questo stato di cose non pare probabile che le relazioni diplomatiche dell'Italia possano essere riprese con la Spagna nella forma ordinaria contemporaneamente alla regolare ripresa delle relazioni delle altre Potenze col Governo di Madrid. Il miglior mezzo però che noi abbiamo di dimostrare al Gabinetto di Berlino tutto il pregio in cui teniamo il poterei associare a lui anche in questa occasione, consiste appunto nell'esporgli senza ritardo le difficoltà speciali che noi incontriamo in questo affare. La S. V. che certamente comprende ed apprezza tutto ciò che vi è di particolarmente delicato in questa s~tuazione, saprà lasciare intendere che una potenza amica potrebbe accertarsi meglio di quello che l'ItaLia potrebbe fare, delle intenzioni del Governo di Madrid.

Naturalmente quello stesso sentimento di alta convenienza che ci impedisce di far chiedere per mezzo del Conte Maffei al nuovo Ministro degli affari esteri di Spagna se il Re Alfonso intenda di accreditare un Ministro presso il Re d'Italia, c'impone di procedere con molta riserva anche quando si tratta di assicurarci delle disposizioni del Gabinetto spagnuolo valendoci

dell'amichevole concorso di un altro Governo. In nessun caso l'Italia deve sembrare inquieta dell'atteggiamento che verso di lei può prendere la nuova monarchia spagnuola. Non vogliamo chiedere, neppure interporre ,l'azione di una Potenza mediatrice. Può darsi ancora che i sospetti che si hanno sulle tendenze del Governo di Madrid non siano fondati. Nel solo ,interesse di associarci alle grandi Potenze in tutti gli atti importanti della politica europea noi desidereremmo poter conoscere per mezzo di un Gabinetto nostro amico le intenzioni della Spagna ed io mi affido nella prudenza di Lei, Signor Ministro, perché questo scopo sia conseguito appunto conformemente alle intenzioni sopra espresse del R. Governo.

(l) -Annotazione marginale: «Il presente dispaccio fu annullato e sostituito con un semplice dispaccio di ricevuta di corrispondenza •. (2) -Non pubblicato.
56

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 244. Bruxelles, 7 febbraio 1875 (per. il 12).

Ringrazio l'E. V. del dispaccio politico n. 79 del 31 gennaio u.s. (l) relativo allo scambio d'idee che avrò cura di mantenere nelle occasioni opportune con questo Gabinetto sulla continuazione dei lavori relativi alla dichiarazione internazionale dei diritti e dei doveri degli Stati e degli ,eserciti belligeranti.

Da nuove conversazioni col Conte d'Aspremont e col Barone Lambermont mi risulta in complesso che le autorità competenti nella magistratura, nell'esercito e nelle amministrazioni delle Finanze e dei Lavori pubblici, alle quali vennero chiesti pareri motivati sulle questioni che possono emergere dagli atti della conferenza, dichiararono concordemente che ci vorrà molto tempo per giungere solo ad una retta posizione delle moltissime questioni cui un argomento così complesso può dare luogo; che poi la possibilità e l'utilità di formulare soluzioni positive delle questioni medesime dovranno essere oggetto di matura e ponderata considerazione per parte delle Autorità consultate, e del Governo stesso la cui responsabilità sarebbe troppo impegnata se s'associasse senza una sufficiente preparazione a discussioni che non possono più venire trattate ana leggera; tanto più che nessuno ignora che gli uomini più autorevoli nelle dottrine del diritto internazionale, in Europa ed in America, si stanno occupando di gravi studi in proposito, elaborando così le sole basi possibili di future soluzioni.

Le recenti dichiarazioni accuratamente motivate e recisamente negative del Governo inglese al suo rappresentante a Pietroburgo, che saranno ora note all'E. V., non sembrano al Governo belga poter essere considerate dalle altre Potenze come la sola constatazione dell'essere l'Inghilterra disinteressata nelle questioni relative al modo di condurre le guerre continentali. La Russia potrà invocare tale considerazione per proporre di passar oltre, ma è da prevedersi

che colle forme più cortesi e dilatorie questo Governo non si addosserà la responsabiliJtà dei pericoli che il dispaccio inglese segnala per i piccoli stati in una ripresa dell'assunto in cui la Russia persiste.

In quanto al rischio pur degno di seria attenzione che alcuni grandi Stati vengano soli ad accordi separati se i piccoli Stati si rifiuteranno ad entrarvi, tale eventualità sembra apprezzata qui qualle questione di politica e di equilibrio generale, che per tale carattere appunto de·ve essere lasciata alla considerazione delle maggiori Potenze.

(l) Cfr. n. 44.

57

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 333. Vienna, 7 febbraio 1875 (per. il 16).

Pervennemi a suo tempo l'ossequiato dispaccio dell'E. V. del 22 Gennaio corrente anno n. 150 della presente serie (1), relativo all'atteggiamento preso dal Governo di Sua Maestà nella questione nata fra la Turchia ed il Montenegro in ordine ai casi di Podgoriza. Sarebbe stato mio desiderio di adempiere senza ritardo agli ordini impartitimi dall'E. V., facendo cioè conoscere al Ministro Imperiale degli Affari Esteri il senso delle istruzioni in tale emergenza trasmesse dal R. Governo tanto all'Incaricato d'Affari a Costantinopoli quanto al R. Console a Scutari, ma ieri soltanto mi fu possibile ciò fare, ed anzi doveUi procurarmi una speciale udienza dal Conte Andrassy che mostrassi premuroso e lieto di aver un'occasione di meco conferire.

Dopo aver brevemente discorso delle questioni che agitano in questo

momento il Regno di Ungheria, si venne a parlare della recente, anzi attuale

ancora vertenza Turco-Montenegrina, ed io non mancai di manifestare al mio

nobile interlocutore, quale fosse l'attitudine assunta in tale emergenza dal

R. Governo, dandogli pure sommaria conoscenza delle istruzioni conseguentemente impartite dall'E. V. sì alla R. Legazione presso la Sublime Porta che al

R. Console a Scutari, conchiudendo col dire che ciò facevo in adempimento degli ordini impartitimi dal mio Governo, di cui fu sempre costante desiderio mantenere in quanto poteva da lui dipendere quel concerto di tutte le Potenze che forma la base e la guarentigia reciproca dell'azione politica europea nelle questioni dell'Impem Ottomano.

Mi permetto ripetere queste parole stesse del dispaccio dell'E. V., poiché credetti doverle pronunciare testualmente, onde provocare su di esse una risposta, tanto più necessaria che io non avevo mancato di porre in rilievo i notevoli interessi che l'Italia deve tutelare in Oriente, ed il suo vivo interesse di vedere allontanata ogni causa di complicazioni di natura a turbare la pace dell'Europa, motivando così la posizione risoluta in questa questione, assunta di propria iniziativa dal R. Governo.

Il Conte Andrassy mostrossi grato di questa mia comunicazione, ed incaricommi anzi di ringraziarne sentitamente l'E. V. Egli dissemi aver già avuto, con particolare soddisfazione conoscenza dall'Ambasciatore Austro-Ungarico a Costantinopoli dell'attitudine colà assunta dal R. Governo, precisamente nel senso da me svoltogli, quindi, con poca chiarezza in verità, ma con molto apparente desiderio di persuadermi, esposemi circostanze varie che Lo avevano impedito di concertarsi con Voi su questa questione, mostrando però di perfettamente apprezzare le considerazioni che avevano motivato la comunicazione che io avevo avuto l'incarico di fargli, dicendomi che se le suespresse circostanze non lo avessero impedito di procedere con noi d'accordo, certamente non avrebbe mancato di cercare, anche in questo caso, quella comunanza di intendimenti e d'azione coll'Italia che, come già aveva avuto occasione di dirmi per lo passato, continuava a restare intangibile fondamento della sua politica! • Qualunque possano essere • soggiungevami egli accentuatament,e • le nostre relazioni cogli altri due Imperi, quella base della politica che io seguo non potrà cambiare, poiché coll'Italia abbiamo vincoli di interessi maggiori che con qualsiasi altra Potenza, ed i due Stati hanno ogni ragione per procedere sempre d'accordo •.

Credetti dover prendere atto di queste parole mostrando compiacermene, tanto più che in verità avevo potuto credere che la nuova alleanza, od anche solo permanente concerto cogli altri due Imperi, avesse avuto per conseguenza di impedire quell'accordo coll'Italia, nelle singole questioni europee che Egli in passato m'aveva dimostrato il desiderio di mantenere sempre, e che dal canto suo l'Italia non aveva mancato di rkercare in ogni emergenza, come molte comunicazioni da me fatte il provano. Questo mio dire provocò dal Conte la ripetizione di quelle sue sucdtate parole, aUe quali mostrommi tenere che io dessi il voluto peso, facendone senza ritardo l'applicazione in ordine a questioni speciali, al cui riguardo ho l'onore di riferire oggi pure all'E. V. con distinti rapporti.

Fin qui ho avuto l'onore di ragguagliare V. E. intorno alle cose dettemi

dal Conte Andrassy; parmi ora conveniente farvi sopra qualche commento.

Certamente non è mio intendimento porre in dubbio la '1ealtà del nobile Conte,

che in ogni circostanza e con tutti sempre ebbe a spiccare indiscutibilmente.

Sta però di fatto che da molto tempo Egli non teneva più meco H linguaggio

col quale ebbe ad esprimersi ieri; degno di attenzione si è dunque questo, se

non mutamento, ritorno almeno alla passata attitudine. Difficile assai sarebbemi

il portare a tale riguardo sin d'ora un fondato giudizio; non saprei però tacere

una mia supposizione che non parmi sia senza fondamento. Siccome già altre

volte ebbi a dire all'E. V. a chiunque osservi attentamente l'andamento delle

relazioni dell'Austria-Ungheria colla Germania e colla Russia, appare chiara

mente che a malgrado tutto, il Gabinetto di Vienna diffida per lo meno altret

tanto di quelli di Berlino e di Pietroburgo quanto questi di •lui. Da qualche

parola sfuggita dal Conte Andrassy avrei anzi luogo di credere che precisa

mente nella questione di Podgoriza, la sua diffidenza verso la Russia avrebbe

avuto luogo di prendere maggior corpo ancora, in vista dell'attitudine tenuta

dall'Ambasciatore Russo a Costantinopoli in talune fasi delle trattative colla

Sublime Porta e col Montenegro. Non sarebbe, ciò stando, cosa straordinaria che il Gabinetto di Vienna, mal sicuro dei suoi attuali alleati voglia, per date eventualità, serbarsi la porta aperta a più stretti legami coll'Italia. A me pare ci convenga mostrare di apprezzare i sì amichevoli intendimenti che l'Austria ci dimostra, senza però poggiarsi soverchiamente su di essa; poiché la debolezza di Questo Impero, ed anche la mutabilità della sua politica che ne è la conseguenza, potrebbero esporci a gravi disillusioni. In certe determinate questioni, quali sarebbero quelle religiose, l'Austria-Ungheria può fornirci un utile appoggio; su di quelle quindi parrebbemi dovremmo mantenere con essa eventualmente lo scambio di idee; in quanto alle altre interessanti la politica generale, se vogliamo aver l'Austria con noi, converrà non ci stacchiamo da Berlino, poiché da colà, comunque stiano le cose, parte e partirà, finché non mutino le condizioni generali d'Europa, l'impulso che fa agire qui. L'Ambasciatore di Germania dicevami alcuni giorni sono: • il Conte Andrassy conserverà il suo posto fintantoché avrà l'appoggio di Berlino e di Pietroburgo •. Queste parole sono dure per l'Austria, ma pur vere, e dipingono la situazione.

(l) Cfr. n. 32.

58

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 334. Vienna, 7 febbraio 1875 (per. il 16).

Il Conte Andrassy nell'accentuarmi, come ebbi a riferirle nel mio rapporto d'oggi pure n. 333 (l) il suo vivo desiderio di procedere d'accordo coll'Italia nelle maggiori quistioni Europee dicevami: che i due Stati dovevano tanto più persuadersi della convenienza di una tale politica che essa già aveva portato, allorché spiegata, ottimi frutti.

• Infatti " aggiungevami egli, • il nostro concorde scambio di idee intorno alla questione del futuro Conclave, ha prodotto fin d'ora a quanto pare il voluto effetto al Vaticano; prova ne sia che, mentre il Cardinale AntoneUi ancora poco tempo fà aveva dichiarato non esser possibile la riunione del Conclave a Roma, ora non solo l'ammette, ma di più ebbe a dire esplicitamente al nostro Ambasciatore, che nessuna Bolla era stata emanata colla quale venissero mutate le forme dell'elezione del Papa, e che a malgrado alcuni opinassero ancora fosse conveniente l'elezione si facesse a Malta, vi era ogni ragione di ritenere sarebbesi fatta a Roma, dove il Governo Italiano aveva mezzo di assicurare la libertà del Conclave, e piena volontà di farlo, essendo del suo interesse che ciò avvenga».

Toccando questo argomento il Conte dicevami inoltre non aver avuto conoscenza se non dai giornali, di quella tal nota del Principe di Bismarck relativa all'elezione del Papa, comparsa nel processo Arnim, non aver quindi avuto occasione di rispondergli.

Egli chiedevami se a Noi fosse pervenuta, locché risposigli ,ignorare, dicevami però star di fatto che press'a poco a quell'epoca il Generale Schweinitz, avendolo interrogato sull'attitudine che l'Austria-Ungheria intenderebbe mantenere a fronte dell'elezione del nuovo Papa Egli avevagli risposto, esprimendogli gli stessi concetti a me in allora manifestati (locché io d'altronde avevo saputo dal Generale Schweinitz stesso): cioè necessità che il Conclave si riunisca in Roma, e che l'elezione si compia eone tradizionali formalità, e convenienza assoluta, che il futuro Papa sia scelto fra i moderati del Sacro Collegio, cioè fra quel:li disposti anzi tutto ad accettare l'attuale stato di cose in Italia. Non gli si era allora fatto parola che la Germania pretendesse al diritto di veto, che l'Austria intende mantener per sè, ma a cui la Germania non potrebbe pretendere poiché indubbiamente non gli sarebbe riconosciuto dal Vaticano quindi resterebbe senza effeHo.

Più volte, egli dicevami ancora, la Francia essersi rivolta all'Austria, onde proceder seco d'accordo in quella grave questione, ma egli assicuravami aver sempre declinate tali entrature, poiché dicevami: mentre so cos'è l'Italia oggi e ciò che sarà domani, nessuno può sapere cosa sia e cosa sarà la Francia; dunque impossibile è legarsi seco Lei in modo qualsiasi.

Aggiungevami però ancora, che ravvisando utile l'accordo su tal questione colle potenze cattoliche, si era mantenuto in scambio d'idee al riguardo col Portogallo, ed ora potrebbe anche ciò fare colla Spagna, locché però non lede l'accordo speciale coll'Italia, i succitati Governi non potendo aver in questa questione interessi opposti ai nostri.

Conseguentemente a Questo discorso fattomi, parrebbemi opportuno, mi s'incaricasse di ringraziare il Conte per le informazioni comunicateci su quest'importante argomento, contraccambiando il cortese atto usatoci, col mettermi in grado di comunicargli, a mia volta, quelle maggiori notizie sulla stessa questione che potessero essere a conoscenza del Governo del Re.

(l) Cfr. n. 57.

59

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 335. Vienna, 8 febbraio 1875 (per. l' 11).

Durante il colloquio che io ebbi ieri l'altro col Conte Andrassy, mi si presentò l'opportunità di chiedergli quali fossero i suoi intendimenti intorno alla questione iniziata dalla Russia relativamente al Regolamento dei diritti e doveri degli Eserciti belligeranti. Egl,i cominciò col dirmi che, a suo avviso, il rifiuto non solo reciso ma anche con tanta pubblicità fatto dall'Inghilterra di partecipare ulteriormente ad accordi in proposito, potrebbe avere per conseguenza di far rinunciare lo Tzar a dare ul,terior seguito a questo affare tanto più che il Gabinetto di Pietroburgo non ignora la recisa avversione che il suo progetto ha incontrato per parte dei minori Stati di Europa, ed anche presso taluna grande Potenza. Egli mostravami sperare che, ciò stante, i Governi non riceverebbero più ulteriore invito al riguardo; però nel caso in cui, contro la sua aspettazione la questione non dovesse essere terminata così, esprimevami Egli il suo desiderio che l'Austria e l'Italia agtssero d'accordo in conforme maniera. Il nobile Conte motivavami questo suo desiderio sulla considerazione che tanto l'Austria quanto l'Italia devono avere il desiderio di non far cosa spiacevole allo Tzar; ma al tempo stesso di non legarsi con stipulazioni che urtassero ,la loro interna Legislazione. La Germania Egli dicevami, per poter accettare il progetto Russo, ha dovuto fare una Legge colla quale la sua Landsturm vien trasformata in una Landwehr, e fin d'ora posso dirvi che se l'Austria-Ungheria dovesse indispensabilmente stringere accordi su questa questione, per lo meno essa non acconsentirebbe a patti che necessitassero l'intervento del Parlamento per l'adozione di nuove Leggi o la trasformazione di quelle in vigore. Conchiudevami il suo ragionamento col ripetermi il desiderio di conoscere le vedute in proposito del

R. Governo, onde concertare all'evenienza la comune risposta a farsi. Pregherei quindi l'E. V. a ben volermi far conoscere gli intendimenti del Governo su questa questione, onde io sia posto in grado di ritornare sull'argomento col Conte, e di mostrargli anche così l'apprezzamento che l'E. V. fa del desiderio che Egli mi esternava, di procedere con noi d'accordo nelle ulteriori fasi della vertenza di cui è caso. Devo però porre l'E.V. in avvertenza che, malgrado tutto, persisto nel credere che, ove la Russia insistesse, il Gabinetto di Vienna finirebbe per arrendersi alle sue premure, procurando solo venissero elimina,ti dall'atto a stipularsi, quei patti pei quali la necessaria presentazione di progetti di Legge al Parlamento occasionerebbe difficoltà temute insormontabili.

60

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1415. Berlino, 9 febbraio 1875 (per. il 13).

La réponse négative de l'Angleterre à l'invitation de la Russie de poursuivre l'oeuvre de la Conférence de Brux,elles, est critiquée dans des termes les moins flatteurs par la presse allemande. Il est vrai que sa position insulaire la désintéresse jusa.u'à un certain point des luttes continentales, au moins en ce qui concerne les calamités immédiates qu'elles entraìnent pour les Nations qui s'y trouvent engagées.

On avait prétendu que l'exemple d'abstention donné par l'Angleterre serait suivi par quelques Etats de second ordre. Quant au Cabinet de Berlin, il ignorait, ainsi que vient de me le dire le Secrétaire d'Etat, si cette nouvelle avait quelque fondement, mais il est parfaitement décidé à suivre • jusqu'au bout • la Russie dans cette question. Sauf la réserve d'une entente ultérieure sur quelo.ues paragraphes du projet de déclaration signé à Bruxelles, notamment e:n ce qui concerne les représailles, il est disposé à accepter, selon les propositions du Cabinet de St. Pétersbourg, l'ensemble du projet précité.

Un avis dans ce sens a été transmis au Pdnce Gortchakow, en attendant que la réponse formelle qui ne· tardera pas à etre expédiée, lui soit offi.ciellement communiquée.

En accusant réception et en remerciant V. E. de ses dépeches politiques en date des l er et 4 Février la première sans numéro, ·et la seconde portant le n. 341... (l)

61

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 245. Bruxelles, 9 febbraio 1875 (per. il 13).

Il Conte d'Aspremont non solo non cercò, come insinuò qualche giornale clericale, di attenuare nelle sue conversazioni private la dichiarazione da esso fatta in Parlamento, che cioè la missione belga presso il Pontefice abbia per iscopo di illuminare Sua Santità sulle vere disposizioni del Belgio assai diverse da quelle dei pellegrini che vanno a fare al Vaticano dimostrazioni politiche, ma mi disse in presenza di altre persone, avere egli voluto così provarci che non sono vane parole le analoghe assicurazioni da esso datemi in varii colloquii in proposito.

Uomini politici d'ogni partito mi si dimostrarono assai colpiti dalla saviezza e dall'accorto patriottismo dimostrato da ogni parte in Roma neHa recente occasione della venuta del Genera:le Garibaldi. Nessun incidente, dopo il 1870, valse tanto a rendere evidente quanto sia rapida e potente in Italia la consolidazione progressiva dell'ordine pubblico nella libertà. Il partito detto qui cattolico, cui rimane come argomento contro di noi la condizione delle nostre finanze, e tale argomento è il più decisivo di tutti in questo paese utilitario, è alquanto scosso dalla esposizione recentemente fatta dal Presidente del Consiglio dei progressi ottenuti e delle probabilità di un prossimo pareggio. Se V. E. farà un raffronto tra il linguaggio tenuto dal Ministro degli Affari Esteri del Belgio nelle sedute del Senato belga del luglio 1871, e la s~tuaz,ione attuale, ne conchiuderà che nel Belgio come ovunque l'Italia ottenne ormai il rispetto e la stima che le sono dovuti.

62

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 90. Pietroburgo, 10 febbraio 1875, ore 0,50 (per. ore 10,30).

Westmann m'a dit qu'on traite en ce moment à Vienne pour convention commerciale et judiciaire avec la Roumanie. On évitera ainsi convention con

sulaire qui ayant caractère international soulèverait réclamations. Je transmets les deux conventions susdites simplement signées par les ministres du commerce et de la justice roumains. L'Allemagne a donné instruction à so n ambassadeur à Vienne de suivre les négociations pour y accéder ensuite, et il a ajouté que le Gouvernement du Roi pourrait en faire de meme (1).

(l) Non pubblicati.

63

IL SEGRETARIO AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO AD ATENE, MIGLIORATI

(Ed. in LV 21, p. 185)

D. 58. Roma, 10 febbraio 1875.

Il 20 gennaio furono scambiate al Cairo fra Cherif pascià, Ministro della Giustizia ed il Signor Manos Console generale di Grecia le note dalle quali risultano l'adesione del Governo ellenico alla riforma giudiziaria in Egitto e le con-. cessioni che il Khedive ha fatto alla Grecia in occasione di tale accomodamento. Dai documenti che accompagnano questo dispaccio Ella potrà vedere che molte e gravi furono le difficoltà superate mediante i buoni uffici del R. Governo. * Le ragioni che l'Egitto metteva innanzi per resistere a qualunque domanda di concessione non erano certamente prive di fondamento ed alle difficoltà inerenti all'indole stessa del negoziato si aggiungevano quelle che nascevano dal contegno assolutamente passivo delle altre Potenze * (2).

Ho ragione di credere che ad Atene si ha perfettamente apprezzato la difficile posizione in cui la Grecia si trovava rispetto all'Egitto in questo affare ed il Rappvesentante Ellenico a Roma, nel porgermi in nome del suo Governo i ringraziamenti per la parte che abbiamo avuta nell'accomodamento, ha riconosciuto che l'esito favorevole ottenuto era dovuto in gran parte all'azione conciliatrice dell'Italia.

Dal canto nostro siamo stati ben lieti di avere un'occasione di dare alla Grecia una prova delle nostre simpatie ed è mio debito di riconosoere che il contegno del Console generale di Grecia in Egitto ha contribuito assai a rendere più agevole la conciliazione per la quale noi ci eravamo interessati.

64

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 87. Scutari, 11 febbraio 1875 (per. il 22).

I Consoli d'Allemagna, di Francia e il Reggente del Consolato di Russia in Ragusa si trovarono riuniti, com'ebbi l'onore d'informare l'E. V. nell'ultima

quindicina di gennaio a Cettigne. Essi erano stati inviati dai Governi rispettivi presso il Principe, probabilmente a di lui istanza.

E deliberarono (22) di dare presso l'Altezza Sua i passi ch'erano ordinati dai Governi, di consigliare cioè la pace, di non deviare dal sentiero della legalità e della moderazione.

Il Console francese ebbe l'incarico di tener a Sua Altezza questo discorso.

Rispose il Principe aver nulla più a cuore che il mantenimento della pace in quanto si possa conciliare colla dignità del suo paese; parlò degli sforzi da Esso fatti nella Skuptchina per ricondurre gli animi a pensieri di prudenza e di moderazione ed espresse la speranza che i Governi delle Grandi Potenze, nell'interesse della giustizia, faranno ottenere al Principato la riparazione e la soddisfazione dovutagli.

Intanto (27) giungeva il Console di Russia in Ragusa, signor Ionine. Poco dopo i Consoli di Francia e di Germania furono a pigliar congedo dal Principe il quale li pregò a rimanere perché doveva far loro delle comunicazioni. Ma il Barone Lichtenberg il quale non ama la soverchiante influenza del Signor Ionine volle partire ad ogni modo (29 Gennajo).

Il giorno stesso, sulla s·era, i due Consoli si ·trovavano dal Principe pel thè, Sua Altezza si mostrava molto corrucciata pel telegramma in data 23 Gennajo ricevuto dai Rappresentanti Esteri di Costantinopoli; lesse il suo telegramma responsivo e disse ai Consoli che lo spediva al Generale Ignatieff, Decano del Corpo diplomatico e li pvegava a mandarne copia ai Governi rispettivi.

Il Signor Ionine tentò di fare qualche osservazione, ma Sua Altezza rispose in modo reciso, come raccontai nel rappol'to 80 (1).

Il Principe si dimostrò corrucciato del telegramma del 23 Gennajo nella par·te in cui il Corpo diplomatico l'avverte di essere stato • induit en erreur sur les intentions de la Porte en admettant la supposition blessante qu'elle songerait à retarder inconditionneLlement J,es sentences rendues... •. Il Principe pronunziò qualche frase viva per questo démenti (sic) che gli si dava e comunicò ai Consoli i telegrammi ricevuti dal Gran Vizir.

Mi pregio di unire copia di questi dispacci.

Alla lettura di questi dispacci non può non nascere l'idea che la Porta sospetta la giustizia montenegrina; è poi chiaramente scritto che se i colpevoli montenegrini non fossero giudicati e puniti sarebbe un • nous (alla Turchia) 6ter ra possibi!ité de donner cours aux décisions prises à l'égard des notres... •, che, • l'achèvement de l'enquète (turca) dépend de la mise en jugement et de la condamnation des coupables monténégrins... • e finalmente che • au résultat (de la tàche des autorités princières) se trouve naturellement subordonnée la mise à exécution de l'enquète terminée (la turca).

Probabilmente i Rappresentanti Esteri a Costantinopoli erano inconsapevoli di questi dispacci viziriali ed hanno avuto troppa e troppo ciecamente fiducia nel gran Vizir.

Il telegramma del 29 Gennajo del Principe al Corpo diplomatico è qui interpretato come un mezzo di sciogliersi dall'ingerenza delle Grandi Potenze, di

5 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

riacquistare piena libertà d'azione e ad un tempo come una costituzione in mora alle • Puissances • perché • grace à la bienveillante protection • facciano • améliorer nos rélations • colla Turchia. Il resto è un sottinteso.

È quindi tutt'altro che un prodromo di pace.

E il commentario di Questo dispaccio sta nel richiamo dei Montenegrini ch'erano all'estero, nell'incetta d'armi e di munizioni che si sta facendo, nelle fazioni militari alle quali i Montenegrini giornalmente si esercitano.

Tuttavia si crede e si dice che l'Austria la quale non vuole questa guerra che metterebbe sossopra tutti i suoi slavi farà ogni sforzo per evitarla. È sempre vero ciò che diceva il Conte De Beust • si le feu prend sur quelque point depuis la Moldavie jusqu'à l'Herzégovine et l'Albanie, le Gouvernement Autrichien doit toujours etre sur le qui vive pour empecher qu'il ne se répande de proche en proche aux populations slaves ou roumaines de sa frontière... •; ma si riconosce che il Governo Austriaco non potrà altrimenti cessar Questo pericolo europeo e proprio se non facendo dare dalla Turchia una soddisfazione al Montenegro: ov·e non riesca a ciò, non eviterà la guerra, perché, malgrado le pacifiche sue intenzioni, il Principe del Montenegro sarà costretto a farla e perché gli Slavi dell'Austria, orgogliosi dei servigj per essi resi al loro Governo, non accetterebbero pei loro fratelli della Czernagora altra transazione.

Quindi l'Austria vorrebbe offerire ed offerse la sua mediazione.

Però da alcuni giorni la Germania propose, a quanto dicesi, ,i suoi uffizii. Volle forse prevenire l'Austria? Servirla? Agisce per solo amor platonico di pace? O per altri scopi? ...

La guerra sarebbe più che per altri rovinosa alla Turchia: una campagna contro il Montenegro fu sempre difficile; lo provano le campagne non antiche del 1858 e del 1862 e la disastrosa campagna del 67 dei vecchi Reggimenti austriaci contro i Pastrewich, che sono a buoni conti Montenegrini anch'essi: siffatta impresa è ora vieppiù difficile perché i Montenegrini sono ben armati ed istrutti; nelle condizioni attuali poi, nello stato dei rapporti colla Servia e colla Rumania, nello stato degl'animi nella Bosnia e nella Dalmazia può essere fatale alla Turchia ridotta alle sue forze, alle sue risorse, ove si tratti soltanto di operazioni militari.

Ma questa guerra è dannosa anche all'Italia che ha certamente un grand'interesse, un interesse quasi immediato ad impedire un risveglio dello slavismo: infatti si desterebbero ad un tempo quei popoli slavi ora divisi per antagonismi religiosi che sarebbero presto composti, e per la lotta degli ultimi residui della civiltà latina che si dilegua; elementi che vanno intanto lentamente infiltrandosi e guastando quelle provinc.ie orientali italiane, che non sono, ma che devono essere, ho fede in Dio, nostre, e gli slavi non tarde11ebbero ad esser padroni dell'Albania, ad esser signori dell'Adriatico, del bacino orientale del Mediterraneo e del Mar Nero. È sempre il caso del vecchio principio dei Romani che l'Italia si difende sul Danubio cioè nella penisola balkanica e per l'Italia attuale, pare a me, è necessario impedire qualsivoglia conflagrazione nelle penisole orientali almeno finché gli elementi italiano, albanese, greco, rumeno non siano in grado di reprimere, di contenere, di respingere, di dirigere l'invasione slava.

(l) -Con r. 339 del 3 marzo Robilant comunicò che i negoziati per la convenzione con la Romania incontravano difficoltà e che quindi la conclusione della convenzione non poteva ritenersi prossima. (2) -Il brano fra asterischi è omesso in LV 21.

(l) Non pubblicato.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

D. 83. Roma, 12 febbraio 1875.

Ho rioevuto i pregiati rapporti di V. S. segnati coi n. 541 e 545 (1), relativi al linguaggio che taluni giornali spagnoli si permettono di tenere verso l'Italia e la famiglia del nostro Augusto Sovrano, e nel primo dei quali sono riferite le osservazioni che Ella credette di fare in proposito al segvetario generale del Ministero di Stato spagnolo. Approvo completamente il contegno di V. S. Illustrissima nella presente congiuntura. Sebbene il Governo del Re rispetti troppo la libertà della stampa per voler porre impedimenti all'espvessione dei giudizi recati dal giornalismo straniero sulla politica italiana, però, quando si tratti di offese dirette alla persona del Re od alla famiglia reale, non gli è lecito di rimanere in silenzio. D'altronde come Ella lo fa giustamente notare·, non esiste attualmente in !spagna la libertà della stampa. Il Governo ha mantenuto le leggi severissime che prima esistevano a questo riguardo, e ile ha anzi avvalorate col recente decreto, nel quale si minacciano pene severe contro chi offende la persona dei sovr:ani esteri. Il Gabinetto spagnuolo assumerebbe quindi una grave responsabilità ove, a danno dell'Italia, non vegliasse alla esecuzione di queste leggi e noi saremmo in diritto di considerare tale sua condotta come un grave sintomo di disposizioni poco favorevoli a nostro riguardo. Io le sarò quindi grato se vorrà segnalare al Ministro di Stato quegli articoli che contenessero veve e gravi offese contro la persona del Re e dei membri della sua famiglia. Quanto ai semplici apprezzamenti sulla politica del Governo, noi li abbandoniamo, come le dissi al giudizio della pubblica opinione, che sa tener conto del loro giusto valore.

66

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

D. 84. Roma, 13 febbraio 1875.

Sua Maestà dopo aver ricevuto in udienza privata il Signor Rancès, che gli ha rimesso la lettera di partecipazione dell'avvenimento al trono del nuovo Re di Spagna, ha firmato in data del 7 febbraio la lettera di risposta a S. M. Alfonso XII, che le trasmetto qui unita insieme alla copia d'uso. Approfitto della partenza dello stesso Signor Rancès a:lla volta di Madrid per farle tenere il presente dispaccio, e prego la S. V. di voler consegnare nei modi consueti i qui annessi documenti a S. E. il Ministro degli Esteri spagnuolo, affinché trattenendo la copia d'uso, egli voglia far pervenire l'originale della lettera sovrana alla sua alta destinazione.

(l) Non pubblicati.

67

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2083/495. Londra, 13 febbraio 1875.

Facendo seguito al rapporto di questa Legazione del 27 agosto passato,

n. 475, politico (1), relativo al progettato canale nella Tunisia che metterebbe i laghi interni in comunicazione col mare, mi pregio d'informare l'E. V. che, non avendo avuto alcun riscontro da questo Ministero per gli Affari Esteri, mi sono procurato una conversazione col Signor Conte di Derby, dappoiché egli è ritornato in Londra.

Avendogli esposto n contenuto del dispaccio di V. E. del 20 agosto p.p., n. 217, politico (2), ed indicato in sunto le condizioni che su affari analoghi relativi alla Tunisia aveva avuto con Lord Granville, il Signor Conte mi significò che il suo Governo non aveva avuto occasione di dare alcun avviso, né di prendere alcuna determinazione per questo affare, e che erasi limitato ad incaricare il suo rappresentante a Tunisi di tenerlo informato di tutto ciò che potesse avvenire.

Il Signor Conte entrando nella considerazione di questo affare dal punto di vista politico mi disse che credeva che presentasse tali difficoltà topografiche, tecniche ed economiche, che era di tutta probabilità che non avrebbe avuto seguito.

In massima poi, e per questo e per altri simili affari, soggiunse che allorquando trattavasi di imprese che avessero uno scopo reale di utilità e di progresso, non era possibile fare opposizione ed immischiarsi tranne H caso che vi fosse una vera urgente necessità di farlo.

Inoltre anche in questi casi per lo più non si sarebbe potuto far altro se non pretendere di partecipare a quei vantaggi ed a quelle conc,essioni che la Potenza più interessata avesse potuto stipulare per sè.

Il Signor Conte gradì la comunicazione fattagli, e mi espresse essere pure suo desiderio lo scambiare le sue idee con quelle del Governo del Re su questa materia.

68

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

ANNESSO CIFRATO (3). Lisbona, 15 febbraio 1875 (per. l' 8 marzo).

Nouvelles de très bonne source reçues de Madrid informent que quelqu'un de nos députés, entre autres Cavallotti, est en correspondance avec Castelar en

l'engageant aller Rome où s'organise ComHé répubLicain universel surtout pour la race latine. Castelar est plus favorable à la réunion de ce Comité en Suisse depuis qu'il voit manquer appui espéré jusqu'ici de Général Garibaldi qui a répondu aux ouvertures qu'on lui a fait récemment qu'il est trop vieux pour redevenir militant dans ce parti. Bref, illusion complète des républicains sur Garibaldi. Castelar ne continue pas moins à etre actuellement la tete ostensible de ce parti. Emission correspondance active avec toute Europe, correspondance dont les intermédiaires sont partout, toujours, les consulats américains (1).

Une dépeche télégraphique du Comte Thomar dont j'ai lu le texte informe Gouvernement portugais que le Cardinal Antonelli lui a dit que Rome allait r,econnaitre nouveau Roi d'Espagne, n'enverra pour le moment qu'un Chargé d'Affaires, se reservant de envoyer Nonce lorsque l'Eglise d'Espagne sera rétablie sur les bases du concordat, je crois de 1815, qui reniait la liberté de conscience et était le plus favol"able au Saint S,iège de rtous ceux qui ont été conclus avec les autres pays. Andrade Corvo m'a dit que d'après ses informations de Espagne, il se fait un grand travail à Madrid pour abattre le Ministère, surtout le Président du Conseil qui tient pour les non ultramontains e qui jusqu'ici jouit de la pleine confiance du Roi et se croit aussi appuyé par les généraux de l'armée du Nord. Le parti isabelliste est très mécontent des nouvelles tendances Iibérales et conspire plus que tout autre. Il fondera meme un journal au besoin à cet effet subventionné par la Reine Isabelle.

Andrade Corvo a eu la bonté de me laisser prendre copie des instructions complètes envoyées récemment au conte de Thomar sur l'éventualité de la future élection papale.

C'est un long travail entièrement redigé par M. Andrade Corvo approuvé par le Roi et Conseil des Ministres tout à fait d'accord avec nos idées que V. E. m'avait chargé de faire prévaloir. Impossible de chiffrer cette très longue dépeche et il faudrait du temps pour trouver une occasion sure de faire parvenir ce document à V. E.

(l) -Cfr. Serie II, vol. V, n. 527. (2) -Cfr. Serie II, vol. V, n. 508. (3) -Al r. 239, pari data.
69

L'INCARICATO D'AFFARI A L'AJA, PRAMPERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 123. L'Aja, 16 febbraio 1875 (per. il 20).

Il Govemo olandese non ha finora preso veruna determinazione oirca l'invito della Russia per la riunione a Pietroburgo della conferenza internazionale sui diritti degli Stati belligeranti.

Il contegno dell'Inghilterra in questa questione non è estraneo alle indecisioni che tuttora qui prevalgono in ordine a~[a proposta russa. È lecito però di credere che il Governo Neerlandese finirà per inviare a Pietroburgo un suo

delegato, qualora la maggioranza dei Governi si faccia rappresentare alla Conferenza.

Il Re Guglielmo ha risposto alla Lettera di notificazione dell'avvenimento al trono del Re di Spagna, ed ha riconosciuto il nuovo Governo, inviando p!l. Rappresentante Neerlandese a Madrid nuove Lettere Credenziali.

(l) Con dispaccio s,n. del 25 marzo Artom informò il Ministero dell'Interno del contenuto di questo primo capoverso.

70

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 247. Berna, 20 febbraio 1875.

Il Consiglio federale si farà rappresentare a Pietroburgo nella conferenza intimata per continuare a dar compimento ai lavori cominciati in quella di Brusselle.

La Svizzera che come tutti i piccoli Stati e principalmente quelli che come lei, sono convenzionalmente neutrali non potrà mai esseDe in grado di occupare un territorio nemico qualurque e che di necessità deve chiamare per la sua difesa tutti i suoi figli indistintamente, si opporrà a Pietroburgo a quanto è stato deciso a Brusselle in favore degU occupanti, come a quanto vi è stato deliberato intorno al carattere cui si dovranno riconoscere i belligeranti. Epperò il Presidente della Confederazione desidererebbe conoscere le istruzioni che a questo doppio proposito l'Italia sarà per dare ai suoi rappresentanti.

Il Signor Welti mi diceva che l'Italia più di ogni altro Stato, era interessata a che in caso di guerra, l'intera Confederazione fosse armata, e che :la popolazione di ogni Cantone occupato o meno, si debba credere sempre in diritto di combattere per la propria libertà, né venga a scemarsi per una dichiarazione internazionale, nei cittadini, il sentimento dei loro doveri verso la patria, quand'anche questa sia occupata dallo straniero con forze preponderanti.

Prego impertanto l' E. V. volermi porre in grado di rispondere alle domande di questo Govevno il quale giustamente identifica, pei riguardi presentati, i suoi interessi coi nostri.

71

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 552. Roma, 22 febbraio 1875.

Ringrazio la S. V. di aver chiamato l'attenzione del R. Governo (l) sopra la lettera che Monsignore de la Bouillerie, coadiutore dell'arcivescovo di Bor

deaux, ha diretto al Presidente del Consiglio generale dei pellegrinaggi reli

giosi in Francia per proporre che questi si dirigano quest'anno a Roma. Ella

m'informa della probabilità che l'invito del prelato sopranominato, appoggiato

dal Consiglio generale dell'opera dei pellegrinaggi, abbia ad essere ascoltato

dai numerosi cattolici di Francia e del Belgio che la ricorrenza del giubileo

indurrà a visitare Roma. Inoltre V. S. mi chiede di darle qualche indicazione

sul linguaggio da tenere al riguardo.

Quasi contemporaneamente al rapporto di V. S., io riceveva dal Ministro

dell'Interno una nota (l) nella quale mi sono segnalate le pratiche iniziate

dalla Società degli inter,essi cattolici di Roma con il Signor Riccardo Bouillerie

da Nemours nell'intento appunto di preparare due grandi pellegrinaggi fran

cesi, l'uno per il 21 g,iugno prossimo, l'altro per la fine del corrente anno.

H Governo italiano ha dato ormai prove sufficienti del suo volere e del

suo potere nel fare rispettare la libertà la più assoluta delle relazioni del mondo

cattolico col Sommo Pontefice. Crederei dunque poco probabile che a V. S.

debba occorrere di ripetere nelle sue conversazioni con codesti Ministri delle

assicurazioni tendenti a tranquillare coloro che per fervore religioso volessero

nella occasione del giubileo visitare in Roma la persona del Pontefice e la tomba

degli Apostoli.

Ove però a Lei si presentasse l'opportunità di avere qualche conversazione in proposito, io desidererei che Ella francamente esponesse essere a notizia del Governo del Re che sotto colore di una pratica di religione e di pietà, alcuni Capi del partito reazionario di Roma e di Francia stanno predisponendo dei pellegrinaggi a Roma. Ella potrebbe fare osservare che il Governo di Sua Maestà non ha mai inteso e non intende mettere ostacoli neppure ora al viaggio dei Francesi, dei Belgi e di altri stranieri in Italia ed a Roma né si preoccupa dello scopo di tale viaggio purché gli stranieri durante il loro soggiorno in Roma sappiano astenersi da quegli atti esteriori che sono contrari alle leggi di polizia in vigore o che costituirebbero una provocazione al disordine. Delle manifestazioni d'indole politica che potessero avere per effetto di far nascere dei disordini o di creare dei contatti difficili fra i pellegrini stranieri e le popolazioni italiane non sarebbero conseguentemente da noi tollerate. Simili manifestazioni esteriori, che non sono una espressione di vero sentimento religioso, ma rivestono il carattere di atti di pura ostentazione, come non sal'ebbero permesse dalle nostre autorità di polizia agli Italiani non potrebbero essere neppure tollerate per gli stranieri.

Adottando questa linea di condotta noi assicuriamo la piena libertà di comunicazione dei fedeli col Pontefice, il pacifico e tranquillo esercizio delle pratiche di devozione per i cattolici che convengono in Roma ed evitiamo degli incidenti dispiacevoli che possono influire in senso sfavorevole sulle nostre relazioni coi paesi ai quali quegli stranieri appartengono.

(l) Con r. 2247 del 2 fehhraio, non pubblicato.

(l) N. r. 849 del 10 febbraio, non pubblicata.

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. 347. Roma, 24 febbraio 1875.

Le ho fatto spedire per la posta un esemplare dei documenti che ho presentato alla Camera sulla riforma giudiziaria in Egitto. La Camera ha deliberato l'urgenza per il progetto di legge che autorizza il Governo del Re a restringere la giurisdizione dei suoi Consoli in Egitto entro i limiti... (l) lo esperimento quinquennale della riforma possa effettuarsi. Le disposizioni della maggioranza parlamentare non lasciano prevedere difficoltà alla approvazione del progetto di legge.

La posizione che il Governo di Sua Maestà ha presa in quest'affare è ben nota alla S. V. Essa è conforme all'interesse che ha il nostro paese di provvedere efficacemente al buon andamento degli affari dei numerosi italiani dimoranti in EgHto, e risponde nel tempo stesso all'altro interesse d',indole politica che noi abbiamo ad impedire l'azione esclusiva e 1e influenze proponderanti di altre Potenze che per il numero e l'importanza degli affari che hanno in quel paese possono contendere all'Italia il primo posto.

Noi non desideriamo certamente assumere in Egitto un contegno che possa dare fondato motivo di sospettare che in quel paese vogliamo farci una posizione superiore a quella delle altre grandi Potenze, ma desideriamo tenervi un posto non inferiore di quello che vi ebbero sinora altri Governi in ragione dei loro interessi non superiori ai nostri.

Non è mestieri ch'io dia alle cose sovraccennate un maggiore sviluppo. La

S. V. vi scorgerà da sé i motivi che ci hanno guidato nell'assumere una parte di conciliazione, meno diretta verso la Francia, più diretta per la Grecia, ma tendente nei due casi ad appianare gli ostacoli che l'iniziativa del Khedive incontrava ancora sulla via che rimaneva a percorrere. Il nostro contegno avrebbe potuto decidere della sorte della riforma giudiziaria. Se questo progetto avesse dovuto essere abbandonato, la prima e la più immediata conseguenza di un tal fatto sarebbe stata d'ingrandire l'influenza della Potenza che colla sua resistenza avesse potuto impedire al Khedive di mettere in esecuzione i suoi progetti.

Pare che di tutto questo non abbia saputo formarsi un concetto ben chiaro il Console generale di Germania in Egitto. La condotta tenuta da quell'Agente, quale risulta dagli estratti qui uniti della corrispondenza del Comm. De Martino, dimostrerebbe che il Console Generale di Germania si è lasciato guidare dalle sue prime impressioni e da considerazioni affatto secondarie quando la nostra azione mirava invece ad uno scopo che non possiamo credere contrario agli interessi del Governo di Berlino.

{l) La lacuna è nell'originale.

Noi non desideriamo che la S. V. faccia della condotta di quell'Agente l'oggetto di una comunicazione speciale a codesto Segretario di Stato. Ma quando a Lei si offrisse una occasione opportuna per fare sentire che il contegno del Console germanico è stato dal R. Governo notato e veduto con dispiacere, Ella saprà certamente in quali termini meglio converrà d'introdurre questa osservazione nella sua conversazione.

73

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, CADORNA

(AVV)

L. P. Roma, 25 febbraio 1875.

Sono convinto che il mutamento avvenuto nel Governo inglese non modificherà, in alcun modo, le ottime relazioni che esistono fra l'Inghilterra e l'Italia. Queste relazioni hanno per loro guarentigia l'analogia dei principi, e degli interessi. Non vi sono due paesi fra cui questa analogia sia più completa. Non vedo nè dove, nè quando gli interessi dell'Italia non siano d'accordo cogli interessi dell'Inghilterra; non ho bisogno di dirlo a Lei che conosce perfettamente qua:li sono i dati fondamentali e necessari della politica italiana. Ad ogni modo Ella sarà sempre il fedele interprete delle intenzioni del Governo assicurando che nessun paese, più del nostro, desidera la pace, noi non abbiamo soltanto bisogno della pace presente, ma anche della fiducia nella sua conservazione, lasciar tranquilli e essere :lasciati tranquilli, è la nostra divisa, una politica di pace, d'equilibrio, di concordia, e, al tempo stesso, dell'indipendenza fra le nazioni risponde ai nostri convincimenti come alle nostre simpatie.

Non è inutile, a questo riguardo, ch'io le dica che Sir A. Paget mi tenne una volta, in seguito, suppongo a istruzioni avute, un linguaggio simile a quello che Lord Granville Le tenne e ch'Ella mi riferì nella sua lettera particolare del 9 Gennaio scorso. Risposi allora a Sir A. Paget che, in quel momento, non ci era molto facile di poter fare giungere a Berlino i Consigli di cui mi parlava, colla speranza di vederli accolti di buon animo. Quel Gabinetto ci poteva rispondere •ebbene, se voi credete che il partito clericale non possa soLlevarsi dei pericoli, e se siete cosi completamente sicuri sull'avvenire dei vostri rapporti colla Francia, proseguite, per conto vostro, nella vostra politica e nel vostro cammino •. Ma, dissi al Ministro d'Inghilterra, v'è un altro e più importante servigio che noi possiamo rendere e che rendiamo a questa causa della pace :la quale non ci è meno cara che a voi; ed è, per quanto sta in noi, di evitare con una polHica di calma e di moderazione che una cagione di perturbazione e di conflitto non sorga in Italia, dove pure oggi potrebbe sorgere più facilmente che altrove. Ricordai le occasioni parecchie nelle quali, ne' nostri rapporti colla Francia avevamo dato prova di questa moderazione e di questo

buon volere. Ma osservai pure che dipendeva dalla Francia il renderei agevole, anzi possibile questa politica coll'evitare gli incidenti spiacevoli, col porre termine a una condotta incerta ed ambigua che offende le legittime suscettibilità nazionali, col far seguire a un linguaggio rassicurante degli atti che lo siano del pari e servano a togliere quella diffidenza che esiste da noi e non proviene da un sentimento di ostilità verso la Francia, ma da un sospetto dell'ostilità della Francia verso l'Italia. A quest'uopo e in certi casi i consigli dell'Inghilterra avranno molta autorità e potranno riuscire assai utili ed efficacL

In realtà, sotto quest'aspetto, la nostra situazione non è senza difficoltà. Noi non possiamo che desiderare dei rapporti rassicuranti colla Francia. Dall'altro lato ogni prova di questo desiderio solleva le diffidenze della Germania, le cui simpatie e le cui amichevoli relazioni costituiscono una base necessaria, nello stato attuale delle cose, alla nostra sicurezza e dalla quale non potremmo dipartirei senza grave imprudenza.

Del resto le nostre relazioni attuali colla Francia sono soddisfacenti, v'è nello stato dell'opinione, al di qua e al di là delle Alpi un miglioramento, rimane, come le dicevo, che la condotta sia conforme al linguaggio che ci si tiene. Rispetto alla Germania le dichiarazioni del Governo sul malaugurato libro del Generale La Marmora ottennero lo scopo che mi proponevo, cioè di impedire, ad ogni modo, che questo incidente potesse avere degli effetti dannosi ai rapporti fra i due Governi e agli interessi del paese. Coll'Austria siamo ne' migliori termini e soprattutto sulla questione religiosa, non abbiamo che a lodarci della condotta franca e leale del Conte Andrassy.

Le voci sparse da alcuni giornali su un risveglio della quistione d'Oriente, e specialmente su progetti di rimaneggiamenti territoriali non hanno, ch'io sappia, alcun serio valore. Credo del resto che il Governo inglese sia ormai pienamente rassicurato sulle tendenze pacifiche e conservatrici dell'Italia a tale riguardo.

74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. R. 104. Roma, 26 febbraio 1875.

Ho preso in attenta considerazione ciò che la S. V. mi ha esposto nel suo rapporto del 13 corrente (l) sulle inquietudini che il Govemo egiziano sembrava aver concepito per il buon esito della riforma giudiziaria in seguito all'atteggiamento preso daH'Italia. Tali inquietudini erano puranco fomentate da ingiustificabili prevenzioni aventi la loro origine in certe gelose influenze e mantenute per effetto di quel meschinissimo concetto di rivalità fra gli stranieri, rivalità che ha tanto nociuto allo sviluppo degli elementi di vero progresso e di civiltà in codesto paese.

Il linguaggio che la S. V. ha tenuto al Khedive avrà certamente servito a dissipare qualunque apprensione la sua mente avesse potuto concepire. Le parole di V. S. avranno poi trovato una conferma efficace nella buona accoglienza che la Camera ha fatto alla proposta di esaminare d'urgenza il progetto di legge che ci permette di contribuire all'applicazione dei nuovi ordinamenti giudiziari in Egitto. Posso aggiungere oggi che le disposizioni palesatesi nella discussione che già ebbe luogo in molti uffici della Camera, sono favorevoli al progetto presentato dal Governo. Questi con una pubblicazione di documenti che permette seguire passo a passo le varie fasi dei negoziati dal 1867 fino a questi ultimi giorni, ha dato al Parlamento tutti gli elementi per giudicare della sua condotta la quale, io spero, sarà apprezzata anche in Egitto per quella franchezza con la quale abbiamo constantemente favorito tutte Je proposte che erano conciliabili cogli interessi che dobbiamo tutelare. A mio credere dal complesso dei documenti pubblicati emerge che l'Italia non si è lasciata guidare da idee .esclusive. Essa ha cercato anzitutto nell'uniformità de,i suoi interessi con quelli dell'Egitto e degli altri stranieri una base sicura per 'la sua azione diplomatica. Avrebbe potuto certamente dipendere dal contegno dell'Italia che la riforma giudiziaria non potesse avere effetto. Ma nello studio da noi posto a facilitare gli accordi, nella parte che abbiamo avuta direttamente ed indirettamente ad appianare gli ostacoli che si frapponevano a convenienti transazioni ci pare aver dato all'Egitto non dubbia testimonianza delle migliori nostre intenzioni a suo riguardo. Non potrei dunque comprendere il sospetto che si è voluto insinuai'e nell'animo del Khedive che l'Italia possa subire in questo affare delle influenze estranee e pregiudicevoli a quelle amichevoli relazioni che con molta nostra soddisfazione hanno tanto contribuito ad agevolare i nostri accordi con il Governo vice-reale.

La S. V. troverà certamente l'occasione di esprimersi personalmente col Vicerè nel senso tracciatole da questo dispaccio. Nè io dubito che la mente illuminata di Sua Altezza possa accogUere dei dubbi quanto tutto concorda nella nostra condotta a dimostrarli come privi di qualunque fondamento.

(l) Non pubblicato.

75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 153. Roma, 1 marzo 1875.

Ho letto con il pm vivo interesse il rapporto n. 334, serie politica, del 7 febbraio (1), col quale Ella mi rese conto di una conversazione da Lei avuta in quei giorni con S. E. il Conte Andrassy. S. E. parlando della reciproca

convenienza dell'Italia e dell'Impero austro-ungarico di mantenere uno scambio di idee confidenziali sulle questioni politiche di maggiore importanza, accennava agli ottimi risultati che q_uesto sistema di rappor,ti intimi ebbe già nella questione del futuro Conclave. Io fui lieto di veder confermate da un uomo di Stato così eminente delle considerazioni che io stesso ebbi spesso occasione di esporre a Lei, nei colloqui che ebbi colla S. V. nel suo ultimo viaggio in Italia e nelle mie corrispondenze così ufficiali q_uanto private. Mi credo perciò in debito di pregarla di ringraziare, a nome del Governo del Re, S. E. il Conte Andrassy di tali amichevoli disposizioni, e di assicurarlo nel tempo stesso che esse sono completamente divise dai Ministri di S. M. il Re, Nostro Augusto Sovrano. Ella potrà nel tempo stesso informare S. E. il Ministro degli Esteri della risposta che noi abbiamo fatta alla Circolare prussiana sul Conclave. Questo documento ci fu verbalmente comunicato, e la nostra risposta ebbe pure H carattere di una comunicazione puramente orale. Il Conte de Launay ebbe cioè incarico di dire a S. E. il Principe di Bismarck che noi riconoscevamo l'utilità di uno scambio di idee confidenziali sull'importante argomento della circolare e che per parte nostra ci saremmo mostrati disposti a ricevere le ulteriori comunicazioni del Gabinetto di Berlino, ed a metterlo al fatto delle nostre idee in proposi,to. Com'Ella rammenterà alla data di quel documento correvano sulle condizioni di salute del Pontefice voci esagerate di pericoli che non ebbero poi a verificarsi. Probabilmente a ciò deve attribuirsi che quelle prime aperture non siano state seguite da altre comunicazioni.

Sullo stesso argomento furono scambiate col Portogallo alcune corrispondenze che si aggirarono nell'ordine stesso d'idee che Ella ebbe a svolgere, a mio nome, col Conte Andrassy.

Mi è gradito poi di constatar,e che il ,tempo trascorso dall'epoca in cui io ebbi a far conoscere le intenzioni del Governo del Re al Gov;erno austro-ungarico, non fece che confermarmi nella convinzione della loro pratica opportunità. Nella recente discussione cui diede luogo alla Camera dei deputati l'approvazione del bilancio del Ministro degli esteri, io espressi di nuovo la volontà decisa del Governo del Re di assicurare la libertà del Conclave. Questa dichiarazione fu accolta con soddisfa:~~ione dal nostro Parlamento, ed io posso infatti sperare che anche al Vaticano si cominci ad aver minore diffidenza delle intenzioni del R. Governo, e della fermezza con cui saprebbe e potrebbe, occorrendo, mantenere l'ordine pubblico in qualunque eventualità. L'azione del tempo ,incomincia ad attutire molti rancori ed a fare giudicare con maggior calma una condizione di cose che, se non risponde ai desideri di certi spiriti intemperanti, dà però intiera soddisfazione alle esigenze delle coscienze sinceramente religiose. Il Governo del Re può dunque lusingarsi che lo spettacolo della completa tranquillità di Roma, nei momenti attuali, eserciti all'estero, come nell'interno dello Stato, una influenza favorevole allo scopo cui mira la politica italiana.

Io le faccio facoltà di svolgere queste considerazioni nelle conversazioni sue con S. E. il Conte Andrassy...

(l) Cfr. n. 58.

76

IL MINISTRO A LONDRA, CADORNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2102/498. Londra, 1 marzo 1875 (per. il 5).

Facendo seguito al mio rapporto n. 496 Politico del 13 Febbraio u.s. (1), col quale ho riferito a V. E. una conversazione che ho avuta con Lord Derby sul progetto tunisino di Riforma Giudiziaria, ho adesso l'onore di trasmetterLe qui unita la traduzione di una lettera direttami dallo stesso Lord sul medesimo argomento.

L'E. V. scorgerà che H Foreign Office, pure persistendo nel desiderio che i due Governi vadano d'accordo, esprime il desiderio, che nel caso di cui si tratta il Governo del Re adotti il sistema che il Governo della Regina intende di seguire conseguentemente all'avviso dei ConsigLieri della Corona, e dal quale penso che non sarà per dipartirsi.

E in attesa degli ordini ch'Ella mi vorrà impartive...

ALLEGATO

DERBY A CADORNA (traduzione)

Londra, 26 febbraio 1875.

Ho l'onore d'informarLa che il Governo della Regina ha considerato con cura, insieme coi Consiglieri Legali della Corona, le osservazioni che il Signor de Martino mi fece l'onore di rivolgermi circa al progetto di riforma giudiziaria in Tunisi in una conferenza che ebbi con lui addì 17 agosto scorso; e adesso ho l'onove di farLe conoscere le conclusioni alle quali è giunto il Governo della Regina su questo argomento.

Nell'ammettere la generale correttezza dei principi di territoriale e di nazionale giurisdizione, ai quali si riferiva il Signor de Martino, il Governo della Regina, non pertanto, è d'avviso che quei principii non sono applicabili, nella loro piena estensione allo stato di cose esistente in Tunisi, dove il Governo è desideroso di abbandonare alcuni dei diritti di giurisdizione territoriale a favore di varie nazionalità; e che anche se, sotto il proposto sistema, anomalie possono essere trovate in teoria, i vantaggi che nella pratica risulteranno dall'adozione del nuovo sistema primeggiano di molto quelle anomalie.

Il Governo della Regina spera, perciò, che dopo maggiore considerazione, il Governo Italiano seguirà lo stesso corso del Governo della Regina e adotterà lo schema proposto.

77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 2 marzo 1875.

Col corriere d'oggi vi mando un dispaccio quale voi lo desideravate sull'intento di riannodare e di mantenere quello scambio un po' intimo di idee

che il Conte Andrassy aveva alquanto rallentato in questi ultimi tempi e di cui vi mostrò di nuovo il desiderio (1). Sono stato assai Heto di questa disposizione d'animo del Conte Andrassy e di quanto vi disse in proposito. Ho accolto con molto piacere la dichiarazione fattavi dal Conte Andrassy che i rapporti attuali dell'Austria coi due altri Imperi non hanno modificato o almeno fatto porre in disparte l'antico programma sulle relazioni fra i nostri due paesi.

Al pari di voi, carissimo Conte, credo che il nodo deUa nostra situazione internazionale non è a Vienna. Ma credo però assai utile per noi il mantenere coll'Austria delle relazioni non solo amichevoli, ma accompagnate da un leale scambio di idee, e dalla convinzione reciproca del ·loro vantaggio per ambedue i paesi. Tali l'elazioni ci giovano in primo luogo sulla quistione del Papa, considerata la situazione dell'Austria come gran potenza cattolica. E invero finora ebbi sempre occasione di constatare la lealtà di condotta del Conte Andrassy in questa quistione. Così pure questi rapporti ci sono utili nella situazione generale dell'Europa e in special m<>do in quelle quistioni che hanno in questi ultimi tempi più preoccupato, vogLio dire le qutstioni d'Oriente. Per quanto apprezzi assai la perspicacia politica del Conte Andrassy vi confesso che non comprendo bene la portata della sua nuova politica in Oriente o, per dir meglio, la comprendo piuttosto come una politica suggerita, in certi limiti, dalle circostanze che come un vero sistema e un programma duraturo. Mi pare che la conformità degli interessi fra l'Austria e la Russia non potrà a lungo accompagnare il loro accordo. Da un altro lato, il Governo Germanico farà della sua politica orientale un mezzo per mantenere fra l'Austria e la Russia un accordo che faccia capo a Berlino, e in ogni caso ne farà un mezzo per conservare a se stesso, anche un po' a spese dell'Austria, l'amicizia della Russia.

La nostra situazione oggi, in questo stato di cose, è alquanto delicata. I nostri interessi in Oriente, voi lo sapete, sono piuttosto conservatori. Abbiamo poi ora un interesse positivo a che, se la débélcle è inevitabile, essa non avvenga ora e sia ritardata sino a un momento in cui l'Italia abbia una maggiore libertà d'azione e possa meglio tutelarsi. Lo statu quo è per ora ciò che possiamo desiderare di meglio. Ora la politica seguita dai tre Imperi in questi ultimi tempi è tale che, un po' che ancora si svolga per una serie di nuovi incidenti, non può che incoraggiare le tendenze separatiste, indebolire sempre più la Turchia e le guarentigie dello statu quo, affrettando piuttosto che ritardando la crisi.

Se questo è vero da un lato, dall'altro è poi anche vero che non è neppure conforme agli interessi dell'ItaUa e della sua pol,itica il rimanere completamente all'infuori e l'annullarsi sistematicamente. Inoltre ho sempl'e cercato d'evitare che accanto e all'infuori dell'accordo fra i tre Imperi si stabilisse un altro accordo. Ciò non poteva convenive colla Francia per le ragioni che sapete meglio di me, né coll'Inghilterra perché non se ne sarebbe cavato egualmente un gran costrutto e ciò avrebbe guastato le nostre relazioni colla Russia.

In tale stato di cose a me sembra che ci sia utile, senza troppo impegnarci, il ravviare uno scambio di idee un po' più intimo col Gabinetto di Vienna

sulle cose d'Oriente, quando il Conte Andrassy ne ravvisi l'utilità. A me sembra che anche all'Austria non convenga di tener troppo chiuso l'accordo a tre in mezzo al quale potrebbe un giorno trovarsi isolata. Se l'Italia per conto suo non può pensare a fare un inutile donchisciottismo per la Turchia, né ha alcuna ragione per opporsi al prudente e graduale sviluppo dei piccoli paesi vassalli del Danubio, non penso che l'Austria-Ungheria creda utile davvero di precipitare la crisi, di creare una forte agitazione di nazionalità sulle sue frontiere o di gettarsi in una politica di divisioni e di mutamenti territoria·Li della Turchia. Ad ogni modo questo scambio di idee, quando l'occasione si presenti, potrebbe valere a farci conoscere un po' meglio quali sono le vere idee e le intenzioni del Governo Austriaco, e le intelligenze che servirono di base al famoso accordo dei ·tre Imperi. A noi infatti non può convenire che ci si domandi di aderire a intelligenze già fatte e che neppure bene conosciamo, né che ci si lasci una parte che non sarebbe se non quella della mouche du coche.

Nelle condizioni presenti non posso darvi istruzioni un po' precise, mi basta di indicarvi una direzione generale dalla quale voi trarrete colla vostra solita perspicacia e prudenza il miglior partito possibile. Ritornando a quanto vi disse il Conte Andrassy sul Conclave, credo che il modo col quale si risolvette la venuta di Garibaldi a Roma avrà fatto buona impressione costì, e avrà rassicurato anche nelle più alte sfere intorno alle vere condizioni di Roma e alle garanzie che esse offrono per ogni eventualità.

Malgrado le affermazioni del Cardinale Antonelli una serie di informazioni concorrerebbe a far credere che esiste un atto del Santo Padre relativamente al futuro Conclave. Non mi fu possibile di controllare positivamente queste informazioni, ma secondo esse vi sarebbe una bolla di Pio IX nella quale sarebbero confermate, è vero, le formalità tradizionali per l'elezione del Pontefice, ma sarebbero in pari tempo confermate le deroghe concesse a queste formalità in altri tempi da a;ltri Papi e specialmente da Pio VI e da Pio VII, in modo che il derogare a tali formalità sarebbe facoltativo pei Cardinali. Potrete, occorrendo, verificare se anche il Conte Andrassy possi•ede qualche informazione analoga.

La vostra attenzione si sarà portata su quanto fu detto nella nostra Camera, .in occasione del Bilancio degli esteri, a proposito della nostra quistione coll'Austria pei matrimoni civili dinnanzi ai R. Consoli.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 75.

78

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, (l) AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2467. Parigi, 2 marzo 1875 (per. il 5).

La Conferenza internazionale pel sistema metrico tenne la sua prima seduta jeri, lunedì l" marzo, alle ore l e mezzo p.m., trovandosi raccolti in una

sala del Ministero degli Affari Esteri i Delegati delle varie Potenze che sono nominati nell'elenco qui unito.

S. E. iii Conte Apponyi, Presidente per rango, chiede che la Presidenza venga deferita a S. E. il Duca Decazes, il quale appena assunto l'ufficio espone brevemente la storia de' lavori della Commissione metrica dal 1870 in poi, accenna all'importanza di tali lavori per lo sviluppo delle industrie e delle relazioni commerciali ,e perciò alla necessità che vi prendano parte anche gli amministratori accanto agli uomini di scienza. Per agevolare quindi l'opera della Conferenza egli propone che i membri che la compongono si separino in due elassi: Scientifica e Diplomatica, la prima assumendosi la proposta e la discussione preparatoria delle deliberazioni da prendersi, l'altra l'esame delle proposte in quanto esse si riferiscano all'amministrazione o alle relazioni diplomatiche e :la loro sanzione definitiva. Dopo di ciò il Presidente Sig. Duca Decazes propone la nomina che è acoettata di due segretarj, appartenenti al Ministero e dichiara aperta la seduta.

Per semplificare il da farsi il Presidente propone immediatamente di affidare ai Delegati tecnici la preparazione dei temi da discutersi. Il Signor Kern, Ministro di Svizzera, ammettendo come ottimo il metodo proposto dal Presidente, desidera che si sostituisca il Diplomatico dove mancasse il tecnico, affinché tutti gli Stati prendano parte alle discussioni e propone il Signor Dumas come Presidente della Commissione Scientifica.

Dopo brevi osservazioni del Barone di Zuylen (Paesi Bassi) e del Generale Morin S. E. il Cavalieve Nigra chiede quale si ritenga di fronte alla Commissione attuale il carattere del Comitato permanente e se esso esista ancora o sia stato disciolto. E se esiste deve egli considerarsi come puramente scientifico ovvero gli si deve attribuire pure un carattere amministrativo?

Il Generale Morin ritiene il Comitato come tuttora esistente perchè nominato da:lla Commissione internazionale e destinato a riunirsi almeno due volte l'anno, esso non può rimettere il suo mandato se non alla Commissione da cui lo ebbe. Il Sig. Okouneff, S. E. il Cav. Nigra, S. A. il Principe di H;ohenlohe dichiarano che i loro Governi non hanno mai riconosciuto il Comitato permanente.

Quantunque il generale Morin protesti che finora non erano stati fatti reclami in proposito, il Duca Decazes sostiene che la nomina del Comitato di esecuzione da parte della Commissione internazionale non poteva riferirsi ad argomenti all'infuori di quelli riguardanti la scienza, non potendo essa Commissione trasmettere al Comitato nè i mezzi, nè l'autorità che sarebbero stati perciò indispensabili.

Il Signor Cav. Nigra spiega la ragione della sua interrogazione osservando che nel caso che si dovesse prorogare il Comitato Permanente attuale egli dovrebbe proporre che tutte le Potenze vi possano essere rappresentate.

Il signor Kern è d'avviso che si debba chiedere su ta:Ie proposito il parere dei Delegati speciali.

Il Cav. Nigra osserva che trattandosi nella quistione presente d'un principio ed anche di argomenti amministrativi la sola Conferenza è competente, anzi ogni Governo riserba in ciò la sua piena libertà d'azione. Tuttavia egli

ammette che si possano previamente consultare su tale proposito i Delegati

speciali, riserbando però alla Conferenza la decisione definitiva.

In seguito alla osservazione di S. E. il Conte Apponyi che la Conferenza Diplomatica attuale rappresentando effettivamente i varj Governi ha il diritto di approvare e di respingere le deliberazioni della Commissione internazionale, il Signor Dumas ammette che quanto fu fatto anteriormente si deve considerare come provvisorio soltanto, e come una preparazione al da farsi, e dà lettura della disposizione sancita dalla precedente Commissione con cui è stabilito che il Comitato permanente doveva durare soltanto fino alla nuova riunione della Commissione. Il Duca Decazes non intende che si debba imporre ai Governi il Comitato permanente attuale e crede che quando si avesse a conservare una simile istituzione, bisognerebbe definirne meglio e più esattamente le attribuzioni e la costituzione .in guisa che ogni Stato possa esservi rappresentato. Egli è quindi d'avviso che nulla impedisce che si possa sentir prima su tale argomento il parere dei Delegati speciali. Il Cav. Nigra consente in questo parere, dichiarando che il suo solo scopo nel sollevare una tale quistione era stato quello di ben determinare l'indole del Comitato permanente e fissare le sue condizioni di esistenza affinché se questo avesse avuto a rlurare si stabilisse che tutti i Gov;erni potessero esservi rappvesentati. Ora nel caso, che sembra ammesso, che il Comitato attuale abbia cessato di esistere in seguito al principio che la presenza del mandante fa virtualmente cessare l'ufficio del mandatario, il Cav. Nigra ammette che sarà bene che si abbia il parere dei Delegati speciali into11no all'utilità di rinnovare una tale istituzione e circa al modo della sua ricostituzione quando venisse giudicata opportuna. Avendo aderito gli altri a queste considerazioni S. E. il Duca Decazes incarica i Delegati scientifici di preparare gli argomenti da discutersi nella Conferenza e mette a loro disposizione le sale del Ministero per adunarvisi come e quando ad essi piacerà chiedendo loro di render poi conto alla Conferenza intera del risultato complessivo o parziale delle discussioni.

Dopo di che alle 2 p.m. la seduta è sciolta.

Il Signor Dumas, Presidente della Commissione scientifica volendo lasciar tempo ad alcuni membri non ancor giunti, di arrivare (mancano i Signori Herr, Holten e aualche altro) propone ai suoi colleghi di raccogliersi nelle sale del Ministero degli Affari Esteri il giov·edì prossimo alle due pomeridiane.

I so·ttoscritti pregano l'E. V. di voler comunicare questo dispaccio e quelli che in seguito le verranno diretti sullo stesso argomento, ai Signori Ministlfi della Pubblica Istruzione e del Commercio.

(l) Il documento è firmato anche dal Prof. Govi.

79

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI

D. 38. Roma, 3 marzo 1875.

Alla S. V. devono essere note le fasi principali della vertenza che da molti anni si agita fra l'Italia e la Repubblica di Venezuela per ottenere che vengano soddisfatti certi crediti spettanti ai cittadini italiani verso di quel Governo. I documenti diplomatici che furono man mano comunicati a codesta Legazione contengono al riguardo notizie abbastanza diffuse perchè mi occorra di rammentarle gli sforzi infruttuosi fatti negli ultimi tempi da noi per ottenere dal Governo di Caracas una qualsiasi soddisfazione dei diritti dei nostri concittadini ingiustamente esclusi dal trattamento accordato ad altri stranieri che si trovavano nelle medesime circostanze. Diniegata l'esecuzione dell'accordo stipulato nel 1868, ritardate ora con un pretesto ora coll'altro le risposte che esigevano le insistenze del nostro rappresentante, era parso da ultimo che si potesse sperare di giungere a Qualche risultato, dopo la promessa del Presidente della Repubblica che sarebbe nominato un Commissario coll'incarico di regolare il pagamento dei crediti .in questione. Ma dopo la rinuncia di un primo funzionario che, designato per quell'ufficio, non diede mai alcun seguito alla sua missione, il R. Incaricato d'affari a Caracas si adopera ora da parecchi mesi infruttuosamente per ottenere che venga dato un successore a quel personaggio.

Senonché, così stando le cose, venne formulata dal Ministro degli affari esteri della Repubblica una singolare proposta, della quale è mestieri che io intrattenga la S. V. Illustrissima. Con sorpresa del R. Incaricato d'Affari, gli fu fatto sentire dal Signor J. M. Bianco che le difficoltà del pagamento dei crediti sarebbero tolte ove l'Italia dal canto suo avesse consentito a prestare al Governo della Repubblica i suoi buoni uffici per indurre i Paesi Bassi ad addivenire ad un assestamento delle questioni sorte col Venezuela a proposito dell'isola di Curaçao.

Si desidererebbe, a quanto pare, di stabilire coll'Olanda, per mezzo di apposita Convenzione, un modus vivendi speciale per Curaçao, basato sulla limitazione del diritto d'asilo e sulla proibizione assoluta del commercio delle armi e delle munizioni in quell'isola.

Non ho bisogno di soggiungere che il R. Incaricato d'affari ha protestato contro questa pretesa di collegare fra di loro cose così distinte come sono il diritto nostro di veder fatta giustizia agli italiani, e l'eventuale concorso dell'Italia in un negoziato internazionale del Venezuela al quale noi siamo completamente estranei. Tenuto conto però delle circostanze eccezionali del paese e del Governo con cui ci tocca discutere, mi pare conveniente nell'interesse generale degli Europei e dell'Olanda stessa, di non opporre un assoluto rifiuto alla comunicazione fattaci prima di averne intrattenuto il Governo dei Paesi Bassi.

In tesi generale, abbiamo troppi motivi di lagnarci della condotta del Venezuela a nostro riguardo per avere a cuore di interessarci direttamente ad appianare le sue difficoltà con altri Stati. Il Venezuela è per noi cagione di continui imbarazzi. Gli italiani che sono incoraggiati con mezzi di ogni maniera di emigrare verso quel paese, vi sono assoggettati ai peggiori trattamenti ed a tutti gli arbitrii delle autorità locali. Sotto il pretesto di mantenere illlesa la giurisdizione della magistratura locale ed illimitata la autorità delle leggi del luogo, il Governo di Caracas non solamente ,lascia cadere a vuoto le più fondate domande dei nostri Agenti, ma contesta sempre alla R. Legazione il diritto d',intervenire per proteggere i diritti dei nostri concittadini. Ultimamente ancora un armatore italiano ebbe sequestrato per parecchi mesi un suo bastimento pel solo fatto che questo legno, in un viaggio anteriore e mentre apparteneva ad altro proprietario aveva, durante la guerra civile, imbarcato una persona a ciò non autorizzata espressamente dal Governo locale e fu solo per effetto di un compromesso d'indole affatto privata passato fra gli attuali proprietari della nave e le autorità venezuelane che venne consentita la restituzione del bastimento, rimanendo pur sempre insoluta la questione di diritto implicata in questo gravissimo fatto.

Le circostanze relative a tale incidente sono indicate nel sunto litografato di dispacci, da ultimo trasmesso a codesta Legazione.

In tale stato di cose, io desidero che Ella si procuri una conversazione col Ministro degli affari esteri dei Paesi Bassi e cerchi di sapere da lui quali siano le sue intenzioni verso la Repubblica del Venezuela.

Se il Governo neerlandese, il quale ha dovuto interrompere le sue relazioni colla Repubblica, avesse in progetto qualche dimostrazione tendente a richiamarla ad una più giusta osservanza dei suoi doveri .internazionali, noi non esiteremmo a prestargli tutto il nostro appoggio morale. In tal caso, a parer nostro, sarebbe opportuno un accordo fra le Potenze europee che hanno interessi nel Venezuela, per esempio coll'Inghilterra, e nessuna delle quali, crediamo ha motivo di trovarsi soddisfatta del modo di procedere di quel Governo. Un'intesa fra queste Potenze, alla quale necessariamente dovrebbero precedere le opportune intelligenze colla Confederazione degli Stati Uniti dell'America del Nord, potrebbe forse condurre alla adozione di qualche misura collettiva avente per risultato di assicurare in avvenire un maggior rispetto delle persone e delle proprietà degli stranieri nel territorio Venezuelano. Naturalmente Ella avrà cura di non impegnare, per ora, l'azione del Govevno del Re in qualche atto di vera ostilità riservando in tal caso di far conoscere le nostre risoluzioni.

Potrebbe darsi però che il Governo neerlandese anziché prendere questa via preferisse assestare amichevolmente le questioni che lo dividono dal Venezuela e che certamente non possono essere che dannose ai suoi interessi commerciali in quelle regioni. In tal caso, senza insistere perché venga accettata l~ nostra intervenzione in affari che non ci concernono direttamente, sarebbe utile che il Gabinetto dell'Aja avesse conoscenza delle aperture che dal Venezuela vennero fatte nel senso sovraindicato. Se nella conversazione che Ella avrà con il Ministro degli affari esteri d'Olanda Le risultasse che il Governo neerlandese sarebbe disposto di approfittare della occasione che si offre per tentare un accordo colla Repubblica Venezuelana, Ella vorrà farmi conoscere in qual miglior modo il Governo di Sua Maestà potrebbe adoperarsi per facilitare il conseguimento di un tale intento.

80

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1194. Roma, 3 marzo 1875.

Mi pregio comunicare a V. E. l'elenco dei sudditi italiani ed esteri che in

Svizzera lavorano più attivamente per eccitare la rivoluzione in Italia.

Essi sono Bakounine, Amould, Getti, Leonesi, Nabruzzi, Zanardelli, Cafiero,

Malon e moglie, Della Calle, Molinari, Danesi, Cesari, Terzaghi, Sta:llo, Umiltà,

Marocci, Lefrançais, Joukowski, fratelli Tomeot e Perret.

Prego l' E. V. di raccomandare ai R. Agenti in !svizzera di tenere invigilati

gli individui suddetti (1).

81

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 340. Vienna, 3 marzo 1875 (per. il 6).

La conversazione essendo caduta ieri col Conte Andrassy sulle interpellanze state mosse aU' E. V. durante la discussione a cui diede luogo in Parlamento H bilancio del Ministero Affari Esteri, il mio nobiLe interlocutore compiacevasi dirmi, aver provato molta soddisfazione pel modo fermo e preciso col quale l'E. V. aveva caratterizzato l'attitudine che il Governo Italiano, verificandosi il caso della riunione di un Conclave in Roma, intende osservare, a tutela della sicurezza di quell'Augusta Assemblea. Egli aggiungevami anzi ancora che le parole pronunziate in proposito dall'E. V. sono riescite particolarmente gradite a S. M. l'Imperatore per l'importanza che una dichiarazione di tale natura fatta in seno al Parlamento, doveva avere agli occhi di tutti. Ragionando poi in generale sulle cose nostre in questi ultimi tempi, il Conte rivolgevami parole lusinghiere per ii.'Italia, le quali d'altronde non sono se non l'eco di ciò che si dice qui a nostro riguardo da quanti non hanno contro di noi irreconciliabile ira di parte.

82

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1428. Berlino, 4 marzo 1875 (per. l' 8).

L'émotion causée par l'Encyclique du 5 Février, va toujours croissant. La majorité des journaux proteste, menace et se livre à des commentaires sur le point de savoir si les Evéques se· feront eux-méme entendre pour porter ce

document à la connaissance des Diocèses, autrement que par la voie détournée

de la presse.

Le docteur Zehlicke, Rédacteur de la Deutsche AHgemeine Correspondenz (rapport de cette Légation s.n. du 13 décembre dernier) va jusqu'à laisser entrevoir qu'il s'agirait non seulement de décréter des mesures sévères à l'intérieur, mais qu'il ne serait pas impossible qu'il nous fUt demandé compte de semblables actes du Vatican, en sorte que nous fussions mis en demeure de prendre position dans le confiit. Dans son numéro du 3 Mars ce journal va plus loin. A son avis, le Pape devrait etre interné et meme expulsé d'Italie. J,e signale ces extravagances du Dr. Zehlicke qui semble ignorer que la loi sur les garanties ayant été votée par le Padement et sanctionnée par la Couronne, nous ne saurions admettre une ingérence étrangère quelconque quant à son exécution ou à son interprétation, soit pour en restreindre, soit pour en élargir les termes.

Le Cabinet de Berlin n'a certainement pas autorisé un pareil langage, parce qu'il sait que notre bon vouloir et les égards dùs à une puissance arnie, comme l'Allemagne, ont cependant une limite infranchissable tracée par le respect de la dignité nationale. Je n'admets pas non plus qu'on ait voulu nous donner un av,ertissement indirect sur un sujet qui ne saurait comporter des pourparlers officiels. Ce n'est évidemment qu'un ballon d'essai lancé par la propre initiative d'un journaliste insuffisamment renseigné sur la véritable situation politique. Si ballon il y a, il importe d'en couper les cordes pour qu'il se perde dans les nues. En effet, l'adoption de pareilles idées équivaudrait a renverser notre programme et nos engagements qui ont pour but de laisser au temps et à une modération sans faiblesse, le soin de démontrer que la Papauté peut librement survivre à la perte du pouvoir temporel. Les convenances bien entendues du Cabinet Impérial -en laissant meme de còté notre intéret mutue! à entretenir les meilleures relations -ne sauraient lui conseiller de travaiHer d'une manière quelconque à nous induire à rebrousser chemin, et de donner ainsi raison à des adversaires qui nous sont communs.

(l) Annotazione marginale: « a Berna, Ginevra e a Lugano, 19 marzo 1875 •·

83

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 342. Vienna, 4 marzo 1875 (per. il 10).

Allorché, in conseguenza della riforma elettorale, i deputati al Reichsrat furono nominati in modo diretto e non più per mezzo delle diete, il Ministero, nell'intento per lui gravissimo di costituire il Parlamento meno incompleto, fece vive istanze perché il Tirolo meridionale vi fosse rappresentato. Ed infatti i tirolesi italiani, che non avevano mai inviato deputati alla Dieta di Innsbruck, ne elessero al Parlamento centrale, accentuando, come richiesta di compenso per la loro pieghevolezza, il desiderio di maggiore autonomia [ocale e segnatamente quello di una Dieta propria. Il Ministero, senza obbligarsi in modo formale, rispose allora che avrebbe esaminato con serietà e benevolenza la questione. Per mio conto non ho mai dubitato che gli sforzi dei deputati del Trentina resterebbero infruttuosi, almeno pel momento, e che la Dieta propria non venisse loro negata. E mal non mi apposi, secondo quanto si può con certezza dedurre dalla discussione fattasi sull'argomento addì 3 corrente nella Commissione della Camera. Il deputato Marchetti fece sua la proposta del Signor Prato, il quale, come sacerdote, credettesi in dovere di abbandonare lo scanno di deputato per non incorrere in censure ecclesiastiche; proposta in cui venivano esposti i voti delle popolazioni del Tirolo italiano.

Il Ministro dell'Interno, Barone di Lasser, nella sua risposta al Marchetti, disse, che forse si riescirebbe ad ottenere in parte lo scopo desideratD senza usare del • mezzo estremo • di una Dieta propria; ch'egli non potrebbe accettare una proposta in tal senso, nè raccomandarla alla sanzione sovrana, nè presentarla alla Dieta di Innsbruck, la quale sarebbe a suo avviso, unitamente al Reichsrat, competente nell'argomento. Se si vuole accennare al rifiuto di porre in atto le restrizioni mentali (Hintergedanken) del partito italiano nel Tirolo meridionale, continuò il Ministro, dover dichiarare ch'esse poggiano su una questione di potenza, la quale non può essere regolata da nessuna legge. Non potere negare che simili tendenze non siano sorte; ma essere egualmente certo che ora la popolazione non gravita verso il Re·gno d'Italia, perché gli interessi materiali la fanno propendere molto maggiormente verso l'Austria. Accordando ad essa una Dieta, eziandio Sloveni e Tzechi potrebbero chiedere la separazione delle rappresentanze dei paesi secondo le nazionalità. Ammette·re come giusto il desiderio dei tirolesi meridionali, che i loro interessi materiali vengano presi in cura da compaesani: segnatamente in epoca anteriore avere quei tirolesi nutrito il sospetto, non intieramente infondato, che i loro materiali interessi non siano considerati e discussi con equità; e grande diversità esservi in realtà a tale riguardo tra Tirolo meridionale e settentrionale. Il Ministro conchiuse esprimendo il voto che la faccenda non venga trattata con precipitazione, essendovi motivo di prendere in benevo:lo esame le cause che diedero origine alla proposta.

Il deputato polacco Dunajewski si dichiarò pure contrario alla concessione della Dieta. Non vuol fare un rimprovero all'elemento nazionale di sforzarsi ad ottenere il sopravvento, ma dubita sia opportuno di ordinare un paese in modo ch'esso cada nel grembo del vicino come frutto maturo; doversi inoltre eziandio proteggere l'elemento tedesco nel Tirolo meridionafe. A mio avviso, questo deputato mise veramente, dal punto di vista austriaco, il dito sulla piaga.

Anzi tutto la Commissione deliberò sulla questione di principio (la Dieta propria) la quale fu respinta alla quasi unanimità. Dietro proposta del deputato Herbst, il Quale parlò in modo genericD ma piuttosto favorevole ai tirolesi italiani, (unica denominazione ammessa qui per designare i trentini) fu costituita una sotto-commissione, nella quale vennero eletti i Signori Dordi, Granitsch e Herbst, coll'incarico di esaminare in quale modo si possono adempiere i giusti desideri di quella popolazione.

Io mi permetto di dubitare assai che questa deliberazione soddisfi gli abitanti del Trentina ed i loro deputati, i quali, con prudenza, ma senza ambagi, si affermano italiani. Ad onta delle dichiarazioni del Barone di Lasser, consta a me che le popolazioni italiane del Tirolo gravitano sempre più, tanto per gli

interessi materiali quanto per le aspirazioni morali, v•erso il Regno: il rifiuto

della Commissione della Camera e l'allontanamento del Barone Alesani il quale

reggeva con conoscenza di uomini e cose la sezione della Luogotenenza tirolese

in Trento, non potranno che dar nuovo incremento a questi sentimenti.

Il nostro atteggiamento nell'attuale stato di cose, è a mio avviso chiaramente

definito e ci è imposto dalla lealtà e dal nostro odierno interesse. Noi dobbiamo

seguire con vigiJ.e attenzione quanto si svolge alla nostra frontiera e concerne

popolazione di razza italiana: dobbiamo però con egual cura adoperarci allo

scopo di evitare dimostrazioni sconvenienti e intempestive, segnatamente nella

stampa nostra e tutto ciò che possa, in qualsiasi modo, dare esca al fuoco.

Oso quindi pregare l'E. V. perché voglia persuadere le direzioni di giornali, che hanno contatto col R. Governo, a tacer·e sull'argomento, essendo quasi impossibile per noi di discuterlo senza urtare le suscettività estreme ed i sospetti vivissimi del Governo Imperiale.

84

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 4 marzo 1875.

Da quanto asseriscono i giornali il viaggio dell'Imperatore in Dalmazia pare abbia ad effettuarsi indubbiamente sul principio della prossima primavera. La circostanza si presenterebbe così .talmente propizia per contraccambiare la visita fatta dal Re Nostro a Vienna che proprio sarebbe, a mio avviso, il farci uno sgarbo di nuovo genere l'astenersi. Fino ad ora però nessuno ebbe pur anche alla lontana a far meco parola di sorta a questo riguardo, e dal c.anto mio come di ragione mi guardai bene dall'aprir bocca in proposH.o. Siccome però sta di fatto che sino al giorno in cui la controvisita sarà compiuta noi siamo a fronte di una situazione per noi poco lusinghiera, così io credetti dacché ritornai a Vienna dover mantenere un contegno marcatamente freddo non solo col Conte Andrassy ma anche a riguardo dell'Imperatore. Vi confesso però che temo assai questa mia tattica abbia servito a poco, poiché il Re deve essersi espresso coll'addetto militare austriaco a Roma in termini si calorosamente amichevoli per l'Imperatore, che questi ha molto probabilmente dovuto persuadersi, che l'Augusto Nostro Sovrano non gli tiene affatto il broncio per la scortesia ch'Egli sta usandogli. Il Conte Andrassy dal canto suo indovinando evidentemente la ragione della mia riserva si studiò di vincerla coll'abbondare meco in assicurazioni di solidarietà politica che tenuto conto della naturale leggerezza di quell'Uomo di stato non hanno per me se non un valore molto limitato. Intanto però, qualche giornale talvolta bene informato mette in campo la possibilità che l'Imperatore trovandosi sulle coste della Dalmazia colla sua squadra faccia una punta in Italia. La restituzione della visita essendosi fatta sì a lungo aspettare sembrami si dovrebbe più che mai tener duro, allorché ne venisse fatta parola a Voi od a

me, affinché si effettuasse a Napoli. Ove però l'accettazione di questa città presentasse una resistenza insormontabile persisto a trovare che meglio di rinunciare alla visita, si è di proporre come luogo di convegno Ancona prima, ed in ultima analisi Bari. Tutto ciò però dipenderà da ciò che sarà per fare l'Imperatore di Germania.

Durante la prossima primavera anche dovrassi effettuare l'inaugurazione a Trieste del monumento all'Imperatore Massimiliano e parmi probabile che dalla commissione ordinatrice venga diretto un ufficio a Sua Maestà che fu uno dei primari soscrittori, affinché si faccia rappresentare a quella solennità. Ove la domanda che a tale scopo ci verrà diretta acconsenta una scappatoja, l'astensione completa parmi sia la migliore soluzione; nel caso però che questa non fosse possibile, Sua Maestà potrebbe tutt'al più delegare il nostro Console generale colà a rappresentarlo ma non mai uno speciale inviato e tanto meno poi me.

A proposito di monumenti vedo dai giornali che il 23 Marzo dovrassi inaugurare a Venezia quello a Manin! In tale circostanza potrebbero evidentemente verificarsi incidenti di natura a crearci seccature coll'Austria, ove le autorità governative non s'impegnassero con zelo e tatto a far sì che nei discorsi che saranno pronunciati in quell'occasione non venga detta parola che stuoni colle relazioni attualmente esistenti fra l'Italia e l'Austria. Oltre di ciò converrebbe la polizia vegliasse attentamente affinché il solito comitato triestino non ne facesse delle sue. Mi permetto su tutto ciò richiamare la Vostra attenzione affinché il Ministro dell'Interno dia in antecedenza istruzioni abbastanza energiche e precise da evitarci poi in seguito la spiacevole necessità di dare delle spiegazioni, che compromettono la nostra dignità senza persuadere affatto della nostra lealtà.

L'affare del trattato di commercio procede qui assai lentamente, anzi se avrà fatto un passo sarà soltanto dopo che potei parlare con Andrassy poiché fino a quel giorno mi risulta che la mia nota dormì i beati sonni sul tavolo del Ministro. In verità non lo ignorava, ma vi assicuro che non è facile cosa riuscire a parlare con Andrassy quando non si è l'Ambasciatore di Germania! E parlare con altri a ben poco serve se la spinta prima non viene dall'alto.

L'attitudine così calma e regolare serbata fin qui da Garibaldi, ha fatto molta impressione a Vienna, ed anzi mercè quel fatto e l'attitudine conservatrice del Governo e del Parlamento posso dire che siamo qui assai à la hausse nell'opinione pubblica. Ciò però non è ancora molto, poiché per essere veramente considerati qui bisogna inspirare l'impressione che all'occorrenza ci si potrebbe imporre colla forza, locchè non è ancora il caso nostro. Se potessimo addivenire colla Germania allo scambio delle Ambasciate, l'effetto ne sarebbe ottimo, dando la persuasione di un vero intimo accordo fra Berlino e Roma mercè il quale soltanto la nostra posizione qui potrebbe diventare ottima. Badate però che a tale riguardo l'effetto sarebbe tanto migliore, quanto meno si vedrebbe generalizzata la misura, ciò io vi diceva l'autunno scorso a Roma, e vi confermo oggi. Credo d'altronde siate anche del mio avviso, e se vi siete trattenuto fin'ora dal prendere una misura che sarebbe indubbiamente bene accolta in Italia, si è perchè fino ad oggi non ci si volle guarentire la reciprocità, e così stand(o le cose avete mille volte ragione di astenervi.

85

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. Vienna, 6 marzo 1875, ore 22.

Déchiffrez vous seul.

Veuillez communiquer au Roi. Andrassy sort de chez moi. Il est venu me

dire que l'Empereur devant faire prochainement voyage en Dalmatie compte en cette occasion rendre visite au Roi. Empereur propose au Roi que la rencontre ait lieu à Venise. Empereur désire savoir si le Roi préfère que ce soit avant le voyage de Dalmatie, c'est à dire dans les premiers jours d'avril, ou au retour, c'est à dire à la moitié de mai. Dans le premier cas, Empereur d'Autriche irait probablement par terre et s'embarquerait à Venise pour la Dalmatie. Andrassy croit qu'il accompagnera Empereur. On désire secret le plus absolu jusqu'à question résolue. Empereur aurait désiré que j'adresse expression de son désir directement au Roi. J'ai répondu devoir le faire par l'intérmédiaire de V. E .• mais j'ai répondu du secret. J'ai déclaré n'avoir aucune instruction mais tout en reconnaissant pour mon compte ce qu'il y a de loyal et de chevaleresque dans proposition de Venise de la part de l'Empereur, j'ai péroré vivement en faveur choix de Naples, mais j'ai clairement vu que l'Empereur tient à Venise. Du reste le choix de Venise est si noble et significatif de la part de :l'Empereur que je me permets de conseiller acceptation immédiate. Montrons nous sans discussion quant à l'époque. Courtoisie et mille autr,es raisons conseillent à mon avis montrer empressement et désir que rencontre ait lieu au plus tòt, ainsi d'accepter premier jour. Il me paraìt que si le Roi voulait bien m'adresser télégramme en ce sens directement chiffré par votre entremise cela ferait bonne impression sur Empereur. Plus de détails par poste et retour du courrier.

86

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 343. Vienna, 7 marzo 1875 (per. L' 11).

Pregiomi riferirle con maggiori particolari la mia conversazione di ieri col Conte Andrassy, di cui ebbi a ragguagliarla telegraficamente a tarda ora della sera (1).

S. E. che era venuta a cercarmi a casa mia nella giornata, non avendomi trovato, mi dava appuntamento per più tardi, ed alle cinque ero in casa ad aspettarlo. Egli entrò direttamente in materia, dicendomi esser incaricato da

S. M. l'Imperatore di darmi un annuncio che era persuaso riuscirebbemi gradito, e 'tosto aggiungevami aver la Maestà Sua deciso di coglier l'occasione del suo imminente viaggio in Dalmazia per portarsi in Italia e restituir la visita

fattagli da S. M. il Re l'Augusto Nostro Sovrano in occasione dell'Esposizione di Vienna. Dicevami quindi, che S. M. Imperiale mentre desiderava che S. M. il Re venisse informata di questo suo progetto bramava altresì conoscere quale accoglienza il Re avrebbe fatto a due sue proposte al riguardo. L'una che la visita si compiesse a Venezia. L'altra che a scelta del Re d'Italia avesse ad effettuarsi prima del viaggio in Dalmazia cioè nei primissimi giorni d'Aprile, ovvero al ritorno circa alla metà del Maggio.

Confesso che provai una certa meraviglia nel sentir che la scelta del luogo per parte dell'Imperatore fosse caduta sulla città di Venezia, non la dimostrai però, e mi feci premura di rispondere che ero persuaso Sua Maestà avrebbe accolto con particolar soddisfazione l'annuncio della visita Imperiale, che mi sarei fatto premura di fargli pervenire. Dissi non aver avuto mai istruzioni che mi ponessero in grado di fargli fin d'ora presentire l'accoglienza che Sua Maestà sarebbe per fare alle due speciali proposte che mi s'incaricava di sottoporgli, che quindi ciò che sarei per dire non era se non affatto l'espressione della mia personale impressione che però desideravo manifestargli; ciò premesso, dopo d'aver detto quanto io altamente apprezzassi il sentimento nobile e cavalleresco a cui l'Imperatore si era inspirato nel proporre come luogo dell'incontro la città di Venezia, soggiunsi sembrarmi, che per molte ragioni d'ordine materiale quella città poco si prestasse per ricevere la visita dell'Imperatore. Credetti porre in rilievo l'impossibilità di dar esecuzione al desiderio che ero persuaso mio Sovrano avrebbe avuto di presentar una parte delle sue truppe all'Imperatore onde anche così contracambiare una fra le più apprezzate cortesie usategli a Vienna. Conchiusi finalmente perorando nel miglior modo ch'io mi seppi, mettendo sempre innanzi argomenti di carattere locale, la convenienza ch'io avrei ravvisato acchè il convegno dei due Sovrani avesse luogo a Napoli. Non tardai però a convincermi che se per dovere di forma il Conte Andrassy credette seguirmi nel più cortese modo in questa discussione, le sue istruzioni però erano precise ed egli aveva l'incarico di non !asciarmi dubbio intorno ai desideri dell'Augusto Suo Signore. Egli citommi l'esempio della visita fatta da Napoleone III a Saiisburgo, e poscia nella stessa città dall'Imperatore Guglielmo traendone la conclusione che i precedenti non legavano acché le visite sovrane s'effettuassero nelle capitali allorché non esisteva speciale ragione per recarsi in esse. Ponevami quindi in rilievo con co:lori siffattamente spiccanti lo speciale significato che il suo Sovrano intendeva dare alla sua visita al Re in una città che già fu fra le più belle gemme della sua Corona, che proprio sarebbemi parsa sconveniente una soverchia insistenza da parte mia su argomenti il cui valore è ben lieve a fronte della importanza del fatto morale che verrà affermato colla presenza dell'Imperatore d'Austria a fianco del Re d'Italia sul molo di Venezia!

L'Italia una con Roma sua capitale, è tal fatto provvidenziale che non ha bisogno della presenza dell'Imperatore d'Austria al Quirinale od in altra Reggia della Penisola per essere affermato. Conviene invece all'Italia come all'Austria che ogni dubbio venga per sempre tolto sulla cessazione dei passati rancori fra i due Stati come fra le due dinastie di Savoia e di Asburgo-Lorena. I popoli dell'Austria-Ungheria videro il Re d'Italia a Vienna salutato dal

plauso delle popolazioni, stringer la mano al loro Imperatore ed ai suoi imperiali congiunti; gli Italiani saluteranno egualmente plaudenti l'Imperatore Austriaco, ospite del loro Re in quella Venezia che dopo d'esser stata acquistata e ceduta a prezzo di tanto nobile sangue, non sarà ormai più pei due popoli come per le due dinastie che su di essi imperano, se non un pegno di duratura pace e concordia. Guardando di tal maniera la cosa, parmi in verità che le piccole difficoltà che un ricevimento nella Città della Laguna deve presentare, perdono ogni importanza. Si è precisamente inspirandomi a quest'ordine d'idee ch'io mi permisi consigliar nel mio telegramma di ieri l'accettazione senz'altro della prima proposta imperiale. In quanto alla seconda, quella relativa all'epoca, mi permisi del pari raccomandar il partito caldeggiato anche dal Conte Andrassy, quello cioè di scegliere ~'epoca più prossima. Infatti non conviene farsi soverchie illusioni; l'orizzonte è fosco assai, senza che si possa ben prevedere dove e come scoppierà la bufera, quindi ciò che non si fa oggi nessuno sarebbe in grado di guarentire potersi fare domani. Anche a questo riguardo quindi spero il mio parere avrà trovato favorevol accoglienza presso Sua Maestà.

Il Conte Andrassy pregommi a voler far in modo che il segreto il più assoluto venga conservato sul presente argomento sino a che ogni cosa non sii con precisione determinata, ed anzi mi prevenne che avrebbe fatto smentire le voci in proposito già corse nella stampa di qui. Verrà però il giorno, ed anzi è prossimo, in cui la notizia della visita imperiale sarà ufficialmente conoseiuta ed allora i giornali d'ambi i Paesi non mancheranno di commentarla largamente; sembrerebbemi allora bene che gli organi i più importanti della Penisola l'apprezzassero in quello stesso senso, che con non dubbia povertà di forma, ma però con verace e profondo sentimento mi studiai di chiarir all'E. V. il mio modo di giudicare l'importantissimo fatto che sta per compiersi.

S. E. il Conte Andrassy avendomi detto ritener ch'egli avrebbe l'onore d'accompagnar il suo Sovrano, mi lusingo l'E. V. mi permetterà d'assistere a questo secondo incontro dei due Sovrani.

In attesa degli ordini che piacerà all' E. V. impartirmi a questo proposito, e riservandomi di tenerla informata dei particolari del viaggio imperiale, che possono interessare tanto Sua Maestà quanto il R. Governo, mi onoro...

(l) Cfr. n. 85.

87

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 7 marzo 1875.

Chi ci avrebbe detto dieci anni fa, che S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe sarebbesi dietro desiderio da Lui espresso, recato nell'Aprile del 1875 a far visita a Re Vittorio Emanuele nella Reggia di Venezia, lo avressimo probabilmente tacciato di visionario, al par di chi prende oggi come una profezia la nota fotografia rappresentante Pio IX e Vittorio Emanuele amichevolmente a braccetto. Vi confesso che non mi sarebbe mai venuto in mente si potesse sceglier Venezia in questa circostanza, ne sono spiacente del lato pratico poiché molto difficile sarà il far colà una discreta accoglienza all'Imperatore; ma aa proposta venendo da qui riveste un carattere sì inappuntabilmente cavalleresco che mi sembrava difficile da parte nostra il discuterla. Non dubito Sua Maestà l'avrà accettata ed attendo con impazienza il telegramma in proposito.

Visto la scelta del luogo alcullli miei prefati apprezzamenti subirono necessariamente una sensibile modificazione; quindi è ch'io trovo che Sua Maestà dovrebbe aver attorno a sé per ricevere l'Augusto Suo Ospite tutta la Reale famiglia; è bensì rvero che l'Arciduca Rodolfo non fu presentato a Vienna a Sua Maestà, ma sta però di fatto ch'Egli è ancora minorenne, ·e che quindi non ebbe fin qui ad interrvenire regolarmente alle feste ufficiali. Suppongo l'Imperatore s'arresterà due giorni a Venezia, e non è poi difficile trovar modo d'impiegar quel tempo. Un Ballo a Corte mi sembrerebbe indicato, mi permetterò d'altronde manifestar ancora ulteriormente le mie idee in proposito. Intanto credo necessario ricordare fin d'ora ciò che altra volta ebbi a scrivere a Minghetti, cioè esser indispensabile che la persona incaricata di ricever Sua Maestà Imperiale alla frontiera sia un Luogotenente Generale, poiché il Generale che fu addetto al Re era di tal rango. La persona la più indicata sotto ogni aspetto per tal onorevole incarico, sarebbe a mio avviso S. E. il Generale Menabrea ed ove per qualsivoglia ragione non si credesse questa scelta conveniente, ecco i nomi che successivamente propongo: Generale Cosenz, Generale Revel, General·e Petitti. Lascio da parte PianeH perché mi sembra indicato per altra circostanza. Vi raccomando caldamente questa scelta poiché so positivamente che ove fosse designato come suolsi praticare alla nostra Corte un Aiutante di Campo del Re col grado di Maggior Generale ciò sarebbe tenuto qui come una mancanza di riguardo. Mi manca il tempo per aggiunger altro ma in una successiva lettera vi sottometterò tutte le mie idee intorno al da farsi. Mi rallegro dell'occasione che avrò di rivedervi fra breve poiché suppongo e spero mi autorizzerete a recarmi a Venezia in quella fausta circostanza.

Ricevere.te probabilmente dopo questa mia, una lettera (l) ch'io affidava a persona partita da Vienna jeri l'altro, la quale però passava da Trieste per recarsi a Venezia, evidentemente la prima parte di quel mio foglio non ha più senso oggi.

88

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 7 marzo 1875.

Vi ho spedito stamane col mezzo postale una lettera particolare (2) ed ho testé ultimato un rapporto ufficiale (3) che parvemi bene compilare affinché restas

se traccia negli archivi della genesi di questa controvisita dell'Imperatore. Vengo ora a parlarvi con maggior libertà di quest'affare. Ho ricevuto testè il telegramma col quale mi annunciate la partenza di Sua Maestà per Napoli, pe sono assai spiacente, poichè la lontananza del Re da Roma renderà più difficile il concentrar le disposizioni a prendersi ma non c'è che farvi. Intanto son lieto di sapere che dividete il mio modo di vedere·, e ciò mi fa sperare che Sua Maestà pure sarà del nostro avviso. In quanto all'idea dell'Imperatore di andar a Venezia non vi nasconderò che la trovo inconcepibile, poiché m fin dei conti la sua tenerezza per la cognata non è poi tanta da costringerlo a fargli il sagrifizio dei mille sentimenti che non potranno a meno di cozzarsi nell'animo suo nel metter piede a Venezia! Sotto ogni aspetto avrei amato meglio Napoli, ma quando non si può aver ciò che si vuole bisogna sapersi cpntentare di ciò che si ha. Vi ho già scritto stamane relativamente al personaggio che deve essere adibito alla persona dell'Imperatore, badate che la cosa è importante, poiché qui si tenne come una mancanza di riguardo da parte nostra verso lo Schah di Persia avergli destinato il Lombardini semplice Maggior Generale. Il Generale Menabrea sarebbe a mio avviso la persona più grata. Converrebbe poi ancora aggiungergli due Ufficiali superiori. Ben inteso alle stazioni dove vi ha guarnigione questa oltre una speciale guardia d'onore

dovrà essere alla stazione. Comnerrà il Ministro della Guerra se la pigli in tempo a far imparar alle musiche l'inno Austriaco che devono aver a Venezia. Siccome l'Imperatore si imbarcherà sulla sua squadra a Venezia per recarsi in Dalmazia sarebbe a proposito che la nostra squadra vi si trovasse per rendergli gli onori, così anche le due Marine suggellerebbero la pace, e poi le navi da guerra e le cannonate fan sempre bene in una festa. Facilmente mi persuado che s'incontrerà difficoltà ad alloggiare tanta gente nel Palazzo Reale ma prevedendolo in tempo si potrà per quell'epoca aver in affitto tutto l'attiguo albergo della Luna.

Ma cosa dovrassi far dell'Imperatore a Venezia? Andrassy dissemi che vi resterebbe quel tanto che· piacerà al Re di ritenerlo. Evidentemente non c'è cosa da fargli vedere in fatto di monumenti ch'Egli .conosce al par se non meglio di noi. Parmi si dovrebbe studiare se non vi sarebbe la possibilità concentrando un po' di truppa di fargli passar una rassegna al Campo di Marte od anche al Lido. Altrimenti per una giornata un corso di gala sul Canal Grande il Municipio troverebbe modo di combinarlo e questo viene sempre bene. Per una sera un gran Ba:llo a Corte mi pare indicato. Per una seconda sera un concerto od un Ballo dal Principe Giovanelli che son sicuro si presterebbe andrebbe anche benissimo. Ove ciò non piacesse, il Municipio dovrebbe combinar per una sera un così detto fresco cioè una serenata con illuminazione sul Canal Grande. Conosco abbastanza i Veneziani per esser sicuro non solo del loro contegno ma anche del concorso che porteranno volontariamente al Governo in questa circostanza, sarà però bene di chauffer in tutti i modi, e di vegliare acché nei manifesti delle autorità governative e municipaili non vi siano frasi che lascino alcunché a desiderare in fatto di tatto. Son per'suaso che il Governo farà esercitare una scrupolosa sorveglianza di polizia non solo a Venezia attorno all'Imperatore ma anche sulla strada ch'egli dovrà percor

rere per recarvisi, ad ogni modo sarà bene portar su di ciò la massima attenzione. In altra mia prevedendo il caso che ora si verifica, dicevo non sembrarmi necessaria la presenza del Principe Umberto, stante le attuali circostanze son di diverso parere, e troverei anzi necessario che tutti i membri della ~eal famiglia facessero corona al Re anche perché la presenza di quell'impareggiabile Principessa Margherita toglierebbe ogni roideur alle feste e ricevimenti di Corte e renderebbe più facile l'aver Signore. Tra le bandiere che non mancheranno di onorar le case dovrassi procurar figuri anche quella AustroUngarica. Sul Palazzo Reale poi, oltre la Bandiera Reale dovrassi poi inalberare quella dell'Imperatore (diversa dalla Nazionale Austro-Ungarica). Badiamo per carità anche alle più piccole cose poiché così almeno compenseren~o gli inevitabili piccoli incidenti che non potranno a meno di prodursi stante la reciproca delicata posizione. Sarebbe anche bene non vi fosse sovrabbondanza di componenti la Casa del Re e dei Principi ma ~olo [o stretto necessar~d't invece troverei a proposito si facessero venir a Venezia per invitarli alla tavola Reale e presentarli poscia all'Imperatore, i personaggi più eminenti dello Stato. Dovete trovar che mi permetto molto in fatto di suggerimenti, ma proprio quando trattasi del decoro del Re e del Paese oso tutto!

Desiderando vivamente che questa lettera vi pervenga il più presto possibile faccio già ripartir domani il corriere giuntomi soltanto questa sera, e mi varrò poi di qualche altro mezzo per spedirvi le ulteriori comunicazioni che avrò a farvi. Spero mi farete trovar a Venezia per l'arrivo del Re, ove P!Oi abbisognaste di avermi a Roma un pajo di giorni prima, ordinate ed arriverò tosto. Speriamo la vada bene e così sarà se a tutto ci si pensa in tempo. Prevedo che Sua Maestà manderà al diavolo più di una volta il suggeritore ma piegherò la testa e continuerò a dire ciò che credo utile nell'interesse Suo e del Paese.

(l) -Cfr. n. 84. (2) -Cfr. n. 87. (3) -Cfr. n. 86.
89

VITTORIO EMANUELE II AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT (l)

(Carte Robilant)

T. Napoli, 8 marzo 1875.

Je vous pl'ie d'exprimer directement à S. M. l'Empereur d'Autriche ma vive satisfaction pour la preuve d'amitié qu'elle veut bien me donner en se proposant de me faire prochainement une visite. En remerciant en mon nom l'Empereur, vous ajouterez que j'accepte avec plaisir le choix de Venise comme endroit où notre rencontre pourrait avoir lieu. Quant à l'époque je m'en rapporte entièrement aux convenanoes de Sa Majesté tout en exprimant espoir qu'il puisse lui convenir de venir me voir dès le commencement de son voyage en Dalmatie car il ne peut que m'etre agréable de hater le moment où je pourrai lui serrer la main.

(l) Il telegramma venne trasmesso tramite il Ministero degli Esteri.

90

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 240. Lisbona, 8 marzo 1875 (per. il 19).

In un recente colloquio col Ministro degli Affari Esteri il Signor De Andrade Corvo mi parlò della futura conferenza a Pietroburgo mostrando desiderio di conoscere le intenzioni dell'Italia relativamente ai principi che la Russia vorrebbe far prevalere dopo il tentativo sì poco riescito a Bruxelles circa il Codice Internazionale di Guerra.

Avendo io ricevuto poco dopo i documenti che V. E. si compiacque trasmettermi, segnatamente l'Incartamento n. 57, fui in grado di far noto al Ministro Portoghese la riserva dell'Italia inspirandomi alla risposta al Belgio e contenuta nel Dispaccio Ministeriale al Barone Blanc in data 31 gennaio scorso nonché alle dichiarazioni di V. E. al Parlamento.

Il Signor De Andrade Corvo rispose che la politica portoghese era conforme alle idee italiane e belgiche, che una Commissione Militare e Giuridica presieduta ciascuna dal Conte di Casal Ribeiro e dal Generale Palmeirim (quello stesso che fu Plenipotenziario a Bruxelles) si occupano attivamente di studiare la questione a dare il loro parere al Governo; ma che intanto sarebbevi utilità:

I. -Ad un accordo fra le Potenze che hanno motivi più o meno identici per non adottare il programma Russo senza però andare sì lungi che l'Inghilterra con un perentorio rifiuto.

II. -A ritardare il più lungamente possibile la risposta d'accettazione della conferenza, il che constaterebbe di già il fatto della gravità delle questioni a risolvere.

III. -Che la sua propria idea (personale del Signor Corvo) era quella: l) Di non lasciar restringere il dritto di belligeranti, né la difesa del Paese alle sole truppe regolari. 2) Di considerare tutto il Paese come armato di diritto, se il fatto lo giustifica, per la difesa del Paese.

3) Di non ammettere che una occupazione nemica possa far cessare di dritto l'esercizio della autorità Governativa anche nella parte occupata dal nemico.

Tali erano ,le nozioni che S. E. si compiacque comunicarmi a priori circa la politica Portoghese relativa alla conferenza, nozioni che mi pregio trasmettere a V. E. aggiungendo che con tutta probabilità qualunque sia il risultato previsto più o meno negativo del futuro Congresso, il Portogallo si farà rappresentare a Pietroburgo, animato dal desiderio di essere gradevole alla Russia e di secondare, purché tutti i mezzi di difesa del paese restino intatti, le idee umanitarie dell'Imperatore Alessandro.

91

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 8 marzo 1875.

Ho ricevuto la Vostra lettera particolare del 2 corrente (l) portatami dal corriere giunto ieri sera, non potrei oggi rispondere come il vorrei a quanto mi dite in essa, intanto tengo a dirvi che ne farò il mio pro' e che mi porrò in grado di riferirvi alcunchè di concreto al riguardo allorchè vi vedrò a Venezia od anche prima se possibile. D'altronde avrete ben presto l'occasione di conversare personalmente col Conte Andrassy e potrete così Voi stesso aver campo di addivenir a quello speciale scambio d'idee di cui mi mostrate il desiderio. Intanto però Vi posso dire che un tal qual principio di raffreddamento fr.a Vienna e Berlino comincia a notarsi qui, mentre invece on est au mieux con Pietroburgo. Che il tempo poi si faccia grosso è cosa che tutti constatano. Quel momentaneo allontanamento dalla scena del Principe di Bismarck è considerato qui stante i precedenti come un ritorno di non lontana bufera. Il Ctmte Andrassy dicevami ieri l'altro onde invitarmi ad accelerar l'incontro dei due Sovrani: • Je ne sais pas trop ce q_u'il y a dans l'air mais ce qui est sur c'est que ça ne promet rien de bon •.

In attesa dunque di potervi dar notizie più precise...

92

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1431. Berlino, 9 marzo 1875 (per. il 14).

L'Empereur continue à manifester l'intention d'un voyage en Italie. J'ai eu l'occasion de m'en assurer depuis l'envoi de mon rapport n. 1400 du 17 Janvier échu (2). Le prince Héréditaire et la Princesse Impériale, le Prince et la Princesse Charles encouragent la bonne disposition du Souverain. Les médecins seuls, de crainte d'encourir une trop grande responsabilité, se placent dans le camp de l'Impératrice pour faire une certaine opposition. Heureusement que la santé de l'Empereur se maintient dans un état satisfaisant, et q_ue les objections de ce còté ne devraient pas ètre bien sérieuses. Il y a quatre jours un des hauts dignitaires de la Cour parlait sur ce sujet à Son Auguste Maìtre qui lui laissait entendre q_ue le projet existait toujours lors mème qu'aucune décision n'était encore prise pour l'époque de sa réalisation. Le Tsar arrivera vers le 10 Mai, plus tòt qu'on ne pensait pour suivre son traitement habituel à Ems.

L'Empereur Guillaume tiendrait à faire co!ncider à la mème époque son séjour et sa cure dans cette ville. Traverser plus tard les Alpes, ce serait s'exposer à trouver en Italie les grandes chaleurs nuisibles après que le corps s'est affaibli par l'usage des eaux thermales.

Tout porte à supposer que dans ces conditions, la pensée viendra tout naturellement, et je crois d'après quelques renseignements qu'elle est déjà venue, de fixer l'époque de la visite dans la seconde quinzaine d'avril, mais rien n'est encore arrèté sur ce point. Après l'expérience de l'automne dernier, il faut prévoir de nouvelles hésitations, surtout de la part des médecins. ~ attendant, les répugnances pour Rome persistent. J'en ai indiqué les motifs dans ma correspondance particulière avec V. E. Ces motifs existent a fortiori maintenant que le conflit entre l'Eglise et l'Etat vient de prendre un caractère si prononcé. Sa Majesté après avoir consulté l'histoire, a d'ailleurs ,le préjugé que les visites des Empereurs d'A11emagne leur ont été presque toujours funestes. Dans ces circonstances et dans cette disposition d'esprit, il ne conviendrait pas que des personnes ou des journaux trop zélés chez nous missent trop d'insistance pour écarter un rendez-vous dans une autre ville du Royaume, F,lorence par exemple. C'est le cas de répéter ici que le mieux est parfois l'ennemi du bien. Je fais cette observation parce que des voyageurs allemands revenus d'une excursion dans notre Pays, ont répété ici des propos, puisés non dans les régions de la Cour ou du Ministère, mais à d'autres sources qu'il croyaient, à tort, dignes de foi.

Ou Rome, ou point de visite etc. etc. Ces propos se colportent e't entravent l'action de ceux qui s'intéressent à tirer de la situation telle qu'elle se présente le meilleur parti possible.

Si le voyage a lieu, il n'est guère à présumer que Ll.e Prince de Bismarck qui n'aspire qu'à un repos prolongé, accompagne l'Empereur. L'absence du Chancelier serait des plus regrettables. Je suppose que dans ce cas M. de Biilow ou une autre Notabilité politique figurerait dans la suite de Sa Majesté, afin d'accentuer que ia visite n'est pas seulement affaire de courtoisie.

(l) -Cfr. n. 77. (2) -Cfr. n. 25.
94

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 9 marzo 1875.

Tosto pervenutomi il telegramma di Sua Maestà da Voi trasmessomi ieri (1), mi diedi premura di comunicarlo al Conte Andrassy pr,egando1lo al tempo stesso di attenermi da S. M. l'Imperatore il favore d'un'udienza onde potermi sdebitare dell'onorevole incarico affidatomi.

6 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

N'ebbi testè la risposta di cui Vi unisco copia, ero persuaso che quel telegramma avrebbe prodotto ottima impressione, poichè proprio era concepito in termini che migliori non si sarebbero potuti desiderare. Domani avrò la mia udienza dall'Imperatore e ve ne renderò tosto conto telegraficamente. Parmi che fino ad ora tutto vada a gonfie vele, speriamo continui così e la storia d'Italia conterà ben presto una nuova buona e be:lla pagina di più.

Spero potrò presto sollevarvi da quell'assoluta segretezza che mi fu richiesta, poiché ben comprendo quanto sii necessario prender senza ritardo i provvedimenti indispensabili per render quanto possibile degno e decoroso il ricevimento a farsi a Venezia.

ALLEGATO

ANDRASSY A ROBILANT

L. P. Vienna, 9 marzo 1875.

S. M. mon Auguste Maitre m'a chargé de vous dire qu'il vous attend demain Mercredì à midi. Je n'ai pas besoin de vous dire avec quel plaisir j'ai lu la réponse chevaleresque et courtoise de S. M. le Roi d'Italie.

Tout ce que je désire c'est que tout ce que nous pourrions avoir à traiter entre nous à l'avenir soit résolu si vite et si bien. Dans cette conviction je vous prie...

94. IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT T. Roma, 10 marzo 1875. Déchiffrez vous meme. Reçu vos rapports et lettres particulières. J'approuve entièrement votre

conduite et j'espère vous voir bientòt à Venise. Je tiend~ai compte de vos conseils, et je vous prie de me donner encore toutes les indications qui vous paraitront utiles. Tant que nous sommes tenus au secret le plus strict, nous ne pouvons rien faire. Il serait par conséquent utile qu'une fois la décision prise, nous puissions appeler ici syndic et préfet de Venise. Il me parait en outre convenable que ce soit le Gouvernement autrichien qui donne le premier la n6uvelle au télégraphe et aux journaux.

(l) Cfr. n. 89.

95

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 344. Vienna, 10 marzo 1875 (per. il 14).

Facendo seguito ai miei telegrammi del 9 corrente e di poco fa (1), pregiomi riferire all' E. V. che fui ricevuto stamane in udienza dall'Impera

tore. Sua Maestà mostrassi gratissima per la cortese premura colla quale l'Augusto Nostro Sovrano si era compiaciuto rispondere alla comunicazione che, per mezzo mio, avevagli fatto pervenire; mostrossi anche particolarmente soddisfatto che S. M. il Re fosse entrato così pienamente nelle sue idee, tanto relativamente alla scelta di Venezia quanto in ordine all'epoca in cui la visita si dovrebbe compiere. La Maestà Sua soggiungevami quindi, che conseguentemente avrebbe deciso di partire da Trieste colla ferrovia il giorno 5 Apd:le, abbastanza di buon mattino per giungere a Venezia prima del mezzogiorno e che dopo esservisi arrestato quel giorno ed il successivo 6, ne sarebbe ripartito a bordo della sua squadra il mattino del 7 alla volta di Pola, ben inteso però ove tali suoi progetti fossero di convenienza anche di Sua Maestà. Al che io risposi che i termini del ,telegramma direttomi da Sua Maestà escludevano ogni dubbio a tal proposito.

Durante l'udienza che si protrasse per un quarto d'ora, S. M. l'Imperatore si espresse in modo sommamente cordiale a riguardo dell'Augusto Nostro Re, accentuando la particolare stima ch'egli professa per la grande lealtà del suo carattere. Sua Maestà parlommi anche brevemente delle cose nostre, mostrando compiacersi dell'attitudine savia e moderata del nostro Parlamento ed in generale del buon andamento delle cose in Italia. Sua Maestà portava, come sempre quando mi riceve, il Collare dell'Annunziata, e devo anche dire, che in questa circostanza fu meco affabile e cordiale. Non devo poi omettere che avendo, nel ritirarmi, chiesto a Sua Maestà, se il segreto fino ad ora completamente mantenuto su questo affare doveva continuare, sorridendo risposemi, che da questo momento non aveva più ragione alcuna d'esser,e. Conseguentemente, tosto ritornato a casa, scrissi un biglietto al Conte Andrassy, pregandolo di volermi senza ritardo far avere quanto più possibili precise indicazioni sul seguito dell'Imperatore, ciò essendo nec,essario onde addivenire agli indispensabili preparativi a farsi nel Palazzo Reale di Venezia. Tosto che riceverò una comunicazione al riguardo, non mancherò di portarla a conoscenza dell'E. V. per opportuna norma della Reale Casa.

(l) Non pubblicati.

96

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 345. Vienna, 11 marzo 1875 (per. il 4 aprile) (1).

Col mio rapporto del 13 scorso Febbrajo n. 366 (2), nel segnalarLe l'opuscolo pubblicato da S.A.I. e R. l'Arciduca Giovanni, facevaLe notare che • i sentimenti di simpatia per la Russia e di poca amicizia per la Germania, che l'Arciduca esprime, sono divisi dalla grande maggioranza dell'alta ufficialità austriaca •. L'autore fu biasimato ed anche punito, ma le sue idee si fecero

strada lentamente sì, ma pure sensibilmente. La Prussia s'insospettì, e la Russia trasse profitto dall'incidente per accrescere la sua intimità coll'Austria; politica questa, che ha il suo appoggio principale qui nell'Arciduca Alberto. L'influenza di questo Principe imperiale, che era andata scemando di giorno in giorno, si faceva nuovamente viva colla caduta del Generale Kuhn, intieramente opera sua, ed in oggi credo appormi al vero dicendo ch'essa è, se non preponderante, notevolissima almeno. Intanto sta di fatto che l'Ambasciatore russo è attualmente il beniamino della Corte, mentre quello di Germania viene alquanto negletto. Un tale stato di cose non poté sfuggire alla oculatezza del Generale Schweinitz, ed anzi egli ebbe a tenermene parola, bene inteso affettando di non curarsene affatto. Tutto ciò sino ad ora altro non costituisce in verità se non sintomi di una nuova situazione, sintomi però non senza rilevanza, e che quindi meritano d'essere studiati e presi anche in considerazione.

Sino a che il Conte Andrassy continuerà a reggere la politica estera della monarchia, io ritengo che un vero volta faccia verso la Germania non sia da temersi, ma se il Conte Andrassy venisse a cadere, non solo crederei ciò possibile, ma anzi ho la quasi certezza si ,effettuerebbe. E' però sempre mio avviso che l'Austria andrebbe incontro ad un sicuro sfacelo il giorno in cui spezzasse in modo assoluto i vincoli, che attualmente la legano coll'Impero tedesco. Intanto sta di fatto, che al giorno d'oggi un leggero raffreddamento verso la Germania, a cui si contrappone un più stretto avvicinamento alla Russia, è qui palese a chiunque osservi attentamente ciò che succede, e quindi ho creduto dover mio segnalarlo all' E. V., facendoLe eziandio osservare come sintomo dell'attuale stato di cose, la prossima visita a Venezia dell'Imperatore Francesco Giuseppe. In fatto, sino a poco tempo fa, era evidente che ila Corte di V,ienna si sarebbe astenuta dal restituire la visita alla Corte d'Italia sino a che non fosse costretta a farlo dall'esempio che sarebbe per darle la Corte di Berlino. In oggi si volle su quella assumere l'iniziativa, e di ciò sono talmente persuaso, che è mio convincimento la prossima visita Imperiale al Re nostro riescirà, tenuto conto di questo fatto, meno sgradita di quanto sarebbe stato aspettabile anche dalla gente a noi meno amica, poiché questa più ancora odia la Germania e quindi aborre si tenga dietro all'iniziativa che viene da Berlino.

(l) -Il rapporto fu spedito il 26 marzo per occasione. (2) -Non pubblicato.
97

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 346. Vienna, 12 marzo 1875 (per. il 15).

Sotto la data del 4 scorso Febbraio, salvo errore, il Conte Perponcher, Inviato Imperiale Germanico a Bruxelles, rivolgeva a quel Gabinetto una nota in cui, dopo d'aver accennato alle provocazioni alla resistenza alle leggi dell'Impero, che non passa quasi giorno vengono scagliate dal territorio belga tanto da private società col mezzo d'indirizzi ai Vescovi Prussiani, come dai giornali e principalmente dai Vescovi colle loro Pastorali, invitava quel Governo

a porre rimedio ad uno stato di cose sì poco compatibile colla neutralità guarantitagli dai trattati. La nota del Conte Perponcher conchiudeva col dire: che se le leggi belghe non porgevano il mezzo di reprimere tali eccessi, sarebbe stato conveniente venissero in quella parte compLetate di maniera a provvedere a ciò. Comunicazione orale di tale nota venne data sul finire dello scorso mese a vari Gabinetti e fra gli altri a quello di Vienna.

Se le mie informazioni non vanno errate, il Conte Andrassy interpellato dall'Ambasciatore di Francia intorno alla risposta che intendeva fare a quella comunicazione, disse: aver chiesto, se si attendeva da lui un apprezzamento ovvero se per sua semplice informazione lo si era reso conscio del passo fatto a Bruxelles. La risposta statagli data, suonando precisamente in questo senso, egli si era astenuto da qualsiasi ulteriore passo al riguardo.

Incidentalmente soltanto, io venni a giorno di quest'affare non avendo ricevuto al riguardo comunicazioni di sorta dall'E. V.; stando però il fatto che qui la cosa preoccupa assai per le sue possibili cons-eguenze, sarei a pregarla a ben volermi dire se il R. Governo fosse informato di questa nuova vertenza, ed anche a farmi conoscere, ove il credesse, quali siano i suoi apprezzamenti al riguardo. Con questa opportunità pregherei pure V. E., a volermi far conoscere, cosa ci sia di vero nella voce corsa che una nota di analoga natura sia stata diretta dalla Germania al Gabinetto di Roma, richiamando la sua attenzione sui pericoli che può presentare per la tranquillità interna degli altri Stati l'assoluta ;libertà, sì negli atti che nelle parole, assicurata al Sommo Pontefice dalla vigente Legge sulle Guarentigie. A chi ebbe ad interpellarmi fin qui a tal riguardo risposi nulla di ciò esser pervenuto a mia conoscenza; ritener quindi sia erronea la voce corsa. Sembrerebbemi ciò non di meno utile ch'io fossi meglio informato del vero stato delle cose, onde con maggior prudenza anche potermi regolare nelle mie conversazioni coi miei colleghi, nonché col Conte Andrassy nel caso avesse a tenermi di ciò parola.

98

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 347. Vienna, 12 marzo 1875 (per. il 15).

Ebbi prop1z1a occasione di dare ieri sommaria conoscenza a S. E. il Conte Andrassy del contenuto del dispaccio dell'E. V. n. 153, del l" corrente mese (1), anzi trovandosi egli a casa mia potei tradurgliene i periodi più notevoli. Il nobil Conte mostrassi sensibile ai ringraziamenti del R. Governo per le assicuranze così amichevoli per l'Italia da lui datemi pochi giorni fa, ed anzi volle riconfermarmele, ripetendomi l'espressione del suo desiderio di mantenere seco noi lo scambio d'idee che già aveva prodotto ottimi frutti. Ancora

una volta egli dissemi, le intime relazioni dell'Austria-Ungheria con la Germania e la Russia non poter avere influenza di sorta su quelle sempre del pari cordialissime che devono legare l'Austria-Ungheria all'Italia.

Si compiacque il Conte nel sentire la risposta orale fatta dall'E. V. alla nota Circolare Prussiana sul Conclave, e ciò tanto più che, a quanto egli dicevami, assolutamente identico sì nella forma che nella sostanza fu il riscontro che egli ebbe a fare a quel documento.

Mostrassi poi pienamente concorde coll'E. V. nell'apprezzare il soddisfacente modus vivendi che, a malgrado tutto ciò che il Nunzio Apostolico in Vienna crede dover dire, pure sta felicemente raffermandosi sempre maggiormente in Roma fra Quirinale e Vaticano.

Parlommi anche nuovamente in questa occasione della presenza del Generale Garibaldi in Roma, felicitandomi per Ie conseguenze emerse da tal fatto mercè la comune saviezza, sì poco, questa, in armonia colle speranze che l'annunzio del suo arrivo nella nostra Capitale aveva destato nell'animo dei nostri nemici. Egli soggiungevami ancora che al Nunzio, il quale avevagli detto che Garibaldi si teneva quieto per ora, ma che non sì tosto avrebbe riunito per la sua sedicente impresa umanitaria buon numero di operai, si sarebbe imposto al Governo, egli aveva risposto: • Di ciò non inquietat,ev,i, il Governo Italiano penserà lui, non ne dubitate, a che le vostre previsioni non si verifichino •.

Anche Sua Maestà l'Imperatore nell'udienza che mi fece l'onore di accordarmi accennò lui pure al Generale Garibaldi e sebbene, come di ragione, si sia meno soffermato del suo Primo Ministro su quell'argomento delicato, pure lasciommi capire essere i suoi apprezzamenti al riguardo informati allo stesso ordine di idee.

(l) Cfr. n. 75.

99

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1433. Berlino, 13 marzo 1875 (per. il 18).

Dans la visite hebdomadaire que j'ai faite hier au Secrétaire d'Etat, après

avoir épuisé différents sujets sur lesquels j'avais amené la conversation, il

m'a dit qu'il avait à m'entretenir académiquement d'un autre point sur lequel

il désirait pressentir mes vues personnelles.

J'avais certainement lu tout ce qui se rattachait à la dernière ,encyclique

du 5 février. Il n'aurait pas échappé à mon attention un certain courant d'idées

qui s'était fait jour dans la presse et qui nous touchait de fort près. Qn se

demandait si nous ne pourrions pas rechercher quelques voies et moyens

d'empecher :le Vatican de se livrer à des actes attentatoires à la Souveraineté

d'une Puissance arnie. L'Encyclique en effet se permet de déclarer nulles des

lois de l'Etat qu'elle se plait à considérer comme contraires à la constitution de

l'Eglise, et d'encourager la désobéissance à ces lois. Et cela dans un langage

dont d'anciens Papes n'auraient osé se servir ni envers Joseph Il, ni envers

Louis XIV etc. etc. Il est vrai que Pie IX n'est plus Souverain temporel. Dans les conditions antérieures de la Papauté, le Cabinet de Berlin dans plus d'une circonstance délicate trouvait la voie ouverte pour discuter. aplanir ou vaincre les diffi.cultés. Aujourd'hui le Saint-Siège est inaccessible-; il est en quelque sorte insaisissable, placé comme il est sur le territoire italien et sous la protection du Gouvernement Italien. L'Allemagne ne· peut envoyer aujourd'hui une flotte dans les eaux de Civitavecchia pour demander raison d'attaques dont on se déclare irresponsable. Il en serait tout autrement si le séjour du Pape était, comme autrefois, à Avignon. Nous saurions obtenir satisfaction. Que faire donc dans ces circonstances?

J'ai répondu qu'à mon tour et académiquement, comme M. de Biilow, j'allais lui soumettre quelques considérations en voie particulière et personnelle.

Je me rendais parfaitement compte de J.'impression produite ici par l'Encyclique • quod nunquam ». La loi sur les garanties ne nous offrirait aucun moyen d'obvier aux inconvénients signalés. Les articles 9 et 12, entre autres, reconnaissent au Saint Père pleine et entière liberté pour tous les actes de son Ministère spirituel et pour correspondre sans entraves avec la Catholicité. Il jouit de l'entière indépendance d'un Souverain, et c'est notamment à ce titre qu'un Corps diplomatique continue à etre accrédité auprès du Vatican. Or la loi précitée, votée par nos Chambres, et sanctionnée par la Couronne, ne saurait subir aucune atteinte. Si elle est une sorte d'engagement volontairement assumé aux yeux de l'Europe, elle n'a aucunement le caractère d'un traité international qui puisse etre dénoncé ou révisé au gré des contractants. Je doutais fort que l'opinion publique en Italie, se montrat favorable à une modifìcation de ces lois. A ses yeux, il n'existe pas dans le Pays de question ):'el,igiuse, mais une question exclusivement politique. On n'y discute pas les dogmes; les camps ne se partagent pas en infaHibilistes et en anti-infallibilistes, comme dans les Etats où les confessions mixtes entretiennent et aggravent les confiits. Nous ne nous émouvons pas outre mesure des armes qu'on décharge contre nous à brUle-pourpoint, tandis que les coups dirigés contre l'Allemagne doivent s'affaiblir par l'effet de la distance, et devenir moins sensibles puisque les projectiles éclatent au milieu d'une population au 3/5 protestante.

Je ne pouvais supposer qu'il entrat dans la pensée du Cabinet de Berlin de regretter la suppression du pouvoir temporel. Or ce serait contribuer indirectement à préparer son rétablissement que de nous gener en quoi que ce fut dans le problème que nous nous sommes posé de prouver au monde cathoIique que la Papauté peut survivre librement aux événements de 1870. LP pacification des esprits et des consciences fait d'ailleurs des progrès au delà des Alpes. Nous n'avons donc aucun motif d'ordre intérieur de nous détourner de l'expérience que nous tentons non sans quelque succès.

Supposons néanmoins un instant que nous nous dégagions en quelque sorte, en muselant pour ainsi dire le Chef de la Catholicité, en défaisant aujourd'hui ce que nous avons fait il y a quelques années pour qu'il puisse continuer l'exercice de ses hautes fonctions spirituelles. Nous fournirions par là à nos adversaires des armes bien plus dangereuses que celles dont Hs essaient maintenant de se servir pour compromettre notre oeuvre. Ils en prendraient acte pour chercher à soulever la Catholicité entière; ils nous reprocheraient d'avoir violé nos engagements. Dès que les conditions de l'Europe seraient plus propices, il y aurait perii d'une coalition contre nous. Si la position du Comte Andrassy, cette clef de voute des relations amicales entre Jes Gouvernements d'AutricheHongrie et d'Allemagne, était ébranlée et qu'il arrivàt au pouvoir le parti qui a inspiré naguère la brochure de l'Archiduc Jean Népomucène, le vent ne tarderait pas à souffler de ce còté à la réaction. Les chances de cette réaction seraient favorisées et augmentées par les passions religleuses toujours très-vives dans la Maison de Habsbourg-Lorraine, et dans les anciennes Provinces de la Monarchie. La France trouverait alors un allié qui fera aisément, la religion aidant, bon marché de ses protestations de bon vouloir, pour ne se souvenir, soit vis-à-vis de nous, soit vis-à-vis de l'Allemagne, que des pages d'histoire trop récentes pour etre déjà condamnées à l'oubli. Je ne parle pas d'autres Puissances dissimulant encore avec soin leur jalousie des triomphes de l'Allemagne. Nous avons sans doute des intérets communs, nous sommes solidaires de notre existence. Raison de plus pour ne pas manoeuvrer de façon à trouver un jour réunis contre nous un plus grand nombre d'ennemis. L'Italie serait cernée sur ses frontières des Alpes. L'Allemagne aurait à protéger son propre territoire, et bien loin de part et d'autre de compter sur un appui réciproque, nous serions réduits à une

action isolée.

Quant à procéder soit directement, soit indirectement auprès du Pape par voie de conseils, d'exhortations, nous ne saurions trop comment nous y prendre. Sa Sainteté ne nous reconnaìt pas. Nos avis lui sembleraient suspects, et contraires à ce qP'elle envisage comme un devoir de conscience.

Ainsi nos conditions intérieures, les conditions internationales prescrivent une extreme réserve et nous font pencher pour le maintien du status quo.

M. de Biilow m'a remercié de ces observations et d'avoir, entre autres, appelé son attention sur les articles susmentionnés de la loi des garanties. Il ne niait pas C}Ue mes aperçus sur les conditions internationales eussent quelque valeur. Mais en conclusion il insistait sur la gravité des offenses dirigées contre l'Allemagne par le Saint-Siège abusant du droit d'asile. Archimède disait qu'il pourrait remuer la terre s'il avait un point d'appui. Le Pape « toujours pour parler académiquement , , ajoutait lVI. de Biilow, cherCjue ce point d'appui au Vatican. sur le territoire italien au point de vue géographique. Si expérience il y a dans les tentatives en Italie, ne serait-ce pas un peu et coni.re nos intentions aux dépens de l'Allemagne? Cela a donné matière à réfléchir dans les journaux.

S. E. penserait à tout ce que je lui avais dit. Il laissait comprendre en meme temps que les mesures déjà adoptées ici pour combattre les empiètements de l'Eglise, n'étaient qu'une étape. C'est ce que la Nord Deutsche Allgerneine Zeitung a déjà indiqué (rapport n. 1429) (1).

En terminant cet entretien, j'ai émis l'avis que le mieux serait que les deux Pays, dont les circonstances diffèrent vis-à-vis de la Papauté, suivent chacun la voi jugée la plus conforme à ses propres intérets. Sous le Pontificat de Pie IX, il n'y avait aucun espoir d'un changement dans son attitude. Il serait

peut-etre dès lors indiqué, en usant de la modération et de la conciliation compatibles avec la dignité du Pouvoir civil, de ramener peu à peu le calme dans les esprits, et de préparer ainsi dès-à-présent un terrain plus facile à un successeur moins engagé, que ne l'est Pie IX, dans la voie de la résistance.

De part et d'autre nous avons parlé avec le plus grand calme sur ce sujet assez scabreux. Du moment où M. de Bi.ilow avait pris les devants pour écarter un échange officiel d'idées, que je n'aurais pu ni du admettre, je n'ai vu aucun inconvénient à répondre à son appel, en lui exprimant à mon tour académiquement mes vues personnelles. Y a-t-il une légère menace entl'e les lignes? Si le ton fait la chanson, je ne le crois pas, surtout avec la perspective d'un prochain voyage de l'Empereur en Italie. D'ailleurs il va sans dire que si une menace avait été articulée, je me serais empressé de couper court à la conversation. Je pense plutòt qu'il s'agissait d'un avertissement plus ou moins déguisé sur les dangers de trop tendre la corde au Vatican.

Pour ce qui nous regarde, je persiste à soutenir que nous ne saurions admettre une ingérence officielle étrangère, quelque amicale qu'elle puisse etre, dans nos rapports avec la Papauté, et cela dans notre véritable intérét aussi bie n que dans celui de l'Allemagne.

Il me paraìt également, si mon langage était approuvé par V. E., qu'il serait peut-etre le cas de m'écrire une lettre particulière ostensible d'assentiment, afin de mieux dégager d'un còté toute responsabilité dans les actes du Saint Siège, et de l'autre còté pour enrayer toute velléité contraire au maintien de notre programme.

M. de Biilow m'a dit que M. de Keudell n'avait reçu aucune instruction sur le sujet traité dans ce rapport.

(l) Non pubblicato.

100

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1434. Berlino, 13 marzo 1875 (per. il17).

C'est par le Secrétaire d'Etat que j'ai appris hier la nouvelle, que l'Empeteur François Joseph irait à Venise, pour s'y rencontrer avec Notre Auguste Souverain. A ce propos, M. de Billo w me rappelait que l'Empereur d'Allemagne, désireux aussi de rendre la visite de 1873, s'était réservé d'en déterminer l'époque, quand il aurait traversé l'hiver sans encombres, sans que sa santé donnat des inquiétudes aux médecins. Sa Majesté souffre maintenant d'une affection catharrale, avec de légers accès de fièvre, indisposition qui s'est manifestée peu après l'expédition de mon rapport n. 1431, du 9 Mars (1). Mais cette indisposition ne semble offrir aucun caractère sérieux. Aussitòt après la guérison, le Prince de Bismarck se réserve de prendre les ordres de l'Empereur, pour régler une (1Uestion à laquelle il sttache une grande importance sous tous les

rapports. Le Chancelier avait chargé M. de Biilow de me faire une communication verbale dans ce sens.

Le Secrétaire d'Etat me laissait entendre en meme temps, que si le voyage s'effectue, comme tout porte à le croire, il aura probablement lieu avant la mi-mai, Sa Majesté devant vers cette époque se trouver à Berlin, pour y recevoir l'Empereur Alexandre qui se rendra d'ici à Ems, où Il anticipe sa cure habituelle.

Certains indices me laissent croire que S.A.R. le Prince Charles de Prusse a aussi le projet de faire bientòt une excursion en Italie.

Le 23 Mars est le jour anniversaire de la naissance de l'Empereur Guillaume, mais, comme cette date coi:ncide cette année avec la Semaine Sainte, la féte sera célébrée le 20 courant. J'ai l'honneur d'en donner avis, pour le cas où Notre Auguste Souverain enverrait un télégramme de félicitation.

(l) Cfr. n. 92.

101

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 260. Bruxelles, 16 marzo 1875 (per. il 20).

Ebbi oggi una conversazione col Conte d'Aspremont-Lynden di cui ho l'onore di rendere conto all'E. V.

Relativamente all'incidente germanico-belga di cui feci parola a V. E. nei miei rapporti nn. 256 e 257 serie politica, delli 5 e 10 Marzo corrente (1), cotesto Ministro degli Esteri incominciò col dirmi che la Germania non aveva finora replicato alla risposta belga e che egli nutriva speranza di veder l'incidente terminato.

lVIi chiese poscia che cosa vi fosse di vero nelle voci sparse dalla stampa di insistenze fatte dal Governo Germanico a Roma onde ottenere la modificazione della legge sulle guarentigie accordate dal R. Governo alla Santa Sede.

Risposi non aver notizia veruna a questo riguardo, ma esser io convinto che tali voci non erano conformi al vero; aggiunsi che, da un lato, le nostre relazioni colla Germania erano improntate dalla più grande amicizia e cordialità e dall'altro lato, che il sistema di moderazione adoperato nelle nostre rela;.. zioni col clero aveva già prodotto risultati così eccellenti, da non esservi motivo di cambiarlo.

S. E. parve accogliere con favore questi miei detti e lasciò travedere che, secondo la sua opinione, l'Italia potrebbe giungere ad un buon modus vivendi colla Santa Sede alla assunzione di un nuovo Sommo Pontefice.

Passò poscia il Conte d'Aspremont a parlarmi degli attacchi che gli erano stati diretti dall'Osservatore Romano a causa delle sue dichiarazioni alla Camera dei Rappresentanti relativamente ai rapporti del Belgio coll'Italia. Egli mi disse

disdegnare completamente tali insulti. Io replicai a questo punto del discorso di S. E. che se l'Osse1·vato1·e l'aveva criticato, per contro, nei nostri circoli politici, la sua condotta in tale occasione era stata giustamente apprezzata.

Ho creduto poter esprimere tale mia opinione, e lo feci in modo da non compromettere il R. Governo.

Il Conte d'Aspremont mi dimostrò la sua soddisfazione a questi miei detti, ed aggiunse: • Posso considerarmi come contento giacché il mio bilancio venne votato all'unanimità dalla Camera dei Rappresentanti e non si verificarono che tre astensioni al Senato, mentrecché negli anni precedenti in quest'ultima Assemblea le astensioni erano sette. Ciò che è maggiormente degno di attenzione si è che tre senatori i quali negli anni scorsi si astenevano dal votare, quest'anno invece approvarono il mio bilancio, quantunque tornati da due giorni appena da Roma dove avevano condotte alcune schiere di pellegrini belghi. Quando mi venne offerto di sedere nei Consigli della Corona dissi ai miei colleghi che accettavo solo colla ferma intenzione di adoperarmi onde conservare buone relazioni di amicizia con tutte le potenze estere; mi sono sempre conformato a questo programma e nel caso in cui mi si volesse far deviare dalla via da me prestabilita, mi ritirerei senza dubbio •.

Il Conte d'Aspremont terminò col dirmi con un sorriso ironico: se in Italia si è soddisfatti di me, debbo pensare che al Vaticano non si giudicano maie i miei atti poiché il Santo Padre, a quanto si dice, ha dato ultimamente un gran Cordone al Signor Pycke, benché questi non me ne abbia ancora fatto parola. Questi detti si riferiscono alla voce che corre nel mondo politico di Bruxelles che il Signor Pycke abbia probabilmente ricevuto la distinzione onorifica in questione come consolazione dall'essere stato disapprovato dal Conte d'Aspremont nella discussione del 20 Gennaio scorso e seguenti.

(l) Non pubblicati; cfr. sull"argomento n. 97.

102

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 16 marzo 1875.

Col mio telegramma del 14 (l) v'informai delle disposizioni che il Signor Coello, nominato alle funzioni di Ministro di Spagna presso il Governo del Re, era venuto a manifestarmi in nome del suo Governo e nel suo proprio. Vi trasmetto ora qui unita una lettera ancora più esplicita che ho oggi da lui ricevuta.

ALLEGATO

COELLO A NIGRA

L. P. Pa1·igi, 15 marzo 1875.

Au risque d'abuser de votre bonté, je sens le besoin de vous répéter par écrit ce que j'ai eu le plaisir de vous dire de vive voix.

On m'écrit aujourd'hui de Madrid ce que m'avait déjà dit à Paris mon ami le marquis De Molins, sur les observations faites dans une forme très amiable pour ma personne, mais à propos de ma signification politique comme propriétaire du journal La Epoca.

Je serais désolé d'avoir à changer ma résidence à Rome par celle de Vienne; mais plus encore de passer aux yeux de l'Italie comme peu favorable aux nobles et légitimes aspirations d'une nation si digne de sa grandeur actuelle.

Je sais que M. Rancès retourne à Rome avant de partir pour Londres (1), pour donner toutes les explications désirables; mais je vous serais bien reconnaissant de le faire à mon nom à mon ancien ami M. Minghetti. Il sait mieux que personne tout mon regn~t quand après le départ de Talleyrand et Stakelberg, je me vis obligé par les ordres de mon gouvernement de quitter Turin, et la manière sympathique dont j'ai toujours parlé de l'Italie dans les Chambres espagnoles.

Depuis 1866 que je suis à Paris il m'a été impossible, naturellement, de prendre une part directe dans la direction de La Epoca, et quand je l'ai fait ç'a toujours été pour recommander à ses redacteurs une actitude digne envers

S. M. le Roi Amédée et sympathique à l'Italie, tout en sauvegardant les principes que nous devions défendre en Espagne.

Ce ne serait pas le moment où l'Empereur d'Autriche et le Roi d'Italie vont se serrer la main si cordialement à Venise, de rester en Espagne dans des idées qui ne sont plus de notre temps.

La Epoca par mon ordre, et depuis l'avènement du prince Alphonse a défendu la liberté religieuse dans notre pays et l'unité en Italie contre nos influences réactionnaires. Je tiendrai à Rome le langage que depuis deux années je tiens à Paris.

Vous etes, mon cher ami, autorisé à faire de cette lettre l'usage que vous voudrez. A aucun prix je ne veux pas etre considéré comme un réactionnaire, quand je vie de la vie de l'Europe.

(l) Non pubblicato.

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 59. Roma, 17 marzo 1875, ore 16.

Le Président du Conseil vous recommande d'insister pour que l'on commence les négociations commerciales et pour l'envoi du négociateur français. n vous prie aussi de dire confidentiellement à Rotschild qu'il est en principe favorable à l'idée de négocier le rachat des chemins de fer. J'espère vous voir pendant votre voyage en Italie. Je vous écrirai à Venise à l'adresse que vous m'indiquerez.

(l) Con t. 32 del 13 febbraio Maffei era stato invitato a far presente al Governo spagnolo il desiderio italiano che Rancés rimanesse a Roma.

104

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2477. Parigi, 18 marzo 1875 (per. il 21).

In riferenza al dispaccio di serie politica n. 552 che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi il 22 febbraio scorso (1), mi pregio d'informarla che ho avuto oggi l'occasione d'intrattenermi con S. E. il Duca Decazes sull'eventualità dei pellegrinaggi a Roma in occasione del giubileo, intorno ai quali l'E. V. si compiacque di darmi le occorrenti direzioni. Ho informato questo Ministro che era giunto a notizia del R. Governo che stavano organizzandosi in Francia ed a Roma pellegrinaggi per iniziativa di persone conosciute come membri principali del partito reazionario nei due paesi. Dissi a S. E. che il Governo del Re non intendeva mettere ostacolo ai viaggi di stranieri in Italia ed a Roma e che non si preoccupava dello scopo di tali viaggi, sempreché si evitassero quegli atti esteriori che son contrarii alle leggi della polizia locale o che costituirebbero provocazione al disordine. Non celai al Ministro francese degli Affari Esteri, che se i pellegrinaggi rivestissero il carattere di manifestazioni politiche e potessero quindi avere per effetto di suscitare disordini, o di provocare contatti pericolosi fra i pellegrini e le popolazioni locali il Governo del Re non avrebbe tollerato né per gli stranieri, né per gli Italiani tali manifestazioni, le quali anziché costituire l'espressione d'un vero sentimento religioso non sarebbero in fondo che atti esteriori di ostentazione e di provocazione. Il Governo del Re, dissi, concludendo, al Duca Decazes, intende mantenere ed assicurare il libero accesso dei cattolici alla persona del Pontefice ed ai luoghi consacrati dalla Fede, esso intende mantenere ed assicurare il tranquillo esercizio delle pratiche religiose ai fedeli che convengono in Roma o in altre parti d'Italia. Ma intende altresì impedire i disordini, le provocazioni ed i conflitti, ed evitare gli incidenti che possono turbare le buone relazioni dell'Italia cogli Stati a cui appartengono i pellegrini.

Il Duca Decazes ascoltò, senza muovere obbiezioni, quanto ebbi l'onore di esporgli, e convenne meco dell'opportunità d'evitare spiacevoli incidenti o conflitti, cagionati dai pellegrinaggi. Egli anzi mi disse che il Santo Padre, parlando di questo argomento col Signor De Courcel,les, Ambasciatore di Francia presso Sua Santità, s'era espresso in termini molto temperati e tali da non incoraggiare il movimento dei pellegrinaggi a Roma. Il Duca Decazes aveva ricevuto con soddisfazione la notizia di queste favorevoli e savie intenzioni di Sua Santità, e m'informò che, pigliando argomento del relativo dispaccio che gli era stato diretto dal Signor De Courcelles, aveva scritto a quest'ultimo invitandolo a fare quanto per lui si potesse nello scopo d'ottenere che dal Vaticano fossero impartite istruzioni a chi occorre nel senso di moderare il movimento dei pellegrini esteri a Roma all'occasione del Giubileo.

Ringraziai il Duca Decazes di queste notizie, e gli dissi che le avrei fatte pervenire all'E. V., la quale senza dubbio avrebbe constatato con soddisfazione come il Governo Francese dal lato suo si fosse preoccupato di questo argomento ed avesse agito spontaneamente in un senso conforme ai sentimenti del Governo di Sua Maestà, e per lo stesso lodevole scopo d'evitare sfavorevoli incidenti.

(l) Cfr. n. 71.

105

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1435. Berlino, 19 marzo 1875 (per. il 27).

M. de Bi.ilow, dans la visite que je lui ai faite aujourd'hui, est revenu par quelque allusion assez directe sur le sujet traité dans un entretien dont j'ai rendu compte par ma dépèche n. 1433 (1). Je n'ai pas laissé ignorer que dans l'intervalle j'avais reçu l'avis télégraphique que V. E. approuvait entièrement le langage que j'avais tenu dans ce premier entretien. Je ne pouvais donc que m'y référer.

Je reconnaissais dans une certaine mesure les embarras résultant pour le Cabinet Impérial de l'attitude du Saint Siège. Il me semblait toutefois que dans un pays où la grande majorité appartient au culte protestant, il n'y aurait aucun danger sérieux à se montrer moins sensible aux trait du Vatican qui se croit lésé dans ses droits en matière religieuse. C'est là le parti adopté par le Cabinet de Rome, lors meme que l'unité de foi en Italie rende peut-etre sa tàche plus difficile. Il n'a pas à regretter sa conduite, bien loin de là. Le calme qui règne dans nos populations en est la meilleure preuve. M. de Bi.ilow pensait que nous pourrions peut-etre combiner Ies choses de manière à venir un peu e n aide à l'Allemagne.

J'ai jugé à propos de le détromper nouvellement à cet égard pour autant qu'il s'agirait d'obtenir quelques restrictions à la liberté assurée au Pape en vertu de la loi des garanties. C'est après en avoir mùrement pesé les avantages et les inconvénients qu'elle a été votée par notre Parlement et sanctionnée par la Couronne, à une date antérieure à la nouvelle législation ecclésiastique en Prusse. Le Cabinet de Berlin en connaissait préalablement la partie essentielle. Il me paraìt meme, si j'ai bonne mémoire, qu'à l'époque où nos intentions n'étaient un mystère pour aucune Puissance, le Cabinet de Berlin n'était pas entièrement favorable au courant qui nous avait porté à Rome. Il traqi1ssait du moins quelque hésitaNon qui laissait supposer que la démarche de Monseigneur Ledokowski à Versailles, et le langage tenu par l'Empereur à une députation des Chevaliers de Malte avaient laissé des traces non encore effacées d'opposition à notre politique. Je ne rappelais ces impressions que pour consta

ter qu'un instant le vent menaçait de tourner du còté du Saint Siège, tandis qu'aujourd'hui est tout à fait contraire. S'H s'est manifesté ici un changement de front, ce n'est pas un motif pour nous détourner de la voie que nous avons suivie, et que nous nous sommes engagés à suivre après en avoir prévenu franchement amis et ennemis.

M. de Biilow croyait se souvenir qu'un instant on avait méme mis vaguement sur le tapis l'idée d'offrir au Pape une résidence à Fulda, et dans ce cas

• nous n'eussions certainement pas permis que de là l'Italie fut l'objet des attaques du Saint Père •.

Je ne le mettais pas en doute, mais les événements et notre situation géographique nous placent dans de toutes autres conditions que l'Empire. D'ailleurs le texte très-précis de la loi des garanties ne permettrait pas, quelque fut notre bon vouloir de la modifier à l'avantage d'une Puissance étrangère et mème à notre bénéfice.

Le Secrétaire d'Etat insistait sur les inconvénients pour l'Allemagne de une telle situation. Il prétendait méme que, d'après des données fournies ici au Ministère de la part de ses Légations, il résultait qu'un agent diplomatique italien dans un rapport transmis sur le conflit existant entre le Saint Siège et l'Allemagne, avait soutenu l'idée que l'Italie en retirerait des avantages, qu'elle profiterait de tout ce qu'y perdrait l'Allemagne. Ce diplomate, c'était moi.

J'ai répondu que les correspondants du Cabinet de Berlin avaient été mal renseignés, si tant est qu'ils eussent eu sous les yeux un de mes rapports, en tirant une conclusion contraire aux prémisses. Je n'ai jamais varié dans ma manière de voir. La voici. Bien loin de conseiller une politique qui tiendrait à bénéficier des difficultés de l'Allemagne, j'avais sans cesse préché le meilleur accord entre les deux Gouvernements dans la limite bien entendue d'une dignité réciproque. J'estime que tout bon italien doit avoir ce programme, et l'exécuter loyalement. Après 36 ans de carrière et d'expérience, un diplomate représente un peu ses propres convictions. Aussi durant la dernière guerre j'ai déclaré que tant que M. le Chevalier Visconti serait au pouvoir et tant que je resterais à Berlin, l'Italie ne sortirait pas de la neutralité. C'est avec la méme conviction que j'affirme maintenant que nous ne pouvons ni devons condescendre aux désirs du Cabinet de Berlin de nous voir dévier de la ligne que nous nous sommes tracée, après en avoir pesé les conséquences. Nous servons par là nos propres intérets aussi bien que ceux de l'Allemagne. Nous sommes solidaires dans notre existence. Nous devons éviter de part et d'autre tout ce qui pourrait contribuer à nous affaiblir, et réserver au contraire nos forces pour le jour qui arrivera tòt ou tard de grandes complications européennes. Si nous sommes appelés à nous préter un appui mutue!, il ne faut pas que l'Italie se mette à dos l'opinion de la Catholicité en jouant un ròle odieux auprès de son Chef spirituel. n ne faut pas que l'Allemagne se fie outre mesure aux protestations d'amitié de Vienne et de St. Pétersbourg qui n'ont pas vu l'accroissement de sa puissance sans un vif sentiment de jalousie. Le jour viendra où la France trouvera chez l'un ou l'autre un allié pour la guerre de revanche. Si l'Italie faisait fi de son programme vis-à-vis du Saint Siège, qu'arriverait-il? La France, soidisant républicaine, ou royaliste, ou impérialiste en prendrait note, de méme que l'Autriche

Hongrie dans le cas où le jeu des partis amènerait au pouvoir un Ministère moins libéral. Qui nous garantit que le Cabinet de Berlin lui-meme, quand l'action des temps aura mis une sourdine aux passions politico-religieuses ne soit induit je ne dirai pas à laisser regagner à l'Eglise le terrain perdu, mais à appliquer sa législation actueUe avec un esprit plus conciliant de nature à permettre un modus vivendi entre les éléments aujourd'hui si divisés? L'Italie se trouverait alors en butte à une animadversion presQue générale et exposée à un isolement périlleux. Telle était ma manière de voir, et j'y persistais croyant par là etre dans le vrai. Libre au Cabinet de Berlin de combattre mes arguments s'il les croyait défectueux. Mais ce serait donner à mes dépeches, à mes paroles une singulière interprétation, si on voulait en tirer la conséquence indiquée dans la correspondance de quelques diplomates allemands.

En attendant j'estimais que la polémique qui se poursuivait ici dans la presse était regrettable et irritante à la fois. Ces journaux, inspirés ou non, ne reproduisaient sans doute que des impressions passagères dans les hautes régions ministérielles, et perdaient trop de vue les intérets permanents des deux Pays. Il serait à désirer que cette polémique fUt arretée, de crainte que la question ne s'envenimàt en fournissant à nos feuilles publiques l'occasion de riposter avec trop de vivacité.

M. de Btilow m'a répété cette fois encore, tout en constatant la gravité des difficultés suscitées par le Pape Pie IX, qu'il ne méconnaissait pas la valeur de mes arguments politiques. J'avais par là une preuve que l'échange « académique , d'idées avait un còté utile.

(l) Cfr. n. 99.

106

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1436. Berlino, 20 marzo 1875 (per. il 27 ).

Malgré la mort récente de ma mère, j'ai cru de mon devoir de me rendre au dìner officiel donné aujourd'hui par le Chancelier au Corps diplomatique à l'occasion de la fete de l'Empereur.

Après avoir parlé du projet de voyage de Sa Majesté en Italie pour saluer Notre Auguste Souverain, le Prince de Bismarck m'a demandé en souriant si cette excursion qu'il m'avait dit ne pas sembler devoir dépasser Milan, serait au gré du Pape.

J'ai répondu que son impression pourrait un peu se mesurer d'après celle qu'avait causée la visite du Roi d'Italie à la Cour de Prusse, sauf que les regrets seraient tempérés par la perspective que le voyage dans les circonstances actuelles ne s'étendrait pas jusqu'à Rome.

En ménageant la transition, Son Altesse m'a dit que nous étions avec le

Saint Siège dans de bien meilleurs rapports que l'Allemagne: « aux yeux du

Vatican vous n'etes que des brébis égarées qu'on se flatte de ramener au bercail

tandis que nous sommes considérés commes des hérétiques de la pire espèce "·

Nous sommes en effet catholiques, ai-je répliqué, mais le Pape nous adresse à chaque occasion des remontrances aussi vives et meme plus vives qu'à l'Allemagne. Ainsi dans la pratique on ne saurait distinguer aucune différence dans le traitement fait aux deux Etats.

Et cependant, insistait mon interlocuteur, il existe des courants de rapprochement. Comme M. de Biilow, il citait un mémoire qui m'était attribué et dans lequel je développais le thème que les embarras de l'AHemagne à propos de ses démelés sur le terrain ecclésiastique tourneraient au bénéfice de l'Italie.

J'ai nié catégoriquement de m'etre jamais exprimé de la sorte. J'avais, il est vrai, émis l'avis que dans notre situation tout-à-fait spéciale, nous devions maintenir le status quo tel que nous l'avons réglé par la loi des garanties. Mais il n'était jamais entré dans ma pensée, ni sorti de ma piume que nous aurions lieu de nous réjouir en quelque sorte de la tension toujours croissante des rapports entre le Vatican et le Cabinet de Berlin, comme si nous étions appelés à en retirer le bénéfice. Le correspondant du Gouvernement Impérial avait commis une étrange méprise. Nous désiderions au contraire que l'Allemagne fut à meme d'imiter notre conduite de tolérance et de conciliation, afin de ne distraire, ni d'un còté ni de l'autre, dans .}es luttes intérieures, des forces qu'il vaudrait mieux réserver intactes si nous devions jamais entrer en lice pour défendre nos intérets mutuels contre toute grande Puissance qui chercherait à y porter atteinte a\.~ec ou sans alliés.

Ces idées ont été échangées de part et d'autre du ton le plus amicai.

107

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 20 marzo 1875.

Vi ringrazio pel vostro telegramma di ieri (l) avremo dunque a Venezia il Principe Umberto e la Principessa Margherita, e fors'anche gl'altri tre Principi della Real Casa. Tanto meglio ciò farà ottimo effetto. Temo però che da un momento all'altro l'Imperatore Ferdinando venga a morire, in tal caso la visita sarebbe rimandata a più tardi, e saressimo pregati di eliminar le feste dal nostro programma. Ciò sarebbe un grave guaio poiché cosa potrebbesi far durante due giorni a Venezia senza feste di sorta? Basta speriamo che la solita stella continui a brillar per noi.

Leggo sui nostri giornali che il Principe Umberto andrebbe incontro all'Imperatore sino a Udine! Il Generale Pianell alla frontiera! E Sua Maestà a Mestre! Non attacco soverchia importanza alle chiacchiere dei giornali, ad ogni modo tengo a ripetervi che sono assolutamente d'avviso non s'abbia a far da

parte nostra in fatto d'etichetta formale niente di più di ciò che fu fatto qui per il Re Nostro. L'eccedere in cose di tal natura potrebbe far credere che noi riconosciamo una precedenza di rango all'Imperatore d'Austria sul Re d'Italia. Ciò non può essere essendo stato espressamente dichiarato che i Sovrani delle Grandi Potenze sono tutti di rango uguale siano essi Imperatori o Re.

Conseguentemente son d'avviso, che sia S. M. il Re che i Reali Principi tutti, abbiano ad aspettar S. M. l'Impera·tore, alla stazione di Venezia come l'Imperatore aspettò cogl'Arciduchi il Re nostro alla stazione di Vienna. Non troverei poi anche a proposito il Generale Pianell andasse alla frontiera del suo comando, è conveniente ch'egli sia presentato all'Imperatore a Venezia fortezza compresa nel suo Comando, ma andarlo ad aspettar al confine non avrebbe ragione d'essere. Al confine non ci deve andare se non la speciale missione incaricata di accompagnare l'Imperatore durante il suo soggiorno in Italia. Converrà pensar per tempo agl'indispensabili brindisi, il Re Nostro dovendo questa volta prender l'iniziativa dovrà ripetere quello fattogli dall'Imperatore a Vienna, parrebbemi però sarebbe il caso aggiungesse ancora qualche parola in cui senza nominar Venezia si accennasse • aux Hens de paix et d'amitié qui si heureusement unissent les peuples qu'il a plu à la Divine Providence de nous appeler à gouverner ». Questa sarebbe l'idea, in quanto alla forma ne troverete certamente una migliore.

Avvisatemi poi del giorno ed ora dell'arrivo di Sua Maestà in Venezia. Per conto mio, valendomi dell'autorizzazione che mi avete impartito giungerò fin dal 3 al mattino poiché Panissera mi ha pregato di arrivare due giorni prima almeno onde fornirgli meglio di viva voce e sopra luogo gl'occorrenti schiarimenti.

(l) Non pubblicato.

108

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY (l)

L. P. Roma, 21 marzo 1875.

J e me suis empressé de vous mander reception par télégraphe de votre dépeche confidentielle du 13 Mars No 1433 (2).

Je vous ai en meme temps exprimé mon entière approbation du langage que vous avez tenu en répondant à S. E. M. de Biilow dans la conversation où il Vous a exposé académiquement ses observations au sujet de la loi italienne dite des garanties.

M. de Keudell ne m'ayant fait, jusqu'à présent, aucune communication à cet égard, j'ai lieu d'espérer que vous n'aurez plus l'occasion de revenir sur un pareil sujet de conversation. Cependant je vois à regret que les journaux allemands continuent à se livrer à une polémique, qui ne peut, à mon avis, aboutir

à aucun résultat ava.ntageux (1). Aussi, tout en confìrmant les arguments que vous avez déjà mis en avant, je profite du départ du courrier pour ajouter quelques remarques à celles que Vous avez déjà exposées avec tant d'à propos.

Les circonstances qui nous ont mis à méme d'entrerà Rome et de détruire les derniers restes du pouvoir temporel du Pape sont trop récentes et trop connues pour qu'il soit nécessaire de les rappeler. Nous n'hésitons pas à reconnaìtre que ce sont les victoires de l'Allemagne qui, en enlevant au Pape son dernier soutien, nous ont permis d'achever notre unité nationale. Nous reconnaissons aussi sans la moindre hésitation que le plus grand grief du parti clérical contre l'Empire Allemand repose sur son amitié avec l'Italie et sur son refus de mettre des entraves à la consolidation de notre unité nationale. Personne n'est donc plus convaincu que moi de la solidarité d'intérets qui existe entre l'Allemagne et l'Italie, ni plus désireux de maintenir l'intimité de notre alliance par tous les moyens qui sont compatibles avec notre dignité. Mais pour juger équitablement notre loi des garanties, il faut se rendre compte exactement du développement de notre renaissance politique et de ses origines; ensuite de la situation dans laquelle nous nous trouvions à l'époque à laquelle }e gouvernement du Roi a proposé cette loi.

Le Comte de Cavour, en affirmant le droit de l'Ita1ie sur Rome, déclara que l'Italie aurait résolu la question romaine en montrant aux catholiques de bonne foi que la suppression du pouvoir temporel n'aurait apporté aucune entra,ve à l'indépendance du Pontife. En faisant cesser un fait matériel, étranger à la constitution religieuse du catholicisme, c'est à dire la souveraineté politique du Pontife sur une pavtie du territoire italien, l'Italie trouvait devant elle l'institution religieuse de la Papauté, qui avait avec plusieurs autr,es Etats des rapports de juridiction faisant partie de leur droit public. Dans cet état de choses, l'Italie affirma toujours que la cessation du pouvoir temporel n'aurait pas eu pour conséquence de faire du Pape un sujet du Roi, et de transformer la Papauté dans une institution intérieure de l'Italie. Il ne pouvait etre dans notre intéret, ni dans celui des autres Puissances de faire une politique qui aurait amené à faire violence à la liberté du Pontife, ou à faire de la Papauté l'instrument de l'influence italienne. Dans le premier cas, nous aurions soulevé contre nous l'hostilité de tous les catholiques, dans l'autre, la jalousie de tous les Gouvernements. Ces déclarations du Comte de Cavour ont formé le programme de notre politique. Mais, ensuite, quelle était notre situation politique au moment où la loi des garanties a été proposée?

Au moment de notre entrée à Rome, le 20 Septembre 1870, les journées de Gravelotte et de Sédan avaient mis à néant les forces de la France et les espérances du parti clérical. Cependant la po:litique de l'Allemagne vis-à-vis de la Papauté ne s'était pas accentuée encore de manière à dissiper dans notre esprit toute incertitude pour l'avenir. Le Comte d'Arnim était alors l'Ambassadeur d'Allemagne à Rome; son attitude n'était pas de nature à nous rassurer complètement. L'excellent Comte de Brassier, dont les vives sympathies nous étaient

connues depuis longiemps et dont nous connaissions aussi l'esprit libéral, ne pouvait, lui non plus, tenir un langage qui nous autorisiìt à compter sans trop de présomption sur l'adhésion explicite de l'Allemagne dans la guerre que nous alllons soutenir contre le parti clérical, déchaìne contre nous dans tous les Pays. La prudence la plus élémentaire et les engagements réitérés de notre politique nous imposaient donc de ne pas laisser croire qu'en renversant le pouvoir temporel, nous voulions aussi détruire le pouvolr spirituel du Pape. Il faHait ne pas laisser le moindre doute sur nos intentions de laisser au Pontife toute liberté et aussi toute responsabilité dans l'exercice de ses fonctions; de ne pas le réduire à l'état de chapelain de la Cour d'Italie, ou d'un évéque sujet à la législation et à la juridiction italiennc. Au moment où l'on vendait en France et en Belgique des brins de la paille sur laquelle gémissait dans son cachot le prisonnier du Vatican, nous n'avons dO. evidemment obéir qu'à une seule préoccupation: démentir par un ade solenne!, librement discuté, approuvé par les deux Chambres, et sanctionné par le Roi, les indignes calomnies qu'on répandait contre nous et qui devaient ameuter contre nous les multitudes ignorantes et fanatisées par le clergé.

En agissant ainsi, nous n'avons pas dépassé les bornes de notre droit. On peut discuter si théoriquement notre solution est parfaite: pratiquement elle était la seule possible. Personne n'aurait pu nous conseiller alors de n'avoir pas d'égards pour la conscience universelle, et d'imposer à toute la catholicité une révolution dont il aurait été bien difficile de mesurer les conséquences.

Le Pape n'est donc pas un évéque dont les mandements sont soumis à la loi italienne. Il ne peut pas, comme le serait certainement tout autre évéque italien qui tiendrait son langage vis-à-vis de l'Allemagne, étre appelé devant les tribunaux et soumis à la prison ou à des amendes. Il est Souverain, il use de sa liberté, il en abuse trop souvent contre nous et contre nos amis.

En supposant que nous en eussions l'intention, aurait-il été, serait-il, méme à présent, en notre pouvoir de supprimer le caractère de droit public de la Papauté? Suffirait-il que par une loi nous lui interdisions de recevoir des Ambassadeurs, ou des Ministres, d'envoyer des Nonces auprès des Cours étrangères? Bien après la publication de la loi des garanties, S. E. le Prince de Bismarck maintenait au budget allemand des Affaires Etrangères l'allocation pour l'Ambassade auprès du S. Siège; ce n'est que tout récemment que cette allocation a été supprimée, avec la réserve de la rétablir si les circonstances conseillaient de le faire. Il est évident que le Pape, recevant et envoyant des Ambassadeurs, ne peut pas étre en méme temps sujet de la loi italienne. L'inviolabilité la plus complète est la seule garantie, l'essence méme d'une Souveraineté sans territoire.

Jusqu'à présent les cléricaux étaient les seuls à trouver que cette souveraineté sans territoire était une monstruosité. Les journaux les plus libéraux de l'Allemagne tiìchent de démontrer à présent que cette nouvelle création de droit public, tout en étant monstreuse et chimérique, est un grand danger pour les institutions libérales de l'Europe. L'argument est spécieux sans étre solide.

Et d'abord, est-il exact de dire qu'il ne saurait exister de souveraineté sans territoire? Est-ce que tout Souverain lorsqu'il réside en territoire étranger,

ne conserve pas son titre, ses privilèges de Souverain, son extraterritorialité la plus complète? N'a-t-on pas vu des Souverains chassés de leurs trònes exercer méme dans l'exil la faculté de recevoir et d'envoyer des Ambassades? En serait-il autrement pour :le Pape, si, chassé du Vatican, il cherchait l'hospitalité à l'étranger?

Mais, dit-on. Je Pape est devenu insaisissable. A l'abri du territoire, de la législation italienne, il peut défier l'armée et la flotte de l'Allemagne. Comme un déb1teur, devenu insolvable, il n'a plus de propriété dont ses créanciers puissent se saisir.

J'ai de la peine à croire que S. M. l'Empereur d'Allemagne, suivant l'exemple de Philippe le Beau, ou de Napoléon In se serait jamais décidé à répondre à l'encyclique du 5 février par l'envoi d'une escadre à Civitavecchia, ou d'un corps d'expédition à Rome. A c.uoi cela aurait-il servi? Le préstige du Pape aurait-il été amoindri aux yeux des catholiques allemands par des actes de violence exercés sur sa personne? Aurait-on pu lui extorquer des déclarations que, d'ailleurs, il aurait immédiatement révoquées ensuite? Serait-il admissible, méme en droit public, qu'on fasse retomber sur les populations italiennes qui étaient soumises au Pape, la peine des abus que le Pontife se permet dans l'exercice de son pouvoir spirituel?

Evidemment cette thèse des journaux n'est pas digne d'ètre discutée par des hommes d'Etat. Il n'est pas vrai que le Pape soit devenu plus dangereux parce qu'il a cessé d'avoir des soldats et des territoires. Son pouvoir spirituel ne s'est pas accru de la perte de son pouvoir temporel. Les choses en sont restées, pour ce qui regarde l'autorité religieuse du Pape, dans le méme état où elle étaient avant 1870.

Le pouvoir spirituel du Pape ne réside pas exclusivement au Vatican. Il est saisissable partout où il s'exerce. Ce sont les lois intérieur,es de chac1ue pays qui ont attribué jusqu'à présent aux prétentions canoniques des Pontifes un caractère juridique et .lega!. C'est au Souverain de chaque Etat de régler désormais ses rapports avec ses sujets sans l'intermédiaire du Pape, s'il lui convient de le faire. Car, au fond, le Pape, dépouillé de tout pouvoir temporel, n'a d'autre arme que son influence morale sur les populations. C'est sur ce terrain qu'il faut se battre. Je crois avoir de l'autorité morale de l'Empire Allemand une conception plus haute et plus juste que la Gazette Nationale de Berlin, en pensant qu'elle peut sans peine contrebalancer l'influence du Pape en Allemagne.

Il me reste à répondre à un autre argument des journaux auxquels je fais allusion. De méme qu'on a demandé souvent à la Suisse, à la Belgique, à l'Angleterre de prendre des mesures contre les réfugiés politiques qui conspirent contre leur pays d'origine, on peut, dit-on, demander à l'Italie de prendre la défense de l'Allemagne contre les emportements du Vatican.

Il tombe sous le sens que l'analogie qu'on invoque n'existe pas. Le Gouvernement Italien a trouvé le Pape à Rome: il l'y a laissé. Avant que Rome ne fùt la capitale de l'Italie le Pape exerçait, mème à l'extérieur, UIJie autorité plus grande qu'il n'a à présent. Mais en outre l'Italie est en butte aux mèmes menaces, aux mèmes attaques. On ne peut pas lui demander de mettre au service

de ses amis plus d'armes qu'elle n'en a pour elle-meme. Nous sommes les premiers au feu: les flèches du Vatican se sont émoussées sur nous avant de pénétrer en Allemagne; nous aurions cessé d'exister depuis longtemps si leur pointe était aussi vénimeuse qu'on le dit.

Lorsque l'Autriche, la France, ou le Piémont s'adressaient à la Suisse pour faire cesser les conspirations des réfugiés politiques, quelles étaient les mesures qu'on demandait à la Confédération Helvétique de prendre? C'était, en général, d'éloigner les conspirateurs de leur frontière, de les interner. Or, on ne saurait concevoir un internement plus complet que celui du Pape au Vatican. Il a, il est vrai, la faculté de communiquer ses pensées au monde entier. Mais, en ce temps de liberté de la presse, on ne voit pas comment on pourrait empecher ces communications, quand meme on chercherait à le priver de ce droit. On a demandé aussi à la Suisse et à l'Angleterre d'expulser les réfugiés politiques. En général, ces Puissances s'y sont refusées et ont maintenu, à l'approbation de l'opinion publique, leur droit d'asyle. Pie IX, bien que Pape, est Italien. Aurait-on demandé à l'Angleterre d'expulser un Anglais, ou à la Suisse l'expulsion d'un citoyen de Berne ou de Genève?

Il est, du reste, évident que toute mesure qui tendrait de notre par,t à exercer un contròle sur les actes du Pontife, aurait pour conséquence immédiate son éloignement du territoire italien. On peut discuter s'il serait moins dangereux pour l'Allemagne ailleurs qu'au Vatican. La chose me parait au moins douteuse. Le bannissement d'un vieillard qui, dans un règne de presque trente ans, a eu des rapports personnels et directs avec tous les Souverains du monde, n'aurait, à mon avis, qu'un resultat: celui de mettre tous les Chefs d'Etat dans une position tellement embarrassante vis à vis de leurs sujets catholiques, qu'ils auraient fini par chercher à se tirer d'affaire à tout prix. Aussi avons nous préféré subir nous memes tous les embarras dérivant de la présence du Pape à Rome et nous comptions que les autres Puissances nous sauraient gré au moins de notre patience et de notre modération. C'est à cette attitude que nous devons d'avoir des rapports réguliers avec tout le monde: c'est à elle aussi qu'on doit si le parti clévical ne domine pas dans certains Cabinets. Ces avantages balancent à nos yeux certains inconvénients. Il est pénible pour nous de voir que ces inconvénients se fassent sentir justement chez nos meilleurs amis. Cependant il nous sera permis de (l) demander si ces inconvénients ont une telle gravité pour que nous devions changer d'un coup toute la base de notre politique à l'intérieur et à l'étranger.

L'Allemagne a 14 millions de catholiques sur une population de 40 millions. Nous avons 26 millions de catholiques et pas un seui protestant. Il n'y a pas d'agitation religieuse chez nous; les menées des prètres, la liberté la plus Hlimitée de discussion n'ont pas suffi à la faire naitre. Chaque jour il s'établit à Rome une nouvelle Eglise protestante: cependant la paix publique n'est pas troublée. Devons nous introduire artificiellement ces graines de discorde dans un terrain qui évidemment les repousse? Enfin le Pape chassé de Rome, c'est

la guerre à courte échéance: l'état de nos finances et de notre armée n'est pas tel à nous faire désirer cette événtualité qui, du reste, à en juger par les dépeches publiées lors du procès Arnim, n'est pas non plus dans les vues du Prince de Bismarck.

J e résume cette longue lettre en ce peu de mots.

Le premier titre de la loi des garanties n'accorde, au fond, au Pape que les honneurs, privilèges et immunités qu'il ne serait pas possible de lui enlever sans le consentement forme! de tous les Cabinets de l'Europe. Tout pays, qui accorderait au Pape un asyle, serait forcé de le traiter de la meme manière.

Nous n'avons aucun moyen d'influence sur le Vatican. Tout conseil de notre part serait repoussé, toute violence serait odieuse, tout acte de contròle sur les fonctions religieuses du Pape serait tellement funeste, que nous devrions préférer cent fois de voir le Pape partir de l'Italie que d'assumer une telle responsabilité à l'avenir.

L'aboUtion du pouvoir temporel n'a pas augmenté les dangers Qui peuvent résulter de l'autorité spirituelle du Pape. Mais le préstige personnel de Pie IX n'a pas été amoindri, et, en ce sens, on peut affirmer Que toutes les conséquences de la perte du pouvoir temporel ne se feront sentir qu'après le prochain Conclave. Nous ne pouv.ions par espérer que les Evéques qui ont voté, ou subi, le dogme de l'infailHbilité abandonnent 1e Pape dans une lutte Qui a toujours pour but de ressaisir son pouvoir politique. Il en sera autrement avec un autre Pontife, dont l'autorité ne sera plus la meme, ni sur les Eveques, ni sur les Cours, ni sur les populations catholiques. En tous cas, le premier pas à faire ce serait d'obtenir que les Puissances qui ont maintenu des Ambassadeurs auprès du S. Siège les rappellent, ou tout au moins exercent leur influence dans un sens de modération, et découragent nettement toutes les velléités, et toutes les intrigues qui ont un but de politique temporelle bien plus que religieuse.

J'ai voulu Vous exprimer ·toute ma pensée, presqu'en déshabillé, pour Vous mettre à mème de prévenir des démarches officielles qui seraient facheuses à plus d'un tìtre. Il serait douloureux pour moi de devoir répondre à ces démarches d'une manière évasive, et de devoir repousser, vis-à-vis d'un ami intime, des demandes inconciliables avec notre indépendance et notre dignité. Je ne crois pas me méprendre en affirmant d'avance que l'opinion publique ·en Italie n'admettrait pas que nous puissions changer tout à coup de système, manquer à des engagements solennels, et proposer au Parlement de revenir sur une loi qui nous a permis de rester à Rome sans rompr·e avec tous les Cabinets de l'Europe. Il serait fàcheux qu'à Berlin on donnàt une importance exagérée à des articles du Diritto ou de quelques autres journaux. La loi des garanties ne nous a pas empèché de supprimer les couvents méme à Rome; elle ne nous empèche pas de soustraire les établissements d'instruction à l'influence cléricale, et de faire tout ce que nos finances permettent pour donner du développement à l'education populaire. Mais ce que je crains et je voudrais éviter avant tout c'est d'étre soutenu, dans une discussion de ce genre avec l'Allemagne par les journaux q_ui sont les ennemis de l'Allemagne. J e n'aime pas ces éloges intéressés: timeo danaos et dona ferentes. Il n'est pas bon de créer la confusion dans les esprits. La base de notre politique est toujours l'alliance intime avec l'.A;llemagne. Autant que le comporte notre dignité, nous ne demandons qu'à marcher d'accord avec elle. *Mais, dans tout cas * (l) il y a des QUestions qu'il vaut mieux discuter confidentiellement en bons amis, sans les livrer aux indiscrétions des journaux, qui, bien souvent, compromettent irrévocablement certaines solutions, par le peu de soin Qu'ils mettent à ménager les susceptibilités nationales.

(l) -Minuta di mano di Artom, con aggiunte e correzioni marginali di Visconti Venosta. (2) -Cfr. n. 99.

(l) A questo punto nella minuta vi erano le seguenti parole, poi cancellate: « pour l<!S rapports de l'Italie avec l'Allemagne •.

(l) A questo punto nella minuta si trovava la seguente frase, poi cancellata: « de faire appel à la haute équité de S. A. le prince de Bismarck et de lui , .

109

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1437. Berlino, 21 marzo 1875 (per. il 27).

Le Prince de Bismarck m'a dit hier qu'il avait trouvé l'Empereur dans les meilleures d!spositions pour réaliser le projet d'un voyage en Italie, voyage qui avait toujours été envisagé ici comme un acte de courtoisie et de nécessité politique. Rien ne serait négligé pour maintenir Sa Majesté dans ces dispositions. Il reste à s'entendre sur la question de l'époque à laquelle ce Souverain pourrait le mieux ne pas s'exposer au froid dans la traversée des Alpes, ni aux chaleurs dans l'e Midi. D'un autre còté le Tsar est attendu ici vers la mi-mai, et le Roi de Suède annonce sa visite vers le 27 mai. Pour concilier toute chose il semblait au Chancelier qu'il serait assez indiqué de proposer l'entrevue dans la première quinzaine de Mai. Mais le plus grave obstacle à surmonter, c'était d'obtenir l'assentiment du Docteur Lauer auquel il répugnait de prendre une responsabilité. Si durant l'absence de l'Empereur, il lui survenait quelque maladie, on ne manquerait pas d'accuser le médecin d'un manque de soin et de prévoyance. Afin de combattre au moins l'argument des fatigues qui pourraient résulter d'une excursion trop étendue, il serait désirable qu'elle fut représentée comme devant s'arrèter à Milan, sauf à la poursuivre plus loin si l'Auguste Voyageur se sentait en force. Les Princesses de la Cour de Prusse, à l'exception de l'Impératrice, travaillent à obtenir l'agrément de l'Empereur pour passer elles aussi quelque temps dans notre Pays. Une décision prise dès-àprésent par Sa Majcsté couperait court à ces insiances inopportunes, puisqu'il convient que l'attention se concentre sur la personne du Souverain. C'est là un argument dont le Chancelier comptait se prévaloir en revenant à la charge.

J'ai émis l'espoir qu'à l'exemple de l'Empereur François-Joseph qui allait compenser d'une manière si gracieuse le retard de la restitution de sa visite, l'Empereur d'Allemagne saurait répondre avec autant de grace au vif désir du Roi d'Italie. L'essentiel était que le médecin constatat q_ue l'état de santé de Sa Majesté Impériale n'inspirait au moment de la décision aucun motif d'apprehension sérieuse. S'il fallait attendre dans les choses de ce monde d'avoir toutes les chances pour soi. on risquerait fort de ne jamais rien entreprendre. Ni le

« Si Pllc ::1. auelque~ rif>.;,:ir~ :~ exprimer qu'elle le fasse direct€"ment :!)Rr votre entren1ise

ou celle de M. de Keudell. Car •.

Souverain, ni le Chancelier n'avaient eu certes à se repentir d'avoir fait sa part à la fortune.

En prenant congé du Chancelier, je lui ai tendu la main, en exprimant le désir de le revoir à Milan à céìté de l'Empereur. "Je le souhaite et je l'espère ., m'a-t-il répondu.

(l) Invece delle parole fra asterischi, la minuta 1:veva in una prima redazione:

110

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1439. Berlino, 22 marzo 1875 (per. il 27).

Vous aurez vu par ma dépèche n. 1435 (1), que j'ai eu académiquement une seconde conversation avec M. de Btilow, à propos du confiit ecclésiastique entre Rome et Berlin. Le Prince de Bismarck, (dépèche n. 1436) (2) n'a pas abordé directement le fond de la question, sans quoi je lui eusse fait la mème réponse qu'à son Secrétaire d'Etat.

Reviendra-t-on à la charge? Je ne crois pas de sitéìt. Il y aura probablement une trève, assez indiquée lorsque l'Empereur se dispose, si les médecins lui signent l'exeat, à une contre-visite chez Notre Auguste Souverain. Le Cabinet de Berlin a d'ailleurs déjà pu comprendre par mon langage, approuvé par V. E., que des ouvertures présentées en voie officielle, auraient encore moins de chances d'un accueil favorable par notre Gouvernement. Mais nous savons quel ordre de préoccupations règne ici. La presse allemande, qui a reçu le mot d'ordre, ne doit nous laisser aucun doute à cet égard. Il importe de couper court dès-à-présent à des prétentions, qui plus tard se produiraient immanquablement. Si nous manifestions la moindre hésitation, les exigences n'auront plus de frein. Je compte beaucoup à cet effet sur la lettre que vous m'avez annoncée (3). Vis-à-vis d'un caractère comme celui du Prince de Bismarck, le meilleur des systèmes à suivre, est celui d'une déclaration très nette qu'il est des limites que, de part ed d'autre, on ne saurait franchir, sans manquer à ce respect mutuel, la meillcure base des relations amicales. Soyez convaincu qu'une semblablc attitude aurait de bons résultats. L'Italie ne peut exister, qu'à la condition de sauvegarder, en tout et pour tout, son indépendance. On nous a reproché, à tort ou à raison, d'ètrc avant 1870 inféodés à la politique française. Qu'il ne soit pas dit que nous tombons peu à peu sous le vassalage de l'Allemagne. Vous savez, M. le Ministr,e, qu'ayant été appelé à émettre un avis sur la meilleure voie à suivre après les désastres de la France, j'avais cru devoir voter pour une ligne de conduite amicale envers chacun, et surtout env·ers l'Allemagne, avec laquelle nous avions des intérèts communs. J'avais posé la question préale.ble, si nous étions déjà en mesure de nous défendre, au besoin, avec nos propres et seules forces. Cette question ayant été résolue négativement, il fut convenu que nos préférences seraient pour le Cabinet de Berlin, et que sans rien

conclure pour le moment, je devais agir en sorte de tenir une porte ouverte pour une alliance éventuelle. La visite du Roi en 1873 rentrait dans cet ordre d'idées. Et bien!, si nous voulons rester dans cette voie, il faut savoir dire que les rapports intimes avec le Cabinet de Berlin, quelques précieux qu'ils soient à nos yeux, sont subordonnés à la fidèle exécution des lois sanctionnées par la Couronne et qui ne sauraient etre modifiées au gré de telle ou tella autre Puissance étrangère. Je le répète, cette déclaration ne mettrait pas le feu aux poudres, mais ferait plutòt l'effet d'un calmant sur l'esprit du Prince de Bismarck. Il devrait y voir la preuve que, si nous prenons ces allures vis-à-vis d'un ami, à plus fort raison saurions-nous agir, le cas échéant, avec la meme dignité vis-à-vis d'adversaires communs. Tout au moins ajournerait-il ses prétentions, dans l'espoir qu'un autre Ministère se montrerait plus condescendant. Mais il faut supposer qu'un nouveau Gouvernement aurait le meme patriotisme, de ne pas plier devant des demandes contraires aux devoirs que nous nous sommes imposés à nous-memes. Si nous y contrevenions, les arguments en faveur du pouvoir temporel reprendraient la force qu'ils ont perdue.

La question de Rome est vitale pour l'Italie, tandisque pour l'Allemagne, ses rapports avec la Papauté sont loin d'avoir la meme importance, et le conflit n'aurait pas pris une telle étendue si on avait apporté moins de passion dans le Culturkampf. Le Pape n'est qu'une carte secondaire dans le jeu du Prince de Bismarck, tandisque dans le nòt:re c'est le gros atout. Le jour où il conviendrait au Cabinet de Berlin de modérer ses allures, un modus vivendi ne serait pas difficile à établir avec le Vatican. Un changement de règne, dont l'époque ne saurait etre éloignée, préparera peut-etre le terrain à quelques transactions, dont nous serions les premières victimes, si nous nous isolions en Europe après avoir, par déférence ou par faiblesse, fait bon marché de la sécurité et de la liberté du Saint-Siège, que nous avons placées sous notre sauvegarde.

Quelques journaux ont parlé de démarches projetées par le Chancelier pour une entente, entre tous les Etats contenant un certain nombre de catholiques, en vue de repousser l'ingérence du Saint Siège dans leurs affaires intérieures. M. de Blilow n'y a fait aucune allusion.

(l) -Cfr. n. 105. (2) -Cfr. n. lOG. (3) -Cfr. n. 108.
111

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 350. Vienna, 22 marzo 1875 (per. il 27).

Facendo seguito al mio rapporto del 12 corrente n. 346 (l) della presente serie, pregiomi riferirLe che la voce, sparsa dai giornali, di una nota diretta dal Gabinetto di Berlino al R. Governo intorno all'irresponsabilità assicurata al Santo Padre dalla vigente legge delle guarentigie, continua ad essere qui

oggetto di molti commenti nei circoli diplomatici. Gran parte dei miei colleghi ebbe ad interpellarmi in proposito, ed il Conte Andrassy stesso me ne parlò: dicendomi però che, il fatto essendo stato dall'E. V. dichiarato al Conte Wimpfen privo di qualsiasi fondamento, egli ne aveva negato l'esistenza a quanti diplomatici, fra i quali il Nunzio Apostolico, avevangli chiesto cosa fosse pervenuto su ciò a di lui conoscenza. Privo d'istruzioni sin qui ma fondandomi su quello stesso silenzio serbato meco in proposito dall'E. V., non che sul linguaggio tenuto dai nostri giornali solitamente bene informati, dichiarai a tutti ch'io non aveva avuto notizia di sorta che il Governo Imperiale tedesco avesse fatto, presso quello del Mio Augusto Sovrano, un passo della natura di quello accennato dai giornali; che quindi io riteneva assolutamente infondata la notizia. Mi convinsi però che non v'ha chi non sia persuaso che non c'è fumo senza fuoco, e che quindi se non una nota ufficiale, conversazioni però al riguardo dovettero aver luogo a Roma fra l'E. V. ed il Signor di Keudell. Comunque stiano le cose, certo è che tutti i Governi cominciano a preoccuparsi seriamente della fase acuta, in cui la lotta contro la Chiesa cattolica è entrata a Berlino, e ne temono gravi conseguenze. L'Ambasciatore russo più di tutti forse, se ne mostra preoccupato, ed anzi non dissimula affatto le apprensioni al riguardo del suo Governo. Questa tema farà anche, non dubito, oggetto delle conversazioni che il Conte Andrassy avrà coll'E. V. a Venezia. Il Conte Andrassy disapprova le provocazioni, da qualsiasi parte provengano, ed anzi non dissimulò al Nunzio Pontificio la poca opportunità, a parer suo, dell'ultima allocuzione pronunciata dal Santo Padre, la quale, sono sue parole, • n'est faite que pour verser de l'huile sur le feu •. Avendo io, in una conversazione seco lui avuta oggi, toccato incidentalmente la questione della nota diretta dal Principe di Bismarck al Gabinetto di Bruxelles, a cui il Governo belga rispose confutandogli le fattegli imputazioni e dichiarando non essere in grado di variare la sua legislazione, egli mostrommi non aspettarsi ch'io fossi informato di quel fatto e chiesemi se al mio Governo era anche stata data comunicazione di quella Nota. Avendogli io risposto di ciò ignorare, non mi chiese altro, ma dissemi sperare che quell'incidente non avesse ulteriore seguito, poiché era veramente molto spiacevole.

(l) Cfr. n. 97.

112

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1441. Berlino, 23 marzo 1875 (per. il 27).

Comme vous le verrez par ma lettre particulière ci-jointe (1), j'ai fait naitre l'occasion de parler à M. de Blilow dans le sens de la dépeche de V. E.

n. 347, du 24 Février échu (2).

Le Secrétaire d'Etat s'est montré surpris d'apprendre quelle était l'attitude du Consul Général d'Allemagne en Egypte. S. E. se ferait soumettre la correspondance de cet agent, afin de s'assurer s'il avait fidèlement suivi ses instructlons, qui ne pouvaient etre en désaccord avec le désir de continuer à s'entendre avec l'Italie, notamment en ce qui avait trait à la réforme judiciaire en Egypte. Le Cabinet de Berlin savait que nous avions d'importants intérets engagés en Orient, et ne pouvait qu'applaudir au développement de nos rapports politiques et commerciaux dans ces contrées, où, camme l'Allemagne, nous étions appelés à empécher l'ìnfluence exclusive et prépondérante d'autre Etats.

(l) -Cfr. n. 113. (2) -Cfr. n. 72.
113

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 23 marzo 1875.

Conformément à la maxime que souvent le meilleur moyen de se défendre est celui d'attaquer, j'ai dit aujourd'hui à M. de Biilow que le voyage de l'Empereur arriverait fort à propos pour écarter toutes les miasmes qui depuis un certain temps s'élèvent dans notre atmosphère politique. Depuis la visite de mon auguste Souverain en 1873, maints indices laissaient supposer qu'un certain sentiment de défiance nullement justifié continue à inspirer la conduite du Cabinet de Berlin à notre égard.

M. von Bi.How protestait des bonnes dispositions de ce Gouvernement qui avait un intérèt évident à rechercher notre alliance. S'il y a eu quelques nuages lors de l'affaire La Marmora cet incident était aujourd'hui entièrement oublié.

Je citais le langage des journaux se permettant les critiques les plus disparées. Je mentionnais la calomnie qui s'est produite sur certain promemoria dont on m'attribuait la paternité. Il n'y avait pas jusqu'à un agent Impérial qui se permettait de reprocher au Vice Ro,i d'Egypt,e ses bons procédés vis-à-vis de nous, et de nous représenter camme étant à la remorque de la France. Ce vieux cliché, hors d'usage en Europe, semble avoir émigré en Afrique. Or le Cabinet de Berlin et ses Agents devraient bien se persuader que nous ne sommes et n'entendons nous mettre à la remorque de personne au monde. Si nos deux pays ont des intérets mutuels et permanents, ils ne pourront les faire prévaloir qu'à la condition de s'expliquer franchement, dignement et amicalement. S'il survient quelques unes de ces mésintelligences, quelques uns de ces froissements inévitables meme entre amis, si trop d'électricité s'amoncelle dans l'horizon, qu'on s'empresse d'y porter remède, qu'on se dise en face ce qu'on a sur le coeur, au lieu de se livrer à la guerre sourde et irritante par la voie des journaux.

M. de Biilow a de nouveau protesté des sentiments d'amitié que l'AlLemagne ne cesse de porter à l'Italie.

Je ne lui ai pas cach€ que nos pourparlers récents me donnaient beaucoup à réfléchir. On entrait ici dans une voie dont je ne voyais pas l'issue, à moins, chose absurde, de nous constituer les géoliers du Pape... M. de Biilow croyait que c'était là une question qu'il falLait maintenant laisser murir. Je lui ai dit qu'en attendant, aux différentes interrogations qui m'étaient adressées, je répondais qu'ici on ne m'avait parlé au Ministère des Affaires Etnmgèrd,, d'aucune question de ce genre. Il m'a assuré que de son còté il donnait la meme réponse aux questionnaires. Je l'ai beaucoup approuvé, car je constatais une fois de plus qu'il ne m'aurait pas été permis, sans un ordre formel de mon Gouvernement, d'accepter une discussion officielle sur pareil sujet.

Quant au promemoria ou rapport et à la conclusion dont je serais l'auteur,

M. de Biilow m'a donné l'assurance que M. de Keudell était entièrement hors de cause. Si la correspondance est partie d'une autre capitale que Rome et Berlin, elle proviendrait nécessairement d'indiscrétions commises par quelqu'un de nos Légations en déhors de celle-ci. Le confident aura interprété faussement l'un ou l'autre des documents diplomatiques. Il serait à désirer que le Ministère peut se mettre sur la trace d'un tel abus, et qu'il renouvelàt aux chefs de mission l'instruction Que les documents sont d'une nature secrète et réservée.

Relativement au voyage de l'Empereur soit le Prince Bismarck soit M. de Biilow aujourd'hui encore assurent que Sa Majesté désire beaucoup l'effectuer. Quand on m'a laissé comprendre que Milan serait probablement le lieu des rendez vous, j'ai émis l'espoir que l'excursion pourrait s'étendre jusqu'à Florence.

Je savais que l'Empereur s'il se sentait en forces irait volontiers jusqu'à Naples, qu'il a vu une première fois il y a une cinquantaine d'années. Mais comme le disait le Prince de Bismarck, l'essentiel était de lancer Sa Majesté et de mettre au voyage le but plus rapproché de Milan, surtout afin de surmonter le scrupule du médecin.

J'avoue ne pas etre encore convaincu que Sa Majesté fera Elle-mème la contre visite. Non seulement le Dr. Lauer ne veut pas l'encourager, mais l'entourage princ1ier, et surtout l'élément féminin font opposition vu le grand àge du Souverain qui est entré hier dans sa 79··m• année. Ce serait vraiment dommage si Sa Majesté faiblissait dans ses bonnes dispositions, car la visite qui serait faite en son nom par le Prince et la Princesse héréditaire n'aurait certes pas la mème valeur de courtoisie et de politique. Dans le dernier cas il est évident que le Prince de Bismarck ne figurerait pas dans la suite du Prince Impérial.

En lisant aHentivement les journaux, on serait induit à croire que l'on ressent ici quelque dépit de se voir distancé d'une manière si gracieuse par l'Empereur François Joseph. On ne se soucie aucunement que les simpathies pour l'Autriche en Italie prennent le pas sur celles envers .l'Allemagne. On a commis une faute en retardant outre mesure, et on craint que mème en cherchant à la réparer le beau ròle ne reste à la Cour de Vienne.

J'attends avec impatience la lettre que vous m'av·ez annoncée par le télégraphe (1). J'espère qu'elle sera très nette et qu'elle empèchera la question de muri1· au point de reprendre des pourparlers fort désagreables pour l'inter

locuteur italien meme quand ils restent sur le terrain académique. Je n'avais cessé de dire sur tous les tons que nous ne gagnerions rien à menager les nerfs du Chancelier quand il lui plaisait de nous mettre sur la sellette, de poser des exigences ou de commettre des actes contraires à notre dignité. Nous avons été trop contents dans l'affaire La Marmora; nous avons eu l'air de ne pas sentir ce qu'il y avait d'offensant dans la conduite du Cabinet de Berlin pour la question d'Ambassade. On est allé maintenant de l'avant en cherchant à nous rendre responsables des actes du Saint Siège, en nous posant des interrogations les plus embarrassantes si nous ne voulons pas toucher à la loi de garanties. La presse procède avec moins de ménagements encore; elle va jusqu'à articuler des menaces. Je n'ai d'autre avis à émettre que de couper court à ces prétentions, à cette attitude par une déclaration très nette de fin de non recevoir. Autrement les prétentions grandiront de plus en plus, et nous perdrons notre propre estime en meme temps que l'estime des autres. Oser résister quand on a la justice et la raison de son còté, à cette seule condition on conserve les amis et on en augmente le nombre. Je reste volontiers sur la breche, mais donnez moi de bonnes armes pour garder la place qui appartient à l'Italie.

(l) Cfr. n. 108.

114

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE l 7. Pietroburgo, 24 marzo 1875 (per. l' 1 aprile).

Ho avuto giorni sono una lunga conversazione col Principe Gortchakoff e mi affretto a darne succinto conto all'E. V. valendomi per trasmettere questo rapporto, del Conte Vimercati che riparte domani per Parigi.

Il Principe Cancelliere mi domandò innanzi tutto se era vero che il Gabinetto di Berlino avesse dato incarico al Ministro di Germania a Roma d'intrattenere ufficialmente V. E. sullo stato delle sue relazioni colla Santa Sede e sulla difficile posizione in cui, per effetto della nostra legge sulle guarentigie, i Governi esteri venivano collocati rimpetto al Santo Padre.

Risposi d'ignorare se ciò fosse, ma dovere argomentare di no, dacché avendo ricevuto di recente un sunto di tutte le trattazioni importanti a cui ha partecipato il Governo del Re, nessuna menZJione in esso era fatta di un simile incidente.

Il Principe Gortchakoff mi disse che in taluni rapporti ricevuti da Roma dal Barone Uxkull che egli aveva letti alla sfuggita e mandati alil'Imperatore, pareva che si facesse cenno a qualche cosa di somigliante; ma sarebbe lieto che ciò non fosse, perché, a dir vero, egli non approva la via in cui si è messo il suo amico Bismarck, nella lotta che ha intrapreso contro il Papa; e se fosse da lui richiesto di appoggiare le démarches che egli crederebbe di fare a tal uopo sia a Roma sia altrove, egli a ciò si rifiuterebbe francamente e recisamente.

Mi parlò poscia a lungo dell'Italia per cui egli aveva avuto sempre gran simpatia e mi disse che ammirava e faceva plauso alla moderazione ed al senno di cui aveva dato prova, ma mi confessò francamente che da principio ei non era gran partigiano dell'unità. Egli opinava (e questo fece dire al Conte Cavour),

che l'Italia, tolti sempre di mezzo gli Austriaci beninteso, dovesse essere divisa in due. Convenne però meco di buon grado che ormai H disfare ciò che fu fatto dalla forza degli avvenimenti non solo non era possibile ma nemmeno desiderabile, e che l'unità monarchica dell'Italia sotto l'Augusta Casa di Savoia era una guarentigia di pace e di sicurezza per l'Europa.

Passò in seguito a discorrere dei casi di Spagna e mostrò moltissimo interessamento al giovane Re Don Alfonso. Avendogli chiesto se potevo congratularmi con lui di ciò che dicevasi nel pubblico, cioè che sarebbe stato nominato Grande di Spagna ereditario, mi rispose che avendo egli già da venti anni il Toson d'oro, il Governo Spagnuolo aveva escogitato per lui una nuova distinzione onorifica, di cui sarebbe stato latore il nuovo Ambasciatore Marchese di Bedmar. E poscia soggiunse con una certa ironia • On donnera la Toison d'or à M. de Bismarck, mais qu'est ce qu'il a fait pour Don Alphonse en comparaison de nous? •.

Avendo colto quest'occasione per interrogare il Principe Cancelliere sul significato da attribuirsi alla nomina fatta dalla Spagna di un Ambasciatore nella persona del Marchese di Bedmar, in sostituzione del Signor Muruaga che ha qui compiuto l'ufficio di Ministro per circa otto anni, mi rispose esser questo un titolo affatto personale dato al Marchese di Bedmar, titolo che la Russia avrebbe ammesso di buon grado, a patto però che non le venisse chiesta la reciprocità.

Sarà allora, io gli dissi, una seconda edizione dell'Ambasciata del Duca di Osuna. • Oui, riprese il Principe, mais avec cette différence, que le Due d'Osusuna était ici à ses frais, et qu'au Marquis de Bedmar on donnera trois cent mille francs par an •.

115

IL CONSOLE A SALONICCO, TRABAUDI FOSCARINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 4. Salonicco, 24 marzo 1875 (per. il 2 aprile).

Sebbene, a quanto mi fu riferito, l'Ambasciatore Austro-Ungarico di Costantinopoli avesse fatto conoscere a Questo Consolato Generale Austro-Ungarico che si sarebbe adoperato per persuadere il Governo della Sublime Porta, che il miglior modo di uscire dagli imbarazzi cui dà luogo il movimento cattolico nei vicini vHlaggi bulgari sia quello di lasciar corso alle aspirazioni di quelle popolazioni, tuttavia non può dirsi che finora l'effetto abbia punto corr.isposto. Difatti un Emirnamé giunto da Costantinopoli a questa Autorità locale ha portato l'ordine di chiudere le Chiese di Kilkitsch, che erano state per voto del popolo occupate ed officiate dai preti Bulgari Uniti (ossia recentemente passati al Cattolicismo) e poscia farne restituzione al Patriarcato Greco, ad uso della piccola minoranza di quel villaggio ch'era rimasta attaccata al Culto Bulgaro-Greco. Questa minoranza che mi si assicurava essere all'incirca di 15 famiglie sopra 1500, ora mi viene indicata stare invece nella proporzione di 5 % colla popolazione che passò alla Chiesa Cattolica.

Monsignor Papoff è sempre qui in Salonicco; le istruzioni da lui lasciate ai preti di quel villaggio erano che in caso di ordini o disposizioni avverse dell'autorità locale temporeggiassero per quanto possibile, ed intanto riferissero. Così avvenne quando l'Emirnamé suddetto (di cui i preti già avevano ricevuto preventivo avviso) giunse in quei villaggi, essi si rifiutarono di consegnare le chiavi delle Chiese. L'Autorità fece arrestare tanto i preti, quanto i tre Capi del villaggio, presso i quali si supponevano essere depositate le chiavi. Queste però non si rinvennero essendo già passate in altre mani. I preti rinchiusi in carcere dichiararono che l'Autorità, se voleva, penetrasse di forza nelle Chiese ma che essi non avrebbero mai aderito a che le chiavi fossero consegnate. Dopo alcuni giorni i Capi del villaggio ed i preti furono scarcerati senza però alcun risultato. Ed or son tre settimane che in quelle Chiese non vien più detta la messa né fatta funzione di alcun rito. La popolazione, cosa piuttosto sorprendente, trattandosi di bulgari, i quali, per giunta, non sono punto mossi dall'impulso della convinzione, è ben persistente a non cedere dalla sua professione di fede, non ostante che le prime misure dell'Autorità fossero di natura a scoraggiarli. Essi però rimangono tranquilli; intanto hanno spedito a Salonicco un lunghissimo Masbatà contenente le firme di ottocento capi di famiglia i quali chiedono che le chiese siano conservate al nuovo culto, e protestano contro ogni ingerenza del Patriarcato sopra di esse. Questo documento fu inviato a Costantinopoli da Padre Bonetti, perché venga presentato al Sadragam.

Sembra che Monsignor Papoff non corrisponda alle esigenze della situazione, e sia per questa ragione o per qualsiasi altra il fatto è che Padre Bonetti ne provocò il richiamo a Costantinopoli. Venne difatti una lettera dell'Arcivescovo Grasselli diretta ad esso Monsignor Papoff « Evéque Administrateur Bulgare Uni » in cui è detto che sarebbe ormai tempo che si ponesse a profitto l'istruzione acquistata ed il zelo di Monsignor Nylos, onde concorra coi suoi sforzi al bene della Chiesa Bulgara Unita; e che occorrendo a tal effetto ch'esso venga riconosciuto dal Governo Ottomano s'invita esso Monsignor Papoff a venire a Costantinopoli onde adoperarsi a tal effetto. La lettera è del 16 corrente, e mi fu fatta leggere dallo stesso Padre Bonetti. Questi mi disse poi che con perseveranza si otterrebbe facilmente (più o meno) che il movimento cattolico prenda una grande estensione nelle tre vicine diocesi bulgare, ma che Monsignor Papoff è occupato specialmente della propria vanità, e di grandi pretese personali; che avendo egli preso parte al Concilio s'invogliò di imitare la larghezza del vivere dei prelati francesi, e che avendo un onorario di lire 500 al mese, dalla Propaganda ne spende circa 1.500, e va indebitandosi. Per essere esatti devo dire che sebbene il Signor Papoff non sembri l'uomo destro che occorrerebbe per l'impresa, pure in fatto di lusso, qui a Salonicco, non si può dire che ecceda, poiché egli vive in modo affatto semplice e modestissimo. Del resto negli affari stessi della sua missione egli sta in realtà alle disposizioni del Superiore dei Lazzaristi.

Comunque sia, egli si rifiuta per ora ad andarsene, ma è a credersi che

finirà per arrendersi. Se questa sua sollecita ritirata non indica un insuccesso

della impresa, avrà forse per scopo di lasciar intieramente libero il campo a

Padre Bonetti, ed alle viste, anche personali, ch'egli abbia forse di mira.

Le difficoltà che s'incontrano pel momento sono attribuite all'influenza della Russia, che profitta alacremente della debolezza e della venalità delle Autorità Ottomane.

Come prova di questo e della efficacia dei mezzi ch'essa adopera qui accennerò ch'essa si è ormai resa padrona di fatto di tutto il litorale che da Cavalla viene fino a brevissima distanza da Salonicco. Questo litorale era tutto occupato da greci, mentre un poco più verso l'interno sottentra l'elemento bulgaro. Ora con denari russi si comprarono a poco a poco tutte ~e proprietà di questi greci, che vengono così allontanati dal paese, ,e quelle località si fanno occupare da bulgari fedeli. Il Monte Athos è per così dire il centro di queste manovre; ivi la Russia ha già in proprio sei monasteri che munisce di forti mura a guisa di bastioni. Possedendo essa tutto questo litorale che comprende buoni porti e golfi sicuri, in ispecie quello di Serres, o Contessa, e quello di Cassandra, essa si rende padrona Quandochessia del golfo di Salonicco, che può così da un dato momento dominare, potendo d'altronde servire comodamente i suoi Monasteri di Monte Santo a ricetto di armi e munizioni.

Gli ultimi acquisti da essa fatti in questi giorni sono ampi e numerosi magazzeni sulla spiaggia del Golfo di Serres, già proprietà della famiglia Abbott; e presso a Poligyro sulla strada che da Salonicco va a Montesanto. E ciò che vieppiù mostra la inettezza e la venalità delle Autorità si è che queste compre si fanno fare con intermedjari turchi!

Padre Bonetti cui sta molto a cuore l'impresa della conversione dei Bulgari alla Chiesa Cattolica, mi disse che visti anche gli attacchi vivissimi e ripetuti dei quali i Lazzaristi di qui sono l'oggetto per parte di qualche giornale bulgaro di Costantinopoli (uno di essi stampò recentemente una lunga diatriba fra un Lazzarista di Salonicco, ed un despota, vescovo, bulgaro), egli crede che sarebbe opportuno che la stampa in Italia si occupi di quella questione. La stessa cosa mi disse altra persona di qui, che scrive frequenti corrispondenze al Giornale delle Colonie, l'Avvocato Grassi, il quale intende scrivere qualche altro articolo sull'argomento.

Inclinerei però a credere che il vero movente, che si tace, di questi articoli, sarà piuttosto di mettere in apprensione ed eccitare all'azione il Consolato Austriaco di qui, destando maggiormente l'interesse in proposito del nuovo Console Generale testé giunto, Signor Chiari, già a Janina.

Posso sbagliarmi, ma diversi indizii mi fanno credere cosi.

116

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 24 marzo 1875.

I giornali riferiscono non so con qual fondamento che S. E. il Generale MenabDea andrebbe all'incontro deU'Imperatore sino a Gorizia. Nel caso la notizia fosse esatta, mi permetterei di osservare che non mi sembrerebbe né regolare

7 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

né opportuna. A Gorizia Sua Maestà Imperiale sarà ancora salutato dalle sue autorità e dalle Imperiali Truppe ed in mezzo a Quelle ed a queste l'Inviato del Re non solo non ha che vedere, ma la sua presenza potrebbe anche dar luogo ad inconvenienti che conviene evitare. Se Cormons fosse di fatto stazione internazionale come lo è di diritto si potrebbe andar fin là, ma a me sembra non ci convenga di affermare con un simil fatto uno stato di cose che abbiamo ogni convenienza a veder mutato. Quindi è che a mio avviso S. E. il Generale Menabrea dovrebbe aspettare a S. Giovanni di Manzano ultima nostra stazione il Treno Imperiale. Ben inteso che il Treno Reale di cui l'Imperatore si servirà dovrà essersi spinto a Gorizia, così essendo rimasto intero qui ond'evitar cambiamenti di vetture durante il tragitto. Il vecchio ex-Imperatore continuerà a vegetare qualche tempo ancora, quindi nessun'incaglio minaccia la progettata visita. Ho visto con piacere che furono sequestrati due numeri del Tempo di Venezia che parlavano in modo poco cortese del prossimo convegno. Tutto ciò che si stampa in Italia a questo riguardo arriva qui ed è letto con attenzione. Ricordiamoci che il solo giornale di Vienna, che si permise di dir insolenze al Re Nostro allorché venne in Austria fu sequestrato e condannato, sarà dunque bene non ci si vada di mano morta e si sequestri da noi tutto ciò che può far dissonanza colla comune esultanza. I Giornali giudicheranno poi, ma intanto avremo fatto il dover nostro. Sino ad ora tutto continua a proceder ottimamente, speriamo sii così sino al fine.

A rivederci fra pochi giorni...

117

APPUNTO

(AVV)

25 marzo 1875.

I cinque Cardinali riservati in petto dal S. Padre nel Concistoro del 15 marzo 1875 sono i seguenti:

l. Mr. Simeoni Nunzio Apostolico presso il Governo di Madrid.

2. -Mr. Antici Mattei Uditore Generale della Reverenda Camera Apostolica. 3. -Mr. Nina Assessore del S. Ufficio. 4. -M. Pacca Maggiordomo di Sua Santità. 5. -Un Gesuita tedesco il P. Bollig che non ha al,tro titolo che quello di esser versato nelle lingue straniere.

I detti nomi furono scritti in un foglio di carta firmato dal S. Padre e da cinque Cardinali come testimoni, quindi fu chiuso in una busta, sigillata sulla quale si scrisse il relativo rogito e firmato anche il medesimo dal S. Padre e da cinque Cardinali, fu consegnata al Segretario del Concistoro imponendo a tutti il segreto con giuramento.

Nel Concistoro del 15 quando fu consegnato il detto atto colle medesime formalità fu consegnata altra busta da aprirsi appena morto il S. Padre quale contiene un Chirografo firmato dal S. Padre e dai stessi cinque Cardinali quale dichiara:

Che ove il Conclave avesse per circostanze a ritardare di adunarsi per dispersione di Cardinali o per altro qualunque motivo, ovvero adunatosi avesse a ritardarvi la elezione del nuovo Papa fin da ora il S. Padre dà ogni facoltà pei bisogni della Chiesa oltre quelle che ha il Conclave istesso quando si è canonicamente adunato al Cardinale Patrizi, Decano del S. Collegio ed in caso d'impedimento del medesimo o morte nomina colla stessa facoltà e condizioni il Card. Panebianco Penitenziere Maggiore, ed in mancanza od impedimento di questi il Card. Manning. Il S. Padre dopo il Concistoro del 15 sigillò il suo testamento che aveva scritto di tutto suo pugno e firmato e colle dovute formalità lo ha consegnato al Segretario della Congregazione Concistoriale, il detto testamento riguarda l'avere particolare del Papa, dichiara erede il suo Nepote Conte Luigi Mastai e fa molte lascite a Pie destinazioni ed altre ne stabilisce in modo il tutto da essere la disposizione compatibile colle leggi in vigore, all'occasione della consegna del testamento ha consegnati due altri Chirografi chiusi e sigillati colle formalità accennate di sopra.

Il primo contiene tutto ciò, che il Conclave, ed il futuro Papa deve sapere per le somme che ha rinvestite per l'appannaggio del S. Padre, per la trasmissione del Capitale rinvestito non che pel fondo che lascia per il futuro Cbnclave ammontante a circa dieci milioni di Franchi.

Il secondo contiene le disposiziollli pel futuro conclave.

Dichiara che il diritto dell'elezione del Papa è nel Sacro Collegio canonicamente adunato che per la votazione deve osservarsi la costituzione di Papa Gregorio XV, dichiara che il Conclave si adunerà nel luogo della morte del Papa od in altro, se i Cardinali elettori lo riputeranno opportuno.

Dichiara che in vista dei tempi se i Cardinali Elettori lo crederanno, potranno decampare dalle solite formalità e specialmente dai Novendiali potendo eleggere il Papa non solo nel tempo dei medesimi, ma anche presente il cadavere e qua richiama Te altre bolle emesse dallo stesso Papa attuale e da altri su questo rapporto.

Dichiara che ove imperiose circostanze lo richiedessero adunatisi il maggior numero dei Cardinali potranno questi nominare il Papa, e nominarlo senza il concorso degli assenti ove il ritardo dell'arrivo di essi o qualunque impedimento che si frapponesse a detto arrivo fosse pregiudizievole agli interessi della Chiesa universale.

118

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti)

L. P. Pietroburgo, 25 marzo 1875.

Sapendo bene che c il perder tempo a chi più sa più spiace • e trattandosi di lei bisognerebbe anche aggiungere c a chi più fa • entro subito in argomento e senza tanti preamboli le dico la cagione che mi muove a scriverle.

Non vi ha dubbio alcuno che le visite che il Re e i Principi hanno ~ambiate da qualche anno a questa parte con le Corti di Germania e di Austria, mettendo interamente da parte la Corte Imperiale di Russia, hanno di molto contribuito a gettare un po' di freddo sulle nostre relazioni con questo paese. Ricorderà che quando il Re fu a Berlino lo Czar si astenne dal mandarlo a complimentare in suo nome da qualche suo aiutante di campo o personaggio di Corte, ciò che suol praticarsi sempre in simili occasioni; e ricorderà pure la studiata assenza dell'Ambasciatore Russo, che non era in congedo come gli altri colleghi, ma trovavasi a villeggiare a poche ore da Berlino. Né vale il dire che se il Re non prolungò allora il suo viaggio fino a Pietroburgo si fu solo perché l'Imperatore era in Crimea, perché qui si fa osservare che se il Re avesse tenuto a fare un atto di cortesia anche al Sovrano di Russia avrebbe potu1to scegliere un altro momento per la sua visita a Vienna e a Berlino, tanto più che si sa che lo Czar passa in Crimea solo due mesi dell'anno. Queste cose io le sapeva prima di venir qui, ma le mezze parole, le allusioni indirette che ho udite mi hanno sempre più confermato nella credenza che qui se Corte e Governo, che son poi una cosa sola, non nutrono un vero risentimento contro di noi, perché dall'Imperatore in giù si mostrano tutti amabilissimi e correttissimi a mio riguardo, un senso però di offeso amor proprio, ci è in essi di certo. Né è a farne le meraviglie se si pensa che posciaché Pietroburgo è stato messo dalla ferrovia in contatto col resto di Europa, le visite principesche son qui divenute frequenti; l'Imperator di Germania quello d'Austria son qui venuti, senza parlare di altri principi minorum gentium che arrivavano spesso e in caterva. Per la fine del prossimo mese di giugno è annunziata la visita del Re di SV'ezia, che a differenza del suo predecessore, che era tutto inchinevole alla politica occidentale, par che intenda stringere più cordiali relazioni con la Corte di Pietroburgo e con quella di Berlino, dove pure andrà di poi.

Ora io capisco perfettamente che il pensare a far muovere il Re per un secondo gran viaggio fino a Pietroburgo sarebbe un vero sogno. Ma io credo che un viaggio qui dei Principi di Piemonte sarebbe considerato quasi come un equivalente e farebbe il miglior effetto. Non dovrebbe però tardar molto, perché perderebbe gran parte del suo pregio. La Principessa Margherita potrebbe mostrare il desiderio di fare una visita e fare la conoscenza personale della Granduchessa Cesarewna ossia della moglie del Granduca Ereditario, la quale mi domandò con molta premura, quando ebbi l'onore di esserle presentato, notizie di Sua Altezza Reale. La Granduchessa Cesarewna è qui, a differenza dell'Imperatrice Madre, assai popolare ed avrà quindi grandissima influenza. Io penso dunque che sia cosa sommamente utile che la Principessa Margherita, che ha il dono di conquider tutti coloro che hanno la fortuna di avvicinarla, annodi delle buone relazioni con la Granduchessa erede di Russia. Il tempo più propizio per venir qui sarebbe la fine del mese di giugno, quando cioè l'Imperatore avrà fatto ritorno da Ems e non è ancora partito pel campo.

Queste cose tutte che non hanno stretta attinenza con la politica ordinaria soffra mio ottimo ed eccellentissimo amico che io le scriva a Lei che è il Gran Maestro di Cappella e che deve col suo arco magico fare andare innanzi tutta la baracca e deve per conseguenza provvedere tanto alle magagne interne che alle esterne. E la Dio mercè par che vada benino e me ne congratulo con lei sinceramente. Io seguo da qui attentamente tutte le sue mosse e non è senza un certo rossore, ne convengo, che io lessi il suo ultimo discorso fatto a proposito della elevazione della tassa di Registro, nel quale poté dire con legittimo orgoglio che l'Italia non ha mancato né mancherà mai ai suoi impegni. P.e~metta però che io tenti di scagiornarmi della idea alq114anto arrischiata che un giorno io misi innanzi, dappoiché allora, ignaro qual'era delle risorse economiche del nostro paese, io partiva dal punto di vista che un fallimento fosse inevitabile. Ora però che ho veduto io stesso e toccato con mano il progresso notabile che ha fatto la ricchezza pubblica appo noi e nelle province meno privilegiate quali sono gli Abruzzi, mi ritratto volentieri e con piacere e fo plauso di cuore a quanto Ella dice. Io anzi or vado più lungi e non trovo né comprensibile né giustificabile la renitenza della Camera a votar nuove imposte.

Io credo fermamente e sinceramente che la proprietà fondiaria (parlo di luoghi che conosco) potrebbe sopportarne delle maggiori.

Scusi le troppe ciarle, mi rammenti alla gentile sua consorte che non so perché non voglia onorarmi di una sua parolina da quando sono a Pietroburgo, mentre le ho scritte già tre lettere...

119

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 27 marzo 1875 (per. il 4 aprile).

Volgono ora circa 18 mesi dal mio ritorno in questa residenza, e per le informazioni raccolte al mio arrivo, e per qualche significante indizio da m~ rilevato potei immediatamente accorgermi che la situazione era molto variata da quando io ero partito in congedo. Mi avvidi che il Khasnadar aveva perduto il favore del Bey e che quella guerra latente che da parecchi anni gli si faceva per parte del suo genero Khereddin e dell'ispettore francese Villet era sul punto di manifestarsi con atti da provocare una catastrofe. Tentai di unire al morale convincimento che io aveva d'una imminente crisi, la certezza materiale pegli avvenimenti che si preparavano, e s:enza dare nulla a divedere di quale natura fossero i pensieri che mi preoccupavano, mi recai a visitare il Khasm'dar sollecitando da lui colla massima circospezione una confidenza sul vero stato delle cose; ma ben !ungi dal favorire la riuscita del mio divisamento, egli si mantenne tranquillo e sereno nella lunga conversazione ch'ebbi seco lui, e per quanto io mi studiassi d'indovinarlo, rimase assolutamente impenetrabile.

Non ho mai attribuito questa sua reticenza a mancanza di fiducia, poiché più che il passato, il futuro mi provò in quanta considerazione egli mi avesse, e tuttavia m'abbia, se non che l'esperienza da me acquisita del carattere dell'uomo mi fece sempre ritenere che, a malgrado della falsa posizione in cui trovavasi, fidava sempre nella sua stella, ed ispiravasi, come ogni buon musulmano, al sentimento del fatalismo lasciando correre gli eventi per la loro china.

La vigiLia del Ramadan 1290 arrivò, e con essa il decreto di S. A. il Bey che chiamava il generale Khereddin al posto già da 36 anni occupato dal Khasnadar, al quale .n giorno stesso s'imponeva di dare la propria dimissione.

Un grave errore politico fu a parer mio commesso in quel momento da Sidi Mustafa, errore ch'egli stesso nel tratto successivo riconobbe, ma nel tempo medesimo scusabile, poiché l'atto che lo costituiva era piuttosto che da Leggerezza, inspirato da un sentimento di cieca fiducia. Le dimissioni che dal Bey si domandarono al Khasnadar anziché portarle egli stesso al suo padrone, od inviargliele accompagnate da una lettera che esprimesse il proprio rammarico di abbandonare il servizio di una dinastia per la quale aveva speso tutta la vita, e contenente tutte quelle espressioni di umUe devozione che sole valgono a dominare l'animo dei Sovrani orientali, furono dal Khasnadar mandate al Bey per mezzo del Console inglese. L'intervento di un rappresentante straniero in una questione di tale natura esacerbò maggiormente l'animo del Bey contro il suo vecchio servitore, ed i di lui nemici profittarono delle irritate suscettibilità del Principe per sempre più indisporlo a suo riguardo. Fu questo un massimo errore per parte di un profondo conoscitore degli uomini in mezzo ai quali viveva, com'era il Khasnadar, ma d'altronde scusabilissimo in quanto egli lo commetteva dietro il consiglio del medesimo Console inglese, e fidando sopra un'amicizia di 16 anni, tenendo pure per buona e valevole la protezione inglese che con sua dichiarazione scritta il Signor Richard Wood in nome del suo

Governo gli accordava, non supponeva giammai che dopo brevi giorni lo avreb

be lasciato in balia de' suoi nemici, e con essi si sarebbe intimamente legato.

Né le cause che provocarono la caduta del vecchio Ministro, né i mezzi

che per riuscire allo scopo si adoperarono, né le conseguenze che ad un tale

avvenimento dovevano far seguito sfuggirono alle mie indagini, e per quanto io

abbia sempre riconosciuto, e dichiarato essere il Bey nel suo pieno diritto di

nominare a suo primo Ministro chi meglio gli talentasse, pur nondimanco era

mio dovere d'invigilare a che una nuova direzione negli affari non modificasse

l'indirizzo politico di questo Governo al segno di pregiudicare gl'interessi

di quello che io aveva l'onore di rappresentare.

Non mi dissimulai menomamente né la natura, né la importanza della

parte che ha avuto la Francia in questo avvenimento, tanto più che il Signor

de Vallat giunto poche settimane prima a rimpiazzare il visconte Bo.tmiliau

Incaricato d'Affari di Francia erasi mostrato amicissimo del Khasnadar, e più

che ostile verso il Generale Khereddin e l'Ispettore di Finanze Signor Villet.

Ne' primordi del suo soggiorno in Tunisi il nuovo Rappresentante fran

cese con atti per nulla equivoci dimostrò la sua avversione al primo Ministro,

e lasciava sperare imminente una luminosa soddisfazione a quei tanti che avan

zarono replicati reclami contro gli abusi di autorità commessi dal Signor

Villet; tutto ad un tratto però nacque un notevolissimo cambiamento nella

condotta del Signor de Vallat, il quale troncando ogni rapporto col Khasnadar

si unì al Villet ed a Khereddin per concitare a sdegno l'animo del Bey contro il suo vecchio Ministro.

Dal momento in cui il de Vallat pose mano alla bisogna gli avvenimenti precipitarono. Quel lavorio sordo e latente che da anni minava il potere del Khasnadar, acquistò forza ed energia col di lui ajuto, per cui in breve tempo fu abbattuto il colosso che poco prima con un solo sguardo atterrava i suoi nemici. Ciò che maggiormente corroborava questi miei apprezzamenti, era quel fare da padrone che il Signor de Vallat aveva assunto dopo l'innalzamento del Generale Khereddin e come, per così dire, la somma delle cose più che nelle mani del nuovo primo Ministro stesse in quelle dei Signori de Vallat e Villet.

Non prestai fede giammai alle voci che qui si sparsero, ed alle quali fece eco ancora qualche organo autorevole della stampa, cioè che un trattato segreto fosse intervenuto fra il nuovo primo Ministro e la Francia per una cessione territoriale alla seconda prolungando i limiti dell'Algeria fino alla linea della Megerda, comprendendo in questa zona il porto di Biserta, le miniere e le foreste di Tabarca; ma ho però sempre ritenuto che promesse seriissime di larghi compensi si facessero dal Generale Khereddin alla Francia per ottenere il suo concorso ad agevolare la caduta del Khasnadar.

Tanto più fermo si faceva in me questo concetto, in quanto che mi erano abbastanza note le simpatie del Khereddin per la Francia, nel mentre che il Khasnadar erale da lunghi anni inviso per la tenacità colla quale ha sempre combattuto le velleità francesi di supremazia politica in questo paese. Reiterate volte ebbi occasione nella mia corrispondenza di segnalare a V. E. le disposizioni del Bey di scendere a più miti sentimenti verso il suo antico Ministro, e forse nulla di quanto avvenne di morali torture, d'ingiuste spoliazioni sarebbe successo, se la parola del de Vallat divenuta autorevole sull'animo del Principe affievolito dallo sgomento dell'ira francese non avesse ogni dì più peggiorato le condizioni del caduto fin al punto di cuoprirlo d'ignominia senza che neppure l'ombra di un vero e proprio giudizio lo condannasse.

Per me è fuori di dubbio che precipuo scopo del de Vallat giungendo a Tunisi fosse quello di rilevare l'influenza francese qui da vari anni completamente caduta, e che perciò molto s'industriasse presso il vecchio Ministro, ma con infelice successo: che ben lungi dall'associarsi alle vedute del Generale Khereddin e del Signor Villet, e di sposare i loro rancori contro del Khasnadar, fosse suo intendimento di combatterli, tanto più ch'egli non dissimulò menomamente al suo arrivo il fermo proposito di far ragione ai tanti reclami che esistevano contro l'Ispettore francese; ma la inutilità de' suoi sforzi a fare del Khasnadar un istrumento della politica francese lo condusse ad abbracciare il partito del Generale Khereddin, che trovò docilissimo e proclive a secondario.

Compiuta l'opera di demolizione potei constatare un altro fat.to, il quale sempre più mi convinse di quante e quali arti sappia usare il Generale Khereddin per trarre al suo partito gli uomini dei quali crede avere bisogno, poiché il Console inglese amicissimo tanto personale che politico del vecchio Ministro che per obbligo doveva proteggerlo, e che ne' primi giorni atteggiavasi a paladino della sventura, lo si vide indietreggiare poco a poco, e perfino quella certa tensione di rapporti che regnava fra lui e il suo collega di Francia sciogliersi gradatamente fino al punto da far luogo alle relazioni più intime e più cordiali.

Senza abbandonare giammai il pensiero di sorvegliare la condotta del nuovo primo Ministro e dei Rappresentanti di Francia e d'Inghilterra posi ogni mio studio a mantenere amichevoli i miei rapporti coll'uno e cogli altri senza giammai prendere parte né prò, né contro alle tante persecuzioni esercitate contro del Khasnadar; non mancai però di riferire tutte le ingiustizie che si commettevano, e come ben lungi di aversi per obbiettivo un preteso rendimento di conti si mirava a demolire l'uomo, il quale ha costantemente attraversato i progetti d'invasione della Francia nella Tunisia. Segnalai particolarmente il progetto di una concessione da farsi ad una Compagnia francese di tutte le miniere esistenti nel suolo tunisino, e dell'arrivo qui d'un ingegnere della medesima nazione per effettuare gli studi necessari. Quel progetto abortì, perché il Bey rifiutò la concessione, per la quale il Ministro faceva ressa ogni giorno presso il suo padrone, ed io posso asserire con certezza che se queste miniere non sono oggi un feudo francese, lo si deve molto ai consigli che ha sempre dato Mustafa Khasnadar al suo Sovrano di andare guardingo a concedere alla Francia cose che potessero aumentare la sua influenza in Tunisia, e molto ancora agli avvertimenti che destramente io feci pervenire al Bey per mezzo del Ministro della Marina che non meno del Khasnadar è avverso ai francesi, e col quale mantengo ottime ed utili relazioni ,essendo amatissimo da Sua Altezza.

Il richiamo prima dell'Ispettore Villet, e poi del Console de Vallat che a

breve intervallo si succedettero d:edero luogo a molti e svariati commenti. Per

me che ho una certa esperienza del carattere del Generale Khereddin, ho

sempre ritenuto che sentendo questi troppo duro il giogo che da' suoi alleati

gli era imposto, e che più di qualche altro sentimento prevalesse in àui quello di

dominare, fossesi con ogni mezzo adoperato per liberarsi dell'uno e dell'altro.

Il Generale Khereddin da lunga mano lavorava per giungere al potere spoglian

done il Khasnadar suo suocero e suo benefattore; egli che aveva già in mano

le finanze dello stato, voleva unirvi la direzione politica degli affari. Da solo

comprendeva che ardua sarebbe l'impresa di rovesciare il colosso che per tanti

anni e in mezzo a tante catastrofi rimase sempre saldo ed incolume, per cui

dovette ricorrere allo espediente di associare la propria ambizione alle mire di

una Potenza ch'ebbe sempre a combattere l'antico Ministro. Ma l'aiuto del

Signor de Vallat cominciò a riuscire di gran peso al Generale Khereddin e nel

tempo stesso molesto, in quanto che il de Vallat, uomo di fermo e tenace propo

sito insisteva presso di Khereddin per il mantenimento degli assunti impegni.

II de Vallat voleva compiuta la sua missione, il ripristinamento cioè della

influenza francese in Tunisia in qualunque modo e per qualunque mezzo; nel

mentre che quegli col tradizionale sistema orientale di temporeggiare cercava

sempre di eludere la questione.

Ma il richiamo del Console e dell'Ispettore francese non distruggeva gl'im

pegni presi dal Generale Khereddin verso la Francia, il quale una volta giunto

all'apice del potere avrebbe forse voluto sfruttare assolutamente per sè, piut

tosto che per altri la sua posizione. Ma la Francia nel richiamare il de Vallat inviava nelle acque di Tunisi la cannoniera • Kléber • coll'incarico di scandagliare la costa e il golfo da Biserta a Tunisi, nel mentre che vari ufficiali che erano a bordo sbarcavano a Biserta, e proseguivano a lente stazioni il loro viaggio per terra fino a Tunisi, per cui il Ministro dovette accorgersi che buona: nota era stata presa delle promesse da esso fatte, e degli impegni da esso presi, e che l'assenza del mandatario non pregiudicava i diritti del mandante.

Il Barone de Billing che succedette al Signor de Vallat fece anche esso breve soggiorno in questa residenza, e per quanto volesse mascherare il suo giuoco, i migliori rapporti regnarono fra esso ed il Generale Khereddin meno che negli ultimi giorni della sua dimora in Tunisi. Si fu precisamente sotto l'amministrazione del barone de Billing che doveva ottenersi il progetto della immigrazione nella Tunisia di una colonia di Circassi, e dello stabilimento di essa su certi altipiani nelle vicinanze del Kirnan, progetto che avrebbe avuto il suo compimento se, avvisatone come ne fui per tempo, io non mi fossi presentato al Bey per dimostrargli tutti gl'inconvenienti che da un tale avvenimento potevano risultare per la tranquillità del suo paese. La introduzione nella Reggenza di una colonia circassa doveva preoccupare il Console di Francia assai più di me, se lo scopo di un tale divisamento gli fosse stato ignoto, in quanto che sono ormai troppo noti l'indole ed il carattere turbolento di quel popolo che passa per abitudine tutta la sua vita sotto le armi, per non dissimularsi che ospitando una serqua di famigerati !adroni e predatori di tal fatta altra mira non poteva aversi, che quella di assicurarsi un potente ausiliario per il caso di un colpo di mano qualunque. Posso dire che per opera mia andò sventato ancora questo progetto; ma non perciò la mente del Generale Khereddin venne meno fervida in espedienti: anzi ebbi occasione di constatare invece che le contrarietà, piuttosto che affievolirne, ne rafforzano lo slancio.

Per ragioni piuttosto personali che politiche fu a parer mio richiamato il Barone de Billing; ma H Generale Khereddin volle far credere al Bey ed ad ognuno che un tale richiamo fosse opera sua.

Fu precisamente verso queLl'epoca che si accreditò la voce che nn altro Governo notoriamente ostile alla Francia facesse delle pratiche presso la Sublime Porta per assicurarsi dello andamento delle cose pubbliche in Tunisia, e che un inviato segreto di quel medesimo Governo si recasse in Tunisia. È altresì certo che la presenza di questo inviato coincideva precisamente coll'arrivo di due navi da guerra ottomane, la di cui inattesa apparizione sgomentò molto sul principio il primo Ministro al segno che si diresse a diversi Consoli, e fra questi a me per sapere il motivo che conduceva quei navigli nelle acque della Goletta, al che io risposi che sapeva solo essere destinata quella squadriglia ad una crociera nei porti della Spagna.

Da informazioni esattissime che io ebbi fino dal primo momento, potei però assicurarmi che il Commodoro Faik Bey, sotto i di cui ordini stavano i legni turchi, aveva missione di chiedere al Bey delle spiegazioni sulle voci sparse di certe concessioni territoriali da farsi alla Francia, e nel tempo stesso di assicurarsi quale fosse l'attitudine delle popolazioni in presenza dell'avvenuto cambiamento di amministrazione.

Di leggieri si comprende come in un paese retto dal despotismo il suffragio popolare sia piuttosto l'effetto di una pressione, che di uno spontaneo sentimento, per cui non v'è da meravigliarsi se al primo cenno che ne diede il Commodoro, quanti v'hanno nemici del Khasnadar si maneggiassero per presentargli una quantità di certificati e sottoscrizioni della popolazione tunisina, attestanti tutti che la caduta del Khasnadar e la elevazione al potere del Generale Khereddin apriva un'era di felicità per questo paese.

Il Bey sulla di cui buona fede in proposito non si può dubitare, non mancò di assicurare il Commodoro turco del suo fermo intendimento di non cedere un palmo di terreno tunisino a chicchessia, per cui la squadra turca carica di assicurazioni e di regali, come l'inviato segreto già da me accennato si dileguò senza dar segno di esistenza.

Sventato il progetto della introduzione di una colonia belligera come la circassa di cui già tenni parola, potei persuadermi che per parte del primo Ministro era un'idea fissa il proponimento di formare una specie di armata irregolare, nel mentre che si trascurava completamente di organizzare in modo utile, od almeno decoroso quei pochi laceri e luridi soldati che costituiscono la truppa regolare del Bey.

Questa idea fissa che fu, per così dire, soffocata, dalla non riuscita del progetto della immigrazione circassa, trovò mezzo di svilupparsi sotto un'altra forma, e se si considera che il fatto che la traduceva in atto, si compiva sotto l'amministrazione del Barone de Billing, maggiore si farà sempre il convincimento che fra il Rappresentante francese ed il Generale Khereddin sia sempre regnata la massima buon'armonia, la quale venne solo ottenebrata nelli ultimi tempi della dimora del Billing in Tunisi per certi sospetti che, forse a ragione, aveva concepito sulla buona fede del primo Ministro del Bey.

Il fatto al quale io intendo alludere, e sul quale già richiamai l'attenzione di V. E. è l'armamento dei Beduini, armamento che si opera apertamente senza che il Governo tunisino abbia menomamente cercato d'impedirlo.

La rivoluzione del 1864 ha provato abbastanza quanto pregiudizievole riesca alla tranquillità pubblica l'armamento degli arabi, e tanto è vero che tosto sedati i torbidi di quell'epoca, precipua cura del Governo fu quella di disarmare completamente i Beduini. Come più sopra rilevai, nel tempo che il de Billing reggeva il Consolato francese in Tunisi, una quantità considerevole di armi s'introduceva dall'estero, ed era immediatamente incettata dagli arabi. Ora se la intelligenza la più perfetta non fosse regnata fra il Rappresentante di Francia ed il Ministro del Bey, è fuori di dubbio che quegli avrebbe per lo meno protestato contro l'introduzione di armi nello interno di tanta importanza che doveva considerarsi se non una minaccia permanente al pacifico dominio delle sue possessioni limitrofe, doveva ritenersi almeno come un mezzo indiretto, atto a fomentare il disordine in seno a quelle popolazioni che con tanta difficoltà Ja Francia riesce a governare. Ben !ungi dallo scendere a simili considerazioni, il de Billing e dopo lui il suo successore non mossero giammai lagnanza veruna per un tal fatto, per cui si deve logicamente ritenere che quanto al Governo tunisino non è più dannoso l'armamento dei Beduini, e che l'introduzione di

armi e munizioni nell'interno della Reggenza che in altri tempi provocò serie dimostrazioni per parte della Francia, oggi non dia più soggetto di preoccuparsene al Gabinetto di Versailles.

Per l'assoluto abbandono in cui è lasciata la ,truppa regolare tunisina che sola sarebbe chiamata a difesa del Principe e della dinastia, su di chi confidare nel caso che i Beduini, armati come sono, insorgessero contro il loro legittimo Sovrano per favorire una usurpazione, od una invasione straniera?

Io dissi che vi fu un momento, in cui quella cordialità di rapporti che esisteva fra il Barone de Billing e il Generale Khereddin fu turbata in seguito di qualche dubbio che il primo aveva sulla buona fede del secondo. Dei medesimi sospetti non andai scevro neppur'io, poiché malgrado io creda sempre il Generale Khereddin impegnatissimo verso la Francia, pur nondimeno sono convinto che se potesse svincolarsi dagli obblighi assunti e lavorare per sé, lo farebbe di buon grado. E' stato un momento in cui tutte le apparenze davano a credere che il Generale Khereddin fosse di piena intelligenza colla Porta Ottoroana per un mutamento radicale nell'ordine dinastico e politico di questo paese, e questo forse fu l'unico motivo per cui il Barone de Billing divenne tutt'ad un tratto ostile al primo Ministro. Ora è ben naturale che il Console di Francia il quale contava forse sopra gli accordi intervenuti col Generale Khereddin, si muovesse a sdegno in presenza di un voltafaccia di tale natura, e si pretende -io credo con molto fondamento se devo prestar fede ad informazioni pervenutemi da buona fonte -che il de Billing irritato dal procedere di Khereddin avesse iniziato delle pratiche per un riavvicinamento fra il Bey ed il Khasnadar, quando un ordine del suo Governo lo richiamava sollecitamente a Parigi facendolo surrogare dal Signor Teodoro Roustan già Console Generale di Francia a Beyrouth.

Il Signor Roustan prima di condursi nella sua nuova residenza passò cinque giorni presso il Generale Chanzy Governatore Generale dell'Algeria. Egli giungeva in Tunisi a dirigere il Consolato di Francia in un momento difficilissimo sia per l'effetto prodotto dal dispaccio di Berlino inserito nel Times del 16 dicembre scorso, sia per le voci molto accreditate d'idee di usurpazione di cui si faceva carico al Generale Khereddin, per cui più di mai credetti mio obbligo di studiare l'attitudine che prendeva questo nuovo funzionario, il quale veniva ad assumere il retaggio della politica iniziata dal Signor de Vallat.

È utilissimo qui che io osservi come dalla partenza del Signor de Botmiliau molti privati interessi francesi giacevano in sofferenza, e che niuno dei tanti reclami avanzati da sudditi francesi contro indigeni ed anco contro il Governo tunisino né sotto l'amministrazione di de Vallat, né sotto quella del de Billing poterono giammai approdare ad una soluzione. Se il primo di essi con aspri modi trattando i suoi amministrati nulla fece pei medesimi, il secondo con un fare più gentile non migliorò neppure menomamente le loro condizioni. Tant'è

che all'arrivo qui del Signor Roustan ognuno attendevasi vederlo assumere un contegno diverso da quello tenuto dai suoi predecessori relativamente ai privati interessi della colonia francese, tanto più che in un paese come Tunisi l'attitudine che prende un Console per gli affari de' suoi ammini

strati, è uno specchio raramente fallace di quei rapporti d'interesse politico che

può avere il suo col Governo, presso il quale è accreditato. Infatti non appena

trascorsero poche settimane :la colonia francese non dissimulò più il suo mal

contento circa il nuovo Console, la cui condotta riguardo agl'interessi privati

de' suoi amministrati non era per nulla dissimile da quella de' suoi predecessori.

In brevi giorni si formò la massima intimità fra il Signor Roustan ed il Gene

rale Khereddin, le visite, e le segrete conferenze alla Manuba si fecero ognora

più frequenti, e non appena erano scorsi 3 mesi dal suo arrivo in Tunisi, il

Signor Roustan venne fregiato del Gran Cordone dell'Ordine dell'Iftikkar.

Non è molto, come ne avevo dato avviso a V. E., nel cuore dell'inverno, imperversando i cattivi tempi e percorrendo vie malag,evoli e quasi impraticabili un colonnello francese del Genio partiva da Constantina, fermandosi ad ispezionare il fortilizio di Sidi Jussef costruito sopra il territorio che oggi non è più tunisino, ma che lo era all'epoca in cui l'Algeria cadde sotto J.a dominazione francese, proseguiva il suo viaggio per Tunisi battendo la via di Suck-Aras e del Kef, e qui giunto ebbe varie e prolungate conferenze col Generale Khereddin in presenza del Signor Roustan.

All'arrivo qui di quest'ufficiale superiore stavano già da parecchi giorni in rada della Goletta quelle medesime due navi da guerra ottomane sotto gli ordini del Commodoro Faik Bey, che mesi prima avean fatto una breve apparizione in queste acque, e che ora tornavano dalla crociera fatta in !spagna. Il ritorno di questi legni sorprese molto il primo Ministro, e se ne allarmò sul principio, osservando che il contegno che seco teneva Faik Bey, chiaramente indicava che la situazione era molto variata dal giorno della di lui partenza da Tunisi.

Constaterò prima alcuni fatti che possono avere una certa importanza, e darò quindi ragguagli ed informazioni che da fonte sicura ho attinto sullo scopo del ritorno delle navi ottomane in queste acque.

Il Commodoro Faik Bey tosto giunto alla Goletta si recò in Tunisi, e stabilì la sua dimora in una casa particolare. Durante il suo soggiorno nella capitale per oltre 30 giorni, vidde raramente il Generale Khereddin, e da ambe le parti si dimostrò sempre evidentissima la massima freddezza. Si osservò altresì che questa volta Faik Bey riceveva nella sua abitazione varie notabilità indigene, dalle quali si è saputo di positivo che si procurò esatte e genuine informazioni sull'andamento della cosa pubblica, e particolarmente sul concetto che la popolazione tunisina aveva potuto formarsi sull'attuale amministrazione. Si rimarcò che se frequentissime erano le visite che il Commodoro turco faceva al Console inglese, e parecchie quelle che fece a me, solo una volta si recò dal Console di Francia, e un giorno in cui si provavano le mitragliatrici comprate in Francia dal Governo tunisino, al di cui esercizio assistevano con tanti altri il Signor Roustan, il Colonnello del Genio più sovra mentovato ed il Commodoro turco, vi fu chi osservò il malcontento che si dipinse sul volto di quest'ulitimo per il contegno tenuto dal primo Ministro coi due funzionari francesi ben diverso da quello praticato verso di :lui.

Io avendo avuto occasione di parlare alcune volte col Commodoro Faik Bey mi sembrò uomo molto sobrio di parole, ma di un certo tatto politico che mostra l'uomo provetto in affari, e senza che da parte mia provocassi menomamente una tale confidenza, mi esternò il rammarico ch'egli sentiva di vedere tanto barbaramente trattato il vecchio Khasnadar senza considerazione alcuna dei lunghi e segnalati servigi da esso resi al Governo tunisino. Mi soggiunse inoltre che in un secolo di civiltà e di progresso come il nostro era da deplorarsi una tale condotta.

Malgrado che dalle mie informazioni io tenessi per certo che la simpatia e le intenzioni del Commodoro ottomano fossero molto più pronunziate di quanto le sue parole esprimevano, e che altresì fosse più che contrario al Khereddin, per la lunga esperienza che io ho dei turchi in generale, credei nondimeno mantenermi nella conversazione in una cerchia di frasi speciose e generali, dichiarando però che le persecuzioni personali non potevano fare a meno di commuovere qualunque anima gentile, ma che non competeva a me rappresentante di un'estera Potenza intromettermi fra la giustizia del Bey ed un suo suddito.

Il Commodoro Faik Bey partì da Tunisi freddissimo col Generale Khereddin, e tanto è vero che questa volta ben diversamente dal primo suo viaggio nessun funzionario tunisino si recò ad accompagnarlo alla Goletta, donde partì per condurre nel porto di Suda in Candia a svernare le sue navi per quindi egli recarsi in Costantinopoli.

E qui noterò alcune informazioni che mi pervennero da persone che erano nella più stretta intimità del Commodoro Faik Bey, le quali per quanto fossero al servizio del Governo tunisino furono quelle che agevolarono all'inviato turco i mezzi di compiere la sua segreta missione. Da quanto mi fu riferito, sembra che, malgrado le assicurazioni contrarie di questo Console inglese, la Sublime Porta sia poco convinta della buona fede del Generale Khereddin, e che il ritorno di Faik Bey in Tunisi abbia avuto per iscopo di sorvegliare da vicino i maneggi e di assicurarsi con meno precipitazione dell'altra volta delle condizioni politiche ed amministrative del paese.

Da quanto poscia venni assicurato, l'inviato turco avrebbe avuto la prova certa che gli attestati della popolazione in omaggio a Khereddin che gli furono consegnati nel precedente suo viaggio, altro non erano che l'opera dell'intrigo, e che solo la tema, o la minaccia di potenti vendette avea indotto i sottoscrittori di quei certificati a mentire alla loro coscienza. Sarebbesi egli del pari accertato che il Generale Khereddin sia d'accordo colla Francia per una concessione territoriale che da tanti anni forma l'obiettivo unico della politica francese in Tunisi, nel mentre che per un dato momento la Francia agevolerebbe al primo Ministro la realizzazione dell'ambizioso suo sogno di sovranità sovra una gran parte del territorio barbaresco.

Ecco quali mi si assicura siano le informazioni, che questa volta l'inviato turco reca al suo Governo in evasione alla missione che gli fu affidata, e se un tale stato di cose ha quel fondamento che mi si fa credere, non è difficile che importanti avvenimenti si preparino per questo paese. Durante il soggiorno de' legni turchi ,in queste acque vi fu uno scambio attivissimo, e dirò quasi non interrotto, di dispacci telegrafici fra il Consolato di Francia ed il Governatore dell'Algeria. E qui cade in acconcio che io osservi come si pretenda che l'Incaricato d'Affari di Francia abbia ordine di riferirsi

alle istruzioni del Generale Chanzy per tutto quanto può riguardare questioni politiche.

Pochi giorni dopo la partenza dei legni turchi il Colonnello del Genio francese del quale già feci cenno, riprese la via dell'Algeria non già dalla stessa parte del Kef donde era venuto, ma bensì per Bedgia seguitando tutta la linea della Medgerda.

Il progetto del mare interno sembrava abbandonato dalla Francia, ma in questi ultimi giorni si verificò un fatto, il quale lascia supporre qualche mira francese sopra Gabes.

La nessuna importanza di quello scalo tanto sotto il punto di vista commerciale che marittimo, lo rese unico per così dire deserto nella Reggenza di stabilimenti europei, per cui ad eccezione di una Agenzia Consolare francese retta dal solo europeo ivi residente, il quale è nel tempo stesso Delegato sanitario incaricato della percezione delle rendite concedute per il debito tunisino verun altro ufficio consolare fu ivi mai stabilito; da circa 15 giorni però giunse qui certo Signor Chouvalier nominato a Vice Console in quello scalo, il quale parlando e conoscendo perfettamente la lingua araba ripartiva dopo breve soggiorno in Tunisi per quella sua destinazione.

Credo ora dovere richiamare l'attenzione di V. E. sopra un avvenimento succeduto la settimana scorsa e del quale diedi cenno in parte col mio precedente rapporto. Dico in parte, perché con quello annunziai semplicemente l'invio di una lettera del primo Ministro a Sidi Mustafa Khasnadar annettendogli copia della medesima, nel mentre che oggi inviando a V. E. copia altresì della risposta fatta da quest'ultimo, credo utile soggiungere insieme colle informazioni avute alcune considerazioni sovra entrambe queste lettere.

Anzi tutto è necessario che in omaggio della verità io dichiari che le pretese offerte fatte dal Governo al Khasnadar dopo la sistemazione del 3 Hodgia 1290, e tanto pomposamente accennate nella ministeriale del 15 Safar si riducono ad avergli concesso di comprare col suo danaro una casa di campagna nelle vicinanze della città, di che il Khasnadar non poté profittare per la ragione da esso addotta, cioè che le miserande condizioni economiche nelle quali si trovava, non gli permettevano di sborsare la somma occorrente.

Quanto alla permissione datagli di ricevere in casa sua chi meglio a lui piacesse, è un assetto che non deve, né può accettarsi che sotto le più grandi riserve, essendo di notorietà pubblica che il palazzo di Kalfauin o·ve abita l'ex Ministro, fu sempre circondato da guardie, e che perfino i suoi domestici nello entrare ed uscire erano fermati e frugati. Mi consta inoltre che alcuni individui fidatissimi del Khasnadar che per semplice sentimento di affezione recavansi di tanto in tanto in casa sua per averne notizia, onde non esporlo ad inconvenienti di ogni genere, lo facevano ad ora avanzata della notte, e indossando costumi tali da renderne difficile il riconoscimento, imperocché il primo Ministro avea fatto collocare in faccia al palazzo un corpo di guardia, nel quale stava un ufficiale incaricato di prendere nota non solo delle persone che per avventura entrassero in casa, ma anco di quelli che sospetti di essere fra i suoi amici transitavano da quei paraggi.

Premesso ciò onde stabilire i fatti nella loro storica veracità, giova rilevare un incidente che per quanto sul principio apparisse essere di poca importanza, per gli avvenimenti che ne seguirono, dà luogo a molto serie considerazionj.

Otto giorni prima che il Generale Khereddin dirigesse al Khasnadar la lettera del 15 Safar ilece chiamare a sè l'uno dei figli di quest'ultimo, e gli disse che per mostrargli quanto aveva a cuore la trista situazione di suo suocero, offrivagli di venil"e ad una transazione pei 5 milioni che il Governo reclamava ancora da lui per saldo di ogni conto, e che dippiù egli si scegliesse una villa nelle vicinanze di Tunisi che gli sarebbe stata regalata, al che il vecchio ministro fece rispondere che lo ringraziava per entrambe le proposte, ma che quanto alla prima il suo genero sapeva benissimo che essendogli stato tolto tutto quanto possedeva si troverebbe ora e sempre nella impossibilità di pagare le somme che ancora da lui si pretendevano; riguardo poi alla seconda non vedeva nessuna necessità né per lui, né per la famiglia di recarsi in campagna, e che contentavasi della modesta dimora che la munificenza del suo Sovrano gli aveva lasciato.

Non si parlò più di questo fatto, ed 8 giorni dopo fu inviata la lettera del 15 Safar, della quale l'indomani si trasmise la traduzione al Corpo Consolare, e cui il giorno appresso l'ex Ministro fece la risposta che ho l'onore d'inviare oggi in copia a V. E.

Di leggieri si comprende come il dono di un palazzo che si offriva a Mustafa Khasnadar, il permesso di viaggiare all'estero e la facoltà di frequentare chi volesse erano presentati in modo da renderne per lo meno difficile l'accettazione per la pal1te sua, poiché alla tanto vantata clemenza di Sua Altezza faceva in certa maniera opposizione il non necessario avvertimento che in parole tutt'altro che benevole gli si dava dal primo Ministro: cioè che la volontd di Sua Altezza era di non ave1·e nessun rapporto con lui, né con altri delta sua famiglia.

Fino dal giorno in cui io seppi le offerte del Generale Khereddin al figlio dell'ex Ministro, me ne sorpresi grandemente, imperocché poco tempo prima in una conversazione ch'ebbi seco lui, mi si mostrò più ostile che mai al suo suocero, e dubitai che un tale cambiamento non potesse essere casuale, né inspirato da sentimenti di benevolenza a suo riguardo: dippiù conoscendo il carattere altiero di Khereddin, ritenni per certo che la ripulsa da esso avuta dovesse viemmaggiormente esacerbarlo, e già mi attendevo a vederlo esercitare nuove sevizie contro di lui; quando con mio maggiove stupore fui informato dell'invio di quella lettera.

Poche ore dopo che questo avvenimento veniva a mia cognizione, il Generale Khereddin mi fece chiamare, e dopo altri affari correnti di cui m'intrattenne, mi annunziò che Sua Altezza nella sua clemenza gli aveva ordinato di dirigere quella lettera all'ex Ministro. Io mi diedi premura di rispondergli che non potevo far a meno di compiacermi nello scorgere che il Bey si era mostrato generoso verso uno sventurato il quale era incorso nella di lui disgrazia; ma non nego che malgrado l'aria d'indifferenza ch'egli assumeva nel parlarmi di questo-fatto, io credetti scorgere in lui un malcelato pensiero che lo angustiava, ed appena congedatomi cercai di assicurarmi se per avventura fossero fondati certi sospetti

che io aveva concepito sulle cause che potevano avere determinato questo

avvenimento.

Da persone meritevolissime di fede, e che erano in rapporti oserei dire

intimi col Commodoro Faik Bey durante il suo ultimo soggiorno in Tunisi, fui

accertato avere egli detto prima della sua partenza che non passerebbero quattro

settimane che cesserebbe la prigionia dell'ex Ministro, e che non più tardi di

due mesi egli sarebbe qui di ritorno a compiere il rimanente.

Considerando che da 18 mesi ad oggi nulla si fece dal Generale Khereddin che lasciasse supporre in lui la benché minima intenzione a migliorare la sorte del Khasnadar, ma che anzi allor quando nello scorcio del passato Ramadaiil l'animo del Bey cedendo alle sollecitazioni di qualche amico dell'ex Ministro e a quelle di molti membri della di lui stessa famiglia inclinava a fargli grazia, e a riammetterlo nel suo consiglio privato, il Generale Khereddin tanto si armeggiò per istornarlo da questo pensiero, che, profittando di un incidente sorto in auei giorni, ne attribuì tutto il carico e la responsabilità al Khasnadar, per cui Sua Altezza anzicché mandave ad effetto il primo divisamento, rilasciò al Ministro una dichiarazione, colla quale smentendo le voci di grazia al vecchio Ministro di cui era pieno il paese, encomiava la condotta di esso Generale Kher,eddin, e gliene dava pubblico attestato di riconoscenza.

Per chi come me ha seguito gli avvenimenti colla massima attenzione non poteva, come dissi, ritenersi oggi quale spontanea quest'apparente clemenza del Bey, né le premure del Generale Khereddin riguardo al suo suocero del tutto sincere, tanto più che io non poteva dimenticare come il Commodoro turco fosse di qui partito animato dalle migliori intenzioni a favore del vecchio Ministro non solo, ma ostilissimo altresì al Generale Khereddin, per cui m'impegnai di appurare se per avvenura la citata lettera del 15 Safar, e la comunicazione privata fatta prima al figlio dell'ex Ministro non fossero piuttosto l'effetto di una pressione esercitata dalla Sublime Porta in seguito alle informazioni di Faik Bey. Infatti ponendo in opera i mezzi di cui dispongo, mi son potuto accertare che non già un ordine propriamente detto, ma una pressante raccomandazione da Costantinopoli invitava il Bey a far cessare la prigionia del Khasnadar, e a miglìorarne la situazione.

Ed in questo fatto trovai la ragione della espressione oso dire brutale contenuta nella lettera suddetta, cioè che la volontà del Bey era quella di non volere avere nessun rapporto col Khasnadar o colla sua famiglia, poiché la perfetta conoscenza ch'egli aveva del carattere del suo suocero, lo faceva anticipata1 mente sicuro che l'affronto col quale si accompagnava quell'atto di clemenza, lo avrebbe costretto a rifiutare il dono, e così preparavasi un'arma a doppio taglio a danno di esso Khasnadar, poiché il preveduto e certo rifiuto di questi avrebbe da un lato viemmaggiormente indisposto il Bey a suo riguardo, e dall'altro dimostrato a:lla Sublime Porta la buona volontà del Governo tunisino di appagare i suoi desideri, e che dalla parte del Khasnadar soltanto nascevano le difficoltà.

Se, come io sono convinto, fu questo lo intendimento del primo Ministro urtando mal a proposito con quell'avvertimento le giuste suscettibilità di un uomo già abbastanza sventurato, v'ha luogo da supporre che la risposta ferma

e dignitosa fatta dal Khasnadar alla ministeriale del 15 Safar non abbia finora portato altro risultato che quello di mettere l'autore in imbarazzo.

Però in questi ultimi giorni corre voce, che il Generale Hussein debba presto recarsi in missione a Costantinopoli. Se ciò si verifica, non v'ha dubbio che il primo Ministro presentendo l'uragano che sta per piombargli alle spalle tenti con ogni mezzo di scongiurarlo. Se il Generale Hussein parte per l'Oriente, è una prova maggiore che la pretesa grazia fatta al vecchio Khasnadar ben lungi dall'essere spontanea, era l'effetto invece di una volontà più potente di quella che dirige le cose in Tunisia, e che del rifiuto dell'ex Ministro se ne vuol fare un'arma per privarlo di quell'ombra di protezione che la Sublime Porta sembra di voler accordare alla sventura.

Da quanto precede si può logicamente inferire che malgrado l'apparente tranquillità di questo paese, v'ha luogo da temere che qualche grave avvenimento possa da un momento all'altro svilupparsi, e io ho la ferma speranza che di qualunque natura questo possa essere, io avrò fatto quanto era mio dovere per sottoporre a V. E. il vero e genuino stato delle cose, onde in qualunque evenienza non trovarci colti alla sprovvista.

Checché ne dica il mio onorevole collega d'Inghilterra in questa residenza, il quale vede, o finge di vedere tutto color di rosa ogg.i, nel mentre che in altri tempi aspramente osteggiava l'attuale primo Ministro, si può ritenere per positivo che impegni importantissimi sono stati presi da quest'ultimo verso la Francia -impegni che se non si possono con esattezza precisare, debbono avere certo per base concessioni territoriali, e un vicendevole ajuto in caso di qualche necessità. Ora queste necessità non possono nascere che ove la Francia costretta a sostenere una nuova guerra in Europa, l'alleanza di un vicino amico impedisse che gli antichi torbidi dell'Algeria si ripetessero, o che dei nuovi se ne creassero, oppure facilitare al Generale Khereddin qualche ardito colpo di mano tendente a rovesciare l'ordine dinastico ·e politico della Reggenza.

Né in altro modo potrebbe spiegarsi il progressivo armamento dei Beduini che fu sempre considerato da questo Governo come un elemento sovversivo alla tranquillità del paese, e dalla Francia come una minaccia permanente al buon andamento delle cose nei suoi possedimenti limitrofi.

D'altra parte s'ha motivo di credere che la Sublime Porta ben lungi dall'essere soddisfatta dagli apparenti attestati di devozione del Generale Khereddin malgrado che egli sia stato l'organo principale del Firmano del 1871, molto più da vicino e con più accuratezza che per il passato sorvegli gli atti del Governo tunisino.

La crisi che seguì la caduta del Khasnadar, l'onta di cui si volle coprire l'uomo, e un sistema di amministrazione viziato, che per quanto oggi abbia variato di forma è sempre identico nella sostanza, non furono che una maschera, la quale ha malamente celato la guerra che intendeva farsi ad una politica di conciliazione quale fu sempre quella tenuta dal vecchio Ministro diretta sempre a mantenere la concordia nei rapporti internazionali di questo paese per farla sostituire da una politica di esclusivismo che in un'epoca più o meno prossima dovrà condurre a qualche grave complicazione.

Da un simile conflitto d'interessi e di vedute se è difficile presagire quale essere possa la sorte avvenire di questo paese, è facile però il presumere che qualche fatto irreparabile si compia da un momento all'altro, il quale valga a compromettere in qualche modo lo statu quo cui sono legati tanti vitali interessi.

Né deve farsi il benché minimo conto della volontà personale del Bey, in quanto di carattere debolissimo; e sebbene in certi momenti iroso sino alla ferocia è egli uno di quegli esseri che sente il bisogno di essere dominato, e come per lungo tempo il Khasnadar lo padroneggiò per l'affabilità dei modi, l'attuale Ministro lo rese prono ad ogni suo volere tenendolo sempre sotto l'incubo che l'Europa ha applaudito alla caduta del Khasnadar, e che sarebbe tutta contro di lui s'ei cercasse di rimetterlo al potere.

È impossibile far conoscere al Bey il vero stato delle cose, poiché il Generale Khereddin che fra le tante accuse lanciate contro il vecchio Ministro faceva primeggiare quella di avere condannato il Principe all'isolamento e assolutamente allontanato dagli affari, segue non solo il medesimo sistema, ma ridusse le cose in modo da rendere il Bey inaccessibile senza la sua presenza.

Malgrado che per adempiere al mio dovere nulla abbia negletto per rendere informata l'E. V. di quanto s'è passato e si passa in questo paese, pur nullameno mia precipua cura fu quella di mantenere col Generale Khereddin soddisfacenti rapporti. È possibile per altro ch'egli in cuor suo non abbia per me la massima tenerezza, forse perché non seguendo l'altrui esempio mi trovò meno arrendevole alle sue seduzioni; ma è però certo che gli affari dei miei amministrati vanno meglio di quelli degli altri sudditi stranieri, fatta astrazione da quella tradizionale lentezza che è uno degli attributi principali dell'amministrazione della giustizia nei paesi orientali.

Ora non mi rimane che a completare le mie informazioni sulla situazione economica ed amministrativa della Tunisia, che mi riservo trattare in susseguente rapporto, ed intanto pregola....

120

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1442. Berlino, 29 marzo 1875 (per. il 4 aprile).

Le Courrier Villa m'a remis hier dans l'après-midi la lettre particulière de V. E. en date du 21 de ce mois (1). Après en avoir bien pesé les termes, il m'a paru opportun d'en donner dès aujourd'hui lecture à S. E. M. de Biilow, qui l'a écoutée très-attentivement et durant laquelle il m'a paru que certains passages avaient particulièrement frappé son esprit. Je citerai, entre autres, les passages suivants: • c'est à notre attitude de patience et de modération que nous devons d'avoir des rapports réguliers avec tout le monde; c'est à elle aussi

qu'on doit si le parti clérical ne domine pas dans certains Cabinets •. • Le Pape chassé de Rome, c'est la guerre à courte échéance etc. etc. •. • Les circonstances se modifieraient avec un autre Pontife •. • J'ai voulu vous mettre à méme de prévenir des démarches officielles ... Il nous serait douloureux de devoir répondre à ces démarches d'une manière évasive et de devoir repousser vis-à-vis d'un ami intime des demandes inconciliables avec notre indépendance et notre dignité •. • Nous voudrions éviter d'étre soutenus dans une discussion de ce genre avec l'Allemagne par les journaux qui so n t les ennemis de l'Allemagne etc. etc. •.

M. de Biilow m'a beaucoup remercié de la lecture de cette lettre • si bien rédigée • et dans laquelle il se plaisait à reconnaitre ce ton de franchise amicale tout-à-fai<t de mise dans nos rapports. Il me faisait observe'r que dans nos entretiens académiques, il n'avait point pris l'initiativ,e de parler de notre loi des garanties. Il s'était borné à pressentir mes vues personnelles pour savoir si nous ne pourrions pas aviser au moyen d'empecher le Vatican de se livrer à des aotes attentatoires à la Souveraineté d'une Puissance arnie. Il résultait de ma réponse que cette loi n'en offrait ni la voie, ni les moyens. La méme conclusion se trouvait dans la lettre de V. E.

Il ne contestait pas la valeur de certains arguments <très-bien touchés dans ce document. Il préférerait néammoins éviter de discuter le pour et le contre, tout en notant que le pour perdait un peu de sa force si on se plaçait au point de vue de l'Allemagne. C'est elle en effet qui doit supporter les plus graves inconvénients de la position faite au Pape depuis 1870, position qui lui permet de continuer impunément et en toute sécurité sa campagne contre la Prusse. Sans doute partout ailleurs où le Pape se transporterait, il y aurait des inconvénients se rattachant à cette résidence. Mais il n'est pas moins vrai que le Cabinet de Berlin doit se préoccuper sérieusement du fait que le Saint Siège excite sans relache les populations catholiques contre l'Empire, et les pousse à se mettre en état de rébellion. Il est assez indiqué dans ces conditions qu'on cherche à y porter remède. Il est assez naturel aussi que la presse libérale de ce Pays s'occupe avec sollicitude de la question, et cherche à l'élucider avec cette liberté qui lui est propre dans ses allures et dans ses raisonnements. Cette polémique si elle a ses inconvénients, a aussi l'avantage d'éclairer les esprits et de les tenir en éveil en présence d'un danger contre lequel on ne saurait trop se prémunir.

M. de Biilow faisait des réserves sur notre manière d'envisager les choses. Il disait notamment ne pas admettre d'une manière absolue qu'un Souverain sans territoire, éxilé ou déchu, eut la faculté de revecoir et d'envoyer des Ambassades. S'il y a eu quelque exemple à l'appui, cette faculté était plutòt affaire de tolérance et de courtoisie, que l'exercice d'un droit. Il est assez malaisé de se représenter un véritable Souverain sans un territoire.

L'argument que c'est par ses propres lois intérieures qu'il convient de contrebalancer et de combattre les efforts de l'Ultramontanisme, ne manque pas de prime abord d'une certaine justesse. L'Allemagne s'est mise à l'oeuvre certes avec assez d'energie; la législation prussienne et allemande fournira au besoin

de nouvelles armes. • Mais, en attendant, il n'est pas moins avéré que les traits sont forgés hors de notre territoire et partent du Vatican pour nous frapper d'une manière en quelque sorte invisible, ce qui rend plus difficile de se mettre entièrement à l'abri des atteintes •. Si l'Italie n'a pas d'agitation religieuse, comme ,en A1lemagne, cela tient au caractère différent des habitants dans les deux Pays, à l'absence dans le premier de confessions mixtes, tandis qu'en deça des Alpes les passions sont aigries par le souvenir des anciennes luttes entre le Sacerdoc'e et l'Empire, par les traditions de la Réforme et par les intrigues des particularistes qui, sous le manteau de la religion, travaillent au rétablissement de dynasties déchues, et au renversement de l'ordre de choses inauguré ,en 1866 et en 1870.

Il est un fait qui a été signalé ici, et sur lequel le Secrétaire d'Etat fixatt mon attention. Le parti des Jésuites, en présence des progrès du Catholicisme en Amérique, en Angleterre, en France, en Espagne et dans d'autres Pays, semble vouloir se ralentir dans ses menées pour le rétablissement du pouvoir temporel. Il ne serait pas éloigné d'admettre que le Pape délivré des soucis de ce monde, peut se vouer avec plus de succès au soin des intérets spirituels et élargir de plus en plus le cercle de son influence. Les membres du Sacré Collège, ceux du moins qu'on range à tort ou à raison dans le camp des modérés, et qui paraissaient enclins à favoriser, à un moment donné, des transactions combattues jusqu'ici par l'Ultramontanisme, commenceraient à se laisser gagner par quelque défiance contre ceux Qui prechent le maintien du status quo.

M. de Biilow en me donnant ces explications, et en faisant ses réserves, m'assurait qu'il n'entrait nullement dans la pensée du Cabinet de Berlin que les relations intimes avec l'Italie pussent etre altérées en quoi que ce soit par un échange d'idées à cet égard. Sur ce point, comme sur les autres, il avait à coeur de marcher d'accorci avec nous. La question dont il s'agit est à l'étude; on examine avec soin les différents còtés de cette question; rien d'arreté encore dans l'esprit du Prince de Bismarck. Au reste nous pouvions etre surs que si l'affaire revenait sur le tapis, le Cabinet de Berlin ne se départirait point de cet esprit amicai dicté par la solidarité de nos intérets; en prenant cette base les explications mutuelles sont facilitées. Peut-etre se présentera-t-il quelques point d'entente, lors d'un prochain Conclave.

Votre langage, M. le Ministre, me dispansait de prolonger cette conversation. Je me suis borné à déclarer que l'essentiel était de rendre autant que possible cette question parfaitement nette, en sorte qu'il ne s'y glissàt aucune de ces arrière-pensées qui commencent par créer des froissements, et qui finissent par aboutir à des relations troublées. Sous ce rapport il était profondément regrettable qu'on ait jeté en pàture à l'opinion publique une question du nombre de celles qui divisent le plus les esprits. Nous ne nous dissimulons point ce qu'il y a de grave et de délicat dans la situation faite à la Papauté par la loi des garanties qu'on pourrait appeler la charte nouvelle de l'indépendance spirituelle du Saint Siège avec tous ses corollaires indispensables aux yeux de la Catholicité. C'est une révolution dont il reste à suivre les conséquences politiques, morales et religieuses. Les affaires ont un point de maturité qu'il faut savoir attendre, et qu'il est dangereux de prévenir. • Vous m'avez dit vousmeme qu'il fallait laisser murir la question. Je vous réponds oui, mais à la condition que nous y veillerons nous-mémes, sans aucune ~ngérence contraire à notre dignité. Les fruits d'ailleurs aussi bien que les idées dont on précipite la croissance, n'ont jamais le gout et la saveur de ceux qui viennent dans leur saison , .

J'ai ajouté que la dernière allocution de Pie IX aux Cardinaux témoignait de nouveau qu'il ne ménageait pas plus l'Italie que l'Allemagne. Le Chancelier avait donc été mal renseigné quand il prétendait (dépéche politique n. 1436) (l) que le Saint Siège entretenait de meiHeurs rapports avec notre Gouvernement qu'avec le Cabinet de Berlin. Nous ne voyons pas dans les attaques dont nous sommes l'objet à un méme degré ·et depuis une date bien plus ancienne, un motif suffisant de modifier notre attitude. Nous regrettons que l'Allemagne partage aujourd'hui le méme sort que nous, et tarde pourtant à se convertir à notre manière de voir, c'est-à-dire qu'il ne faut pas devancer l'action du temps qui calmera peu à peu les passions et préparera une solution. Le plus sage serait de nous laisser poursuivre, selon nos besoins particuliers et notre caractère, une politique qui n'est pas non plus sans utilité pour l'Allemagne. Par là nous sauvegardons à la fois notre propre indépendance et les intéréts les plus pratiques de l'Allemagne, ainsi que l'indique la lettre précitée de V. E. Autrement nous sacrifierions de part et d'autre l'avenir à des considérations d'un ordre passager.

M. de Biilow m'a dit qu'il rendrait compte de cet entretien au Prince de Bismarck dès le retour de Son Altesse qui a fait une excursion dans ses terres. Il ne manquerait pas de bien faire ressortir en meme temps tout ce que la lettre de V. E. contenait de si parfaitement amica! et de sympathique pour l'Allemagne.

(l) Cfr. n. 108.

121

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 161. Vienna, 30 marzo 1875, ore 21 (per. ore .22,30).

Nouvelle que comité Jeune Dalmatie de Vienne aurait envoyé télégramme à Venise à l'occasion statue de Manin a fait ici d'autant plus mauvaise impression qu'on assure ministre de l'Instruction publique aurait donné publiquement lecture de ce télégramme. J'ai déclaré a personne qui m'en a parlé ce dernier fait impossible. Je vous prie me fournir au plus tòt renseignements à ce sujet... (2). Si fait est faux, comme j'en suis certain, faire démentir hautement

par les journaux (3).

« Sommes autorisés démentir formellement bruit qu'à inauguration monument Manin on ait lu dépéche félicitations Société Jeune Dalmatie. Aucune dépéche société susdite ou autre origine n'ayant été communiquée public cette occasion ».

(l) -Cfr. n. 106. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -L'Agenzia Stefani inviò al Correspondenz Bureau di Vienna il seguente telegramma di smentita:
122

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1443. Berlino, 30 marzo 1875 (per. il 4 aprile).

Il y a quelque temps déjà, j'avais entendu parler vaguement d'une note que le Cabinet de Berlin devait avoir adressée à Bruxelles, pour se plaindre de l'attitude que, en plusieurs occasions et circonstances se rattachant au conflit politico-religieux, la Belgique avait observée à l'égard de l'Empire d'Allemagne. Mais, comme les griefs auxquels on faisait allusion se référaient à des incidents d'une date ancienne et qui avaient donné lieu à des explications et avaient été publiquement discutés lorsqu'ils s'étaient produits, je devais admettre qu'on faisait peut-ètre une confusion de dates, avant de croire à l'existance d'une nouvelle réclamation, sous la forme d'une Note offi.cieHe, constituant un fait assez grave. Au surplus, aucun journal n'en avait dit mot, ni ici, ni en Belgique. Cependant, le Journal des Débats ayant mentionné avant hier cette réclamation offi.cielle, j'ai jugé à propos d'y faire allusion en causant avec le Ministre de Belgique auprès de cette Cour, et le Baron de Nothomb a eu l'obligeance de me renseigner confidentiellement au sujet de ce qui s'éta.it passé, en me permettant mème de prendre lecture des documents qui s'y réfèrent. C'est de son consentement, que je m'empresse d'en informer V. E., en La priant de considérer mon rapport comme ayant un caractère confidentiel et réservé.

Le fait de la réclamation est réel, et il a un aspect sérieux qui mérite toute notre attention.

Le 3 Février, le Comte Perponcher, Ministre d'Allemagne à Bruxelles, adressait au Comte d'Aspremont-Lynden une note, dans laquelle il était chargé de rappeler les pourparlers confidentiels qui avaient eu lieu à plusieurs reprises sur les conséquences, qu'avaient pour les conditions intérieures des Etats voisins, de certains actes qui se produisaient en Belgique. Le Comte Perponcher mentionnait à cet sujet, les pastorales des évèques belges des années 1872 et 1873, ainsi que d'autres publications, l'adresse du Comité des Oeuvres Pontificales à l'Evèque de Paderborn, publié le 25 Décembre 1874 dans les colonnes du Bien Public, et enfin l'offre d'un Sr. Duchesne à un Archéveque françaiSI, d'assasiner oour une certaine somme d'argent le Prince de Bismarck, offre que le Prélat avait dénoncée aux Autorités et dont la presse s'est tant occupée. Les pourparlers qui avaient eu lieu dans ces diverses occasions, avaient constaté que la législation du pays ne fournissait pas au Gouvernement beige les moyens nécessaires, ni pour réprimer légalement les publications sumentionnées Qui étaient dirigées contre la paix intérieu11e d'un Etat voisin, ni pour procéder judiciairement contre le Sr. Duchesne pour ce qu'il avait fait ou projeté de faire.

Le Ministre d'Allemagne rappelait alors que, selon un principe du droit des gens que personne ne conteste, aucun Etat ne peut tolérer que ses sujets troublent la paix d'un Etat voisin, que chacun d'eux doit en conséquence régler sa législation intérieure de manière à pouvoir remplir ce devoir international et que les Etats les plus puissants non seulement y ont ainsi pourvu, mais qu'ils ont complété dans ce but spécial leur législation quand le besoin s'en est fait sentir. Et ce devoir était d'autant plus fort dans un Pays qui jouissait du privilège de la neutralité; car parmi les conditions tacitement sousentendues de sa neutralité, il y avait certainement celle du strict accomplissement de pareil devoir.

Dans cet ordre d'idées, le Comte Perponcher se plaisait à faire mention des lois par lesquelles, en 1852 et en 1856, la Belgique avait comblé les lacunes de son droit public à l'égard des délits de presse et d'instigation au meurtre contre les Chefs d'autres Etats; et il dtait aussi l'exemple de la Confédération Suisse qui, pour surmonter des difficultés du meme genre, avait soumis à l'application du Code pénal fédéral, et par là à la peine de 10 ans de prison, tout citoyen ou habitant de la Suisse, qui attirerait sur le pays l'immixtion d'une Puissance étr,angère menaçant, la Confédération dans ses aUaires intérieures. Le Comte Perponcher concluait en exprimant le voeu que le Gouvernement Beige reconnaitrait de son còté que sa législation avait besoin d'etre complétée, si dans son état actuel elle ne fournissait pas des moyens suffisants pour garantir la paix intérieure et la sureté des personnes chez ses voisins contre des actes des sujets belges. Et il ajoutait à la fin de Sa Note, qu'une pareille conviction du Cabinet de Berlin n'était nullement ébranlée par la circonstance, que la désapprobation exprimée personnellement par le Ministre des Affaires Etrangères de Belgique n'avait pas reçu jusqu'alors une expression officielle et publique.

On peut aisément imaginer l'impression que dut produire à Bruxelles une pareille Note. Le Comte d'Aspremont-Lynden, non content de transmettre les instructions nécessaires au Baron de Nothomb, envoya aussitòt à Berlin un des chefs de son Departement, avec la mission apparente d'examiner ici la tenue

des Archives. Tous les deux eurent de longues entrevues avec le Secrétaire d'Etat, qu'ils s'efforcèrent de convaincre, et par son canal de convaincre aussi le Prince de Bismarck, de la rectitude des intentions du Gouvernement Belge, de son attitude irréprochable à l'occasion des incidents mentionnés dans la Note Allemande et remontant à une date trop éloignée pour etre de nouveau mis en avant sans tenir compte des explications amicales qui devaient les avoir complètement écartés, et enfin des obstac1es insurmontables qu'on aurait rencontrés si on avait voulu introduire en Belgique de nouvelles lois restrictives, que rien ne justifierait. Ces pourparlers semblaient marcher au gré des envoyés belges; mais, en attendant qu'on eut préparé la réponse écrite à la Note du Comte Perponcher, l'émotion était vive à Bruxelles. Entre autres, le Roi Léopold, en répondant à une lettre que le Baron de Nothomb lui avait adressée à son retour d'un voyage en Egypte et aux Lieux-Saints, écrivait à Son Envoyé, en faisant allusion aux exigences de Berlin, qu'il y avait des limites que en aucun cas

on n'aurait pu franchir. Une circonstance inattendue venait en attendant aggraver les préoccupations de la Belgique. Sans que rien ne put le faire prévoir, le Baron de Nothomb

apprenait, et le fait lui était confirmé par M. de Bi.ilow, que le Cabinet de Berlin avait fait communiquer par les envoyés de l'Empire aux Puissances garantes de la neutralité beige, c'est à dire à la France, à la Russie, à l'Autriche et à l'Angleterre, la note du Comte Perponcher du 3 Février dernier. Cette circonstance était grave, carde part et d'autre on paraissait d'accord pour garder le plus grand secret sur cette affaire. Le Baron de Nothomb se récria à cette nouvelle, en faisant remarqner qu'on mettait ainsi la Belgique en état de légitime défense, et qu'elle aurait dès lors du communiQucr à Vienne, Londres, Saint Pétersbourg et Paris, sa réponse à la réclamation qui lui avait été faite. M. de Bi.ilow se borna à répliquer que la Belgique serait dans son droit en agissant ainsi. A la demande du Baron de Nothomb, quel pouvait etre le but du Cabinet de Berlin, en communiquant sa note aux Puissances garantes, et si ce but était de les faire juges de la question, M. de Bi.ilow répondit qu'on ne voulait pas invoquer des juges, mais leur montrer que l'Allemagne avait à se plaindre de l'attitude de la Belgique à son égard.

Le Comte d'Aspremont-Lynden adressa sa réponse au Comte Perponcher, sous la date du 26 Février. Cette réponse était rédigée de manière à faire aisément comprendre le vif désir qu'on avait d'éliminer toute trace de mécontentement entre Berlin et Bruxelles, mais en mème temps elle opposait un refus aux exigences QUi étaient mises en avant dans la note allemande. Après avoir discuté et justifié point par point les trois faits mentionnés par le Comte Perponcher, à qui on était à mème de présenter ses propres remerciments et l'expression de sa satisfaction et de celle de son prédecesseur en mainte occasion,

M. d'Aspremont-Lynden s'appliquait à démontrer que la Belgique a constamment rempli, comme elle continuera à le faire, tous ses devoirs internationaux, dans toute leur extension. Le Gouvernement Belge s'appuie sur des institutions qui ont subi heureusement l'épreuve d'un demi-siècle, et qui sont devenues indispensables pour son existence. Ses libertés, loin d'ètre pour lui une cause de faiblesse, sont un élement de sa force, et lui donnent le moyen de régir, mieux que ne le feraient des lois restrictives, un peuple accoutumé ab antiquo à se gouverner lui-meme. C'est gràce à ces libertés QUe la BelgiQue a traversé les époques de révolution, à résisté aux desseins de l'Internationale, et a réduit à néant tous les entrainements et les exagérations qui l'ont menacée à l'intérieur. Il est nature! qu'il surgisse de temps en temps quelques discussions entre Etats voisins: mais la Belgique s'est toujours appliquée à les écarter nommément avec l'Allemagne; il n'y a pas longtem;:;s que, du haut de la tribune, le Ministre beige des Affaires Etrangères faisait dans ce but un appel au patriotisme de tous ceux qui s'occupent de la politique étrangère, appel qui fut bien entendu. La proposition d'une loi restrictive étonnerait et échouerait, d'autant plus que les principaux organes de publicité en BelgiQUe défendent vigoureusement les actes et la politique du Gouvernement Allemand.

Si tous les Etats modifiaient leur législation pénale, de manière par exemple à atteindre et punir la proposition écrite ou verbale pour avoir un complice dans l'accomplissement d'un crime ou délit, mème lorsqu'une pareille proposition a été repoussée, la Belgique aurait alors à examiner aussi le problème, sans prendre à ce sujet une initiative, qui ne lui appartient nullement. Le Comte d'Aspremont-Lynden terminait sa réponse en exprimant la confiance qu'à Berlin on n'aurait plus aucun doute sur les circonstances de fait, pas plus que sur le caractère droit, loyal, sympatique des dispositions dont la Belgique est animée envers l'Allemagne, dispositions qui sont inspirées à la Belgique par l'appréciation de sa situation, et par le prix qu'elle attache, et doit attacher, aux bons rapports avec un Pays auquel la relient des intél'èts puissants et des sentiments d'une amitié ancienne et éprouvée.

Cette Note a donc aussi été communiquée aux quatre Puissances garantes à l'exemple de celle écrite par le Comte p,erponcher; eette dernière, chose assez singulière, avait été d'abord communiquée au Due Decazes. Voici, d'après ce qui m'a été confié par mon collègue le Baron Nothomb, au sujet de l'accueil fait par les Puissances garantes à la communication de ces documents. Le Due Decazes s'est abstenu de toute observation vis-à-vis du Prince Hohenlohe, qui lui en avait donné lecture, avant que pareille démarche eiìt été faite ailleurs; le Comte Andrassy et Lord Derby se'n sont montrés étonnés, et Lord Derby nommément aurait déclaré au Comte Miinster, Ambassadeur d'Allemagne, qu'il ne voyait pas en quoi la Belgique aurait mérité le reproche d'avoir manqué à ses devoirs internationaux, ni pour quelle raison et avec quels avantages elle aurait à modifier sa législation intérieure. L'Empereur d'Autriche a personnellement exprimé au Baron de Jonghe son approbation pour l'attitude de la Belgique. Quant au Prince Gortchacow, il aurait été on ne peut plus explicite vis-à-vis de l'Envoyé de Belgique à Saint Pétersbourg, dans l'expression de son approbation à l'égard de l'attitude de la Belgique et de la teneur de la Note du Comte d'Aspremont-Lynden.

Quelle suite est maintenant destinée à avoir cette affaire? On ne saurait le prévoir encore: car, si d'une part l'attitude des quatre Puissances garantes n'est pas de nature à décourager la Belgique, ni à encourager les exigences de l'Allemagne, d'un autre c6té le Cabinet de Berlin n'est guère accoutumé à renoncer à ses vues, et la note du Comte Perponcher, relative à d'anciens faits qu'on croyait écartés, en est une preuve. Cependant, pour juger de l'ensemble de la situation, il serait le cas de rappeler ici Que la Belgique n'est pas le seul Pays qui passe par pareille épreuve. Sans parler d'autres Etats, il parait qu'on a essayé d'entrainer aussi le Gouvernement russe à adopter des mesures exceptionnelles contre son clergé catholique, et cela à l'occasion de la nomination prétendue de Monseigneur Ledochowski à Primat de la Pologne; le Prince Gortchacow fit interpeller le Vatican, et reçut la déclaration que la nomination n'était pas vraie: il déclara alors de son còté qu'il n'y avait pas lieu d'adopter une nouve11e ligne de conduite en Russie à l'égard du clergé catholique.

La seule explication des désirs et des vues du Cabinet de Berlin, peut se

déduire des réponses de M. de Bi.ilow à l'Envoyé de Belgique. M. de Bi.ilow,

tout en appréciant les raisons qu'on lui développait, en revenait à l'opportunité

qu'il y a pour la Belgique de se mettre un peu plus à l'unisson avec l'Allemagne.

Je ne sais si V. E. avait déjà été informée d'autre part de cet incident qui

exceptionnellement n'a pas transpiré dans les journaux jusqu'à ces derniers

jours. La polémique s'en emparera maintenant et ne pourra qu'en accroìtre la gravité. Il sera meme difficile au Ministère beige d'éviter qu'une interpellation ne lui snit adressée à cet égard dans les Chambres.

De toute manière, il convient d'en prendre note et d'en tirer un enseignement; car il est évident qu'à Berlin on laisse comprendre combien on désire que les lois des autres Pays se mettent à l'unisson de celles de l'Allemagne, et certes il serait dangereux de laisser croire un seui instant qu'on put y condescendre.

En vous priant encore, M. le Ministre, de considérer comme réservés et confidentiels les renseignements Que le Baron de Nothomb m'a fournis et que j'ai exposé ici...

123

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. l. Berlino, 31 marzo 1875.

Je vous remercie d'avoir donné suite à mon idée, en n1'adressant une lettre particulière ostensible (l) rédigée de telle sorte que tout doute disparut ici sur nos dispositions si on s'avisait de mettre sur le tapis officiel une question déjà si délicate à traiter académiquement.

Le • moment psycologique • ne pouvait etre mieux choisi pour agir comme nous l'avons fait. Votre leHve si bien écrite était en effet un • déshabillé • en ce sens que dans la richesse des ornements vous aviez avec habilité mé;nagé des places où l'on voyait à nu le còté faible de l'argumentation de M. de Biilow et des journaux plus ou moins officieux, échos du Prince de Bismarck. Llon y voyait aussi sans déguisement notre ferme intention de décliner ouvertement et catégoriquement toute demande inconciliable avec notre dignité, avec notre indépendance. C'était là un langage parfaitement de mise et arrivant pour ainsi dire à point nommé.

Le Cabinet de Berlin ne voudra pas casser les vitres au moment où l'Empereur François Joseph nous donne une marque de sympathie, et lorsque l'Empereur d'Allemagne ou so n Auguste Fils vont eux aussi à visiter notre Ro1i. L'insuccès des tentatives récentes faites par le Chancelier dans divers coins de l'Europe pour enr6ler des auxiliaires contre le Pape (Dépeche n. 1443) (2), devrait l'induire à ajourner au moins son pian de campagne. La Belgique meme s'est tenue sur la défensive et a obtenu un satisfecit de Londres, dle Pétersbourg et de Vienne, tandis que la France doit se frotter les mains d'assister au spectacle de l'Allemagne cherchant querelle à un pays où le Cabinet de Versailles avait perdu des sympathies depuis la révélations des pourparlers entre le Prince de Bismarck et M. Benedetti avant la guerre de 1870. Il n'est donc pas à supposer que, dans ces conditions et surtout en présence de notre fin de non recevoir éventuelle, si nettement articulée, le Cabinet Impérial re

vienne de si tòt à la charge. Il ne faut cependant jurer de rien si on tient compte de la ténacité des vues de M. de Bismarck, et de ce fait que la passion semble aujourd'hui dominer chez lui la raison.

Comme il était parti pour ses terres du Lauenburg d'où il ne reviendra que le soir pour feter et se faire feter ses 60 ans, je n'ai pas voulu attendre son retour. D'ailleurs il est plus inaccessible que jamais. C'est donc avec

M. de Biilow que j'ai eu l'entretien que j'ai résumé dans mon rapport n. 1442 (1). S'il a fait des rése1·ves à deux reprises, j'espère que ce n'a été que pro forma. Il n'aura pas voulu au reste préjuger la manière de voir de son chef auquel il se proposait de rapporter notre conversation. Ce ne sera qu'après demain que je connaitrai les impressions de Son Altesse si tant est qu'elles me soient communiquées.

Il me semble que la genèse de cette affaire est la suivante. Le Prince de Bismarck irrité au plus haut dégré de l'Encyclique du 5 février n'a pas tardé à dénoncer la Belgique aux Puissances garantes. Il ava.it meme cherché à ga~ner d'avance, mais vainement, les suffrages du Comte Derby. Il espérait intimider le Cabinet de Bruxelles et le mettre à • l'unisson • de l'Allemagne. Il a voulu en meme temps s'assurer jusqu'à quel point il pouvait compter sur l'Halie, 1et il a chargé M. de Keudell d'examiner la question et d'émettre un avis. Cet avis n'ayant pas été encourageant au point de répondre entièrement aux désirs de cette Chancellerie, M. de Biilow a eu l'instruction de présentir mes vues personnelles; comme si elles auraient pu etre favorables à une immixtion étrangère quelconque! La manière dont je me suis exprimé tout d'abord si elle n'a pu surprendre personne, ne m'a certes pas valu la bi,enveillance de celui qui avait provoqué une confession de ma part et dont le trait principal de caractère, est de ne pas souffrir la contradiction. J'ai pu apercevoir quelque trace de mauvaise humeur à mon endroit quand on m'accusait à faux de me réjouir en quelque sorte des inconvénients qui pourraient résulter pour la Prusse de son conflit avec l'Eglise.

Quoi qu'il en soit nous avons tracé notre conduite; il convient de la maintenir sans broncher, sans faire naitre des illusions dangereuses qui ne feraient que enhardir le Cabinet de Berlin dans ses efforts pour coaliser les différents gouvernements contl"e le Saint Siège. La clef de voute dans la résistance est chez nous, elle est dans la loi des garanties qu'ont se plait a trouver aujourd'hui trop avantageuse au Pape, lorsqu'en 1870 on nous recommandai,t d'ici les plus grands ménagements à son égard et les meilleurs procédés afin de ne pas fournir les armes à nos adversaires, la tranquillité de conscience chez les catholiques étant d'ailleurs d'un intéret général. Le Roi de Prusse ne pouvait alors que • concourir à sauvegarder la dignité et l'indépendance du chef spirituel de ses sujets catholiques •. Bref ces changements d'attitude, nous démontrent qu'on pourrait ici revenir un jour au point de départ si les intérets de l'Allemagne venaient à l'exiger, et qu'il ne nous convient pas de changer de banderole au gré de ses convenances. Autrement nous risquerions fort de rester plus tard dans l'isolement et seuls à supporter le poids de l'odieux d'avoir manqué à ce que nous nous étions promis à nous memes, à ce

que nous avions proclamé notre programme, à la face de l'Europe. De longtemps nous ne pouvons compter sur les sympathies du monde catholique, mais il serait hautement impolitique d'écarter toute chance de réconciliation, si nous manquions à nos engagements de faire bonne garde autour du Vatican, d'exécuter notre propre consigne. En outre, selon le proverbe, charbonnier est maìtre chez soi; nous devons en conserver la clef merne vis-à-vis de nos amis.

Je n'ai pas besoin d'ajouter que le spectacle que nous avons en Allemagne n'a rien d'attrayant. Quels sont les avantages réels, substantiels, durables retirés jusqu'ici par sa politique ecclésiastique? Il en est résulté le trouble dans les consciences, l'exaspération des esprits, de la confusion morale, un Parlement sur la pente de renier les principes de justice et de liberté au profit de l'onnipotence de l'Etat. Vous rappelez mon cher Ministre, dans votre seconde lettre particulière du 24 mars, dont j'ai aussi à vous remercier, les engagements moraux pris par le Comte de Cavour, qui ont été depuis lors solennellement répétés par ses successeurs au pouvoir et ratifiés par le corps législatif. Cet homme d'Etat nous enseignait que la liberté et l'indépendance de la puissance spirituelle n'est pas un vain mot, un moyen de faire illusion, de tromper les craintes que pouvaient ressentir les esprits sincères de voir le Saint Siège asservi, diminué par la présence du Roi au Quirinal • Si ces craintes étaient fondées, disait le Comte de Cavour, si réellement la chute du pouvoir temporel devait entraìner une telle conséquence, je n'hésiterais pas à dire que la réunion de Rome au reste du Royaume serait fatale non seulement au Catholicisme, mais à l'Italie, etc. etc. •.

L'élévation d'esprit du grand patriote, son attachement aux doctrines vraiment libérales, doivent nous inspirer plus de confiance que les principes élastiques de l'école utilitaire à laquelle appartient le Prince de Bismarck.

Je n'ai pas caché à M. de Biilow l'effet déplorable produit chez nous par la polémique des journaux allemands marchant avec un ensemble qui laissait croire qu'ils obéissent à un mot d'ordre. J'ai aussi appelé son attention sur le danger de cette lutte en tirailleurs. Jusqu'ici du moins la No1·ddeutsche Allgemeine Zeitung et la Provinzial Correspondenz, n'ont pas donné; il est vrai qu'elles ne font chorus que lorsqu'il n'y a plus de ménagement à garder. Le Secrétaire d'Etat niait toute attache officieuse avec la National Zeitung, la Kolnische Zeitung, la Post etc. etc. et cependant ce n'est un mystère pour personne que ces feuilles mettent leurs colonnes à la disposition du Cabinet de Berlin. Mais S. E. expliquait cettc uniformité d'attitude par le fait qu'elle se présentait toujours dans les questions où l'Allemagne était directement intéressée. Dans le cas où cette polémique continuerait vous jugerez, peut-etre à pror;os de méconseiller à la presse sur laquelle vous auriez quelque influence d'employer une sourdine. L'attaque comporte la défense surtout quant on est dans son bon droit.

J'ai annoncé à lVI. de Btilow, en le mettant à sa disposition, que je réexpédierai le 3 avril le Courrier Villa à Venise meme où celui-ci arrivera durant la visite de l'Empereur François J oseph à notre Auguste Souverain. La veille de cette expédition je retournerai chez le Secrétaire d'Etat pour le cas où il aurait à me communiquer les impressions du Prince de Bismarck sur la lettre

particulière du 21 mars dont j'ai donné lecture sans en laisser, bien entendu, copie. Peut-etre apprendrais-je aussi quelque chose relativement au projet de voyage en Italie. Jusqu'à présent on tourne toujours dans le meme cercle: excellentes dispositions de l'Empereur, oppositions du médecin, ou plutòt des influences qui nous sont contraires, et auxquelles il sourirait mieux que le Prince et la Princesse Héréditaires fussent délégués pour apporter au Roi les regrets et les salutations de l'Empereur. Ces hésitations dans l'accomplissement d'nn devoir me révoltent, et j'ai déjà eu soin de laisser entendre assez clairement soit au Prince de Bismarck, soit à M. de Biilow, soit à des personnes de la Cour, qu'une abstention de l'Empereur serait une faute surtout après la restitution de visite de la part de l'Empereur d'Autriche. On n'a que l'age que l'on montre, or les forces ne manquent pas à Sa Majesté et il serait lui meme surpris d'apprendre qu'on voudrait le faire passer à l'étranger comme un invalide.

En me réservant de vous mander par le courrier et au besoin par le télégraphe les dernières nouvelles que je pourrai recueillir...

(l) -Cfr. n. 108. (2) -Cfr. n. 122.

(l) Cfr. n. 120.

124

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI

T. 77. Roma, l aprile 1875, ore 17,30.

Veuillez demander au ministre d'État l'agrément du Roi Alphonse pour le comte Greppi qui serait nommé envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire d'Italie à Madrid.

125

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1445. Berlino, 2 aprile 1875 (per. il 4).

J'ai demandé aujourd'hui au Secrétaire d'Etat s'il ne voulait pas profiter de l'occasion du courrier de Cabinet pour vous faire parvenir à Venise quelque message. Il regrettait de n'etre pas encore à meme de me fournir des indications précises sur un voyage de l'Empereur d'Allemagne en Italie. Il pouvait seulement m'assurer que les dispositions étaient meilleures que jamais. Le médecin, il était vrai, continuait à opposer un veto, mais le Prince de Bismarck espérait que cette défense ne serait pas formulée d'une manière absolue. La responsabilité médicale serait sauvegardée, du moment où le Souverain déclarerait, lui-mème, qu'il se sent en forces pour entreprendre le voyage. Le Chancelier ne perd pas de vue cette affaire, et il ne manquera pas d'insister pour l'exécution d'un projet qui lui tient fort à coeur. Sa réalisation a gagné beaucoup de chances. M. de Biilow en citait comme une preuve, le fait que, le Prince et la Princesse Charles ayant sollicité l'agrément de Sa Majesté pour une excursion en Italie, il leur a été répondu qu'il fallait attendre le parti que prendrait l'Empereur, fort désireux aussi de rendre visite à Notre Auguste Souverain. Les chances sont à la hausse. M. de Biilow se réservait de m'informer, aussitòt qu'il apprendrait quelque chose de positif. Il avait assisté hier à une réception à la Cour, où il lui avait été dit que l'Empereur se proposait de demander très prochainement au Roi, s'il conviendraH à Notre Auguste Souverain de recevoir la visite vers la fin d'Avril.

126

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 427. Costantinopoli, 2 aprile 1875 (per. il 9).

L'imminente visita dell'Imperatore Francesco Giuseppe alla Corte d'Italia è tal fatto che non può passare inosservato neppure qui. L'impressione ch'esso produce è tutta favorevole al nostro Paese, e conferisce a tenerne tanto più alto il prestigio anche in queste contrade. Il viaggio imperiale è apprezzato nei circoli politici e nelle colonne dei principali diarii della Capitale non soltanto come un atto di cortesia, in nobilissimo modo compito, ma non si tralascia di riconoscere quanto meritamente l'Augusto Re nostro ne sia oggetto e se ne argomenta per valutare in qual degno conto sia tenuta l'Italia nel suo odierno assetto.

Il Sultano fece dare ordini al Valy di Bosnia di recarsi a complire in di Lui nome, coll'Augusto viaggiatore al Suo accostarsi alla frontiera Ottomana. Era intendimento pure del Sultano che una squadra si recasse a far onore all'imperatore Francesco Giuseppe, ma come si ebbe notizia di ciò a Vienna, questo Ambasciatore d'Austria-Ungheria ebbe incarico -come me Jo disse egli stesso -di far conoscere qui quanto l'Imperatore fosse sensibile a tale graziosa intenzione, ma che la giacitura delle località marittime che Sua Maestà si proponeva d'ispezionare sembrava meno adatta ad evoluzioni in quelle acque d'una squadra; dopo ciò, al progetto in discorso non si darà qui altrimenti seguito.

127

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. 2. Berlino, 2 aprile 1875.

Vous aurez vu par ma dépeche d'aujourd'hui n. 1446 (l) qu'il ne m'a pas encore été possible de recueillir J'impression du Prince de Bismarck sur mon dernier entretien avec M. de Btilow et dont celui-ci avait soumis à Son Altesse un résumé par écrit. Je n'ai pas voulu pour autant retarder le départ du

Courrier Villa. En attendant des données ultérieures si tant est qu'elles me soient fournies, j'ai lieu de supposer que nos pourparlers académiques n'auront pas une portée immédiate. J'espère meme d'après les observations que j'ai renouvelées sur le langage sans mesure de quelques gazettes de Berlin, que cette polémique prendra bientot des allures plus modérées. Je ne vais pas jusqu'à prétendre que nous avons écarté toute récidive de la part du Chancelier ou de ses porte-voix; mais je crois du moins que la crise est ajournée, et qu'on cherchera autant que possible à éviter de porter la question sur le terrain officiel puisqu'on sait d'avance, à ne pas s'y méprendre, dans quel sens nous répondrions. Si ce premier résultat est obtenu, nous le devons à notre attitude franche et décidée. Nous avons su décliner à temps Ile role qu'on eut été bien aise de nous voir prendre, celui d'attacher le grelot dans les attaques directes contre la position privilégiée du Pape.

Pour démontrer de plus en plus à M. de Biilow combien seraient vaines les tentatives de nour faire dévier de notre programme j'ai cité la déclaration du Comte de Cavour mentionnée dans ma lettre particulière n. l (1). Quand un homme d'Etat de cette tempre, à qui l'ltalie et l'Allemagne sont redevables d'avoir donné l'impulsion aux idées nationales qui ont transformé les deux Pays, prononce un tel jugement confirmé par ses successeurs au pouvoir, il faut en admettre le bien fondé. Or ce serait aUer à l'encontre de ces doctrines et méconnaitre les forces morales qui régissent les sociétés plus que les matérielles, si on voulait nous induire à modifier des lois assurant à l'institution de Ja Papauté la liberté et l'indépendance nécessaires à l'exercice de ses fonctions. Si nous nous r,endons compte des difficultés du Cabinet de Berlin, il serait équitable que l'Allemagne se plaçàt aussi à notre point de vue: on finirait alors par comprendre entre autres qu'en présence d'une part de ceux qui nous reprochent de tenir le Pape trop en Charte privée, et ceux qui nous accusent de lui laisser trop de liberté, nous ne saurions guère qui contenter, etc. etc.

Je crois m'etre aperçu qu'un des passages de votre lettre qui donne ici le plus à réfléchir, est celui où vous rappelez le Timeo Danaos et dona ferentes. Jamais citation n'a été faite plus à propos.

Quant à la contre-visite de l'Empereur, les chances en ont augmentées au dire de M. de Biilow. Instruit par l'expérience de l'année dernière, je fais néanmoins encore mes réserves. A propos de ce voyage j'ai dit au Secrétaire d'Etat combien il serait impolitique, je n'ai osé ajouter • peu courtois • de le retarder d'avantage. L'Empereur de l'Allemagne moderne devait tenir, à bien des titres, à nous prouver en venant comme un ami sur notre territoire, que les Hohenzollern n'entendent pas marcher sur les traces de l'ancien Empire.

Camme il serait assez malaisé de résumer dans un télégramme mes conversations avec M. de Biilow et mes impressions, je ne vous rtélégraphierai à Venise que si j'apprends dans l'intervalle quelque chose de plus positif. Je me bornerai pour le moment à vous annoncer que le Courrier Villa arrivera dans cette ville dans la journée du 5. Il partira d'ici demain dans l'après-midi.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 123.

128

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 169. Berlino, 6 aprile 1875, ore 16,06 (per. ore 18).

La moindre pression directe ou indirecte pour Rome aurait pour résultat immanquable de donner gain de cause au parti très influent qui travaille à empecher la visite de l'Empereur ou à ce que Sa Majesté délègue le Prince et la Princesse héréditaires. Les dispositions du prince de Bismarck n'ont pas changé. Elles sont les memes que je vous avais écrit dans ma lettre particulière du neuf septembre dernier et dans ma dépeche du neuf mars échu (1), c'est-à-dire que Milan serait le Iieu de rendez-vous, sauf à pousser jusqu'à Florence si l'Empereur se sentait en force. M. de Keudell dans sa correspondance avait déconseillé Florence comme étant trop près de Rome.

129

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 250. Berna, 6 aprile 1875 (per. il 9).

Ho dato comunicazione al Presidente della Confederazione dei nomi che l' E. V. mi trasmetteva col Dispaccio di questa serie n. 150 in data del 19 Marzo prossimo passato (2), ed egli mi ha detto che per trasmetterli ai Cantoni nei quali sono a stanza le persone cui si riferiscono gli sarebbe mestieri conoscere, per quanto sia possibile, ·esattamente la nazionalità ed i luoghi dove la maggior parte di esse ora si trovano.

Prego impertanto l'E. V. a voler chiedere al Suo Collega per l'Interno le informazioni che mi sono domandate, senza di che la vigilanza federale da noi reclamata in questa congiuntura, non potrebbe che imperfettamente compiersi (3).

130

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 173. Pietroburgo, 7 aprile 1875, ore 14,20 (per. ore 21,20).

Ici on suit avec vif intéret... (4) relatif à la visite de l'Empereur d'Autriche au Roi à laquelle on se montre en général sympathique. On a répandu, on ne

sait pas comment, en ville le bruit d'une prochaine visite du Roi à l'Empereur Alexandre. Aux interrogations qu'on m'a faites à ce sujet, j'ai répondu que je ne savais rien. J'ai cru devoir ajouter pourtant que, quoique le Roi désirat beaucoup cette entrevue il me paraissait peu probable que ce projet puisse se réaliser de sitòt. Je croirais utile qu'à l'occasion de l'accouchement de la grande duchesse héritière le prince Humbert envoye télégramme de félicitation au Césarewitch et la princesse Marguerite à la grande duchesse. Le prince Gortchakoff partira avec l'Empereur le 6 du mois prochain, mais il ne reviendra pas avec lui à la mì-juin pour assister à la réception du Roi de Suède. ll a été décidé que le Baron de Jomini sera gérant du Ministère des affaires étrangères pendant son absence et que M. Stl"emoukoff conservera position provisoire qu'il occupe.

(l) -Cfr. n. 92. (2) -Cfr. p, !!4, nota l. (3) -Annotazione marginale: «all'Interno 9 aprile 75 ». (4) -Gruppo indecifrato.
131

GUGLIELMO I A VITTORIO EMANUELE II

(AVV)

L. P. Berlino, 7 aprile 1875.

Votre Majesté sait avec quel plaisir j'ai accueilli la V'isite qu'Elle a bien voulu me faire en 1873 et combien j'ai désiré Lui en exprimer personnellement toute ma reconnaissance, ainsi que les sentiments de ma sincère amitié. J'avais cru pouvoir fìxer comme le moment le plus favorable à l'accomplissement de ce dessin, l'époque avant les chaleurs d'été de l'année courante, et rien n'aurait pu m'ètre plus agréable que de venir, à l'heure qu'il est, demander à Votre Majesté la permission de Lui rendre sa visite dans le beau pays duquel j'ai gardé un impérissable souvenir. Ce n'est donc qu'à mon plus vif regret que je me vois encore, pour le moment au moins, forcé de renoncer à un projet auquel l'état de ma santé de nouveau s'oppose.

A peine rétabli d'une récente indisposition, j'ai dù avant tout soumettre la décision à prendre au vote des médecins: et je ne puis malheureusement dans mon propre sentiment donner tort a leur défense catégorique d'un voyage qui, mème avec des intervalles, ne saurait s'effectuer sans modifìer trop essentiellement la manière de vivre que les considérations dues à l'état de ma santé me prescrivent.

En me soumettant à cette nécessité que je déplore, j'aime à espérer que Votre Majesté tout en se trouvant dans la plénitude de ses forces, n'en appréciera pas moins les ménagements impérieusement exigés par la 791>me année de vie.

J'ai pl'is une vive pal't à l'heureux événement de l'entrevue de Votre Majesté avec l'Empereur François Joseph et aux nouvelles sur la réception cordiale que ce souverain, avec lequel m'unissent tant de liens personnels et politiques, vient de trouver auprès de Votre Majesté. Je n'en éprouve que plus péniblement le regret de ne pas pouvoir suivre l'exemple de mon Auguste

8 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

ami et allié, en profitant comme Lui de votre royale hospitalité. Tout en conservant l'espoir que Dieu me donnera la santé pour reprendre plus tard le projet de mon voyage, je forme des voeux pour que la Divine Providence conserve longtemps Votre Majesté à l'affection de son peuple...

132

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1447. Berlino, 7 aprile 1875 (per. il 13).

J'avais appris hier que le Prince Impérial s'était exprimé dans un sens laissant croire qu'il recevrait lui-meme la mission de se rendre en Italie, puisque les médecins se prononçaient péremptoirement contre un voyage de l'Empereur.

Je me suis aussitòt rendu chez M. de Biilow. Il m'a donné l'assurance que Sa Majesté pe;rsistait au contraire à émettre les meilleures dispositions, quelque subordonnées qu'elles fussent à un avis des médecins. Jusqu'ici du moins aucune décision n'avait été prise.

Camme je savais d'autre part que l'opposition grandissait dans les cercles de la Cour, je n'ai pas hésité à dire au Secrétaire d'Etat que, si l'Empereur ne rendait pas en personne la visite, l'impression en serait déplorable. L'opinion publique ne saurait pas se rendre compte que, durant ces derniers dixrhuit mois, il ne se soit pas trouvé 15 jours à donner, pour excursion devenue presque une promenade, par la rapidité et la facilité des communications.

On ne manquerait pas d'établir un rapprochement entre les bons procédés de celui qui était le plus grand ennemi de l'unité italienne, et le manque d'empressement d'un ancien allié. Les adversaires de l'Allemagne chercheraient à en tirer profit, dans l'espoir qu'ils auraient pour eux le sentiment national, déjà irrité par la polémique récente des journaux à propos du conflit avec le Saint Siège, dont ces feuilles voudraient nous imputer une large part de responsabilité. Je pouvais affirmer en outre, ayant assez étudié les traditions de la Monarchie de Savoie, dont Notre Auguste Souverain était le digne Représentant, qu'un des traits dominants du caractère de nos Princes était une fierté légitime pour Leur personne et pour Leur Pays, et que ce sentiment serait profondément blessé, si une abstention non suffisamment justifiée donnait Jieu à de regrettables commentaires. Autant était digne de respect le sentiment fìlial et dévoué de ceux qui, sans arrière-pensée, essayaient de détourner 1'Empereur de son désir, autant étaient blamables -et le Prince de Bismarck me donnerait certainement raison-ceux qui mettaient des entraves, pour motifs politiques ou religieux derrière lesquels s'abritaient peut-etre des intérets égoi:stes, sur lesquels je ne voulais pas insister. Or la majorHé des opposants range dans cette dernière catégorie. Bref, je me suis prononcé de la manière la plus catégorique.

M. de Biilow m'a dit qu'il s'empresserait de rapporter fidèlement mon langage au Prince de Bismarck. En attendant, il renouvelait l'assurance que la santé seule de l'Empereur pourrait l'empècher de remplir ce qu'H considérait à juste titre comme l'accomplissement d'un devoir. Le Chancelier ne pouvait que faire une insistance respectueuse et limitée à la décision imminente des médecins.

Les chances du voyage de l'Empereur me semblent plus que jamais problématiques, mais il m'a semblé bien de répéter nettement, à la dernière heure, ma façon de penser.

133

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1448. Berlino, 7 aprile 1875 (per. il 13).

Ce matin M. de Biilow ne m'ayant pas rencontré chez moi, m'a prié de passer au Ministère pour continuer notre conversation d'hier (Dépèche n. 1447) (1).

J'ai appris alors qu'une décision avait été prise dans l'après-midi du 6 Avril. L'Empereur avait essayé ses forces à la promenade. Il n'avait pas eu le sentiment qu'elles fussent revenues à un point suffisant. Il existe une faiblesse très marquée dans les jambes. Dans oes conditions il est obligé, quoique très à contre-coeur, de se rendre au veto absolu du médecin. Il le regrette d'autant plus que dans ces derniers jours encore il n'avait pas renoncé à l'espoir d'effectuer le voyage d'Italie. Il lui était personnellement on ne peut plus pénible de ne pas donner au Roi d'Italie une nouvelle preuve de sympathie et d'amitié. Mais Sa Majesté Impériale faisait appel aux meilleurs sentiments du Roi pour agréer les excuses et les regrets qui Lui seraient apportés par le Prince Impérial, chargé de remettre à cet effet une lettre de Son Auguste Père.

M. de Keudell avait été informé par le télégraphe, afin de prendre les ordres de Notre Auguste Souverain pour savoir où, quand et comment Il agréerait la visi,te de Son Altesse Impériale qui sera accompagnée par sa femme la Princesse Victoria.

J'ai répondu qu'en présence d'une décision déjà prise, je n'avais plus à discuter. Je ne pouvais d'ailleurs que me référer aux considérations que j'avais maintes fois développées, et que je ne pouvais que confirmer pour mettre à couvert toute responsabilité de ma part. Ceux qui restent responsables ce sont ceux qui l'année dernière au mois de septembre ont fait opposition lorsquie l'Empereur était en pleine santé, et parfaitement à mème de restituer une visite, dont est chargé maintenant le Prince Impérial, qui avait lui-mème à rendre celle de LL. AA. RR. le Prince et la Princesse de Piémont en 1872. Ces memes opposants savaient parfaitement bien qu'avec le grand age du

Souverain, une partie remise était presque perdue. C'est maintenant un mal irréparable, quoi qu'on dise ou qu'on fasse pour l'amoindrir.

M. de Biilow m'a donné l'assurance que le Prince de Bismarck et tout le Ministère des Affaires Etrangères étaient aux plus vifs regrets que leurs souhaits n'eussent pas été remplis, et qu'ils feraient de leur mieux pour que 1es bons rapports entre les deux Pays n'en souffrissent aucune atteinte. Lie meme souhait était chaleureusement partagé par le Prince Impérial qui n'a dù céder que devant la déclaration formelle de Son Auguste Père sur l'impossibilité absolue de Sa Majesté d'entreprendre un voyage au delà des Alpes.

Le Comte de Eulenbourg, Maréchal de la Cour du Prince Impérial, sort de chez moi. Il m'a confié que hier dans l'après-midi le Prince Impérial avait télégraphié de son còté au Prince de Piémont pour l'instruire aussitòt de la détermination de l'Empereur afin que Notre Auguste Souverain pùt se régler comme Il le jugerait le mieux à propos, avant son départ de Venise. Son Altesse Imperiale était aux regrets que Son Auguste Père ne fùt pas en état de rendre lui-meme visite à Notre Cour. Il y a deux jours encore, le projet était presque combiné de joindre à cette visite un séjour sur le lac de Como. Sa l\Iajcsté Imperiale s'était enchantée de cette idée qui aurait fait co!ncider sa présence en Italie avec celle de l'Empereur François-Joseph. Malheureusement ses forces se sont beaucoup affaiblies et il ne peut prendre sur lui de donner tort à la faculté. Le Prince n'était pas sans quelque embarras de se présenter seui, lorsque nous nous attendions à voir Sa Majesté Impériale. Le Prince invoque l'indulgence du Roi, et espère que la situation étant ainsi donnée on cherchera de part et d'autre à en tirer tout le parti possible encore, en faveur des relations les plus étroites entre les deux Maisons Souveraines et les deux Pays. A cette fin on pouvait entièrement compter sur sa coopération la plus dévouée. Son Altesse Impériale avait télégraphié au Maréchal Comte de Moltke de se joindre à sa suite. Sa réponse n'était pas encore parvenue.

J'ai fait observer au Comte de Eulenbourg che chacun noterait outre l'absence de l'Empereur une seconde lacune. En 1873 notre Président du Conseil et notre Chef du Département des relations extérieures accompagnaient le Roi. Du moment où le Prince de Bismarck n'accompagnerait pas le Prince, la visite n'aurait pas une couleur politique bien prononcée, ce qui serait regrettable.

Mais au moins le Ministre d'Italie à Berlin ne manquera pas à l'entrevue? Je l'ignore, ai-je répliqué, n'ayant aucune instruction à cet égard. Mais ma présence ne m'assignerait qu'un ròle secondaire.

Enfin, répétait M. de Eulenbourg, nous nous trouvons dans une situation délicate que ni vous, ni la Cour de Mon Prince n'ont créée, tant s'en faut: tachons d'aUer contre vent et marée et d'entourer la mission du Prince de tout le prestige possible, autant qu'il peut dépendre de nous.

Je viens de télégraphier à V. E. à Venise en recourant à l'entremise du Chef du Bureau télégraphique dans cette ville pour qu'il ait soin d'y donner cours dans le cas où Vous en seriez déjà parti.

Ci-joint une lettre particulière à votre adresse.

(l) Cfr. n. 132.

134

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 7 aprile 1875.

J'ai répondu télégraphiquement à Venise à votre télégramme du 5 courant (1). Je ne pouvais que me référer à ma lettre particul!ière du 9 Septembre 1874 (l) dans laquelle les vues du Prince de Bismarck étaient nettement tracées et ne laissaient subsister aucune espèce de doute. C'était alors M. de Keudell qui s'était chargé de pressentir le terrain, et j'avais reçu l'instruction de M. le Commandeur Minghetti de le laisser agir en me tenant sur la réserve. Mon rapport confidentiel n. 1431 du 9 mars échu (2) vous indiquait que les memes répugnances existaient aujourd'hui a fortiori. Je ne m'explique donc pas encore pourquoi j'ai été interpellé, à moins que ce ne soit à cause de certains articles de nos journaux critiquant vivement que l'entrevue entre le Roi et l'Empereur d'Autriche n'ait pas eu lieu dans la capitale meme du Royaume. Mais cela n'eut modifié en rien les dispositions régnantes ici. La dernière lueur d'espoir de la visite eut disparu plutòt si nous avions exercé la moindre pression pour fixer Rome comme but du voyage. Nous eussions fourni à la dernière heure un prétexte de reculade. Maintenant nous avons eu jusqu'au bout les bons procédés de notre còté.

Vous avez su par mes deux dépèches d'aujourd'hui (3) que la situation s'est éclaircie depuis hier seulement. Je suis très affecté qu'elle ne soit pas telle que je l'eusse désiré. Les avertissements n'ont cependant pas manqué de ma part. Mes dépeches ne vous donnent qu'un reflet adouci du langage que j'ai tenu en maintes circonstances au Ministère, et avec des personnes de la Cour qui n'ont pas manqué de se faire mon porte-voix.

Permettez-moi d'ajouter ici que le Gouvernement m'a bien peu aidé dans cette campagne malheureuse. S'il avait écouté mon conseil de nommer ici un Ambassadeur, ,et de ne pas laisser dormir la question posée depuis plus de deux ans j'aurais eu, moi ou autre, l'occasion d'entretenir l'Empereur dans ses bonnes dispositions, et d'avoir peut-etre gadn de cause sur tout au mois de septembre dernier, quand son état de santé n'était pas en j,eu comme aujourd'hui. Qu'il surviennent de sérieuses complications politiques -faute de ménager au Chef de cette mission les moyens de combattre de près à la Cour les tendances qui nous sont contraires -nous risquons fort de laisser le champ libre à nos adversaires. C'est là une position dont il faut sortir, et ne pas habituer peu à peu le Cabinet de Berlin à croire qu'on ne doit pas prendre l'Italie au sérieux quand elle émet un désir d'ailleurs conforme aux intérets des deux Pays. Je vous avoue franchement que je ne me sens plus de force à supporter une responsabilité

quand on me laisse ici en quelque sorte désarmé, et dans une condition d'infériorité vis-à-vis des autres représentants des Grandes Puissances, Le système de vouloir toujours gagner du temps peut convenir aux débiteurs, mais en politique il est sujet à mille inconvénients; quand il s'applique à des conditions telles qu'eUes me sont faites, et que pour son compte le Cabinet de Berlin, après avoir pris une initiative n'eut jamais supporté.

Mais j'en reviens au message de l'Empereur, ou plutòt du Prince Impérial. Le Comte de Eulenbourg m'a dit que dans le télégramme expédié directement par

S.A.I. au Prince de Piémont, Elle se montrait disposée à visiter le Roi partout où il conviendrait à Sa Majesté. Une exception était faite pour la Capitale. Le Maréchal de Cour me faisait la confidence que le Prince de Bismarck ne verrait pas d'inconvénient à ce que la mission fUt remplie à Rome meme, mais que le Prince Impérial pensait que dans ce cas il ne pourrait se dispenser de voir aussi le Pape, ce qui serait de nature à causer des embarras et des commentaires qui voudrait peut-etre mieux éviter.

J'ai répondu qu'il appartenait à mon Roi de décider en tenant compte de l'opinion publique du moment où il s'agissait d'une visite officielle faite au nom de l'Empereur.

Je vous envoie mon expédition du jour, sous une adresse qui m'a été fournie par le Comte del Mayno. Je tiendrais a un accusé de réception.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 92. (3) -Cfr. nn. 132 e 133.
135

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1449. Berlino, 9 aprile 1875 (per. il 13).

J'ai reçu avant hier dans l'après-midi le télégramme que V. E. m'a transmis de Venise. Quelques heures plus tard j'ai remis au Maréchal de la Cour Comte Eulenbourg la réponse textuelle de S.A.R. le Prince de Piémont pour qu'elle parvint sans retard à sa haute destination, en laissant au Prince Impérial le soin de décider s'il était le cas, contrairement à l'étiquette, de m'accordeT une audience pour lui expliquer les motifs qui avaient dicté cette réponse, motifs que je n'ai pas manqué de longuement développer au Comte Eulenbourg, qui m'a promis d'en etre le fidèle interprète.

J'étais allé préalablement chez M. de Biilow. Il valait mieux ne pas écri

re sur un sujet aussi délicat, et d'un autre còté le Prince de Bismarck ayant

pris l'habitude de ne pas recevoir les Chefs de Mission, je ne voulais pas, comme

je le disais au Secrétaire d'Etat, m'exposer à ce que dans cette circonstanoe

aussi, Son Altesse envoyàt chez moi un employé pour recevoir ma communica

tion; libre à elle de me faire appeler si elle le jugeait à propos.

J'ai également parlé à M. de Biilow dans le sens de vos instructions, en

indiquant et en accentuant de manière à ne laisser aucun doute dans son esprit

à quel point de vue nous nous placions. Il se réservait en me quittant d'en

référer sans retard à son Chef.

Dans la sorree méme il y a eu des pourparlers entre le Prince Impérial et le Chancelier, et le lendemain la question a été discutée avec l'Empereur. Le Prince de Bismarck a maintenu jusqu'au dernier moment l'avis que, à défaut du voyage de Sa Majesté, la visite officielle par délégation devait se faire à Rome du moment où nous en marquions .le dé:;ir. Mais Sa Majesté témoignait à cet égard pour son Fils les mémes répugnances que pour Elle-méme si sa santé lui eut permis de passer les Alpes. Ce sont là des-objections de la méme nature que celles que j'avais déjà signalées à V. E. par ma lettre particuliè.r~ du 9 Septembre 1874, et par ma dép€che n. 1431 du 9 Mars échu (1). Ces répugnances ayant été présentées comme invincibles, il ne restait que la combinaison, à nos yeux la plus utile aux deux Pays, à savoir celle que le Prince Impérial vint avec sa femme en Italie à titre privé.

Telle est la décision qui a été télégraphiée hier à M. de Keudell qui sera aussi chargé de remettre dès lors lui-méme à Notre Auguste Souverain la lettre par laquelle l'Empereur exprime les regrets que sa santé soit encore un obstacle à l'accomplissement d'un projet auquel il renoncerait avec beaucoup de peine.

Le Prince Impérial et la Princesse Victoria partiront donc la semaine prochaine dans le plus strict incognito sous les nom de Comte et Comtesse de Linden pour faire un voyage d'agrément en Italie, très heureux si un concours fortuit de circonstances leur ménageait une rencontre sous forme privée avec le Roi ou avec d'autres Membres de la Famille Royale.

Leurs Altesses Impériales seront de retour ici avant le 11 Mai, époque où le Tsar est attendu dans cette capitale.

Ces détails m'ont été fournis très confidentiellement par le Comte Eulenbourg, auquel j'ai répondu que je pouvais en induire I'espoir que la visite de l'Empereur n'était qu'ajournée. En effet, m'a-t-il assuré, la porte reste ouverte.

Cette situation n'a pas moins quelque chose d'assez délicat, et il serait vivement à souhaiter que ces conditions s'améliorassent le plus tòt possible.

Peut-étre que durant ce séjour en Italie, Monseigneur le Prince de Piémont et Madame la Princesse Marguerite trouveront le joint pour combiner encore les choses d'une manière acceptable des deux còtés.

En attendant, malgré ces tiraillements d'un caractère passager, il faut du moins le souhaiter, le Roi avec ce sentiment de dignité dont il n'a cessé de donner des preuves, a su prendre la position qui convient au Chef de l'Auguste Maison de Savoie et à Son Pays. En ne voulant pas renoncer à l'espoir que la santé de l'Empereur en s'améliorant ne lui permette un jour de se rendre en Italie, Sa Majesté se montre d'une extréme courtoisie, mais en méme temps laisse entendre qu'Elle n'admet pas qu'on puisse renoncer au devoir d'une contrevisite. Il est bien qu'on sache ici une fois de plus, qu'il n'est pas aisé de donner à notre Roi le change sur certaines nuances dont il est le meilleur juge.

Si le Ministère Impérial me communique à ce sujet quelques détails qu'en ce moment il ne serait pas indiqué pour ma part d'aUer solliciter, je me réserve de Les mander aussitòt à V. E.

(l) Cfr. n. 92.

136

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1450. Berlino, 10 aprile 1875 (per. il 14).

Des rumeurs sourdes grondent à Berlin, et commencent à émouvoir l'opinion publique. Le décret qui avait int,erdit l'exportation des chevaux avait déjà donné lieu à bien des commentaires, de mème que la transformation constitutionnelle et gourvenementale survenue en France, ainsi que les conséquences et les effets qui pouvaient en résulter. Je citerai également le bruit qui a couru d'une espèce de convenio entre le parti de Gambetta et les Orléanistes en haine des Bonapartistes, mais aussi en vue de faire front viribus unitis à l'Allemagne. L'Assemblée nationale en votant le 12 mars que le nombre des bataillons serait porté de 3 à 4 dans les régiments d'infanterie aurait visé à la préparation d'une guerre dont l'explosion semblerait prochaine. La National Zeitung a publié un feuilleton militaire attribué, à tort ou à raison, à l'Attaché militaire à l'Ambassade lmpériale à Paris. 1877 y était indiqué comme l'année où les forces de la France seraient dans les meilleures conditions, comme nombre et comme qualité.

D'un autre còté, le conflit ecclésiastique a pris une gravité qui le rend aujourd'hui insoluble autrement que par le triomphe absolu de l'un des deux principes entre lesquels la lutte est engagée. Il existerait sur tout le continent une ligue catholique des mieux organisées contre laquelle on ne saurait trop se mettre en garde. L'apreté du langage de la presse libérale de ce pays soit à propos de notre loi des garanties, soit au sujet du dernier incident beige, prouve à lui seui combien on est préoccupé ici des questions politico-religieuses qui prennent de plus en plus un caractère international.

L'entrevue de Venise elle aussi a été l'objet de maintes remarques où perçait une certaine défiance. La Correspondance provinciale a reproduit l'appréciation des feuilles viennoises qui ont des attaches gouvernementales, portant que la rencontre des monarques trouve son caractère politique dans l'affermissement de l'union des trois Empereurs, et dans la garantie offerte aux intérèts de la paix par l'attitude de l'Autriche. La feuille officieuse se borne à ajouter, en lettres majuscules, que • c'est dans ce sens que le peuple allemand accompagne aussi avec une sincère sympathie le voyage de l'Empereur FrançoisJoseph , . Mais la tourbe des journaux, à l'exception aussi de la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung, s'est montrée bien moins réservée. L'importance de la visite est réduite par eux aux simples proportions de la courtoisie. Les traits ironiques ne manquent pas. Une certaine jalousie se fait jour entre les lignes, précisément parce que l'ancienne ennemie de l'unité italienne, en renonçant à ses visées territoriales dans la Péninsule, cherche à y regagner politiquement ce qu'elle a perdu matériellement. Elle se met un peu en travers de l'Allemagne qui aspirait chez nous à la première piace.

Bref, des journaux sérieux, comme la Gazette de Cologne et la Post, ont

publié sur l'ensemble de la situation des articles qui ont produit ici un grand

effet. Le premier dans un article intitulé • Les nouvelles alliances • traite de l'éventualité d'une union intime entre l'Italie, l'Autriche et la France, et émet l'avis que le maintien de la paix européenne a moins de chances qu'on ne le croit généralement. Dans ces raisonnements, une large part est faite à des complications dans le cas où les adversaires du Comte Andrassy arriveraient au pouvoir etc etc. La Post demande si la guerre est en vue? Elle répond affirmativement • ce qui n'exclut pas, ajoute-t-eUe, que les nuages amoncelés à l'horizon ne se dissipent. Nous ne croyons pas qu'il convienne de taire à la Nation allemande quelle est sa situation et quels dangers son Gouvernement est exposé à rencontrer. Il est nécessaire que nous apprenions tous à apprécier notre position et à régler chaque jour en conséquence notre conduite •.

D'après certains renseignements, le mot d'ordre de parler dans ce sens provient du Prince de Bismarck se préoccupant plus que jamais des projets de revanche de la France et des embarras que lui suscite le conflit avec, le Saint Siège. Ce mot d'ordre, recueilli par les agents de la presse, est exagéré, et méme dénaturé; il va au-delà du but que se propose le Chancelier, celui à savoir de tenir en éveil l'esprit public. Il n'est pas moins vrai que les coups portent et donnent beaucoup à réfléchir. L'ambassade de France ici est sur le qui vive, tout en ne comprenant pas le pourquoi de cette campagne de la presse à son endroit, et nullement justifiée par l'attitude du Cabinet de Versai,lles.

• C'est à se demander, me disait aujourd'hui le Marquis de Sayve, qui trompet-on ici? •.

Je crois de mon devoir de signaler ces rumeurs à V. E.; tout en accordant une part à l'exagération, elles ont un còté significatif. Elles dénotent un sentiment de mécontentement, et méme d'irritation chez le Chancelier, qui n'aurait pas au fond de l'àme la méme sécurité qu'on témoigne dans le langage officiel, sur la solidité de l'alliance des trois Cours du Nord. Ce serait bien là une raison de plus pour nous tendre la main, et chercher à réparer la faute du retard ou de l'absence d'une contre-visite de l'Empereur Guillaume à notre Roi. Ou l'entrevue à Venise a eu des résultats, comme tout le porte à croire, conformes aux vues pacifiques qui ont formé en 1872 la base de l'entente entr,e les trois Empereurs, et il importerait de leur donner publiquement une nouvelle confirmation; ou cette entrevue est considérée ici comme un rapprochement pouvant offusquer le Cabinet de Berlin, et alors a fortiori il serait indiqué de détruire une pareille impression en multipliant les bons procédés.

137

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 428. Costantinopoli, 10 aprile 1875 (per. il 17).

Il noto e triste dramma di Podgoritza sta per avere il suo epilogo nell'esecuzione delle Sentenze pronunziate dalla Commissione di Scutari contro gli autori dei fatti di sangue colà passatisi, ed ora confermate e rivedute dall'Alta Corte di Giustizia di Costantinopoli. Questa Suprema Magistratura mentre ha ammesso in favore di taluni dei rei delle circostanze attenuanti, che valgono loro una diminuzione di pena, ha d'altro lato sentenziato la pena di morte contro altri fra essi a cui non era stata dianzi inflitta tale condanna, cosicché il numero dei condannati nel capo salirebbe ora a sei.

Questo Ministro degli Affari Esteri afferma essere stato spedito di già a Scutari il Firmano Imperiale perchè si faccia luogo colà senza più all'esecuzione di quei tristi.

Il R. Console a Scutari mi riferì ancora ultimamente che fra i condannati alla pena capitale dalla Commissione fu compreso un Cattolico del villaggio di Gruda, all'uopo di togliere alla sommossa di Podgoritza il carattere di un'aggressione ispirata dal fanatismo musulmano; alla veracità di quell'asserzione si oppose qui ognora il più assoluto diniego.

Il Signor Conte di Vogiié, Ambasciatore di Francia, che si è restituito da poche settimane a questo suo posto, mi diceva che l'incidente di Podgoritza, mentre non aveva potuto che produrre anche in Francia la più penosa impressione, aveva avuto per effetto di render sempre più persuaso il Gabinetto di Versaglia della necessità di un costante accordo delle primarie Potenze e della convenienza assoluta di conseguenti atti collettivi dei loro Rappresentanti a Costantinopoli quando si voglia quivi arrivare ad una soddisfacente soluzior..e nelle questioni di generale interesse, e così doversi solo agli adopramenti fatti di concerto fra noi fin dal principio dell'incidente, se esso ha ora termine con atti di dovuto rigore e di giustizia.

138

IL COMITATO TRIESTINO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Trieste ... aprile 1875 (per. il 10).

Gravi momenti politici possono aver imposta al Governo d'Italia l'accoglienza di Francesco Giuseppe d'Austria nella Venezia; doveri di convenienza e di costumanze possono avere richieste la solennità del ricevimento e le dimostrazioni cordiali; ma nè la gravità dei momenti politici nè i doveri di cortesia, possono imporre ai reggitori di quel Governo che seppe dire -l'Italia è fatta, ma non compiuta -la violazione di quei diritti, che a noi, della Venezia orientale, riserva il voto della nazione, sacrato dal sangue de' cittadini migliori.

Rimasti all'Austria, per forza di contingenze politiche noi, quant'altri italiani, siamo assistiti, fiduciosi nel senno di chi regge i destini d'Italia, all'avvenimento che si è compiuto e del quale riconoscemmo l'importanza, e, perché italiani e fidenti non ci siamo interposti, a spezzare quegli atti che meglio avvantaggiavano la patria comune od a disturbarne gli effetti se da lei desiderati o favoriti. Ma ora compiutosi quell'avvenimento, nuove e possibili conseguenze politiche ci costringono a smettere il riserbo che ci siamo imposti.

Le apparenze che ammonitano quell'avvenimento ed il linguaggio della stampa, estera ed italiana, e più particolarmente di quella ispirata dal Gabinetto di V. E., potrebbero, Signor Ministro, far credere contrariamente al vero, al mondo politico, che il Governo d'Italia abbia posto in oblio queste italiane provincie, i loro sacrosanti diritti, le legittime loro aspirazioni; potrebbero far credere che l'incontro del dominatore di fatto di queste contrade italiane, col capo della nostra Nazione implichi un riconoscimento assoluto, dei limiti dell'attuale Regno d'Italia, come estrema frontiera della unita nazione italiana; potrebbero far credere che quest'incontro riesca simile ad una formale rinunzia, del Governo italiano e della Nazione italiana, concorrente all'avvenimento coi suoi rappresentanti, ad ogni diritto di aggregazione di queste terre italiane; potrebbero infine far credere che le festività offerte dalla Trieste ufficiale al suo Signore ed alle quali Trieste italiana, sacrificando sé all'Italia, dovette assistere, dolente ma tacita, esprimano un riconoscimento del dominio di fatto, con rinunzia alla sua unione colla patria.

Di fronte a questi fatti, Trieste, che in sé concentra le sorti anche dell'Istria e del Friuli orientale, non può rimanere silenziosa, ma deve rammentare al Regno d'Italia com'essa stia ancora sotto il dominio straniero, benché quant'altra mai, terra italiana, abbia concorso alla rigenerazione della patria comune; deve rammentargli i suoi diritti e sollevare energica e formale protesta contro ogni lesione degli stessi.

Epperò Trieste forte del diritto imprescrittibile dei popoli e dei supremi principii di giustizia e d'amor patrio in nome suo e di tutta la regione della Venezia Giulia, solennemente protesta contro ogni conseguenza che si volesse desumere da quell'avvenimento e che fosse per ledere il suo diritto ad una unione all'Italia; protesta contro ogni atto che tendesse a ritardare o frapporre ostacoli a cotale unione; protesta contro ogni supposizione, che si volesse trarre ai suoi danni, dalle forme richieste da politiche consuetudini.

La E. V., che in tempi difficili serbò costante fede nei destini della patria, comprenderà la nostra fede nei nostri destini; e, poiché importanti accordi politici Le sono riserbati, la E. V. vorrà farsi custode ed interprete di questa protesta, che, oggi, passati i giorni di doverose festive accoglienze nel Regno italiano, queste provincie innalzano a salvaguardia del loro avvenire.

139

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1453. Berlino, 11 aprile 1875 (per. il 15).

Ainsi que je viens de vous le télégraphier, je me suis empressé de parler au Sécretaire d'Etat de votre télégramme en date d'hier. Il confirmait la communication faite au Président du Conseil par M. de Keudell, et d'après laquelle l'Empereur conservait, comme notre Roi, l'espoir de la contre-visite, et que dès

lors le voyage du P11ince Impérial par délégation était abandonné. M. de Billow, après m'avoir donné ces assurances sur les dispositions de Sa 1\'Iajesté Impériale, ajoutait qu'elles lui avaient été répétées, il y avait deux jours, par son Auguste Souverain dans ces termes: " A mon age ce serait une présomption coupable (es ware siindig gewagt) d'émettre une certitude, mais je serai très-heureux si mes forces me permettent plus tard d'effectuer mon projet •.

M. de Biilow aurait soin de faire publier par la voie des journaux des appréciations dans le sens de la dernière partie du télégramme de V. E.

140

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1455. Berlino, 11 aprile 1875 (per. il 15).

Il est très-regrettable que, gràce aux indiscrétions des journaux, le public ait été mis au courant des hauts et des bas qui se sont manifestés dans ce dernier temps à propos du voyage en Italie du Prince hérltier d' Allemagne. Mais le plus grand écart a été commis en annonçant que l'Empereur avait renoncé définitivement au projet de rendre lui-méme la contre-visite, et que le Prince Impérial y suppléerait par délégation. Il eut été mieux avisé de garder in petto une pareille annonce. Je ne m'explique la chose que de cette manière: le parti à la Cour contraire à ce que les bonnes dispositions de Sa Majesté Imperiale fussent réalisées, a profité du moment où le Souverain ne se sentait pas encore en forces, pour lui arracher, le médecin aidant, une détermination qui a été aussitòt ébruitée afìn de couper toute retraite. De son còté la Cour du Prince Impérial avait hiì.te ayant en vue, quelles que fussent 1es circonstances, de faire un séjour en Italie, de sortir de l'indécision si le voyage aurait ou non un caractère officiel, et Son Altesse Impériale s'est associée à la pression sur le Chef de la Famille, avec d'autant moins de répugnance que le Prince avait toujours l'illusion d'accompagner en Italie Son Auguste Père. Bref, dans les deux camps, quoique pour des motifs opposés, on avait un intérét à précipiter le cours des choses, et à ne pas tenir secret le résultat.

On n'a pas tardé à reconnaitre qu'on avait fait fausse route en allant de l'avant sans avoir encore sondé le terrain chez nous. Après l'échange de télégrammes et d'explications, il a fallu rebrousser chemin; l'Empereur a accentué qu'il comptait encore restituer la visite plus tard, et comme il n'a pu se résoudre à consentir cue son Fils s'acquittàt de sa mission à Rome méme, malgré les efforts du Prince de Bismarck pour faire prévaloir un avis contraire, il a été convenu que le voyage du Prince Impérial et de la Princesse Victoria aurait lieu en forme privée (1).

(Le lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 1621). Il principe si recò in forma privata a visitare il Re a Napoli il 25 aprile.

Je ne puis que me référer à ce que je vous ai mandé par mon rapport

n. 1449 (l) sur les répugnances de l'Empereur relativement à Rome. J'ai contròlé l'exactitude de mes renseignements. Ils ont été confirmés par une personne qui les tenait de la Princesse Victoria elle-meme. Quand le Prince Impérial a communiqué la réponse télégraphique du Prince de Piémont (télégramme de V. E. du 7 avril) le Chancelier n'a pu réprimer un accès de rire, camme s'il voulait laisser comprendre qu'il s'attendait à ce que nous ne verrions pas de bon oeil l'exclusion de Rome, camme lieu de rendez-vous. Et lorsque Son Altesse Impériale objectait des raisons analogues à celles de son père, le Prince de Bismarck répliquait que l'héritier de la Couronne avait lui aussi le devoir de ne pas avoir l'air de se séparer de la politique du Gouvernement. Son Altesse Impériale s'engageait à ne pas insister si l'Empereur passait outre sur ses scrupules; mais Sa Majesté n'avait pas donné raison à son premier Ministre, en alléguant les égards qu'il devait observer vis-à-vis des 14 millions de Catholiques dans l'Empire. La Princesse Victoria croyait aussi savoir que si l'Empereur avait pu effectuer aujourd'hui le voyage en Italie, le Chancelier n'eut probablement pas figuré dans la suite. Il se disait peu satisfait de notre conduite dans le conflit de l'Allemagne avec le Saint Siège, et préférait éviter des explications un peu vives avec nos Ministres.

Dans ces conditions le Roi par son attitude n'a pas moins obtenu deux points que j'ai signalé plus haut: l'abandon de la contre-visite est redevenu un ajournement, et l'excursion incognito en Italie du Prince Impérial ne préjuge ni l'avenir, ni la question d'une rencontre à Rome. La question de dignité d'une part, abstraction faite de l'empressement d'autre part, est sauvegardée. C'était l'essentiel. Relativement parlant, il y a donc eu quelque succès de notre còté. Mais ce résultat une fois acquis, je n'ai pas besoin d'appeler l'attention de V. E. sur un point qui a aussi une importance. Je ne doute pas que d'une manière indirecte nous saurons témoigner au Prince Impérial et à la Princesse Victoria que les derniers incidents dont ils ne sont en rien responsables, n'ont laissé sur l'esprit de notre Cour aucune impression facheuse. Le Prince Héritier écrit aujourd'hui meme au Prince de Piémont en exprimant l'espoir qu'un heureux hazard leur ménagera une entrevue. J.e crois que la proposition d'un séjour à Monza, tout-à-fait en fami1le et à titre privé produirait un bon effet. Au besoin on pourrait exercer une douce violence. La Cour du Prince et de la Princesse de Piémont se souviendra peut-etre que le 22 Avril est le jour anniversaire de la naissance de la Princesse Marguerite de Prusse que nos Princes ont tenue sur les fonts baptismaux à Potsdam en 1872. Un télégramme ou une lettre de félicitations de leur part à cette date serait pour les Augustes Parents une délicate attention. N'oublions pas q_ue dans un avenir qui ne peut etre bien éloigné, ces memes personnages porteront couronne, et que si nous avons en eux des amis, il nous convient de cultiver cette amitié.

(l) Cfr. il seguente t. di Vittorio Emanuele II a Minghetti del lO aprile: «Le ripeto che dal momento che il principe viaggia per diuorto con nessun mandato. non credo necessario insistere farlo venire Roma e temo anzi che abbia ad offendersi di tale insistenza •

(l) Cfr. n. 135.

141

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1456. Berlino, 11 aprile 1875 (per. il 15).

Dans l'entretien que j'ai eu hier au soir avec le Secrétaire d'Etat, j'ai amené la conversation sur les rumeurs inquiétantes aux quelles se rapporte ma dépeche N. 1450 (1). Il les taxait, comme je l'avais fait, d'exagéra.Uon, tout en convenant aue l'organisation militaire française donnait beaucoup à réfléchir ici dans les cercles militaires. Aux yeux des hommes compétents, il ne s'agit pas de ![:es réformes progressi'Ves qui exli.geraient encore trois ou quatre années pour atteindre un résultat proportionné aux ressources et aux besoins de la France, mais de ces mesures précipitées et très-couteuses qu'on ne prend d'ordinaire que pour une guerre à courte échéance -six mois par exemple. Il est donc assez nature! gu'on se préoccupe ici d'un tel état de choses, sans vouloir y rattacher toutes les conséquences signalées par la presse qui a jeté le cri d'alarme.

Je me suis borné à faire l'observation qu'il me paraissait invraisemblable que la France, sans aucune alliance, commette l'insigne folie de se mesurer avec l'Allemagne. Pour ce qui concerne l'Italie, l'axe de sa politique ne saurait varier: son programme est la conservation de la paix; et ses intérets sur ce point concordent entièrement avec ceux du Cabinet de Berlin.

La Nord deutsche Allgemeine Zeitung dans son numéro d'aujourd'hui s'applique à atténuer l'artide de la Post dont j'ai fait mention dans ma dépeche précitée. Les appréciations du journal officieux se terminent par les remarques suivantes:

• A notre avis ce qui est dit par la Post à propos de l'Autriche et de l'Italie ne répond pas au véritable état de choses. Chacun sait qu'il existe dans les deux pays un parti pour le Pape et que les adeptes des Jésuites ne sont pas les amis de l'Allemagne. Dans ces Pays heureusement ces influences ne sont pas assez fortes pour porter atteinte à l'entente des Gouvernements de l'Empereur François-Joseph et du Roi Victor Emmanuel avec l'Empire allemand, et pour troubler les relations amicales dont l'Allemagne jouit dans ces deux Etats •.

Cette publication répond déjà au désir exprimé par le télégramme de

V. E. en date du 10 courant.

142

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1977. Roma, 12 aprile 187 5 (per. il 13 ).

A parziale riscontro della nota segnata in margine (2) pregiomi partecipare all'E. V. le seguenti notizie:

Carlo Terzaghi è di Lodi e travasi attualmente in Ginevra ove pubblica

il giornale H Proletario.

Joukowski Nicolas è domiciliato a Ginevra e fa parte del Comitato di

propaganda rivoluzionaria.

Molinari Bartolomeo è di Venezia, travasi a Ginevra e fa parte del

Comitato centrale della lega dei lavoratori.

Il B. Malon è un comunardo francese, ed abita abitualmente a Lugano.

Il Cafiero Carlo è di Barletta ed abita presso Locarno in una città

detta la Baronata.

Zanardelli Tito, è di Venezia e dimora attualmente a Lugano.

Arnould è francese e travasi pure a Lugano.

Bakounine Michele è russo di nazione e dimora nelle vicinanze di Lugano.

Alfonso Danesi è romagnolo ed abita pure a Lugano.

Nabruzzi Lodovico è di Ravenna e dimora a Lugano.

Cesari Cesare è della provincia di Bologna e dimora a Ginevra.

Getti Gaetano è di Bologna e dovrebbe trovarsi anch'esso a Ginevra.

Angelo Umiltà è un ex delegato di Pubblica Sicurezza e dovrebbe trovarsi

tuttora a Ginevra, dove venne nello scorso Novembre arrestato, com'è noto all'E. V., dietro domanda del Governo nazionale.

Della Calle Antonio travasi a Ginevra.

Stallo Luigi è di Genova e trovasi a Ginevra.

Leonesi Alfonso è di Bologna e trovasi rifugiato a Ginevra.

Mi riservo di far conoscere all'E. V. la nazionalità ed i luoghi di residenza dei nominati Marocci, Lefrançais, Perret e fratelli Tomeot (1).

(l) -Cfr. n. 1::16. (2) -D. 16 del 9 aprile che ritrasmetteva al Ministero dell'Interno il n. 129.
143

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1458. Berlino, 12 aprile 1875 (per. il 16).

Ainsi que j'en avais prévenu V. E. par ma dépikhe N. 1454 (2), le Prince Impérial et la Princesse Victoria, accompagnés du Chambellan Comte de Seckendorf, d'un Adjudant le Colone! Mischke et de la Comtesse de Bernstorff, Dame d'honneur, sont partis aujourd'hui pour leur voyage d'agrément en Italie. Il m'a paru convenable de me trouver à la gare pour saluer à titre privé Leurs Altesses Impériales. C'était respecter leur incognito et faire en meme temps acte de courtoisie.

Le Prince a exp~imé aimablement ses regrets qu'il ne me fùt pas donné de prendre part à cette excursion. Il en comprenait le motif: • mais, ajoutait-il, le voyage de mon Père n'est que remis à l'automne. L'Empereur vient de me le dire, quand j'ai pris congé de Lui •. Son Altesse Impériale et sa Femme ne renonçaient pas à l'espoir de rencontrer, lors mème qu'ils fussent

réduits à la condition de simples touristes, le Prince et la Princesse de Piémont. On ne pouvait ignorer à notre Cour combien étaient vives et sincères Leurs sympathies pour le Roi et Son Auguste FamiUe. Le Prince avait écrit hier au Prince de Piémont pour l'informer de ses faits et gestes. Son Altesse Impériale compte retourner à Berlin vers le 10 Mai pour s'y trouver présent lors de la visite de l'Empereur de Russie à la Cour de Prusse, et repasser ensuite les Alpes pour rejoindre sa Femme et la reconduire plus tard en Allemagne.

La Princesse Victoria assurait aussi que ce n'était que partie remise, Sa Majesté Impériale persistant dans de bonnes dispositions auxqueHes jusqu'ici les médecins opposent un veto. J'ai répondu qu'après tous les regrets en Octobre dernier, nous nous étions un instant bercés de l'illusion que nous touchions à un idéal, à savoir celui que Sa Majesté et Leurs Altesses Impériales, ainsi que la Grande Duchesse de Bade allaient réaliser le projet presque arrété d'un voyage de famille en Italie. Deux fois déjà, à de longs intervalles, la fatalité s'était mise en travers. Je ne pouvais que citer ce mot bie n connu: « •••on désespère alors qu'on espère toujours •.

Le Prince ne croyait pas qu'il lui fiìt possible durant le séjour en Italie d'exercer une attraction sur l'Empereur. Selon les conseils des médecins, Sa Majesté ira sous peu de jours à Wiesbaden pour trois semaines; retour à Berlin pour la réception du Tsar, puis Ems et peut-étre Gastein. Plus tard on entre dans les grandes chaleurs. En Septembre les manoeuvres de Corps d'Armée en Silésie. Ce ne serait donc en effet que vers le mois d'Octobre que la contre-visite aurait lieu.

Le Roi qui a un tact si exquis, jugera Lui-méme mieux que qui que ce soit, s'il ne serait pas à propos que le Prince et la Princesse de Piémont offrissent l'hospitalité à la Princesse Victoria au Chàteau de Monza ou ailleurs, au moins durant la course que le Prince Impérial fera à Berlin au commencement de Mai.

(l) -Annotazione marginale: • a Berna 15 aprile 75 -a Lugano 28 detto •. (2) -Non pubblicato.
144

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 183. Monaco, 14 aprile 1875, ore 17,10 (per. ore 21,35).

Je crois savoir en cas de conflit entre Prusse et Italie à propos de loi garantie Bavière dans les limites de ses forces refusera s'associer politique prussienne.

145

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 151. Roma, 14 aprile 1875.

Ignoro se cotesta legazione abbia notizia della pubblicazione che il noto Carlo Terzaghi fa a Ginevra, coi tipi di V. Blanchard, di un giornale inti

tolato il P1·oletario. Quale sia l'indole di quel giornale, quanta ne sia l'audacia nell'offendere la morale e gli ordini sociali, V. S. potrà scorgere dai quattro numeri qui uniti (40, 41, 42, e 43) dei quali il Ministero dell'Interno desidera la restituzione.

Per spedire quel foglio in Italia si suole inchiuderlo in altro giornale, nel Bund o nel Petit Journal Suisse quest'ultimo edito appunto nella stessa tipografia V. Blanchard. L'autorità giudiziaria ha operato il sequestro di alcuni esemplari spediti in questo modo ed io ho sott'occhi appunto un esemplare del n. 42 del Proletario chiuso dentro Le Petit Journal Suisse del 6 febbraio spediti così sotto fascia col bollo postale elve,tico di Eaux Vives all'indirizzo di Osvaldo Gnocchi Viani Roma. La fascia è manoscritta.

V. S. Illustrissima osserverà che se l'indicazione della tipografia V. Blanchard si legge soltanto sotto l'ultima linea del n. 42 del Proletario, la stessa tipografia è indicata in tutti i numeri sotto il titolo del giornale come la sede della redazione del medesimo. Nella quarta pagina del n. 40 si trova poi un avviso, firmato Carlo Terzaghi, col quale questi si dichiara il responsabile di tutto ciò che viene inserto nel Proletario.

Premesse queste osservazioni io vorrei che V. S. Illustrissima esaminasse se la legislazione elvetica permetta un così indecente abuso della libertà che sul territorio svizzero trovano delle persone della tempra del Terzaghi. Se le leggi svizzere contengono, ed io credo che debbono contenere, dei provvedimenti per tutelare contro simili abusi la morale e l'ordine sociale, la tolleranza delle autorità di Ginevra verso il Terzaghi ed il tipografo Blanchard, riuscirebbe inesplicabile. L'autorità ginevrina ha inoltre gravemente mancato permettendo che impunemente venisse oltraggiato il R. Consolato stabilito in quella città. Sopra questi fatti chiamo tutta l'attenzione di codesta legazione. Il Governo di Sua Maestà ha dato oramai prove sufficienti alla Confederazione elvetica dei sentimenti di amicizia che sarà sempre lieto di poter consolidare, per poter in questa occasione indirizzare al Governo federale una rimostranza tendente appunto ad ottenere, mercè la repressione dei segnalati abusi, che quei sentimenti non abbiano a soffrirne detrimento.

146

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 2016. Roma, 15 aprile 1875 (per. il 16).

In continuazione alla mia nota del 19 marzo scorso n. 1544 mi pregio certificare all'E. V. che, per quanto mi viene riferito, una circolare firmata Li,ebknecht, Hasenclever, Bernstein, Bock e Auer venne spedita da Berlino alle federazioni della Internazionale per avvertirle che nei giorni 23, 24 e 25 Maggio prossimo avrà luogo nella birreria Wise Laur in Berlino a porte

chiuse un congresso nel quale verrà posto in discussione il seguente ordine

del giorno:

l o Unione dei democratici socialisti.

2° Programma del nuovo partito operajo da fondarsi.

3o Organizzazione di questo partito.

Nomina dei Capi-Agitazione.

Le federazioni estere potranno mandare al congresso delegati, ma questi non avranno diritto di parola né di voto (1).

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

L. P. Roma, 16 aprile 1875.

Dans votre depéche politique n. 1450 (2) Vous passez en revue les différents sympt6mes alarmants de la situation actuelle et les nuages qui assombrissent l'horizon politique. Mon attention s'est naturellement portée sur les interprétations auxquelles a donné lieu dans certains journaux allemands l'entrevue de Venise, et j'ai de la peine, je l'avoue, à me convaincre de la bonne foi de ces commentaires.

Depuis le voyage de S. M. le Roi à Vienne et à Berlin, il y a deux ans, il avait été beaucoup plus Question de la visite de l'Empereur d'Allemagne en Italie que de celle de l'Empereur d'Autriche. Autant que notre dignité nous a permis de le faire, autant qu'il était permis de discuter les considérations d'àge et de santé qu'on mettait en avant, nous avons sollicité l'exécution du voyage de l'Empereur Guillaume. Au contraire nous avons toujours douté de la réalisation prochaine du voyage de l'Empereur d'Autriche, car le choix du lieu de l'entrevue était bien autrement difficile et embarrassant. J'ai donc été surpris, comme tout le monde, de la résolution de l'Empereur François Joseph de venir à Venise. Le choix de cette ville ne pouvait certes lui étre indiqué par nous: il ne pouvait pas non plus donner lieu à des discussions de notre part. Ce choix indiquait d'ailleurs si clairement le désir d'effacer par les bonnes relations actuelles tout souvenir du passé, qu'il ne pouvait qu'étre accepté avec plaisir par le Gouvernement du Roi et par le pays. Il n'y a donc pas à s'étonner que ces sentiments alent trouvé leur expression dans l'accueil cordial que Venise a fait à l'Empereur François Joseph. Mais le journaliste qui a jeté des accusaHons de servilité

à la face de Venise et de la nation italienne à cette occasion, ne connait ni Venise ni l'Italie.

Est-ce notre faute, à nous, si une réception enthousiaste n'a pu etre faite à l'Empereur Guillaume? Est-ce notre faute, à nous, si meme le Prince Héréditaire n'a pu venir à Rome au lieu de son Père et y recevoir de la part de la Famille Royale et de ·toute la population romaine l'accueil le plus cordial et le plus sympathique? Vous etes à meme, mon cher Comte, de répondre à ces questions. Des journaux ont prétendu que S. M. l'Empereur Guillaume avait résolu de venir à Rome rendre la visite au Roi, et que c'est le Cabinet ltalien qui s'y est opposé. Vous savez si le non possumus vient de nous. Je dédaigne naturellement ces petites manoeuvres de notre opposition de gauche; mais il ne peut m'etre indifférent de voir fausser systématiquement l'opinion publique par des journaux importants.

Ce qui me rassure, c'est que l'ignorance complète des rédacteurs des articles dont je .parle sur les dispositions réelles des principaux Cabinets de l'Europe, suffit pour démontrer à mes yeux que ces articles n'ont pu etre inspirés par des mots d'ordre venus de plus haut. Il est impossible, en effet, de défigurer plus complètement les causes réelles du voyage de l'Empereur François Joseph et la portée réelle de l'entrevue de Venise. D'après le Post, de Berlin, ce serait le parti clérical autrichien qui aurait poussé

S. M. Apostolique à rendre à Victor Emmanuel sa visi·te, dans le but de l'arracher à l'alliance allemande et de préparer une sorte de triple alliance avec la France. Rien ne saurait ètre plus contraire à la vérité. L'entrevue de Venise est au contraire, une victoire du Comte Andrassy sur le parti féodal et clérical autrichien. Son but évident est de raffermir l'accord de l'Autriche et de l'Italie avec l'Allemagne, et de faire contrepoids à certaines autres tendances du parti militaire. Jamais le parti clérical, dans aucun pays, auprès d'aucune Cour, ne nous pardonnera d'etre venus à Rome, d'y avoir détruit le pouvoir temporel. C'est là un crime ineffaçable; tout le but de l'agitation du parti clérical est de ressaisir le gouvernement temporel: ceux qui croient qu'il peut devenir notre allié, que nous avons à espérer de lui autre chose que des anathèmes et la guerre à outrance, n'ont pas le sentiment réel de la situation politique en Europe.

Dans mes conférences avec le Comte Andrassy nous nous sommes trouvés d'accord sur la nécessité de maintenir dans ses traits fondamentaux, notre politique actuelle. L'alliance avec Berlin et Pétersbourg a été reconnue la première nécessité de nos deux Gouvernements; aucun mot n'a été prononcé dont le Cabinet de Berlin puisse prendre le moindre o m brage. De mon còté, j'ai vivement insisté sur mon désir sincère de prendre part aux accords particulie·rs des trois Empires relativement aux affaires d'Orient, dont nous ne pouvons pas nous désintéresser, et dans lesquelles, non plus que dans les autres grandes questions européennes, nous ne voulons poursuivre aucun but égoi:ste. J'ai remercié le Comte Andrassy de ne pas avoir voulu se preter à des intrigues françaises relativement à des combinaisons plus ou moins aventureuses pour le prochain Conclave. De son còté, il m'a renouvelé la promesse que l'Autriche Hongrie ne nous aurait pas créé d'embarras à propos de Rome, et qu'il aurait évité de blesser nos susceptibilités nationales ou de favoriser des projets ou des combinaisons puisant leur inspiration dans les

idées ultramontaines. J'ajouterai que le Comte Andrassy n'envisage pas sans frayeur l'hypothèse du départ du Pape du Vatican; que cette hypothèse lui paraìt pleine d'embarras pour l'Autriche et sans aucune utilité réelle pour l'Allemagne et qu'il approuve la fermeté masq_uée de modération que nous avons suivie jusqu'à présent vis-à-vis de la personne du Pape; il ne m'a pas caché que notre modération calculée l'a souvent aidé à surmonter les embarras de la position, et il m'a vivement engagé à ne pas céder aux insistances de notre gauche parlementaire qui n'a aucune idée précise des sentiments personnels des principaux Souverains de l'Europe et des éléments les plus importants de la politique générale.

Voilà, en peu de mots et presqu'à la lettre, le résumé de mes conférences avec le Chancelier de l'Empire Autrichien. Je ne pense pas qu'il soit ignoré de S. A. le Prince de Bismarck. Dans tous les cas je pense qu'il sera uti~..; qu'il en entende par vous la confirmation naturellement de la manière la plus réservée. Le ChanceHer Allemand a droit à ces confidences de notre part. Mais de notre còté nous pensons avoir droit à espérer qu'il ne laisse pas aller à la dérive l'opinion publique en la livrant à des journaux trop zélés et imprudents. Je vous parle à coeur ouvert. Il peut etre facile de nous remplacer en Italie par un Ministère de gauche. Mais il ne serait pas facile de remplacer le Comte Andrassy à Vienne par un Ministre plus libéral. Je ne sais pas si l'Allemagne gagnerait grande chose au change en Italie. Elle y perdrait assurément en Autriche. Les journaux allemands qui nous honorent de leurs injures et de leurs calomnies se trouveraient avoir fait, au bout du compte, les affaires du parti ultramontain.

Soyez du reste convaincu, mon cher Comte, que le fil qui nous rallie à Vienne passe par Berlin et que notre alliance avec l'Allemagne est encore, malgré tous les incidents désagréables que nous venons de traverser, la seule combinaison politique qui, étant fondée sur la nature meme des choses, ne peut etre remplacée par aucune autre combinaison artificielle.

L'Empereur Guillaume et le Prince de Bismarck en auraient des preuves Ies plus frappantes s'ils pouvaient venir passer quelques jours en Italie. J'ose à peine espérer que ce projet puisse se réaliser: ce serait pour le Roi et pour nous la meilleure récompense de nos efforts pour éviter des embarras et des désagréments qui, du reste, ne nous effrayent pas et que nous croyons pouvoir surmonter à l'aide d'une politique toujours loyale et sincère.

(l) -Annotazione marginale: • a Berlino, 16 aPrile 1875 •· (2) -Cfr. n. 136.
148

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1461. Berlino, 16 aprile 1875 (per. il 20).

M. de Biilow m'a dit hier que le 13 de ce mois une dépeche avait été transmise à M. de Keudell avec l'instruction de vous en parler académiquement. Il avait déjà reçu une communication antérieure pour régler son langage si l'occasion s'en présentait. Il est maintenant chargé de vous laisser entendre qu'il y aura interruption dans les pourparlers engagés en vaie particulière relativement à la recherche des moyens à employer pour mettre un frein aux attaques du Saint Siège contre l'Allemagne. La question a été mise à l'étude. L'échange des idées qui a eu lieu avait pour but de tàcher de parer à certains abus qui sautent aux yeux, et nullement d'exercer une immixtion en Ihilie. Parce qu'on signale les maux qui dérivent des immunités, de l'impunité dont jouit la Cour Pontificale, parce qu'on met en quelque sorte le doigt sur la plaie, et qu'on nous demande si nous connaissons quelque remède, il n'est pas dit pour autant que le Cabinet Impérial veuille se constituer le médecin. L'avenir prouvera s'il convient de reprendre cette conversation entre amis préoccupés de sauvegarder leurs intérets mutuels. En attendant nous pouvions considérer l'incident camme clos.

J'ai répondu a M. de Biilow que je ne pouvais que me référer à nos entretiens antérieurs, et que je persistais à croire qu'il était dans les convenances de l'Allemagne de ne pas subordonner les intérets vitaux et permanents entre les deux Pays à une controverse des plus délicates sur la situation de la Papauté dans le conflit entre l'Eglise et l'Etat, à une effervescence que le temps calmera, malgré la vivacité de la crise actuelle. C'est là une question qui ne peut que gagner en la laissant murir aux soins des Italiens, tandis que le point culminant de notre programme lui survivra. Ce point consiste à nous entendre pour maintenir la paix générale pour veiller en sorte de mettre à l'abri de toute at,teinte notre indépendance et notre intégrité territoriale.

Vous aurez remarqué dans ma dépeche d'hier n. 1459 (l) que vis-à-vis de la Belgique aussi il y a eu une détente dans la situation, un ajournement à la fin de l'année dans l'espoir que d'ici là des lacunes législatives seront comblées de part et d'autre, et deviendront d'une application commune dans le reste de l'Europe. Il est à prévoir que le projet de loi qui sera élaboré ici pour prendre les devants, (car pour me servir de l'impression du Prince de Bismarck il serait • déraisonnable • de demander à un Etat quelconque des mesures sans offrir la réciprocité), punira dans une large mesure les simples tentatives contre la sécurité des personnes en pays étranger ou contre le repos intérieur des Etats. Le haut et le bas c1ergé, les Ultramontains zelanti se trouveraient alors sous le coup de poursuites judiciaires dès QU'ils élèveront la voix pour obéir au Vatican. L'an n'atteindrait pas encore directement le Pape mais on le frapperait dans ses organes et on le paralyserait dans l'exercice de ses fonctions. Ce serait, à mon avis, la première étape sur le terrain international; sauf à essayer un nouveau pas en avant, à reprendre avec nous, à les généraliser meme avec d'autres, les pourparlers sur la situation de la Papauté placée sur notre territoire, si les mesures défensives dont il s'agit devenaient illusoires ou insuffisantes. C'est peut-etre ainsi Qu'il faut expliquer le langage de M. de Biilow sur la suspension de nos entretiens au sujet d'une question qui reste à l'étude.

(l) Non pubblicato.

149

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2493. Parigi, 16 aprile 1875 (per. il 20).

Mi pregio di segnar ricevimento del dispaccio di questa serie n. 555, che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi il 12 aprile corrente (1), e che si riferisce alla Conferenza internazionale del metro riunita in Parigi.

Com'ebbi l'onore d'informare l'E. V. per telegrafo, il progetto di Convenzione n. l fu parafato jeri dai Rappresentanti d'Allemagna, d'AustriaUngheria, della Confederazione Argentina, del Belgio, del Brasile, della Spagna, degli Stati Uniti, della Francia, della Russia, della Svezia e Norvegia, della Svizzera e di Venezuela. La firma definitiva fu fissata al 20 maggio prossimo. Il Rappresentante dell'Italia in seguito al dispaccio precitato dell'E. V. non si è creduto autorizzato a parafare la Convenzione e domandò ed ottenne che il protocollo di parafazione gli rimanesse aperto.

Vengo ora a supplicare istantemente l'E. V. di volergli impartire istruzioni definitive che gli diano facoltà di accettare e di firmare, ovvero di respingere la Convenzione e di ritirarsi dalla Conferenza. L'E. V. è stata informata dalle relazioni del Prof. Govi di tutte le fasi della discussione relativa al progetto di Convenzione. Questo progetto è stato inviato a suo tempo al Ministero, ed a Quest'ora anco il calcolo approssimativo delle spese dev'essere giunto alle mani dell'E. V. Il Ministero potrà quindi impartirmi con piena conoscenza di causa le istruzioni che sollecito. Nel caso in cui queste istruzioni mi diano la facoltà di firmare prego l'E. V. d'unirvi i necessarj pieni poteri firmati da Sua Maestà.

Nel dispaccio, al quale ho l'onore di rispondere, l'E. V. tocca alla quistione della spesa. In ordine a questa quistione fu da me espressamente riserbata l'approvazione del Governo di Sua Maestà per la parte che gli spetta. Non ho a questo riguardo alcuna osservazione a presentare, salvoché devo rettificare la cifra del prezzo d'acquisto dei prototipi del metro, il qual prezzo è di franchi cinquemila per ciascuno, e non di lire cinquantamila com'è indicato per errore nel dispaccio ministeriale. Su questa materia spetta al R. Governo d'avvisare e di dare o di non dare la sua approvazione. Noterò solamente che tutti gli Stati sopra mentovati hanno dato il loro consenso senza alcuna riserva, e che il rigetto della spesa implicherebbe necessariamente il rigetto della Convenzione.

Un secondo punto, accennato nel dispaccio dell'E. V., si riferisce alla composizione del Comitato permanente. A questo riguardo è da osservare che in seguito alle dichiarazioni fatte in seno alla Conferenza dal Ministro degli Affari Esteri di Francia e da me, l'antico comitato permanente fu considerato come attualmente disciolto. La sua ricomposizione nell'attua:le progetto deriva da un'altra e più autorevole origine, cioè dalla Conferenza Diplomatica attuale. Il Comitato è inoltre aumentato di due nuovi membri

uno dei quali è il Prof. Govi. Le intenzioni del R. Governo intorno al Comitato erano fin da principio, se non erro, le seguenti: in primo luogo il Governo di Sua Maestà chiedeva che non si rinnovassero incidenti come quello a cui diede luogo la presenza del Padre Secchi, in altri termini che nessun Delegato o Rappresentante della Santa Sede, prendesse parte alla Conferenza

o facesse parte del Comitato; in secondo luogo che l'Italia fosse rappresentata anche in seno al Comitato. L'una e l'altra cosa sono ottenute. Quanto alle successive elezioni dei membri del Comitato che dovessero farsi in avvenire, in surrogazione dei membri attuali, l'Italia si troverà in situazione identica a quella delle altre Potenze contraenti. Del resto il progetto di Convenzione fu elaborato dai Delegati tecnici, e per votazione della maggioranza della Conferenza diplomatica fu deciso che non sarebbe stato discusso nella Conferenza stessa ma che sarebbe stato puramente e semplicemente accettato o respinto dai singoli Rappresentanti Diplomatici interrogati successivamente. Una discussione nuova sopra di esso non sarebbe certamente ammessa dalle Potenze che hanno aderito. Queste Potenze e specialmente l'Allemagna, l'Austria, la Francia, la Russia, il Belgio, la Svizzera, la Svezia e Norvegia, mostrarono nella votazione del progetto, senza discussione, il più assoluto ed il più risoluto accordo.

Finalmente intorno alla neutralità dell'ufficio internazionale occorre notare che nel pensiero delle Potenze essa sarebbe praticamente inapplicabile in caso di guerra. Nessuna Potenza vorrebbe o potrebbe guarantire la neutralità d'un tale ufficio nel senso stretto della parola.

Il carattere di stabilimento scientifico di utilità pubblica, ed il carattere di proprietà internazionale sono considerati come sufficienti per guarantire nei limiti del possibile l'ufficio del metro contro le eventualità di guerra.

Chiuderò questo dispaccio ripetendo la preghiera d'inviarmi istruzioni definitive il più presto possibile. In presenza delle istruzioni precise mandate ai loro Rappresentanti dagli Stati i più lontani, come la Svezia e Norvegia, la Russia e gli Stati Uniti d'America nel senso affermativo e la Grecia nel senso negativo, un ritardo ulteriore per parte della vicina Italia non sarebbe facilmente giustificabile.

P. S. -Mando oggi separatamente sotto fascia all'E. V. un esemplare dei processi verbali di tutte le sedute tenute dalla Conferenza internazionale del metro.

(1) Non pubblicato.

150

VITTORIO EMANUELE II A GUGLIELMO I

Ed. in Le lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 1623-1624)

L. Napoli, 19 aprile 1875.

J'ai été vivement ému de la manière cordiale avec la quelle Votre Majesté Impériale a bien voulu m'exprimer ses vifs segrets de ce que le médecins n'aient pas voulu consentir à l'exécution de son projet de voyage en Italie (1).

(ll Cfr. n 1:11.

Votre Majesté Impériale sait q_ue mon plus vif désir serait de pouvoir me rencontrer de nouveau avec Elle et q_ue ce serait pour moi le plus grand bonheur si je pourrais lui offrir l'hospitalité dans mon royaume.

Mais les égards et les ménagements dus à la santé précieuse de Votre Majesté Impériale doivent étre mis au dessus de toutes les considérations. Me comptant au nombre des personnes qui ont voué à Votl'e Majesté Impériale le plus affectueux attachement, je ne saurais mettre en balance mon vif désir de voir Votre Majesté Impériale exécuter ce voyage, avec le désir non moins sincèl'e que la santé de Votre Majesté Impériale ne soit exposée à aucune cause de trouble ou de fatigue. Je me résigne donc à faire pour le moment l'e sacrifice de mes sentiments personnels et je partage l'espoir q_u'Elle veut bien m'exprimer que ce voyage pourra avoir lieu plus tard.

Je prie la Providence qui protège évidemment l'Auguste Personne de Votre Majesté Impériale de m'accorder la joie de pouvoir le recevoir dans mon royaume dans la plénitude de sa santé.

Je remercie sincèrement Votre Majesté Impériale des félicitations qu'Elle m'envoie relativement à mon entrevue avec S. M. l'Empereur d'Autriche-Hongrie. J'ai été heureux de lui témoigner par une réception cordiale et affectueuse les sentiments dont mon peuple et moi nous sommes animés à son égard. Je me suis d'autant plus réjoui de cet événement en connaissant les liens personnels et politiques qui unissent Votre Majesté Impériale et S. M. l'Empereur François Joseph.

J'ai appris avec le plus grand plaisir que l'auguste fils de Votre Majesté Impériale a entrepris avec la princesse impériale sa femme un voyage dans la Haute Italie. L'incognito dont s'entourent les Augustes Princes Héréditaires n'empéchera pas, j'espère mon fils Humbert et ma chère fille Marguerite de saisir avec empressement cette occasion pour les embrasser et de rappeler la tendre amitié qui les unit depuis si longtemps.

Dans l'espoir que Dieu voudra bien conserver pendant longtemps Votre

l\!Iajesté Impériale à l'amour et à la vénération de son peuple...

151

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1462. Berlino, 19 aprile 1875 (per. il 22).

Dans mon rapport confidentiel du 15 courant, n. 1459 (1), je vous ai parlé d'un entretien qui avait eu lieu ici entre le Chancelier Impérial et mon collègue de Belgique. Ce dernier a eu maintenant l'obligeance de me communiquer le texte de la nouvelle note Que le Ministre d'Allemagne à Bruxelles a adressée, sous la date du 15 de ce mois, au Comte d'Aspremont-Lynden, et qui est une réplique à la note beige du 26 Février dernier, dont lecture a été

donnée récemment à la Chambre beige. Cette nouvelle note ayant été rédigée en allemand, j'ai l'honneur d'en envoyer ci-joint une traduction à V. E. (1), qui voudra bien considérer cette communication comme ayant un caractère très confidentiel.

Du moment où vous avez sous les yeux le document meme, je n'ai pas besoin d'entrer dans des considérations sur son contenu: elles se présentent d'elles memes et peuvent etre assez sérieuses, pour nous aussi. Le Prince de Bismarck laisse presque de còté les griefs qui avaient été mis en avant par le Comte Perponcher le 3 Février de cette année: la questio n est devenue d'après lui une affaire internationale, intéressant au mème point tous les Etats civilisés: et il s'agit pour ces derniers de se mettre d'accord, de se protéger réciproquement contre les menées dangereuses des sujets d'un Pays concernant les affaires intérieures d'un autre Etat. Il n'y a plus de raison dès lors d'exclure l'Angleterre de la communication que le Chancelier Impérial comptait faire aux autres Gouvernements de la nouvelle Ioi qui doit etre présentée au Reichstag allemand: et une loi spéciale, conforme à celle qui existe en Angleterre et qui serait applicable dans les cas analogues à celui du Sr. Duchesne, ne nous garantirait plus dès lors, ce me semble, d'une communication telle que le prince de Bismarck aurait maintenant en vue d'après la note ci-jointe. Il sera très intéressant de voir quel accueil sera fait par les autres puissances, à la nouvelle théorie internationale qui est mise en avant par le Cabinet de Berlin.

P.S. -Le Courrier Armillet est arrivé aujourd'hui dans I'après-midi, et m'a remis l'expédition de V. E.

(l) Non pubblicato.

152

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2147/503. Londra, 20 aprile 1875 (per. il 23).

Ieri sera ebbe luogo l'annunciata interpellanza del Conte di Russell sull'incidente germanico-belga.

Nei circoli diplomatici, e specialmente fra quelle persone che guardano

con diffidenza ogni atto della politica germanica, era creduto che Lord Derby

torrebbe questa occasione per rivolgere « un avvertimento, sebbene indiretto,

al Cancelliere Imperiale, e riparlare quel linguaggio dimenticato dai Ministri

degli Affari Esteri britannici dopo di Lord Palmerston ». La risposta del Conte

di Derby, misurata in ogni sua espressione, è stata un disinganno per costoro;

onde affermano adesso che « se i partiti mutarono al Governo dell'Inghilterra

non è mutato il predominio di q_uella scuola di Manchester la quale vedrebbe

impassibile anche il sacrificio di quei piccoli Stati, fiduciosi sempre nella

protezione della Gran Bretagna ».

Lord Derby, più ancora del Signor Disraeli, ha avuto per iscopo di rassicurare l'opinione pubblica di questa Nazione; e siccome il Primo Ministro nella Camera dei Comuni volle, con la sua risposta, al Signor Lewis, calmare l'eccitamento assai intenso prodotto dalla recente pubblicazione della Nota tedesca e della risposta belga dello scorso Febbraio, così il Segretario di Stato per le relazioni estere ha voluto impedire che quell'eccitamento non si avvivasse da commenti sulla contro-risposta germanica delli 15 corrente, che ha distrutta la fede invalsa [che] fosse chiuso questo incidente.

I due Ministri della Regina hanno stimato fosse un maggior servizio al Belgio non incrudelire in verun modo la quistione, e bastevole soddisfazione agli avversari della politica estera di astensione quella frase con la quale il Signor Disraeli terminava il suo discorso.

L'opinione, per altro, che questo Governo sembrerebbe essersi fatta sin dapprincipio sarebbe che la Cancelleria Germanica intenda • à poser des jalons • per l'avvenire, e per ogni eventualità e senza voler insistere ad oltranza sulle • rimostranze amichevoli • dirette al Belgio. Ed il Signor Bourke, in quest'ordine di idee, mi diceva l'altro ieri • era prima la Francia ed ora è la Germania •.

In alcuni circoli politici venne data molta importanza all'incidente, ed uomini del Parlamento ripetono le parole dette anni sono dal Signor Disraeli contro della politica di astensione dalle quistioni continentali: • può questa politica far società ricche, ma sicuramente fa deboli Stati •. E si è giunti sino a credere che la Nota tedesca delli 15 di questo mese abbia qui pure un carattere di sfida, poiché Disraeli ebbe a dichiarare di considerare l'incidente come chiuso. Ma una cotale opinione di gente sospettosa ed eccitata è chiarita insussistente anche dal fatto che il Signor di Perponcher avrebbe annunciato al Gabinetto di Re Leopoldo, ben quindici giorni prima, una prossima controrisposta.

Il testo di quest'ultimo documento non venne comunicato dal Conte di Mi.inster, e poi anche dal Barone Solvyns al Conte di Derby se non poco prima della interpellanza Russell. In parte ha soddisfatto il Foreign Office per quanto concerne il Belgio stesso; tanto più che l'Ambasciatore di Germania -secondo mi è stato affermato -ne ha fatto precedere la comunicazione da verbali assicurazioni. Ma non avrebbe fatta una uguale favorevole impressione quella intenzione manifestata (partendo dall'annuncio di una riforma della propria legislazione) di generalizzare la questione; e quell'asserire che i rapporti di Stato a Stato più facili e frequenti, lo sviluppo della stampa,

abbiano reso necessario di porre le legislazioni degli Stati all'unisono di codeste mutazioni. • Non tratterebbesi soltanto di casi di ugual natura a quello del Duchesne, pel quale può essere un punto dubbio se vi fu un principio di esecuzione che potrebbe essere passibile di una azione giudiziaria; tratterebbesi pure della libertà della parola •. E l'E. V. avrà osservato come il Conte Russell nel suo discorso, il cui senso generale non ismentisce la simpatia dell'oratore per la Germania, abbia insistito specialmente nel distinguere dalle altre la rimostranza rispetto al caso Duchesne.

Quando, pertanto, la nota germanica sarà conosciuta e ponderata in ogni sua parte forse le prevenzioni che durano tuttora saranno per cessare. Il

linguaggio moderatore del Governo avrà molto contribuito a questo risultato. Ma, convien pur dirlo, ogni diffidenza per l'avvenire, che è invalsa, non è tuttora cancellata.

Molti hanno il sentimento che l'Inghilterra non abbia quell'influenza che le compete in Europa. Vorrebbero spingere il Governo ad accentuare la sua politica estera con maggior vigoria, e distruggere quella credenza, che dicono esista sul continente, nulla valga a smuovere l'Inghilterra dalla sua

• -naturale posizione • di neutralità. La mozione alla Camera dei Comuni, negli scorsi giorni, per recedere dagli articoli addizionali del Trattato di Parigi del 1856 (e specialmente diretta contro l'articolo a favore della mercanzia neutrale sotto bandiera nimica) è un effetto di quel sentimento e di quel desiderio. • -Era una difesa assai dilicata, dicevami il Signor Bourke, perché gli avversari sono del nostro medesimo partito •.

Ho creduto, Signor Ministro, ch'egli era mio dovere accennare a V. E. i varì concetti ed impressioni che, fra _gli uomini del Parlamento e del Governo di questo paese, sonosi formati da un incidente che ha menato tanto rumore quanto questo tra la Germania ed il Belgio; e debbo infine· riferirLe che la Legazione del Belgio ha fatto esaminare e studiare la legislazione inglese per rispetto all'azione che potrebbe avere il Governo in casi simili a quelli del Duchesne, ed è venuta nel convincimento che una legge inglese del 1861 dà maggiori mezzi per tali emergenze che non concedano le leggi del Belgio.

(l) Non si puhhli.,a.

153

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1463. Berlino, 20 aprile 1875 (per. il 27).

J'ai donné lecture aujourd'hui à M. de Biilow, à titre confidentiel, de votre lettre particulière du 16 Avril (1), en ayant bien soin de déclarer qu'elle avait un caractère tout-à-fait personnel et réservé. Il m'a beaucoup remercié de cette communication si intéressante; il ne manquerait pas d'en rendre compte au Chancelier. Et à cet effet pour mieux fixer certains passages dans sa mémoire, S. E. m'a prié de lui en relire la partie la plus saillante.

Sans vouloir préjuger les impressions du Prince de Bismarck, le Secrétaire d'Etat ne mettait cependant pas en doute Qu'elles seraient des plus satisfaisantes pour la franchise d'un langage dicté par notre désir -et il était bien mutue! -de conserver les meilleures relations entre les deux Pays. Le Cabinet de Berlin attachait le plus grand prix à de semblables confidences, et donnait, entre autres, un plein assentiment à l'importance d'aider le Comte Andrassy à surmonter les embarras de sa position, et de chercher autant qu'il peut dépendre des Cabinets de Rome et de Berlin à fortifier la politique d'un homme d'Etat qui est le trait d'union entre l'Italie et l'Allemagne.

Quant aux interprétations auxquelles se sont livrés certains journaux allemands sur l'entrevue de Venise etc. etc., ni la Post, ni la National Zeitung

n'ont d'attaches officieuses. Ils ne reçoivent pas de mot d'ordre et se refuseraient meme à les recevoir. Ainsi leurs élucubrations ne doivent etre acceptées que sous bénéfice d'inventaire. Lorsque le Prince de Bismarck a eu connaissance notamment de l'article de la Post, il s'est empressé de faire contredire par la Nord deutsche Allgemeine Zeitung les bruits inquiétants qui ne répondaient pas à la réalité des choses. Les relations internationales de l'Allemagne sont loin d'etre aussi défavorables qu'on se plaisait à les envisager. La Nord deutsche Allgemeine Zeitung a bien eu soin de mettre en évidence que les appréciations de la Post étaient erronées e n ce qui concernait l'Autriche et l'Italie, avec lesquelles l'Allemagne se trouvait heureusement dans des rapports étroits d'amitié. Des réserves étaient faites seulement à l'égard de la France, les mesures que cette Puissance prend pour la réorganisation de son armée ayant en elles-memes un caractère inquiétant pour le maintien de la paix. Sa conservation est le but essentiel du Gouvernement Impérial. Dès que des nuages semblent assombrir l'horizon politique, les journaux élèvent la voix, se livrent à des exagérations regrettables, lors meme que signaler un danger n'équivaille nullement à formuler une accusation surtout quand il s'agit de Puissances amies, camme l'Italie et l'Autriche. Mais le Cabinet de Berlin tout en ne suivant pas aveuglement l'opinion publiQue, doit en tenir compte, camme des divers symptòmes de la situation, et partager par exemple la défiance générale sur les armements précipités qui se poursuivent en France, et qui paraissent calculés non pas de manière à rétablir sur des bases solide~ sa puissance militaire, mais piutòt en vue d'un but défini et prochain. Autrement elle procéderait avec une sage lenteur et espacerait sur une période de cinq ou six années les charges si couteuses de son organisation. De plus le Cabinet Impérial a le devoir de surveiller attentivement les préparatifs de toute espèce qui se font chez son voisin, afin de ne pas se laisser surprendre

par les événements.

Relativement à l'entrevue de Venise, nous savions dans quels termes l'Empereur s'était prononcé dans la lettre adressée récemment au Roi d'Italie. Cette lettre a été minutée par M. de Biilow, et Sa Majesté Impériale assurait que son contenu répondait de la manière la plus complète à ses sentiments. Ils ne pourront que recevoir une nouvelle confirmation par les précieuses informations que V. E. a bien voulu me mettre à meme de fournir au Prince de Bismarck.

Le Chancelier est alité depuis hier, en suite d'un gros rhume, et n'accorde par conséquent d'audience à personne.

(l) Cfr. n. 147.

154

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1464. Berlino, 21 aprile 1875 (per il 27).

Je vous remercie d'avoir bien voulu me communiquer une copie de la lettre adressée, en date du 7 Avril, par l'Empereur d'Allemagne à Notre Au

guste Souverain (1). La Minute (dépeche N. 1463) (2), en avait été préparée par M. de Biilow, qui s'est appliqué, d'après les ordres reçus, à bien accentuer en toute vérité l'unique motif du retard dans la restitution de la visite, et l'espoir qu'un raffermissement de santé permettrait de reprendre le projet, qui ainsi n'est aucunement abandonné. Sa Majesté Impériale tiendrait beaucoup à prouver une fois de plus ses sentiments d'amitié sincère pour le Chef de Notre Auguste Dynastie. Elle avait signé de grand coeur une lettre qui reproduisait de la manière la plus fidèle sa pensée entière.

Je tiens ces détails de M. de Btilow. Je lui ai dit q_ue le Roi serait heureux de prendre acte de ces bonnes dispositions, et formerait les meilleurs souhalts pour qu'elles puissent se réaliser du moment où l'Empereur se sentira, camme nous l'espérons, en force pour entreprendre le voyage d'Italie. Sa Majesté Impériale devant se rendre à Gastein après avoir terminé son traitement habituel à Ems, et passer soit à l'aUer, soit au l'etour, par Salzburg, il Lui serait certainement très penible de résister à la tentation de traverser notre frontière. La distance à franchir depuis ce dernier point pour atteindre une de nos grandes villes, -environ 14 heures -est à peu près la meme qu'entre Berlin et Wiesbaden ou Ems. Il ne serait donc plus q_uestion de fatigue. Il y aurait en outre toujours moyen de se garantir des chaleurs de l'été, en voyageant de nuit, par étapes, et en s'arretant dans de palais ou chateaux, où les précautions nécessaires seraient prises contre une température élévée.

M. de Bi.ilow ne désespérait pas que l'occasion se présenterait, au plus tard dans l'automne, pour que Sa Majesté Impériale, sa santé aidant, se décidat à la contre visite. L'Empereur y attache le plus grand prix, et le Chancelier regrettait extremement des délais, quelque indépendants qu'ils fussent de la volonté du Souverain et des Conseillers de la Couronne.

Je n'ai pas parlé de l'éventualité d'une délégation, qu'il ne serait pas impossible qu'on remit sur le tapis si décidément l'Empereur fait défaut. Nous ne pouvons, ni devons admettre qu'une visite officielle du Prince Impérial, malgré tout l'éclat dont on ne manquerait pas de l'entourer, compense celle de Sa Majesté Impériale, ni au point de vue de la courtoisle, ni au point de vue politique.

Le Roi jugera s'il ne serait pas opportun de faire suggérer adroitement par le Prince Impérial à Son Auguste Père l'idée que j'ai ci-dessus énoncée, de relier l'excursion en Italie au séjour à Gastein; ou bien de profiter du temps qui restera libre entre la visite à Berlin de l'Empereur de Russie et du Roi de Suède, du 13 au 27 Mai; ou mieux encore de choisir l'époque qui suivra la dernière de ces visites, c'est à dire le commencement du mois de Juin, pour òter ainsi aux médecins le prétexte des grandes chaleurs de l'été.

(l) -Cfr. n. 131. (2) -Cfr. n. 153.
155

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 353. Vienna, 21 aprile 1875 (per. il 28).

Il Conte Andrassy, ch'io ebbi l'onore di vedere l'indomani del mio ritorno a Vienna, mostrassi meco sommamente soddisfatto per la sì completamente felice riuscita della visita fatta da Sua Maestà l'Imperatore all'Augusto Nostro Sovrano in Venezia. Egual linguaggio mi fu tenuto dagli altri AHi funzionari del Ministero degli Affari Esteri, nonché da ragguardevolissimi personaggi che sono in stretta relazione col prefato ministro. Mi risulta anche che le lettere scritte da S. M. l'Imperatore all'Augusta Sua Consorte sul suo soggiorno a Venezia, esprimevano tutte la più viva soddisfazione per l'accoglienza fattagli in Italia, tanto da S. M. il Re come dalla Reale famiglia, nonché dalle popolazioni Italiane. Nei circoli militari e costituzionali l'impressione prodotta dal così splendido successo del convegno dei due Sovrani fu del pari veramente ottima, senonché, nel modo col quale essa mi venne da più parti espressa, dovetti ravvisare il non celato desiderio, che il risultato di quel convegno fosse di notevolmente rilasciare i legami che stringono l'Italia alla Germania. In quanto ai circoli aristocratici di questa Capitale, non occorre neppure il

dire, essi non seppero mandar giù l'amara pillola anz.i l'ira che essi provarono per la risoluzione presa dall'Imperatore fu tanto più grande che, contrariamente ai più caldi loro voti, ogni cosa andò perfettamente bene. Il brindisi fatto in Venezia da S. M. l'Imperatore alla prosperità dell'Italia è qualificato dai partigiani della vecchia Austria • una vergognosa abdicazione delle più gloriose tradizioni della Monarchia •. L'andata a Roma del Principe Ugo di Windischgditz quasi al momento stesso in cui il suo Sovrano si trovava a Venezia e l'essersi egli fatto l'Oratore dell'Assemblea cattolica, che depose ai piedi del Santo Padre l'espressione di sentimenti sì provocanti per l'unità d'Italia, fu, non v'ha dubbio, chiara manifestazione del non dissimulato grave malcontento provato dal partito, di cui il prementovato Principe, a malgrado la pochezza del suo ingegno, è uno dei porta stendardi, tanto pel nome che porta come per le sue relazioni personali di famiglia. (Egli è per la sua prima moglie nipote dell'Imperatore di Germania e cugino dello Tzar; in seconde nozze sposò una principessa Radziwil della nota famiglia ultra clericale Prussiana).

Come già ripetutamente ebbi a riferire all'E. V., sebbene l'aristocrazia

austriaca non abbia più in oggi parte diretta al Governo della Monarchia,

pure essa continua ad esercitare nell'Impero una non lieve influenza sull'anda

mento della cosa pubblica. Nel caso attuale, il suo concorso sarà usufruito

per battere in breccia il Conte Andrassy da quella frazione del partito costi

tuzionale che vede mal volentieri la politica estera dello stato affidata a

mano Ungherese e che vorrebbe veder distrutto il dualismo della Monarchia.

Questa evoluzione dei partiti potrà riuscire a prendere il sopravvento sul

l'animo del Monarca ed a fargli licenziare il suo primo Ministro, ovvero s'in

frangerà contro l'onesto e savio giudizio di S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe? Tutto l'avvenire dell'Austria e forse la pace dell'Europa sta in quel dilemma sul quale sarebbe difficile far pronostici, poiché in fin dei conti la soluzione non dipende se non dalla volontà d'un uomo.

156

IL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA E DEI CULTI, VIGLIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. Roma, 22 aprile 1875.

Vi restituisco il dispaccio di De Launay che mi avete comunicato. Savio e opportuno mi sembra l'avvertimento che contiene. Se fosse arrivato qualche giorno prima, avrei potuto studiare, se convenisse far inserire dal Senato nel nuovo Codice penale qualche disposizione che ponesse la nostra Italia nella condizione che si attribuisce all'Inghilterra. Ora la discussione del Codice penale dinanzi al Senato ha toccato il suo termine e più non rimangono che pochi articoli lasciati in sospeso. Vedremo quel che ci converrà fare davanti alla Camera dei Deputati. Intanto vi sarei obbligato, se mi procuraste da Berlino o da Londra la legge Inglese di cui il Bismarck si tiene soddisfatto. Non ci potrà essere difficoltà di ammettere e far approvare in Italia una disposizione ammessa dalla liberale Brettagna. Io dubito però che il Bismarck faccia la volpe contentandosi per l'Inghilterra di ciò che esiste perché prevede di non poter ottenere di più e troppo gli giova di liberarsi dal più grave imbarazzo. Io non ricordo di avere mai letto nulla di simile nei libri di diritto penale Inglese. Rammento soltanto un atto del Parlamento Inglese fatto all'epoca del Primo Napoleone per calmarne le terribili furie: non parmi però che fosse tenuto sufficiente e che ora possa proporsi ad esempio dal fiero Cancelliere dell'Impero Germanico che al pari di tutti i potenti della terra è molto ombroso e suscettivo. Vi ripeto la preghiera di verificare di qual legge Inglese il De Launay intenda parlare e di procurarmene il testo che formerà oggetto di particolare mio studio per prevenire, se sarà possibile, in modo degno ogni domanda molesta e pericolosa da parte di Berlino. Vi prego di dare uno sguardo all'art. 137 del progetto di Codice penale e vi troverete una disposizione nel § 2 che è proprio dettata per vostro

commodo. Con riserva di più largo discorso...

157

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1465. Berlino, 22 aprile 1875 (per. il 27).

V. E. aura vu par mes dépeches N. 1456 et 1463 (l) que le Secrétaire d'Etat, conformant son langage à un article de la Nord deutsche Allgemeine

Zeitung, atténuait faiblement, du moins en ce qui concerne la France, les bruits alarmants propagés par la Gazette de Cologne et par la Post (dépeche

N. 1450 (1). D'après son dire, la réorganisation de l'armée française présente un caractère inquiétant, puisque par la précipitation avec laquelle on l'opère, malgré des sacrifices à la longue insupportables, elle doit etre considérée comme une préparation de guerre à courte échéance.

Dans les cercles militaires les plus compétents on ne tient pas un autre langage, et on laisse entendre qu'en présence d'une revanche inévitable et à un délai plus rapproché qu'on ne s'y attendait d'abord, mieux vaut prendre les devants. Autrement ce serait laisser à un adversaire le loisir de se fortifier davantage, et d'arriver à équilibrer ses forces avec l'Allemagne et meme à les dépasser numériquement. Aujourd'hui déjà la France dispose en première ligne de plus de soldats, et son artillerie est plus nombreuse.

Si vraiment de telles préoccupations sont ici de mise, l'explication serait toute trouvée pourquoi avant de mobiliser les armées on cherche à mobiliser les esprits au risque de nuire à l'industrie et au commerce dont le développement laissait déjà beaucoup à désirer en suite d'une certaine stagnation produite dans ces dernières années par la fièvre des spéculations. Le calcul serait de surexciter le patriotisme et l'animosité des populations contre un voisin qui trahit l'intention plus ou moins arretée de tenter de nouveau et prochainement le sort des armes.

Le Comte de Moltke pourrait invoquer sa maxime que l'Allemagne, placée au centre de l'Europe, doit non seulement maintenir la paix, mais au besoin l'imposer. Le Maréchal est aussi d'avis que si on ne peut échapper à une seconde guerre, il faudrait la porter non seulement au coeur de la France, mais dans ses Provinces du Midi plus exaltées que dans le Nord qui a déjà senti le poids de l'invasion. De son còté, le Prince de Bismarck n'est pas homme à biaiser avec le danger du moment où il croira qu'il faut l'affronter hardiment et frapper le dernier coup contre la France. La situation générale de l'Europe serait-elle meilleure dans quelques années, si on laissait grandir certains germes de défiance qui commencent à percer contre la prépondérance de l'Allemagne, de la part de l'Autriche ,et de la Russie, ses alliées plus ou moins sincères? Si ces deux Puissances ont des accès de mauvaise humeur, elles s'efforcent de la contenir, sachant bien que leur organisation militaire n'est pas complète. Celle de l'Allemagne est achevée et leur est encore de beaucoup supérieure. L'Angleterre ne semble pas vouloir s'écarter de sa politique d'abstention dans les affaires du continent. L'Italie serait-elle disposée à courir l'aventure avec la France au risque de partager son sort en cas de défaite, ou en cas de victoire dont cette Puissance se donnerait tout le mérite, de rester exposée alors sans appui à une ambition qui ne connaìtrait plus de frein? Il n'est pas à prévoir dans ces conditions Que les divers Etats

se mettent en mesure de s'opposer à un duel entre la France et l'Allemagne. Cette dernière ne craint pas le tete-à-tete avec cette Puissance, réduite à ses propres forces contre celles de l'Allemagne dont l'armée est animée du meilleur esprit, commandée par un corps d'officiers et de généraux qui ont

déjà fait leurs preuves. L'armement est supérieur à celui de 1870. Les nouveaux fusils Mauser ont été livrés à l'infanterie pour toutes les Classes. Il existe en outre une réserve considérable de fusils réduits. L'artilleri,e est déjà pourvue de canons d'acier du nouveau modèle. Je me réfère à oet égard aux rapports de M. le Comte Del Mayno qui déploie beaucoup de zèle pour s'orienter sur un terrain des plus difficiles pour un Attaché militaire, meme après une longue résidence.

Il ne faut pas perdre de vue également que le conflit si ardent entre l'Etat et l'Eglise pourrait, en se prolongeant, dégénerer en des luttes intérieures, et amener bien des défections. Une diversion à l'étranger serait un dérivatif pour le trop plein des passions ,en jeu. Le Gouvernement bavarois sera bientòt débordé par les Ultramontains. En mettant à la raison la France où ce parti compte ses plus nombreux adeptes, on le paralysera pour longtemps. Il en serait de meme pour la Belgique. Le soin avec lequel ce Pays est rappelé aux devoirs de la neutralité dans la correspondance du Comte de Perponcher avec le Comte d'Aspremont-Lynden, indique assez que la confiance ici est très médiocre, et qu'on se ménage des griefs à faire valoir au besoin pour prendre soi-meme des gages vis-à-vis de la Belgique soupçonnée d'etre sinon complice de la France, du moins impuissante à lui barrer la route vers l'Allemagne. Il ne resterait plus alors qu'à surveiller le passage par la Suisse à laquelle on accorde plus de patriotisme et plus de vigueur pour s'opposer à une violation de territoire.

Ce sont là autant de considérations et de motifs sur lesquels s'appuient ceux qui entrevoient de très-gros nuages à l'hozion, sans prétendre pourtant que la guerre est imminente et inévitable. Cependant le Colone! Comte de Welsersheimb, qui fait ses visites de congé avant de quitter ce poste où il a rempli les fonctions d'Attaché militaire autrichien, assurait hier que les congés ont été suspendus pour les officiers et soldats. Ces congés ne sont pas ouverts, il est vrai, à cette époque de l'année, mais on les accordait jusqu'ici par exception dans les cas urgents. M. de Welsersheimb en a donné avis à son Gouvernement, comme d'un symptòme très significatif. Il pense qu'il s'agirait d'exercer une pression sur la France pour la mettre en garde contre ses armements jugés excessifs, et lui faire comprendre que la mise en vigueur hàtive de ses lois militaires, notamment de celles sur les cadres pourrait entraìner les plus graves conséquenees. Si un avertissement direct ou en voie détournée n'obtenait pas le but ou d'un retrait de ce que ces lois ont d'agressif ou d'une exécution n'impliquant aucun projet belliqueux à bref délai, il faudrait alors aviser à devancer l'adversaire et à lui enlever ainsi le choix du moment qui lui paraìtrait le plus favorable pour engager l'action.

Je n'oserai affirmer que ces prévisions pessimistes n'ont aucune raison

d'etre, appuyées comme elles le sont par des raisonnements dont la valeur ne

saurait etre entièrement contestée. A mon avis, la guerre est dans la situa

tion. L'Allemagne est armée jusqu'aux dents, à l'apogée de son organisation

militaire tandis que la France fait des e.fforts surhumains pour l'atteindre.

Le moment serait assez indiqué de chercher à la désarçonner durant la période

de transitio n où ses troupes comparées à celles de l'Allemagne ne forment

9 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

encore en quelque sorte qu'une garde nationale. Ce n'est qu'une question de

temps, à moins que la France accentue par ses actes et en ralentissant ses

préparatifs militaires, qu'elle ne vise pas à rentrer en champ clos. Autrement

elle s'exposerait à recevoir un ultimatum dans 1e genre de celui qui était

adressé à la Sardaigne en 1859, ou tout au moins à ce que le Cabinet lmpérial

échelonnat un Corps d'Armée vers les frontières. Le fait est qu'en voyant

avec quelle vigueur, avec quelle rapidité et avec quels sacrifices financiers

elle procède à la reconstitution de ses forces, on serait presque tenté de croire

non seulement que son but est parfaitement défini, mais qu'elle compte

peut-etre sur une alliance avec la Russie. Ne serait-ce pas là encore une de

ces illusions payées si cher en 1870? A cette époque la neutralité bienveillante

du Cabinet de St. Pétersbourg a été assurée à l'Allemagne au moyen d'une

entente qui s'est manifestée par une entaille faite dans le Traité de Paris

de 1856. Le Prince de Bismarck, le cas échéant, saurait une fois encore

désintéresser la Russie par l'offre de quelques avantages dans la question

orientale.

Je ne crois pas d'un autre cote que la guerre soit imminente, quoique

meme à cet égard il ne faille se prononcer qu'avec une extreme réserve, après

ce qui s'est appelé (l) en 1870, où la diplomatie a été surprise par les événements.

Tout est pret en Allemagne; et c'est la règle qu'un avis télégraphique transmis

d'ordre de l'Empereur doit suffire pour mobiliser les masses, chacun sachant

alors se ranger à la piace qui lui est assignée. Il est évident d'aiUeurs qu'ici

on a un intérèt à laisser achever l'instruction des dernières recrues. Si la

guerre n'est pas imminente, on s'en rapproche du moins; et le premier incident

de quelque gravi·té peut mettre le feu aux poudres.

Tout en faisant la part de l'exagération, il importe que dans ces prévisions l'Italie prépare son programme politique, et dispose chaque chose de manière à remplir le ròle qui conviendra le mieux à ses intérets.

Dans ma dernière visite au Département lmpérial des Affaires Etrangères,

M. de Bulow m'a dit que M. de Portatius, Attaché militaire à Rome, avait envoyé récemment à l'Empereur un mémoire des plus intéressants et des plus satisfaisants sur les progrès qui s'opèrent dans notre armée sous tous les rapports.

(l) Cfr. nn. 141 e 153.

(l) Cfr. n. 136.

158

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1466. Berlino, 22 aprile 1875 (per. il 27).

M. de Biilow m'a parlé incidemment des dépeches échangées entre l'Allemagne et la Belgique. Il constatait que la science du droit n'avait pas marché de pair avec les exigences internationales et cela par suite de la plus grande facilité des communications et de la solidarité des intérets, qui en est la conséquence, ainsi que de l'augmentation dans la meme proportion des moyens d'action et des éléments hostiles au maintien de la tranquillité générale.

Chaque Etat doit sentir le contre-coup de cette perturbation. Il est de l'intéret de tous de combler des lacunes dans une législation insuffisante pour parer à des dangers communs, entre autres, de l'Internationale rouge et de l'Internationale noire. A notre époque on ne saurait, comme en d'autres temps, s'en tenir exclusivement aux obligations de chaque Souveraineté isolée. Ainsi qu'il résulte de la dernière communication faite par le Comte Perponcher au Comte d'Aspremont-Lynden, les autorités Impériales donneront l'exemple en recherchant par quelles dispositions législatives on pourrait le mieux assurer la protection d'autres Etats contre des entreprises hostiles de sujets allemands. A cet effet, le Cabinet de Berlin s'est mis à l'étude des divers codes européens dans l'espoir que les autres Puissances le seconderont dans cette voie.

Je me suis borné à répondre que c'était là un problème dont la solution présenterait les plus graves difficultés, soit au point de vue juridique, soit au point de vue politique.

En attendant, sous un certain rapport, nous n'avons qu'à nous féliciter de ne pas compter parmi les Puissances garantes de la Belgique, puisque c'est à elles que le Gouvernement Impérial s'est adressé en première ligne pour amener un échange d'idées. Je ne puis que me référer à cet égard à mes rapports précédents. Il est évident qu'en se livrant à un travail de révision en ce qui concerne la législation sur les délits contre le droit des gens, et en y conviant les Puissances, le Cabinet de Berlin a ·en vue de frapper en première ligne les excès de l'Ultramontanisme en BelgiQue et ailleurs. Si l'on ne vise pas encore directement à la Papauté, on fait déjà des travaux d'approches pour établir contre elle une sorte de blocus continental.

V. E. aura remarqué dans les discours prononcés à la Chambre des députés pour appuyer l'abrogation des articles 15, 16 et 18 de la Constitution prussienne, avec quelle ironie le Chancelier a parlé du Pape • ce prélat italien, entouré d'un conseil de prélats italiens •; de ses prétentions à l'omnipotence

• ce produit du clergé italien au Vatican •. Il est vrai que Son Altesse laissait entrevoir des perspectives d'une entente mais quand l'Eglise serait réduite à l'impuissance et lorsqu'on aurait un Pape pacifique. Le Chancelier émettait l'espoir qu'il se rencontrerait alors un Antonelli Qui fUt assez avisé pour aider à l'apaisement des esprits.

(l) Sic, corretto a matita in « passé •.

159

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 191. Parigi, 23 aprile 1875, ore 14 (per. ore 17).

Mac Mahon que j'ai vu hier soir, m'a témoigné la plus grande inquiétude au sujet de l'Allemagne. Il m'a dit qu'il ne pouvait s'expliquer le langage de la presse allemande autrement que par un mot d'ordre et un parti pris de susciter nouvelle guerre avec la France. Il a ajouté que l'état de l'armée en France n'a rien d'extraordinaire ni de menaçant pour la paix. J'ai engagé le Maréchal à redoubler de calme et de prudence; mais je l'ai laissé sous l'impression d'une vive inquiétude. Il m'a meme dit que son inquiétude était partagée par l'Autriche.

160

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1467. Berlino, 23 aprile 1875 (per. il 27).

Je viens d'avoir un second entretien avec le Secrétaire d'Etat pour recueillir les impressions du Prince de Bismarck sur la lettre de V. E. (l) dont j'avais donné lecture et dont rapport avait été fait à Son Altesse.

M. de Biilow m'a dit que cette communication avait produit le meilleur effet sur l'esprit du Chancelier tant par la nouvelle preuve de confiance qui lui était donné, que par la manière franche et amicale dans l'exposition de nos vues. Il n'y avait pas à revenir sur les incidents du projet ajourné dè la contre-visite de l'Empereur, ni sur l'idée d'une délégation officielle du Prince héritier, idée qui a échoué par la difficulté de concilier notre désir de fixer le rendez-vous à Rome et les répugnances de l'Empereur à le seconder. La position est certainement assez nette dans le conflit ecclésiastique pour Leur laisser les coudées franches, mais l'un et l'autre mettaient en avant des égards personnels vis-à-vis d'un vieillard qui autrefois avait accueilli de la manière la plus cordiale le Prince Impérial et la Princesse Victoria.

Au reste ces Augustes personnages ne tarderont pas à se rencontrer avec le Prince et la Princesse de Piémont, et on aura l'occasion de s'expliquer et de se témoigner des sympathies qui seront envisagées dans les deux Pays avec une vive satisfaction.

Quant à l'entrevue de Venise, le Prince de Bismarck m'était très reconnaissant de Lui avoir fourni en voie confidentielle des données aussi intéressantes, et qui ont été confirmées par des communications données spontanément aussi par le Comte Andrassy. Le Gouvernement Impérial ne peut que se réjouir de voir s'établir les meilleures relations entre Rome et Vienne du moment où ces deux Cabinets reconnaissent une fois de plus que le méme courant doit exister aussi de leur part avec Berlin et Saint Pétersbourg dans le but essentiel de la conservation de la paix.

Relativement à nos observations sur l'attitude de quelques journaux allemands, le Prince de Bismarck me faisait dire que leur langage était entièrement indépendant de toute influence gouvernementale. Il n'assumait donc aucune responsabilité à leur égard. Mais il appelait mon attention sur un fait qui n'était pas sans valeur. Depuis quelque temps des organes sérieux de la presse allemande ne s'expriment plus sur l'Italie avec une sympathie aussi marquée qu'en 1866 par exemple, époque où leur attitude et l'influence qu'ils exerçaient sur l'opinion publique avait beaucoup facilité au Chancelier de donner libre cours à une politique dévouée à nos intéréts qui sont aussi ceux de l'Allemagne. Dans la livraison d'Avril des Preussische Jahrbilcher le Professeur et Député M. de Treitschke publie, sur les rapports entre l'Allemagne et l'ltalie, des considérations dignes de remarque lors méme qu'elles

soient combattues par la National Zeitung du 23 Avril (voir aussi un article de la Gazette de Cologne du 22 courant). Cette attitude vient au travers des intentions parfaitement amicales du Chancelier à notre égard, et nuit à ce :;entiment de solidarité de nos intérets mutuels, solidarité qu'il s'applique à faire prévaloir autant qu'il peut dépendre de lui. Aussi serait-il heureux si nous lui fournissions des arguments pour combattre les tendances regrettables qui se font jour dans la presse de ce pays.

J'avais lu un extrait des Jahrbucher et l'article de la National Zeitung. Ils se rapportaient l'un et l'autre à notre conduite au sujet de la lutte qui se poursuit ici avec acharnement entre l'Eglise et l'Etat. Cette conduite est critiquée, ai-je dit, comme si l'Italie et l'Allemagne se trouvaient dans les mèmes conditions. Il serait plus équitable de se mettre aussi un peu à notre point de vue, et surtout de se rendre compte que c'est là une question dont la solution sur le terrain pratique présente les plus graves diffi.cultés. La question resterait mème insoluble pour ce qui concerne l'Allemagne si elle croyait o.u'en modifiant notre législation nous parviendrons à prévenir et à arrèter au passage les attaques du Pape contre le Cabinet de Berlin. Les entraves que nous y mettrions seraient bientòt tournées, ou bien le Saint Père transporterait ailleurs sa résidence, sans aucune utilité réelle pour l'Allemagne.

M. de Bulow ne niait pas que cet argument avait une certaine valeur; mais nous comprendrions à notre tour que le conflit ecclésiastique domine à ses yeux toute autre question. Quand les différentes lois votées, ou à la veille de l'ètre, seront appliquées, le Gouvernement Impérial ne renonçait pas à l'espoir qu'il s'en suivra dans l'intervalle d'une année quelque apaisement dans les esprits. Les Ultramontains s'apercevront alors que leur opposition a perdu toute chance de succès, et se prèteront peut-ètre à des ouvertures pacifiques auxquelles le Prince de Bismarck faisait allusion dans un de ses derniers discours.

(l) Cfr. n. 147.

161

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1468. Berlino, 23 aprile 1875 (per. il 27 ).

Avant d'expédier mon rapport N. 1465 (1), j'ai été abordé par quelques scrupules sur le bien fondé de mes appréciations relativement à un danger de guerre. Il m'a paru opportun de sonder un peu plus à fond la manière de voir du Secrétaire d'Etat.

Il m'a dit que le Vicomte de Gontaut, dès son retour de Paris, avait donné les assurances les plus pacifiques confirmées par les déclarations les plus positives faites au Prince de Hohenlohe. De son còté, l'Allemagne ne visait qu'au maintien d'une paix qui lui est nécessaire dans son travail d'organi

sation intérieure et dans ses démiHés avec les Ultramontains. Elle n'aurait d'ailleurs aucun avantage territorial à retirer d'une seconde campagne. Mais il n'était pas moins vrai que les armements en France étaient poursuivis dans une mesure et avec une rapidité laissant supposer que la revanche qu'on avait cru ajournée à un terme éloigné aurait lieu à une échéance bien plus rapprochée. Les officiers supérieurs le plus compétents partagent aussi l'avis que de graves complications pourraient se présenter dans l'espace de quelques mois ou d'une année, si le Cabinet de Versailles ne ralentit pas ses préparatifs. Bref, on est ici sur ses gardes pour éviter toute surprise. On ne saurait affirmer cependant hic et nunc que la guerre soit imminente, inévitable, ni indiquer une date approximative, mais on y marche; elle est dans la situation, si quelque bon vent ne vient pas dissiper ces sombres nuages à l'horizon politique. Il est prudent dans ces conjonctures de se mettre à méme de résister à l'orage si on ne réussissait pas à le conjurer.

Les conclusions de mon rapport précité sont les mémes. Il ne faut cependant pas encore désespérer du bon sens des gouvernants et des gouvernés en France. Le sentiment de la rancune est le pire des conseillers, surtout quand celui qui en est l'objet est de taille et d'humeur à ne pas lui laisser le temps de se traduire en acte.

(l) Cfr. n. 157.

162

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 20. Pietroburgo, 23 aprile 1875 (per. il 2 maggio).

Com'ebbi l'onore di segnalarle per telegrafo la visita fatta dall'Imperatore d'Austria-Ungheria a S. M. il Re a Venezia ha destato qui il massimo interesse nelle alte sfere del Governo e nel pubblico e la condotta franca e leale serbata in tale incontro dall'Imperatore è stata generalmente encomiata ed ammirata. Le cortesie che sono state scambiate a Venezia tra i due Sovrani !ungi dall'eccitare la minima ombra di gelosia sono state risguardate e seguite da tutti con occhio benevolo e simpatico; il Principe Gortchakoff e tutti gli altri personaggi attinenti alla Corte e al Governo me ne hanno fatto i loro più sinceri rallegramenti. Ho dovuto quindi in questa occasione persuadermi che ogni animosità contro l'Austria è qui cessata del tutto, e che ai sospetti, alle diffidenze e direi anche ai rancori che pria si nutrivano verso quel Governo sono ormai subentrate la fiducia, la buona intelligenza e perfino la simpatia. La intromissione benevola dell'Imperatore di Germania contribuì molto, come V. E. ben conosce, a produrre questo ravvicinamento tra i due Governi. Il convegno dei tl'e Imperatori, la visita Qui fatta l'anno scorso dall'Imperatore Francesco Giuseppe, e il mutato indirizzo della politica austriaca in Oriente, non fecero poscia che meglio corroborare e in certo modo sanzionare l'avvenuto mutamento.

Le relazioni di questo Gabinetto Imperiale colla Germania si mantengono sempre buonissime e cordiali, nonostante che alcuni screzi siansi di recente

manifestati tra i due Governi sul modo di giudicare talune questioni di ordine

europeo ed internazionale.

Il primo dissentimento avvenne, mi è d'uopo appena di ricordarlo a V. E., in occasione del riconoscimento dei poteri assunti dal Maresciallo Serrano, al quale atto la Russia rifiutò di associarsi. Il secondo è causato dalla politica religiosa inaugurata dal Principe di Bismarck e specialmente dalla campagna da lui intrapresa nel Belgio ed in Italia, che come ho già avuto l'onore di significare a V. E., è ben lungi dal ricevere l'approvazione del Principe Cancelliere.

Un articolo del Journal de St. Pétersbourg in cui manifestavansi senza ambagi opinioni poco favorevoli alla tesi sostenuta dal Principe di Bismarck su tale questione, fece qui non poca impressione e cagionò vivo scontento ed anche doglianze da parte dell'Ambasciata Germanica. Si è notato infatti che poscia il Direttore di quel periodico senza ritrattarsi del già detto, ha evitato di emettere giudizi sul fondo della controversia limitandosi all'ufficio di cronista imparziale.

Debbo, per amor del vero, aggiungere che l'opinione del Principe Gortchakoff sulla questione che ora tanto interessa a sì giusto titolo la pubblica attenzione in Europa non è un'opinione individuale ed isolata, ma è divisa e sostenuta dalla gran maggioranza degli uomini che hanno qualche importanza in questo paese.

Parrà forse strano, a primo aspetto, che in un paese in cui sono ancor vive le memorie degli attriti e delle fiere lotte combattute contro la Curia Pontificia in Polonia, uomini per soprassello sinceramente e fedelmente attaccati alla fede greco-ortodossa, non si pronuncino in favore della linea di condotta seguita dalla Prussia verso il clero cattolico. Il fatto però, se ben si guarda addentro delle cose, può essere facilmente spiegato.

In primo luogo è da osservare che in Polonia la questione era più nazionale che religiosa. Se gli otto o dieci milioni di cattolici colà esistenti invece di essere polacchi fossero russi, io credo che le difficoltà sarebbero state di gran lunga minori ed il Governo Imperiale sarebbesi mostrato assai più tollerante. Infatti non si può negare che lo spirito di tolleranza verso le altre religioni ha qui fatto grandi progressi; la religione greco-ortodossa qui dominante non è come la cattolica esclusiva a segno di dichiarare eretiche tutte le altre sette e di ritenere per conseguenza che fuori del suo grembo non vi abbia salute. Ed è da notare da ultimo che l'organamento della Chiesa Cattolica, basata qual'è sulla cieca obbedienza di tutti i suoi membri al Capo della Chiesa che è in Roma, inspira qui a moltissimi più simpatia che ripugnanza. Il culto che professano pel Governo assoluto li rende inchinevoli ad ammirare, anziché a censurare la condotta di q_uei prelati di Alemagna che sebbene avessero combattuto nel concilio il dogma dell'infallibilità, ne sono poi divenuti per solo spirito di disciplina, i più acerrimi sostenitori.

Per tornar però a ciò che forma l'oggetto precipuo di questo mio rapporto, cioè allo stato delle relazioni di quest'Impero colla Germania, io reputo che s'ingannerebbe a partito chi da questi leggeri screzi prodottisi tra i due Governi sulla maniera di apprezzare talune Questioni speciali, volessero arguire ad un affievolimento della loro alleanza o ad una possibile rottura. Nulla sarebbe più lontano dal vero. Le buone relazioni fra i due paesi poggiano su base troppo salda per essere scosse da sì lievi dissensi, e questa base è il loro comune interesse. Credesi a torto da molti che l'Imperatore sia solo mosso dagli impulsi del suo cuore e da personali simpatie quando studiasi di mantenersi in intimi e cordiali rapporti colla Germania, mentre il vero si è che egli ciò facendo segue una politica saggia e previggente, mercè della quale la Russia sentendosi sicura dalla parte dell'Occidente, ha libero il campo per la soluzione delle questioni che le si presentano in Oriente e può inoltre rivolgere tutte le sue cure allo svolgimento delle forze economiche del paese, che sono tuttora in uno stato latente. Questa politica è talmente consentanea agli interessi ben intesi della Russia che s'imporrebbe puranco al successore dell'attuale Imperatore, a cui molti vogliono attribuire non saprei con quanto fondamento, sentimenti poco benevoli verso la Germania.

163

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 23 aprile 1875.

En donnant lecture à M. de Biilow de votre lettre particulière ostensible du 16 avril (1), j'ai omis les passages:

lo délégation du Prince Impérial. Il m'a paru qu'il valait mieux l'enterrer, de crainte qu'on ne la remette sur le tapis. Si cela doit arriver plus tard, tant pis. La réserve de notre còté est de mise. Mème en allant à Rome Son Altesse Impériale ne saurait compenser la lacune d'une contre-visite de l'Empereur;

2° intrigues françaises pour l'éventualité d'un prochain Conclave. C'eut

été jeter de l'huile sur le feu dans un moment où la France est fortement

suspectée de préparer une prompte revanche.

J'ai fait une adjonction pour bien accentuer que si notre alliance avec

l'Allemagne ne pourrait ètre remplacée par aucune autre combinaison, il était

bien entendu que le Cabinet de Berlin devait de son còté nous rendre pos

sible cette ligne de conduite par une confiance réciproq_ue et par les meilleurs

procédés.

Je vous communique dans ma correspondance numérotée les impressions

de M. de Biilow et celles du Prince de Bismarck. Il est vraiment dommage

que nous ne puissions causer avec le Chancelier que par un truchement. Nous

démélerions mieux le fond de sa pensée. Il ne me plait guère qu'il ait appelé

mon attention sur le langage à notre égard de certains organes de la presse

dont l'indépendence quoiqu'il en dise est fort sujette à sanction. Son esprit

est de plus en plus hanté par le Pape, et par les ultramontains. Il rapporte

tout à cette question, et je suis convaincu q_ue c'est sous son inspiration qu'on

lance çà et là dans les gazettes des avertissements sur la possibilité que l'Allemagne se désintéressant de tout ce qui a trait à l'Italie, il ne tarderait pas à s'en suivre le rétablissement du pouvoir temporel du Saint Siège. Le Cabinet de Berlin rirait jaune, si on le prenait au mot. Il ne faut pas donc attacher trop d'importance à ces boutades. En somme l'impression produite par votre lettre est satisfaisante, et je vous remercie de me l'avoir adressée. Je crois que c'est là un excellent moyen de faire parvenir des vérités qui trouveraient plus difficilement piace dans une dépèche officielle. Je voudrais que M. de Keudell fUt autorisé à user de réciprocité.

Conformément à votre désir, je vous envoie par le Courrier Armillet un et mème deux rapports confidentiels sur les bruits de guerre qui malheureusement ne sont pas entièrement dépourvus de vérité. L'orage menace dans le lointain. La France en accuse l'Allemagne, celle-cl au contraire soutient que c'est son voisin qui prépare une rescousse à courte échéance. En attendant on se défie de chaque còté, on pousse à des armements exagérés, et si on n'y prcnd garde, un beau jour ou plutòt un mauvais jour les fusils partiront tout seuls.

Ce sont là des éventualités Que l'Italie doit examiner sérieusement afin de ne pas ètre prise au dépourvu.

Je compte bien que dans les promotions diplomatiques qui sont en train de s'accomplir, vous saurez, mon cher Ministre, dégager la parole que vous m'avez donnée pour le Chevalier Tosi. Le Roi et le Prince de Piémont m'ont aussi fait à son égard les plus belles assurances, mais jusqu'ici je ne vois rien venir. Il a été appelé à Turin par sa mère très gravement malade, et il est parti ce matin, le règlement m'autorisant à lui accorder un congé.

(l) Cfr. n. 147.

164

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 23. Pietroburgo, 24 aprile 1875 (per. il 2 maggio).

Il Signor di Stremoukoff che ho visto ieri, dicevami che la situazione delle cose in Europa non presentavasi più sotto un aspetto così tranQuillo e sereno come due mesi or sono. Ei non voleva dire con ciò che essa avesse assunto un aspetto grave e minaccioso, • mais H y a quelque chose en l'air, un je ne sais quoi qu'on ne saurait trop préciser, mais dont nous ne sommes pas contents. Nous espérons pourtant, egli soggiungeva, que les nuages se dissiperont et nous comptons beaucoup sur le prochain voyage de l'Empereur à BerLin, qui contribuera à calmer les esprits. Vous savez que l'Empe1·eur est grand partisan de la paix et il exercera, en ce sens, toute son influence •.

Gli risposi che noi pure facevamo voti ardentissimi pel mantenimento

della pace e in questa via il Governo Imperiale poteva contarci tra i suoi più

sinceri collaboratori.

Il Signor di Stremoukoff mi disse che era persuasissimo di queste nostre

buone disposizioni, come ancora di quelle dell'Austria.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

T. 88. Roma, 25 aprile 1875, ore 15.

Nigra mande de Paris que le monde officiel est alarmé sur les intentions agressives qu'on prete au Gouvernement allemand vis-à-vis de la France. A mon avis ces alarmes ne sont pas justifiés par des faits et ne reposent que sur des articles de journaux. Dans tous les cas il ne nous convient pas d'avoir l'air de partager ces inquiétudes ni de les répandre. Cependant je désire savoir de quelle manière le prince Gortschakoff envisage la situation politique actuelle. Sans laisser entrevoir q_ue vous avez reçu des instructions à ce sujet je vous prie de sonder le terrain. Si ambassade française a fait comme je le suppose des communications à ce sujet au Cabinet de St. Pétersbourg, vous pourriez tacher de savoir la réponse qu'on a donné à ces communications et m'informer par télégraphe.

166

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 193. Parigi, 25 aprile 1875, ore 13,30 (per. ore 15,10).

On me demande réponse définitive sur la participation de l'Italie à la convention du mètre.

167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 25 aprile 1875.

Vi mando con questo Corriere una Memoria sulla questione dei matrimonii fatti dai Consoli che vi prego di rimettere al Barone Hoffmann. Di questo affare io tenni parola a Venezia, ve ne rammenterete, col Barone Hoffmann. Mostrai di affidarmi in lui per uscire da q_uesta difficoltà ed egli mi sembrò disposto e quasi volenteroso di darci prova della sua buona volontà e degli effetti della sua azione personale in un affare spinoso.

Egli stesso mi mostrò il desiderio che gli facessi rimettere da voi una memoria in proposito. Gli dissi che lo avrei fatto ma q_uasi a titolo confidenziale, poiché la nostra ultima communicazione ufficiale attendeva ancora una risposta. Potete aggiungere che in questa memoria s. svolgono le considerazioni pratiche più che le argomentazioni giuridiche perché queste furono già esposte nelle communicazioni precedenti da noi fatte al Governo austro-ungarico. Vogliate intrattenervi col Barone Hofmann come una continuazione del

colloquio di Venezia e nel. senso che vi indicai più sopra e che è anche meglio espresso nel dispaccio che accompagna la Memoria.

Nella spedizione troverete anche un dispaccio per l'importante affare della Conferenza di Bruxelles. A Venezia il Conte Andrassy ed io convenimmo nel reciproco desiderio dei nostri due Governi di procedere d'accordo in questa faccenda. Eravamo del resto allora ambedue allo stesso punto, perché una risposta alla Russia non era stata fatta né a Vienna, né a Roma. Il Conte Andrassy mi aggiunse ch'egli era disposto ad esporvi a Vienna in qual modo intendeva definitivamente concretare la risposta dell'Austria. Il Barone Hofmann, col quale ne parlai aveva, mi parve, in proposito dei punti di vista più determinati e precisi. E quindi credo che, toccando anche con esso dell'argomento, udirete forse ridotti in formule esatte i concetti generali del Conte Andrassy.

Ed ora passiamo ad argomenti di politica generale.

Il Conte Andrassy mi manifestò il desiderio che si conservasse un certo scambio di communicazioni confidenziali intorno alla eventualità del Conclave, poiché la politica dell'Austria e dell'Italia coincide in questi tre punti: un Conclave tenuto nelle forme ordinarie specialmente perché un'elezione sommaria e spoglia di queste forme potl'ebbe dar luogo a una contestazione sulla legittimità della nomina né è difficile lo scorgere, nelle circostanze presenti, la gravità di una simile complicazione; il Conclave tenuto a Roma come guarentigia della dimora in Roma del futuro Pontefice; l'elezione di un Papa, pur quanto è possibile, moderato e conciliante.

In questi ultimi tempi non si è prodotto, ch'io sappia, alcun nuovo incidente.

Pio IX ha fatto, da non molto tempo, il suo testamento. E lo ha fatto non per regolare cosa alcuna che si attenga alla disciplina della Chiesa, ma sì bene per dichiarare essere della Chiesa, non suo, il denaro proveniente dall'obolo di S. Pietro e da offerte che si troverà nelle casse del Vaticano.

Il Santo Padre ha inoltre preparato una Bolla con cui si scioglie il Conclave avvenire dalla osservanza delle forme ordinarie, quando questa osservanza fosse impedita dalle condizioni nelle quali la Chiesa avesse a versare. Non si prescrive, si dà solo ai Cardinali la facoltà e pare che siffatta Bolla, in tali termini, non abbia alcun altro speciale significato. Altri Papi hanno, nel passato, disposto in simigliante modo.

La salute di Pio IX è finora in buona condizione, né ispira timori determinati. Ma alla sua età e cogli incomodi sofferti, l'evento della sua morte può verificarsi in modo precipitoso. Infatti una certa preoccupazione esiste fra i Cardinali in vista di tale possibile evento. Ma di ciò si preoccupano piuttosto relativamente alle condizioni esteriori del Conclave, che per preparare il risultato di esso. Questa preparazione è, com'è noto, vietata dalle discipline della Chiesa. Nelle ore 24 dalla morte del Pontefice i Cardinali dovranno riunirsi e certo si riuniranno nel Vaticano dove saranno stabiliti d'urgenza i provvedimenti da prendere specialmente in auanto al luogo in cui riunire il Conclave.

Ho creduto bene di stabilire delle relazioni indirette con taluni fra i membri più moderati del Sacro Collegio non già per delle combinazioni politiche,

il che sarebbe ora affatto immaturo, ma per poter conoscere in tempo e offrir,e certe facilitazioni materiali che possono rendere più agevole la riunione del Conclave nel Vaticano e mantenere la buona disposizione a non radunarlo fuori d'Italia (1).

Ho potuto avvedermi che fra i membri del Sacro Collegio non vi sono idee esatte e precise sulle opinioni e sul modo di vedere delle principali potenze e neppure dell'Austria relativamente all'eventualità del Conclave. Della Francia si crede addirittura ch'essa desideri la riunione del Conclave fuori d'Italia. Del Governo Austro-Ungarico si crede ch'esso si sia concertato colla Francia riguardo al veto e si sembra ignorare il vero programma. Può darsi che il Cardinale Antonelli non sia un intermediario molto fedele presso gli altri membri del Sacro Collegio di quanto egli ode dalla diplomazia accreditata presso il Vaticano e che molti Cardinali siano tenuti al bujo. Non so neppure quali sieno le relazioni del Cont,e Paar coi Cardinali e specialmente con quelli che sono in voce di più moderati, né mi permetto di dare dei consigli. Ma sarebbe forse opportuno che specialmente questi Cardinali fossero posti in grado di conosceve, senza incertezze, qual'è davvero il programma chiaro e leale che il Conte Andrassy si è proposto e gli schietti consigli ch'egli fa udire nell'interesse bene inteso tanto dei Governi come della Chiesa. Passo a un altro argomento. Quando lasciai Venezia per far ritorno a Roma, incontrai a Firenze Nigra che di là ripartiva poi per Parigi. Discorrendo della situazione in Francia e in Europa, Nigra mi disse che tanto il Maresciallo Mac Mahon, quanto il Duca Decazes gli si erano mostrati molto inquieti sulla supposta intenzione del Principe di Bismark di spingere a una nuova guerra fra la Germania e la Francia. Così Mac Mahon come Decazes erano ben decisi non solo a far nulla che potesse provocare una guerra, ma anche a sopportare qualche duro sacrificio per evitarla, ma dubitavano che qualunque modificazione valesse a modificare un proposito deliberato da parte del loro terribile avversario. Da quanto Nigra mi disse allora, anche il Principe Orloff, Ambasciatore di Russia a Parigi deve essere stato il confidente di questi timori del Governo francese. Poi ricevetti, due giorni dopo, un telegramma nel quale Nigra mi informava che il Maresciallo Mac Mahon gli manifestò di nuovo la più grande inquietudine a proposito della Germania. Gli disse ch'egli non poteva spiegarsi il linguaggio della stampa tedesca altrimenti che con un mot d'ordre e un partito preso di suscitare una nuova guerra colla Francia. Gli aggiunse che lo stato dell'esercito in Francia non ha nulla di straordinario e di minaccioso per la pace. Nigra aveva impegnato il maresciallo Mac Mahon a raddoppiare di calma e di moderazione, ma lo aveva lasciato sotto l'impres

sione di una viva inquietudine. Il Maresciallo gli disse che la sua inquietudine em divisa dall'Austria.

Io credo questi allarmi, almeno per quest'anno, esagerati. Dirò anche che a noi non conviene di aver l'aria di partecipare ad essi o di divulgarli. Ma comprendete quanto ci prema di vegliare e d'essere informati. L'Italia ha, a mio avviso, un grande e sincero interesse alla conservazione della pace e

l'Austria ha un interesse analogo al nostro. L'accordo dei tre Imperatori per la conservazione della pace ha la sua spiegazione naturale nell'ipotesi che il pericolo venga dalla parte della Francia. Ma quali sarebbero il suo significato, la sua portata, le intelligenze che potrebbe contenere nell'ipotesi opposta? Sen:m dunque lasciar supporre, almeno per ora, che abbiate ricevuto delle istruzioni dirette dal vostro Governo, poiché non spetta a noi l'avere l'apparenza d'essere fra gli allarmati e fra gli allarmisti delle segrete intenzioni della Germania, vi prego di informarvi, con quei modi che vi parranno più opportuni, se l'Ambasciata di Francia a Vienna ha manifestato tali inquietudini al Conte Andrassy, quale risposta ne avrebbe avuto, e cercate di sapere dal Conte Andrassy in qual modo egli consideri la situazione attuale.

(l) Cfr. una relazione di Gerra a Visconti Venosta del 18 aprile da cui sono tratte le notizie qui riferite " Rohilant.

168

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 356. Vienna, 27 aprile 1875 (per. il 2 maggio).

Il Conte Andrassy dissemi jeri il Generale Schweinitz avergli dato lettura, senza !asciargli copia, della Nota ultima diretta dal suo Governo al Gabinetto di Bruxelles. In quella nota è detto ch'essa è diretta mit Wissenschaft degli altri Gabinetti garanti.

A queste parole, il Conte Andrassy, che assolutamente non intende assumere ingerenza di sorta nella vertenza germano-belga, arrestò nella sua lettura l'Ambasciatore Tedesco, dicendogli che l'espressione poteva dar luogo a dubbia interpretazione, e che conseguentemente desiderava gli fosse ben chiarito il senso che intendevasi dargli a Berlino. Al che il Generale Schweinitz avendogli risposto: ch'·essa non aveva altro significato, se non di far conoscere che anche di questo nuovo passo erasi data conoscenza a' Gabinetti garanti, siccome egli precisamente stava facendo presso di lui in quel momento e nulla più, il Conte non :llece ulteriore obbiezione, bastandogli d'aver così chiarito il suo intendimento di serbar una perfetta astensione in proposito.

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 90. Roma, 28 aprile 1875, ore 18.

Vous etes autorisé à parapher et à signer la Convention du mètre. Je vous enverrai bi-entot les pleins pouvoirs.

170

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 202. Pietroburgo, 28 aprile 1875, ore 21 (per. ore 10 del 29).

J'ai eu une longue conversation avec le prince Gortchakow à l'occasion de la signature des deux conventions, consulaire ,et pour les successions, qui a eu lieu ce matin. Le prince m'a dit qu'on était complètement rassurés sur la situation politique de l'Europe et que l'année s'écoulera à son avis tranquillement et paisiblement selon les voeux de la Russie et des autres puissances principales. L'ambassadeur de France n'a pas fait de démarche officielle, mais manifesté appréhensions dans quelques pourparlers. Il doit ètre rassuré et édifié sur les bonnes dispositions de la Russie à peser pour le maintien de la paix. C'est le ministre de Belgique, qui a fait dernièrement des démarches pour pressentir le Cabinet impérial sur le contenu de la seconde note allemande. Le prince chancelier lui a répondu qu'il ne pouvait se rendre bien compte de la portée des demandes du Cabinet de Berlin. Lorsque le prince de Bismarck, a-t-il ajouté, aura mieux précisé ce qu'il veut et posé la question nettement et clairement, ce sera alors le cas de se prononcer. Le baron Jomini, avec lequel j'ai eu aussi l'occasion de m'entretenir, m'a tenu le mème langage.

171

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 28-29 aprile 1875.

Il rumore destato dal convegno di Venezia s'è di molto acquetato, con tutto ciò però non pochi vi sono che persistono a volervi veder entro segrete cose, ed essenzialmente il distacco dalla Germania dell'Austria e dell'Italia. A queste voci contribuisce anche a dar una certa apparenza di fondamento, il non sempre dissimulato malumore dell'Austria per l'indirizzo alquanto nervoso assunto dalla politica dell'Impero Germanico in questi ultimi tempi. Intanto sta di fatto che un certo raffreddamento fra Berlino e Vienna esiste mentre che le relazioni si fanno sempre più cordiali fra Vienna e Pietroburgo nonché fra Vienna e noi. Il Conte Andrassy mi ha più volte ripetuto che non solo era altamente soddisfatto del così felice esito della visita fatta dal suo Sovrano a Venezia, ma che ciò di cui non meno si rallegrava, si era che il momento in cui quella visita ebbe a compiersi, non avrebbe potuto essere più opportuno, ed ama a !asciarmi intendere ch'Egii si compiace dell'impressione prodotta da quel convegno considerandola come un salutare avvertimento dato alla Prussia. Conversando meco in quest'ordine d'idee Egli dicevami ieri l'altro che

mentre i giornali Prussiani dicono che si è dietro espresso desiderio dello Imperatore Guglielmo che il Principe Gortchacoff accompagnerà il suo sovrano

nella prossima visita ch'Egli farà a Berlino, a Lui constava invece essere l'Imperatore Alessandro che desiderava esser accompagnato dal suo Cancelliere dell'Impero affinché passando da Berlino potesse darvi consigli di prudenza al Principe di Bismarck. Egli soggiungevami poi, che a malgrado i nuvoloni che oscurano l'orizzonte politico dell'Europa Egli non teme però una prossima guerra tra la Germania e la Francia affrettandosi di dirmi che tal sua fiducia nella conservazione della pace poggiava più sull'abilità del Duca Decazes e sulla prudenza di Mac Mahon che non sulla moderazione di Bismarck.

Per conto mio ascolto ciò che Andrassy mi dice ma non lo seguo nel suo ordine di idee se non con molta riserva poiché persisto ad essere persuaso che tanto all'Austria quanto a noi convenga non staccarsi mai dalla Germania. Lasciamo l'interesse Austriaco a cui ci pensi chi tocca, ma esaminiamo il nostro. Certo si è che l'Austria anche com'è attualmente non si darebbe pensiero al mondo di piantarci il giorno in cui più non credesse aver a temer la nostra alleanza colla Germania a suo danno. Ove poi Andrassy cadesse e quindi le relazioni tra l'Austria e la Prussia cambiassero affatto di natura come non tardel'ebbe un giorno a verificarsi, la reazione si imporrebbe immediatamente qui, e la simpatia ch'essa ci dimostrerebbe non può far oggetto del menomo dubbio. Continuiamo quindi a raccoglier buoni frutti dalla visita di Venezia coltivando quanto meglio possibile le buone relazioni colla Austria che per molti titoli non sono da disprezzarsi ma manteniamo fermo il concetto da Voi le più volte espressomi che a Vienna l'Italia non può né deve cercar il perno della sua politica.

29 aprile 1875

Le pagine che precedono erano scritte in attesa dell'arrivo del corriere allorché mi pervenne la valigia contenente la vostra lettera del 25 (1). Come vedete rispondevo in antecedenza in parte almeno intorno all'impressione che si ha qui sulla questione di pace e guerra. Mac Mahon ha ragione di dire che le sue inquietudini sono divise dall'Austria, poiché l'Austria non è in grado di far la guerra e desidera la pace per lo meno quanto noi; ma badi il Maresciallo di non farsi illusioni poiché ove fosse aggredito dalla Germania non troverebbe da parte dell'Austria neppur il più piccolo appoggio morale. Andrassy è troppo leale per non aver fatto ne sono sicuro chiaramente ciò intendere a Versailles in risposta ai gridi d'allarme da colà pervenutigli. Che tali gridi poi siano stati forti risulta anche a me poiché Andrassy mi disse aver Mac Mahon dichiarato che a fronte di un esercito Tedesco immane le forze Francesi avrebbero dovuto ritirarsi e cedere il terreno senza combattere ogni resistenza essendo impossibile. Le assicurazioni che il Gabinetto di Berlino dà a Vienna ed anche a Parigi sono molto pacifiche; sta però di fatto che il linguaggio della stampa ufficiosa Tedesca suona ben diversamente, non è dunque da meravigliarsi se non si presta intiera fiducia alle parole che vengono da Berlino. Come vi ho detto però Andrassy sembra far assegno sulla prùdenza del Governo Francese, e non meno anche sui consigli che lo Zar ed il Principe Gortchacoff daranno a Berlino nel loro prossimo passaggio da colà. Non ho d'uopo di assicurarvi che

207 terrò gli occhi aperti, e che non m'allontanerò da quella riserva che c1 e Imposta dalle relazioni che è nostro interesse mantenere con la Germania. Ove però tali relazioni tendessero a farsi più intime ancora come parmi lo indichi lo scambio di cortesie a cui dà luogo la presenza del Principe Impe11iale in Italia e l'andirivieni di Keudell e d'altri vi pregherei a farmene cenno affinché meglio io possa conformare a tal stato di cose la mia attitudine qui, ciò essendo abbastanza importante affinché nell'animo del sospettosissimo SchweinHz non nasca il dubbio di duplidtà per parte nostra. Intanto siate persuaso che non m'allontanerò dalla più inappuntabile riserva.

Ho letto la memoria che mi mandaste sulla questione dei matrimoni consolari e la rimetterò ad Hofmann tosto sarà ristabilito, poiché Egli è a letto da alcuni giorni. Non sono ben persuaso che proprio quello sarà il miglior mezzo per arrivar ad una soluzione di quello spinoso affare, poiché Hofman non ha in cose di tal natura tutta l'influenza che vuol mostrare di avere, farò

però giuocar altre corde ancora e non dispero di raggiungere il fine che ci proponiamo.

Sulla questione dei diritti dei beUigeranti vi dò un primo cenno con un mio rapporto d'oggi, ritornerò sull'argomento ma l'affare non preme poiché ad ogni modo impossibile sarebbe le nostre risposte al riguardo arrivino a Pietroburgo prima della partenza dello Tzar.

Vi ringrazio per gli importanti elementi che mi date onde continuare con Andrassy lo scambio d'idee sull'affare del futuro Conclave; abbiate però presente che un tal scambio d'idee non porterà grandi frutti, poiché di quella que~tione nessuno si occupa qui con un po' di seguito, ed intanto le influenze contrarie lavorano attivamente. Non mancherò però di batter il chiodo ogni qualvolta ne avrò propizia occasione.

Sono però convinto che l'elezione del futuro Papa dipenderà in grandis

sima parte dalla nostra preventiva azione e dall'attitudine che saremo in

grado di prendere nel momento decisivo.

(l) Cfr. n. 167.

172

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 92. Roma, 30 aprile 1875, ore 21,10.

Chambre des députés après courte discussion vient d'approuver projet de loi relatif à la réforme judiciaire.

173

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2500. Parigi, 30 aprile 1875 (per. il 3 maggio).

Il linguaggio d'una parte della stampa germanica intorno allo stato degli armamenti militari in Francia ha destato qui come era da attendersi anche

nelle regioni ufficiali un'inquietudine che non è ancora •intieramente scomparsa. Contribuirono anche a quest'effetto le recenti rimostranze fatte dalla Germania al Governo Belga e contenute in dispacci ufficiali che furono resi pubblici. Il Maresciallo di Mac-Mahon, intrattenendosi meco, m'espose a più riprese le sue apprensioni ed il Duca Decazes, giunto da poco da Bordeaux, si espresse, benché in termini più miti, nel medesimo senso. Entrambi si mostrarono preoccupati nel vedere suscitata dai giornali tedeschi la quistione degli armamenti, ben ricordando come alcune fra le ultime guerre siano state precedute da discussioni di tal natura. Convennero tuttavia che finora nessuna osservazione ufficiosa era stata fatta dalla Germania a questo proposito, e che il linguaggio del Principe di Hohenlohe a Parigi, ed anche q_uello dello stesso Imperatore di Germania a Berlino era improntato di carattere pacifico. Io mi adoperai ad assicurare, per quanto era in me, il Presidente della Repubblica ed il Ministro degli Affari Esteri dicendo loro che non era a mia notizia che vi fossero in Europa sintomi immediati di guerra, il che non esclude che vi covino germi i quali sotto l'impero di date condizioni possono sv.ilupparsi più tardi. Non v'è, diss'io, per quanto mi pare, il segno d'un temporale imminente, ma il tempo rimane e rimarrà per lungo tempo cattivo. La Francia si conservi in calma, agisca con raddoppiata prudenza, sorvegli e reprima all'uopo il linguaggio pubblico de' suoi vescovi, e mostri sincero, come è senza dubbio, il suo desiderio di pace, provando coi detti e coi fatti che i suoi arma

menti non son armamenti di guerra, ma armamenti esclusivamente difensivi e moderati al paragone degli armamenti germanici. In luogo vostro, proseguii, procederei anche più oltre. Se una proposta qualunque fosse fatta in Europa per una diminuzione generale e proporzionale di armamenti, mi ci associere•i senza difficoltà e sarebbe anzi questa la risposta che farei alle osservazioni che potessero venir presentate su questa quistione d'armamenti.

Sembra ora che gradatamente l'inquietudine, di cui parlai, tenda a dimi

nuire, e vedo che i giornali tedeschi prendono anch'essi un'attitudine più

calma. Il Duca Decazes dal lato suo non cessa di ripetere, ed è questa la cosa

importante che desidero constatare in questo dispaccio, che la Francia non

pensa a far la guerra, che vuole con passione la pace, che riconosce d'aver

bisogno di pace e che per ciò il suo Governo fa e farà ogni suo sforzo per

mantenerla né risparmierà nulla per giungere a questo dsultato, e conta per

ciò sull'eguale interesse e sull'eguale desiderio dell'Europa.

174

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1471. Berlino, l maggio 1875 (per. il 7).

Un propos récemment tenu par l'Empereur à l'Attaché militaire français • on a voulu nous brouiller, mais on n'y a pas réussi • (propos dont j'ai vérifié l'exactitude) s'appliquerait d'après une version assez généralement admise aux menées des Ultramontains, des Princes dépossédés et des adeptes de l'Internationale. Ces partis ont un intéret à provoquer une conflagration que chacun, à un point de vue particulier, se flatte de faire tourner à son profit exclusif. Il n'est pas à présumer en effet que Sa Majesté, en se servant du pronom indéfini on, ait voulu indiquer le Prince de Bismarck avec lequel il se trouve, n'en déplaise aux adversaires du Chancelier, en parfaite communauté de vues. De son coté, l'entourage de cet homme d'Etat dément de la manière la plus péremptoire qu'il ait eu une part quelconque dans les bruits belliqueux propagés par certains organes de la presse. L'Allemagne, elle aussi, a besoin de paix, de repos et de travail, et ne partage point des idées en vogue surtout parmi les représentants de l'Armée.

Ces explications, de meme que l'attitude de la presse devenue relativement plus modérée, laisseraient croire que la situation est maintenant envisagée ici avec plus de calme. Un avertissement indirect n'a pas moins été donné à la France. Avant-hier encore la Nordeutsche Allgemeine Zeitung commentait un article du Journal des débats qui cherchait à rectifier le jugement prononcé à Berlin contre l'ensemble des lois sur la réorganisation militaire française. La feuille officieuse allemande maintenait ses assertions antérieures. Si le nombre des compagnies d'infanterie a été réduit, on l'accroit de 269 bataillons de plus qu'avant 1870. Or le bataillon est un des éléments fondamentaux de la composition d'une armée, et c'est • mentir sciemment • que de prétendre que la réduction des compagnies est une véritable diminution des cadres.

Avant de recouvir à la voie diplomatique et de tenir ainsi un langage plus accentué, il conviendra peut-etve de voir l'effet qu'auront produit les premières admonitions indirectes. Il importe d'ailleurs, si une guerre devenait inévitable, de bien convaincre l'Allemagne et l'Europe que le role agressif appartient à la France, car il est évident qu'elle ne trouverait aucun allié si elle prenait l'attitude d'une Puissance parfaitement décidée à saisir la première occasion à peu près plausible d'entrer en campagne au premier signe. Il n'y a pas péril en la demeure pour le Cabinet Impérial, et meme un sursis lui est avantageux. Si son armée est largement pourvue de fusils et de canons, l'approvisionnement des munitions laisse encore à désiver. L'école du tir et l'instruction des recrues exigent aussi quelques mois.

En attendant, le sentiment national est tenu ,en éveil, et il se persuade de plus en plus que s'il n'y avait pas moyen d'écarter une nouvelle crise, il vaudrait mieux courir sus à un adversaire, avant qu'il soit armé de pied en cap.

M. de Biilow ayant rendu compte à l'Empereur de la demande que j'avais présentée le 26 avril échu (rapport N. 1469) (l) m'a informé hier que Sa Majesté, se trouvant au moment de quitter Wiesbaden, se propose de me recevoir dans le courant de la semaine prochaine après son retour à Berlin.

(l) Non pubblicato.

175

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1474. Berlino, 2 maggio 1875 (per. il 6).

J eri venne presentato alla Camera dei Deputati il progetto di legge concernente la soppressione degli Ordini religiosi esistenti nella Monarchia prussiana. Il progetto è controsegnato dal Ministro dell'Interno e dal Ministro del Culto.

Ecco QUi succintamente ciò che si trova svolto nei motivi che accompagnano il precitato disegno di legge.

Lo sviluppo, che gli Ordini e le Congregazioni religiose han preso in Prussia dal gennaio 1850, cioé dalla concessione dello Statuto fondamentale in poi, è stato rapido e stragrande. La statistica ha provato che nel 1872 e nel 1873 esistevano in Prussia 78 fra conventi e case religiose, addette a sodalizi maschili, composti di 1032 membri: il numero dei conventi e case religiose, addette a sodalizii femminili ascendeva a 836, abitate da 7763 monache. In totale: 914 tra conventi e case religiose con 8795 tra monaci e monache sovra una popolazione di circa 8 milioni di cattolici. In questo calcolo non è compreso l'Ordine dei Gesuiti.

Al Governo sembra strabocchevole il numero di siffatte Congregazioni religiose, le quali tanto a cagione del loro organamento interno, quanto per lo scopo, a cui mirano, possono arrecare non pochi danni allo Stato con l'esercitare una grande influenza sulle popolazioni cattoliche della Prussia.

Per ciò che concerne il loro organamento interno, gli Ordini religiosi vogliono dipendere sia da Superiori stranieri, che risiedono a Roma od in Francia, sia dall'Autorità vescovile. Grazie a siffatte condizioni essi vengono non solo adoperati dall'alto clero cattolico ai danni immediati dello Stato, ma sono eziandio i più facili e più acconci strumenti per simili mene contro lo Stato, appunto perché il loro organamento non offre nessun equilibrio di forze nelle sfere infime e mediane della gerarchia, atto a paralizzare i propositi criminosi dei proprii capi. L'obbedienza, a cui son sottoposti, identica affatto a quella in vigore presso i Membri della Compagnia di Gesù, riduce al nulla le facoltà intellettuali e volitive dei religiosi, oioè annienta in essi ogni personalità spirituale.

Quanto alla sfera di loro attività, e quanto agli scopi cui mirano, un numero assai scarso di reLigiosi mena una vita affatto contemplativa. La maggior parte è intenta a pratiche occupazioni, che sono inerenti alla società civile. I sodalizii maschili attendono alla cura delle anime, agli ospedali, alla istruzione ed educazione della gioventù. I sodalizii femminili attendono poi esclusivamente agli ospedali e all'istruzione ed educazione popolare. Nessuno ignora quanto siffatte occupazioni conferiscono ad accrescere la potenza degli Ordini religiosi sulle classi della popolazione cattolica. Sin dal 1872 il Governo prussiano, fatto accorto d'alle conseguenze perniciose, partorite da quegli Ordini, che attendevano all'istruzione e all'educazione dei cittadini, vietò ai religiosi d'insegnare nelle scuole popolari.

Di fronte all'attitudine dell'Episcopato prussiano e della Curia Romana ognora più ostiLi ane istituzioni dello Stato, il Governo crede dover suo di respingere le offese della Chiesa cattolica, mercé una legge, la quale possa prontamente ed energicamente paralizzare l'azione dgli Ordini religiosi, che la Curia e l'Episcopato rivolgono a loro beneplacito ai danni della società civile. La legislazione prussiana non offre nessuna disposizione efficace ed uniforme riguardante le Corporazioni religiose: né sarebbe prudente appigliarsi a misure amministrative per frenare l'animo dei religiosi.

E' vero che la Costituzione fondamentale della Prussia consacra nell'Art. 30 la libertà di associazione: ma questo diritto è riconosciuto soltanto a quelle associazioni, che intendono ad un determinato scopo, senza che per questo la personalità dei membri di esse venga modificata nei suoi rapporti con la società laicale. Or chi non vede che soltanto estrinsecamente gli Ordini religiosi possono compararsi con siffaUe libere associazioni? Intrinsecamente parlando ciascun religioso rinunzia con la professione dei voti ad ogni vincolo di famiglia, ad ogni proprietà personale, ad ogni atto della propria libertà, perché si obbliga all'obbedienza cieca e passiva verso i Superiori. Per tal modo siffatte Corporazioni sono la negazione della famiglia, della proprietà e del lavoro personale, basi su cui riposa lo Stato: lo Stato non può quindi riconoscere l'esistenza legale di esse, come quelle, che tendono a distruggerlo.

Ciò posto, l'articolo l o del progetto di legge stabilisce il principio che d'ora innanzi sono esclusi dal territorio della Monarchia prussiana gli Ordini e le Corporazioni religiose.

Né è a dire che evvi contraddizione tra il principio ora enunciato e il riconoscimento dell'esistenza legale della Chiesa cattolica, consacrato in Prussia. E' ormai risaputo che l'istHuzione dei sodalizi religiosi non costituisce uno dei fattori indispensabili alla missione della Chiesa cattolica, in quanto che i sodalizii religiosi non sorsero col sorgere della Chiesa cristiana, ma si vennero sviluppando più tardi, tanto che nei primi tre secoli della Chiesa, essi non esistevano punto. D'altronde il riconoscimento legale di una confessione religiosa non implica necessariamente il diritto di potersi questa svolgere a suo talento e senza limite alcuno. Per lo contrario compete anzi allo Stato, in cui quella vive e si svolge, il diritto di regolarne lo sviluppo e l'azione.

Nello stesso articolo l o è stabilito il termine di sei mesi, a contare dalla entrata in vigore della legge, per procedere all'atto dello scioglimento delle Corporazioni religiose. Soltanto per quelle Congregazioni, che attendono tuttavia all'istituzione e all'educazione della gioventù, è stabilito il termine di 4 anni, trascorso il quale lo scioglimento deve aver luogo senz'altro. Questo

prolungamento di termine è richiesto nell'interesse dello insegnamento medesimo, in quanto che lo Stato non si trova per ora in grado di assicurarlo alla gioventù, mercé insegnanti laici.

Gli articoli 3 e 4 sanzionano l'esenzione dalla soppressione di quegli Ordini religiosi, che attendano esclusivamente alla cura degl'infermi negli ospedali. Essi sono tuttavia sottoposti alla sorveglianza dello Stato. Possono però in ogni tempo essere soppressi per decreto reale. Il Ministro dell'Interno e quello

del Culto sono autorizzati a permettere che vengano accolti nuovi membri in seno di siffatti Ordini.

Questo trattamento eccezionale, assegnato a Congregazioni religiose dedite alle cure degli ospedali, si giustifica da sé, quando si pon mente che esse rendono i più grandi servizi alla società civile con l'esercizio di virtù umanitarie, come son quelle della cura degl'infermi e della assistenza dei feriti in guerra. Questi Ordini religiosi si son tenuti inoltre sempre lungi da ogni partecipazione alle mene dei clerical,i e non ispirano quindi nessuna diffidenza dalla parte dello Stato. D'altro lato la sorveglianza, che il Governo avrà ad esercitare su di essi, è garanzia sufficiente contro ogni loro possibile offesa.

L'articolo 4o stabilisce il principio, che i beni patrimoniali dei Conventi non sono incamerati nello Stato. Le Autorità civili avranno provvisoriamente l'amministrazione di siffatti beni. Il Commissario incaricato dell'amministrazione è responsabile soltanto di fronte all'Autorità da cui dipende. Il rendimento dei conti, formulato dal Commissario è sottoposto alla revisione della Regia Corte dei Conti.

I membri delle disciolte Corporazioni saranno mantenuti a spese dei beni, appartenenti alla loro Comunità. L'impiego definitivo di Questi beni sarà regolato da una legge ulteriore.

Il precitato articolo esclude quindi dalla legge ogni ragion fiscale, in quanto che non sanziona punto n principio che i beni delle disciolte Corporazioni diventino proprietà dello Stato.

Dopo aver fatto notare codesto punto, in certa guisa, come pregio dell'opera, il legislatore non manca di aggiungere che la maggior parte delle Corporazioni religiose esistenti ,in Prussia non essendo fornite dei diritti di persona civile non possiede beni patrimoniali. E per fermo, o la massa dei beni destinati al mantenimento dei Conventi si trova nelle mani di singoli religiosi a titolo di proprietà privata, come pure in quelle dei Vescovi, delle Parrocchie e dei Comuni; ovvero si trova costituita come patrimonio di fondazione, avente Qualità di persona giuridica. Laonde codesti beni o saranno rilasciati nelle mani degli attuali proprietadi, ovvero saranno impiegati in altra maniera a quegli scopi, per cui venne istituita la fondazione.

L'Articolo 5o ed ultimo stabilisce che la presente legge entri in vigore sin dal giorno di sua promulgazione. Questa sanzione mira alla pronta applicazione della legge, onde si possa impedire che nel frattempo sorgano novelle fondazioni monastiche.

Unisco qui il testo del progetto di legge insieme ai motivi. Sarà mia cura di far tenere all'E. V. le discussioni parlamentari, che seguiranno nella Camera dei Deputati su questa materia.

176

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 359. Vienna, 3 maggio 1875 (per. il 6)

Il Conte Andnissy, ch'io incontrai ieri in società ebbe a dirmi che S. M. l'Imperatore di Russia aveva fatto manifestare al suo Sovrano l'espressione della sua più sentita soddisfazione pel felice esito della visita da Lui fatta all'Augusto nostro Re a Venezlia. Il Conte mostravasi meco lietissimo, che lo Tzar avesse sì rettamente apprezzato quell'alto fatto, di cui la stampa europea aveva per un momento tentato di svisare la portata. Egli aggiungevami poi ancora: che la recente visita faHa dal Principe Imperiale di Germania a S. M. Vittorio Emanuele e la pubblica constatazione dei così cordiali rapporti esistenti fra la Casa di Prussia e quella d'Italia, di cui è chiara prova il contemporaneo soggiorno a Firenze dei due Principi ereditari colle loro consorti, era venuta in buon punto per far ragione delle malevoli insinuazioni messe in giro da una parte della stampa tedesca. Questo discorso fattomi dal Conte Andrassy, nonché altri da lui tenutimi nello stesso senso, produce in me l'impressione: che a fronte dei timori suscitati in Francia dall'attitudine minacciosa, che negli scorsi giorni ebbe ad assumere la stampa tedesca, egl·i intende non lasciare dubbi sul fermo proposito del Gabinetto di Vienna di non staccarsi dai Gabinetti di Berlino, PJetroburgo e Roma, ancorché possa non essere sempre perfettamente d'accordo col primo di essi in taluna speciale questione. Nell'accordo dell'Austria, coi summentovati Gabinetti, il Conte Andrassy persiste a ritenere, non v'ha dubbio per me, la più sicura guarentigia per la pace europea, poiché esso deve avere per necessario effetto di costringere la Francia a convincersi, ch'essa non ha alleanze utili da sperare, e che quindi giuoco-forza le è rassegnarsi al suo destino, e togliere così alla Germania ogni pretesto a maggiol'li provocazioni, che potrebbero farle perdere il sano

apprezzamento delle vere condizioni in cui si trova.

177

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 360. Vienna, 3 maggio 1875 (per. il 6).

Col mio rapporto del 27 Aprile n. 355 (l) io informava l'E. V. del mutamento prossimo a verificarsi nel titolare dell'Ambasciata di Francia presso questa Corte. Il Conte di Vogué, il nuovo Ambasciatore, viene qui siffattamente preceduto dalla riputazione di esse·re legittimista ed ultraclericale, che il Duca Decazes credette dover fare smentire quelle voci, assicurando che quel personaggio era animato da sentimenti ben diversi da quelli attribuitigli dall'opinione pubblica. Parvemi però di capire che le spiegazioni al riguardo, date senza essere state richieste, abbiano più che altro confermato l'opinione invalsa qui sul suo conto. Per conto mio ho motivo di credere, il cambiamento che sta per verificarsi sia dovuto, più che ad altro, al desiderio del Gabinetto di Versailles di avere a Vienna un agente più energico dell'attuale, capace così all'eventualità di influire più attivamente sul Governo Austro-Ungarico ed a un momento dato di riuscire a staccarlo dalla Germania. L'azione della diplomazia francese a Vienna, parmi tenda in questo momento a persuadere qui, che se esistono cause di attrito tra la Germania • ed i cattolici Governi del

Belgio e della Francia, ben maggiori ve ne sono, allo stato latente, fra la Germania e l'Austria; che quindi un pretesto per rivolgere a Vienna le minacce che ora si dirigono a Bruxelles ed a Parigi non mancherebbe all'occasione e verrebbe colto, poiché in fin dei conti Parigi non potrà mai essere annessa alla Germania mentre Vienna figurerebbe ottimamente fra le città dell'Impero •. A questo linguaggio che l'Ambasciatore francese tiene <;~ui si associa, ho luogo di credere, sebbene con qualche maggiore riserva, l'Ambasciatore inglese, a cui preme far vedere che in fin dei conti il Belgio non è seriamente minacciato ma solo è preso di mira oggi dal Principe di Bismarck per fornirgli un precedente per rivolgere poscia altrove i suoi strali. Come dissi nel mio precedente rapporto d'oggi stesso, queste arti però non mi pare sortano il desiderato ef:lletto, il Conte Andnissy continuando a ravvisare più sicura la posizione dell'Austria ove si mantenga stretta alla Germania che non esponendosi a correre le avventure colla Francia. Egli quindi mantiene coll'Ambasciatore francese la massima riserva e si astiene sempre da qualsiasi scambio di idee. Non mancheranno però qui gli alleati al Conte Vogué: egli troverà il partito ultramontano pronto ad assecondare la sua azione; in fatto questo partito sembra deciso a spingere le cose al punto che il monarca si trovi nella necessità di romperla colla Germania o di schierarsi egli pure contro la fazione cattolica. Sembrerebbe che il Nuncio Pontificio tema un tal bivio e stia ora appoggiando la constituzione del nuovo partito cattolico, che guidato dal Cardinale Rauscher sta marcatamente dividendo la sua causa da quella del partito feudale e non conta spingere le cose all'estremo. Intanto

però i partiti si osservano e si preparano pel giorno dell'azione, senza cercare apparentemente a voler provocare la lotta, fors'anche aspettando che un incidente qualunque la faccia esplodere.

(l) Non pubblicato.

178

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 361. Vienna, 3 maggio 1875 (per. il 6).

Persiste qui la voce che la Germania si disponga a prossima guerra: ad essa danno corpo le informazioni che si hanno sui suoi accelerati apprestamenti militari. In fatto è notorio che la Casa Roth di Vienna, la quale aveva la commissione di provvedere per conto del Governo Tedesco 2 milioni di bossoli da cartuccia al mese, ha ricevuto, nell'aprile scorso, l'ordine di provvederne 20 milioni entro il prossimo Giugno.

Parimenti la fabbrica di Heyer nella Alta-Austria, che è diretta dal Werndl ha commissione di fornire al Governo Germanico 1/2 milioni di fucili entro tutto il 1875 ed anzi di questi ne ha già somministrati fin d'ora 250.000.

Mi si assicura poi che la fabbrica di Krupp abbia ricevuto ordini pressantissimi da Berlino di somministrare a tutto il prossimo Giugno 1500 cannoni di campagna.

Senza voler dare soverchio peso a questi fatti, ho però creduto bene riferirli all'E. V. per sua informazione, siccome non mancherò di portar a sua conoscenza quegli altri d'analoga natura, che giungessero a mia cogmzwne. In quanto al Governo Austro-Ungarico non mi risulta faccia per ora apprestamenti qualsiasi in vista di prossima guerra.

179

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 5 maggio 1875.

Ebbi ieri l'altro occasione di parlar un po' a lungo col Conte Anddissy intorno all'eventualità del Conclave. Gli ricordai il desiderio da Lui espressovi a Venezia di continuar con noi uno scambio di comunicazioni confidenziali in proposito, e come novella prova del pregio in cui tenete tale suo intendimento, Gli riferii le informazioni al riguardo da Voi datemi con Vostra lettera particolare del 25 scorso (1).

Il Conte m'ascoltò con molta attenzione e mostrò aggradir molto le co

municazioni ch'io gli facevo. Egli mi rispose: che sin dal primo scambio d'idee

avvenuto con noi su questa questione, non aveva mancato di ragguag1iarne

con precisione il Conte Paar, svolgendogli naturalmente i tre punti fonda

mentali che riassumono i Suoi intendimenti sull'attitudine dell'Austria-Ungheria

nella questione del Conclave. Non diedegli però incarico di tenerne parola col

Cardinale Antonelli, poiché Egli dicevami • non ho più creduto conveniente

nè dignitoso pel Governo Imperiale, rivolger comunicazioni di questo genere

al Segretario di Stato di Sua Santità dopo la poco aggradevole Disposta da

Lui fatta alla mia Nota apprezzativa della Circolare del Vostro Governo del

l" Gennajo 1874, risposta di cui avete avuto conoscenza •.

Egli mi ripetè quindi ciò che credo avervi già detto altra volta: cioè

che ai passi fatti dalla Francia per entrar seco Lui in scambio d'idee sulla

questione del Conclave, Egli non aveva dato risposta alcuna, sempre perché

non intende in questione qualsiasi stabilir intelligenze colla Francia: anche

nell'interesse della Francia stessa a cui non conviene dar pretesto ad illusioni

irrealizzabili, e non meno poi, perché nessuno sa prevedere cosa può suc

cedere in quel Paese. Volendo però procedere d'accordo con una Potenza cat

tolica che possa a,ver non sospetta azione sul Vaticano, il Conte Andrassy

comunicò le sue vedute al Gabinetto di Lisbona, ed anzi lo impegnò a far

agire a Roma concordemente col Conte Paar l'Ambasciatore Portoghese, ch'Egli

mi disse saper essere di sentimenti moderati, ed anche beneviso al Governo

Italiano. Con tutto ciò però il Conte Andrassy si convinse di quanto io ebbi

a dirgli, che in fin dei conti 'i membri del Sacro Collegio che più interes

serebbe fossero a giorno degl'intendimenti del Gabinetto di Vienna, li igno

rano affatto, cosa di cui non si può far appunto al Cardinale Antonelli, vrrsto

che come dissi più sopra nessuna comunicazione al riguardo venne a Lui fatta.

Ed apprezzando Egli che una certa luce venga fatta in proposito in tempo,

prese nota della cosa, e dissemi che avrebbe esaminato le istruZiioni date fin qui al Conte Paar, e che all'uopo le avrebbe completate in modo da far sparire l'inconveniente esistente. In questa circostanza volle poi riconfermarmi ciò che avevami già detto non molto tempo fa, cioè che il linguaggio che il Cardinale Antonelli tiene al riguardo dell'Italia in questi ultimi tempi, è non poco mutato da quello che era in passato; il Cardinale ammettendo oggi che il Governo Italiano avrebbe all'evenienza volontà e potere di far rispettare la libertà del Conclave.

Parmi che questa conversazione ch'io Vi riferisco, potrà portare qualche buon frutto, sarebbe però utile io fossi di quando in quando posto in grado mediante opportune informazioni, di riprender quel discorso e tener così viva l'attenzione del Conte Andrassy su quell'importante argomento, poiché altrimenti più si prolunga la vita del Santo Padre, meno si pensa alla sua morte, e quell'eventualità potrebbe coglierci senza che il terreno fosse convenientemente preparato per produrre quei frutti che pur sarebbero di comune convenienza, non solo dell'Italia e dell'Austria, ma del mondo intiero.

Nella st,essa occasione riparlai al Conte Andrassy della risposta a farsi alla Russia sulla questione della Conferenza per regolare i diritti dei belligeranti, ed anzi credetti a proposito !asciargli un piccolo Pro Memoria in cui riassunsi le vedute al riguardo del R. Governo da Voi espostemi nel Vostro dispaccio di pochi giorni fa. Egli si mostrò sul principio meravigliato del modo largo col quale noi eravamo disposti ad accettar le proposte Russe. Ma io gli risposi che chi accetta il più, accetta anche il meno, che quindi non dubitavo si sarebbe fra di noi stabiLito facilmente l'accordo sulla risposta a farsi a Pietroburgo, anche se l'Austria-Ungheria non intendesse esser così larga nella sua accettazione. Egli ci pensò un momento sopra, poi mi disse, che sebbene non vi fosse gran premura di far pervenire al Gabinetto Russo le risposte di cui è caso, pur nelle presenti circostanze, sorridevagli particolarmente che rispondessimo assieme in modo conforme, onde dar prova dei pratici effetti conseguiti dal convegno di Venezia, ed inoltre che queste nostre risposte non tardassero più a lungo a venir spedite a Pietroburgo, anche perché il modo sommamente simpatico col quale l'Imperatore Alessandro si era espresso a riguardo del succitato convegno, sembravagli meritar una testimonianza di special riguardo, da parte nostra. Egli conchiuse quindi che si occuperebbe senz'altra dilazione dell'affare, e che Vi avrebbe a sua volta fatto comunicare le sue vedute sulla risposta a farsi, affinché si possa concretare il voluto accordo fra di noi, onde effettuar contemporaneamente la trasmissione delle nostre analoghe risposte.

(l) Cfr. n. 167.

180

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2501. Parigi, 6 maggio 1875 (per. il 9).

Il Principe di Hohenlohe, Ambasciatore germanico in Francia, deve partire oggi per Monaco di Baviera rin congedo di parecchi giorni. Prima di partire egli ha ricevuto dal Signor de Btilow un dispaccio del quale ha creduto

dover dare lettura confidenziale al Duca Decazes, benché quel documento non fosse destinato ad essere comunicato. Il dispaccio in questione fu motivato dal rendiconto fatto al Ministero di Berlino dal Principe di Hohenlohe d'una conversazione che quest'ultimo aveva avuta col Duca Decazes, e nella quale il Duca Decazes gli aveva riferito, secondo il tenore dei rapporti del Visconte Gontaut-Biron, una precedente conversazione fra quest'ultimo ed il Signor de Biilow. Il linguaggio del Visconte de Gontaut-Biron, e quello che questi aveva attribuito al Signor de Biilow, erano sembrati al Segretario di Stato degli Affari Esteri di Berlino soverchiamente ottimisti e non abbastanza esatti. Quindi il dispaccio al Principe di Hohenlohe, di cui è qui principalmente questione, dispaccio il di cui scopo si è di attenuare gli apprezzamenti troppo ottimisti e troppo pacifici del Visconte de Gontaut-Biron, e di rettificare in parte quanto questi aveva messo 1in bocca al Signor de Billow.

Secondo quanto mi disse confidenzialmente il Duca Decazes, il dispaccio constata che l'Alemagna desidera la pace, ma nota che le misure militari prese dalla Francia negli ultimi tempi, e specialmente quella della creazione dei quarti battaglioni, sono l'indizio di disposizioni non pacifiche in Francia. All'infuori di questo fatto, il Signor de Biilow concorda col Visconte de Gontaut Biron e col Duca Decazes nel riconoscere che non v'è in Europa nessuna questione pendente o imminente sulla quale possa nascere un conflitto tra Francia e Germania, e passa rapidamente in rivista quelle fra le condizioni presenti d'Europa che sogliono essere l'oggetto di discussioni presso gli organi della pubblica opinione.

Il Signor de Biilow non vede materia di conflitto fra le due nazioni in Oriente. Non fa il torto agli uomini di Stato francesi di credere un istante ai progetti d'invasione del Belgio per parte della Germania, progetti che non hanno alcun fondamento. Nella Spagna, la Germania non trova nulla d'inquietante per sé, nemmeno l'arrivo di Don Carlos al potere, quando ciò fosse possibile. Ma riconosce che l'interesse della Francia e quello della Germania sono comuni in questo, che cioè conviene all'una e all'altra che l'attuale Governo del He Alfonso si mantenga e si consolidi. Quanto all'Italia, il Signor de Biilow non vi vede che una gara di buon procedere ne' due Governi di Francia e Germania verso il Governo del Re. Rispetto al Vaticano, egli riconosce che finché vivrà il Pontefice attuale non v'è a sperare in un'attitudine che consenta ai vari Governi di procedere in buona armonia colla chiesa cattolica, ma ammette che all'avvenimento d'un nuovo Papa converrà cercare un modus vivendi che renda possibili i buoni rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica, e crede che la cosa sarà ottenibile col consenso dei varj Governi interessati, se la scelta del nuovo Pontefice cadrà su persona moderata e prudente.

L'impressione prodotta da questo dispaccio sul Duca Decazes si è che il Governo germanico vorrebbe lasciare aperta la discussione intorno alla questione degli armamenti, e quindi il Ministro francese degli Affari Esteri non è senza inquietudine. Egli mi rinnovò la dichiarazione espressa che lo scopo costante della politica da esso seguita è il mantenimento della pace, che a quest'intento egli applicò e continuerà ad applicare tutti 'i suoi sforzi. Del resto nelle sfere ufficiali francesi si spera che il prossimo arrivo in Prussia dell'Imperatore di Russia eserciterà un'azione paoifica sul Governo germanico.

181

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1475. Berlino, 6 maggio 1875 (per. il 12).

Dans l'audience particulière qui m'a été accordée aujourd'hui par l'Empereur, j'ai eu l'honneur de remettre la lettre royale (l) annexée à la dépeche de V. E. n. 354. Il attribuait à une sorte de fatalité l'ajournement d'un voyage en Italie. Sa santé semblait entièrement raffermie vers la fin de l'hiver, lorsque ses forces s'étant affaiblies, les médecins opposèrent un veto à l'exécution d'un projet qu'il n'avait pas un seul instant perdu de vue. Grace aux deux semaines de repos dont Sa Majesté venait de jouir à Wiesbaden, elle se sentait nouvellement mieux, et avait bon espoir que le temps perdu pourrait etre regagné. • Votre Auguste Souverain pour me laisser de la marge suggère, par l'entremise de mon Fils, l'automne et meme le printemps prochain. A cette dernière époque j'attendrai 80 ans. Mais je ne désespère pas de me trouver un jour au rendez-vous, lors meme que ma présenoe n'ajouterait pas grand chose aux excellents rapports qui existent heureusement entre les deux Pays. Je sais par des communications sur l'entrevue de Venise qu'elle a eu pour effet, en me servant des expressions du Comte Andrassy, non pas de rendre moins solide l'entente entre les trois Cours du Nord, mais de fortifier eette entente dont le but essentiel est le maintien de la paix. Un mauvais petit-journal a propagé récemment des bruits de guerre. J'ai été aux investigations, mais sans rien découvrir sur l'auteur de ces rumeurs nullement fondées dans la réalité des choses. Il est vrai que la France multiplie ses armements; il n'y a nul doute que la pensée de revanche est au fond de son coeur, mais il faudra une longue période d'années avant que la nouvelle organisation ait atteint son développement. Si nous devons nous rendr.e compte que le nombre de ses soldats pourra devenir supérieur au notre, il y aura pour longtemps encore, en admettant qu'on parvienne jamais à la combler, une certaine lacune pour le chiffre voulu d'officiers et de sous-officiers. En attendant, il résulte de mes informations que la France, voudrait-eUe la guerre, est loin encore de réunir les conditions nécessaires pour l'entreprendre contre l'Allemagne •.

Ces détails militaires n'étant pas de ma compétence, j•e me suis borné à des observations en termes très généraux.

Revenant ensuite sur l'objet principal de l'audience, je me suis permis de contredire l'assertion que la présence de Sa Majesté en Italie serait un faible appoint à nos relations intimes. Il faudrait à l'opinion publique un nouveau signe visible de ce courant sympathique entre les Cours et les Gouvernements, et elle en verrait un témoignage de plus dans la contre-visite. On n'a que l'age que l'on montre, et à cet égard Sa Majesté pourrait défier

de beaucoup plus jeunes. Sa vie entière prouvait que la Providence I'avait toujours secondé. II en serait de meme si Sa Majesté se décidait à signaler son règne par un nouvel acte de haute politique. Elle voudrait bien comprendre que le Roi mit une amicale insistance à ne pas renoncer à l'espoir que l'entier rétablissement d'une santé si précieuse, permettrait à l'Empereur une excursion en Italie.

Sa Majesté Impériale m'a prié de remercier le Roi des sentiments exprimés dans sa lettre en répétant combien Elle souhaitait d'etre a meme, quand faire se pourra, de répondre à un appel si cordial auquel Elle était extremement sensible.

(l) Cfr. n. 150.

182

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 265. Cairo, 6 maggio 1875 (per. il 14).

Per telegramma ho avuto l'onore di ringraziare l'E. V. in nome del Khedive per la splendida votaz,ione della Camera per la legge della riforma giudiziaria.

La notizia è stata accolta con grande entusiasmo, non solo nelle alte sfere, ma anche nel pubblico, perché tutti riconoscono in quella votazione il successo assicurato della riforma. In questi ultimi mesi per strane gelos1ie d'influenza tentarono d'insinuare nell'animo del Khedive dei dubbi sulla sincerità della nostra condotta, e ci accusarono d'esser guidati dalla Francia;

ma nessuno poté mai sospettare in noi una cieca deferenza all'Egitto, né attribuirci nello studio di questa quistione una precipitazione pregiudizievole ai nostri interessi, ed alla maturità del nostro giudizio. Sotto questo punto di vista tutti ci rendono giustizia; tutti sanno che dal 1867 le proposizioni Egiziane sono state studiate, e senza interruzione, con tutti i mezzi che il R. Governo poteva disporre: commissioni internazionali; commissioni speciali degli uomini i più competenti; rapporti, note, controprogetti; che nulla infine è stato negletto.

La votazione unanime della Camera ha annientato le calunnie, ha riconosciuto che il R. Governo ha agito con la massima ponderatezza e prudenza, che ci ha assicurate tutte le garanzie possibili; e che l'Egitto entrato nella corrente delle idee europee, merita l'incoraggiamento e la simpatia delle nazioni civili.

Questa sanzione è decisiva; è il successo assicurato della riforma, poiché ormai non può esserne più messa in dubbio l'applicazione né sono più possibili mezzi termini e le ,esitazioni. Questa è la corrente delle idee che è nata nelle alte sfere, e nella nostra e nelle altre Colonie, all'annunzio della votazione della nostra Camera.

183

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1476. Berlino, 7 maggio 1875 (per. il 12).

Je n'ai pu assister au diner officiel donné le 30 Avril échu à l'Ambassade de Russie à l'occasion de la fete de l'Empereur Alexandre, ayant reçu la veille la nouvelle d'un nouveau décès dans ma famille. Bien des propos ont été échangés dans oette réunion. Je citerai les plus marquants.

Le Comte de Moltke disait à un de mes Collègues qu'il avait le projet de se rendre, comme d'habitude, au printemps et en automne dans ses terres en Silésie, mais qu'il était moins sur de pouvoir jouir du meme repos l'année prochaine. Si la France en effet continue ses armements exagérés, elle se trouvera dans l'alternative ou de faire la guerre et de commettre ainsi une folie, ou de s'exposer à un acte d'inconséquence en suspendant le cours de ses préparatifs belliqueux. Les Puissances devraient se concerter pour exercer sur le Cabinet de Versailles une salutaire influence dans l'intéret de la conservation de la paix; malheureusement les Puissances ne font pas leur devoir, l'Angleterre surtout.

Le Ministre des Finances assurait Q.ue la mesure interdisant la sortie des chevaux avait été prise en parfait accord des membres du Gouvernement Impérial, pour opposer des entraves à la formation de la cavalerie française. Ayant eu des preuves irrécusables qu'il s'agissait de nombreux achats, on n'a pas hésité à ordonner cette mesure quelque nuisible qu'elle fut aux éleveurs, aux propriétaires de haras.

A ce meme diner M. de Biilow fit ce message au Baron Nothomb: • Le Chancelier vous prie de faire savoir à votre Roi qu'il doit plus que jamais s'occuper de son armée. Il en aura besoin plus tòt qu'il ne le pense pour défendre la neutralité de la Belgique qui ne doit compter que sur elle meme •.

M. de Nothomb s'est ,empressé de faire parvenir cet avis à Bruxelles, en ajoutant q_ue si la Belgique par son attitude excitait de la défiance, elle s'exposerait à etre occupée par les troupes allemandes dès le début d'une campagne. Et cela absolument camme en agit Frédéric II au commencement de la guerre de 7 ans vis-à-vis de la Saxe qui faisait mine de vouloir soutenir l'Impératrice Marie Thérèse dans ses projets de revendication de la Silésie. Le Roi de Prusse prévint ses en111emds sans s'inquiéter de la rumeur qu'exciterait en Europe une invasion aussi soudaine.

Le 3 Mai le Maréchal de Moltke se fit annoncer chez l'Ambassadeur d'Angleterre et lui tint à peu près le meme langage q_ue j'ai cité au second alinéa de cette dépeche. Le Maréchal ajoutait qu'une lutte devenait inévitable pour l'année prochaine si la France ne ralentissait pas ses allures. Lord Odo Russell avant de rendre compte de ce langage à Londres, s'en est exp1iqué dès le lendemain, 4 Mai, avec M. de Biilow qui s'était borné à lui répondre que telle était en effet la manière de voir q_ui avait cours ici dans les cercles militaires.

Je tiens en outre de bonne source que le Comte de Miinster a reçu une dépeche dont il devait donner lecture sans en laisser copie, dépeche ayant pour but de démontrer, avec tous les renseignements techniques à l'appui, que les dispositions d'armement prises en France sont inexplicables si elles n'impliquent pas l'intention de faire la guerre dans un avenir prochain. Il est à présumer que des communications analogues ont eu lieu à Vienne et à Pétersbourg.

Dernier détail. Il me résulte que les Départements Impé:rriaux de la guerre et de la marine déploient depuis peu une activité bien plus grande que par le passé.

Comment concilier ces renseignements avec les assurances si pacifiques de l'Empereur (rapport n. 1475)? (1). Sa Majesté est cel'tainement de parfaite bonne foi, comme Elle l'était en 1866 où presque jusqu'au dernier moment Elle ne croyait pas à un conflit avec l'Autriche, et cependant les nécessités politiques lui donnèrent tort dans ses prévisions. L'habilité hors ligne du ChanceHer qui possède d'ailleurs l'entière confiance du Souverain l'emporta sur les tendances de la Cour. Depuis lors son ascendant n'a fait que grandir, et il a presque carte bianche. Il est explicable que Sa Majesté, sans entrer dans le détadl des affaires dont EHe abandonne le soin au Prince de Bismarck, nourrisse encore le ferme espoir que Son Altesse réussira à détourner l'orage par Ies meilleures précautions et sans compromettre en ri,en la sécurité de l'Allemagne.

Telle est peut-etre la raison de ces contradictions qui seraient dès lors plus apparentes que réelles. Sous peu de jours l'Empereur Alexandre et le Prince Gortchakow arriveront à Berlin. Ils sont l'un et l'autre plutòt optimistes à l'égard de la France. On cherchera probablemen,t à les rendre pessimistes, et à préparer quelque manifestation représentée comme ayant pour but d'écarter tout 1incident de nature à troubler la tranquillité de l'Europe. Il sera assez difficile d'argumenter contre une Autorité aussi compétente que le Maréchal de Moltke. Ou ses arguments reposent sur la vérité, et ce serait la justification des appréhensions existantes, ou ils sont erronés, peu sérieux, et ce serait encore plus significatif. Peut-etre que l'entrevue de Berlin éclaircira un peu la situation.

En attendant, le Comte Schouvaloff en retournant à Londres, v1ient de passer ici 24 heures. Il a été reçu par l'Empereur, et a eu deux conférences avec le Prince de Bismarck qui l'appelle son ami. On croit ici que le Comte Schouvaloff a le plus de chance de remplacer un jour le Prince Gortchakow.

184

IL CONSOLE A SERAJEVO, PERROD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 29. Serajevo, 7 maggio 1875 (per. il 14).

Credo mio dovere riferire all'E. V. diversi indizii che mi sembrano atti a dimostrare lo stato degli spiriti in Bosnia relativamente anzitutto ai suoi

rapporti colla vicina Austria. Il viaggio dell'Imperatore Austro-Ungarico in Dalmazia ha per così dire dato un corpo a certi sentimenti che pria esistevano senza potersi definire, e questi sono in primo luogo un senso di acre diffidenza verso la finitima potenza di cui si sospettano in modo reeiso le aspirazioni e le voglie riguardo a questa Provincia. Quando il Governatore Dervis Pacha partì per Ragusa ad ossequiare l'Imperatore corse la voce che con quest'ultimo trovavasi l'addetto militare all'Ambasciata Russa in Vienna e ciò per significare che ad una idea di annessione fosse complice anche la Russia. Si vociferò inoltre che a Zara l'Imperatore si sarebbe espresso in un modo assai risentito contro quell'Agente della Turchia che sarebbe stato chiamato nemico; l'accoglienza fatta a Dervis Pacha stesso non sarebbe stata quella cui avrebbe avuto diritto di aspettarsi. Si pretende inoltre che a gran fatica questa Autorità avrebbe fatto desistere i Cristiani dell'Er:llegovina di mandare una rappresentanza all'Imperatore per esporgli le proprie lagnanze riguardo ai maltrattamenti usati dai Musulmani. Ed infine, come da lungo tempo si agita la questione della definitiva delimitazione della frontiera sulla Sava, si suppose perfino che la Turchia cederebbe una parte della Bosnia verso il fiume Unna lì dove questo sbocca nella Sava. In tutto ciò v'è poco

o niente di vero ma il fatto stesso di simili voci e specialmente la fede che vi presta la parte Musulmana indica quali siano le preoccupazioni del paese al momento in cui il sovrano della finitima potenza ne toccò il suolo. A dare qualche ragione a questi sospetti si aggiunse l'indirizzo della colonia AustroUngarica in Serajevo la quale nel telegrafare a Ragusa per complimentare l'Imperatore disse che mai non si era trovata così malmenata dalle Autorità del paese.

Egli è certo che se l'Amministrazione di Dervis Pacha non diede sinora luogo a rumorosi lamenti non tralascia però di avere prodotto un generale malcontento e per il suo carattere d'inerzia assoluta e più ancora per la venalità che ne è per così dire il perno. Da lungo non si ricorda la Bosnia di avere posseduto più inerti amministratori in tutti i rami del pubblico servizio e da lungo tempo non vennero ceduti le pubbliche cariche e gLi impieghi di ogni specie più spudoratamente a prezzo di danaro, il quale per rientrare nelle mani degli impiegati che lo sborsarono deve necessariamente per fas et nefas uscire moltiplicato dalle tasche del povero Amministrato. Per essere cassiere si paga due mila zecchini d'oro, per uscire dalle prigioni sotto l'incolpazione di assassinio se ne danno mille, duecento cinquanta per vincere una lite relativa ad un terreno qualsiasi, duecento per un posto di Mudir, mille o più per Quello di Mutessarif, da due a cinque cento per quello di Kaimakam e v1ia di seguito. Ognuno puol figurarsi quale debba essere l'andamento dell'Amministrazione che segue tali regole di condotta e l'effetto che produce sulla popolazione. Non è meraviglia quindi se alla caduta dell'antico Gran Vizir si sperò che questo Vali fosse cangiato. Per ora però nulla se ne sente.

Nell'informare l'E. V. che dovendo partire in congedo il 12 del corrente affiderò dietro la concessami autorizzazione la reggenza di questo Consolato al Signor Theodorovich or ora di ritorno da Ragusa...

(l) Cfr. n. 181.

185

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 243. Lisbona, 7 maggio 1875 (per. il 16).

Nel mio colloquio ebdomadario con questo Ministro degli Esteri, parlando della questione Romana, S. E. mi assicurò non aver ricevuto alcuna comunicazione dal Gabinetto di Berlino, relativamente al supposto progetto di dar carattere internazionale alla situazione del Sommo Pontefice in Roma.

Alludendo alla fase attuale dei rapporti politici sì inaspriti tra la Santa Sede e la Germania, S. E. mi partecipò confidenzialmente che in una recente conversazione tra il Cardinale Antonelli ed il Conte di Thomar, la quale ebbe luogo dopo il discorso del Principe di Bismarck alla Camera Prussiana nel quale sembra che il Cancelliere dell'Impero abbia voluto laisser une porte ouverte (sic), mi partecipò ripeto, che il Segretario di Stato di Sua Santità sembra Egli pure preoccupato assai dei rapporti troppo tesi colla Germania e delle gravi conseguenze che ne possono emergere.

Il Signor De Andrade Corvo in questa occasione felicitò sempre p1:i l'Italia per la nostra politica Romana, la quale tosto o tardi, perché saggia e moderata, non può a meno di ottenere buoni resultati e mantenere il Capo della Religione Cattolica a Roma, malgrado gli sforzi ultramontani, nell'interesse politico e religioso del mondo intero, poiché terminò S. E. • Un Pape non Italien et hors de Rome serait un véritable danger pour tous • (sic).

Venendo poscia a parlare della Spagna il Ministro Portoghese mi disse

che dopo l'arrivo del nuovo Nunzio a M!.drid eravisi manifestati sentimenti

meno favorevoli ed inquieti verso Roma nelle sezioni della Corte e del

Governo.

Tale notiz,ia coincide con quella datami la vigilia da questo mio Collega

di Spagna. Premetto che il Signor Collantes, il quale rappresenta qui il Re

Don Alfonso dopo la restaurazione Spagnola, è persona grata e stimata a Li

sbona, col non comune merito tra i suoi compatriotti di esser sempre rimasto

fedele al suo partito, né aver ripreso servizio che con esso; e sebbene con

servatore Monarchico per eccellenza, comprende però le esigenze dei tempi

e la necessità di tenerne conto sia dal lato politico sia dal lato religioso.

Il Signor Collantes dunque si mostrò meco molto spiacente e perfino

allarmato dalle esigenze Romane affermando che se Roma persiste a man

tenere il suo non possumus e ad esigere il ristabilimento nella Spagna della

Chiesa come prima della rivoluzione, renderà impossibile il Governo anche

più conservatore, ed esser quindi indispensabile un accordo sulla base della

libertà di coscienza. • Vogliamo ben far concessioni a Roma di applicazione,

soggiunse il mio Collega, ma è d'uopo che Roma ce le renda possibili ed

accettabili al Paese •.

Questa Corte parte a giorni per Oporto e Braga onde assistere all'inaugu

razione della ferrovia del Nord.

Unisco qui una mia particolare per V. E ...

186

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 26. Pietroburgo, 7 maggio 1875 (per. il 30).

Col mio telegramma del 28 aprile (l) ho dato conto a V. E. di una lunga conversazione che ebbi col Principe Gortchakow sull'attuale situazione politica dell'Europa. Sua Altezza attribuisce in gran parte alla soverchia irritabilità del Principe di Bismarck, all'eccitazione nervosa e quasi febbrile che in lui produce la fiera lotta che combatte contro il clero cattolico, gli allarmi ed i timori suscita·tisi nei giorni scorsi.

c Il est bien malheureux, mi diceva Sua Altezza, que le Prince Bismarck à coté de tant de qualités éminentes ait l'immense défaut de ne savoir tolérer le moindre obstacle. Toute opposition l'irrite et le met dans un tel état de surexcitation nerveuse qu'il ne peut plus se contenir et alors il trouble le monde •.

Il Principe Gortchakoff ammette però che oltre a queste cause passeggiere di allarme esistono in Germania altri elementi pericolosi che se non fossero contenuti potrebbero seriamente minacciare la pace d'Europa. Havvi un partito che disgraziamente ha la logica in suo favore e che sostiene che poiché una nuova guerra colla Francia è solo una questione di tempo, tanto val meglio farla subito ed in condizioni più favorevoli. Ma per fortuna il partito più saggio, capitanato dall'Imperatore, ha finito per trionfare e oramai ogni pericolo è cessato.

Il Principe Cancelliere mi disse che giorni sono il Ministro del Belgio erasi da lui presentato per comunicargli il testo della seconda nota diretta dal Conte di Perponcher al Gabinetto Belga •e per chiedergli cosa ne pensasse il Governo Imperiale. c Je lui ai répondu, mi soggiungeva Sua Altezza, que tout cela me paraissait •encore assez vague, que je ne me rendais pas bien compte de la portée de ces demandes. Quand le Prince Bismarck aura dit plus clairement ce qu'il v eut ce sera alors le cas de se prononcer •.

Il Barone di Jomini che vidi il gio11no stesso e che come ho telegrafato

a V. E. rimarrà gerente del Ministero durante l'assenza del Principe, mi tenne

presso a poco lo stesso linguaggio, e solo abbondò con più vigore sulle dispo

sizioni pacifiche della Russia e sugli sforzi costanti e sinceri che avrebbero

fatto per tutelare la pace pubblica. • Nous sommes il est vrai, dicevami, le

peuple le plus militaire de l'Europe, tout est organisé militairement chez

nous; mais il est un fait aussi que nous sommes en meme temps le peuple

le moins belliqueux du monde •.

Un sintomo curiosissimo a notare e che mi ha sorpreso non poco si è

che il Barone di Jomini, nel corso della conversazione, mi manifestò chiara

mente di non credere all'unità Germanica, che secondo lui è destinata a

crollare.

Egli è veramente sorprendente che uno spdrito sì acuto ed elevato dia

tanto peso agli ostacoli presenti e non comprenda la fatalità di certi avve

nimenti storici.

(ll Cfr. n. 170.

IO -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 94. Roma, 9 maggio 1875, ore 17.

Le ministre d'Angleterre vient de m'informer que son Gouvernement a donné l'ordre à l'ambassadeur anglais à Berlin de faire une démarche formelle pour le maintien de la paix, dans l'hypothèse et sous la condition que l'Empereur de Russie s'exprimera dans le meme sens. Le Gouvernement britannique désire que nous fassions de notre còté les memes démarches. Je suppose que le Comte Andrassy aurait reçu une communication analogue. Je vous prie de m'informer d'urgence des délibérations qu'il aura cru devoir prendre et des instructions qu'il aura données à Berlin.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 557. Roma, 9 maggio 1875.

I rapporti di questa serie che la S. V. Illustrissima mi ha indirizzati, sotto la data dei giorni 13 e 16 aprile (1), relativamente ai lavori della Conferenza del metro, hanno messo in grado il Governo di Sua Maestà di prendere una risoluzione circa l'opportunità che l'Italia abbia a sottosc11ivere insieme alla maggioranza degli altri Stati, la convenzione elaborata dalla conferenza stessa.

Il R. Governo, mentre fu lieto della parte distinta che nei lavori della Commissione speciale ha avuto il suo delegato, cav. Prof. Gilberto Govi, ha pienamente approvato la riserva con la quale la S. V., ,in qualità di plenipotenziario diplomatico, ha proceduto in tutto ciò che poteva impegnare il Governo italiano in una spesa che dovrà naturalmente essere approvata dal Parlamento.

Le norme in vigore nel diritto pubblico interno del nostro paese richiedono che le Convenzioni che importano onere alle finanze, debbano essere approvate dalla Camera dei deputati e dal Senato. È dunqui in ogni ipotesi sotto la riserva di tale approvazione che il Ministero può autorizzare la firma della convenzione già parafata da tutti i Rappresentanti degli Stati che vi hanno aderito. In questo dispaccio Ella troverà i pieni poteri necessarj per firmare.

Ringrazio la S. V. di avermi trasmesso i protocolli delle sedute della Commissione dei delegati speciali. Dei protocolli della Conferenza diplomatica mi pervennero soltanto due esemplari della prima seduta. Ho poi trovato

insieme ai protocolli una nota litografata 1ntitolata: • Note relative à quelques objections qu'on a faites au sujet de deux points importants du projet N. l •.

Non ho trovato, né ne'i rapporti del Cavalier Govi, né nei protocolli delle sedute che mi furono trasmessi, da chi sia stata presentata quella Nota, la quale ha però chiamato la mia attenzione sopra l'interpretazione che potranno ricevere alcune disposizioni della Convenzione relative al carattere del Comitato internazionale ed al modo di procedere al suo rinnovamento. Secondo ciò ch'è detto nella nota sovr'indic,ata, sembrerebbe che per meglio assicurare il carattere scientifico del Comitato, non si sia voluto mettere la condizione che i membri d'esso abbiano da appartenere ad uno degli Stati contraenti. Trattandosi di un Comitato il quale è chiamato ad esercitare delle attribuzioni ammin1istrative, può sembrare poco consentaneo all'indole di tali attribuzioni che le medesime siano affidate a persone non appartenenti agli Stati contribuenti.

Qualche difficoltà ci si affaccia anche leggendo l'art. 2 delle disposizioni transitorie che fanno seguito al regolamento allegato alla convenzione. L'autorità internazionale sotto la quale funzioneranno il Comitato e l'ufficio permanente, è la Conferenza generale composta dei delegati di tutti i Governi contraenti (Art. 3 della Convenzione). Le attribuzioni della Conferenza generale sono determinate nell'art. 7 del Regolamento. È detto in quell'articolo che nella Conferenza ogni Stato ha un solo voto. Però siedono di diritto nelle riunioni della Conferenza anche altre persone all'infuori dei delegati dei Governi. Nella prima riunione della Conferenza il diritto di prendervi parte è concesso dall'articolo 2 delle disposizioni transitorie a tutti i Delegati dei Governi che erano rappresentati nella Commissione internazionale del 1872. Un esame accurato del testo degli articoli sovr'indicati pare che escluda assolutamente un'interpretazione tendente a dare un voto a chiunque anche sedendo nella Conferenza non vi rappresenta uno Stato. Sembra anche chiaramente stabilito che i membri della Commissione del 1872 potranno prender parte alla prima Conferenza generale unicamente per concorrere alla sanzione dei prototipi. Ma tutte queste disposizioni nel loro complesso riescono assai oscure, ed in ogni caso non escludono in modo manifesto la possibilità che il delegato che nella Commissione del 1872 rappresentava la Santa Sede, si presenti di nuovo alla riunione della prima generale Conferenza internazionale. Si comprende benissimo, studiando i testi, che se il Padre Secchi si presentasse nella futura Conferenza, le sue attribuzioni non si estenderebbero ai lavori amministrativi, ma soLtanto a ciò che riguarda la sanzione dei prototipi. Ma questa eventualità che, comunque lontana, potrebbe sollevare nuove proteste, che darebbe motivo ad altre spiegazioni, che forse non sarebbe allora giudicata nel solo vero senso che ora le si può attribuire, dovrebbe essere da noi preveduta.

La S. V. potrà giudicare se non convenga nel Protocollo della firma della Convenzione introdurre una dichiarazione che abbia per effetto di eliminare qualunque futura difficoltà che potrebbe nascere, tanto in occasione della rinnovazione del Comitato 'internazionale, quanto nella circostanza della prima riunione della Conferenza generale. Basterebbe accennare in una siffatta di

chiarazione che i membri del Comitato dovendo esercitare delle attribuzioni amministrative dovranno di preferenza appartenere agli Stati che contribuiscono alla fondazione e mantenimento dell'Ufficio internazionale dei pesi e misure, e che unicamente per rendere omaggio al merito scientifico dei membri componenti la Commissione del 1872, questi saranno ammessi a concorrere alla sanzione dei prototipi nella prima riunione della prima Conferenza generale, senza che ciò loro dia il diritto di prendere parte agli altri lavori della Conferenza medesima.

Suppongo che V. S. Illustrissima troverà presso i plenipotenziari delle altre Potenze delle disposizioni favorevoli ad associarsi ad una dichiarazione che, senza alterare i ,termini della Convenzione già parafata, ne determini l'interpretazione in due casi che potrebbro prese:ntal'e in avvenire delle difficoltà. Non intendo però fare di questa dichiarazione una condizione sine qua non della sottoscrizione della Convenzione.

V. S. Illustrissima che ha preso una parte tanto distinta nelle varie fasi delle trattative, sarà certamente buon giudice di ciò che meglio converrà di fare ora che le trattative stesse toccano al loro termine.

Col rapporto del 16 aprile la S. V. Illustrissima, rispondendo ad una osservazione contenuta nel mio dispaccio del 12 dello stesso mese, mi ha informato che nel pensiero delle Potenze la neutralità dell'Ufficio internazionale sarebbe praticamente inapplicabile.

Tale era infatti anche il nostro modo di vedere, e se si fosse creduto necessario che uno stabilimento creato a spese comuni e di comproprietà di molti Stati fosse coperto dalla neutralità, si sarebbe dovuto esigere che lo stabilimento stesso fosse fondato in territorio neutrale. Non appare dalla lettura dei protocolli, né da quella della relazione del Prof. Govi, che questa quistione sia stata trattata nelle discussioni della Commissione, né in quelle della Conferenza diplomatica. Siccome però dai Commissarj di Germania e di Russia si 'era fatta della neutralità una delle condizioni della creazione in Parigi dell'Ufficio internazionale (Protocollo della la seduta della Commissione), io desidererei per mia completa informazione, sapere se quei Commissarj hanno receduto dalla loro prima opinione spontaneamente, oppure in seguito ad un compromesso con gli altri delegati. Nel progetto che fu letto nella seconda seduta della Commissione, progetto appoggiato anche dal delegato d'Italia, la condizione di neutralità si leggeva nell'articolo 12. Questa clausola scomparve nei progetti ,emendati che furono discussi nelle posteriori riunioni e non figura nel trattato parafato. Nel caso si dovessero dare le ragioni del cambiamento avvenuto, io avrei bisogno di sapere in seguito a quali pratiche il medesimo è stato tacitamente ammesso da tutti i sottoscrittori della Convenziòne.

Occorrerà al R. Ministero di avere almeno due altri 'esemplari completi di tutti i protocolli della Conferenza e della Commissione, ed io prego V. E. Illustrissima di volermeli procurare con qualche sollecitudine, avvertendo, come già Le dissi, che non ho ancora ricevuto i protocolli delle sedute 2 e 3 della Conferenza diplomatica.

Prima poi di chiudere questo dispaccio desidero esprimere, per mezzo della S. V. Illustrissima, le mie felicitazioni al Signor Prof. Govi per la prova

ch'egli ebbe della stima in cui sono tenuti i suoi meriti scientifici da persone tanto competenti quali sono quelle che lo designarono per la direzione dell'Ufficio internazionale. Il R. Governo, mentre si compiace dell'onore che è reso ad un distinto scienziato italiano, è lieto di poter aggiungere alle sue felicitazioni anche l'espressione dei suoi ringraziamenti per la parte che il medesimo ha avuto nelle trattative ormai giunte a felice conclusione.

(l) È pubblicato solo il rapporto del 16 aprile al n. 149.

189

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1478. Berlino, 9 maggio 1875 (per. il 15).

Dans ma visite d'hier au Secrétaire d'Etat (rapport n. 1477) (1), j'ai fait incidemment allusion aux rumeurs belliqueuses, mais sans dévoiler en rien quelles avaient été à ce sujet les impressions manifestées par l'Empereur (rapport n. 1475) (2).

M. de Biilow disait de nouveau que le jugement exprimé ici par quelques journaux sur les armements en France était celui qui avait cours dans les cercles militaires. Le Maréchal de Moltke ne s'en cachait pas, et une semblable opinion avait certainement un grand poids. La France chercherait évidemment un jour à prendre la revanche. Le prince de Bismarck le prévoyait quand il était sous les murs de Paris. Ce n'était pas à un point de vue politique que le Gouvernement Impérial avait voulu garder la Lorraine aux trois quart habitée par des Francais. Les considérations stratégiques ont été décisives. Il fallait se ménager une forte position pour etre à meme de combattre des projets de vengeance entretenus moins à cause des pertes territoriales que par les souvenirs de Sedan et du siège de Paris. Les dépenses considérables votées par l'assemblée nationale, lourdes charges que le pays ne saurait supporter à la longue, la hàte avec laq_uelLe on procède à l'organisation de l'armée, laissent présumer que les hostilités contre l'Allemagne s'ouvriront à une échéance moins éloignée qu'on ne s'y attendait d'abord d'après les calculs de probabilité. C'est là une situation qui n'implique pas une rupture imminente, mais qu'il ne faut pas perdre de vue pour se prémunir contre toute surprise. Au reste, maintenant que l'éveil est donné et que les choses sont portées en plein jour pour rechercher les causes du malaise politique, et pour démontrer les conséquences d'une nouvelle guerre, il ne faut pas renoncer à l'espoir qu'il résultera des manifestations de l'opinion publique un salutaire avertissement à la France de mieux s'adapter aux faits accomplis. Par une attitude circonspecte, elle contribuera très utilement à la conservation de la tranquillité en Europe.

• En attendant, ajoutait M. de Bi.ilow, nous n'avons qu'un ennemi è combattre, c'est l'Ultramontanisme •. Comme S. E. s'est abstenue à cet égard de parler des discussions récentes dans notre Parlement sur les rapports entre l'Etat et l'Eglise, j'ai imité sa réserve.

Le Général de Voigt-Retz, le bras droit du Ministre de la Guerre, a été, il y a peu de jours beaucoup plus explicite vis-à-vis d'un de mes Collègues. La France, à son avis, cherchera, et elle prouve par ses armements exagérés, à se venger de ses défaites. De son còté, l'Allemagne n'entend pas se dessaisir de ses conquetes. La nécessité des choses amènera plus tòt qu'on ne l'avait cru à l'époque de la conclusion de la paix, un nouveau conflit. Puisque il est inévitable, il ne faudra pas laisser aux adversaires le choix du moment qui leur paraìtrait le plus propice pour entamer la lutte.

Le Comte de Moltke a tenu à l'Ambassadeur d'Autviche-Hongrie le méme langage que j'ai signalé dans mon rapport n. 1475, et cela rapproché de ce qui lui avait été dit, quoique d'une manière moins accentuée, par le Prince de Bismarck, a fait un peu sortir le Comte Karoly d'un optimisme qui av·ait survécu chez lui aux expérienees de 1866.

A l'Ambassade de France o n a été consterné. Elle se croyait presque à la

veille d'une déclaration de guerre.

Cependant j'ai pu constater avant-hier :encore auprès d'un homme très mar

quant de l'entourage de l'Empereur, qu'à la Cour on persiste à nier péremptoi

rement que les rumeurs récemment progagées répondent à la réalité des faits,

et soient par consequént de nature à inspirer des craintes sérieuses.

Ce matin il a paru dans la National Zeitung un article intitulé guerre ou

paix. Il n'a pas un caractère ofDicieux. Il n'a méme été accepté par la Direc

tion du Journal que grace à l'autorité dont jouit l'auteur au double titre de

député et de publiciste. Cet article, que je signale à V. E. a pour but de réagir

contre certaines tendances qui se sont manifestées chez d'autres organes de la

presse. Le ton est très mesuré, et contraste, entre autres, avec les appréciations

contenues dans une correspondance adressée de Paris au Times le 4 Mai,

correspondance attribuée à M. de Calonne, l'ancien rédacteur de la Revue

Contemporaine qui a conse·rvé des relations avec la diplomatie, et qui était

aussi autrefois un des porte-voix de l'Ambassade de Prusse.

Il est de mon devoir de résumer les différentes assertions. Mais il semble

que la balance penche du còté de ceux qui prévoient que, malgré la bonne

volonté des esprits sages en deçà comme au delà du Rhin, l'Europe s'achemine

ses allures, le Gouvernement Impérial serrera de son còté les freins dans une

situation où la guerre deviendra inévitable si la France ne redouble pas de

prudence pour écarter tout motif et méme tout prétexte de soupçon sur sa

conduite. L'Allemagne la guette de près. Si le Cabinet de Versailles ralentit

ses allures, le Gouvernement Impérial serrera de son còté les freins dans une

proportion égale, de manière à conserver la distance à son avantage; sinon il

prendra sans nul doute l:es devants.

L'Empereur Alexandre et son Chancelier arriveront demain dans cette capitale. Je tàcherai de me ménager une entrevue avec le Prince Gortchakow.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 181.
190

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

D. 160. Roma, 10 maggio 1875.

Ho letto con molta attenzione il rapporto riassuntivo (senza numero) (l) che V.S. mi ha indirizzato il 27 marzo circa la situazione politica creata in Tunisi dagli avvenimenti succedutisi negli ultimi due anni. Ringrazio la S.V. di aver segnalato al Governo di Sua Maestà i singoli incidenti e le circostanze di minore importanza dal complesso delle quali sembrano risultare e l'indirizzo della politica adottata dal primo Ministro del Bey e le disposizioni della Sublime Porta ad impedire che questa politica giunga sino alle sue ultime conseguenze.

Il Governo italiano non mancherà di cogliere tutte le occasioni favorevoli che gli si offriranno per risvegliare l'attenzione dei Gabinetti più particolarmente interessati alla conservazione dello statu quo nella Tunisia. Intanto io approvo il sistema introdotto da V. S. nella sua corrispondenza col Ministero riassumendo in un rapporto retrospettivo le cose sulle quali Ella ebbe opportunamente a riferire a mano a mano che si verificavano. E ringraziandola dei successivi rapporti segnati coi numeri 448 sino a 451 (politici) e senza numero del 24 aprile... (2).

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 99. Roma, 11 maggio 1875, ore 16,40.

Le ministre d'Angleterre m'informe Que lord Derby a donné instruction à Odo Russell de faire à Berlin une démarche formelle pour la paix dans l'hypothèse et sous la condition que l'Empereur de Russie se serait exprimé dans le meme sens avec l'Empereur Guillaume. Lord Derby m'invite à nous associer à cette démarche. J'ai répondu au ministre d'Angleterre que vos instructions générales étant conçues dans un sens padfique, je ne voyais pas la nécessité de vous autoriser en ce moment à faire une démarche formelle, ou

(ll Cfr. n. 119.

• Il rapporto direttomi dalla S. V. Illustrissima in data del 18 marzo col n. 260, riusci interessantissimo pel R. Ministero che mentre ha trovato in esso riassunte le circostanze relative alla presente situazione dell'Eyalet di Siria, ha avuto una nuova occasione di apprezzare lo spirito di osservazione che tanto distingue la corrispondenza di V. S. È con vero piacere che io vedo introdotto dalla S. V. questo sistema di corrisPondenza col Ministero tanto utile per formarsi un concetto sicuro delle condizioni generali di una parte cosi importante dell'Impero ottomano. Nel quadro di un rapporto riassuntivo un agente dotato di giusto criterio e di soda esperienza può infatti presentare sotto il vero suo aspetto un complesso di particolari circostanze delle quali riesce assai difficile a chi non vive sui luoghi di valutare l'importanza. Il far seguire alla corrispondenza informativa ordinaria dei rapporti riassuntivi è pertanto un ottimo sistema che io vedrò con piacere seguito anche in avvenire •.

à nous associer à une démarche collective, rien ne nous autorisant à supposer au Cabinet de Berlin des intentions moins que pacifiques. Le Gouvernement anglais déclare avoir veçu de la France les assurances les plus paoifiques et etre convaincu de leur sincérité. Le due Decazes a également assuré Nigra que le Gouvernement français repousse formellement toute intention belliqueuse

et les memes assurances m'ont été répétées officiellement par le marquis de Noailles. Vous pouvez communiquer confidentiellement ce q_ui précède à M. de Biilow, sans dissimuler notre vif intéret pour le mainUen de la paix mais en faisant ressortir que notre réponse à la démarche anglaise témoigne de nos égards amicaux et de notre confiance dans le Gouvernement aUemand. Tachez de voir aussi le prince Gortchakow et m'informer par télégraphe de son langage. Je vous autorise à envoyer ·en courrier quelque membre de la Iégation, si vous le croyez utile.

(2) Cfr. il seguente brano di un dispaccio s. n. di Artom al console generale a Beirut, Macuò, dell'Il maggio:

192

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 223. Vienna, 11 maggio 1875, ore 23,10 (per. ore 9,40 del 12).

Ambassadeur d'Angleterre a reçu il y a une heure télégramme Derby qui lui communique Bismarck avoir répondu à Odo Russell etre très sensible à intéret pour la paix témoigné par Cabinet anglais mais pouvoir l'assurer personne ne songeait à la troubler. Andrassy qui était présent avec moi à réception de ce télégramme s'est vivement réjoui de son abstention qu'il espère avoir partagée avec nous.

193

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. 226. Roma, 12 maggio 1875.

Il Ministro d'Inghilterra presso questa Corte venne il 9 maggio corrente a farmi la seguente comunicazione V'erbale:

• Ho l'onore di portave a notizia di V.E. che ebbi l'ordine da S. E. il Conte Derby d'informarla che il Governo di S.M. Britannica avendo osservato con rammarico i timori generali che la pace d'Europa possa essere turbata, ha invitato l'Ambasciatore d'Inghilterra a Berlino a fare su Questo argomento la seguente comunicazione al Governo di S. M. l'Imperatore di Germania.

Lord Odo Russell è cioè incaricato di constatar·e che l'Incaricato d'affari francese a Londra ha espresso grave inquietitudine circa la possibilità di una aggressione della Germania contro la Francia, sia attualmente sia in un tempo non remoto, a cagione della rapidità con cui procede la riorganizzazione dell'esercito francese; che il Governo tedesco sembra considerare i preparativi militari francesi come indizio dell'intenzione di muovere guerra per l'acquisto delle provincie perdute; ma che il Governo di Sua Maestà Britannica è convinto che il Governo francese non ha alcuna intenzione di questa specie e che queste apprensioni sono in realtà senza fondamento.

Il Governo di Sua Maestà Britannica desidera vivamente la conservazione della pace e Lord Odo Russell è quindi invitato ad operare tutti i mezzi che sono in potere suo pP.r fare r:e3sare questo malinteso.

Si ha ragione per credere che l'Imperatore di Russia parlerà nello stesso senso durante la sua dimora a Berlino e se Sua Maestà Imperiale tiJene un linguaggio analogo, Lord Odo Russell deve appoggiare colla maggiore possibile efficacia gli sforzi di Sua Maestà Imperiale pel mantenimento della pace.

Nel fare questa comunicazione a V. E. io ebbi ordine di suggerire che istruzioni concepite nello stesso senso siano mandate al Ministro d'Italia in Berlino •.

Dopo aver preso gli ordini di Sua Maestà ed essermi concertato coi miei colleghi, io diedi teri verbalmente a Sir Augustus Paget la seguente risposta:

Ho pregato il Ministro d'Inghilterra di ringraziare il suo Governo della sua comunicazione. In questi ultimi tempi il Governo del Re aveva già dato al Conte di Launay l'istruzione di esprimere, ad ogni occasione opportuna, il vivo interesse dell'Italia per la conservazione della pace, benché dovessi constatare che il linguaggio tenuto finora al Conte Launay e da questi comunicatomi avesse sempre avuto un carattere pacifico.

Il Governo francese ci aveva fatto deHe comunicazioni analoghe a quelle ricevute dal Governo di Sua Maestà Britannica. Il Duca Decazes aveva formalmente dichiarato al Ministro del Re a Parigi che il Governo francese desiderava la pace ed avrebbe fatto quanto poteva per assicurarne la conservazione.

Le stesse dichiarazioni mi furono ufficialmente ripetute dal Marchese di Noailles. In questo stato di cose avrei portato confidenzialmente a notizia del Conte di Launay la comunicazione del Governo inglese e lo avrei informato delle dichiarazioni pacifiche fatteci dalla Francia confermandogli le istruzioni generaLi che già lo autorizzavano nella circostanza della visita dell'Imperatore di Russia come in ogni altra, a valersi delle occasioni che gli si sarebbero presentate per tenere un linguaggio conforme ai desideri ed agli interessi pacifici dell'Italia. Credevo che nello stato attuale delle cose questo potesse bastare per rispondeve alle .intenzioni del Governo inglese. Conchiusi che, nelle circostanze attuali mi pareva opportuno che H Rappresentante italiano si astenesse dal fare degli atti formali. Questi atti, specialmente se avessero l'aspetto di comunicazioni concertate e collettive, avrebbero avuto, a nostro avviso, più inconvenienti che vantaggi. Essi avrebbero potuto destare suscettibilità che avrebbero forse contribuito a sollevare ufficialmente una questione che invece importava di prevenire, quella cioè degli armamenti, ·e nuocere per conseguenza a quello scopo che non stava meno a cuore all'Italia che all'Inghilterra, vale a dire la consolidazione della pace.

Il Ministro d'Inghilterra ha senza dubbio recato telegraficamente a notizia del suo Governo il sunto della mia risposta, ed io ho fiducia che egli l'abbia in appresso riferita colla desiderabile esattezza. Io non credo tuttavia superfluo che la S. V. Illustrissima si procuri con sollecitudine l'onore di una udienza da S. E. il Ministro degli esteri, gli rinnovi i miei ringraziamenti per l'appello fatto dall'Inghilterra all'Italia in questa occasone, e gli ripeta i termini stessi della risposta che ho testualmente riprodotta.

Le notizie che ho ricevuto nell'intervallo fra la comunicazione di Sir Augustus Paget ed il riscontro che io gli ho dato, mi confermarono nella opportunità di agire con somma delicatezza in una questione così importante. Mentre infatti non è dubbio per me che al linguaggio elevato e pacifico così della Russia come dell'Inghilterra è da attribuirsi in gran parte il notevole rasserenarsi dell'orizzonte politico che si verifica in questo momento, osservo tuttavia che questo cambiamento si manifesta sotto la forma di una smentita data agli articoli allarmanti di certi giornali, e di una confutazione delle intenzioni bellicose che venivano attribuite alla nazione germanica.

Io confido perciò che il Conte Derby avrà veduto nella mia risposta il desiderio di agire colla prudenza necessaria per non accentuare una situazione, a rischiarare la Quale bastarono infatti i discorsi confidenziali di S. M. l'Imperatore di Russia e del Principe Gortchakow non che il 'linguaggio che l'Ambasciatore d'Inghilterra avrà oppor,tunamente tenuto, con tatto ed elevatezza conformi all'intenzione di Lord Derby.

Voglia tuttavia la S. V. Illustrissima confermare a S. E. il Ministro di Sua Maestà Britannica che il Governo italiano sarà lieto ogni qualvolta gli verrà offerta la opportunità di concorrere efficacemente coll'Inghilterra in un'opera di conciliazione e di pace, ch'è non solo desiderabile in un intento generale di civiltà, ma è pure strettamente conforme ai più sinceri desideri ed agli interessi più urgenti del nostro paese.

Ella potrà dare confidenziale lettura di Questo dispaccio a S.E. senza però !asciarne copia.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 12 maggio 1875.

Ho ricevuto, col più grande interesse, i vostri telegrammi e i vostri rapporti sulla grave Questione dei rapporti fra la Francia e la Germania. Non ho bisogno di dirvi quale alta importanza si ponga da noi a che la pace sia mantenuta o a che la crisi, se è inevitabile, sia almeno alloilltanata pel maggior tempo possibile. Non ho che a rammentarvi il nostro colloquio di Firenze. Una guerra fra la Germania e la Francia sarebbe per noi una grande difficoltà e, quand'anche si riuscisse di rimanervi estranei, la sua soluzione, qualunque essa fosse, sarebbe sempre pericolosa e dannosa per noi. Le notizie ricevute oggi a

Berlino e che vi ho telegrafato, permettono fortunatamente di credere che, almeno per ora e per quest'anno, il pericolo sia scongiurato. Anche il Ministro di Russia è venuto ora a leggermi un telegramma del Principe Gortchakow il quale annuncia che l'Imperatore Alessandro lascia Berlino assai soddisfatto delle disposizioni che vi ha trovate favorevoli alla conservazione della pace.

Credo necessario informarvi che ieri l'altro il Ministro d'Inghilterra mi fece una comunicazione formale che si riferiva a queste preoccupazioni. Troverete nella spedizione d'oggi un dispaccio in piego aperto al R. Incaricato d'Affari a Londra (1), nel quale è riferita questa comunicazione e la risposta da me fatta. Vi prego di prendere notizia di questo dispaccio e di chiuderlo in seguito e spedirlo per la posta alla Legazione a Londra.

Ho poco da aggiungere a questo dispaccio. Solo vi dirò confidenzialmente che mentre questa comunicazione mi era fatta venivo informato da Vienna che la stessa comunicazione era stata fatta dall'Ambasciatore d'Inghilterra al conte Andrassy. Il Conte Andrassy, che trovava questo passo poco opportuno, rispose nettamente che avendo ricevuto da Berlino le assicurazioni le più pacifiche, egli troverebbe non conveniente di fare ora dei passi nel senso indicato e che dunque per suo conto egli se ne asterrebbe. Questa informazione vi servirà per apprezzare le riserve da me espresse nella risposta data al Ministro d'Inghilterra. Nel caso che nei vostri colloqui confidenziali col Duca Decazes il discorso cada sugli incidenti di questi ultimi giorni, voi potrete spiegare, occorrendo, le ragioni della nostra attitudine. I nostri rappresentanti hanno espresso dovunque il vivo interesse che portava l'Italia alla causa della pace. Da Pietroburgo ci si era detto che l'Imperatore Alessandro in occasione del suo incontro coll'Imperatore di Germania si proponeva di adoperarsi in favore della pace di cui era gran partigiano e che si ponevano le migliori speranze sui risultati di questa visita. Il Conte de Launay aveva avuto l'istruzione di manifestare in ogni occasione il desiderio e l'interesse che aveva l'Italia per la conservazione della pace. Su questo proposito non doveva esservi dubbio, e fra le occasioni che si potevano presentare v'era naturalmente quella della visita dell'Imperatore Alessandro, poiché a questo fatto si associava, nell'opinione universale, la questione delle eventualità pacifiche o

bellicose. Tali istruzioni furono infatti rinnovate al Conte de Launay come pure

egli fu informato delle dichiarazioni fatte a voi dal Duca Decazes e a me dal

marchese di NoaHles sugli intendimenti pacifici della politica francese. E' certo

però che, nelle circostanze attuali, l'influenza che poteva esercitare un'azione

decisiva era quella dell'Imperatore Alessandro. Mi felicitai anche nel vedere

il Governo inglese uscire dalla sua abituale riserva per adoperarsi, con quella

autorità e quella indipendenza che ad esso appartiene per gli interessi della

pace. Solo abbiamo creduto che quando l'Imperatore Alessandro e il Governo

inglese si disponevano ad adoperarsi per la pace in una situazione e in circo

stanze che davano all'azione di queste due potenze una speciale opportunità,

valeva meglio evitare per parte nostra delle démarches solenni e formali e

soprattutto delle démarches che avessero l'apparenza di passi conce·rtati e col

lettivi che senza aggiungere una nuova guarentigia di successo, potevano sol

levare delle suscettibilità, nuocere piuttosto che aiutare all'azione personale dell'Imperatore Alessandro, e offrire il pericolo di far porre ufficialmente una questione così spinosa come è sempre quella degli armamenti. Il miglior modo per mostrare buona volontà non è quello di esporsi a compromettere lo scopo per eccesso di zelo.

Fortunatamente il pericolo sembra ora allontanato, benché nessuno possa dare la felice certezza che i germi delle recenti inquietudini siano del tutto soppressi. A questo· proposito ho creduto utile mandarvi la copia di un rapporto che ho ricevuto ora da De Launay e che è anteriore ai telegrammi ultimi. Vi prego di non fal'e uso di questo dispaccio ma esso potrà servirvi per giudicare la situazione a Berlino. Nell'interessante rapporto nel quale mi riferite la comunicazione fatta dal Principe Hohenlohe, avanti la sua partenza, al duca Decazes ho notato oltre al punto che si riferisce alla questione degli arma· menti anche quella che si riferisce alla questione clericale. Col Papa futuro, scrive il Signor di Btilow, vi sarà qualche cosa da fare per ottenere delle guarentigie pei rapporti pacifici fra i Governi e la Santa Sede. Questa dichiarazione che si riferisce alle eventualità di un conclave, per quanto sia vaga può contenere il germe di future complicazioni anche nei rapporti tra la Francia e la Germania. La questione clericale, voi ne siete convinto, può sempre e specialmente con la morte di Pio IX e coUa elezione di un nuovo Pontefice creare dei pericoli per la pace.

Intorno a queste eventualità la situazione, in questi ultimi tempi, non si è gran fatto mutata. Le mie informazioni conformano con quelle che mi avete mandato pel telegrafo, già da qualche tempo. A me pure consta, come al duca Decazes che Pio IX ha fatto il suo testamento. Egli lo ha fatto non già per regolare cosa alcuna che si attenga alla disciplina della Chiesa ma per dichiarare essere della Chiesa e non suo il denaro proveniente dall'obolo di San Pietro e da altre offerte che si trova nelle casse del Vaticano. Il Santo Padre ha inoltre preparato una Bolla con cui si scioglie il Conclave avvenire dalla osservanza delle forme ordinarie, quando questa osservanza fosse impedita dalle condizioni nelle quaH la Chiesa avesse a versare. Non è una prescrizione, ma solo una facoltà data per circostanze che il Sacro Collegio è libero di apprezzare. La salute di Pio IX è buona, né si hanno in proposito di essa timori determinati, ma aHa sua età e cogli incomodi sofferti, l'evento della morte è nelle naturali previsioni e può, con molta probabilità, avverarsi in modo improvviso o almeno precipitoso. Sembra infatti che di questo evento si preoccupino coloro i quali, avvenendo la morte di Pio IX, dovrebbero provvedere alla scelta del suo successore. Sembra però anche che se ne preoccupino piuttosto relativamente alle condizioni esteriori del Conclave che per preparare il risultato di esso. Questa preparazione sarebbe, come è noto, vietata dalla disciplina della Chiesa. Nelle 24 ore dalla morte del Pontefice, i Cardinali presenti a Roma si devono radunare in Vaticano per i provvedimenti da prendere specialmente quanto al luogo in cui tenere il Conclave. Cerco, per conto mio, di tenere, benché in modo indi!'etto, delle relazioni coi prelati e anche con membri del Sacro Collegio che sono animati da intenzioni moderate e queste relazioni le mantengo, innanzi tutto perché nel caso della morte del Pontefice, il Governo possa prendere prontamente le misure necessarie per porve fuor d'ogni sospetto la libertà e la sicurezza del Conclave e possa anche offrire tutte Quelle facilitazioni mater:iali di cui fosse richiesto. Tali relazioni mi giovano poi anche per sapere QUalche cosa di quanto si dice e si pensa in questo mondo col quale conviviamo e che ci è tanto chiuso ed estraneo. Ebbene, ho potuto constatare che. da alcuni Cardinali, e non dei più fanatici e dei meno intelligenti si crede per cosa sicura che la Francia desideri che il Conclave si raduni nel suo territorio, o per lo meno, fuori del territorio italiano. Credo che non sarebbe male che vi valeste delle vostre eccellenti relazioni col Duca Decazes per avvertirlo di ciò confidenzialmente.

Mi pare un po' difficile il supporre che il Governo francese desideri vealmente che il Conclave si raduni in Francia. Non so quali sieno le relazioni del GoV'erno francese e del suo Ambasciatore a Roma coi Membri del Sacro Collegio. Ma può darsi che il partito clericale francese, e i suoi rappresentanti qui si esprimano come se fossero autorizzati a farlo in nome del loro Governo ·e facciano sorgere degli equivoci ponendo innanzi i loro desiderii e i loro progetti come se ,tali fossero le intenzioni segrete del Governo francese. Voi sapete quali sono le nostve idee e quale è il nostro programma in questo argomento. Noi non separiamo gli interessi dell'Italia da quelli dell'Europa e desideriamo che la vacanza della Santa Sede e la elezione di un nuovo Pontefice non sieno causa di maggiore perturbazione nel mondo politico e religioso. Per questo desideriamo l o che il Conclave si tenga nelle forme ordinarie, perché è facile supporre quali effetti deriverebbero se una elezione precipitosa e sommaria facesse .sorgere in Europa una questione sulla legittimità dell'eletto; 2° che iJ: Conclave si tenga in Roma, poiché il Conclave fuori d'Italia significherebbe, come conseguenza pratica, il nuovo Papa fuori di Italia colle complicazioni che accompagnel."'ebbero questo fatto.

Voi mi avete detto più volte che tale pure è il modo di vedere del Governo francese. In ·tal caso sarebbe utile che il Duca Decazes si servisse dei mezzi che possono essere a sua disposizione perché quelli, sopratutto, fra i Membri del Sacro Collegio che sono più moderati e concilianti potessero sapere quali sono le sue intenzioni e quali sono i suoi consigli, ponendosi così al riparo degli intrighi o degli equivoci creati da persone che agendo per conto del partito clericale, non sono aliene dal lasciar supporre che parlano in nome del Governo francese.

(l) Cfr n. 193.

195

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 252. Berna, 12 maggio 1875 (per. il 15).

Si è fondata a Ginevra sotto la Presidenza Onoraria di quel R. Console, come l'E. V. sa dai rapporti di quest'ultimo, una Società di Mutuo Soccorso composta di oltre 150 Italiani.

Un'altra Società dello stesso genere era fondata qualche mese prima a

Neuchatel, dove sono ordinariamente molti dei nostri operaj. Essa novera più

di 140 Socij. La bandiera di questa Società è quella del Re e dell'Italia e

l'indirizzo loro costituzionale, è recisamente contrario a quello delle Associa

zioni Socialistiche in mezzo alle quali si trovano. I rappresentanti delle due

Società si sono egualmente diretti a me perché io mi facessi a chiedere

al R. Governo un sussidio analogo a quello che l'anno scorso fu accordato

per la Scuola Domenicale, alla Società per gli operai Italiani a Zurigo.

Io non credo che il Governo possa meglio spendere mia parte dei piccoli fondi che sono assegnati per sussidj alla pubblica Istruzione all'estero, che favorendo queste tre Società, per le quali g1i operaj Italiani, che ora sono in grandissimo numero in !svizzera, riceveranno un buon indirizzo politico e saranno sottratti all'azione delle dottrine sovversive onde finora si è cercato di sedurre questa parte della nostra popolazione che ha per costume di emigrare e di ritornare ogni anno in Italia, impiegandosi all'estero in utili industrie.

Il Ministro dell'Interno avuto riguardo ai vantaggi che l'ordine pubblico sarà per ritrarre da questa Società potrebbe unirsi all'E. V. ed al Suo Collega dell'Istruzione Pubblica per fornire una parte del chiesto Sussidio.

196

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1480. Berlino, 13 maggio 1875 (per. il 19).

Le 10 courant Lord Odo Russell a reçu d..,!; instructions dans le but indiqué par le télégramme de V. E. en date du 11 (1). Après s'etre assuré auprès du Prince Gortchakow que le Tsar agirait dans un sens de conciliation auprès de l'Empereur d'Allemagne, l'Ambassadeur d'Angleterre s'est empressé d'informer M. de Biilow de ses instructions exposées de la manière suivante. Le Gouvernement de la Reine avai.t eu connaissance de certaines préoccupations manifestées sur les armements en France. Il croyait à la sincérité des déclarations les plus formelles et les plus pacifiques données par le Due Decazes, mais si le Cabinet de Berlin estimait que le Gouvernement Anglais pourrait se rendre de quelque utilité pour ramener le calme dans la situation politique, il serait pret à s'employer à cet effet.

Ayant été invité à diner le jour meme chez le Prince de Bismarck, Lord Odo Russell en profi.ta pour lui communiquer les intentions de son Gouvernement. Son Altesse fit observer qu'il était superflu de leur donner cours, puisque rien n'indiquait le moindre trouble dans les relations avec Ja France. Il ne comprenait pas pourquoi on semblait attacher une telle importance à des bruits inquiétants colportés par une presse qui servait ainsi des manoeuvres

de Bourse. Le Due Decazes, entre autres, faisait partie d'une Société qui jouait à la baisse. Il se serait enrichi dans ces opérations.

L'Ambassadeur d'Angleterre n'a pas révélé le motif des appréhensions de son Gouvernement. Celui-ci avait été instruit par un télégramme du Chargé d'Affaires Britannique à Paris que les explications fournies par M. le Vico m te de Gontaut-Biron sur l'organisation militaire, loi des cadres etc. avaient été considérées comme très-insuff.isantes ici. On savait en outre à Londres que de son coté l'administration de ia Guerre et méme de la Marine avaient reçu l'ordre d'activer les armements. Sans trop entrer dans le vif de la question, M. Odo Russell s'est borné à citer parmi les symptomes alarmants: l) l'interdiction de la sortie des chevaux, 2) les articles de certains journaux allemands; le langage dans les cercles militaires, surtout celui du Maréchal de Moltke; 3) l'attitude vis-à-vis de la Belgique.

Le Chancelier à répondu Que la défense d'exportation des chevaux n'était qu'une mesure de précaution afin de ne pas laisser appauvrir la production de la race chevaline en Allemagne;

que la presse dans ce pays était aussi libre et indépendante qu'en Angleterre. Le Gouvernement n'exerce sur ce terrain aucune influence, et ne saurait donc accepter une responsabilité quelconque des écarts commis dans ces derniers temps. Préter au Cabinet lmpérial l'intention de méditer une attaque contre la France, et méme de tomber sur elle à l'impreviste, ce sont là des suppositions contre l,esquelles il ne peut que protester;

que des propos de lieutenants ne sauraient étre pris au sérieux. Le Maréchal de Moltke lui-meme n'est pas un homme politique. Sa voix n'est pas décisive dans les conseHs de la Couronne. Au reste dans toutes les Armées on est disposé par amour du métier à parler guerre. En admettant méme qu'un parti militaire soit ou devienne influent, il ne doit jamais l'etre ou le devenir au point d'influencer la conduite du Gouvernement. Un tel parti n'existe pas à Berlin.

Quant à la Belgique, les documents publiés récemment en disent assez pour démontrer à quel point de vue s'est placé le Cabinet de Berlin. Il n'a jamais menacé sa neutralité. Elle rentre dans les intérets essentiels de l'Allemagne. Cette neutralité serait-elle mise en péril, il serait le premier à adresser une Note aux Puissances garantes pour qu'elles avisent à la sauvegarder. n remplirait ce devoir, y eut-il meme alors, comme aujourd'huy, à Bruxelles un Ministère peu sympathique à l'A11emagne.

Lord Odo Russell n'a pas insisté, et allait se retirer, quand le Prince Gortchakow est venu faire sa visite. Le Chancelier russe l'a prié de rester encore un instant pour entendre lui aussi cette déclaration: • L'Empereur Alexandre espère le maintien de la paix et repousse toute idée de guerre. Je suis chargé par mon Maitre de m'exprimer de la sorte •.

Le Prince de Bismarck s'est empressé d'ajouter que c'était là un terrain sur lequel l'Allemagne et la Russie ne pouvaient que se rencontrer et constater l'identité de leurs vues.

L'Ambassadeur d'Angleterre a pris congé alors pour ne pas déranger le tete-à-téte des deux Chanceliers.

(l) Cfr. n. 191.

197

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1481. Berlino, 13 maggio 1875 (per. il 19).

J'ai eu hier deux entretiens avec le Prince Gortchakow.

La première visite n'a duré que peu de minutes, ayant été interrompue par un tiers. Son Altesse s'est bornée à me dire que l'Empel'eur Alexandre et l'Empereur Guillaume, de meme que leurs Chanceliers, s'étaient mis d'accord dans un sens pacifique. Il avait été constaté que les rumeurs alarmantes reposaient sur des apparences plus que sur des réalités.

Dans l'intervalle, j'ai recueilli les impressions de M. d'Oubril, Ambassadeur de Russie. D'après sa manière de voir, on roulait sur une pente qui menait à un gouffre. n est fort heureux qu'on soit parvenu à rétablir le calme dans les esprits. Après avoir sonné le tocsin, chacun s'empresse maintenant de tout nier, de se dégager de l'attitude prise par certains journaux qui certes ne marchaient pas au rebours du courant offideux. Les démentis pleuvent meme à l'adresse des cercles militaires, y compris le Maréchal de Moltke, comme s'il était admissible que dans une armée aussi disciplinée, des officiers, des Généraux et un Maréchal se permissent des écarts.

Mon second entretien avec le Prince Gortchacow s'est prolongé pendant une heure et demie. J'en résume la partie la plus saillante.

• -J'espère, lui ai-je dit, que la paix est maintenant fermée à doubles verroux, sans qu'elle puisse etre crochetée par les ennemis du repos public •. • -Je répondrai en reproduisant le langage que j'ai tenu au Prince de Bismarck: " Le Prince de Reuss n'aura pas manqué de rapporter dans ses dépeches que depuis 1871, je n'ai jamais cessé de croire à une paix de longue durée. Vous voyez que je comptais sur votre sagesse". Le Prince de Bismarck a repliqué que je ne me trompais pas et qu'il ne savait vraiment pas s'e-xpliquer le tapage qui s'était produit à propos des extravagances de journaux et des manoeuvres de baissiers à la Bourse. Comment sur de telles données des Cabinets européens se sont-ils émus? •. • Il y aurait cependant un moyen assez simple, ai-je fait observer, de parer à l'inconvénient que la diplomatie étrangère à Berlin soit exposée à envoyer des rap:ports inexacts ou incomplets sur la situation. Ce serait de recevoir, de temps à autre, les Chefs de Mission, au lieu de laisser par exemple l'un d'entre eux (M. de Gontaut) depuis 15 mois sans lui donner signe de vie. Personne mieux que vous ne saurait leur donner des jalons pour se diriger dans le dédale de la politique. Votre position est trop éminente, trop influente pour que l'Europe ne souffre pas d'un certain malaise quand vos nerfs sont malades.

L'Empereur Alexandre part extremement satisfait de ses conversation!> avec l'Empereur Guillaume. Je n'ai eu qu'à me louer du Prince de Bismarck. Il n'y a plus de cause d'appréhension à l'égard du maintien de la paix. L'apaisement a été produit: du reste une guerre n'est pas facile à entreprendre. Il ne serait guère possible de passer aux hosti1ités contre qui affirme ses intentions pacifiques et avoue son impuissance à se défendre. Il y aurait là quelque chose qui irait contre la droiture de caractère de l'Empereur d'Allemagne, et cela seul offr,e une garantie des plus sérieuses. Des Ambassadeurs m'onrt pressé de Questions sur le ròle de la Russie dans oes jours. Je leur ai laissé entendre qu'Hs devaient se contenter d'apprendre que le résultat était satisfaisant. Surtout point d'ovation, point de bruit. La crise si tant est qu'elle ait existé, est de celles où des paroles indiscrètes seraient de nature à atténuer les ,effets obtenus dans un accord commun •.

A ce propos, je sais que le CanceLier russe s'est rendu expressément chez M. de Gontaut pour lui faire une recommandation semblable et pour précher une extreme prudenoe afin d'éviter tout ce qui pourrait causer de l'irritation à Berlin.

Le Prince Gortchacow rendait justice à notre attitude dans le conflit ecclésiastique. Il comprenait parfaitement nos répugnances à modifier la loi des garanties QUi constituent un engagement moral à l'étranger aussi bien qu'env:ers le St. Siège. Quant à la Russie, elle évite soigneusement de soulever sur ce terrain des questions de principes. Elle ne se départira pas, entre autres, du principe de liberté de conscience. Le jour où l'e Pape voudrait ne plus confondre catholicisme et polonisme, il pourrait compter sur 1es meilleures rapports avec le Cabinet de P.étersbourg. • Malheureusement nous n',en sommes pas là encore. En attendant, nous nous bornons à combattre la Cour pontificale ou ses agents quand ils font mine d'empiéter sur le domaine de l'Etat, ou de ne pas respecter ses lois civiles. Nous avions cru un instant qu'il paraitratt quelque· encyclique fulminant contre les conversions de 200.000 Grecs unis. Il n'en a rien été. Pie IX s'est contenté de dire qu'il faudrait aviser à choisir pour cette communauté un autre Eveq_ue. Ce cera un pasteur sans troupeau. On voit que tous les efforts sont concentrés là où la lutte est plus ardente •.

J'ai fait une allusion à l'entrevue de Venise où dans vos conférences avec le Comte Andrassy vous aviez reconnu de part et d'autre l'alliance avec Pétersbourg et Berlin comme le premier intéret de la politique Italo-AustroHongroise. Il me résultait aussi que le Ministre des Affaires Etrangères de l'Empereur François-Joseph avouait que notre modération à propos du Vatican, l'avait souvent aidé à surmonter les embarras de la position à Vienne. Nous faisions les voeux les plus sincères pour qu'il reste longtemps au pouvoir.

Le Chancelier Impérial m'a assuré q_u'il formait de grand coeur le meme souhait.

• Nous marchons tellement d'accord, et maintes fois sans meme nous concerter, qu'on serait presque tenrté de croire que nous sommes des frères jumeaux. C'·est peut-étre parce que notre programme est parfaitement net, et que nous ne sommes pas 1exposés à changer d'avis, à induire en erreur nos amis. Le Prince de Bismarck est convaincu comme nous que la présenee du Comte Andrassy au Ministère est un véritable bienfait. Le jour où il aurait le sentiment qu'il n'a que le titre de Ministre sans en avoir l'influence, il n'hésiterait pas à se démettre de ses fonctions. S'il était renversé, ce serait ·le

plus mauvais servic•e que l'Empereur François-Joseph se rendrait à lui-meme. Nous n'aurions pas la meme confiance dans un successeur et nous serions sur le qui vive •.

Le Prince G<lrtchacow m'a informé à propos de la Belgique que l'Empereur Guillaume avait dit au Tsar que le Prince de Bismarck avait reçu l'instruction d'user des plus grands ménagements enNers ce Pays, et meme de laisser tomber toute question qui pourrait y offrir un caractère irritant.

Le Chancelier russe s'est plu à faire les éloges du Comte Barbolani qui avait bien débuté à St. Pétersbourg.

Il est probable que le Prince de Bismarck aura parlé avec son Collègue des rapports entre l'Eglise et l'Etat. Dans ce cas les observations que j'ai mentionnées plus haut indiquent assez dans Quel sens il aura été. répondu. Je n'ai pas voulu interroger par sentiment de discrétion et à la fois de dignité. Mais il résulte de quelques mots dits incidemment que le Prince de Bismarck se préoccupe de prétendues tentatives de conciliation entre l'Italie et le Pape, ou plutòt entre le Quirinal et le Vatican.

Le Chancelier russe ne croyait pas qu'il fU.t question d'une rencontre des trois Empereurs à Ems.

Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'il considérait comme un acte très important, comme un véritable succès d'avoir obtenu moyennant un Traité que le Japon cédàt à la Russie la possession en entier de l'ile de Sakhalin.

198

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1482. Berlino, 14 maggio 1875 (per. il 19).

Votre télégramme du 11 Mai (l) m'est parvenu vers 10 heures du soir. Je me suis empressé de répondre télégraphiquement qu'il n'y avait plus d'appréhension de guerre, en vous laissant ainsi le temps de m'envoyer un contreordre. N'ayant reçu aucun avis ultérieur jusque vers trois heures de l'aprèsmidi du 12, j'ai pesé le pour et le contre, et il m'a paru, lors meme que le vent eiìt tourné, que je pouvais sans inconvénient donner cours à vos instructions. Si elles étaient devenues de prime abord supedlues, il ne restait pas moins avantageux que le Cabinet de Berlin fiìt instruit de nos bons procédés à son égard, de la confiance que nous avions placée dans sa sagesse. Il était aussi convenable qu'on eiìt une fois de plus ici le sentiment que nos voeux étaient acquis au programme pacifique qui forme la base essentielle de l'union des trois Puissances du Nord. Il rentrait enfin dans notre dignité que la voix de l'!talie ne fiìt pas mut>tte lorsque d'autres Etats, comme l'Angleterre et la Russie, et probablement aussi l'Autriche montraient leur sollicitude pour ramener le calme dans les esprits.

Je me suis donc rendu après trois heures de l'après-midi chez le Secrétaire d'Etat et je lui ai donné lecture de votre télégramme précité du 11 courant. J'ai eu soin de lui faire comprendre que c'était là une communication de la nature la plus secrète; mais que nous tenions à montrer au Gouvemement Impérial de quels sentiments amicaux nous étions animés à son égard. Note réserve au moment, aujourd'hui heureusement passé, où il s'était manifesté dans l'opinion publique une certaine inquiétude fondée ou non, pour la conservation de la paix, n'avait été diotée que parce que nous avions foi dans les assuranoes de l'Empereur et de son Ministère qui repoussaient toute intention belliqueuse. On savai,t au reste ici que, le cas échéant, nous attachions le plus vif intéret à la tranquillité de l'Europe et que notre concours éventuel dans cet ordre d'idées éta'it acquis d'avance.

M. de Bulow a exprimé toute sa reconnaissanoe d'une communication qui ne manQuerait pas de produire le meilleur effet sur le Prince de Bismarck auquel il s'empresserait d'en rendre compie. Vous aviez répondu avec amitié pour l'Allemagne, en toute vérité, en toute justice aux ouvertures faites au nom de Lord Derby. Là où il n'y a pas de feu, il n'y a pas lieu de l'éteindre.

• Nous sommes dans la position de ceux qui ayant tout obtenu et peut-~tre au delà de ce qu'ils désirent, n'ont nulle envie de déchainer la tempete. Comme je l'ai dit à Lord Odo Russell, comme le lui a répété le ChanceLier quand ce diplomate nous a parlé des instruotions qu'il avait reçues de Londres, les Cabinets de Berlin et de Pétersbourg viennent de constater nouvellement leur entente entièrement pacifique contre laquelle ne peuvent rien les clameurs de la presse, les soupçons propagés par ceux qui ont un intér~t à exciter des méfiances contre ,1'Allemagne. Les conjeotures pessimistes n'avaient aucun fondement pour un observateur impartial. Pas le moindre incident ne s'est produit entre les Gouvernements de France et d'Allemagne qui ait pu altérer leurs relations qui n'ont jamais été sur un meilleur pied. Ce qui n'em~he nullement que nous nous sommes expliqués avec franchise à Paris sur certaines inquiétudes de l'opinion publique en Allemagne. Nous ne doutons point de la sincérité des intentions pacifiques du Cabinet de VersaiHes, mais le peuple allemand croit voir dans les préparatifs militaires d'Outre-Rhin, dans la nouvelle organisation des cadres, des indices qui semblent contredire les déclarations officielles: les préoccupations existent, et il serait très à désirer qu'on parvint à écarter toute interprétatdon défavorable. Le Due Decazes prétend que ces armements faits sans aucune arrière pensée qui puisse porter ombrage à ses voisins, n'ont d'autre but que de rendre à la France la position qui lui appartient dans le monde •.

Quoi qu'il en soit, M. de Bulow ajoutait que le Cabinet de Berlin sans prendre des chimères pour des réalités, se réserve de suivre attentivement tout ce qui se fait en France afin de ne pas etre pris au dépourvu.

Le ,télégramme subséquent de V. E. en date du 12 Mai (l) et expédié de Rome à l h. 50 m. de l'après-midi, a été remis chez moi à 4 h. 3/4, et je n'ai pu le déchiffrer qu'à six heures en rentrant de ma seconde visite chez le Prince Gortchacow.

(l) Cfr. n. 191.

(l) Non pubblicato.

199

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 437. Costantinopoli, 14 maggio 1875 (per. il 21).

Il Signor Agente del Principe di Serbia in questa residenza è v,enuto, in questi giorni a visitarmi e dopo aver accennato come sia a Belgrado cagione di grato compiacimento il riconoscere ognora le benevole disposizioni del Governo Italiano verso quello del Principe, mi fece parte, con molta cautela di linguaggio, della risoluzione in cui il Principe Michele [sic] ed i suoi Ministri erano venuti di non frapporre cioè maggiori indugii alla messa in circolazione d'una moneta nazionale d'argento. Il Signor Magazinovich mi faceva risortil'e la necessità assoluta esistente nel suo paese di porre colla progettata misura un termine alla confusione ed ai pregiudizi che ne soffrivano gli scambii e le transazioni di commercio, derivanti dalla quantità e molteplicità deHe monete attualmente i~ corso nel Principato; antiche • zuvansiké • austriache, • beglichs • turchi ed altre monete estere di cattiva lega inondano quelle piazze, le quali l'eclamano altamente da un pezzo la coniazione e la messa in giro d'una moneta locale d'argento.

L'Agente Serbo non si dissimulava le proteste e l'e difficoltà che i1l Governo del Sultano eleverebbe e cercherebbe di frapporre all'esecuzione della misura di cui ei m'intratteneva, misura decisa ormai dal Principe e che il suo Governo intendeva di attuare al punto in cui Sua Altezza intrapl'enderebbe un viaggio di qualche durata nell'interno del paese.

Il Signor Magazinovich nel farmi siffatta confidenziale comunicazione, si mostrava speranzoso che il Governo del Re anche in questa contingenza farebbe prova delle sue amichevoli disposizioni, apprezzando cioè benevolmente il motivo dell'urgenza ed assoluta necessità a cui il Governo Principesco doveva provvedere, pur introducendo senz'altro un mutamento alla condizione fin qui esistente nel sistema monetario del Principato.

Accolsi con tutto il riserbo richiesto la comunicazione che H Signor Agente di Serbia mi fece, non mancai però di assicurarlo che il Governo del Re non poteva non essere compiaciuto di sapere come venissero con grato animo apprezzati a Belgrado i sentimenti amichevoli a cui egli aveva accennato e ch'ei non poteva dubitare del desiderio del Governo Italiano di vedere conciliati gli interessi benintesi del suo paese colle condizioni necessarie pel mantenimento d'una situazione regolare e pacifica in queste contrade; giovar quindi la speranza che la misura che si vuole ora prendere d'urgenza in Serbia, non conducll a complicazioni.

Aggiungerò all'E. V. che la partecipazione del provvedimento in discorso, e che il Signor Magazinovich ha fatto pure riservatamente agli altri Rappresentanti delle maggiori Potenze non parmi abbia prodotto troppo vive apprensioni.

Da molti anni già si coniarono e sono in corso in Serbia monete nazionali di rame e fin d'allora chiuse l'occhio il Governo Alto-Sovrano; anche in Rumania ebbe ragione e sanzione il • fatto compiuto •, in simile contingenza, malgrado che nei firmani pei Principati Uniti sia contenuto un divieto assolutamente esplicito sulla materia.

So che appena la Sublime Porta ebbe sentore del divisamento del Governo principesco di coniare e mettere in giro monete nazionali d'argento nonché della prossima attuazione di tale provvidenza in Serbia, voleva mandar fuori una formale pro·testa per mezzo d'una relativa comunicazione alle Corti garanti; si desistette ora od almeno soprassedé da tale proposito, per non dare esagerata importanza a questa facoenda, sul saggio consigLio eziandio di questo Ambasciatore Britannico. Il Governo del Sultano si limiterebbe a fare poi pel mezzo e sotto la forma che avrà a soegliere, delle riserve pel caso in cui le nuove monete serbe abbiano corso nei paesi limitrofi.

Intanto il Principe Michele ·ed i suoi consiglieri pajono ripromettersi non piccolo beneficio pel paese non dal lato materiale soltanto, dalla provvidenza in discorso, ma eziandio in ordine all'effetto morale di essa sulle popolazioni del Principato.

200

IL MINISTRO A BRUXELLES, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 283. Bruxelles, 15 maggio 1875 (per. il 19).

Secondo le informazioni ricevute da questo Governo e dallo stesso Gabinetto del Re Leopoldo, ogni pericoJo di guerra sembrerebbe veramente, se non soppresso, allontanato dalle dichiarazioni recise fatte a Berlino dall'Imperatore Alessandro e dal Principe Gortchakoff, i quali si espressero energicamente in favore della pace ed avrebbero detto che ove la Germania facesse la guerra ·essa ne porterebbe sola la responsabilità per il presente e per il futuro.

Si crede di sapere che al prossimo bilancio della guerra in Francia sarà recata una diminuzione di spesa di 36 milioni, e che il Principe Gortchakoff ne avesse ottenuta la assicurazione dal Governo Francese prima di recarsi a Berlino, locché giovò a dar efficacia ai suoi consigli pacifici. Il Duca Decazes aveva detto al Principe Hohenlohe: • Vous pouvez entrer; je conseillerai au Maréchal de se !'etirer sur la Loire. Nous avons une force de plus qu'en 1870: nous pouvons reculer •.

Si ignora tuttora qui e si cerca di sapere qual fosse veramente il piano del Principe di Bismarck, che si considera come essendo stato sventato dal Tirnes e dall'iniziativa diplomatica pvesa dall'Inghilterra. Tutto era tranquillo a Berlino quando l'Imperatore Guglielmo partì per Ems; gli spiriti invece erano molto commossi e l'Imperatore ne dimostrò sorpresa quando ritornò a Berlino per ricevere l'Imperatore Alessandro.

Perché si era così scatenata la stampa rtedesca contro la Francia e contro il Belgio? Perché tanta gravità e pubblicità data tutto ad un tratto alle spiegazioni in corso tra i Gabinetti di Berlino e di Bruxelles? Si cerca tuttora qui una risposta soddisfacente a tali interrogazioni.

Ora tutto è calmo di nuovo, ma lo scambio di comunicazioni tra i Gabinetti di Bruxelles e di Berlino non può essere considerato come chiuso, e ciò, all'infuori della situazione sempre pericolosa in sé che sussiste tra la Francia e la Germania, basta perché nel Belgio non si sia punto rassicurati. Fra altri sintomi rincrescevoli l'industria nei paesi di Liegi e di Charleroi, che nel principio dell'anno sembrava dover proseguire in piena attività, è ora quasi sospesa per mancanza di affari.

201

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1484. Berlino, 16 maggio 1875 (per. il 20).

Facendo seguito al mio dispaccio politico n. 1472 del 2 corrente mese (1), ho l'onore di ,trasmettere qui unito in traduzione una memoria relativa al Congresso socialista di Gotha e alle aderenze del partito socialista tedesco col partito socialista italiano.

Nell'informare l'E. V. che la memoria precitata mi venne fornita a solo uso confidenziale dal Governo Imperiale tedesco... (2).

.ALLEGATO

MEMORIA

Le osservazioni che seguono possono in certo modo spiegare l'unione apparente dell'Hasenclever con l'Internazionale, come pure, perché Liebknecht, Hasenclever e compagni di fronte all'Internazionale in Roma abbiano denominato il prossimo Congresso Assemblea della federazione tedesca dell'Internazionale. Si potrà nell'istesso tempo intendere l'ulteriore svolgimento del progetto di fusione dei due principali partiti socialisti.

Il programma del partito operaio tedesco da costituire si contiene nella Cir

colare indirizzata all'Internazionale: questo programma venne pubblicato anche

nel qui unito n. 29 del Giornale Nuovo Democratico-sociale del 7 marzo 1875.

Esso deve venir discusso addì 25, 26 e 27 Maggio corrente nel Congresso di

Gotha.

Se Liebknecht, Hasenclever e compagni han qualificato questo Congresso

per Assemblea della federazione tedesca dell'Internazionale, ciò si spiega col

por mente che nel prossimo Congresso di Gotha si cercherà di attuare la riunione

dei seguaci di Lassalle col partito di Eisenach. Inoltre devesi notare che i membri

di quest'ultimo partito sono pure in gran parte Membri dell'Internazionale e pos

seggono le carte di legittimazione di questa. Non è improbabile che, quantunque

il Congresso di Gotha non abbia in mira se non la riunione in un sol partito

operaio tedesco dei fautori del partito di Lassalle e di quelli del partito detto

di Eisenach, si stabilisca un più intimo rapporto tra questa riunione e l'Internazionale.

Hasenclever fu capo dell'associazione generale degli operai tedeschi (Partito di Lassalle); egli non è in rapporto con l'Internazionale e coi socialisti italiani. Non è da meravigliare se la precitata circolare sia stata soscritta appunto dall'Hasenclever, in quanto che questi è presidente di quella Commissione, che propugna la fusione dei fautori del partito di Lassalle e di quelli del partito di Eisenach. La comunicazione della menzionata Circolare fatta all'Internazionale di Roma è da ritenersi, a quanto pare, come atto di cortesia, privo di ogni importanza. Non è stata mai intenzione della precitata Commissione di radunare in Berlino il Congresso: anzi tempo fa si pensò alla città di Eisenach.

Quanto all'ulteriore svolgimento del progetto di riunione dei due principali partiti socialisti, sinora è noto soltanto che la riunione progettata verrà in ogni caso all'atto nel Congresso di Gotha.

(l) -Non pubblicato. (2) -Annotazione marginale: c all'Intemo, 26 maggio •.
202

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Trieste, 16 maggio 1875 (per. il 21).

Il viaggio dell'Imperatore in Dalmazia ebbe termine il 15 corrente cioè il giorno preciso che era stato precedentemente fissato pel di lui ritorno a Vienna.

Sua Maestà Imperiale ha visitato tutte le città e tutti i punti più importanti di quella provincia, tanto nella parte continentale, quanto nella parte insulare.

L'infaticabile sua attività fu da tutti ammirata e la sua naturale benevolenza gli guadagnò indubitatamente l'affetto di quelle semplici ed entusiastiche popolazioni.

Da un altro canto l'Imperatore ha avuto occasione di constatare personalmente quanto in alcuni Distretti siano vive le passioni dei due partiti fra i quali è sfortunatamente diviso quel Popolo. Tanto i Nazionali, quelli cioè che bramano l'unione della Dalmazia alla Croazia ,e vogliono l'esclusione della lingua italiana nel pubblico insegnamento, quanto gli Autonomi i quali desiderano la continuazione dello Statu quo e si oppongono a che sia di colà bandita la coltura italiana, profittarono della presenza dell'Imperatore per manifestarsi in tutte le località nelle quali avevano la preponderanza. Ad ogni modo Sua Maestà fu ovunque ,entusiasticamente festeggiato e si mostrò a tutti benevolo senza distinzione di partito.

Un solo incidente che meriti di essere segnalato aH'E. V. è avvenuto durante tutto il viaggio, ed è il seguente.

Mentre in Zara erasi presentato all'Imperatore quel Corpo Consolare, Sua Maestà, all'atto di ricevere l'Agente Consolare Ottomano, gli domandò da qual Console era dipendente, ed av,endo egli risposto che stava sotto gli ordini del Signor Persich, Console di Turchia in Ragusa, l'Imperatore disse, a voce bastantemente alta per essere inteso dagli altri Ufficiali Consolari che

erano vicini, che il Console Ottomano a Ragusa era un nemico del Suo Got·erno.

Mi risulta però, che nonostante questo precedente il Signor Persich fu più tardi da Sua Maestà in Ragusa ricevuto senza altve osservazioni in un cogli altri Ufficiali Consolari colà residenti, e che venne pure con essi invitato alla mensa Imperiaile.

Quale sia stato lo scopo di questo lungo e faticoso viaggio e quali risultati siano per attendersene, è un argomento nel quale le opinioni sono dissenzienti. Gli uni pretendono che dopo d'avere il Governo Imperiale dato motivo di soddisfazione alle popolazioni della Dalmazia mediante la concessione delle Ferrovie che sono presentemente in corso di costruzione ha il medesimo giustamente riputato conveniente di trarre partito dal momento favorevole per cementare l'affetto delle popolazioni medesime verso la Dinastia imperante e per stringerle in più forti vincoli alla parte Cisleitana dell'Impero.

Altri sono d'avviso che si prepari qualche importante avvenimento nelle Provincie Turche finitime alla Dalmazia e che U Governo Austro-Ungarico abbia consigliato all'Imperatore il viaggio che ebbe luogo, colla speranza che le simpatie e l'attaccamento di quelle popolazioni alla Dinastia ed all'Impero sarebbe stato di non lieve giovamento nelle contingenze che si preparano o si prevedono.

Io non ho dati certi sui quali poggiarmi per giudicare quale delle due opinioni sia la più fondata. Non devo però dissimulare all'E. V. (per quanto non dubiti che Ella abbia da altre fonti informazioni più sicure) che una serie di piccoli amminicoli m'induce a credere che il Governo Austro-Ungarico siasi alfine deciso di lavorare allo scopo di estendere le frontiere dell'Impero verso l'Oriente e che il viaggio dell'Imperatore in Dalmazia fu il primo passo per preparare l'esplicazione di questo disegno. La nomina del Croato Generale Rodich a Luogotenente in Dalmazia, la sua politica costantemente diretta a favorire l'elemento slavo di quella provincia, l'importanza massima colla quale da qualche tempo la stampa ufficiosa Austro-Ungarica cerca di divulgare e di far conoscere all'Europa il triste governo che fanno le Autorità Ottomane delle popolazioni dell'Erzegovina e della Bosnia, la protezione e l'assistenza che gli emigrati di quelle provincie ,trovano sul suolo Austro-Ungarico, sono, a mio avviso, tanti elementi che dimostrano che il Governo Austro-Ungarico, ove non sia ancora fermamente determinato a profittare della prima circostanza favorevole per liberare quelle provincie ed annetterle all'Impero, ha però adottata una politica che tende a questo fine.

Colgo questa circostanza per acchiudere due esemplari di una lettera che il solo sedicente Comitato Triestino ha testè secretamente diramato. Questa lettera che è all'indirizzo dell'E. V., e che non porta alcuna data, giunse a me soltanto in questi ultimi giorni col mezzo della posta in un pacco che era stato impostato a Graz. Finora i giornali di Trieste non fecero alcun segno di questa lettera, sarebbe desiderabile che anche i giornali che si pubblicano nel Regno non se ne occupassero punto.

203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

T. 104. Roma, 17 maggio 1875, ore 17,15.

Comte Corti est nommé ministre à Constantinople. J'ai obtenu l'agrément par l'entremise de la légation ottomane à Rome.

204

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, l 7 maggio 1875.

Vi ringrazio delle notizie importanti che mi avete mandate colla vostra lettera del 12 corrente (l) e colla spedizione ufficiale della stessa data. Ho visto il Duca Decazes i,l quale si mostrò meco assad. soddisfatto dell'attitudine presa dal nostro Governo in questa grave circostanza. Egli mi disse che aveva apprezzato, come doveva, la vostra condotta ed il vostro linguaggio, e che aveva incaricato il Marchese di Noailles di ringraziarvi. Ora la procella, per buona fortuna, s'è dileguata. Ne rimarrà un doppio avvertimento. Uno ai partiti imprudenti della Francia, i quali, se la lezione non sarà perduta, terranno maggiore riserva nelle parole e negli atti; ed uno anche pel partito bellicoso della Germania, il quale ha dovuto persuadersi che infine l'Europa non ha poi tutta l'indifferenza che si poteva credere pel mantenimento della pace. Avremo dunque la tranquillità per un dato tempo. Ma la situazione continuerà ad essere per un lungo periodo piena di minaccia. Sarà perciò molto utile, specialmente per noi, il t'ener d'occhio ogni cattivo sintomo, ogni germe di future complicazioni, giacché l'Europa vuole la pace, e noi ne abbiamo bisogno più di tutti. Per noi è poi un fatto ,importante e soddisfacente che l'Inghilterra, ,;vegliatasi alquanto dalla sua tradizionale apatia, si sia decisa non solo ad agire direttamente a Berlino in un senso pacifico, ma abbia invitato a cooperare coil lei nel medesimo scopo le maggiori potenze, e fra quelle anche l'Italia. Il Gabinetto inglese ci ha fatto l'onore di provarci che l'azione dell'Italia può essere utile alla pace d'Europa e non s'ingannò. Io conosco, per intime ed oramai lunghe e provate relazioni, le vostre convinzioni su questo grave soggetto della pace europea, e le divido con voi. So quindi che per parte vostra continuerete ad adoperarvi nella misura che vi è permessa per allontanare l'eventualità d'una guerra, la quale, comunque l'esito riuscisse, sarebbe per la nuova Italia un disastro. M'è grato il potervi dire che il partito Governativo in Francia, e specialmente il Maresciallo di

Mac Mahon ed il Duca Decazes, ed anche gli organi principali della stampa francese, non pensano seriamente a rinnovare, né per ora né per un periodo abbastanza lungo, una guerra che sanno di non poter sostenere e nella quale non possono sperare di essere appoggiati da alleanze straniere. Non dico già che il sentimento d'una futura rivincita non esista in fondo al cuore di tutti i francesi. È naturale che esista, ed esiste certamente. Ma questo sentimento è un desiderio tacitamente rimandato a lontana scadenza, ed in tali condizioni non costituisce un pericolo per la potente ed armata Germania. Dalle gravi preoccupazioni che il timore d'una nuova guerra fece sorgere in Francia, e dall'attitudine che i francesi tennero generalmente durante il periodo di queste preoccupazioni, attitudine specialmente notevole nel partito radicale non assuefatto a molta prudenza, è lecito il trarre qualche buon augurio per l'avvenire. Si deve infatti rendere questa giustizia alla Francia, che in questa occasione il suo Governo ed in genere anche la sua stampa, e l'assemblea Nazionale, diedero prova di prudenza, di calma e di buon senso. E per l'organo competente del suo Ministro degli Affari Esteri, la Francia non esitò fin dal principio dell'incidente a dichiarare ai varii Gabinetti che essa intendeva mantenere la pace sancita dal trattato di Francoforte.

Vi ho informato a suo tempo della comunicazione che il principe di Hohenlohe aveva fatta confidenzialmente prima della sua partenza al Duca Decazes. Ho ragione di credere che il dispaccio, o lettera, che Hohenlohe lesse a Decazes, anziché da Biilow fosse firmato dallo stesso Principe di Bismarck. Ma la questione della firma poco importa. È evidente che quel documento riferiva il pensiero del gran Cancelliere. Ricorderete che ·in esso vi era un passo riferentesi all'Italia. Secondo quanto mi disse posteriormente, in confidenza, il Duca Decazes, il concetto era, presso a poco, questo: • Coll'Italia noi (Germania), e voi (Francia) siamo in gara di buon procedere (en frais de coquetterie), e non vedo male o pericolo in ciò; ma non mi è dimostrato che l'Italia nel buon momento pigH altro consiglio che quello che le sarà suggerito dall'utilità sua propria e dal suo interesse •. Questo, disse ridendo Hohenlohe, non bisogna dirlo a Nigra. Vi noto queste parole, perché esse sono un indizio, che credo sincero, del pensiero di Bismarck a nostro riguardo.

Il Duca Decazes, si mostrò molto meravigliato quando udì da me, confidenzialmente, che alcuni Cardinali, fra i più moderati, avevano la convinzione che il Governo francese desiderava che il futuro Conclave si tenesse in Francia, o almeno fuori d'Italia. Mi parve esterrefatto di questa notizia, e mi ringraziò vivamente d'avergliela comunicata. Egli mi disse che se la sventura della Francia volesse che il Papa attuale, contro ogni probabilità ed ogni speranza, venisse mai a chiedere l'ospitalità del suolo francese, non si potrebbe negargliela, comunque una tale eventualità fosse piena di pericoli e di inconvenienti, e certamente non desiderata dal Governo francese. Ma protestò che finché egli fosse Ministro non avrebbe consentito alla riunione di un Conclave in Francia. Cercò poi con me donde una tale convinzione nei Cardinali predetti avesse potuto prender origine. Decazes è sicuro che la cosa non viene da Courcelles. È piuttosto inclinato a credere che venga dal Cardinale De Bonnechose, prelato ambizioso, inquieto e leggiero, il quale si sarà spacciato come organo ufficioso e secreto del Governo fran

cese. Ma il Governo francese, mi disse· Decazes, non ha per organo né secreto né ufficioso Monsignor di Rouen. Fin da ieri il Duca Decazes ha dovuto prendere le misure convenienti perché una opinione simile a quella di cui m'avete scritto non si accrediti in nessuna guisa presso i Membri del Sacro Collegio, e perché sia fin d'ora smentita. Egli mi disse che si servirebbe a tal uopo di qualche prelato che sa essere in comunicazione con membri del Sacro Collegio (credo che intendesse parlare di Isourd) e che provvederebbe perché, senza indiscrezioni e sopra tutto senza pubblicità, si sappia fra i Cardinali Romani che il pensiero ed il desiderio del Governo francese si è che il Conclave futuro, che si brama quanto più si può di lontana scadenza, si riunisca a Roma, e che si tenga in modo regolare e secondo le consuetudini ecclesiastiche. Mi ha poi ripetuto che egli divide con noi l'opinione, il desiderio e la speranza, che la scelta del futuro Pontefice, quando questa debba farsi,

cada sopra un Cardinale di animo moderato e conciliante.

P. S. -Vi sarei grato di dirmi, quando avrete occasione di scrivermi in via sicura, che cosa pensate del Cardinale Trevisanato, come soggetto di possibile scelta per la Cattedra di S. Pietro. Io ebbi occasione di vederlo e di parlargli alcuni anni or sono. Mi lasciò l'impressione d'uomo moderato ed anche colto. Ma lo vidi per poco e non posso quindi avventurare un giudizio. Il duca Decazes me ne richiese alcuni giorni or sono. Gli dissi la mia impressione, soggiung·endo però che noi avevamo adottato il sistema di non pronunciare alcun nome, per l'eventualità d'una nomina pontificia, ben sapendo che l'espressione di una nostra opinione avrebbe potuto essere più nociva che utile, almeno per ora.

(l) Cfr. n. 194.

205

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 2573. Roma, 19 maggio 1875 (per. il 20).

Mi viene riferito che gli internazionalisti Zanardelli Tito e Nabruzzi Lo

dovico rifugiati a Lugano abbiano aperto in quella città un ufficio che in

apparenza si occuperebbe di spedizioni e di commissioni commerciali, ma che

in realtà altro non sarebbe che un'officina di mene settarie e rivoluzionarie.

Prego l'E. V. di raccomandare al R. Console una speciale vigilanza sui

predetti individui e sui loro maneggi (1).

206

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 233. Parigi, 20 maggio 1875, ore 16,20 (per. ore 17,50).

Convention du mètre a été signée aujourd'hui.

(l) Annotazione marginale: • A Lugano 28 Maggio •·

207

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 235. Parigi, 20 maggio 1875, ore 17 (per. ore 9,20 del 21).

Prince Hohenlohe est arrivé à Paris ce matin. Il confirme, d'après les assurances que lui a données l'Empereur d'Allemagne, les nouvelles pacifiques précédemment arrivées ici de Berlin. Il m'a dit qu'il considérait la campagne comme tout à fai,t gagnée à la paix.

208

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2170/506. Londra, 20 maggio 1875 (per. il 24).

Per le vacanze parlamentari della Pentecoste, essendosi Lord Derby allontanato da Londra, né facendo ritorno prima del giorno 27, in cui si aduna daccapo la Camera dei Lords, ho fatta al Sotto Segretario di Stato lettura confidenziale dell'ossequiato dispaccio politico N. 226 delli 12 di questo mese (l) siccome n'ebbi per telegrafo l'autorizzazione dall'E. V.

Il Signor Bourke mi ha detto che informerebbe per iscritto senza indugio Lord Derby della mia comunicazione, la quale era nel fondo identica a quella riferita da Sir A. Paget. Ma poteva sin d'ora asserire che il Conte di Derby apprezzava, al pari di lui, le ragioni che, in una condizione di cose tanto delicata, avevano diretta la condotta dell'Italia. E soggiungeva: • Noi desideriamo il concorso dell'Italia e Le chiederemo sempre il suo appoggio, perché i moventi delle nostre politiche, i nostri desiderj e interessi sono uguali ».

Tutte le notizie che sono pervenute in questi giorni al Foreign Office hanno sempre più constatato l'assoluto rasserenarsi della situazione politica; ed il Signor Bourke è d'avviso che, mercè l'ultima crisi e le spiegazioni e le dichiarazioni che ha provocate, molti sospet,ti e diffidenze e della Germania e della Francia hanno potuto svanire; egli crede, pertanto, che la pace non sia mai stata, dal 1870, così assicurata quanto adesso. L'appello in prò della pace -mi ripeteva lo stesso Signore -,e l'aver fatta udire un'altra volta l'Inghilterra la sua voce in Europa, ha prodotta una ottima impressione e all'estero e nel paese stesso che ha con unanimità approvato il procedere del Governo.

(l) Cfr. n. 193.

209

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 364. Vienna, 20 maggio 1875 (per. il 30) (1).

S. M. l'Imperatore faceva l.'itorno a Vienna dal suo viaggio in Dalmazia il 15 corrente, e la popolazione deHa capitale, dietro iniziativa presa da un organo clericale, il Volksfreund, portavasi abbastanza numerosa sul suo passaggio e facevagli lieta accoglienza; di più non si potrebbe dire, poiché la cittadinanza viennese è raramente clamorosa neHe sue dimostrazioni. Sua Maestà, che vidi passare da abbastanza vicino, parvemi pensierosa e di poco lieto animo. Questa mia impressione non deve essere lontana dal vero, poiché in fatto nessuno ignora che l'animo del Sovrano fu di molto corrucciato dai fatti di Gratz. Egli aveva assicurato l'Infante Don Alfonso di Borbone che nella capitale della Stiria sarebbe stato al sicuro sotto la sua protezione: non poté dunque a meno di riuscirgli sommamente doloroso, il contegno assunto da notevole parte di quella popolazione a riguardo di un Principe, così da vicino imparentato colla casa Imperiale e che Egli considerava come suo ospite. La repressione per parte delle Autorità, se si vuole un po' tardiva e certo non abbastanza energica da soddisfare quelli fra gli alti personaggi di qui che rimpiangono tempi in cui si procedeva ben altrimenti, produsse nell'animo dell'Imperatore, certamente male predisposto dalle lettere scrittegli durante l'assenza dal fratello Arciduca Carlo Lodovico, un notevole malumore contro le Autorità militari e civili di Gratz, a cui Egli ebbe a dar sfogo al suo passaggio da quella città, il mattino stesso del suo arrivo a Vienna. Non è dunque da meravigliarsi s'Egli fosse di poco buon umore alcune ore dopo, incontrando 1i suoi Ministri alla stazione. Dicesi poi anche ch'Egli non si aspettasse a trovar la Da,lmazia in così poco felici condizioni, quali ebbe a constatarl<e personalmente durante il suo viaggio. A tutto ciò si aggiunga il sempre peggiorante stato economico di questa capitale e di lieve si capirà come l'animo del Sovrano dovesse essere conturbato nel far ritorno alla sua Reggia, dove dopo le molte fatiche del viaggio, non poche noje lo attendevano. Il ritorno dell'Imperatore, effettuatosi in simili condizioni, non poté aver altro effetto che di aumentare ancora l'incertezza dell'avvenire che pesa sempre qui su tutti gli animi.

Se l'Austria non è più quella della metà del secolo corrente, certo non si può neppure dire ch'essa sia uno Stato moderno: di questo essa non ha se non l'apparenza, poiché dalla l'ealtà ne è lungi assai. L'Imperatore fa e disfa i suoi Ministri (da questa parte della Leyta) senza il concorso del Parlamento. Volendolo, potrebbe domani ritornare al regime del buon piacere, probabilmente ciò segnerebbe, dopo bl'eve spazio di tempo, il fine dell'Austria,

ma intanto la cosa non incontrerebbe ostacoli gravi, poiché, in fin dei conti, altro non sarebbe se non un cangiamento di forma, la sostanza continuando ad essere quale è oggi, che di ben poco si differenzia da quale era anni addi,etro.

Una non dubbia corrente reazionaria soffia oggi in questa parte della Monarchia, e sta anzi acquistando maggior forza mercè l'appoggio che il nuovo partito clericale costituzionale, capitanato dal Cardinale Rauscher, promette di dare al Governo. L'aspra guerra che il Principe di Bismarck sta combattendo nella vicina Germania contro il Cattolicismo fa sì, che il Vaticano ha creduto a proposito di far giudizio in Austria e quindi per mezzo del NunZJio presso questa Corte va raccomandando all'alto Clero la moderazione, anzi la conciliazione col Governo. Il Gabinetto presieduto dal Principe Auersperg, sentendosi mal sicuro della continuazione della fiducia del Sovrano, fa ponti d'oro a tal conciliazione, e dandosi l'apparenza della fermezza nel mantenimento delle vigenti leggi, fa dal canto suo tutte quelle concessioni, atte a facilitare quella piena conciliazione col Vaticano, che pei tempi che corrono, non può se non precedere la soggezione alla Chiesa. Con occhio attento la Germania sorveglia questo stato di cose, ,e la sua diffidenza verso l'Austria comincia ad apparire chiaramente. Sino a che resterà il Conte Andrassy l'attitudine dell'Austria nella sua politica estera non subirà notevoli variazioni: ma durerà ancora lungamente quell'egregio uomo di Stato al timone degli affari? Nessuno potrebbe a questo riguardo rispondere con certezza, tutto dipendendo dalla volontà di un uomo altamente onesto e leale sì, ma facilmente impressionabile, e naturalmente diffidente di tutti.

A fronte di un tale stato di cose io non cesso dal chiedere a me stesso, se a noi convenga andar man mano maggiormente legandoci coll'Austria, e francamente dirò, che la risposta che sempre mi faccio a questo quesito, è constantemente negativa. Conviene all'Italia non aver più nemica l'Austria, ed in certe speciali quistioni il suo amichevole concorso ci può riescire utile, ma fra l'accordo con Bevlino e quello con Vi,enna la scelta per me non può essere dubbia. Là abbiamo uno Stato giovane legato a noi dalla comune origine, col quale non possiamo avere se non interessi affini. Qui uno Stato vecchio col quale, più ci guardo, meno so trovare un positivo interesse comune. Manteniamo dunque con l'Aust11ia quelle leali, cordiali relazioni che è reciproco interesse serbare fra due Stati vicini, che nessuna grave questione divide al giorno d'oggi, ma in tutto ciò che ha tratto alla politica generale di Europa, studiamoci di fare ognuno persuaso che procediamo di mano esclusivamente colla Germania. Una ~tal condotta servirà d'altronde meglio di qualsiasi altra, a farci rispettare qui, essa ci assicurerà più sicuramente ancora i vantaggi che possiamo riprometterci dall'amicizia dell'Austria, che avrà così ogni interesse a serbare con noi cordiali relazioni ed al tempo stesso ci guarentirà dai pericoli di cui questo nostro vicino ci potrebbe un giorno essere sorgente, poiché la nostra alleanza cona Germania gli togHerà forzatamente la volontà di tornare alla antica via, e farà sì che, facendo di necessità virtù, si adatterà a mantenersi in quella che battono gli Stati moderni.

(l) II documento reca la seguente annotazione: • Il presente rapporto per difetto di occasione sicura non poté spedirsi prima di oggi 26 maggio 1875 •.

210

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2171/507. Londra, 21 maggio 1875 (per. il 24).

È oggidì argomento di generale conversazione e commenti la risposta fatta dal Signor Disraeli, ieri alla Camera dei Comuni, al Signor Sullivan, concernente un discorso pronunziato ad un pranzo del • National Club • dal Conte Munster, Ambasciatore di Germania, li 12 di questo mese.

Le parole dette da questo Signore sarebbero passate, in altri momenti, senza osservazioni; e se il Primo Ministro della Regina non fosse stato chiamato a giudicarle in Parlamento, la stampa e il pubblico inglese, rispettando il carattere officiale del Conte Munster, avrebbero taciute o addolcite le loro censure.

Ad eccezione del Times, tutti i principali giornali di questa città insistono quest'oggi sulla dichiarazione del Signor Disrae1i che l'Ambasciadore, col dare un suo pubblico giudicio sugli affari interni di questo paese e sullo stato della quistione religiosa com'è in Irlanda e come crede sarà in Inghilterra, • non si è attenuto aHe usanze diplomatiche •.

L'asserzione susseguente del Signor Disraeli che • un Ministro Inglese in nessuna circostanza deve scoraggiare la libertà del discorso • è interpretata come una fine CI"itica della politica seguita dall'Impero Germanico. Il Primo Ministro terminava con questa frase significativa: • Se l'E. S., forse nell'autunno, farà una visita all'Irlanda, troverà che non avvi qualsiasi analogia fra le circostanze dei sudditi cattolici dell'Imperatore e quelli della Regina •.

Questo incidente merita attenzione come sintomo delle disposizioni e sentimenti di Questa nazione, epperò ho creduto ch'egli era mio dovere di riferirne a V. E. Un deputato influente del partito che ora governa, ed intimo del Signor Disraeli, mi diceva confidenzialmente ier sera: • Durante la guerra del 1870, gl'Inglesi erano favorevoli alla Germania; ma questo favore è andato sempreppiù scemando malgrado le note simpatie della Regina. La politica religiosa della Germania ha offeso non solo le convinzioni religiose della minoranza cattolica, ma pure le convinzioni liberali della maggioranza protestante. Quando H Conte Munster nel suo discorso al • National Club • ha fatto un appello alla unione fra i due Grandi Imperi protestanti, l'opinione pubblica ha protestato contro una qualsiasi solidaiiietà politica siffatta. La nostra politica religiosa è quella dell'Italia; e, dal contrasto fra questa e quella di Berlino, le nostre simpatie per l'Italia sonosi sempreppiù avvivate. Noi lodiamo la prudenza e il senno degli uomini che reggono il vostro paese, e sanno che la libertà non sia privilegio né d'un paiitLto né d'una convinzione. A quella causa morale per cui hanno mutato i sentimenti della naziorre inglese per la Germania, conviene aggiungere l'incidente col Belgio, che venne considerato, a torto o a ragione, come una minaccia alla neutralità di quello Stato guarentita dall'Inghilterra. Ma se mai quella neutralità fosse seriamente minacciata il Gove·rno Inglese non ne starebbe spettatore; né dovrebbesi credere il contrario all'estero, e cadere nell'errore di Brunnow che, prima della

guerra di Crimea, asseriva al suo Governo rimarrebbe l'Inghilterra in pace colla Russia. Ogni atto della Germania è pertanto veduto adesso con sospetto forse soverchio. Coloro che più erano suoi amici o tacciono come il Conte Russell che non ha più fatta la nuova interpellanza da lui annunciata, o debbono mutare in parte il loro linguaggio sino all'incidente belga senza riserve favorevole, come il Times, malgrado le simpatie ed i legami personali del suo Direttore, Sir Delane.

L'unanime approvazione data al Governo pel modo come ha fatta udire la sua voce a Berlino a favore della pace, ha per causa non solo un Legittimo sentimento di dignità nazionale soddisfatto, ma pure la persuasione che l'Inghilterra abbia soccorso la Francia minacciata da una aggressione germanica •.

Questo discorso mi è sembrato meritevole di esserLe ripetuto, perché compendia le conversazioni degli uomini politici più importanti, e dinota quali sieno attualmente le impressioni e le tendenze della pubblica opinione inglese.

Gli elogi alla politica religiosa italiana mi sono ripetuti ad ogni occasione. E se l'E. V. mi volesse inviare alcuni esemplari dell'ultimo discorso delli 7 corrente dell'Eccellentissimo Signor Comm. Minghetti, potrei soddisfare alle varie richieste che me ne vennero fatte.

211

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. S. N. Vienna, 21 maggio 1875 (per. il 24).

Con dispaccio ministeriale di questa ser:ie s. n. in data del 10 maggio corrente (l) l'E. V. compiacevasi darmi istruzione di investigare la sorte toccata agli archivi delle Legazioni Venete, cioè se essi fossero riuniti a quelli delle Imperiali Internunziature o agli Archivi Generali dell'Impero. Credo mio dovere di non nascondere all'E. V. che ben difficilmente io potrei assumere investigazioni nella faccenda senza svegliare le vive e note suscettività del Governo Imperiale, qualora io non fossi nel tempo stesso in grado di dare schiarimenti atti a sedarla. Senza tali schiarimenti il Governo Imperiale di leggieri si darebbe alla credenza che noi ,intendiamo rivendicare gli Archivi; ciò lo renderebbe proclive a nascondermi piuttosto che a procurarmi delle notizie sull'argomento; e nuocerebbe forse inoltre eziandio alle trattative già in corso qui per altre rivendicazioni e che già per sé so1e incontreranno gravi ostacoli. Ben altrimenti si svolgerebbe la faccenda se io, a mo' d'esempio, potessi dichiarare che il R. Governo non ha che l'intendimento di procurarsi delle copie autentiche dei rapporti più rilevanti degli Agenti diplomatici della Repubblica Veneta, allo scopo di completare gli Archivi.

Prima di fal'e uffici sull'argomento attenderò Quindi le nuove e più par

ticolareggiate istruzioni che prego l'E. V. di volermi colla sua consueta cor

tesia impartire.

(l) Non pubblicato.

212

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 28. Pietroburgo, 21 maggio 1875 (per. n 27).

Col telegramma del 13/1 corrente (l) ebbi l'onore di farle conoscere che le notizie qui pervenute circa l'abboccamento dei due Sovrani a Berlino erano intieramente rassicuranti ed ispiravano al Governo Imperiale di Russia la fiducia che la pace di Europa non sarebbe stata turbata. Dissi pure a V. E. che il Gabinetto Imperiale aveva veduto con la massima soddisfazione che anche l'Inghilterra aveva dal canto suo fatto sentire la sua voce a Berlino nel senso del mantenimento della pace ,e 'le aggiungevo che questa manifestazione da parte di una potenza così importante qual'è l'Inghilterra è stata giudicata dal Governo dello Czar come un fatto significantissimo che non può mancare di produrre salutarissimi effetti per l'avvenire.

I dispacci posteriormente qui pervenuti da Berlino non hanno fatto che meglio confermare queste buone notizie. Il Barone di J o mini mi ha detto che la prima 1impressione che ebbe l'Imperatore di Germania (il quale pare che non legga punto i giornali), allorché gli fu parlato dei timori e dell'allarme suscitatisi in Europa, si fu quella della più grande sorpresa. Egli non arrivava a persuadersi come voci così assurde sugl'intendimenti della Germania potessero trovar credito nel pubblico. Né meno esplicito fu il Principe di Bismarck nelle sue dichial'azioni in favore della conservazione della pace; egli

disse che: • L'Allemagne n'irait jamais troubler la paix de l'Europe de gaieté de coeur et sans motifs sérieux et que ce serait la calomnier que de la croire capable de faire une telle folie •.

213

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 29. Pietroburgo, 21 maggio 1875 (per. n 27).

Il Barone di Jomini mi ha pregato di richiamare l'attenzione di V. E. sulla comunicazione fatta dal Gabinetto Imperiale di Russia ai diversi Governi rappresentati nella Conferenza radunatasi l'anno scorso a Bruxelles nello scopo di definire i diritti ed i dov,eri dei belligeranti. Il Governo Imperiale desider,erebbe innanzi tutto che a quella comunicazione fosse data al più presto possibile una risposta per iscritto, nella quale ciascun Governo potrà consegnare le osservazioni o le proposte che crederà opportuno di fare. Esso abbisogna di tali risposte per decidere a qual partito debba appigliarsi. In secondo luogo il Barone di Jomini vorrebbe che il Governo del Re

considerasse che l'atto internazionale proposto non produce onere alle finanze e non esige cambiamenti nella legislazione interna dei diversi Stati o nella

Il - Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

organizzazione dei loro eserciti, ma sarà una pura e semplice dichiarazione di principii destinata a colmare una lacuna del Diritto delle Genti. Essa non pretende punto porre dei limiti, come da qualcuno si è voluto far credere, al sacro diritto di difesa, né impedisce che un Governo abbia ricorso ai mezzi estremi della leva in massa o delle guerriglie, né rende la posizione di coloro che fan parte di queste bande irregolari peggiore di quella che attualmente non sia. Solamente essa avrà per effetto ed un effetto a'1tamente benefico, di estendere i privilegi, finora goduti soltanto dane soldatesche l'egolari, anche a quelle milizie, per cosi dire avventizie, che pur non essendo composte di gente raccogHticcia ·e senza alcun distintivo di uniforme, non sono pertanto considerate come parte di un esercito.

Il Barone di Jomini citava il caso dei francs tireurs nell'ultima guerra combattutasi in Francia e diceva che non erano i Tedeschi condannabili, se seguendo g.Ji usi finora invalsi si rifiutavano a riconoscere come soldati coloro che facevano parte di quei corpi e pretendevano quindi trattarli da banditi, fucilandoli. Or se tutti fossero d'accordo nel dichiarare che questi corpi franchi, purché seguano talune norme ed abbiano dei contrassegni stabiliti, non debbano essere considerati come malfattori e trattati come tali, non sarebbe questo un gran beneficio, un grande alleviamento dei mali della guerra che ridonderebbe tutto a vantaggio del debole, o almeno di colui che è aggredito e si difende?

E se si proclamasse, seguitava a dire il Barone di Jomini, passando ad un altro ordine di idee, che il bombardare città commerciali ed indifese è un atto barbaro ed inumano, non sarebbe questa dichiarazione di principio cotanto umanitar.ia più favorevole al debole che al forte? Una tale dichiarazione, lungi dal produrre nuovi ollleri, non permetterebbe forse ad un Governo, le cui finanze non fossero in florido stato, di spendere minori somme in fortilizzi non del tutto necessarii ed in asserragliare cittadi e castella?

Il Governo Imperiale di Russia, conchiudeva il Barone di Jomini, sentesi forte nella purezza delle sue intenzioni e nel convincimento di difendere una causa vera, giusta e per conseguenza destinata tosto o tardi a trionfare. Come un esercito odierno, egli diceva, rifuggirebbe dal ricorrere all'avvelenamento delle acque e a tutti quei mezzi illeciti che son condannati dal Diritto delle Genti, cosi verrà tempo, e non lontano, in cui un oste qualsiasi non oserà di fare indegne rappr·esaglie o dannare a morte un prigioniero di guerra sol perché appartenente a corpi non del tutto militarmente organizzati; e una potenza marittima qualunque, per egoista e poco scrupolosa che sia, si vergognerà di bombardare città inermi, devastare intiere spiagge e distruggere la privata proprietà di pacifici cittadini.

(l) Non pubblicato.

214

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DESTINATO A MADRID, GREPPI

D. 2. Roma, 23 maggio 1875.

Dopo gli abboccamenti ch'ebbi con V. S. Illustrissima a proposito della missione ch'Ella sta per intraprendere, non ho creduto necessario di compi

lare per Lei speciali istruzioni per guidarla nell'eseguimento dell'alto incarico affidatole. Le conversazioni fatte con Lei intorno al paese ove Ella è destinata quale Rappresentante di Sua Maestà, l'esperienza ch'Ella possiede e il di lei accorgimento, possono, ne son sicuro, bastare a quest'uopo. Però, siccome in altri tempi, quando come ora dominava in !spagna la dinastia borbonica, il R. Governo ebbe a delineave i proprii concetti con dettagliate ~istruzioni di cui munl il Rappresentante d'Italia a Madrid, io stimo utile di porre sotto gli occhi di V. S. Illustrissima quel documento. Quelle istruzioni furono dirette al Signor Conte Corti e portano la data del 20 agosto 1867. Per una logica di circostanze, ~esse possono attagliarsi in gran parte anche alle condizioni presenti.

Trasmettendole quindi, qui unita una copia delle istruZJioni in discorso, le rinnovo...

215

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1485. Berlino, 24 maggio 1875 (per. il 28).

Personne ne veut accepter la responsabilité de l'agitation causée par les bruits de guerre, agitation tombée tout-à-coup comme par enchantement. Au rebours de ce qui arrive d'ordinaire, la convalescence a été plus courte que la maladie qui s'était manifestée dans l'opinion publique. Cependant, M. de Bi.ilow en convenait aujourd'hui avec moi, le fond des choses n'a pas varié; le Cabinet de Berlin pour ne pas etre surpris par l~es événements comme en 1870, doit continuer à veiller à sa propre défense malgré les assurances pacifiques qu'il reçoit de la part de la France et qui lui sont confirmées de tous còtés.

Il ne veut pas suspecter la sincérité des déclarations du Gouvernement du Maréchal Mac-Mahon, mais la simple prudence exige que l'A!llemagne se mette en mesure de repousser toute atta(lue éventuelle de son voisin dont les armements sont très sérieux.

Il est vrai que, dans le dernier exposé de son budget de la guerre, des subsides extraordinaires ne sont pas réclamés. On veut conduire avec la plus stricte économie l'oeuvre de la réorganisation dont l'achèvement ne serait pas atteint avant le courant de l'année 1877. Dans cet exposé il ne seraH pas fait mention de l'armée territol'iale; ce qui indiquera~t (lue l'organisation se poursuivrait, sans trop de hate et dans une mesure plus restreinte. Il reste à vérifier s'il en sera ainsi pratiquement. Il se pourrait Cltl!e ce fiìt à la suite des conseHs des Puissances amies, que le Cabinet de Versailles se fiìt décidé à prouver davantage à l'Europe qu'il veut la paix; mais ce n'était là qu'une supposition de Biilow, et nullement une certitude.

Le Secrétaire d'Etat m'a répété à ce propos, combi,en notre attitude avait été correcte pendant l'al-erte de ces dernières semaines, et combien cette attitude avait été appréciée à Berlin par la Cour et le Gouvernement. M. de Keudell avait été chargé de se rendre l'interprète de cette excellente impression.

M. de Bi.ilow m'a aussi dit Q.ue les démonstrations sympathiques dont le Prinee et la Princesse Impériale avaient été entourés jusqu'au dernier moment de leur séjour en Italie, avaient produit le meilleur effet, Leurs Altesses Impériales avaient également attaché le plus grand prix à la visite de notre Président du Conseil.

Je me permets de rappeler à V. E. le désir que je lui ai exprimé de recevoir un accusé de recéption de mes rapports nn. 1480, 1481, 1482, 1483 des 13 et 14 Mai (1).

216

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 2690. Roma, 25 maggio 1875 (per. il 27)...

Mi vi·en riferito che al Congresso internazionale di Berlino, del quale tenni parola nel mio foglio del 15 aprile scorso n. 2016 (2), siano intervenuti anche alcuni rappresentanti delle Sezioni Italiane e fra questi il noto Lodovico Nabruzzi rifugiato a Lugano.

Sarò grato all'E.V. se vorrà procurarmi qualche notizia intorno a quel Congresso, alle questioni che vi si agitarono ·ed alle determinazioni che vi furono prese quando potessero inter·essare l'Italia.

217

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2177/509. Londra, 25 maggio 1875 (per. il 29).

Ieri sera, alla Camera dei Comuni, il Marchese di Hartington, leader del partito Whig, ha chi•esto al Primo Lord del Tesoro se il Governo aveva consigliato alla Regina di fare alcuna osservazione • representation • ai Governi di Germania e di Francia sulle relazioni esistenti fra questi due Stati. E il Signor Disraeli ha risposto che di fatto il Governo aveva consigliato a Sua Maestà di fare una tale • representation • all'Imperatore di Germania. Aggiunse che la natura di quell'atto era destinata a correggere ogni erronea opinione e ad assicurare la pace, e che una soddisfacente risposta fu ottenuta.

L'•intenzione che è attribuita al capo dell'opposizione, col muovere quella interrogazione, si è di aver voluto constatare che il suo partito non intende rappresentare nel paese la politica assoluta di astensione dalle quistioni continentali, contro la quale si è la pubblica opinione oramai pronunziata.

Nella risposta del Primo Ministro è osservato generalmente come, nel constatare l'azione diplomatica esercitata dall'Inghilterra, egli abbia nominata la sola Germania.

(l) -Cfr. nn. 196, 197 e 1911: il r. 14113 non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 146.
218

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2178/510. Londra, 26 maggio 1875 (per. il 30).

Lord Derby, avendo anticipato il suo ritorno in città, mi ha scritto di recarmi da lui quest'oggi.

Era suo desiderio di ringraziare, per mezzo mio, l'E.V. della comunicazione, concernente gli • ultimi timori di complicazioni europee •, da me fatta col dar lettura confidenzial·e dell'ossequiato dispaccio politico delli 12 di questo mese (1).

Il Ministro si è, quindi, espresso nel modo seguente: • E' oramai una quistione finita, grazie all'azione esercitata, con noi, da tutte l·e Potenze. Non credo che il Principe di Bismarck volesse ora la guerra, ma piuttosto presentire quale accoglienza farebbe e quale attitudine prenderebbe l'opinione europea all'annunzio di una possibilità di guerra. E mi sembra che l'opinione reuropea siasi, mercé nostra, chiaramente manifestata. Ma non può dirsi, d'altra parte, che l'allarme nascesse solamente dal Hnguaggio dei giornali. Anzitutto è cosa nota che alcuni giornali tedeschi sono inspirati direttamente dal Governo; ma poi, re il Principe di Bismarck e il Conte di Moltke, in ripetute conversazioni, che ci sono state riferite, non attenuarono le loro espressioni rispetto agli armamenti francesi e sulla convenienza per la Germania di prendere l'iniziativa del·la guerra. Il pericolo è oggi allontanato; e almeno per tutto l'anno possiamo essere fiduciosi che la pace sarà mantenuta. Per l'Inghilterra era dovere di alzare altamente la sua voce in prò della pace e contro una minaccia di guerra, la quale non era giustificabile, da parte della Germania. Questo dovere noi potevamo tanto più compierlo in quanto che noi, senza frontiere né ambizioni, siamo, più d'ogni altro, disinteressati. Codesta è pure la situazione dell'Italia, la quale ha immense risorse da sviluppare e finanze che richiedono varj anni di pace. I suoi interessi e la politica del suo Governo ci hanno, pertanto, data fiducia che vorrà sempre con noi concorrere nell'opera del mantenimento della pace; e codesta assicurazione ora fattaci dal Cavaliere Visconti Venosta è assai gradita dal Governo della Regina. Comprendo che il Governo d'Italia non abbia nella recente occasione voluto dare alla sua azione un carattere collettivo che ne avrebbe forse ricevuto un carattere di minaccia; e il risultamento da tutti desiderato essendosi raggiunto, ebbe ragione di non far più che non era necessario •.

Il Conte di Derby terminò col ripe•termi il sincero desider.io del Governo della Regina di accordar sempre le politiche dei due Stati, i quali hanno tanta reciproca simpatia e ragioni d'unione.

(l) Cfr. n. 193.

219

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 365. Vienna, 27 maggio 1875 (per. il 30).

Dai telegrammi dei giornali e poscia dai resoconti parlamentari, ho avuto conoscenza dell'interpellanza stata mossa all'E.V. dal deputato La Porta, relativamente al fatto rif·eri.to da alcuni giornali, che: al ricevimento del Corpo Consolare, tenutosi da S. M. l'Imperatore d'Austria in Trieste, intervenisse pur anche un sedicente Ufficiale Consolare Pontificio. Pienamente al bujo su quell'incidente, prima di averne avuto notizia, come sopra ho detto, mi son fatto premura di rivolgere interpellanza a•l riguardo al Commendatore Bruno. Quel R. Console Generale s'affrettò a rispondermi, mandandomi copia del rapporto al riguardo da lui diretto all'E.V. all'indomani dell'avvenuto caso.

Ove fossi stato immediatamente informato dell'accaduto, non avrei mancato di tenevne parola col Conte Andn'tssy, ritenendo mio dovere il porre in evidenza qui, quanto importi alle buoille relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia, evitare quegli incidenti che, meno rettamente interpretati dagli uni ed usufruttati dagli altri, potrebbero, ripetendosi, nuocere a questi amichevoli sentimenti, che si felicemente oggi informano i reciproci rapporti fra i due Stati. Non avrei mancato di ricordare, che in altra circostanza abbastanza analoga, il Cont·e Andrassy aveva creduto dovere, in termini anche alquanto vivi, incaricare il Conte Wimpffen di farci sentire il desiderio, che da parte nostra si procurasse di evitare, meglio che per lo passato, tutti quegli atti che potevano, nei territori austriaci, la cui popolazione è di razza Italiana, eccitare le tendenze separatiste. Il R. Governo credette allora dover accogliere le rappresentanze in tal senso fatteci, con amichevole arrendevolezza, ed anzi, non tardò a dar prova della sua ferma vo·lontà di ·evitare scrupolosamente, dal canto suo, tutto ciò che potrebbe ·essere per avventura ritenuto come meno corretto nei rapporti intevnazionali. Un tal nostro modo di agire richiede però la reciprocanza da parte del Gabinetto di Vienna, e troppo conosco l'elevato modo di sentire del Primo Ministro Austro-Ungarico, per non essere persuaso, che il passo, che io avrei fatto nel suespresso senso, sarebbe stato l'ettamente interpretato ed avrebbe avuto per effetto di àmpedire in avvenire la rinnovazione di incidenti analoghi a quello testè verificatosi.

Allo stato delle cose però più non mi è permesso agire di mia iniziativa,

tanto più che ignoro, se per avventura, l'E. V. già non ebbe a tener parola

di ciò col Conte Wimpffen. Sarei quindi grato a V.E., ove Le piacesse farmi

conoscere se questa mia supposizione si sia verificata, ed in caso contrario se

sarei autorizzato a tener discorso su Questa faccenda col Conte Andrassy, nel

senso da me precedentemente svolto.

Una pronta risposta mi riescirebbe gradita, poiché il lasciar passare troppo

tempo, toglierebbe l'opportunità di toccare questo soggetto, e per farlo altra

volta, converrebbe attendere si rinnovasse un incidente dello stesso genere,

locchè parmi sarebbe utile e decoroso per noi l'evitare.

220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 108. Roma, 28 maggio 1875, ore 17.

Nous prenons acte avec plaisir de la décision du Gouvernement français d'envoyer en Italie M. Ozenne pour ,entamer les négociations commerciales. M. Luzzatti, souffrant lui meme, est en ce moment à Padoue, où sa femme est gravement malade. Faites donc en sorte que M. Ozenne attende, avant de partir, nouvel avis que j'espère etre bientòt en mesure de vous faire parvenir.

221

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 241. Madrid, 28 maggio 1875, ore 14,30 (per. ore 21,15),

Le chef de la division commerciale au ministère d'Etat vient de m'adresser une lettre particulière pour m'informer que notre proposition relativement au traité de commerce est pleinement acceptée et que le Gouvernement espagnol adhère aussi à la signature d'un protocole à cet égard. Dès que la communication officielle sera en mes mains, je m'empresserai de la transmettre à V. E.

222

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 2702. Roma, 28 maggio 1875 (per. il 29).

Nel numero 44 del Giornale Il Proletario si annunzia la formazione in Ginevra di un sodalizio composto di italiani, i di cui principi saranno informati allo schietto socialismo. Questa associazione si propone di studiare i modi per propagare le 1idee sociaHste.

Prego la S.V. di dare in proposito le opportune istruzioni al R. Console a Ginevra per una accurata sorveglianza sul predetto sodalizio e sui maneggi dello stesso.

223

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 560. Roma, 29 maggio 1875.

Ringrazio V. S. Illustrissima dell'interessante sua correspondenza pervenutami sino al N. 2514, non mi è ancora stato consegnato il N. 2512 (1), ed io Le sarò grato se Ella vorrà informarmi se vi sia stato errore nella numerazione, oppure se il ritardo debba attribuirsi a qualche altra causa.

Le informazioni trasmesse da V. S. Illustrissima circa gli ultimi incidenti della politica generale dell'Europa, mi riuscirono di grandissima utilità. Il linguaggio ch'Ella tenne in varie occasioni al Duca Decazes era inspirato da quegli stessi sentimenti che ci guidarono in tutte le occasioni rn cui abbiamo potuto opportunamente affermare il nostro desiderio che la pace non sia turbata. Appena fu conosciuto l'esito dell'abboccamento dei due Imperatori rin Berlino, i timori di guerra sono cessati. Il Marchese di Noailles è venuto a leggermi un telegramma del Duca Decazes nel quale si diceva che al Governo francese sembrava ora di potere considerare con maggiore fiducia l'avvenire dal punto di vista della conservazione della pace. Gli sforzi ed i consigli dell'Europa non erano stati inefficaci. Il Duca Decazes aveva apprezzato l'utile concorso del

l'Italia in quest'opera di pacificazione e ne ringraziava il Governo del Re.

224

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

D. 3. Roma, 29 maggio 1875.

Ringrazio la S. V. Illustrissima della corrispondenza politica pervenutami regolarmente sino al n. 29 inclusivamente.

Durante gli ultimi incidenti della politica generaLe dell'Europa ho trovato nei rapporti della S. V. delle informazioni che mi furono assai utili. L'esito dell'abboccamento dei due Imperatori in Berlino è stato conforme alle previsioni che si facevano conoscendo le disposizioni pacifiche della Russia e lo spirito elevato dei due Sovrani. Il Principe Gortchakoff prima di partire da Berlino ha diretto un telegramma ai rappresentanti della Russia pl'esso varie Corti per annunziare che i timori di guerra erano svaniti. Il Barone d'Uxkull venne il 14 di questo mese a darmi lettura di quel telegramma che era così concepito: • L'Empereur quitte Berlin parfaitement convaincu des dispositions conciliantes qui y règnent et qui assurent le mainHen de la paix ».

Ho ringraziato il Ministro di Russia di questa comunicazione felicitan

dolo dell'esito così favorevole che aveva avuto l'azione diplomatica della

Russia per rassicurare gli animi tanto commossi in questi ultimi tempi da persistenti voci di prossime complicazioni.

Il Principe Gortchakoff al suo passaggio a Berlino avrà potuto assicurarsi nei colloqui che ebbe col Conte di Launay che i nostri voti erano per la perfetta riuscita dell'azione pacificatrice esercitata in quei giorni dall'Imperatore Alessandro e dal suo primo Ministro.

(l) Non pubblicato

225

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 153. Roma, 30 maggio 1875.

Ringrazio V. S. Illustrissima delle comunicazioni fattemi coi pregiati rapporti di questa serie n. 251 e 253 (l) relativamente all'incarico che io ebbi ad affidarle in merito alla sfrontata pubblicazione del giornale il Proletario. Approvo quanto Ella f,ece in questa circostanza presso le autorità federali e riconosco che le medesime si mostrarono animate da un soddisfacente buon volere in questa circostanza. Riconosco pure con V. S. Illustrissima che il volere procedere giudiziariamente mediante querela, per gli oltraggi contenuti nel detto foglio sarebbe mezzo poco sicuro per conseguire lo scopo, come del pari non ho difficoltà ad ammett,ere che vi sarebbe poca probabilità di vedere un giurì ginevrino pronunziarsi a difesa della coscienza e della moralità pubblica in un caso di simile natura, tenuto calcolo della lingua in cui è stampato il giornale.

Le misure prese dalle autorità federal<i e cantonaU, in via amministrativa, non condussero, disgraziatament,e, al risultato che si desiderava, giacché ora appunto il Ministero dell'Interno mi ha trasmesso il n. 440 del giornale sopracennato, il quale porta la data del 22 maggio. Il suo formato è identico a quello dei numeri precedenti, e ciò dimostra che le informazioni mandate a questo proposito dalla Polizia ginevrina alle autorità federali non erano abbastanza fondate. Quanto al contenuto, V. S. stessa potrà giudicarne, essendo che stimo opportuno di trasmetterle qui unito quel foglio pel caso che Le occorresse di mostrarlo alle Autorità federali.

Lo stesso Dicastero mi ha fatto di recente conoscere che anche in Lugano è comparso non ha guarì un libello ingiurioso contro S. M. il Re per opera di un tale Giacomo Francesco Griscelli di Vezzano, noto per altre pubblicazioni consimili. H Griscelli assume anche n falso nome di Barone Arturo di Rimini, nel 1864 si qualificava come incaricato dell'ex Re di Napoli e confidava pretesi segreti alla Legazione di Sua Maestà in Londra ed al R. Consolato in Marsiglia; nel 1868 fu espulso dal Regno. Il Ministero dell'Interno deplora, anche in questa occasione la facilità e la frequenza con cui appaiono impunemente sul territorio della Confederazione simili pubblicazioni altamente offensive per la Persona del Nostro Sovrano e per le nost11e istituzioni, e fa vive raccomandazioni perché da un lato sia praticata una rigo

rosa sorveglianza sul detto individuo, e dall'altro sia fatto in modo che si possano avere pronte informazioni sulle mene e sulle pubblicazioni avverse all'Italia, delle quali apparisse indizio in qualsiasi punto di codesto Stato.

Prego in conseguenza di oiò la S. V. Illustrissima di voler prendere le disposizioni occorrenti, dando le opportune istruzioni al Console di Sua Maestà in Lugano...

(l) Non pubblicati.

226

IL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Traduzione)

Roma, l giugno 1875.

Ho l'onore di informare V. E. che il Ministro degli Affari Esteri di Sua Maestà avendo richiesto l'Agente e Console Generale di Sua Maestà in Tunisi di una relazione sullo stato presente dei nego~iati l'elativi alla riforma giudiziaria nella Reggenza e sui passi da farsi al riguardo, per sapere inoltre se alcuna comunicazione fosse stata scambiata fra il Bey e la Porta su tale matevia, il Signor Wood ha indirizzato al Conte di Derby un dispaccio dal quale risulta che, ricevute le predette istruzioni, egli si recò dal Primo Ministro per accertarsi se i rappresentanti esteri lo avessero rinformato delle risposte dei Governi rispettivi circa il processo verbal,e della loro precedente Conferenza con S. E. in cui si stabiHrono le basi per la formazione dei tribunali misti, e d~etro la risposta negativa di S. E., il Signor Wood invitò i suoi Colleghi a riunirsi presso il Consolato Generale di Sua Maestà allo scopo di conoscere da loro rle istruzioni ricevute relativamente a questa materia.

V. E. avrà senza dubbio ricevuto dal Rappresentante italiano a Tunisi la relazione di quanto fu detto in quella riunione; sarà forse opportuno ciò nondimeno di qui rammentare la sostanza di ciò che ebbe luogo colà.

Dopo aver data lettura del processo verbalre sovra accennato il Signor

Wood domandò se i suoi colleghi erano autorizzati ad acconsentire alla pro

posta riforma giudiziaria su111e basi convenute, ovvero se essi avessero istru

zione di suggerire qualche ulteriore modificazione.

Il Rappresentante italiano disse che avendo più di una volta sottoposto

la questione alla favorevole considerazione del suo Governo, questo era di

opinione che l'argomento meritava troppa riflessione perché vi si procedesse

con leggerezza ,e che esso obbie~ttava intanto a che i Consoli generali formas

sero parte della Corte d'Appe1lo.

Il Rappresentante austriaco dichiarò che l'Austria simpatizzava sincera

mente col progetto di riforma giudiziaria ed esprimeva la sua buona volontà

di cooperare a tale scopo col Governo tunisino ma che essa trovava non essere

il progetto sufficientemente esplicito e dettagliato per poterlo accogliere o

rigettare nel suo stato presente.

Il Console americano affermò avere istruzioni di non accettare né respingere il progetto, ma di osservare quanto sarebbe fatto e di darne comunicazione al proprio governo.

L'Incaricato di affari di Spagna non era in grado di assistere alla riunione, ma avendo già il suo Governo accettato in principio la riforma giudiziaria, egli scrisse per dire che adotterebbe l'opinione cui fosse per giungere il Signor Wood; ed i Governi del Belgio e dei Paesi Bassi hanno egualmente accettato in principio. Nell'assenza del Console generale germanico la Conferenza non fu in grado di accertare quali fossero le vedute del Gabinetto di Berlino.

Il Rappresentante francese dichiarò che sebbene il suo predecessore avesse sottoposto il processo verbale della prima Conferenza col Primo Ministro al proprio Governo, egli non aveva ancora ricevute istruzioni per norma della sua condotta. Però esser egli di opinione richiedere l'interesse delle Potenze che esse procedessero con prontezza aH'adozione della proposta riforma, adozione ch'egli raccomanderebbe al proprio Governo. Questa importante questione essendo stata discussa già da varii anni, non potersi affermare che essa si fosse considerata leggermente dai diversi Governi. Per quanto imperfetto od incompleto fosse il proposto sistema, offrire ·esso tuttavia vantaggi di gran lunga superiori al sistema attualmente in vigore pella definizione delle cause miste, nelle questioni cioè e nelle controversie nascenti da affari commerciali fra stranieri ed indigeni e rammentare egli ai suoi colleghi che invece di frapporre inutili difficoltà alla proposta riforma g:iudiziaria essi agirebbero più saggiamente e prudentemente accettandola, prima di trovarsi costretti, come nel caso dell'Egitto, a sanzionare riforme molto più estese e svantaggiose che non quelle of:llerte dal Governo tunisino. Avere egl1i unicamente a suggerire che i tre membri europei del tribunale di prima istanza fossero scelti soltanto fra i più rispettabHi europei residenti a Tunisi anziché fra essi o fra gli ufficiali consolari come erasi proposto in origine, in quanto che i detti ufficiali possono essere designati a rappresentare i Consoli generali nella Corte d'Appello.

Il Signor Wood osservò al suo Collega austriaco che le basi per la composiZJione dei tribunali misti erano state modificate allo scopo di rimuovere le obiezioni dell'Austria, la quale le considerava di carattere troppo esclusivo. Ora, tutte le nazionalità erano poste sopra un piede di uguaglianza. Gli sembrava inoltre che siccome per l'art. 14 del trattato austro-tunisino le cause chniJi e commerciali dovevano giudicarsi dalle autorità tunisine col concorso del Console, il presente progetto era assai più vantaggioso, come quello che offriva una maggiore sicurezza per gli interessi austriaci -·ed aggiunse che dal momento che erano già state sottoposte le basi per la composizione dei tribunali misti, nonché gli esemplari stampati delle Regole di Procedura approvate dal Bey e dal Corpo Consolare, non poteva dirsi che il progetto fosse del tutto deficiente di dettagli.

Alla osservazione dell'Agente itaUano che il Signor Visconti Venosta obiettava contro la designazione dei Consoli generali come membri della Corte d'Appello, :e che egli stesso non si sentiva competente a funzionare come giudice, il Signor Wood replicò che i trattati italiani non provvedevano per la trattazione delle cause miste, :in conseguenza deHa quale omissione, e pel rifiuto del Bey di riconoscere la giurisdizione delle corti consolari, il Signor Pinna aveva a trattare in via diploma:tica col Governo tunisino tutte le questioni e controversie fra italiani ed indigeni. Quindi il Signor Wood domandava al Signor

Pinna se nel trattare diplomaticamente simili questioni, egli non si costituiva indirettamente come giudice, non essendo a supporsi che egli intraprendesse la trattazione e ,la definizione delle controversie senza essersi preventivamente reso conto del merito di ciascun caso a lui sottoposto per essere trattato e definito. Inoltre il Signor Wood non poteva vedere fondate obbiezioni alla proposta che i tre membri europei del tribunale di prima istanza fossero scelti fra 'i più rispettabili residenti, dal momento che già fin d'ora esisteva il sistema che ogni Corte Consolare fosse composta del Console o Giudice come pl'esidente e di due o più assessori. H Signor Wood ammetteva che il sistema proposto potesse ~essere imperfetto, egli riteneva però che fosse doveroso di farne equo esperimento per tre anni. 11 tempo e l'esperienza permetterebbero di modificarlo; ma in ogni caso qualunque fossero in apparenza le anomalie teoriche del sistema, questo egli poteva dire che esse scomparivano nella pratica, giudicando dai risultati già ottenuti dalla Commissione mista provvisoria, la quale dal luglio in poi, cioè in dieci mesi, aveva trattato e risoluto non meno di mille e cinquecento cause miste di importanza secondaria, che altrimenti avrebbero avuto a trattarsi diplomaticamente dai Rappresentanti britannico e francese col governo tunisino. Un risultato così altamente favorevole era tale da inspirare persuasione.

Venne finalmente deciso che il Signor Wood chiederebbe al generale Khereddin di fornire copia del Codice commerciale (turco) con quelle modificazioni che egli riputerebbe opportuno di suggerire per 'essere sottoposte ai Governi interessati.

La Gran Brettagna, la Spagna, il Belgio e l'Olanda avendo accettato la proposta riforma giudiziaria in principio, e l'Austria essendo volonterosa di cooperar:e col governo tunisino per mandarla ad effetto dopo ricevute più precise notizie, 'e H Rappresentante francese essendosi impegnato a raccomandarne l'adozione al proprio Governo, risulterebbe dal rapporto del Signor Wood che, ad eccezione deU'Italia, non esisterebbero in questa materia divergenze ~essenziali di opinioni fra le varie Potenze rappresentate a Tunisi, ma che vi ha poca probabilità di risolvere Ja questione, se i Governi di Francia, d'Austria e d'Italia non impartiscono ai propri agenti colà istruzioni definitive per norma della loro condotta. Sono per conseguenza incaricato dal Conte di Derby di chiamare l'attenzione di V. E. sovra questo affare e di pregare che sieno spedite istruzioni definitive all'Agente italiano a Tunisi per condurre ad una conclusione gli accordi relativi ana proposta riforma giudiziaria.

227

IL CONSOLE A LUGANO, GRECCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. S.N. Lugano, l giugno 1875 (per. il 3).

Ho ,l'onore di segnare ricevuta all'E. V. del favorito foglio politico S. N. Riservato del 28 maggio p.p. (1).

Il Tito Zanardelli unitamente al Lodovico Nabruzzi ha difatti con apposita circolare in data 11 Dicembre 1874 avvertito H pubblico che apriva in Lugano un'Agenzia Italiana di Commissioni ed Annunzii, e che intanto si proponeva di compHare una guida Storico-Descrittiva-Commerciale delle tre capitali del Canton Ticino. Per parecchio tempo i due soci s'occuparono molto della gestazione di quest'opera, il cui parto non incontrò il favore generale, sia pel merito 'intrinseco, perché scritta con istile... dell'avvenire, sia come lavoro di forestieri. In seguito il Nabruzzi andò per qualche tempo a scrivere nello studio dell'Avv. Battaglini; ed ora si occupano nuovamente insi,eme della guida precitata, della quaJe se ne vuol fare un'edizione francese. Il Zanardelli ha cercato inutilmente di avere una occupazione qualunque nella tipografia Veladèrre; anche per una sola Hra al giorno, ed il Nabruzzi spera a giorni d'essere impiegato come segretario di Redazione del giornale il Repub

bLicano.

Da qualche tempo giunsero effettivamente a Lugano altri profughi Italiani e precisamente quelli accennati nel precitato dispaccio dell'E. V.; e di questi il Baldrati e il Pezzi oziano tutto il giorno al Caffé del Teatro; il Ponzoni ha messo bottega da Calzolaio ed esperto com'è in quest'arte lavora moltissimo; Montini è ripartito per Luoerna.

Il noto Bakounine ed i francesi Arnold e Malon si vedc>no spesso fra loro ma non mi pare che leghino molto cogli Italiani.

In complesso io credo che non vi sia per ora nulla da temere da una emigrazione il cui pensiero maggiore deve essere quello di trovare un pane per l'indomani.

Anche il paese vede in generale, di mal'occhio questi rifugiati che non può sfruttare. Pochi giorni sono ebbi occasione di dare a questo soggetto le migliori e più dettagliate spiegazioni V'erbali al Prefetto di Como.

L'E. V. può star sicura che in ogni caso io non mancherò di informarla minutamente di quanto qui si fosse per tentare a danno dell'Italia e del suo Governo.

Inspirato aU'amore del mio paese ed alla tradizione del mio povero amico Chiora spero di sapermi mantenere all'altezza della mia missione, facendo anche il dovuto assegnamento sulla benevolenza che l'E. V. non tralascerà di accordare (1).

(l) Cfr. p. 251, nota.

228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Roma, 6 giugno 1875.

Mi valgo della partenza di Pantaleoni per Parigi per mandarvi alcuni documenti i quali, benché retrospettivi, vi possono interessare. Il rumore che si

è fatto in questi giorni, un po' nei Parlamenti ma molto nella stampa a proposito dell'azione esercitata dal Governo inglese a Berlino in favore della pace non mi sembra troppo ponderato. Importerebbe piuttosto evitare qualunque sentimento di reazione che si potesse svegliare in Germania contro l'apparenza di aver subito una pressione diplomatica. Io sono lietissimo di quanto ha fatto l'Inghilterra, ma le circostanze attuali consigHavano di fare e poi di non menarne vanto. La situazione è ora naturalmente migliorata. Ciò non toglie però che tutto quanto J:a Francia potrà concedere alla prudenza nella quistione militare e in quella clericale sarà di un grande beneficio per le guarentigie ancora tenerelle della tranquillità europea. Fui anzi soddisfatto di quanto vi disse il Duca Decazes intorno alla politica francese nella eventualità della vacanza della S. Sede. Un discorso tenutomi incidentalmente dal Marchese di Noailles, mi provò che il Duca Decazes aveva già mandato le sue istruzioni a Roma. Vi assicuro, del resto, che quanto vi scrissi intorno alla convinzione esistente presso alcuni Cardinali, ve l'ho scritto perché lo sapeva ,in modo positivo.

In un poscritto della vostra ultima lettera (l) voi mi chiedete che cosa 10 pensi del Cardinale Trevisanato Patriarca di Venezia. Ve ne scriverò in modo più definitivo e completo quando avrò le informazioni che ho cercato di raccogliere. Passava prima del 1866 per assai affezionato al Governo austriaco, dopo quell'epoca non fu considerato fra i Cardinali >liberali, ma fra i temperati e disposto in genere a portare della moderazione nei rapporti coi Governi. :Ll Duca Decazes ve ne ha parlato e ciò mi sembra degno di nota. Avevo sempre supposto non già per qualche prova ma per semplici indizii, che le predilezioni del Governo austriaco potessero essere pel Cardinale Trevisanato, ":! quelle del Governo francese pel Cardinal Riario-Sforza Arcivescovo di Napoli. I napoletani non parlano male del Cardinale Riario, lo considerano come uomo di intelligenza angusta e Hmitata, ma di animo reito e onesto. In alcuni circoli prelatizii qui a Roma si ritiene però ch'egli cadrebbe per certo sotto l'influenza dei GesuHi. Per me, credo che il suo regno sarebbe, come linea di condotta, la continuazione di quello di Pio IX. Ma per altre ragioni ancora vi confesso che ho deUe repugnanze per le probabilità papaH del Cardinale Riario. Come napoletano egli fu sempre molto devoto pei Borboni, la sua origine sociale gli dà un maggiore prestigio ed è a supporsi ch'egli sarebbe molto legato all'aristocrazia borbonica del mezzogiorno e col partito borbonico, senza aggiungere che questo complesso di circostanze costituisce un aumento di atomes crochus con molte influenze i,n Francia. Sono dunque disposto a credere che, nell'interesse italiano, H Cardinale Trevisana,to sia preferibile al Cardinale Riario-Sforza. L'avervi il Duca Decazes nominato il Patriarca di Venezia dà a credere che vi sia qualche scambio di idee fra il Governo austriaco e il francese anche sui nomi propri. Quando si tratta della persona che potrebbe essere eletta, voi comprendete che il successo per noi non può essere che di una natura molto relativa. Vi ho indicato le ragioni per le quali intravvedo con repugnanza la possibilità che il Cardinale Riario sia eletto, aggliungo ch'egli è fra i Cardinali uno di quelli che hanno Je maggiori probabilità, compresa

anche la probabilità di essere, in de:fiinitiva, favorito dall'influenza francese. Se il desiderio di un accordo coll'Austria, nella supposizione che questa abbia delle predilezioni pel Cardinale Trevisanato, contribuirà a togliere l'appoggio uffliciale francese al: Cardinale di Napoli, mi pare che noi non avremo che ad essere soddisfatti. E' probabi>Le che il Governo austriaco sia propenso a credere che il Cardinale Trevisanato sarebbe un Papa personalmente devoto all'Imperatore d'Austria e disposto a non creargli degli imbarazzi nell'Impero. Questi rapporti personali coll'Imperatore d'Austria sono per me il solo inconveniente che il Cardinale Trevisanato porterebbe seco; perché, quanto a noi e in tesi assoluta, se si potesse, in simile affare, credere in una tesi assoluta, pref,erirei la nomina di un Cardinale italiano, abbastanza temperato, di non molta notorietà e che non portasse seco un corredo già fatto di prestigio e di relazioni personali né in Francia, né in Austria. Ma su questo argomento vi scriverò di nuovo.

Vi ho scritto ieri intorno alla lettera di Luzzatti a Ozenne. Ho fatto sentire a Luzzatti prima che scrivesse che, trattandosi del Commissario di un altro Governo non si poteva, pel luogo del ritrovo, disporre di lui con troppa confidenza. Egli rinunciò dunque a indicargli il luogo dove si recherà ora per fare la sua cura, e gli dà il ritrovo per la metà di Luglio. Dite pure a Ozenne ch'egli è libedssimo di indicare quel luogo che meglio gli aggrada. Luzzatti gli fece sentire un suo desiderio di trovarsi in una campagna del Veneto ch'io non conosco e sulla quale non ho nulla a dire. Ma se Ozenne trova più comodo di trovarsi in una città potrebbe indicare Venezia che offre delle risorse durante la state, compresi i bagni di mare. Come pure, se preferisce la campagna, potrebbe indicare i laghi dove vi sono degli ottimi Alberghi.

Verrà probabilmente da voi, in questi giorni, il signor Erdan, corrispondente da Roma del Temps. É uno scrittoTe distinto, scrive le sue lettere in un senso favorevole al Governo. Lo raccomando alla vostra accoglienza.

(l) Annotazione marginale: «Interno 26 giugno».

(l) Cfr. n. 204.

229

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Roma, 6 giugno 1875.

Ne' passati giorni ebbi altri colloquii con alcuno dei membri del Sacro Collegio. Secondo gli intendimenti espressimi da voi, feci intendere come il Governo francese sarebbe lungi dal gradire che il futuro conclave si tenesse sul territorio della 'repubblica. Parvemi che questa comunicazione fosse accolta non senza sorpresa, e mi fu soggiunto se il Governo Italiano era ben certo che tutti i Ministri del Gabinetto francese avessero in proposito il medesimo sentimento, potendo darsi che le opinioni del Duca Decazes, appartenente alla scuola liberale, non fossero partecipate da tutti i colleghi di lui. Poi mi si accennò di nuovo a trattative iniziate dalla Germania con altre potenze per intendersi circa il futuro conclave, trattative che si credevano rimaste vuote d'effetto. E non mi si tacque come si pensi in Vaticano che oramai la Germania non voglia curarsi più di influire nella elezione del succesSOTe di Pio IX, e voglia, invece, profittare di essa, quando ne abbia opportunità e convenienza, per provocare la istituzione di una chiesa nazionale anche rispetto alla credenza cattolica.

Quanto alle cose di Roma, mi fu confermato nulla essere predisposto, nulla potersi prevedere in ordine al futuro conclave. Tutto dover dipendere dalle circostanze, dalla convinzione che il Sacro Collegio abbia di avere assicurata la sua libertà, dal trovare prontamente il modo di stabilire in questa città una sede acconcia per radunarsi e deliberare, secondo le convenienze e secondo le discipline vigenti. Io non lasciai di osservare che il Governo italiano era senza dubbio in grado di guarentire nel modo più completo e assoluto la libertà del Conclave, e che, quanto al locale, sarebbe, al certo, più malagevole trovarlo altrove che in Roma. Qui mi si fece cenno de' conventi collocati sullo Aventino come quelli che sembravano acconci al bisogno. Ed io replicai che da un'opera di Francesco Cancellieri stampata in Roma nel 1823 (Notizie storiche deLle stagioni e dei siti diversi in cui sono stati tenuti i conclavi nella città di Roma) risulterebbe che la canor.ica eretta da Pio VI presso la sagrestia vaticana offra tutte le comodità necessarie, tanto che potrebbe parere edificata a tal fine. Si conchiuse che avrei comunicato quest'apra e anche la pianta della canonica.

La salute del Santo Padre è ottima. Invece quella del Cardinale Antonelli è assai compromessa.

230

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 366. Vienna, 7 giugno 1875 (per. il 10).

E' ufficialmente annunciato che S.A. Imperiale e Reale l'Arciduca Alberto,

nel recarsi prossimamente ai bagni di mare in Francia, si porterà a visitare

a Ingenheim S. M. l'Imperatore di Russia, ed a Ems S. M. l'Imperatore di Ger

mania. Questa notizia venne accolta qui nei fogli e nei circoli, che simpatiz

zano colla politica fin qui seguita dall'Austria, con molto compiacimento.

Giovami del pari riferire all'E. V. che l'attitudine piena di perspicacia e di

squisito tatto, colla quale il Conte Andrassy ebbe, senza esitazione, a declinare

in modo assoluto di associarsi in qualsiasi maniera ai passi, che l'Inghilterra

credette fare a Berlino, a guarentigia della conservazione della pace, fece ottima

impressione nei circoli politici di questa Monarchia, ed anzi nell'opinione

pubblica in generale.

Il Conte Andrassy affettando, in questa circostanza, di non voler neppure

per un istante porre in dubbio le pacifiche assicurazioni, poco prima date

all'Ambasciatore Imperiale a Berlino, e quindi di avere l'assoluto convinci

mento che i pericoli di guerra esistevano soltanto nelle riscaldate fantasie

dei giornalisti, fece più opera lui di pace col silenzio, di chi credette dover fare

sentire consigli, senza avere i mezzi di appoggiarli. Tale è il giudizio che in

generale i più riputati periodici dell'Austria portano sull'operato del Primo Ministro Austro-Ungarico durante la recente crisi. Al mio Collega di Berlino, meglio che a me, sta l'apprezzare l'impressione colà prodotta dall'attitudine del nobile Conte: restringendomi alla parte che a me spetta, devo dire, ch'essa accrebbe di molto il suo prestigio qui, poiché sta di fatto che in questa circostanza Egli seppe, coll'oppQrtuno silenzio, cogliere gli allori, a cui altri agognavano, facendo un chiasso, che inopportuno pel momento, potrebbe non essere senza pericoli per l'avvenire.

231

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 254. Pietroburgo, 8 giugno 1875, ore 20,25 (per. ore 9,35 del 9).

Je crois de mon devoir d'appeler votre attention sur la grande opportunité qu'il y aurait d'envoyer une mission militaire ici pour le prochain camp des manceuvres. Toutes les grandes puissances, outre leurs représentants militaires, envoyent une mission exprès en cette circonstance, surtout France, Autriche, Allemagne, car l'Empereur en est personnellement flatté. Les officiers étrangers sont tous défrayés par la Cour Impériale pendant leur séjouT au camp. L'arrivée d'une Mission tialienne composée d'un offioier supérieur et d'un aide de camp ferait ici la meilleure impression.

232

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2197l 514. Londra, 11 giugno 1875 (per. il 14).

Lord Derby mi ha discorso ieri sera della voce divulgatasi che il Conte Schouvaloff, Ambasciatore di Russia, avesse, con buona speranza di riuscita, insistito perché l'Inghilterra partecipi alle ConfeTenze in Pietroburgo sui diritti e doveri dei Belligeranti. • Questa voce, -mi disse il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, -è stata propalata dalla stampa tedesca e per mire sue che hanno sempre attinenza all'ultima azione diplomatica dell'Inghilterra in Berlino. Il fatto si è che nulla è venuto a mutare i proponimenti del Governo della Regina; né muteranno; né il pubblico, che ha chiaramente ed energicamente palesato il suo volere, consentirebbe a un mutamento. Quella voce è, pertanto, assolutamente falsa, ed il Conte Schouvaloff non mi ha mossa una parola su di quell'argomento. I nostri rapporti, per altro, con la Russia sono ottimi; ma codesta cordialità maggiore adesso che mai non ci ha in nissun modo né per nissuna parte vincolati; e se abbiamo agito a Berlino in un senso medesimo, fu solamente perché i nostri interessi e le nostre intenzioni trovaronsi a essere in quella occasione concordi ».

Ogni incidente nei rapporti fra la Gran Bretagna e l'Impero Russo essendo qua nei circoli diplomatici attentamente osservato, e ogni notizia anche dei giornali essendo argomento di contrarj giudizj a seconda delle diverse simpatie, ho creduto di dover ripetere all'E. V. quelle parole del Conte di Derby.

233

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1490. Berlino, 11 giugno 1875 (per. il 18).

Du moment où de prétendues exigences parlementaires ont induit Lord Derby, dans sa réponse à l'interpellation de Lord John Russell, à soulever un coin du voile jeté jusqu'alors sur les incidents de la dernière crise, il était à prévoir que ces révélations produiraient un effet pénible à Berlin. Le Chef du Foreign Office s'est efforcé de tenir la balance égale entre l'Allemagne et la F'rance, mais sans trop y réussir, et il résulte de l'ensemble de son discours que les conseils pacifiques étaient plutòt à l'adresse de la première de ces Puissances. Ici au contraire on continue d'affirmer que ce sont les armements de la France qui étai·ent de nature à provoquer quelque inquiétude, tandis que l'Allemagne ne songe qu'à se prémunir contre des attaques. Il est positif que le Prince de Bismarck est très-irrité d'avoir été soupçonné de vouloir troubler la tranquillité générale, et que l'Angleterre aussi bien que la Russie se donnent l'air d'avoir conjuré les dangers de la situation. Il déclare que s'il a eu des sentiments de défiance à propos de la loi des cadres, il n'avait aucune arrière-pensée belliqueuse, et que des communications dans le genre de celles qui ont été faites à la Chambre des Lords servent bien plus à augmenter qu'à calmer les inquiétudes. Mieux eut valu suivre l'exemple du Cabinet Austro-Hongrois dont l'abstention a été si méritoire.

Il est vraiment regrettable que les sages conseils donnés par le Prince Gortchakow de ne rien ébruiter, n'aient pas été écoutés plus à la lettre. La vérité ne reste pas moins incomplète pour l'opinion publique, car les journaux en deçà et au-delà du Rhin s'appiiquent à la dérouter, en sorte que bien loin de se trouver en présence de faits lumineux, ene n'a qu'à choisir entre les crépuscules. D'un còté il existe un vif mécontentement d'avoir été traduit en quelque sorte à la barre de l'opinion publique dans une affaire où le Cabinet allemand croit avoi·r la conscience nette. D'un autre còté, les offres de médiation anglaises à Berlin, et l'attitude de la Russie réveillent l'espoir de la France qu'elle peut compter sur des alliés en Europe. Ce sont là des illusions qui pourraient lui couter cher. Rien ne prouve encore que la dernière démarche de l'Angleterre, démarche écartée au reste par une fin de non recevoir, soit le point de départ d'un ròle plus actif et important dans les affaires européennes. Lord Derby luimème en expliquant la portée de son intervention, lui a enlevé le trop grand crédit qu'on était d'abord disposé à lui attribuer. La Russie très-forte déjà sur la défensive, a besoin de plusieurs années avant d'avoir préparé une armée en état de porter la guerre chez ses voisins. L'Autriche elle aussi ne peut y songer avant que l'reuvre de son organisation militaire soit arrivée à terme. Si dans l'intervalle

l'Empereur François-Joseph voulait s'écarter d'un ròle qui ressemble un peu pour le moment à celui de Lépidus dans le fameux triumvirat Romain, ce serait sans chance de succès, aussi longtemps du moins que le Cabinet de Saint Pétersbourg ne sera pas dans les conditions de force voulues pour tenir rete ouvertement au Cabinet de Berlin.

On ne croit pas généralement que le Prince de Bismarck eiìt l'intention bien arr,etée d'envahir à main armée la France. Le jour où il s'y résoudra, il le fera avec la meme précipitation que dans la guerre de 1866 contre l'Autriche, afin de ne pas donner à l'Europe le temps de se concerter. Ce qu'il voulait, c'était de maintenir en éveil l'Allemagne sur des éventualités presque certaines et dont le terme se rapproche dans la mesure que progressent les armements en France. Le moment de la lutte se présentera avant que ces armements aient atteint l'apogée, et on compte bien ici qu'alors, comme en 1870, cette Puissance restera dans l'isolement et qu'ainsi les chances d'une guerre localisée tourneront une fois encore en faveur de l'Allemagne. Il faut aussi faire une large part à un caractère, comme celui du Chancelier, livré à des mouvements incohérents de caprice, de violence et d'obstination. La passion chez lui obscurcit souvent la raison. Ses nerfs malades sont très excités surtout par le conflit ecclésiastique. Les mesures législatives les plus sévères n'ont pas dompté la résistance passive du Clergé catholique. Poursuivi par le cauchemar de l'Ultramontanisme, le Prince de Bismarck voit dans chaque Etat qui n'adopte pas l'attitude du Cabinet de Berlin un ami tiède ou un adversaire déclaré. Il est hanté par l'idée d'une ligue catholique que le Vatican travaillerait à former contre l'Allemagne. De là nait l'irritation de la presse qui reçoit le mot d'ordre. Les soupçons lancés, tantòt contre l'Autriche et l'Italie au moment de l'entrevue de Venise, tantòt contre la Belgique, meme contre l'Angleterre pour sa tolérance confessionnelle en Irlande, et surtout contre le Gouvernement du Maréchal Mac Mahon n'ont pas d'autre cause. Le Gouvernement étant l'instrument principal de cette réaction ultramontaine, c'est à lui que s'en prennent de préférence les journaux officieux qui, allant peut-ètre au-delà des intentions de celui qui les inspire, prèchent contre la France une troisième guerre punique.

Voici quelques détails rétrospectifs. L'Empereur Guillaume durant son séjour à Wiesbaden avait été tenu dans l'ignorance la plus absolue sur les dangers de la situation, sur le langage menaçant de la presse. Ce fut la Grande Duchesse de Bade, Son Auguste Fille, qui se fit un devoir d'appeler son attention à ce sujet. Sa Majesté en témoigna de la surprise et du mécontentement au Prince de Bismarck qui fit d'abord mine de résister, et qui n'insista pas davantage quand Sa Majesté lui rappela qu'elle ne voulait plus de guerre sous son règne, et qu'elle devait d'ailleurs marcher d'accord avec la Russie. C'est alors que le vent aurait tourné ici d'une manière subite.

Dans ces conditions le maintien de la paix offre-t-il des garanties bien solides? Je n'oserais l'affirmer après les expériences de 1866 et 1870. A ces deux époques le Rol de Prusse protestait aussi, en parfaite bonne foi, de ses vues pacifiques, et il n'a pas moins été entrainé dans la lutte. Le fait est que lorsqu'on demande l'avis des personnes les plus sensées, elles vous répondent que pour cette année les appréhensions d'une guerre imminente ont disparu. Elles n'osent se prononcer pour un plus long terme.

234

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Berlino, 11 giugno 1875.

J'ignore quel est l'auteur des correspondances datées de Munich qui paraissent depuis quelques années dans la Perseveranza. Mais il résulte clairement qu'elles sont rédigées avec un esprit de clocher, avec des tendances particularistes des plus prononcées. Il y paru une sourde animosité contre le Cabinet de Berlin. Celui-ci en plus d'une circonstanoe en a pris acte par ses journaux officieux, en laissant entrevoir que de tels articles étaient inspirés par notre Légation en Bavière. C'est là sans aucun doute une supposition absurde, car ce serait nous contredire nous-mèmes que de nous montrer à Berlin partisans de l'unité alLemande, et de manifester en mème temps des idées séparatistes à Munich, lors mème qu'elles soient en vogue dans certaines régions de la Bavière.

Quoi qu'il en soit, il est de mon devoir de ne pas vous laisser ignorer ad ogni buon fine que ces correspondances ont produit ici un mauvais effet. Elles ont cessé après le départ du Comte Greppi. C'est là une coincidence fortuite, car ce collègue avait trop de tact pour se prèter à un double jeu politique. L'intérim est entre bonnes mains. Je connais avantageusement le Comte Zannini depuis de longues années; je ne doute pas que, si vous songez à nommer un successeur au Comte Greppi, vous saurez faire un bon choix. Mais j'avoue que si, contre toute attente, ce successeur laissait planer sur son attitude le soupçon que ses sympathies et ses actes fussent en opposition divecte avec la ligne de conduite que j'ai l'instruction de suivre ici, je n'hésiterais pas à vous demander son changement et mème la suppression de la mission. La Bavière n'a qu'une importance relative. C'est un appendice, selon le cours des événements ou du Cabinet de Vienne ou de celui de Berlin. Elle fait maintenant partie du nouvel Empire, et il ne nous appartient pas de chercher, sur place, à la jeter dans un autre courant. D'ailleurs ce serait un jeu très dangereux, car on ne tarderait pas à le découvrir. J'estime aussi que nos légations à l'étranger doivent se tenir en dehors de tout contact avec la presse. Ses correspondances sont souvent très compromettantes, agissent moins par conviction que par l'appàt d'une rétribution en argent, ou d'une distinction honorifique. Ils frappent mème souvent à plusieurs portes et par sottise ou vanité ils trahissent la source de leurs nouvelles. S'ils en donnent à leur tour, elles sont fort sujettes à caution. Ce n'est pas là en tous cas une manière bien sérieuse de faire les affaires.

Je ne vous parle pas d'autres sujets, mon cher Ministre, puisque vous prenez le parti de ne pas répondre à mes lettres particulières. Vous opposez la force passive à mes raisonnements. A vous la responsabilité. L'avenir prouvera qui des deux avait raison. Avant 1870 j'ai longtemps préché dans le désert. Les événements ont fini par me donner raison. Maintenant que j'invoque des arguments à mon avis irréfutables pour certaine question laissée en suspens, vous gardez le silence, et me laissez dans une position intenable. Vous ne tenez pas meme compte de mes recommandations pour une promotion du Chevalier Tosi, promotion si souvent pTomise. Vous avez l'air de sacrifier le véritable mérite à des influences parlementaires qui soutiennent M. de Martino qui n'a été cependant placé à Londres qu'après deux ou trois ans de disponibilité. A force de ménagements pour M. de Martino on ,entrave l'avancement de ceux qui le valent mille fois par le talent et le caractère. Il ne peut rien sortir de bon de cette stagnation. Chacun se dira qu'il faut tourner les talons à une carrière où le mérite empikhe peut-etre de reculer, mais ne permet pas d'avancer.

Pardon de cette discussion qui est toute dans l'intéret du service que vous avez à coeur autant que qui que ce soit, mais je ne sais ce qui vous empeche de faire acte d'autorité.

Le Chevalier Tosi étant absent pour cause de maladie de sa mère, et le Marquis d'Albertas partant demain en congé, je ne puis quitter la Légation avec un personnel réduit au Chevalier Tugini et à moi. Il faut etre au moins à deux et meme doués de bonne volonté pour suffire à la besogne.

235

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 263. Madrid, 12 giugno 1875, ore 15,30 (per. ore 21).

Je viens d'€tre reçu par Sa Majesté à qui j'ai eu l'honneur de remettre avec le cérémonial d'usage, les lettres royales de créance (1).

236

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALE 31. Pietroburgo, 12 giugno 1875 (per. il 23).

Il Signor di Stremoukoff abbenché avesse ottenuto, come ho già avuto l'onore di riferire a V. E., un congedo di sei mesi ch'egli si propone di spendere nelle sue terre, rimane tuttavia a Pietroburgo per alcuni suoi privati interessi e il Barone di Jomini non manca di spesso consultarlo e valersi della

• Dopo di che, avvicinatosi a me, chiese con premura notizia del nostro Augusto Sovrano e mi diresse alcune domande sul modo col quale avevo compiuto il mio viaggio per evitare i Carlisti e sulle grate impressioni restate di una· sua escursione fatta pochianni sono a Venezia. Presentatogli il conte Maffei ed il cavaliere Franchetti, diresse loro frasi gentili, specialmente esprimendo al primo il suo rincrescimento per la vicina sua partenza da Madrid.

All'uscire dalla udienza reale, guidato dal Ministro di Stato, fui a presentare i miei omaggi alla Principessa delle Asturie la quale ci fece sedere a lei d'intorno, trattenendosi in lingua Italiana ed in modo famigliare ».

grande perizia che egli ha degli affari del Ministero. Ultimamente ho avuto

con lui una conversazione del tutto confidenziale ed intima di cui stimo utile

ragguagliare l'E. V.

Dopo avermi detto che nonostante l'avvenuta morte del Signor Westmann

le cose rimarranno al Ministero nello stato provvisario in cui sono fino al

ritorno del Principe Gortchakoff, proseguì in questa guisa:

c C'est alors seulement que ma position sera définie et qu'on prendra une résolution décisive sur mon compte. J'ai fait pour ce qui me concerne toutes les concessions qui sont compatibles avec ma dignité et je ne suis plus disposé à aller au delà. Ce qui me cause un bien vif plaisir au milieu de toutes mes contrariétés, c'est le témoignage presque unanime du Corps Diplomatique étranger en ma faveur, car, notez bien qu'on avait allégué, dans le but de me faire du tort, que j'étais très mal avec vous tous. On prétend aussi que je suis victime du ressentiment de l'Allemagne pour la non réussite de la mission de M. de Radowitz. Mais il me répugne de le croire, car M. de Bismarck devrait bien savoir que si j'ai dù décliner les offres et les propositions séduisantes de son mandataire, je ne faisais pas, en agissant ainsi, une politique personnelle et je ne pouvais etre dans une question si délicate que l'organe de tout le Cabinet Impérial •.

Non avendo potuto contenere la mia sorpresa in udir ciò ed avendo ricordato al mio interlocutore come egli stesso mi avesse detto più volte di esser stato contento della missione del Signor di Radowitz e di essersi inteso peTfettamente con lui, il Signor di Stremoukoff, abbassando la voce ed in tuono alquanto misterioso, riprese così il suo discorso: Oui, c'est bien vrai, nous

c

nous sommes entendus parfaitement ensemble aussi longtemps qu'il s'est agi de discuter les petits incidents qui étaient survenus en Orient et surtout la malheureuse question de préséance entre les Consuls étrangers à Belgrade; mais lorsque dans les derniers jours qui ont précédé son départ M. de Radowitz a voulu découvrir ses batteries et nous inviter à lui dire franchement ce que nous désirions en Orient et s'il n'y avait rien qui puisse nous tenter de ce còté là, c'est alors que j'ai dù lui répondre que nous ne voulions rien absolument rien. Et c'est alors que je ne dirai pas la mésintelligence, mais la froideur est arrivée et il n'est pas parti très satisfait du résultat de sa mission •.

A questo punto lo interruppi, dicendogli: mais alors, vous croyez qu'à

c

cette époque le Cabinet de Berlin était vraiment décidé à faire la guerre? • c Non seulement je le crois, mi rispose il Signor Stremoukoff, mais j'en suis convaincu, autrement quel autre sens pourrait on attribuer aux propositions qu'il nous faisait? Mais pour revenir à ma question personnelle je vous répète qu'il serait absurde de la part de la Prusse de me rendre responsable de la politique pacifique et désintéressée que poursuit le Gouvernement Russe et qu'il avoue hautement. Je ne le crois donc pas; mais, comme il n'y a pas de fumée sans feu, je pense qu'à Berlin on est assez mécontent du grand rapprochement qui s'est opéré entre la Russie et l'Autriche, rapprochement auquel j'ai travaillé de toutes mes forces. En effet du moment que la Russie et l'Autriche ont sincèrement désavoué toute arrière pensée de conquete et de prépondérance exclusive en Orient, quelle raison y avait-il de continuer à se bouder

et d'avoir toujours besoin d'un intermédiaire d'un oracle à consulter, lorsque l'entente directe devenait si facile? Mais M. de Bismarck aime assez le 'role d'oracle et d'arbitre! •.

Da tutto questo risulterebbe chiaro a parer mio: l) Che vi fu un momento in cui il Gabinetto di Berlino meditò seriamente di romper la guerra colla Francia.

2) Che la Russia tiene moltissimo all'amicizia della Germania, ma che non sarebbe disposta a sagrificare ad essa la pace dell'Europa e che non desidera la totale rovina e l'annichilimento della Francia.

3) Infine che la Russia è soddisfatta di quanto ottenne in Oriente nel 1870, la rescissione cioè della clausola del trattato di Parigi che più le pesava e non intende andar oltre.

(l) Si pubblica qui un brano del r. l di Greppi del 13 giugno, relativo alla presentazione delle credenziali.

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 13 giugno 1875.

Ho poco a scrivervi col corriere d'oggi e poco tempo anche per scrivervi condannato come sono da dieci giorni a passare sei ore della giornata nella stufa calda della Camera.

Ciò che si riferisce all'azione diplomatica spiegata a Berlino in favore della pace appartiene ormai al passato. Deploro il chiasso fatto in Inghilterra perché tutto quanto poteva sollevare in Germania un sentimento di reazione contro anche una semplice apparenza di pressione diplomatica non giovava certo alla causa della tranquillità europea. È però una esagerazione, a mio avviso, il dire che le inquietudini che si manifestarono allora erano affatto infondate e gratuite. Il cielo, per verità, non era così azzurro. I rapporti che mi mandava il Conte De Launay non erano molto rassicuranti. Il Maresciallo Moltke teneva il linguaggio il più esplicito nel senso che se gli armamenti della Francia continuavano, era d'uopo prevenirla. Un dispaccio confidenziale, è vero, ma di cui forse il Principe Hohenlohe diede lettura al Duca Decazes esprimeva questo pensiero che difficoltà speciali fra la Germania e la Francia non esistevano ma che gli armamenti di quest'ultima impedivano alla Germania di credere alle sue intenzioni pacifiche. Fra noi dunque, io sono piuttosto propenso a credere che non sia stato male che il desiderio e l'interesse dell'Europa per la pace siano stati manifestati, ma mi affretto a soggiungervi che, a mio avviso, chi poteva farlo con efficacia vera e senza alcun inconveniente era l'Imperatore Alessandro nell'occasione della sua visita a Berlino. Sono convinto che nelle vere e intime intenzioni della Russia sono da trovarsi le maggiori o minori guarentigie della pace.

Quanto a noi, ecco ciò che abbiamo fatto. In risposta alla domanda del Governo inglese di associarci ai passi ch'esso stava per fare a Berlino, dissi al Ministro d'Inghilterra che il Conte De Launay aveva già da tempo avuto le istruzioni di esprimere, quando gli si presentavano le occasioni favorevoli, il vivo interesse che poneva l'Italia alla conservazione della pace, che non avevo difficoltà a conferma-rgli queste istruzioni e a informarlo anche che il Governo francese aveva creduto in quei giorni di farci pervenire la dichiarazione ufficiale delle intenzioni pacifiche della sua politica. Ma che ci saremmo astenuti da una déma1·che ufficiale perché il linguaggio tenuto a Berlino al Conte de Launay era sempre stato pacifico, sopratutto ci saremmo astenuti da quanto poteva avere l'apparenza di una démm·che concertata e collettiva perché avevamo la convinzione che ciò non sarebbe opportuno e avrebbe piuttosto nociuto che giovato allo scopo.

L'annesso che unisco a questa lettera (l) vi informerà sulla condotta di De Launay a Berlino.

L'impressione a Berlino intorno alla nostra attitudine fu buona e Keudell ebbe l'ordine di ringraziarci. A noi era difficile di <rispondere colla fin de non recevoir così assoluta del Conte Andrassy. La convinzione che la politica dell'Italia è essenzialmente d'ordine e di pace è la base della nostra buona situazione internazionale e della libertà stessa che finora la nostra politica ha saputo mantenere. Una repulsa pura e semplice avrebbe fatto nascere il sospetto che l'Italia non era più libera di parlare in favore della pace. Inoltre era la prima volta che l'Inghilterra si rivolgeva all'Italia come a una grande potenza e non giovava forse respingere quasi duramente questo passo. Nel fondo però, se non nella forma, la nostra condotta e il nostro modo di giudicare la situazione si accostarono a quello del Conte Andrassy.

Passo a un altro argomento del quale mi avete scritto. Il rapporto del R. Console a Trieste sul ricevimento del Console Pontificio lo ricevetti a Venezia ed allora vi dissi che lo aveva ricevuto. La vostra impressione però che fu anche la mia, era che non conveniva far sentire al Conte Andrassy un reclamo che contrastava ed avrebbe un poco turbato la serenità di quei giorni. Debbo aggiungervi che a Fiume, al ritorno dal viaggio di Dalmazia, l'Imperatore ricevette il Corpo Consolare e che l'antico Console Pontificio di colà non comparve al ricevimento. La cosa è vecchia ormai. Pure voi avete letto le mie risposte alla Camera nel resoconto ufficiale in extenso. Senza negare il fatto che era vero non l'ho neppure ammesso e ho fatto un poco a fidanza con quei riguardi personali che la Camera mi usa. Ma se credete di fare qualche allusione ancora col Conte Andrassy potete fargli osservare la buona volontà di cui feci prova nella discussione e l'assoluta convenienza che simili inconvenienti non si rinnovino.

Chiudo la lettera per andare alla Camera. Oggi si voterà e la vittoria è tutt'altro che certa.

238

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2. Madrid, 13 giugno 1875 (per. il 19).

All'uscire dall'udienza reale mi recai, com'è uso, a fare la mia prima visita ufficiale al Ministro di Stato, Signor de Castro. Cadde tosto il nostro discorso

sul Nunzio il quale era da lì uscito poc'anzi. Il Ministro, mentre mi tessé gli elogii dei meriti personali di Monsignor Simeoni, si espresse assai acremente sul contegno serbato dalla Curia Romana verso il Governo del Re Alfonso, accusando quella, e non risparmiando la persona di Pio IX, di eccitare sempre più il fuoco della guerra civile.

• Non s'aspetti •, disse il Signor de Castro, • la Sede Apostolica, concessioni di sorta dalla Corte di Spagna se prima essa con una formale dichiarazione, non avrà ingiunto al Clero Spagnuolo di ammettere senza reticenza alcuna, per suo legittimo Re, Alfonso XII •.

Il disgusto del Governo Spagnuolo contro l'atteggiamento della Curia Romana, mi venne confermato anche da parte d'altri aderenti del Re Alfonso e già sui fogli pubblici discutesi la probabilità della partenza del Nunzio, avvenimento però ch'io reputo assai remoto.

Sembra che Monsignor Simeoni lasci sperare un cambiamento di sistema nella politica seguita dal Vaticano riguardo alla Spagna, solo nel caso che questo Governo proclami l'unità religiosa e restituisca al Clero il danaro da lui reclamato.

P. S. -Qui unisco una lettera particolare per V. E. (1).

(l) Non pubblicato.

239

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 32. Pietroburgo, 13 giugno 1875 (per. il 19).

I giornali esteri specialmente i clericali e tra questi l'Univers di Parigi, hanno grandemente magnificato ed esagerato l'importanza di alcuni recenti accordi intervenuti tra il Governo Imperiale di Russia e la Santa Sede.

Ecco di che si tratterebbe secondo ciò che mi è stato detto dal Barone Jomini, appositamente da me interpellato su tale argomento. Esiste qui in Pietroburgo da molti anni un Collegio ecclesiastico composto di delegati di tutti i Vescovi cattolici dell'Impero.

Le attribuzioni di questo consesso non erano ben definite, ma consistevano in massima parte nel regolare materie d'indole amministrativa e disciplinare d'interesse comune della Chiesa Cattolica in Russia. La Sede Pontificia riputando che quel Collegio non solo fosse una ruota inutile e spesso anche d'inciampo nelle relazioni fra i Vescovi ed il Papa, ma che subisse troppo l'influenza del Governo centrale non aveva mai voluto riconosceTlo e lo aveva perfino interdetto.

Ultimamente però la Curia Romana si mostrò più proclive a miti temperamenti e disposta a regolare la posizione anormale in cui trovavasi il Collegio ecclesiastico. Dietro reciproche concessioni è stato stabilito d'accordo che il Papa da un canto toglierebbe l'interdetto e dall'altro che le attribuzioni del Collegio verrebbero limitate alla trattazione di materie puramente amministrative.

Dopo avermi detto questo il Barone di Jomini soggiungeva: c Vous voyez bien que de là à nous embrasser, comme on prétend, avec la Curie Romaine il Y a bien loin. Nous agissons avec elle comme quelqu'un qui a épousé une femme acariàtre avec laquelle il est destiné à vivre bon gré mal gré. Il faut la prendre comme elle est, tantòt la battre tantòt la radoucir. Du reste vous en faites de mème •.

Avendogli detto che speravo che l'attuale riconciliazione non andrebbe fino al punto di produrre il ristabilimento delle relazioni ufficiali tra la Russia e la Santa Sede, H Barone Jomini mi rispose subi,to: c Nous n'y songeons nullement; bien loin de là nous tàchons de faire disparaitre les dernières traces de ces rapports à Rome. Il n'y reste à présent que M. de Capnist, qui n'a aucun caractère officiel et que nous laissons voyager souvent et mème il n'y restera plus longtemps •.

(l) Annotazione marginale: • consegnata •.

240

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2523. Parigi, 14 giugno 1875 (per. il 17).

Per mezzo del corriere Villa ho ricevuto il dispaccio di questa Serie n. 162, dell'8 corrente (1), col quale l'E. V. mi fece l'onore di comunicarmi la corrispondenza confidenziale del Ministro di Sua Maestà a Berlino, scambiatasi nello scorso mese di maggio.

Ringrazio l'E. V. di questa interessante comunicazione che mi mette in grado di formarmi un giudizio esatto intorno alle circostanze in cui si produsse la crisi politica, ora passata, ed intorno alle conseguenze future di questo fatto. Non v'è dubbio che il linguaggio gravissimo tenuto a Berlino da funzionarii di primo grado dell'esercito germanico, e non contraddetto, anzi confermato da quel Ministero degli affari esteri, fu la causa determinante della crisi, giacché quel linguaggio riferito ai vari Gabinetti, e trapelato e commentato nella stampa, produsse dappertutto, forse in modo esagerato, l'impressione che si sa. Più tardi quel linguaggio fu attenuato ed anzi un linguaggio assolutamente pacifico fu tenuto a Berlino dallo stesso Imperatore di Germania, dal Principe di Bismarck e dal Signor di Biilow, e in Europa dai rappresentanti germanici. Ma intanto i Gabinetti di Pietroburgo e di Londra profittaTono abilmente dell'errore commesso a Berlino e si attribuirono dinanzi al mondo una vittoria acquistata senza fatica, la quale giova alla loro riputazione non meno che alla sicurezza della Francia.

Quest'ultima dev'essere soddisfatta della soluzione della crisi, e il Duca Decazes raccolse in quella occasione il frutto della sua prudenza politica. Però la Francia, ed è questo il consiglio che mi permisi di dare al Duca

Decazes, deve usare modestamente del successo, e raddoppiare di prudenza e di riserva.

Fra i documenti che l'E. V. mi comunicò, trovai pure un rapporto confidenziale intorno a' lavori militari in Savoja. Nel ringraziarla anche di quella comunicazione della quale terrò buona nota, devo però osservare che i fatti contenuti in quel rapporto mi sembrano esagerati. Il Generale de Cissey, Ministro della Guerra, mi disse, or non è molto, che convinto com'egli era che una guerra fra l'Italia e la Francia era cosa improbabile ed in ogni caso non imminente, aveva ordinato di moderare, nell'importanza e nel tempo di esecuzione, i !avari che il genio militare aveva suggeriti dopo la guerra sulla frontiera che prospetta all'Italia. Mi pare quindi che i fatti e gli apprezzamenti del rapporto di cui parlo abbiano bisogno di controllo e di conferma.

Mi pregio di restituirle qui, secondo le Sue istruzioni, tutta la corrispondenza comunicatami col dispaccio a cui ho l'onore di rispondere.

(l) Non pubblicato.

241

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 14 giugno 1875.

Vi ringrazio d'avermi comunicato la corrispondenza, molto interessante, di De Launay. Convengo con voi che bisogna rallegrarsi dell'azione esercitata dall'Inghilterra, ma che non giova il menarne vanto soverchio ed irritare inutilmente il Gabinetto di Berlino. Io consigliai il Duca Decazes ad usare con modestia del vantaggio acquistato e a raddoppiare di prudente cautela. A vero dire, mi pare che questo sentimento prevalga qui non solo nelle sfere ufficiali, ma anche nella stampa, ed io me ne rallegro come d'un favorevole indizio.

Non credo che l'Austria abbia fatto parola al Gabinetto di Versaglia del Cardinale Trevisanato. Le simpatie di Decazes in caso di Conclave, erano finora pel Cardinale di Napoli. Ma io misi in avvertenza il Ministro francese sugli inconvenienti e sulle difficoltà che trarrebbe seco la nomina di un Papa legato coi Borboni di Napoli. Ed a questa oc,casione Decazes domandò a me giunto di fresco da Venezia, che cosa io pensassi di quel patriarca. Ecco come nacque il discorso. Ma ripeto, non credo che finora il nome del Cardinale di Venezia sia stato pronunciato fra i Gabinetti di Vienna e di Versaglia. Lo credo tanto meno, Quanto più so che Decazes è mediocremente soddisfatto dell'AustDia e si lagna dell'attitudine e del linguaggio di Andrassy rispetto alla Francia. Hanno anche riferito a Decazes che Robilant si mostra ostile alla Francia. Ma io lo posi in avvertenza contro informazioni che possono essere interessate e quindi sospette. Forse crederete utile, ora che la Francia sarà rappresentata a Vienna da un uomo che passa per essere intelligente, attivo, non tollerante, e clericale, il mettere sull'avviso il Conte di Robilant per norma sua. Quando sarà tempo, e se avete di già qualche nome in vista per la candida,tura papale,

forse non sarà senza vantaggio ch'io faccia qui qualche diligenza privata nel senso che vorrete indicarmi, sia in via d'esclusione, sia in via di proposta. Non ho certo la pretesa di far adottare dalla Francia i candidati nostri, ma posso agire entro certi limiti sullo spirito del Duca Decazes, il quale sa che nel parlargli di questo argomento sono unicamente sospinto da un interesse che credo comune alla Francia ed all'Italia.

Ho visto Erdan, ed anzi l'ho introdotto presso Decazes.

Ricevo oggi un dispaccio vostro col quale m'incaricate di domandare il ripristinamento dei passaporti, ove il gabinetto di Versaglia persista a rifiutarsi di fare la polizia per noi nella faccenda delle emigrazioni. Ne scrivo oggi a Decazes. Ma confesso che mi duole assai che noi abbiamo chiesto con tanto strepito l'abolizione dei passaporti che ora, dopo non molti mesi, siamo costretti a domandare di nuovo che si rimettano in vigore.

La questione dell'emigrazione italiana mi sembra grave assai. Essa accenna a condizioni eccezionalmente tristi in gran parte della penisola. Abbiamo la terra incolta ed il sole, abbiamo le braccia. E la terra rimane incolta, o semi colta, e le braccia se ne vanno a cercar lavoro nelle lontane Americhe. Oredo che questo fatto curioso debba attribuirsi in parte alla poca sicurezza, ed in parte alla mancanza dei capitali. Quanto alla sicurezza pubblica vedo con amarezza tutte le difficoltà che il Governo incontra nel Parlamento per portarvi rimedio. E, quanto ai capitali, vedo con eguale tristezza che i mercati esteri e principalmente questo di Parigi che è per noi il primo e quasi l'unico, sono diffidentissimi dell'Italia, dopo le cattive esperienze fatte dagli azionisti delle grandi intraprese di strade ferrate. Ma mi accorgo che entro in discorsi estranei alla politica estera, e mi fermo.

Non posso mandarvi nulla di certo intorno all'esito delle future discussioni dell'Assemblea di Versaglia, sulle leggi costituzionali. Bisognerà aspettare che i vari partiti abbiano preso posizioni nette e precise, e forse ciò non accadrà che nel corso stesso della discussione.

Ed anche dalla discussione dipenderà la maggiore o minore prossimità della dissoluzione dell'Assemblea e delle elezioni del nuovo Parlamento.

242

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti)

L. P. CONFIDENZIALE. Berlino, 15 giugno 1875.

J'ai eu hier la visite de M. de Bleichroder. Il avait reçu du Prince de Hohenlohe, Ambassadeur d'Allemagne à Paris, une lettre rendant compte, de bonne source, d'un entretien de M. de Rothschild avec le Commandeur Nigra à propos des chemins de fer lombards. Vous ne seriez pas entièrement entré dans les idées du matador de la finance; il s'en serait plaint dans des termes qui friseraient la menace. D'un autre còté, il serait question d'un emprunt que vous vous proposeriez de négocier à Paris. Le Prince de Hohenlohe représentait les inconvénients financiers et politiques de recourir à un centre où nous avions déjà fait souvent appel au point de nous rendre peut-etre trop dépendants des oscillations de la Bourse d'une seule et meme place. Un nouvel emprunt nous réduirait presque à sa merci. Le diplomate allemand donnait à M. de Bleichroder le conseil de s'entretenir avec moi sur ce sujet, en insistant sur l'avantage qui résulterait pour l'Italie si elle s'adressait aussi éventuellement à la place de Berlin qui acquiert de jour en jour plus d'importance.

M. de Bleichroder avait eu, il y a une quinzaine de jours, une conversation avec le Prince de Bismarck qui s'etait exprimé politiquement avec beaucoup de bon vouloir pour notre Pays, notamment quant à la contre-visite de l'Empereur Guillaume. M. de Bleichroder a voulu recevoir quelques directions du Chancelier relativement aux ouvertures faites par le Prince de Hohenlohe. Son Altesse a répondu n'avoir aucune direction à donner. Comptant jouir de son congé, elle se tenait en dehors des affaires, de quelque nature qu'elles fussent. Mais elle se référait à la dernière conversation, en répétant qu'elle serait heureuse de tout ce qui pourrait tourner à notre avantage.

M. de Bleichroder m'a fourni ces détails d'une manière très-confidentielle. Il ne peut que partager l'avis du Prince de Hohenlohe sur la haute importance de ne pas nous engager trop exclusivement avec M. Rothschild de Paris, et de ne pas laisser à cette place tant de moyens d'exercer une si grande influence sur le cours de nos fonds etc. etc. Mieux valait avoir plusieurs cordes à son are, et par conséquent, dans le cas d'un emprunt, de nous adresser simultanément aux places de Paris, Berlin et Londres. Mon interlocuteur désirait que je vous soumisse ces idées en son nom, mais il tenait beaucoup à ce que rien ne fut ébruité, parce qu'il devait beaucoup de ménagements à la Maison Rothschild avec la quelle il etait en affaires depuis nombre d'années. Il n'était mu par aucun intéret personnel, mais par le simple désir de contribuer pour sa part à tout ce qui était de nature à rendre toujours meilleurs les rapports entre l'Allemagne et l'ltalie. Il aurait voulu savoir si notre Gouvernement avait vraiment l'intention de contracter un emprunt, et il me priait mème de vous le demander par un télégramme en chiffre.

Tout en alléguant ma parfaite incompétence en ces matières, je lui ai fait observer que notre rente était còtée à l'étranger à 72, une opération comme celle dont il parlait ne pourrait guère se négocier qu'au cours de 68, et que je doutais fort qu'on se risqui'lt avant d'avoir atteint un cours plus élevé. Il le pensait aussi, mais alors il recommandait de prendre en considération les propositions sur lesquelles il est revenu et dont je vous ai écrit une seconde fois par ma lettre du 9 de ce mois.

Vous voyez, mon cher Ministre, que je me trouve melé à des affaires dont je préférerais m'abstenir. Mais je ne pouvais me refuser de me rendre au désir d'en reférer à qui en sait plus long que moi sur ce chapitre. Je vous serai obligé, au moins pro forma, de me mettre a meme de répondre quelques mots a M. de Bleichroder.

243

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 292. Bruxelles, 16 giugno 1875 (per. il 21).

A questo Dicastero degli Affari Esteri, in presenza della situazione europea in questi ultimi tempi, si nutriva speranza che la riunione di una nuova Conferenza per regolare le leggi e costumi di guerra fosse rimandata ad epoca remota.

Ma, invece, il Conte d'Aspremont ha ricevuto alcuni giorni fa dal Governo Russo, una nota (che si crede essere una circolare), nella quale si richiama l'attenzione del Governo belga sulla nuova sessione della sovramenzionata Conferenza da riunirsi prossimamente, senza precisarne ancora l'epoca, e chiedendo una risposta su tale importante argomento.

Si sta ora preparando il riscontro alla comunicazione russa, e questo, secondo quanto mi assicura un alto funzionario del Ministero degli Esteri, sarà conforme alle idee svolte nella conversazione che ebbi col Barone Lambermont alcun tempo fa e riferii a V. E. nel mio rapporto delli 27 febbraio scorso, politico n. 247 (1).

Intanto il Gabinetto di Bruxelles ha un vivo scambio d'idee coi Governi della Svizzera e dei Paesi Bassi, come quelli che partecipano dello stesso modo di vedere sul diritto di guerra.

Mi venne asserito da buona sorgente che questo Governo è poco soddisfatto della nuova linea di condotta che prevale in questa materia presso i Governi di Francia e di Spagna i quali si sarebbero accostati alla Russia.

Non voglio nascondere a V. E. essermi stato riferito che il Gabinetto di Bruxelles contava molto sull'azione del R. Governo alla nuova Conferenza e sperava di trovar l'Italia pronta a sostenere quei principii che stanno tanto a cuore al Belgio circa il diritto delle nazioni ed eserciti belligeranti.

Quest'ultima informazione mi pervenne in via indiretta, e nei miei colloqui cogli alti funzionari di questo dicastero degli Esteri non vi si fece mai allusione veruna.

244

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2198/515. Londra, 19 giugno 1875 (per. il 24).

Ieri sera alla Camera dei Comuni, il deputato Signor Yorke ha chiamata l'attenzione del Governo sullo stato di decadenza della Turchia nelle sue finanze e nella sua amministrazione, e ha esortato il Governo della Regina a intervenire più efficacemente in quell'Impero col riprendere la politica tradizionale

dell'Inghilterra per ristabilire l'influenza del nome Inglese e a difesa degli interessi Inglesi gravemente minacciati. Varj altri deputati hanno sostenute le idee svolte dal Signor Yorke per ottenere dall'oratore del Governo, Signor Bourke, qualche dichiarazione o promessa che potesse tranquillare i timori provati in questo paese per la rovina finanziaria verso cui penderebbe la Turchia. L'obbietto principale della discussione fu pertanto la posizione finanziaria della Porta Ottomana. Il Sotto Segretario di Stato per gli affari esteri rifiutò, nella sua risposta, ogni diritto all'Inghilterra d'immischiarsi nelle faccende interne della Porta. Ma, principiando dal tempo delle riforme compiute da Redschid Pascià, tentò scemare l'effetto prodotto dalle descrizioni del malgoverno e .corruzione che gravano quel paese col dimostrare come le condizioni ne sieno migliori e diverse delle passate. Confessò che tutte le riforme assicurate dal Hatt-y-Humayoun del 1856 non erano state eseguite, ma ne addebitò la caparbia ignoranza di subalterni. Dichiarò essere desiderio dell'Inghilterra sia la Porta forte e potente quanto è possibile, ma un siffatto risultamento non potersi raggiungere coll'intervento dell'Ambasciadore Britannico negli affari interni di quella Potenza, né l'articolo 9 del Trattato di Parigi, invocato nella discussione, ne dava alcun diritto.

Il Signor Bourke mi diceva quest'oggi che il vero punto della quistione d'Oriente quale oggidì si presenta per l'Inghilterra, era stato segnato dall'interruzione fattagli da un deputato col dire: • la via dell'India •, e -quando ebbe risposto che codesta via non era a traverso la Turchia -coll'insistere dicendo: • l'Egitto. • • È cosa non dubbia (mi soggiunse il Signor Bourke) che ogni avvenimento che accadrebbe a Costantinopoli si ripercuoterebbe sul Nilo; ma questo voglio dire che la quistione, gl'interessi per noi di più gran momento, epperò anche sotto un dato aspetto la politica da seguirsi, sono in parte spostati. •

Debbo aggiungere che uomini politici fra i più autorevoli di questo paese mi hanno espresse queste medesime opinioni; e quando non sono preoccupati dalla quistione finanziaria della Turchia, che involve molti e grandi interessi pecuniarj di sudditi Inglesi, sogliono dire che • essendo dimostrato sia inutile ostare alla corrente, val meglio fare in modo da dirigerla. •

(l) Non pubblicato.

245

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2199/516. Londra, 19 giugno 1875 (per. il 24).

Nel mio rapporto politico delli 11 di questo mese (l) ho avuto l'onore di riferire all'E. V. una conversazione del Conte di Derby nella quale mi ha detto essere la cordialità fra i Governi di Russia e d'Inghilterra maggiore adesso che mai, sebbene il Governo della Regina non siasi vincolato in verun modo.

I rapporti fra le due Potenze erano rimasti alquanto guastati dai fatti di Khiva; ed ecco ciò che sul ritorno alle ottime relazioni, accennatemi da Lord Derby, mi è stato da persona autorevolissima riferito:

• Il Conte Schouvaloff, Ambasciadore dello Tzar a questa Corte, le cui precedenti affermazioni furono smentite da fatti a quanto pare imprevedibili, è qui tornato, nella prima quindicina del mese andato, con una dichiarazione questa volta per iscritto, del suo Governo, che promette saranno frenate le escursioni dei colonnelli russi nelle regioni dell'Asia Centrale e non sarà occupato dalle forze russe un punto strategico sulla via verso Herat, al quale gl'Inglesi annettono grande importanza.

Le condizioni attuali dell'India, per le quali è il Governo Inglese preoccupato, specialmente dopo il caso del Guikowar di Baroda, e dopo gli altri occorsi nei confini con la China dai quali potrebbe anche nascere una ragione di guerra, sono il motivo perché l'Inghilterra abbia accolto con sentita soddisfazione la dichiarazione Russa, se ne dimostri pienamente soddisfatta e abbia voluto asserire a Pietroburgo il suo grato animo più che non l'avrebbe fatto in altre circostanze e se fosse scevra da complicazioni nei suoi dominj Asiatici. Ha creduto opportuno dirsi affatto rassicurata. Ma non per ciò dovrebbesi credere che sieno cessati i suoi timori pel movimento d'espansione della Russia sull'altipiano dell'Asia Centrale •.

Discorrendo, di fatto, con persone che hanno riputazione e conoscenza degli affari dell'Asia, dicono che codesta è la sola quistione degna d'ogni attenzione perché è vitale per l'Inghilterra; se il pericolo è assai lontano non è pertanto minore; se offi·cialmente o in pubblico qua ne tacciono, confessano, quando palesano il proprio pensiero, quanto ne sieno impensieriti; se cercano provvedere e mandano oramai quanti uomini abbiano più fidati e più capaci delle cose dell'India verso le regioni superiori e le frontiere del loro Impero, pur non s'illudono che sempre chi occupò l'altipiano centrale e vi si afforzò fu arbitro dell'Indostano. E spesso quelle medesime persone, con rammarico, soggiungono non potersi negare da chi abbia visto le contrade occupate dalla Russia e le abbia comparate con le contrade limitrofe nelle quali non ha posto ancora il piede, essere in quelle regioni l'Impero Slavo ministro di civiltà.

(l) Cfr. n. 232.

246

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 20 giugno 1875.

Vi ringrazio di aver trovato tempo di scrivermi (l) a malgrado le giornaliere battaglie campali a cui vi toccava prender parte in quei giorni. Tenni dietro attentamente alle ultime discussioni parlamentari, e vi confesso che l'impressione che ne provai fu così spiacevole, che per quasi quindici giorni

non mi lasciai vedere da anima viva, tanto temeva d'esser interpellato sulle cose nostre di cui proprio sentivo vergogna. Avete finito per cavarvela con una maggioranza, ma così piccola però che non m'immagino come si potrà andar avanti ed essenzialmente far energicamente sentir in Sicilia la mano del Governo. Ad ogni modo fu sempre un gran bene per l'Italia che quella maggioranza l'abbiate avuta. Ma passiamo a ciò di cui mi scrivete. Vi ringrazio d'avermi comunicato il telegramma da Voi diretto a De Launay 1'11 scorso Maggio (1). Io non vi ho mai dissimulato che non dividevo affatto l'ottimismo in fondo più apparente che reale del Conte Andrassy sulle intenzioni della Prussia. lo son persuaso che la Prussia voleva e vuole la guerra colla Francia, ma siccome son del pari persuaso che anche fra dieci anni la Prussia schiaccerebbe la Francia così non vi nascondo che anzi tutto desidero che il momento venuto siamo con quella, sempre per la gran cagione che si sta meglio dalla parte del manico. Ora poi son convinto, che le attitudini del genere di quella assunta recentemente dall'Inghilterra mentre non esercitano a Berlino influenza di sorta in favore del mantenimento della pace, danno però origine a pericolosi rancori, poichè se il Principe di Bismarck poco si ricorda forse dei servizi resigli, mai dimentica un'offesa fattagli. D'altronde tengo ad onore per me il constatare, che come sempre anche in questa circostanza non vi fu fra di noi disparità di vedute. L'impressione a Berlino intorno alla nostra attitudine vi compiaceste dirmi esser stata buona, e prova ne è l'aver avuto Keudell l'ordine di ringraziarvene. Di ciò mi rallegro moltissimo, poichè prova che con quei temperamenti necessitati da speciali nostre giuste considerazioni il nostro amichevole contegno verso la Prussia non fu a Berlino meno apprezzato di quello dell'Austria.

Chiedo venia pel difetto di memoria di cui diedi prova nella questione del Console Pontificio a Trieste, ma proprio neppur oggi riesco a ricordarmi m'abbiate parlato di quell'incidente durante H burrascoso soggiorno a Venezia. In oggi sarebbe in verità un poco tardi per toccar quell'argomento e probabilmente non avrei più la possibilità di parlarne col Conte Andrassy, però un giorno o l'altro ove l'opportunità se ne facesse sentire non mancherei di porre in rilievo la riguardosa riserva colla quale rispondeste in proposito alla Camera. Qui unito vi trasmetto il resoconto d'una conversazione ch'io ebbi il mese scorso con Andrassy e che scrissi la sera stessa. Ve la mando tal quale, colle mie impressioni di quel giorno. Non credetti farne oggetto di speciale ufficiale rapporto: avrei voluto mandarvelo prima, poiché le cose dettemi r.ispondono in parte a domande da Voi fattemi antecedentemente, ma non ebbi occasione propizia e sicura fino ad oggi.

Il Barone Hofmann dissemi ieri che l'affare dei matrimoni Consolari era ben avviato, e che il Ministero della Giustizia cominciava già a piegare. Che si siano persuasi che l'amicizia dell'Italia vale il sagrifizio d'una Messa?

La questione della Conferenza di Bruxelles dormì fino a ieri ma non per colpa mia che battevo il chiodo ogni otto giorni. Ora come vi telegrafai ieri ça marche e potete quando che sia spedir il vostro dispaccio a Barbolani; a questo proposito giovami dirvi che la Vostra pièce fu trovata qui superbe.

12 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

Ricominciano le storie in Dalmazia contro i nostri sudditi, pervennemi un momento fa un rapporto in proposito dal Consolato di Trieste, ne parlerò domani a Andrassy se potrò, altrimenti a Hofmann. Già il viaggio dell'Imperatore in Dalmazia fu una cosa fallita, eccitò gli animi e sollevò le passioni. Guai grossi per l'Austria cominciano là, e ciò calmerà alquanto le velleità Orientali della sua politica. Sarebbe però bene si limitassero ad ammazzarsi fra di loro, e lasciassero in pace i sudditi nostri che par proprio non s'immischino nei loro affari.

Andrassy sta per partire per le sue terre dove vorrebbe rimaner circa tre mesi in pace! Non so se riescirò ancora a vederlo domani, forse sarà già via poichè sceglie ordinariamente il giorno della sua udienza per andarsene.

ALLEGATO

CONVERSAZIONE CON ANDRASSY

RISERVATA. Vienna, 11 maggio 1875

Parlando col Conte Andrassy dopo un pranzo all'Ambasciata Inglese, delle probabilità di pace e di guerra, Egli dissemi: che non sarebbe stata l'AustriaUngheria che avrebbe turbato la pace, je me suis assez expliqué à ce sujet à Venise ave M. Visconti. Sì, gli risposi, ma però a proposito dell'Oriente siete stato molto riservato nelle vostre dichiarazioni. Ciò Lo fece sorridere, volle però mostrarsi meravigliato di ciò che Gli dicevo e mi rispose: c Mais pourquoi ne m'en a-t-il pas demandé davantage, je Lui aurais tout dit, nous n'avons rien à cacher, nous voulons le statu quo en Orient. Vous etes sur ce terrain d'un conservatorisme féroce, nous ne le sommes pas à ce point là, mais nous ne voulons pas moins que Vous que l'Orient se maintienne tel qu'il est. Tenez je puis Vous répéter ce que j'ai dit au Prince de Monténégro. Nous avons déjà assez de rochers et assez de sauvages pour ne pas pouvoir désirer d'en acquérir encore. Le Prince de Monténégro n'a pris cette déclaration que médiocrement bien, mais c'est la vérité vraie, et elle doit sauter aux yeux de tout le monde. Il est clair qu'avec l'autre Grand Vizir nous allions à la guerre car il voulait absolument 1a faire au Monténégro pour gagner le grade de Maréchal qui est inamovible, mais heureusement il est tombé et maintenant les choses prennent une toute autre tournure. Les Tures étant sages n'ont plus rien à craindre, les Russes grace à nous étant devenus très modérés dans leur attitude en Orient •. Il seguito del discorso del Conte Andrassy provavami ch'egli si avvicina sempre più alla Russia in cui vede lo scudo dell'Austria contro la Germania. Egli continua bensì ad affettare i più cordiali rapporti con Berlino ma si vede che ne diffida profondamente. Egli dissemi che la tattica Inglese per stornare l'attenzione dal Belgio si è di far vedere che Bismarck minaccia bensì quello Stato ma che la sua punta non tarderà a rivolgersi contro l'Austria. Ma dicevami: c Il ne faut pas faire du courage avant le temps, ni non plus s'effrayer trop tòt;

moi je reste couché et parfaitement tranquille, quand le lièvre se lève on le lance et la chasse commence, voilà ce que l'Angleterre voudrait faire avec moi, mais je me garderai bien de faire so n jeu •. Egli ripetevami quindi aver pienissima fiducia nella pace tanto che i Francesi • ne feront pas des betises, il est cependant vrai que tant les Français que Bismarck sont également incalculables, il faut évidemment tenir compte de cela, mais je ne crains pas que Bismarc~ provoque lui la guerre car dans ce cas toute l'Europe l'en empikherait •. Qui l'arrestai e Gli dissi che se non aveva miglior guarantigia quella non mi sembrava molto efficace, poiché in fin dei conti se la Germanila entrasse in campagna contro la Francia, non si mancherebbe evidentemente di tentare i mag

giori sforzi onde arrestarla, ma che però ciò non impedirebbe niente • et vous

ne pouvez pas ètre d'un autre avis que moi • dissigli • car au bout du compte

vous ètes aussi persuadé que moi que dans aucun cas ni vous ni nous ne nous

mettrions avec la France •. Com'Egli esitava a rispondere, ripetei le mie parole,

Egli allora si mise a ridere e mi disse marcatamente: • En effet ni Vous ni

Nous ne marcherions avec la France •.

L'impressione ch'io riportai da questa conversazione si è che la situazione si mantiene abbastanza tesa, poiché in fin dei conti facile sarebbe al Principe di Bismarck far perdere il lume della ragione ai Francesi, e far così nascere il pretesto. Si farebbero rappresentazioni a Berlino ma nessuno si muoverebbe e lo schiacciamento della Francia sarebbe pronto e completo. Il così detto accordo dei tre Imperatori è più apparente che reale, ciò vedesi ogni giorno più chiaramente, quel che mi pare s'accentui un po' di più si è l'accordo dell'Austria colla Russia, ma ciò potrebbe anche contribuire a far scoppiar prima la guerra non potendo convenir al Principe di Bismarck di lasciar consolidar maggiormente uno stato di cose che in fin dei conti ha la punta diretta contro la Prussia.

(l) Cfr. n. 237.

(l) Cfr. n. 191.

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

D. 4. Roma, 21 giugno 1875.

Il Dispaccio in lingua francese che Le invio insieme al presente (l) serve, come Ella vedrà, di risposta alle comunicazioni del Governo Russo colle quali si esprimeva il desiderio di conoscere le viste del Governo del Re circa il risultato dei lavori della Conferenza di Bruxelles sulle leggi e sugli usi di guerra e .circa il progetto di riunire una seconda Conferenza per lo stesso motivo in Pietroburgo.

Prima di inviare a V. S. Illustrissima il detto dispaccio ho creduto opportuno di scandagliare il modo di pensare del Gabinetto di Vienna sulle idee svolte nel dispaccio medesimo, e le sue intenzioni. Ho motivo di ritenere che i nostri concetti corrispondano a quelli del Gabinetto Austro-ungarico, e che in questi giorni l'Ambasciatore Imperiale e Reale in codesta residenza sarà per ricevere da S. E. il Conte Andrassy una comunicazione analoga a quella che io dirigo a V. S. Illustrissima. In vista di dò stimo conveniente che Ella, prima di dar corso a questo affare, ·conferisca sull'argomento col detto Rappresentante e si metta d'accordo con lui riguardo all'esecuzione dell'incarico rispettivamente ricevuto a tale proposito.

Approfitto della circostanza per accusare ricevuta a V. S. Illustrissima dei rapporti di serie politica fino al n. 32 inclusivamente...

(l) Cfr. n. 248.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

D. 5. Roma, 21 giugno 1875.

Vous connaissez l'intéret avec lequel le Gouvernement du Roi a suivi les travaux de la Conférence de Bruxelles et notre désir de témoigner, par une prompte réponse au Cabinet de St. Pétersbourg de l'importance que l'Italie reconnait au projet dont l'initiative généreuse appartient à S. M. le Tzar.

Les adversaires du projet ayant puisé leurs objections dans deux ordres d'idées différentes, le Gouvernement de Sa Majesté a jugé à propos de faire étudier les clauses de la déclaration finale de Bruxelles par deux commissions spéciales, l'une composée de militaires, l'autre de juristes.

Au point de vue technique, on ne s'accordait pas sur les conséquences que la réglementation des droits des belligérants pourrait avoir pour l'importance relative des forces militaires dont chaque Etat dispose. Des objections non moins sérieuses étaient également soulevées au nom des droits lnaliénables de la souveraineté territoriale.

Les deux commissions, après un examen approfondi des questions qui leurs ont été soumises, ont donné au Gouvernement un avis favorable à l'acceptation en principe des dispositions contenues dans la déclaration de Bruxelles. Les conclusions de la Commission militaire étaient toutefois subordonnées à l'introduction en Italie du service militaire obligatoire pour tous et d'une organisation permettant de tirer parti de toutes les forces défensives de la nation.

Vous savez que la loi d'organisation militaire n'a été votée que tout dernièrement par le Parlement. Nous ne pouvions donc prendre une résolution définitive avant que cette loi ne fiìt approuvée.

L'avis des juristes que nous avons consultés, bien qu'accompagné de quelques réserves, a été également favorable. Ils ont reconnu à l'unanimité que le projet préparé par la Conférence internationale est conforme aux principes géneralement admis du droit des gens. Ils ont déclaré qu'il n'existe aucune incompatibilité entre les dispositions de ce projet, le droit public et la législation intérieure de l'Italie.

Si les Puissances acceptent le projet de Bruxelles comme base de leurs délibérations ultérieures, ce projet devra etre coordonné, on devra y introduire des amendements et un pareil travail exige un examen minutieux, des études patientes.

Nous devons donc savoir gré à la Russie d'avoir bien voulu réunir les éléments nécessaires pour que les Puissances puissent etre appelées à prendre en consldération un projet remanié répondant à leurs vues et aux exigences de la science. A nul autre au'au Gouvernement Russe il appartient de parfaire les travaux préparatoires destinés à assurer le résultat pratique d'une oeuvre humanitaire dont l'initiative lui assure la reconnaissance de toutes les nations. Nous désirons vivement q_ue l'assentiment général soit acquis à cette seconde partie des travaux du Gouvernement de S. M. l'Empereur.

Tout dernièrement S. E. M. le Baron d'Uxkull m'a donné communication d'une dépéche de son Gouvernement dont le but est de solliciter l'envoi à St. Pétersbourg, des conclusions, observations ou propositions des Gouvernements intéressés sur le projet sorti des Conférences de l'année dernière. Le Cabinet de S.M. l'Empereur se réserverait, après avoir reçu les différentes communications des Gouvernements, d'adresser à ceux-ci des propositions ultérieures sur la marche à suivre.

La communication qui nous a été faite fixerait cependant dès à présent un point très important. Le projet sur lequel nous désirons qu'un accord se fasse ne devrait pas étre envisagé au point de vue d'engagements ultérieurs à contracter. Il s'agirait simplement d'interpréter et de compléter les règles existantes du droit international afin d'en faire la base uniforme des instructions que chaque Gouvernement devra donner à ses propres armées.

En s'engageant sur ce terrain les négociations aboutiront plus facilement à un résultat satisfaisant. Il s'agirait en effet bien moins de réunir dans une déclaration internationale un système complet de réglementation des droits et des devoirs des belligérants, que d'ajouter aux règles universellement acceptées du droit international quelques déclarations de principe ayant obtenu l'approbation de tous les Etats.

Nous nous associons de grand coeur à ces sages conclw;ions. Nous croyons qu'en s'arrétant à cette méthode de procéder et en fixant dès à présent la portée des délibérations à prendre le Prince Chancelier a choisi la meilleure voie pour réussir à surmonter les objections qu'on a fait valoir jusqu'à présent contre le projet généreux de S. M. l'Empereur Alexandre.

Nous nous réservons toutefois de présenter des observations sur quelques points sécondaires et qui ont paru aux juristes membres de notre commission mériter des éclaircissements.

En donnant lecture de cette dépèche à S. E. M. le Baron Jomini, vous voudrez bien, M. le Ministre, lui déclarer que l'Italie accepte en principe les dispositions contenues dans la déclaration de Bruxelles, et qu'elle réserve seulement pour un examen ultérieur les questions de détail, de forme et de rédaction sur lesquelles à l'état actuel des négociations il serait prématuré de se prononcer.

249

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2202/517. Londra, 21 giugno 1875 (per. il 25).

Il Conte Munster, Ambasciatore di Germania, mi ha discorso ieri delle relazioni attualmente esistenti fra l'Impero germanico e l'Inghilterra, esprimendomi il suo rincrescimento che non sieno quali vorrebbe. Il Governo dell'Imperatore sarebbe rimasto ferito dal modo come il Governo della Regina aveva creduto di dover spiegare la sua azione quando invalsero di recente i timori di complicazioni europee. • Invece di parlarmene, invece di rivolgersi direttamente al Principe di Bismarck per mezzo di Lord Odo Russell, ha

voluto agire come se tentasse d'indurre l'Austria e la Russia quasi ad una lega contro di noi •.

Accennando, quindi, a tentativi che sarebbero fatti per indebolire il buon accordo fra i tre Imperi, mi ha detto che le ripetute insistenze del Conte di Beust presso del suo Governo perché si unisse all'Inghilterra nella suddetta occasione, sono a sua conoscenza; ed egli non me ne ha attenuato il suo risentimento, attribuendo al suo collega d'essere adesso • istromento di quella frazione militare reazionaria e oltramontana in Austria (perché soltanto per lei può sperare un ritorno al potere) la quale è accanita nimica della Germania. •

Il Conte Munster mi ha parlato, infine, d'un fatto che lo tocca personalmente. Quando il telegrafo, nel riferire il discorso che addì 31 Maggio fu pronunciato alla Camera dei Lords dal Conte di Derby, gli fece erroneamente asserire essere stato il Conte Munster quegli che gli parlò degli armamenti francesi come d'una causa possibile di guerra, l'Ambasciadore si recò dal Segretario di Stato per gli affari esteri, onde in un modo qualunque smentisse quella falsa notizia. Ed il Conte di Derby non volle accondiscendervi asserendo ch'era suo principio immutabile non correggere mai i rendiconti dei suoi discorsi stampati dai giornali, che il Governo britannico non aveva modo d'immischiarsi con la stampa, e che la verità finiva poi sempre col farsi conoscere.

Sebbene le cose dettemi confidenzialmel1Jte dal Conte Munster non abbiano in parte che un valore retrospettivo, pur nondimeno ho creduto doverle riferire, come indizj della situazione, all'E. V.

250

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 278. Madrid, 23 giugno 1875, ore 16,30 (per. ore 21,50).

J'ai signé aujourd'hui déclaration commerciale en double originai italien espagnol que j'enverrai par prochaine occasion.

251

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 368. Vienna, 23 giugno 1875 (per. il 29).

Alcuni giorni fa uno dei più autorevoli giornali di Vienna il Fremden Blatt raccontava che in Zara vecchia l'equipaggio di una nave Italiana era stato fatto segno ad insulti per parte degli abitanti di quella località di nazionalità Slava. Poco dopo pervenivami un rapporto del R. Console Generale a Trieste, col quale egli comunicavami un telegramma, direttogli dal R. Agente Consolare in Sebenico del tenore seguente: • Lavoratori italiani vengono continuamente minacciati dagli indigeni ad essi sconosciuti, assaliti, percossi. Riuscendo ineffi

caci mie rimostranze autorità locale, prego reclamare energici provvedimenti dal Governo, dal Ministero, perché finisca questo stato di cose •.

Ritenendo molto probabile che in conseguenza dei gravi conflitti di nazionalità, testé nuovamente scoppiati in Dalmazia, i nostri nazionali, che in quei porti approdano, e quelli che in numero abbastanza notevole vi risiedono, addetti a lavori d'ogni genere, possano, come già ebbe a verificarsi nel lamentevole ben noto fatto di Sebenico, essere vittima della cieca passione degli Slavi, che nella loro ira contro i concittadini di razza italiana, sogliano non far distinzione fra questi ed i RR. sudditi; credetti a fronte delle notizie già avute, opportuno fare un preventivo energico passo, onde evitare nuovi maggiori guai, sommamente spiacevoli per i due Stati. Mi recai quindi immediatamente da S.E. il Barone Hofmann e rappresentatogli i pericoli a cui si va incontro, gli ricordai il doloroso antecedente di Sebenico, al cui riguardo un nostro R. suddito attende tuttora riparazione e finii col pregarlo a voler promuovere dalle Autorità della Dalmazia energiche disposizioni preventive, affinché in qualunque evenienza i RR. sudditi avessero a trovare presso di esse quella protezione, che loro è dovuta.

Il Barone Hofmann accolse con molta considerazione il mio reclamo e mi assicurò che il Ministero Imperiale degli Affari Esteri, avrebbe vivamente insistito presso quello dell'Interno, affinché ordini precisi, nel senso da me richiesto venissero dati al Governatore della Dalmazia. .Egli pregavami però a rivolgergli in tal senso un documento, che potesse servire di base per la comunicazione a farsi al Dicastero competente. Nel ciò dirmi egli soggiungevami rimettersene a me per la scelta della forma a darsi a quel documento. In base a ciò il giorno stesso, 21 corrente, io trasmetteva al Ministero il promemoria, di cui acchiudo copia (1). Se scelsi quella forma, invece di quella più autorevole di una Nota al Conte Andrassy, si fu perché credetti poter così insistere maggiormente sulla necessità di provvedimenti e ricordare anche con più forza lo spiacevole antecedente di Sebenico, senza venir meno a quei cortesi riguardi, che c'impongono le così cordiali relazioni esistenti fra i due Stati. Contemporaneamente non mancai di scrivere al Commendatore Bruno, pregandolo a volermi tenere informato di tutto ciò che di nuovo potesse succedere nel territorio della sua giurisdizione, ed invitandolo al tempo stesso a diramare nuove precise istruzioni agli Agenti Consolari da lui dipendenti, affinché essi, non solo abbiano a mantenersi del tutto estranei alle gare di partito che travagliano la Dalmazia, ma s'adoperino anche affinché eguale assoluta riserva venga serbata dai RR. sudditi, sui quali essi si trovano in grado d'esercitare un'azione qualsiasi. Credetti anzi opportuno aggiungere che ravviserei conveniente quei RR. funzionari ponessero in ispecial modo in avvertenza i patroni delle Navi Italiane, che approdano in porti Dalmati, della concitazione degli animi colà regnante e della somma opportunità quindi, che le loro ciurme, ad evitare pericolosi conflitti, abbiano a scendere a terra quanto meno possibile. Riservandomi di riferire all'E.V. quanto di nuovo potesse succedere a riguardo di ciò che forma oggetto del presente rapporto ...

(l) Non pubblicato.

252

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 369. Vienna, 23 giugno 1875 (per. il 29).

Conformemente a quanto ebbi a comunicarle col mio telegramma del 21 corrente (1), S. M. Francesco Giuseppe incontrerà a Komottan (Boemia)

S. M. l'Imperatore di Russia, che appositamente da colà transiterà nel far ritorno nei suoi Stati. S. M. l'Imperatore d'Austria sarà accompagnato in tale circostanza dal solo suo piccolo seguito militare. Quell'incontro rivestirà così un carattere affatto di privata intimità, che però non ne scemerà per niente l'aHo significato politico. Nel mese venturo poi, S. M. Imperiale Apostolica incontrerà del pari l'Imperatore di Germania ad Ischl al suo passaggio per Gastein. La stampa austriaca inneggia a questi sovrani incontri, in cui vede una nuova conferma dell'alleanza dei tre Imperatori ed una conseguente sempre maggiore guarentigia di pace. Per conto mio, tuttoché io divida pienamente una tale impressione, non posso però a meno di trovare, che un edificio, che ha d'uopo di essere ad ogni momento puntellato, non presenta grande solidità. Intanto però, visto lo stato attuale dell'Europa ed i pericoli che la minacciano, sui quali non c'è illusione da farsi, sembrami l'Italia non possa se non rallegrarsi di quelle manifestazioni, colle quali viene ad affermarsi che, in oggi almeno, è tuttora vivo l'intendimento dei tre Imperatori di mantenere stretti quei legami fra di loro, che recenti fatti devono far da tutti considerare come seria guarentigia di pace, sino al giorno in cui speciali accordi, con scopo determinato, potessero venire a maturità fra di essi all'esclusione del terzo.

253

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 280. Berna, 24 giugno 1875, ore 10,50 (per. ore 15,15).

D'après mon télégramme d'hier au soir (l) je vous expédie la réponse du Conseil fédéral aui consent à ce aue le traité de commerce aui expire le 30 avril 1877 cesse de sortir ses effets, si possible, dès le 30 juin 1876 pour ètre remplacé par nouvelle stipulation. Il réserve approbation de l'Assemblée fédérale. V. E. sait bien que cet engagement ne devait se prendre que par un échange de notes, d'où il suit que l'on a à considérer cette réponse comme entièrement satisfaisante. Si V. E. désire avoir dans la journée le texte de cette note en chiffre, vous n'avez qu'à me le demander par télégraphe.

(l) Non pubblicato.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A BRUXELLES, BLANC, A COPENAGHEN, SPINOLA, A L'AJA, BERTINATTI, A MADRID, GREPPI, A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, A STOCCOLMA, SALLIER DE LA TOUR, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 120. Roma, 25 giugno 1875.

La Suisse consent négociation immédiate du nouveau traité, mais ne prend pas ,engagement absolu de faire cesser en toute hypothèse au premier juillet 1876 le traité actuel. Veuillez donc adresser au Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité une note pure et simple de dénonciation du traité en vigueur. Vous pourrez ensuite fournir verba,lement explications contenues dans ma dépeche du 12 de ce mois (1). J'attends avis télégraphique que vous avez remis note de dénonciation (2).

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET

D. s. N. Roma, 25 giugno 1875.

La comunicazione che, per ordine del suo Governo, la S. V. Illustrissima mi ha fatto l'onore di indirizzarmi il l" di questo mese relativamente alle riforme giudiziarie da introdursi nella Tunisia (3), ha formato il soggetto del più accurato esame per parte del Governo italiano. Il R. Agente e Console Generale in Tunisi mi aveva già informato della riunione del corpo consolare convocato presso il Signor Wood allo scopo di procedere ad una reciproca comunicazione delle istruzioni ricevute dai rispettivi Governi. A quella riunione intervennero gli Agenti consolari dei tre paesi che hanno maggiori interessi a Tunisi: cioè d'Italia, d'Inghilterra e di Francia, e con essi gli Agenti d'Austria-Ungheria, degli Stati Uniti dell'America settentrionale, di Spagna, del Belgio e dei Paesi Bassi. Mancava alla riunione il Console generale di Germania.

L'opinione manifestata dal Signor Cavalier Pinna in quell'occasione tendeva unicamente a stabilire che il Governo italiano mentre riconosce tutti gli inconvenienti del regime giudiziario in vigore attualmente a Tunisi, non trova che il progetto di riforma stato fin qui proposto possa considerarsi come abbastanza maturamente studiato per poter formare l'oggetto di un accordo internazionale. Il R. Agente ha inoltre fatto conoscere ai suoi Colleghi che il Governo di Sua Maestà opina che ai concerti da prendersi a Tunisi debbano precorrere le necessarie intelligenze fra i gabinetti che in questo affare hanno i maggiori interessi da tutelare.

M. -MINGHETTI, Copialettere 1873-1876, vol. Il.

Ora la S.V. Illustrissima non ignora probabilmente che nello scopo appunto di stabilire un siffatto concerto fra l'Italia e l'Inghilterra già da parecchi mesi io presi l'iniziativa di uno scambio di idee che ebbe luogo per mezzo di S. E. il Cav. Cadorna allora Ministro di Sua Maestà a Londra. Feci allora osservare al Governo di Sua Maestà Britannica che il progetto di creare in Tunisi dei tribunali di doppio grado nei quali avrebbero dovuto sedere insieme dei funzionarii dei diversi Consolati e gli stessi Agenti e Consoli generali, sembrava in opposizione con alcune massime generali di diritto che governano la materia della competenza dei giudici. Quando venga a cessare per lo straniero la competenza del giudice del luogo d'origine, non pare che si possa sostituire altra competenza fuori di quella del magistrato territoriale. Il Governo di Sua Maestà teme di contraddire al principio che nessuno può essere distratto dai suoi giudici naturali, accettando che gli italiani in Tunisi possano essere giudicati da magistrati i quali non riceverebbero la loro autorità né da S.M. il Re d'Italia, né da S. A. il Bey di Tunisi. Non pare al Governo italiano che le prerogative inerenti alla qualità ufficiale degli Agenti consolari nella Tunisia permettano ai medesimi di amministrare la giustizia in nome di una sovranità diversa di quella da essi rappresentata ed applicando una legge che non sia quella del loro paese. La responsabilità per diniegata giustizia sarebbe poi 'esclusa in modo assoluto ed in qualunque caso trattandosi di tribunali sui quali non sarebbe possibile di ammettere l'alta supremazia nè del Governo territoriale, nè quella di uno Stato straniero. Il Governo di Sua Maestà Britannica non pare che abbia dato a queste difficoltà di cui riconosce però il valore teorico, tutta l'importanza che in Italia non si mancherebbe certamente di attribuire alle medesime. A questo riguardo io desidererei che la S. V. Illustrissima facesse conoscere al suo Governo che a noi non sarebbe possibile di fare una quasi completa astrazione dalle esigenze dei principii teorici in favore di un regime transitorio che offrisse dei vantaggi pratici, perché, contrariamente a ciò che avviene in Inghilterra, qualunque sostanziale modificazione nel sistema delle giurisdizioni consolari all'estero deve formare il soggetto di una deliberazione del Parlamento. Un progetto di riforma contro il quale sussistono delle gravi obbiezioni di massima desunte dai principii fondamentali della competenza in materia giudiziaria incontrerebbe difficilmente l'approvazione dei corpi legislativi dello Stato ancorché il Governo di Sua Maestà riuscisse a far penetrare in tutti la convinzione dei numerosi e gravi inconvenienti che offre il regime giudiziario attualmente in vigore a Tunisi.

A questo riguardo noi non ci nascondiamo tutta la convenienza e l'utilità che vi sarebbero per i Governi di adottare degli efficaci provvedimenti ora tanto più che per effetto di avvenimenti sui quali l'attenzione del Governo inglese si sarà portata certamente più di una volta tutti i poteri dello Stato Tunisino si trovano di fatto concentrati nelle mani di un solo Ministro. La quale condizione di cose dopo l'istituzione di una commissione finanziaria di cui quello stesso personaggio ebbe sin dall'origine la presidenza, merita certamente la considerazione di quei Governi che promossero la formazione della Commissione stessa nell'intendimento di migliorare la condizione degli stranieri interessati nella buona amministrazione finanziaria della Tunisia. Avviene infatti nella situazione presente di cose che in tutte le contestazioni fra gli stranieri e le amministrazioni governative e nelle cause nelle quali direttamente od indirettamente sono impegnati gli interessi della Commissione finanziaria, l'autorità in cui si riassumono tutti i poteri dello Stato tunisino è chiamata ad essere nel tempo stesso giudice e parte. Nessuno potrebbe dunque contestare il bisogno di una sostanziale modificazione in simile stato di cose. Ma il Governo del Re prima di abbandonare un regime che sino agli ultimi anni aveva dato discreti frutti e che ha i vantaggi delle istituzioni consacrate da lunga e non interrotta tradizione, passate nelle consuetudini del paese, vorrebbe essere certo della possibilità di sostituirvi un sistema di giurisdizione che valesse ad appagare almeno le più fondate esigenze.

Attualmente le cause miste sono portate od in via diplomatica presso il Bey, od in via contenziosa davanti i tribunali consolari. Nel primo caso la responsabilità degli Agenti esteri è resa effettiva dall'autorità del Governo sotto l'immediata direzione del quale essi agiscono ed al quale essi non mancano di chiedere istruzioni nei casi più gravi e difficili. Nel secondo caso poi le parti contendenti hanno la guarentigia dell'appello davanti regolari Corti di giustizia. Tanto nell'un caso come nell'altro vi sono dunque delle guarantigie serie, efficaci, alle quali i sudditi di Sua Maestà in molte occasioni hanno avuto ricorso e alle quali nel nuovo regime che si propone si rinunzierebbe senza sostituirne altre di eguale valore. Non si potrebbe infatti accettare, Signor Ministro, come fondata l'osservazione fatta dal Signor Wood al Signor P,inna e ripetuta nella comunicazione di V. S. Illustrissima, che quegli stessi Agenti che trattano in via diplomatica le quistioni di carattere contenz,ioso col Governo tunisino, sarebbero competenti a sedere in una Corte di Appello. Il Signor Pinna, uno dei nostri più antichi e meritamente stimati funzionari consolari, può avere peccato per eccesso di modestia dichiarando ai suoi Colleghi che egli stesso non si riconosce competente di esercitare le attribuzioni di un giudice di appello. Ma l'osservazione che egli ha fatto a questo riguardo non manca di fondamento poiché essa si applica in generale a dei funzionari dei quali non si contestano nè la intelligenza nè le qualità morali, ma ai quali mancano nel maggior numero dei casi la vastità delle cognizioni giuridiche e l'esperienza delle quistioni giudiziarie indispensabili in chi deve sulla semplice esposizione degli atti della causa od in seguito ad un orale dibattimento, pronunciare una sentenza irreparabile. Ben altro è l'ufficio che si esercita oggi dagli Agenti e Consoli delle Potenze sulle vertenze che essi presentano al Governo del Bey. E per ciò che riguarda l'interesse dei sudditi di Sua Maestà non è possibile prescindere dall'osservare che quando il R. Agente non tutelasse le ragioni dei medesimi oppure nell'assumerne le difese eccedesse i limiti della giustizia, al di sopra di quel funzionario sta il potere moderatore del Governo di Sua Maestà al quale spetta in tutti i casi di guidare ed apprezzare la condotta del suo Agente in simili affari. Ad una sorveglianza ancor più efficace va soggetta poi presso di noi la condotta dei funzionari dell'ordine consolare quando siedono come magistrati dell'ordine giudiziario nei tribunali di prima istanza, poiché è noto che le Corti di Appello ed ,i Procuratori generali di Sua Maestà esercitano una continua vigilanza non solamente sulla onestà ma anche sulla capacità di quei funzionari a compiere delle attribuzioni giudiziarie e tale vigilanza è tanto più facile ad esercitarsi da

esssi in quanto che loro spetta per ufficio di conoscere di tutte le sentenze contro le quali viene prodotto l'appello.

Ponendo dunque la quistione nei suoi veri termini si vede quanto sia malagevole il risolverla. Il ricorrere che si farebbe ai funzionari consolari per creare dei tribunali di prima istanza ed un'alta Corte di Giustizia indica l'insufficienza degli elementi locali nelle condizioni sociali, politiche e finanziarie della Tunisia. Non regge infatti il confronto che si vorrebbe istituire fra la riforma giudiziaria dell'Egitto e ciò che si vorrebbe fare a Tunisi. Le condizioni finanziarie della Reggenza sarebbero un insuperabile ostacolo alla introduzione di una riforma che ha per base e per guarentigia la composizione dei tribunali a maggioranza di giudici designati dai Ministri della Giustizia dei varii Stati d'Europa.

La confusione delle quistioni giudiziarie con gli affari che si trattano in via diplomatica offre certamente degli inconvenienti i quali potrebbero però essere una inevitabile conseguenza della imperfezione delle condizioni attuali della Tunisia. Se un rimedio od un miglioramento è possibile, il Governo italiano è interessato quanto qualunque altro a contribuirvi efficacemente. Io credo che il migUor modo di ottenere un esito tanto desiderabile consista appunto nello scambio di idee di cui il Governo di Sua Maestà si felicita di aver preso l'iniziativa con quello della Regina. Le sarò pertanto molto riconoscente, Signor Ministro, se Ella vorrà far conoscere al suo Governo l'ordine di idee sul quale per ora ci è giuoco-forza di insistere.

(l) -Non pubblicato. (2) -I destinatari di questo telegramma dettero assicurazione di aver denunciato i vari Trattati di Commercio con telegrammi del 26 e 27 giugno. Sulle trattative commerciali cfr. (3) -Cfr. n. 226.
256

IL CONSOLE A FIUME, SEYSSEL DI SOMMARIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 412. Fiume, 25 giugno 1875 (per. il 28).

Il viaggio di S. M. Francesco Giuseppe in Dalmazia a cui venne attribuito uno scopo politico d'alta importanza sarebbe stato (a quanto mi risulta da fonte ben informata) intrapreso allo scopo solo dinastico di riacquistare alla persona del Monarca l'attaccamento delle popolazioni sì primitive che guerresche confinanti la Turchia, attaccamento che un lungo oblio e le mene d'agenti panslavisti Russi avevano contribuito se non a distruggere affatto, almeno a diminuire considerevolmente.

Infatti, col mostrarsi quasi senza seguito a mezzo di folle armate, coll'informarsi dei loro bisogni ed aspirazioni, col contribuire largamente alle opere pie locali, Sua Maestà Imperiale e Reale seppe destare un vero entusiasmo pella sua persona, e quindi pella dinastia. Nel mentre protestavansi però sentimenti di fedeltà al Monarca, formulavansi lagnanze sullo stato politico dei paesi che il Sovrano visitava, e richiedevansi, ora direttamente, ora indirettamente, provvedimenti anche anticostituzionali relativi alla ricostituzione del triregno CroatoDalmato-Slavonico in base ad antichi diritti. Così più potentemente ancora di quello che si destasse il sentimento dinastico, veniva risvegliato il sentimento nazionale, nemico dell'influenza Italiana in queste parti, e creavasi non solo pel cosiddetto partito Italiano di Dalmazia e delle isole nonché delle città di Croazia, ma anche pei nostri connazionali ivi stabiliti, una posizione non poco difficile. Ai desiderj esternati durante il viaggio imperiale riguardo atl'unione Slava, si aggiunse poi la voce della stampa liberale slava, senza che gli organi del Governo intervenissero per dimostrare l'inopportunità di eccitazioni e polemiche pericolose pell'ordine, come purtroppo il provarono i recenti fatti di Sebenico, quali sarebbero così da attribuirsi al silenzio governativo interpretato in senso favorevole alle mire del partito Slavo che giudica contrarj alle aspirazioni patrie la lingua e gli usi Italiani.

È opinione di questo partito che la lingua e gli usi slavi soli possono mantenere viva negli animi l'omogeneità necessaria al riacquisto dell'indipendenza. A questo scopo protesta contro l'adozione di libri Italiani pelle scuole, contro l'emigrazione dei nostri lavoranti, contro lo sviluppo della nostra navigazione, etc.; fa propaganda attiva nelle città suscitandovi difficoltà ai nostri, li assale con percosse e perfino (se si deve credere ai giornali) con ferite.

Si asserisce è vero che il Governo riconosca le difficoltà della situazione, propenda ad una repressione energica, ma credesi altresì che a stento egli potrebbe a ciò decidersi, per vedute dinastiche, avendo provocato, benché involontariamente, tale situazione.

Nato in Dalmazia, il movimento presto s'estese a tutte le località d'origine slava, e ne derivarono: la richiesta alla Dieta d'Agram dei deputati di Fiume, la proposta Makanec pell'unione della Croazia colla Dalmazia, i recenti suaccennati fatti di Sebenico, l'agitazione in Illiria.

Fintantochè la quistione si pone sulla ricostituzione del triregno CroatoDalmato-Slavonico, pare che l'Ungheria ciò veda tranquillamente, poiché essa rivendicando dei diritti sugli Stati tutti della Corona di San Zvonimiro, la riunione della Dalmazia alla Croazia e Slavonia verrebbe a parere suo ad aumentare l'importanza territoriale Ungarica, benché con detrimento delle Ungariche finanze, sintantochè non sia compiuta la rete ferroviaria Dalmata dalla quale molto miglioramento s'attende per l'avvenire del paese.

Ciò posto, qualunque sia la forza del partito d'unione, ch'egli riceva o non appoggio dalla Russia, vi è poca probabilità ch'egli riesca a mutare le condizioni politiche della Croazia Slavonia e Dalmazia almeno per lungo tempo.

Possibilissimo al contrario è ch'egli riesca a suscitare delle difficoltà al Governo e (ciò che più importa a noi) agli interessi italiani, come del resto si deduce da quanto precede; ragione per cui ho creduto doverne riferire all'E. V.

Dalle generalità discendendo a particolari che più direttamente interessano questo R. Ufficio, debbo dire riguardo a Fiume che sebbene la città sia Croata di lingua, d'usi e topografia, essendo ella corpus separatum a norma dell'editto di Maria Teresa 23 Aprile 1879 e per interesse provvisoriamente riunita all'Ungheria, Fiume rifiutasi di mandare deputati alla Dieta di Agram; e del resto finora gli interessi italiani non ebbero a soffrire per opera del partito dell'unione Slava. Checchè ne sia, ispirandomi nel presente, i mei sforzi tendono ad evitare qui urti fra Italiani e Slavi, e cerco di contribuirvi col dimostrare che l'uso della lingua Italiana in nulla pregiudica gli interessi Slavi, anzi agevola nella città del litorale le relazioni marittime e commerciali.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

T. 123. Roma, 26 giugno 1875, ore 17,25.

La réponse du Gouvernement fédéral n'impliquant point engagement absolu de faire cesser en toute hypothèse le premier juillet 1876 le traité actuel, j'ai fait dénoncer hier tous nos traités contenant clause de la nation la plus favorisée. Nous acceptons du reste la réponse suisse avec le meme sentiment amicai qui l'a dictée.

258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 566. Roma, 27 giugno 1875.

Il Marchese di Noailles ha avuto l'ordine dal suo Governo di intrattenermi delle difficoltà che esistono nei rapporti fra il Brasile e la Repubblica Argentina, difficoltà le quali, nate quando appena era terminata la guerra contro Lopez, ebbero per prima origine la disparità di opinioni che si produsse fra quei due Governi sul modo di regolare le questioni relative al Paraguay. In un dispaccio che porta la data del 9 corrente, S. E. il Duca Decazes espone al Rappresentante della Francia presso il Governo di Sua Maestà lo stato dei rapporti esistenti fra quei due Governi americani e prende motivo dagli ultimi incidenti relativi al progetto attribuito al Governo Argentino di chiudere con torpedini il Canale di MarHn Garcia per rinnovare la domanda che i Rappresentanti italiani a Rio Janeiro ed a Buenos Ayres abbiano ad agire d'accordo con i loro Colleghi di Francia nel senso d'influire per risolvere pacificamente le difficoltà esistenti.

Ho ringraziato il Marchese di Noailles della comunicazione che mi faceva. Pochi giorni prima che egli mi intrattenesse di questo soggetto, io aveva scritto alle Legazioni di Sua Maestà al Brasile, all'Uruguay ed all'Argentina perché si adoperassero di concerto particolarmente con i Rappresentanti francesi per allontanare il pericolo di una guerra che riuscirebbe di gravissimo pregiudizio ai commerci ed alla navigazione mercantile dell'Italia. Memore dell'importanza che, or son pochi mesi, il Governo di Versailles aveva dimosirato di mettere a che l'azione della Francia e dell'Italia riuscisse concorde in un affare nel quale i due paesi hanno un'identità assoluta d'interessi, io aveva rinnovato ai R. Agenti diplomatici presso quegli Stati dell'America meridionale le istruzioni date prima d'ora ricordando che negli incidenti che si erano recentemente verificati quelle istruzioni trovavano una pratica applicazione.

Nei dispacci diretti ai Rappresentanti di Sua Maestà al Brasile ed all'Argentina ho dovuto naturalmente far osservare che nessuno degli Stati italiani avendo figurato come Stato contraente nei trattati che hanno assicurato la libertà di navigazione nella rete fluviale platense, potevano presentarsi dei casi nei quali la posizione diplomatica dell'Italia fosse alquanto diversa di quella degli Stati che firmarono quelle Convenzioni internazionali. Ma il non aver

titolo da una Convenzione non diminuisce l'interesse che l'Italia ha di mantenere inviolata la libertà della navigazione fluviale nel Plata e nei suoi maggiori affluenti. Questo interesse si connette colla conservazione dello statu quo territoriale dei paesi bagnati da quei grandi fiumi. Le inquietitudini che aveva concepito il Brasile circa i progetti che si attribuiscono all'Argentina ajutata dall'Uruguay di allontanare il Brasile dal Bacino platense col togliergli le vaste solitudini della provincia di Rio Grande del Sud, meritano, al punto di vista sopraindicato, la più seria considerazione. Le condizioni precarie del Paraguay che potrebbe scomparire ad un tratto dal novero degli Stati indipendenti hanno peggiorato assai le condizioni di fatto sulle quali si appoggia l'applicazione del principio della libera navigazione dei fiumi a quei grandi corsi di acqua sui quali navigano intere flotte mercantili di tutti i paesi. La nostra attenzione si è rivolta da parecchio tempo a considerare sotto questo punto di vista gli avvenimenti che possono essere la conseguenza dei difficili rapporti esistenti fra il Brasile e l'Argentina. Le relazioni che il Governo di Sua Maestà ha ricevuto da quei paesi ci fanno temere che nel caso di guerra l'Impero brasiliano non sarebbe in grado di difendere la provincia di Rio Grande contando appena l'esercito brasiliano circa 17 mila combattenti. La presenza di una numerosa flottiglia imperiale nel Plata era indispensabile per assicurare al Brasile il mezzo per mantenersi negli attuali suoi possessi. La preponderanza assicurata finora al Brasile dal naviglio di guerra di cui il Governo imperiale dispone, sarebbe distrutta sia dalle fortificazioni di Martin Garcia, sia, e forse ancora più facilmente dal sistema difensivo al quale pare che l'Argentina voglia dare ora la preferenza dappoiché quella Repubblica si è provveduta di torpedini e di un battello speciale per la manovra di quei terribili strumenti di guerra. Vi è in tutto ciò motivo a riflettere sui pericoli di cui sarebbero minacciati dei numerosi e considerevoli nostri interessi. Ed a noi riesce quindi sotto ogni aspetto molto gradito di sapere che altre Potenze, aventi interessi eguali ai nostri da tutelare e difender,e, non perdono di vista ciò che avviene e ciò che si prepara in quei lontani paesi. Valendosi delle cose esposte in questo dispaccio e delle informazioni che Ella può raccogliere nelle altre comunicazioni fattele dal R. Ministero io desidero che V. S. continui col Ministro degli Affari esteri di Francia uno scambio di idee al quale abbiamo sempre attribuito un alto valore.

259

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 276. Alessandria, 29 giugno 1875 (per. il 10 luglio).

L'installazione dei nuovi tribunali ha avuto luogo jeri, ma non con quella pompa che si sarebbe voluta dal Viceré. Il Khedive mi ha detto confidenzialme11te che ha temuto con una grande cerimonia ufficiale, che avrebbe avuto il carattere di una proclamazione, di

attirarsi qualche osservazione da Costantinopoli, o creare qualche difficoltà di diversa natura che finora si poterono felicemente evitare. Questa determinazione, che ha cambiato il programma stabilito alla vigilia del giorno stabilito per la funzione, mi fa supporre che non si sieno temute, ma che sieno giunte delle osservazioni confidenziali ed amichevoli.

Il Khedive ha ricevuto officialmente il solo Corpo della nuova Magistratura, estera ed indigena, al quale ha rivolto un breve discorso, molto applaudito, che si riassume nel seguente concetto: Autorizzato da S. M. il Sultano, e secondato dal valevole concorso delle Potenze, inaugurava una nuova era di giustizia, fidente negli esimi magistrati che vedeva raccolti intorno a sé, ed ai quali affidava la più importante branca di Amministrazione.

Scerif Pascià rispose in nome della Magistratura. E qui finì la parte ufficiale.

Il Corpo Diplomatico e Consolare, invitato con Circolare del Ministro, venne quindi a felicitare il Khedive, ma ognuno separatamente, e senza uniforme. Sua AUezza mi ha rivolto parole di profonda riconoscenza per Sua Maestà e per il R. Governo per il costante e disinteressato concorso in favore di un'opera così eminentemente civilizzatrice.

Non invitato tutto il ceto finanziario commerciale, e delle arti libere, accorse numeroso e spontaneo alla residenza vicereale, come manifestazione della pubblica opinione in favore della riforma, e furono tutti ricevuti affabilmente dal Viceré. È da rimarcarsi che la Colonia Francese non rimase seconda alle altre in questa pubblica manifestazione.

Il rappresentante di Francia naturalmente non intervenne. Il Khedive mi ha confermato di aver fatto sapere a Parigi che per non marcare un'esclusione che potesse avere un carattere offensivo, Scerif Pascià avrebbe diretta la stessa Circolare anche all'Agente Francese, ma che non intendeva con ciò creare nessun imbarazzo di qualsiasi natura. Potei chiaramente comprendere che fossero del tutto d'accordo da una parte e dall'altra.

P. S. -Unisco un numero di giornale che inserisce discorsi del Viceré e di Scerif Pascià (1).

260

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, l luglio 1875.

Benché nulla vi sia di importante, profitto con piacere del corriere per scrivervi la mia solita lettera. La stagione morta è cominciata e vi confesso che faccio delle considerazioni filosofiche suHa diplomazia pensando al ben essere di cui gode l'Europa quando i diplomatici vanno a curare i loro reumi

e la loro gotta. Ho letto col più grande interesse quanto voi mi scriveste nella vostra particolare del 20 Giugno (l) intorno agli ultimi incidenti diplomatici e il resoconto della conversazione avuta col Conte Andrassy. Al pari di voi sono convinto che il Principe di Bismarck desidera, nell'animo suo, piuttosto la guerra che la pace. Non so s'egli avesse il partito preso di far la guerra, ma, siccome questa eventualità gli sembra piuttosto utile che temibile, si mise a gettare QUa e là dei fiammifed accesi per vedere se alcuno appiccava l'incendio, e mantenne inquieta l'Europa per far sorgere una di quelle situazioni arruffate che conducono alla guerra. Nel tempo stesso queste inquietudini, il linguaggio, a cui si allentò il freno, dei circoli militari a Berlino e della stampa tedesca offrirono alla Russia e all'Inghilterra una opportunità di cui queste due potenze si valsero per darsi l'apparenza di aver reso un grande servigio all'Europa. La parola apparenza è esatta per quanto concerne l'azione diplomatica esercitata dall'Inghilterra. Per la Russia la cosa è diversa perché sono disposto a credere che in questa quistione della pace o della guerra l'influenza dell'Imperatore Alessandro sia davvero se non del tutto decisiva, per lo meno molto importante. A questo proposito vi dirò confidenzialmente, come un sintomo della situazione, che a me risulterebbe che quando il Signor Radowitz si recò, parmi verso la fine dello scorso inverno, a Pietroburgo per farvi un interim, egli non aveva solo l'incarico di regolare alcuni incidenti secondari che erano sorti in Oriente, come quello dei Consoli di Belgrado, ma che la sua missione andava più in là e consisteva nel chiedere alla Russia di dire francamente che cosa essa desiderava in Oriente e se vi era qualcosa

che potesse tentarla da quel lato. Pare che il Gabinetto russo abbia risposto negativamente. Vi confesso che temo alquanto che anche nell'avvenire la chiave della situazione sia in codeste tentazioni.

Voi mi dite essere convinto che anche fra dieci anni la Prussia schiaccerebbe la Francia. Come militare siete molto più competente di me a giudicarne. Io mi pongo a un punto di vista esclusivamente politico e desidero che la vostra opinione prevalga tanto in Prussia quanto in Francia. La Prussia, convinta che la sua grande superiorità militare non le può sfuggire si sentirà meno spinta a precipitare gli avvenimenti; la Francia si sentirà obbligata dalla ferrea necessità ad essere prudente e a non gettarsi incontro ad un irreparabile disastro nazionale. Quanto alle illusioni che la Francia potrebbe trarre non solo dalle forze sue proprie, ma dalla lusinga di eventuali alleanze, tocca alle Potenze che desiderano la pace l'astenersi lealmente dal lasciare adito ad alcun simile inganno.

Intorno alla situazione generale dell'Europa e alla nostra attitudine, della quale mi toccate nell'ultima vostra leHera, vi dirò Qual'è il mio pensiero e credo che, come sempre, le nostre vedute saranno conformi.

Desidero ardentemente la pace. Credo, d'accordo del resto col sentimento pubblico in Italia, che la pace è un assoluto interesse del nostro paese, tanto per le sue condizioni interne come anche per le estere. È un assoluto interesse ch'essa sia per lo meno aggiornata il più a lungo possibile, quando in una

crisi europea l'Italia potrà agire come una grande potenza e non apparire dominata da quella specie di fatalità che è la legge dei deboli.

Lo statu quo conviene alle presenti condizioni dell'Italia. Io sono convinto che se ora scoppiasse una nuova guerra tra la Germania e la Francia, l'esito di questa guerra, qualunque esso fosse, riuscirebbe sempre dannoso e pericoloso per l'Italia. Se la Francia, il che non è punto probabile, vincesse, l'Italia si troverebbe posta subito in una situazione delle più pericolose ed incerte. Se, come è invece quasi certo, la Germania schiaccia di nuovo la Francia, quale risultato dare ad una guerra che non avrebbe avuto altro motivo che il pronto ricostituirsi delle forze della Francia dopo i disastri del 1870 e dopo la perdita dell'Alsazia e di Metz? Bisognerebbe fare qualcosa per cui si credesse d'averla finita per sempre colla Francia, smembrarla, creare qualcuna di quelle combinazioni, non naturali e quindi anche effimere che ricorderebbero quelle con cui Napoleone I faceva e disfaceva le sue paci. Ne verrebbe fuori probabilmente un'Europa di cui l'occidente apparterrebbe alla Germania e l'oriente alla Russia. Ora io credo che l'Italia è uno di quei paesi che non possono farsi il loro posto e svolgere il proprio avvenire che in un'Europa dove esista un certo equilibrio di forze.

Inoltre vi confesso che se la guerra fra la Germania e la Francia scoppiasse nelle condizioni presenti, la situazione nella quale si troverebbe l'Italia non ha per me nulla di sorridente. Sono perfettamente del vostro parere che, in ogni modo, non ci porremmo con la Francia, sarebbe far causa comune con un disastro. Se la guerra prendesse delle proporzioni generali, se altre Potenze vi pigliassero parte, la situazione dell'Italia sarebbe più chiara, essa dovrebbe scegliere il suo campo. Se la guerra fosse provocata dalla Francia per un atto di follia o di suprema imprudenza, se la guerra scoppiasse per una quistione clericale nella quale la Francia associasse la sua causa a quella della reazione ultramontana e se ne facesse il paladino, la condizione nostra sarebbe pure più chiara e la nostra condotta potrebbe essere tracciata e giustificata dalla solidarietà di un interesse diretto. Ma potrebbe darsi che né l'uno, né l'altro di questi due casi si verificasse, che la guerra rimanesse isolata fra le due nazioni nemiche, che nessuna Potenza vi partecipasse, che la Francia non desse alcun ragionevole pretesto alla guerra, che, sorgendo una quistione clericale, il Governo francese cedesse piuttosto che andare incontro a un troppo grande pericolo, che facesse ragione a ogni reclamo giusto o ingiusto e chinasse il capo, che infine la guerra scoppiasse, come minacciò di scoppiare quest'anno, per un puro e semplice partito preso e per una pura e semplice aggressione della Germania. Quale sarebbe la nostra situazione? Da un lato non mi dissimulo gli inconvenienti della neutralità, ma dall'altro vi confesso che proverei una ripugnanza grandissima vedendo l'Italia associarsi sola ad una guerra non giustificata nell'opinione dell'Europa, e seguire la Germania non tanto come un alleato quanto come uno sgherro.

È questa una ragione di più per farci desiderare la pace. Comprendo bene che non sarà in poter nostro il decidere degli avvenimenti europei e della condotta altrui. Frattanto io credo che noi dobbiamo coltivare sempre le migliori e più cordiali relazioni colla Germania perché queste relazioni debbono essere la base della nostra politica estera, astenerci con cura da quanto

possa in alcun modo turbarle, ma, nel tempo stesso, conservare la nostra libertà d'azione e tenere apertamente la condotta e il linguaggio di un paese che desidera la tranquillità dell'Europa e i cui voti e i cui interessi sono per il mantenimento della pace.

Quanto alla Francia, noi non facciamo con essa alcuna politica all'infuori di quella dei rapporti cortesi e della fiducia generale che abbiamo ispirato all'Europa e quindi anche alla Francia nelle tendenze pacifiche del Governo italiano. Ciò basta alle nostre relazioni. So che il Governo francese fu tutt'altro che soddisfatto e si lagnò della condotta del Conte Andrassy negli ultimi incidenti, anzi se ne insospettì e andò cercandone delle ragioni lontane dal vero. A questo proposito vi aggiungerò, non per altro che perché suppongo tale informazione possa avere qualche interesse per voi, che al Duca Decazes fu riferito che il Ministro d'Italia a Vienna si mostra molto ostile alla Francia. Nigra che lo seppe dal Duca Decazes in una conversazione affatto privata gli rispose ponendolo in avvertenza contro informazioni probabilmente interessate e quindi sospette. Vi ho prevenuto di ciò solo, lo ripeto, perché può interessarvi il saperlo ora sopratutto che al Marchese d'Harcourt è sostituito a Vienna il Conte di Vogué che passa per uomo intelligente, attivo, ma molto sull'avviso e clericale.

Voi vedete da questa mia lunga lettera che gli ozii estivi sono incominciati e che, in mancanza d'affari presenti, v'è il tempo per discorrere di incidenti passaati e di quistioni generali. Fra quattro o cinque giorni lascerò Roma per andare a respirare un po' l'aria delle Alpi. Sarò di ritorno qui ai primi di Agosto per rimanervi un pajo di settimane e ripartire poi.

(l) Non si pubblica.

(l) Cfr. n. 246.

261

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2214/522. Londra, l luglio 1875 (per. il 5).

Siccome ebbi l'onore d'informare l'E. V., non mancai di consegnare ai destinatarj gli esemplari dei discorsi pronunciati da S. E. il Presidente del Consiglio dei Ministri sulla politica ecclesiastica, che mi furono spediti con l'ossequiato dispaccio politico n. 228 delli 27 Maggio andato (1).

Il Signor Gladstone, che a voce mi aveva già ringraziato per quella trasmissione, ora mi ha scritto, con la data di ieri, la lettera che ho l'onore di trascriverle pel caso che l'E. V. credesse di doverla comunicare all'Eccellentissimo Signor Commendatore Minghetti:

• Ho letto col più vivo interesse i discorsi del Presidente del Consiglio che egli ebbe la cortesia di destinarmi e che io ringrazio V. S. di avermi rimesso.

La politica ecclesiastica dell'Italia è di grave interesse per il mondo. Se le circostanze mi permettono di ottenere sufficienti informazioni, io sarò forse tentato, in breve, di farla conoscere più in esteso ai miei connazionali.

La dignitosa astensione e la perfetta tolleranza di fronte a provocazioni gravissime, che formarono (mi pare) la base di quella politica, ottengono la mia intera simpatia.

Noi, come gl'italiani, abbiamo avuto da ultimo, nel caso dell'Irlanda, a spogliarci di prerogative e giurisdizioni di Stato. Il nostro modo di procedere fu interamente opposto a quello dell'Italia. Sarà curioso il ricercare fino a qual punto tale differenza sia spiegata dalle circostanze diverse dei due casi.

Confesso di provare un sentimento di vivo interesse pel caso delle tre parrocchie -credo presso Mantova -le quali, come io sono costretto a ritenere, hanno combattuto nella loro modesta sfera, la battaglia della fede, della libertà e dell'Italia. •

Le opinioni enunciate in questa lettera mi sono state già varie volte espresse dall'illustre uomo di Stato. Egli mi ha detto che • se il Governo d'Italia non avea da scegliere fra le tre politiche che si possono adottare col Papato -il servilismo, la persecuzione o l'astensione -, e se gli uomini di quel Governo meritavano ogni approvazione pel modo come hanno saputo seguire l'ultima di quelle politiche, facendo in pari tempo rispettar le leggi, non è men vero che il Partito Cattolico Europeo abbia un solo e vero scopo: la distruzione dell'Italia. Gli amici dell'Italia e quelli delle più care libertà e instituzioni del mondo civile non debbono pertanto porre in non cale i mezzi legittimi di lotta e di self-defense •.

(l) Non pubblicato.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 2 luglio 1875.

Due righe di fretta in seguito allo scambio de' telegrammi di jeri e di oggi. Sono lieto che la cosa abbia potuto combinarsi secondo la vostra proposta e che il viaggio di S. A. R. il Principe Umberto sia stato consentito da Sua Maestà. Ben mi duole che vi sia stato l'inconveniente del telegramma, en clair, di Sua Maestà ma la colpa è dell'aver dovuto, in una simile circostanza, perdere tutto il tempo che era reclamato da comunicazioni che da Vienna venivano a Roma per andare a Valdieri.

In questa spedizione troverete una lettera mia per Sua Altezza Reale. Credo bene avvertirvi confidenzialmente del contenuto di questa lettera, perché conosciate in prevenzione il nostro modo di vedere nel caso che Sua Altezza ve ne parlasse e possiate mettervi ai suoi ordini e dirgli il vostro pensiero.

Il Principe Umberto si troverà a Vienna col Gran Duca Ereditario di Russia. Io credo che. nelle attuali condizioni dell'Europa, è per noi importante assai il curare le relazioni fra l'Italia e la Russia, relazioni che sono rimaste.

a dir vero, amichevoli ma alquanto sterili. Colla Russia la base essenziale a dare alle relazioni fra i due paesi è quella delle relazioni fra le due Case Regnanti. Sarei lieto di vedere riprendere, per quanto le mutate circostanze lo comportano, una tradizione dinastica di cui la Casa di Savoia non ha avuto a pentirsi.

Per questo il Presidente del Consiglio ed io avevamo tenuto parola a Sua Maestà e al Principe Umberto della possibilità di una visita del Pvincipe e della Principessa alla Corte di Russia e questo, vi confesso, anche con una arrière pensée più remota, ma della quale ora non giova parlare.

Il Re e il Principe non erano contrarii, ma naturalmente rimaneva sempre a determinarsi il modo di preparare questa visita, il come, il quando, la circostanza più opportuna, ecc. ecc., e ci pareva che, per quest'anno, mancasse il modo di prepararla. Ora penso che si potrebbe cavare qualche profitto dall'incontro del Principe col Gran Duca Ereditario. È su questo argomento che scrivo a Sua Altezza Reale. Il Principe potrebbe fave un cenno al Gran Duca de' suoi progetti o de' suoi desiderii e da Questo colloquio potrebbe uscire qualche combinazione o per quest'anno o per l'anno venturo. Ben inteso che dovrebbe essere scelto un momento in cui l'Imperatore e la Corte sono a Pietroburgo. Credo bene di scrivervi questo perché se il Principe ve ne parla, mi sarebbe grato che vi fosse porta occasione di consigliarlo con quel tatto di cui avete dato tante prove in vantaggio del Governo e del paese.

263

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 299. Bruxelles, 2 luglio 1875 (per. il 6).

La risposta belga alla circolare russa delli 20 Maggio ultimo sulla nuova riunione della conferenza internazionale sui diritti e doveri degli Stati e degli eserciti belligeranti è partita, assicurasi, li 29 dell'ultimo Giugno.

In questo documento il Gabinetto di Bruxelles fa conoscere che non può rinunziare ai principii da lui sostenuti nella Conferenza del 1874 sui principali punti seguenti dell'occupazione: (indicherò la numerazione degli articoli secondo il progetto di una dichiarazione internazionale che concerne le leggi ed i costumi di guerra pagina 288 degli atti della conferenza di Bruxelles): de l'autorité militaire sur le territoire de l'Etat ennemi; articoli l ad 8 inculsivamente. Dei belligeranti: qui doit étre reconnu camme partie belligérante des combattants et des non combattants articoli 9 ad 11 inclusivamente ed infine circa la contribuzione e le requisizioni. Des contributions et des requisitions -articoli 40 a 45 inclusivamente.

Se malgrado simile dichiarazione di principii il Governo Imperiale Russo pensa che il Belgio possa esser,e di qualche utilità alla conferenza si nomineranno da Bruxelles rappresentanti a quel consesso, i quali avranno per istruzione di discutere il resto del progetto ad referendum e di prendere anche

parte alle riunioni ove si parlerà degli articoli riservati sovramenzionati ma senza allontanarsi dalla massima di non cambiare il loro modo di vedere.

Il Governo Belga vedrebbe anche con piacere messi ben in chiaro i doveri dei neutri circa i feriti ed i belligeranti internati articoli 53 a 56 inclusivamente, del sovramenzionato progetto, e tale desiderio è così naturale quando si pensa alla posizione del Belgio fra la Francia e la Germania, ed alle difficoltà che si ebbero nel 1870.

La risposta belga è conforme a quanto mi diceva a questo riguardo il Barone Lambermont nel Febbraio u.: rapporto delli 27 Febbraio n. 247 serie politica (1).

Ultimamente il Conte d'Aspremont-Lynden mi diceva parlandomi di questa questione: • Come possiamo noi sanzionare nuovi diritti agli eserciti di invasione, e diminuire così le nostre difese, sciogliendo i nostri cittadini dall'obbligo di fare qualunque resistenza al nemico: noi, piccoli e deboli, di cui un esercito di 300.000 può in aualche giorno occupare tutto il territorio, eccetto Anversa. Invece il nostro più vitale interesse si è di riservarci tutte le forze onde fare la maggior resistenza ad una occupazione. Ci rendiamo, d'altra parte, ben conto che i grandi Stati, la cui posizione è affatto diversa, possono ammettere i principi del progetto russo. Contiamo, aggiungeva il mio interlocutore, sugli altri piccoli stati •; e mi faceva intendere che faceva il maggior assegnamento per difendere le idee belghe sul concorso della Svizzera e dei Paesi Bassi: (anzi si pretende sapere qua che la risposta di questi due Governi alla circolare del 20 Maggio ultimo sarà molto simile a quella data dal Belgio;) la Danimarca e la Svezia avendo una posizione speciale che impone loro particolari riguardi verso i progetti del Governo Russo. Infine il Conte d'Aspremont mi disse speriamo anche trovare in concordanza colle idee nostre il Governo Italiano.

A simile diretta allusione al modo di vedere del Governo del Re, su così importantissimo argomento, io evitai con cura di dare risposta veruna a S. E. Osservo solo che è la prima volta che questo Ministro degli Esteri mi fa parola di una consimile speranza ed opinione del Governo Belga. Speranza ed opinione di cui già ero stato avvisato in via indiretta, come ebbi l'onore di riferire a V. E. nel mio rapporto delli 16 Giugno n. 292. (2)

264

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. Roma, 3 luglio 1875 (per. il 4).

Ringrazio l'E. V. delle comunicazioni favoritemi colla nota segnata a margine (3) circa gli italiani rifugiati in Lugano.

Anche da altre fonti mi viene segnalata una straordinaria agitazione fra quegli emigrati e specialmente nel gruppo capitanato dal Cafiero, che abita nella villa Baronata presso Locarno e mi si assicura anzi che detto Cafiero abbia alienato le sue proprietà per impiegarne il ricavato nella compera di armi che sarebbero concentrate a Lugano e dovrebbero servire per un prossimo movimento insurrezionale da tentarsi con bande armate in diversi punti del Regno.

A questo proposito prego la E. V. di raccomandare al R. Co':lsole una speciale sorveglianza e desidero aver poi notizia dei risultati della stessa.

Desidererei pure conoscere chi sia il siciliano partito ultimamente da Lugano per Venezia con 20 mila lire e se precisamente possa egli essere certo Ruta Guglielmo disertore del quale mi vengono dati i seguenti connotati: Statura m. l ,69, età dai 30 ai 35 anni, corporatura giusta, capelli scuri ricciutelli, barba intiera corta piuttosto rada nelle guancie, colorito olivastro, veste bene, porta anello di metallo giallo con testa di cervo alla cravatta rossa, giubbetto scappante indietro, cappello a cilindro o nero a pajolino piuttosto alto, ha una mazza color nocciola con catenella di metallo bianco, ed ombrello con pomo d'acciajo e catenella come sopra, parla con accento napoletano (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 243. (2) -Si tratta del d. 26 Svizzera.
265

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 34. Pietroburgo, 3 luglio 1875 (per. il 10).

Mi è esattamente pervenuto il riverito di Serie Politica n. 4, in data del 21 giugno (2), col quale V. E. si è compiaciuta inviarmi la risposta del Governo del Re alla Circolare Russa del 20 maggio, relativa agli atti della Conferenza di Bruxelles sui diritti ed i doveri dei belligeranti.

Uniformandomi alle istruzioni datemi dall'E. V. mi sono messo subito in rapporto coll'Ambasciatore di Austria Ungheria il quale riceveva quasi contemporaneamente la risposta del Conte Andrassy alla Circolare del Governo Imperiale di Russia.

Entrambe le risposte sebbene esprimano in sensi egualmente benevoli l'adesione in massima dei rispettivi Governi alle proposte della Russia, si diversificano in ciò che mentre V. E. significa il voto adesivo del Governo del Re come risultato del parere favorevole emesso dalle due commissioni nominate ad hoc, il Conte Andrassy per contrario dichiara che, abbenché la Commissione a cui fu da lui commesso l'esame degli atti della Conferenza di Bruxelles non abbia ancor terminato il suo lavoro, il Governo Austro Ungarico non vuole più a lungo indugiare di dare la sua risposta adesiva; ed aggiunge di essere quindi disposto a prender parte ad una nuova Conferenza.

Queste differenze, sopra tutto dopo l'autorizzazione datami da V. E., di dichiarare, nel caso ne fossi richiesto, che il Governo del Re consentirebbe a farsi rappresentare in una seconda Conferenza, essendo di pochissimo rilievo anzi direi di pura forma, non potevano impedire che un perfetto accordo si stabilisse fra il Barone di Langenau e me in quanto al modo di procedere.

Abbiamo dunque nello stesso giorno, ma non simultaneamente, dato comunicazione al Barone di Jomini dei dispacci ricevuti rilasciandogliene copia.

Il Barone di Jomini nel mostrarsi grato a V. E. per la data risposta, mi ha detto di essere al tempo stesso dolente di non potersi contentare di un'adesione in massima, mentre nel dispaccio medesimo di V. E. si accenna ad osservazioni ed a proposte di cambiamenti, che sebbene dichiarate di non essenziale importanza, è utile che siano prima conosciute e ponderate dal Governo Imperiale. Ei pare, continuava a dire il Barone Jomini, che il Governo Imperiale non abbia bene espresso il suo concetto nella Circolare del 20 maggio, poiché il Governo Italiano e parecchi altri Governi non han creduto di comunicargli le loro idee e le loro osservazioni sulle materie che possono formare oggetto di controversia. Eppure, egli aggiungeva, non è che dopo un accurato esame di tutte queste osservazioni e dopo averne ben ponderata l'importanza ed il valore, che il Governo Russo potrà giudicare di ciò che gli convenga fare, ciò è a dire se debba proporre la convocazione di una seconda conferenza, ovvero avvisare ad un mezzo diverso che raggiunga lo stesso fine. Egli dunque prega per mio mezzo l'E. V. di volergli far pervenire al più presto le osservazioni di cui è fatto cenno nel suo dispaccio.

Una risposta quasi identica è stata da lui data al Barone di Langenau, il quale mi ha detto che sa::ebbesi affrettato a chiedere a Vienna l'invio del lavoro che presenterà la Commissione.

(l) -Annotazione marginale: a Lugano 4/8/75. (2) -Cfr. n. 247.
266

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 35. Pietroburgo, 4 luglio 1875 (per. il 10).

In una conversazione che ebbi nei giorni scorsi col Barone di Jomini credetti opportuno d'interpellarlo sulle voci corse e raccolte da parecchi giornali autorevoli, circa una probabile alleanza da conchiudersi fra la Russia e l'Inghilterra.

Il Barone di Jomini mi rispose presso a poco in questi termini: • Ce sont des bruits qui n'ont et ne peuvent avoir aucun fondement. L'Angleterre, d'abord n'est pas un pays avec lequel on puisse faire des alliances. Si elle pouvait se dégager de celles qu'elle a contractées elle le ferait volontiers. Ses hommes d'Etat, du reste, agissent toujours par boutade ou dans un intéret de parti. Mais il est de fait que nos relations sont depuis quelque temps sur un pied plus amicai qu'il ne était avant. Nous ,Jui avons meme su gré de la démarche pacifique qu'elle a faite dernièrement, quoique on ne puisse s'empécher de reconnaìtre qu'elle s'y est prise assez maladroitement. Vous et l'Autriche vous avez très bien agi en cette circonstance. Vous avez dit que vos sentiments étaient bien connus à Berlin et que vous aviez confiance dans la réussite de la démarche que l'Empereur Alexandre se proposait de faire. Mais l'Angleterre a été non seu1ement maladroite mais indiscrète et incorrecte vis-à-vis du Cabinet de Berlin, qui trouve que Lord Derby n'était pas autorisé à publier et à communiquer au Parlement la réponse que le Prince de Bismarck a bien voulu, par simple courtoisie, donner à l'Ambassadeur Anglais. Il est bien maitre Lord Derby de publier ses démarches et ses actes à lui, mais non pas ceux des Gouvernements étrangers. •

Il Barone di Jomini mi parlò nello stesso incontro con compiacenza dell'abboccamento che ebbe luogo fra l'Imperatore Alessandro e l'Imperatore d'Austria, ciò che non farà, egli soggiungeva, che corroborare le buone relazioni esistenti fra i due paesi e l'accordo stabilitosi fra i tre Imperatori.

Serva ciò di conferma al telegramma che ho avuto l'onore di spedire a

V. E. in data del 26/14 Giugno. (l)

267

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 311. Vienna, 5 luglio 1875, ore 15,30 (per. ore 16,30).

S. A. R. il principe Umberto dopo ottimo viaggio giungeva a Vienna stamane alle 11. Fu ricevuto alla stazione da S. M. l'imperatore, dal principe imperiale e da tutti gli arciduchi e accompagnato da Sua Maestà al suo alloggio nel palazzo imperiale. L'accoglienza aveva la impronta della massima cordialità. Sua Altezza Reale testè giunta a palazzo telegrafò a S. M. la imperatrice vedova trasmettendole le condoglianze che S. M. il re, tanto a nome suo, come di tutta la casa Savoia, l'aveva incaricato di farle pervenire.

268

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. S. N. Alessandria, 5 luglio 1875 (per. il 15).

Questa mattina il Viceré mi ha fatto pregare di passar da lui, e mi disse che in occasione della inaugurazione dei nuovi tribunali si crederebbe colpevole di non esprimere la sua ammirazione e la sua riconoscenza verso il Commendatore Mancini per la splendida sua relazione che ha tanto contribuito a far accogliere favorevolmente la riforma giudiziaria, e mi ha pregato di fargli pervenire l'annessa lettera autografa. Il Khedive ebbe la delicatezza di farmela leggere, ed i sentimenti sopraccennati vi sono espressi certamente

in modo ben lusinghiero per l'onorevole Mancini. Per considerazione dell'alto mittente, e per non incorrere nella responsabilità di uno smarrimento, mi sono reso ardito di farla pervenire per mezzo dell'E. V., chiedendole perdono di tanta libertà.

(l) Non pubblicato.

269

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2225/524. Londra, 7 luglio 1875.

Ieri sera, nella Camera dei Comuni, il Signor Baillie-Cochrane chiamò l'attenzione del Governo sul progresso della Russia nell'Asia Centrale e fece una narrazione delle conquiste di quella Potenza, esortando il Governo a provvedere in tempo. Alcuni altri Deputati parlarono in vario senso; e la maggiore impressione fu prodotta dalle parole di Sir John Campbell, il quale giudicò intempestiva la • mozione • del Cochrane, non già perché sia impossibile una collisione in quella parte del mondo fra Russia ed Inghilterra in un remoto avvenire, ma perché non iscorgeva quale politica potesse rimediarvi e impedire la Russia di farsi innanzi; e consigliò pertanto di non menare un tanto rumore che poteva essere creduto fosse paura.

L'oratore del Governo Signor Bourke, dichiarò nella sua risposta di non poter presentare alla Camera nuovi documenti. Dopo gli ultimi presentati relativi ai fatti di Khiva, altre comunicazioni e dispacci erano stati cambiati fra l'Inghilterra e la Russia concernenti la quistione dell'Asia Centrale; ma

• non erano maturi per una pubblicazione •. Constatò le ottime relazioni esistenti fra i due Stati. Dichiarò non essere mai stato nella politica britannica il dichiarare per anticipazione la via che sarebbe adottata in circostanze ipotetiche e sotto condizioni che non esistevano. Nissun desiderio nutriva l'Inghilterra dell'allargarsi nell'Asia Centrale, ed essere reciproco interesse della Russia e dell'Inghilterra rimanga sempre una ragionevole distanza tra le due frontiere. Non potersi negare che possa esservi un pericolo pel futuro, ma le politiche rispettive debbono avere per iscopo d'impedire una cotale contingenza. Il progetto di definire una regione neutrale fu abbandonato, perché sarebbe stata cagione continua di sospetti, lagnanze, pericoli. I rapporti dell'Afganistano, -così importanti perché quella regione a buon diritto è detta essere la chiave della situazione, -non vennero mai trascurati, sono adesso migliori che mai, e lo saranno sempre più. Il Signor Bourke terminò coll'esprimere il voto che la Russia, permettendo ad un pacifico commercio di stabilirsi tra i suoi dominj del Turchestano e l'India, accresca quell'amicizia che adesso esiste felicemente fra i due grandi Imperi dell'Asia.

A questo riassunto di una discussione che ha palesate le preoccupazioni del pubblico inglese, debbo aggiungere, infine, che, avendo il Signor BaillieCochrane fatta allusione all'Egitto e al Canale di Suez, il Signor Bourke gli rispose che, mentre tutti debbono desiderare il successo di questa intrapresa cosi importante e vantaggiosa per l'Inghilterra sotto il doppio aspetto com

merciale e politico, nissuno poteva poi sostenere che l'Inghilterra debba entrare in accomodamenti internazionali rispetto al Canale medesimo, i quali potevano finire soltanto coll'imbarazzarla; né, pensava, sarebbe buona politica quella di sanzionare un qualsiasi accomodamento che potrebbe avere per effetto

• di violare i diritti territoriali del Kedive •.

270

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 7 luglio 1875.

Il Principe è partito stamane, e grato mi è il potervi dire che la sua venuta qui fu cosa oltremodo riescita per ogni verso. In quanto all'inconveniente che avrebbe potuto risultare dal primo telegramma en clair di Sua Maestà tengo a dirvi che non vi fu di sorta. poiché lo spiegai di maniera à ce qu'on n'y vit que du feu. Il Principe fu accolto qui con molta cordialità ed ebbe trattamento assolutamente pari a quello avuto dagli altri due Eredi del Trono. Presi le mie precauzioni in antecedenza, e nella sola occasione in cui i Principi ebbero un posto marcato gli si assegnò quello spettantegli a secondo della lettera dell'alfabeto colla quale comincia il nome Italia; poiché al pranzo di Corte il Principe di Allemagna era a destra dell'Imperatrice, quello d'Italia a destra dell'Imperatore, e quello di Russia a sinistra dell'Imperatrice. In ogni altra circostanza i tre Principi furono sempre assieme senza fissazione di rango fra di Loro. Sua Altezza Reale ha piaciuto molto a tutti qui, cominciando dall'Imperatore che è pienamente rinvenuto su certe prevenzioni che aveva contro di Lui. Il Conte Andrassy che ha lungamente conversato con Lui in casa mia, ed in un'udienza che si procurò, ne rimase incantato. Per mio conto anche mi permetto dire che Sua Altezza Reale fece non solo ottima figura, ma che proprio rappresentò il Re e l'Italia come meglio non sarebbe stato possibile. Insomma Vi ripeto che meglio di così, non poteva andave. Le cose essendo andate così, voglio sperare che tanto Sua Maestà quanto Minghetti e Voi mi vorrete perdonare l'insistenza forse soverchia ch'io mi permisi nel proporre l'effettuazione di questo viaggio. Sua Altezza Reale mi parlò della lettera da Voi direttagli, e mi fece l'onore di consultarmi sul linguaggio a tenersi in proposito col Gran Duca Ereditario di Russia. Sua Altezza Imperiale accolse sul principio con una certa freddezza l'entratura del Principe Reale, e ciò ci fece cader d'accordo sulla convenienza di non insistere; ma più tardi tornò egli sull'argomento, e così ci parve a tutti e due si fosse stabilito quell'addentellato che prima mancava per un viaggio in Russia alla primavera ventura. Tocca ora a Barbolani coltivar la cosa e farla fruttare, e non dubito che col suo spirito e tatto vi riuscirà.

Non ho d'uopo di dirvi che divido pienamente le vostre idee in proposito. Non mi dilungo maggiormente su quest'argomento poiché il Principe m'assicurò che vi avrebbe scritto da Monaco, d'altnmde ritengo che lo vedrete fra non molto a Milano.

Mi resterebbe a rispondere alla vostra lettera del l" Luglio (1), ma v,i confesso che non mi sentirei di farlo oggi come il vorrei, sono sur les dents, e non avrete difficoltà a crederlo senza ch'io abbia bisogno di spiegarvene le ragioni. Intanto sono sotto l'impressione che il Duca Decazes mi ha accusato, che il Cav. Nigra cercò di scusarmi e che Voi riservate il Vostro giudizio sino a dopo sentita la mia difesa. Tutto ciò è grave per me, ma più ancora pel d'Harcourt che vi andava dicendo: che uno dei risultati più positivi da Lui conseguiti a Vienna, era stato di guadagnarmi alla causa della Francia! Siccome però pel momento a quanto mi pare, non vi ha peril en la demeure così parmi che senza grave inconveniente posso lasciar trascorrere un po' di tempo senza presentar la mia difesa (2). Fino ad ora non ho avuto occasione d'incontrar il Signor Vogué e forse noi vedrò prima dell'autunno avanzato, poiché sta per recarsi in congedo, quindi per quanto egli sia intelligente ed attivo, dovranno passar parecchi mesi prima ch'Egli possa cominciar a formarsi un criterio sulle mie intime simpatie politiche.

Da Quanto mi scrivete suppongo che Questa lettera non vi troverà più a Roma mi par quindi tanto più necessario sii breve onde non disturbarvi soverchiamente durante il ben meritato temporario riposo di cui state godendo nelle Alpi. Per conto mio sono in campagna poco lontano da Vienna, ed ove le circostanze il consentano ed il Ministro me lo conceda, andrò nell'autunno avanzato a farvi la mia solita visitina a Roma,

P. S. -Il Re di Sassonia si era effettivamente annunciato qui pei funerali, ma tosto avuto sentore dell'arrivo dei Principi Ereditari, ed in particolare di quello del Principe Imperiale di Germania, trovò un pretesto e si scusò.

271

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1497. Berlino, 9 luglio 1875 (per. il 13).

L'Agence Wolff a publié le 6 de ce mois un télégramme de Rome, qui a été réproduit par tous les jornaux de Berlin, annonçant QUe le voyage de l'Empereur Guillaume en Italie, aurait probablement lieu au mois d'Octobre

« Permettete che vi dica ch'io fui dolente dell'impressione da voi ricevuta per la mia lettera in quel punto nel quale a voi sembra ch'io aspetti la vostra difesa. Bisogna ch'io mi sia male espresso, cosa che può succedermi scrivendo riposatamente e tanto più scrivendo in fretta, come feci. Mi pareva però di avere usato tutte le precauzioni necessarie di parola per dimostrarvi ch'io vi faceva cenno di questo lieve pettegolezzo non già perchéio avessi bisogno o desiderio di spiegazione, ma solo per dirvi tutto quello che poteva giungere a mia notizia e che poteva in modo alcuno interessarvi. Voi siete certo convinto che, quando vi scrivo, fra il bianco e il nero delle mie lettere non vi é nulla. Avrei potutotacervi questo particolare al quale io non ponevo importanza, ma penso che alle volte può giovare o almeno interessare il conoscere anche ogni lieve cosa se non altro a titolo di curiosità. Per questo solo motivo vi accennai questo incidente di conversazione e senza porvi alcuna arrière pensée. Io amo che si agisca in tal modo con me e sono quindiindotto ad agire in tal modo colle persone alle quali professo fiducia e simpatia. Voi vedete dunque che non riserbo alcun giudizio che debba rimanere in sospeso e sia condannato ad attendere per mancanza di peri! en la demeure •.

prochain, et que Milan serait le lieu choisi pour son entrevue avec Notre Auguste Souverain. Le point de départ pour ce voyage serait Baden-Baden où Sa Majesté fait chaque année un séjour à la fin de septembre à l'occasion de l'anniversaire de la naissance de l'Impératrice.

M. de Philipsborn m'a laissé entendre qu'il n'avait absolument aucun indice sur l'exactitude de ce télégramme. Cependant la Correspondance provinciale dans son numéro d'avant hier disait aussi que l'Empereur se rendra à Baden Baden vers la fin de septembre, et que • à ce voyage, pour peu que ce soit possible (wenn irgend moglich) se rattachera la course depuis longtemps projetée en Italie pour faire visite au Roi Victor Emmanuel •.

Ce journal officieux dépend du Ministre de l'Intérieur, Comte de Eulenburg. C'est lui peut-ètre qui a ordonné cette insertion d'Ems meme où, avant de prendre un congé, il avait été appelé par son Souverain. J'avais rencontré S. E. peu avant son départ, et comme il me demandait pourquoi, à l'instar de mes collègues, je ne m'absentais pas de Berlin, je lui répondis que je voulais attendre ici de pied ferme qu'il phlt à Sa Majesté Impériale de prendre une décision sur un sujet auquel je savais qu'Elle attachait, comme nous, le plus haut prix. Si je m'abstenais, par un sentiment de discrétion et de dignité dont chacun devrait se rendre compte, de chercher à exercer d'une manière trop directe quelque influence sur ce point, je ne regrettais pas moins vtivement de voir que l'opinion publique commençait à faire fausse route, en attribuant à des motifs politiques un retard, à ses yeux inexplicable, quand l'Empereur jouissait de la meilleure santé.

Le Comte Eulenburg était, comme le Prince de Bismarck, convaincu de la convenance, de la nécessité politique de la contre-visite, et il me promettait de son propre mouvement d'insister auprès de l'Empereur. L'article précité de la Correspondance provinciale me fait présumer qu'il a tenu sa promesse. Et cependant je ne suis nullement rassuré. Il me semble que les choses prennent la mème tournure que l'année dernière. Après avoir voyagé de Berlin à Ems, Coblence, Carlsruhe, Munich, Salzburg, Ischl (où aura lieu son entrevue avec Sa Majesté Apostolique), Gastein, l'Empereur sera de retour dans sa capitale vers le 10 Aout. Le 15 Aout inauguration à Detmold du monument élevé à Arminius; le 2 Septembre course à Weimar. Du 8 au 16 grandes manoeuvres en Silésie, du 18 au 26 exercices militaires à Rostock. Puis départ d'un trait pour BadenBaden. Il est à craindre qu'à son grand àge il n'éprouve le contre-coup d'une telle dépense de forces. Rentrant d'ailleurs dans un centre où s'agitent des influences qui ne nous sont pas précisément favorables, le médecin aura beau jeu pour pr,echer l'abstention et le repos.

Malgré ces prévisions, j'agirai de mon mieux pour travailler, sans en avoir l'air, contre vent et marée.

En accusant réception, et en remerciant V. E. de l'envoi des documents diplomatiques: Dossiers nn. 29f (lO); 17 (5 et 6); 50 (2); 53 (de l à 3) ainsi que de votre lettre particulière du 4 Juillet... (1).

(l) -Cfr. n. 260. (2) -Cfr. quanto rispondeva Visconti Venosta a questo proposito in una I. p, del 12 luglio (Carte Robilant):

(l) Annotazione marginale: « al Re 15-7-75 ».

272

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, LITTA

D. s. N. Roma, 10 luglio 1875.

Per sostituire il Signor Conte Corti nel posto di inviato straordinario e Ministro plenipotenziario d'Italia presso la Repubblica degli Stati Uniti dell'America del Nord, avrei intenzione di proporre a S. M. il Re la nomina del Signor Barone Alberto Blanc, che ha fin qui rappresentato il R. Governo presso

S. M. il Re dei Belgi. Prego la S. V. di volere accertare se la scelta del Signor Barone Blanc incontra l'approvazione di S. E. il Presidente degli Stati Uniti e di farmi quindi conoscere con sollecitudine la risposta che Ella ne avrà ottenuta.

273

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 108. Scutari, 10 luglio 1875 (per. il 19).

Il Capitano d'Artiglieria Signor Gaisser addetto a questo Consolato Generale d'Austria-Ungheria che come informai l'E. V. aveva intrapreso un gran viaggio a traverso l'Albania, fino a Janina anzi a Prevesa, Argiro-Castro ed Arta cioè ai confini della Tessaglia, della Macedonia e della Grecia dopo oltre due mesi di lontananza, sta per ritornare.

Quale sia stato lo scopo del suo viaggio realmente non si sa, ma è lecito credere che fosse un viaggio di esplorazione e non di diporto se si pensa alla durata di esso, alle difficoltà che presenta, alla cura posta nel fermarsi in piccole località in cui manca tutto ciò che può essere necessario alla vita.

Tale opinione acquista maggior probabilità dal fatto che il Signor Gaisser appena ritornato a Scutari darà le sue dimissioni dal Corpo Consolare al quale diceva essere ascritto, dalla carriera che vagamente accennava di aver intrapresa, per ritornare sotto le bandiere, al suo reggimento d'artiglieria.

Non v'è dubbio ch'egli non sia stato spedito per istudiare il terreno tattico e strategico di queste contrade, e gli studj di lui deveno essere coordinati con quelli che due altri uffiziali a Priserendi ed a Mostar avevano contemporaneamente intrapresi.

L'Austria ha pertanto gli occhi fissati su queste contrade.

E che ciò sia vien confermato da quanto mi raccontò ieri il Signor Gunner Vice Console d'Austria in questa Città di ritorno da Durazzo ove resse per alcuni mesi il Consolato. Egli mi narrò che S. M. l'Imperatore espresse in Ragusa e nell'udienza accordatagli in termini tanto accentuati quanto cortesi al Cavalier Wassitsch la sua soddisfazione per quanto egli aveva fatto nelle varie quistioni successivamente insorte, gli disse di aver letto con particolare

attenzione i suoi rapporti per la vertenza montenegrina, lodò il tatto di lui ecc., poi e spesso a Ragusa ed a Cattaro lo mandava a chiamare per informarsi dal medesimo in particolari colloquj cui assisteva un Consigliere Aulico addetto al Ministero dell'Estero, sulla condizione delle cose in queste contrade.

274

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 376. Vienna, 11 luglio 1875 (per. il 15).

Con mio rapporto di questa serie n. 368 in data del 23 giugno (l) io aveva l'onore di trasmettere all'E. V., copia di un promemoria da me diretto al Ministero Imperiale per gli Affari Esteri in conseguenza di taluni spiacevoli fatti che sarebbero accaduti in Dalmazia e renderebbero precaria la sicurezza della vita e degli averi di molti sudditi italiani colà dimoranti. Il Ministero Imperiale per gli Affari Esteri risposemi con una nota verbale, pure qui annessa in copia, giusta la quale i fatti accennati sarebbero senza gravità e non darebbero motivo a seri timori. Ho potuto però di leggeri convincermi che il Ministero Imperiale si era trovato costretto a rispondermi in tal modo, in base alle informazioni inviate dal Governatore della Dalmazia, Barone Rodich, il quale non cela le sue aspirazioni slave e la sua avversione a tutto ciò che è italiano; queste tendenze di quell'alto funzionario sono però ben note eziandio al Gabinetto Austriaco, il quale non le approva pienamente ed anzi sarebbe forse contento di trovare un motivo per rintuzzarne l'ardore e fors'anche per allontanare il Barone Rodich, il quale vanta valide ed alte protezioni.

In questa mia opinione mi conferma un articolo, che ho la prova essere ufficioso, nel Fremdenblatt di avant'ieri sera, il quale, con molta circospezione, rimprovera l'amministrazione del Barone Rodich di suscitare, forse per sua colpa, complicazioni diplomatiche coll'Italia su questo argomento; simile linguaggio non sarebbe tenuto se non si desiderasse, all'evenienza, di disapprovare la condotta del Governatore, la quale d'altronde è apertamente biasimata dai fautori dell'attuale sistema costituzionale.

Pochi giorni dopo aver •icevuto la nota verbale sovramenzionata, il R. Consolato generale in Trieste mviavami più lettere, che portavano a mia conoscenza i gravi disordini che sarebbero avvenuti a Trau presso Spalato; i lavoranti italiani sarebbero stati attaccati da un gran numero di morlacchi; quattro italiani feriti furono ricoverati nello Spedale di Castelnuovo; molti altri fuggirono, per ricoverarsi, fino a Trieste; la causa della violenza sarebbe l'intento di cacciare gli operai italiani che fanno pericolosa concorrenza.

Era mio desiderio non fare, dopo il promemoria da me recentemente indirizzato al Ministero Imperiale, altri uffici nelle spinose faccende dalmate, ad onta io avessi motivo di credere ch'essi fossero quasi previsti e forse, nelle

sfere burocratiche costituzionali, desiderati; ma di fronte ai fatti denunciatimi dal R. Consolato di Trieste, il o..uale agisce con prudenza e sagacia, fui d'avviso non po·termi esimere dal portarli a conoscenza di questo Dicastero per gl.i Affari Esteri. Ciò feci per mezzo di semplice nota verbale e con forma gentile e corrispondente alle ottime relazioni esistenti fra i due Stati, le quali, eziandio, a dire della nota ufficiosa del Fremdenblatt, non potranno, in tal modo, venire turbate per una questione che, alla fin fine, è di rilevanza secondaria.

Credo conveniente di non fare lagnanze troppo acerbe, eziandio pel motivo che, a mio avviso, il piccolo, ma influente partito centralista-conservatore, forse tenterebbe di trarne un doppio vantaggio, cioè di nuocere al Rodich e nello stesso tempo d'intorbidare i così cordiali rapporti tra l'Italia e l'Austria· Ungheria.

Sarà mia cura di far conoscere all'E. V. la risposta che il Ministero Impe· riale farà alla mia nuova nota, ed ogni ulteriore incidev.te di rilevanza che dovesse sorgere nell'argomento.

(l) Cfr. n. 251.

275

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. 377. Vienna, 13 luglio 1875 (per. il 16).

I giornali di qui fanno in questi giorni parola di gravi tumulti, che sarebbero scoppiati nell'Erzegovina, e potrebbero forse essere forieri di una insurrezione. Eziandio il R. Consolato generale in Trieste mi ha confermato queste notizie, in base a' rapporti ad esso giunti dalle Agenzie consolari del littorale e dalmate; taluni villaggi sarebbero insorti spiegando la bandiera austriaca; molti fuggiaschi emigrerebbero in Dalmazia; gli animi in quest'ultima provincia si sommoverebbero per ajutare i confratelli di nazionalità e religione; l'Austria invierebbe forte nerbo di truppe per tutelare l'ordine. In conseguenza di queste allarmanti notizie, ho creduto mio dovere d'investigare, eziandio presso il Ministero Imperiale per gli Affari Esteri, sino a che punto esse siano conformi alla verità.

Tutte le risposte ch'io m'ebbi concordano nel togliere ogni gravità a' fatti accaduti e ad escludere ogni serio pericolo, anche nel prossimo avvenire, per quanto è dato di prevedere in paesi che trovansi in uno stato di perenne agitazione. Al dire di taluni la sommossa sarebbe eccitata dallo stesso Pacha turco, il quale anelerebbe a cogliere grazie e gloria schiacciandola; al dire di tutti essa non oltrepassa i limiti consueti de' tumulti che con tanta frequenza si ripetono nell'Erzegovina. L'emigrazione in Dalmazia è composta da un vecchio, tre donne e cinque ragazzi; le truppe austriache colà inviate si riducono a sole tre compagnie comandate da un maggiore.

Qui si crede poter essere sicuri dell'atteggiamento del Montenegro il di cui

Principe avrebbe l'energica volontà di tenere in freno i suoi ardenti sudditi;

in ogni modo vi ha la speranza che le truppe turche sederebbero senza diffi

coltà la sommossa.

Il Conte Andrassy è partito in questi giorni per lunga dimora nelle sue terre; il Barone Hofmann si prepara eziandio ad allontanarsi in congedo di Vienna; ciò prova viemaggiormente che le faccende dell'Erzegovina non destano qui nessun serio ~imore nelle sfere competenti.

Ho creduto conveniente di portare a conoscenza dell'E. V. lo stato delle cose, quale mi fu esposto qui di fronte a notizie evidentemente esagerate.

276

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. 91. Roma, 14 luglio 1875.

Ho ricevuto il rapporto indirizzatomi da V. S. Illustrissima il 28 giugno 1875 (l) per informarmi che nell'occasione di una recente funzione ecclesiastica celebrata nella Chiesa della Incarnazione in Lisbona si ebbero a deplorare le più gravi violenze di linguaggio dirette contro l'Italia, il suo Governo e la stessa persona di S. M. il Re. L'oratore sacro parlava in presenza del Patriarca, del Nunzio, di alcuni Colleghi di V. S. Illustrissima. Ella mi ha però opportunamente riferito che la cerimonia religiosa non aveva alcun carattere uffiziale stante che non vi assistevano nè i rappresentanti della Corte nè quelli del Governo.

Ciò non di meno sia per gli eccessi in cui proruppe l'oratore, sia per essere questa la terza volta in cui alcuni membri del clero portoghese trascendono in simili biasimevoli intemperanze di linguaggio, il Governo di Lisbona ha sentito la necessità di non limitarsi, come per lo passato, ad esprimere a Lei un sentimento di rammarico che è diviso dalla grande maggioranza di codesto paese. Nei colloqui che Ella ebbe con il signor de Andrade Corvo e con altri personaggi politici, Ella ha potuto scorgere il fermo proposito di adoperarsi seriamente per impedire che lo spirito d'intolleranza di parte del clero degeneri a nostro riguardo in pubblico oltraggio.

Non suole il Governo di Sua Maestà promuovere per simili casi l'azione penale davanti a tribunali competenti. La pubblica opinione giudicando severamente gli autori di tali oltraggi, ne fa essa stessa giustizia, mentre la dignità del Governo, del paese e della dinastia non può essere lesa nell'alta posizione che occupa nell'universale estimazione. Ma appunto perché fra l'Italia ed il Portogallo esistono vincoli della più stretta amicizia, il Governo di Sua Maestà nell'interesse della conservazione di tali ottimi rapporti, non può nascondere l'impressione penosa che avrebbe prodotto in Italia il vedere assicurata la più completa impunità per iscagliare più grossolane ingiurie contro il nostro Re ed il nostro paese. Se la legge non accorda all'autorità governativa la facoltà di promuovere un'azione penale davanti i tribunali ordinari senza che la S. V. Illustrissima presenti una formale rimostranza, non mancano al Governo di Lisbona altri mezzi per fare pubblicamente palese la disapprovazione che

13 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

mcontra la condotta del clero. Di questa disapprovazione il Ministero portoghese ha voluto dare una pubblica testimonianza stampando nel giornale ufficiale una lettera diretta in proposito al Patriarca. Noi siamo lieti di prendere atto di questa risoluzione del Governo portoghese che costituisce un solenne avvertimento al clero di dover contenere il proprio linguaggio in termini più moderati.

Questa pubblicazione avendo avuto luogo, Ella è autorizzata ad esprimere al Signor De Andrade Corvo la soddisfazione che prova il Governo del Re per la sollecitudine dimostrata dal Portogallo nel rimuovere le cause che potrebbero nuocere all'intimità dei nostri rapporti con il Gabinetto di Lisbona. Ella potrà esprimersi nel senso di questo dispaccio ed anche darne lettura al Ministro degli affari esteri, a Sua Maestà Fedelissima se Ella lo crederà opportuno.

(l) Non pubblicato.

277

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 155. Roma, 16 luglio 1875.

Col rapporto che la S. V. onoratissima mi indirizzava il 22 giugno ultimo passato (l) venni informato del desiderio espressole dal Presidente della Confederazione Elvetica di sapere quale risposta farebbe il Governo italiano alla circolare russa del 20 maggio tendente a dar seguito ai lavori della Conferenza di Bruxelles. Quel supremo magistrato ha palesato alla S. V. l'intenzione del Consiglio federale di fare nelle nuove Conferenze di Pietroburgo delle riserve per ciò che concerne il modo di armamento stabilito in Svizzera e la necessità in cui si trova codesta Repubblica di far ammettere che per la difesa del territorio federale si abbia a considerare come soldato chiunque sia in istato di portare le armi. Il Governo federale spera che tali riserve troveranno l'appoggio dell'Italia interessata a che la Svizzera rimanga, quanto più sia possibile, potentemente armata.

I documenti che Le trasmetto, Signor Ministro, La metteranno in grado di vedere che il Governo russo non ha fatto, a vero dire, alcuna propostaper riconvocare a Pietroburgo la Conferenza che l'anno passato era riunita a Bruxelles. La circolare del 20 maggio considera anzi che tre sarebbero i modi di dar seguito ai lavori della prima conferenza: l o modificare il progetto primitivo conformemente alle osservazioni, proposte o conclusioni scritte comunicate dai singoli governi e sottoporre all'approvazione dei Governi stessi il nuovo progetto così emendato; 2° separare i punti sui quali esiste un accordo delle Potenze e fare di tali punti il soggetto di uno scambio di dichiarazioni, riservando ad ulteriori concerti da stabilirsi i punti divergenti; 3° riunire in Pietroburgo una nuova Conferenza chiamata a deliberare sopra un progetto finale. Il Gabinetto russo non si è pronunziato sulla preferenza che egli darebbe all'uno od all'altro di questi tre modi di continuare e di condurre a termine

i lavori incominciati a Bruxelles. Egli si riserva di ciò fare quando le intenzioni dei vari Governi gli saranno conosciute. Noi ignoriamo dunque sinora a quale partito si appiglierà la Russia e la riunione di una Conferenza a Pietroburgo non ci è ancora stata ufficialmente annunziata sebbene, allo stato dei lavori, essa possa sembrare assai probabile.

Il certo è che dopo l'ultima comunicazione del Governo Imperiale è assai meglio determinata l'indole che dovranno avere gli atti finali ai quali i Governi sono chiamati a dare la loro adesione. Tali atti dovranno contenere la dichiarazione pura e semplice di alcuni punti di diritto internazionale che servirebbero di base alle istruzioni che ciascun Governo si impegnerebbe di dare alle proprie milizie. Il concetto di una convenzione costituente delle obbligazioni reciproche fra le Potenze sarebbe pertanto assolutamente abbandonato.

Nella risposta dell'Italia alla Russia, risposta di cui Ella potrà dare lettura confidenziale al Presidente della Confederazione, noi abbiamo seguito la linea di condotta che ci era indicata dalla nostra posizione rispetto alle altre Grandi Potenze militari colle quali ci eravamo mantenuti in un frequente scambio di idee. Il punto di vista di quelle Potenze riesce naturalmente sotto varii aspetti assai diverso di quello che possono avere gli Stati neutrali. L'interesse politico che ha dato origine a questi ultimi è un interesse europeo al quale certamente partecipa anche l'Italia. Ma appunto in ragione del carattere di siffatto interesse non sarebbe conforme alle tradizioni della buona diplomazia il supporre che da concerti separati esso possa essere meglio guarentito che dagli accordi generali che le Potenze non sembrano ormai lontane dal volere stabilire sopra basi ed entro limiti accettabili da tutti. Se il Consiglio federale si risolverà a dare alla Russia una risposta contenente le riserve che egli si propone di fare, il Governo italiano gradirà di avere una copia di tale documento. Lo studio che del medesimo non si mancherebbe di fare, permetterebbe di averlo presente nelle istruzioni da impartirsi ai delegati italiani ad una nuova Conferenza od anche in quelle altre trattative che potrebbero essere continuate dal Governo russo se egli non si decidesse a riconvocare per ora la Conferenza stessa.

(l) Non pubblicato.

278

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 381. Vienna, 17 luglio 1875 (per. il 20).

I giornali discorrono di una regata in Genova pel 25 luglio corrente e soggiungono che taluni canottieri triestini intendono concorrervi. Quest'annuncio non sarà certamente sfuggito all'E. V.: io però credo mio dovere di attirare sovr'esso la di lei attenzione, perché s'impedisca in modo assoluto che la faccenda assuma, in qualsiasi senso, il carattere di una dimostrazione politica. Una simile dimostrazione sarebbe sommamente inopportuna ed avrebbe per necessaria conseguenza di dover dare qui spiegazioni e schiarimenti, ciò che

m'è sempre altamente rincrescevole e di regola non ottiene neppure lo scopo di assopire intieramente le estreme suscettività dell'Austria. È ora indispensabile la massima sorveglianza, perché l'argomento fu eziandio trattato nei discorsi tenuti dal Conte Andrassy a S. A. R. il Principe di Piemonte (1).

279

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2238/529. Londra, 20 luglio 1875 (per. il 25).

S. A. R. il Principe di Piemonte è giunto in Londra addì 10 di questo mese serbando uno stretto incognito sotto il nome di Marchese di Monza.

L'Altezza Sua si è recata l'indomani a visirtare il Principe e la Principessa di Galles, e il giorno seguente è andata a Windsor per salutare la Regina, e n'ebbe un accoglimento dei più cortesi; la Maestà Sua, facendo eccezione agli usi stabiliti, incontrò il Principe sulla scala del Castello. Una festa in campagna ed un pranzo avant'ieri dal Principe di Galles sono i soli inviti che Sua Altezza Reale abbia voluto accettare, rifiutando ogni altro a mantenere l'incognito, né accettando in siffatto modo se non quelli rivoltigli dalla Casa Reale di Inghilterra.

Il nostro Principe si tratterrà ancora alcun tempo in questo paese, né ha precisato finora l'epoca di Sua partenza.

Tutti i Capi di missioni estere, i Ministri della Corona, e molti altri personaggi sonosi inscritti per Sua Altezza Reale; e alla festa in campagna dal Principe di Galles, il Principe si compiacque permettermi di presentarGli quegli Ambasciatori e Ministri, nonché quelle cariche di Corte presenti, e che si affrettarono a chiedermi di far loro questo onore Quest'oggi ha ricevuto il Signor Gladstone e si è seco lui trattenuto lungamente. Ho creduto ch'egli era mio dovere di riferire brevemente a V. E. l'accoglienza, lusinghiera per noi tutti, ricevuta dal Principe di Piemonte...

280

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 3582. Roma, 22 luglio 1875 .(per. il 23).

Con mia lettera del 19 corrente ho dato le opportune istruzioni al Signor Prefetto di Genova perché procuri di evitare, nella occasione delle prossime regate in quella città, ogni manifestazione che possa ledere le suscettibilità del Governo Austro-Ungarico.

In data d'oggi, tenuto conto delle cose esposte dal Signor Ministro di Sua Maestà presso la Corte di Vienna, ho rinnovato in tal senso le maggiori raccomandazioni al Signor Prefetto di Genova.

(l) Annotazione marginale: • Mandata copia d'urgenza al Ministero Interni -21-7-1875 ».

281

LA SOCIETA CENTRALE OPERAIA NAPOLETANA (l) AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. 318. Napoli, 23 luglio 1875 (per. il 25).

La pubblica stampa, non ha guari, riferiva fatti di eccidii e persecuzioni che gli operai italiani stabiliti in Dalmazia continuamente riportano, fino ad essere stati costretti di emigrare da colà ove eransi stabiliti con le loro famiglie, per tirare innanzi la vita col frutto del loro onesto lavoro, che quivi credevano esercitare liberamente come fanno tra noi operai stranieri di qualunque Nazione.

I fatti, nel modo come sono stati narrati, commossero vivamente gli operai italiani, perché dessi debbono trarre la sussistenza dal lavoro, e quelli di Napoli rattristati oltremodo, non dubitano punto né poco che il Governo del Re farà energicamente valere il diritto degl'italiani colà residenti, e domanderà quelle giuste riparazioni che saranno del caso; ma però sentono il dovere di pregare vivamente l'E. V. a voler prendere in seria considerazione la presente, e sollecitare quelle pratiche diplomatiche che valgano ad arrestare i fatti lamentati, e rassicurando tanti onesti e laboriosi operai, metterli in grado di esercitare l'arte loro per vivere.

Fiduciosi nella nota giustizia e patriottismo dell'E. V. gli operai di Napoli colgono l'occasione...

282

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1498. Berlino, 24 luglio 1875 (per. il 27).

Depuis que le rideau est tombé sur la dernière crise -avril et mai -les Cours du Nord se sont appliquées à mettre en relief que rien n'avait troublé leur entente. Les Empereurs, par leurs rencontres successives, et tout-à-fait personnelles sans appareil diplomatique, ont voulu démontrer que l'intimité de leurs rapports n'était nullement affaiblie, notamment en ce qui concerne leur désir mutuel de la conservation de la paix. Les journaux officieux de ce Pays ont relevé l'importance de ces visites, car ceux qui croient avoir un intérét à voir s'établir d'autres courants, commençaient à douter du maintien de l'accord

des trois Empires. On représentait tout au moins la Russie et l'Autriche plus unies l'une avec l'autre qu'avec l'Allemagne. En un mot, celle-ci ne serait plus entre la Russie et l'Autriche, mais à c6té de ces Puissances. L'avenir peut sans doute modifìer l'échiquier politique, il peut se manifester des dissentiments passagers, mais du vivant de l'Empereur Guillaume auquel le Tsar est trèsdévoué, et tant que le Comte Andrassy restera au pouvoir, ce serait s'exposer à faire fausse route que de spéculer sur un changement très-notable dans la situation. L'appui preté ou offert par l'Angleterre à l'action diplomatique de la Russie pour sauvegarder la sécurité de l'Europe, avait un caractère purement platonique. De ce còté également la France ne devrait se faire aucune illusion.

La véritable signifìcation des récentes entrevues princières git dans le fait meme qu'elles ont été recherchées et agréées de part et d'autre avec un égal empressement pour témoigner une fois de plus et publiquement de la cordialité des relations. Je ne saurais dire s'il y a eu entre eux des pourparlers d'une portée allant au-delà d'un simple échange de vues dans un sens général. Rien jusqu'ici n'a transpiré sur ces entretiens, sauf qu'il a couru le bruit qu'entre les Souverains d'Allemagne et de Russie, il aurait été traité académiquement des conditions de l'Espagne. Si le mot intervention n'a pas été prononcé, du moins il y aurait eu un rapprochement de vues pour tacher d'aviser à quelque moyen de réduire les Carlistes à l'impuissance, afìn de meMre ainsi un terme à la guerre civile. Une personne qui jouit de la confìance du Prince de Bismarck et qui venait de passer quelques jours à Varzin, n'a pas nié le fait, mais en laissant entendre que Son Altesse n'aurait nullement encouragé une semblable idée. Les antécédents du Congrès de Vérone en 1822 et de l'intervention armée qui s'en est suivie, sont en effet un salutaire avertissement pour qu'aucune Puissance ne veuille favoriser et moins encore s'endosser une tache aussi ingrate et sans garantie sérieuse de succès durable, quelque soit le parti ou le prétendant qu'on veuill:e soutenir ou écarter de la sorte. Il semble au reste que les troupes du Roi Alphonse gagnent du terrain, lors mème qu'il convienne de faire une large part à l'exagération. C'est dans ce sens que sont conçus les rapports du Chargé d'Affaires Impérial à Madrid.

J'ai fait à M. de Philipsborn une allusion très-indirecte sur le bruit dont je viens de parler, et que je signalais comme provenant des journaux. Il a nié formellement que le Prince de Bismarck en eut eu connaissance.

V. E. saura que l'Archiduc Albert -c'est là aussi un fait très signifìcatif après avoir rendu visite à l'Empereur d'Allemagne, s'est fait annoncer officiellement pour assister aux manoeuvres qui auront lieu en Silésie du 8 au 16 Septembre. Le Prince Arthur, Due de Connaught se propose également de s'y rendre. On croit aussi à l'arrivée du Due de Co'imbre.

V. E. aura aussi remarqué Que les journaux officieux de Berlin ont interpreté de la maniere la plus favorable que les Princes héritiers d'Italie, d'Allemagne et de Russie se soient rencontrés aux funérailles de l'Empereur Ferdinand.

J'ai l'honneur d'accuser réception et de remercier V. E. des documents diplomatiques qu'Elle a bien voulu me transmettre en date des 12 et 14 courant -à savoir: dossiers nn. 6 f 10 à 13; 9 f 6; 13 f 9 à 11; 57 f 2; 9 f l à 5; 18 f là 5; 34 f 4 à 20; 52 f 11 à 12.

(l) II documento è firmato dal presidente Francesco Tavassi e dal segretario capo Ludovico Mollame ed ha come oggetto • petizione •.

283

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 382. Vienna. 24 luglio 1875 (per. il 7 agosto) (1).

Le notizie che qui si hanno del moto insurrezionale scoppiato nell'Erzegovina continuano ad essere molto incerte. Al Ministero Imperiale degli Affari Esteri, ogni qual volta s'interroga in proposito, la risposta è sempre concepita in termini da mostrare che il Governo Austro-Ungarico non presta attenzione di sorta a quel moto, affare del tutto interno della Turchia, e di pochissima importanza d'altronde tanto al presente, quanto per le sue conseguenze in avvenire. Insomma si affetta qui una calma ed una indifferenza al riguardo che, se le mie informazioni sono esatte, non sarebbero divise a Costantinopoli né dal Governo Turco, né dal corpo diplomatico colà accreditato; in particolar modo mi consta che quell'Ambasciata di Francia se ne preoccupa grandemente e si mantiene con quella di Vienna in continuo scambio di notizie e di apprezzamenti. Per conto mio non intendo certamente escludere la possibilità, dicasi pure anche la probabilità, che quel moto insurrezionale venga soffocato dal Governo Turco, prima che abbia a prendere grosse proporzioni, e quindi riesca a ciò fare senza impiegare quei mezzi soverchiamente energici, a cui i Turchi sono proclivi, e che non potrebbero a meno di risvegliare prepotenti simpatie, in favore degli oppressi, nei popoli circonvicini di razza eguale ed affini. Ma, ove questa ipotesi non si verificasse, non potrebbe esser questo valido pretesto onde rimettere sul tappeto la soluzione della questione di Oriente? Parmi non metter piede nella politica conghietturale, ammettendo la possibilità di quest'eventualità e fermandovi sopra la mia attenzione. Il Conte Andrassy, come l'E. V. ben sa, mostrassi sempre alieno dall'entrare in discorso sulla sua politica orientale; una volta sola mi riescì fargli dire qualche parola in proposito, e quella volta manifestommi desiderare al par di noi lo statu quo in Oriente, però con una nuance differente, poiché dicevami ridendo: • Il vostro Governo è negli affari d'Oriente d'un conservatisme féroce » (2). Egli conchiundeva poi il suo dire col motto, che ora vien ripetuto dai suoi collaboratori del Ministero, • du reste l'Autriche-Hongrie a déjà trop de TocheTs et trop de sauvages pour vouloir encore s'en annéxer •. Il motto è spiritoso. ed il pensiero che esprime sarebbe anche ragionevole, ma non conviene però dargli soverchia importanza ed ac

« Ho letto con vivo interesse il vostro rapporto sulle cose della Bosnia e dell'Erzegovina. Veggo già spuntare qui e là il pensiero di darle all'Austria, e sebbene io creda che per ora questi progetti siano immaturi, pur nondimeno è necessario star cogli occhi aperti, per guisa che un bel giorno non ci si annunzi la cosa fatta col beneplacito dei tre Imperatori, senza che gli altri abbiano altro da fare che chinare il capo. Del nostro conservantismo che Andrassy chiamava feroce rispetto alla Turchia molte ragioni potrebbero addursi, ma ve n'ha una molto evidente, ed è che se pur si vuole far qualc~e cosa di nuovo, a noi conviene che ciò avvenga quando saremo forti abbasta~za . perche nulla si faccia malgrado nostro o all'insaputa nostra. Sebbene Lord Derby facc1a mtendere eh~ la politica inglese non è più cosi disinteressata dalle cose dell'Europa come apparve negh anni passati, io però credo che azione diretta molto difficilmente ne prenderà, contentandosi di incoraggiamenti o di riprovazioni morali. Il che pei tempi che corrono è un poco troppo poco •.

cettarlo ad occhi chiusi. La tentazione di arrotondare la configurazione dell'Impero, ed essenzialmente di appoggiare le spalle di quella Dalmazia, che vano è sperare civilizzare, sintantoché avrà i Turchi dietro di sé. potrebbero per avventura far transigere sul concetto sopra espresso. È bensì vero che il notevole incremento di forza che verl'ebbe così a ricevere l'elemento Slavo, già attualmente abbastanza minaccioso pei Tedeschi nella Cisleythania e poi Magiavi nella Trans1eythania, dovrebbe essere preso, e lo è indubbiamente, in seria considerazione. Ma non è meno vero che la nazionalità Sud-Slava ha potenti rappresentanti nella Monarchia, ed essenzialmente nell'esercito; non sarebbe quindi a meravigliare, se essi giungessero a trarre il Governo ai loro fini, ponendolo in circostanze, in cui l'arrestarsi sarebbe indietreggiare e far sì che altri si vantaggiasse di ciò che non si sarebbe osato fare. D'altronde, a mio avviso, vano si è il farsi l'illusione non si possa metter mano alla questione d'Oriente, senza il concorso dei firmatari del Trattato di Parigi. Molti fatti provano chiaramente che l'accordo dei tre Imperatori ha essenzialmente per scopo di riservare a sé soli l'assestamento di quelle questioni di loro comune interesse, e ciò senza ammettere intervento di altri, all'infuori di quello d'aceettare post facta. Conseguentemente, ove essi ravvisino che l'occasione sia propizia, non solo

annuiranno acché l'Austria s'annetta l'Erzegovina e la Bosnia, ma anche ve la

spingeranno. La Russia si compenserà in quel modo che ravviserà migliore e la

Germania lascerà fare l'una e l'altra, comprando così l'assenso dei suoi alleati

a quegli altri fatti che potrebbe voler compiere. Se l'Italia si troverà in quel

giorno abbastanza stretta alla Germania ed alla Russia da paterne sperare

valido appoggio, forse gli riescirà di ottenere qualche compenso all'ingrandi

mento territoriale della sua vicina; in caso contrario le circostanze del momento

indicheranno la strada a tenersi, onde attraversare quella grave fase con minor

suo danno.

Che l'annessione della Bosnia e dell'Erzegovina sia fra le eventualità

prevedibili qui, i dati non mi mancano, e primi fra questi, l'informazione

sicura ch'io ebbi testé, che già da circa un anno, venne preparata dal Ministero

della Guerra la mobilizzazione immediata al momento richiesto, d'un Corpo

d'Armata di 4 divisioni colla Bosnia e l'Erzegovina per obbiettivo: tutti gli

studi necessari furono fatti e la preparazione è completa: in questi ultimi tempi

anzi vennero fatti molti traslochi e promozioni anche negli ufficiali di riserva,

onde al momento dato avere al completo i quadri del precitato Corpo. Avendo

poi avuto occasione di parlare accademicamente con una persona in posizione

da sapere le segrete cose, delle conseguenze che potrebbero avere per l'una e

l'altra parte della Monarchia, l'annessione a quella od a questa di quelle Provincie,

mi fu risposto, come su cosa da lungo tempo presa in considerazione, che quelle

provincie non si annetterebbero mai né alla Cisleythania né alla Corona di

Santo Stefano, ma che, le cas échéant, sarebbe stabilito che dovessero formare

da sole un terzo Paese della Corona, da quella direttamente dipendente,

press'a poco come trovansi oggi unite all'Impero Germanico l'Alsazia e la

Lorena.

Senza voler dare soverchio peso tanto alle mie informazioni come ai miei

apprezzamenti, ho però creduto conveniente portarli a conoscenza dell'E. V.

non foss'altro affinché potessero concorrere, con quelle notizie che da altre parti le giungeranno, a porle sott'occhio la situazione quale apparisce qui a chi l'osserva con conscienziosa attenzione.

Ove eventi meritevoli di menzione venissero a verificarsi, non mancherò d'informarnela senza ritardo.

(l) -Annotazione marginale: « Ritardato per i motivi spiegati nel dispaccio n. 390 • [cfr. n. 297]. (l) -Cfr. il seguente brano di una l. p. di Minghetti a Robilant del 26 luglio (Carte Robilant):
284

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

D. 170. Roma, 26 luglio 1875.

Ho ricevuto il rapporto di V. S. Illustrissima in data dell'l! luglio, n. 376, (l) relativo agli spiacevoli fatti accaduti in Dalmazia a danno della sicurezza dei sudditi italiani che si recano in quel paese, ove il contegno ostile di una parte della popolazione, che già determinò la partenza di molti dei nostri connazionali, rende difficile ai rimanenti la pacifica dimora e la prosecuzione dei lavori che essi erano venuti ivi a cercare, sotto l'egida delle Convenzioni e delle leggi dell'Impero. Approvo la riserva che la S. V. Illustrissima ha osservata nel presentare su questo argomento le sue rimostranze al Governo Imperiale e Reale austro-ungarico verso il quale, come Ella ben sa, è nostra intenzione di mantenere gli attuali rapporti della più sincera cordialità; e non sarei dal canto mio tornato su questa spiacevole materia, se nuovi fatti, posteriori alla comunicazione di codesto Governo del 2 luglio, non fossero venuti a dimostrare che gli italiani continuano ad incontrare in Dalmazia delle difficoltà che ebbero già per effetto di commuovere la pubblica opinione nel nostro paese. Ella ne avrà una prova negli articoli che Le invio di giornali appartenenti a diversi partiti. I rapporti che Ella pure avrà ricevuto dal R. Consolato di Trieste come le corrispondenze dei giornali sia italiani che austriaci si accordano nell'accennare a fatti che destano un sentimento di inquietudine che le ultime dichiarazioni del Ministro Imperiale degli affari esteri non basterebbero a calmare.

Non è certamente nelle intenzioni del Governo del Re di dare a questo affare un carattere politico. La lettera e lo spirito delle Convenzioni internazionali guarentiscono ai sudditi italiani sul territorio dell'Impero la medesima sicurezza per le persone e le proprietà e la medesima tutela per l'esercizio delle loro industrie, che dalle leggi e dalle autorità dello Stato vengono accordate ai sudditi nazionali. E noi conosciamo abbastanza i sentimenti di amieizia che il Gabinetto di VLenna professa a nostro riguardo, per essere convinti che esso vorrà prendere le misure opportune a dissipare l'impressione penosa prodottasi fra noi in seguito alle notizie che giungono dalla Dalmazia.

Io la prego, Signor Ministro, di volersi esprimere in questo senso col Governo presso il quale Ella è accreditata, ed ho fiducia che le nostre osservazioni saranno accolte col medesimo sentimento di amicizia onde sono ispirate per parte nostra.

(ll Cfr. n. 274.

285

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 384. Vienna, 26 luglio 1875 (per. il 29).

Con mio rapporto di questa serie n. 376 in data degli 11 luglio corrente (1), aveva l'onore di portare a conoscenza di V. E. le nuove lagnanze da me fatte, in forma amichevole, presso il Governo Imperiale e Reale, in conseguenza dei disordini accaduti a Traù in Dalmazia a danno di taluni operai italiani. M'affretto ora a trasmettere, qui unita, a V. E. copia di una nota verbale inviatami, in risposta, dal Ministero Imperiale per gli affari Esteri. Da questo documento appare chiaramente l'intento, in base alle nuove informazioni assunte presso la Luogotenenza dalmata, di attenuare grandemente la gravità dei fatti accaduti, di imputarne l'origine alla provocazione per parte di un operaio italiano, il quale avrebbe maltrattato un fanciullo slavo, e di assicurare che gli energici provvedimenti presi sono sufficienti a tutelare l'ordine ed a impedire il rinnovamento dei tumulti. Ho creduto conveniente di inviare una copia della risposta eziandio al R. Consolato Generale in Trieste, avve1'tendolo che senza ulteriori e precisi particolari, che infirmino le dichiarazioni ufficiali fattemi, io sarei costretto ad astenermi da altri uffici, sino a che non accadano nuovi disordini.

Da una lettera testè giuntami del R. Consolato generale in Trieste si può però già d'ora desumere che le mie insistenti lagnanze non furono intieramente infruttuose, imperocché l'Imperiale e Reale Procura di Stato dimostrerebbe energia ed avrebbe imprigionati otto individui, sui quali peserebbero i più gravi indizi. È bensì vero che il R. Agente Consolare a Spalato esprime il timore che la giustizia non potrà procedere per mancanza di prove e che nuove ostilità sorgeranno contro gli italiani tuttora rimasti: questi apprezzamenti sull'avvenire non possono però, a mio avviso, costituire ora oggetto di reclami per parte mia, ed in ogni modo noi non possiamo che chiedere una pronta ed imparziale giustizia, per mezzo delle prove annesse, qualunque ne sia il risultamento. In quest'occasione non posso nascondere all'E. V. il compiacimento da me provato alla lettura di un articolo della Gazzetta d'Italia il quale, rispondendo ad un giornale che tentava dare esagerata gravità alla faccenda, la riduce alle sue vere proporzioni, eliminando così tutto ciò che potrebbe costituire un antecedente pericoloso, per più motivi, per entrambi i paesi. Tanto nel passato quanto, per avventura, nell'avvenire fu e sarà mia cura conformare la mia condotta nell'argomento a tali intendimenti.

ALLEGATO.

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO ALLA LEGAZIONE D'ITALIA A VIENNA

NOTA VERBALE 11499/4. Vienna, 19 luglio 1875.

Le Ministère Impérial et Royal des affaires étrangères s'est empressé de communiquer au département de l'intérieur le contenu de la note verbale de la Légation Royale d'Italie en date du 9 de ce mois, concernant une rixe qui avait eu lieu à Trau (Dalmatie) entre des ouvriers occupés à la construction du chemin de fer. En meme temps ce Ministère n'a pas manqué de s'adresser directement par le télégraphe au Lieutenant de la Dalmatie, M. 1e Baron Rodich, afin de recueillir immédiatement des renseignements sur 1es circonstances et les causes de ce nouveau conflit, et sur les mesures prises par l'administration locale pour assurer le maintien de l'ordre public.

Des rapports circonstanciés sur ce fàcheux incident se trouvent maintenant sous les yeux du Gouvernement, et le Ministère Impérial et Royal a l'honneur de communiquer sans retard à la Légation Royale d'Italie le résumé succint des données puisées dans ces relations officielles.

Il 'en appert qu'en effet des ouvriers italiens à Trau ont été assaillis le 28 Juin dernier par des ouvriers du pays. La quérelle avait été provoquée dans la soirée du 27 par le chef-ouvriers (capo uomini) italien Bartolo Secco, qui avait maltraité de coups de pied, sans aucune raison, un garçon du pays nommé Mariano Poljcenin, mangeant paisiblement un morceau de pain près de la baraque où dormaient plusieurs ouvders dalmates. Ces derniers s'étant levés en sursaut sur les cris du garçon, le nommé Secco appliqua à l'un d'entre eux un coup de pied dans l'estomac, à un autre un coup de pierre, et se jeta enfin sur son propre compagnon, Francesco Costa, qui voulait le calmer.

Le garçon frappé s'enfuit, et les ouvriers dalmates se rétirèrent pour le moment. Toutefois le lendemain après trois heures du matin il y eut un attroupement autour de la baraque servant de magazin, contre laquelle les gens irrités se mirent à lancer des pierres. Ensuite ils se dirigèrent contre la forge et enfin vers le profil N. 57-58, occupé par des ouvriers italiens, auxquels ils commencèrent également à jeter des pierres.

L'ingénieur Angiolini accouru à la baraque magazin, retablit l'ordre sans aucune difficulté 'et renvoya chacun à son travail. Toutefois sur l'avis donné par l'ingénieur, une brigade de 4 gendarmes fut immédiatement expédiée sur les lieux. Une autre brigade de 4 hommes patrouillait le long de la ligne en construction.

D'ailleurs la Lieutenance, informée des désordres dont il s'agit, envoya aussitòt un renfort au Commissaire de Trau, de sorte que depuis lors la place est surveillée par 21 gendarmes.

La force armée est donc tout à fait suffisante pour maintenir l'ordre public.

L'Autorité locale a immédiatement ouvert une instruction à la charge des coupables. Six individus qui avaient pris part aux actes de violence sont arretés et renvoyés au Tribuna!. Les investigations continuent. Les dépositions des témoins ouies constatent à l'évidence que la fàcheuse brouillerie était uniquement provoquée par le mauvais procédé du nommé Secco envers le garçon Poljcenin, et qu'il n'y était nullement question de motifs politiques ou d'antipathies nationales.

Il en appert de plus, que l'agitation momentanée avait été nourrie par un incident presque ridicule.

Farmi les ouvriers indigènes indignés par l'acte bruta! du nommé Secco, il se répandit soudainement le bruit qu'un homme tué aurait été enfoui dans la digue par les ouvriers italiens. Les recherches pratiquées à la piace indiqueé y firent paraitre le cadavre d'un cochon. L'alarme ne s'est plus reproduite.

Une partie des ouvriers italiens, effrayés par la rixe précédente, avait l'intention de quitter le travail le 30 Juin dernier; mais rassurés par l'attitude

paisible des indigènes ils y restèl'ent, et aucun trouble n'est survenu depuis ce temps. Le • capo-uomini • Costa s'est empressé de rappeler à l'ouvrage ses gens qui, s'en étaient éloignés, se croyant menacés par les morlaques. La lettre en date du 2 de ce mois fait foi de ce qu'un calme parfait régnait sur toute la ligne.

Le Ministère Impérial et Royal des affair.es étrangères a donc la satisfaction de pouvoir constater que les scènes violentes du 27 et 28 Juin ne doivent etre envisagées que comme une de ces brouilleries qui arrivent partout où il y a une affluence exceptionnelle d'hommes moins civilisés et faciles à s'emporter, surtout quand il y existe un peu de jalousie provoquée par la concurrence et lorsque la difference des langues et de moeurs offrent des difficultés à la parfaite intelligence. En ayant l'honneur de porter les détails qui précèdent à la connaissance de la Légation Royale d'Italie ce Ministère Impérial et Royal espère que la sollicitude des Administrations locales aboutira à prévenir dorénavant tous les conflits possibles entre les ouvriers occupés à la construction du chemin de fer en Dalmatie.

(l) Cfr. n. 274.

286

IL MINISTRO DELL'INTERNO, CANTELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 3663. Roma, 27 luglio 1875 (per. il 28).

Mi telegrafa oggi il Signor Prefetto di Genova che i barcajuoli di colà per protestare contro la Direzione della Regata, della quale si lagnavano specialmente i Triestini, vollero festeggiare questi ultimi alla stazione della ferrovia.

Allo scarso accompagnamento si unirono alcuni membri del Circolo Mazzini, e presso la stazione si udì qualche evviva a Trieste; ma non si ebbe a lamentare alcun disordine né il fatto di pochissimi individui ebbe importanza di sorta.

Tanto mi pregio di partecipare all'E. V. in seguito alla mia del 22 corrente

N. 3582 (1).

287

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 345. Vienna, 28 luglio 1875, ore ... (per. ore 9,45).

On commence à trouver ici que la situation de l'Herzégovine pourrait se faire sérieuse, quelque succès partial les insurgés l'ayant eu, et la Porte pouvant difficilement envoyer des renforts de troupes. Cet état de choses durant, on croit difficile que les monténégrins s'abstiennent de prendre part à la lutte. Le cabinet autrichien a donné ordre sévè11e à sa frontière d'empecher toute immixtion de ses sujets.

(l) Cfr. n. 280.

288

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 386. Vienna, 28 luglio 1875.

Facendo seguito al mio rapporto di questa Serie n. 384 in data del 26 luglio (l) ho l'onore di trasmettere, qui unita, a V. E. copia di una nuova nota verbale testé indirizzatami dal Ministero Imperiale per gli Affari Esteri relativamente ai disordini accaduti a Trau in Dalmazia. Questo documento giustifica la previsione da me espressa che i miei insistenti uffici otterrebbero quel favorevole risultamento ch'era dato sperare nel difficile e intricato stato delle faccende dalmate.

ALLEGATO.

IL MINISTERO DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO ALLA LEGAZIONE D'ITALIA A VIENNA

NoTA VERBALE 12060/IV.

Vienna, 26 luglio 1875.

Faisant suite à sa note verbale du 20 de ce mois N. 11499/IV le Ministère Impérial et Royal des affaires étrangères a l'honneur d'informer la Légation Royale d'Italie, que d'après de récents rapports officiels aucun désordre ne s'est plus reproduit aux travaux du chemin de fer près de Trau.

L'es ouvriers italiens qui avaient pris la fuite par un mouvement de frayeur exagerée après le chamaillis du 28 Juin, ont repris l'ouvrage et travaillent en toute sécurité.

Les investigations continuées avec sollicitude ont fait découvrir encore 15 personnes qui avaient pris part à l'assaut dirigé contre la baraque magazin, dont le vrai fauteur était à ce qu'il parait un cantinier du pays évidemment dans le but de se défaire d'une concurrence incommode.

Ce détail prouve qu'il s'agissait plùltot d'une atteinte au débit des denrées que d'un attentat aux personnes occupées au chemin de fer, et que le démelé n'avait rien de commun avec des animosités politiques.

Les coupables ont été traduits en justice.

289

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 387. Vienna, 28 luglio 1875.

Da quanto si assicura a questo Ministero degli Affari Esteri le voci che corrono sull'insurrezione nella Erzegovina e che tenderebbero a dargli una certa gravità, sarebbero prive di fondamento e pretta invenzione di Agenzie rivoluzionarie sarebbero del pari i telegrammi di questi giorni, contenenti

notizie di seri conflitti avvenuti colà fra le truppe Turche e gli insorti. Difficile sarebbemi l'apprezzare il più o meno di fondamento di questa versione, da autorevoli fonti però mi risulterebbe che potenti germi rivoluzionari esistono in quella Provincia e che, ove la rivolta venisse a trovare un Capo, locché in oggi gli manca, la cosa potrebbe farsi molto seria.

Credo poi dover anche riferire qui all'E. V., che avendo chiesto al Barone Orczy se era vero che la Sublime Porta avesse diretto una circolare alle potenze onde annunciare loro la misura da essa presa, onde reprimere l'insurrezione, egli negò il fatto dicendomi la Porta essersi limitata, a quanto risultavagli, a far dare communicazione verbale dall'Incaricato d'Affari di Turchia in Vienna d'un telegramma del suo Governo, col quale gli si annunciava le prese disposizioni militari, onde reprimere la ribellione.

*P. S. Ritorno in questo momento dal Ministero, dove si comincia a trovare che la situazione può aggravarsi, la Porta non accennando a trovarsi in grado di reprimere prontamente la rivolta, ed il Montenegro potendo trovarsi trascinato a prender parte al movimento. Mi si assicurò esser stati dati gli ordini i più precisi alla frontiera Austro-Ungarica, onde impedire che da questa parte si dia ajuto qualsiasi all'insurrezione * (1).

(l) Cfr. n. 285.

290

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2251/531. Londra, 29 luglio 1875 (per. il 3 agosto).

Il Conte di Munster, Ambasciatore di Germania, lascia quest'oggi Londra in congedo sino ad ottobre prossimo. Egli mi ha detto ieri che, essendosi recato a prendere commiato da Lord Derby, questo Ministro gli ha espresso il suo rincrescimento che il Principe di Bismarck sia rimasto ferito del modo come l'Inghilterra si era voluta adoperare in prò della pace europea.

L'Ambasciatore Germanico gli avrebbe risposto senza reticenze che un cotale effetto era appunto la naturale conseguenza del modo adottato, quasi volendo indurre altre Potenze, e specialmente l'Austria, ad una Lega di Pace contro la Germania. • Il Conte di Derby (mi soggiunse il Conte di Munster) riconosce di essersi fuorviato; e la colpa deve essere attribuita per la massima parte, e dal Derby stesso è attribuita, al Conte di Beust, che spinse il Ministro Inglese in quella via facendogli credere alla cooperazione dell'Austria-Ungheria. Lord Derby, per altro, mi ha dichiarato, -ed io lo credo sincero in questa dichiarazione -che una Germania potente sia più nell'interesse della Gran Bretagna che non lo sarebbe una Francia potente; con la Francia esisterebbero molteplici ragioni di gelosia e di sospetti. E basta citare l'Egitto. Alcuni uomini politici di questo paese veggono con rammarico l'accordo dei tre Imperatori, perché l'Inghilterra rimane da questo fatto isolata. Ma perché l'Inghilterra non entra a far parte di Questo accordo? »

Riferisco a V. E. ciò che mi venne detto dal Conte di Munster in proposito della sua conversazione con Lord Derby, imperocché manifesta da parte di questo Ministro della Regina il desider,io di spegnere ogni irritazione rimasta nel Governo Imperiale, e da parte dell'Ambasciadore la volontà di adoperarsi al perfetto ripristinamento di cordiali relazioni fra le due Potenze.

Il Conte di Munster, discorrendomi infine d'una visita fattagli dal Marchese di Harcourt, Ambasciadore di Francia qui giunto di recente, mi diceva: • non è egli colui che metterà il fuoco al Tamigi •.

(l) Il brano fra asterischi è edito in LV 22, Il. 2.

291

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 348. Vienna, 31 luglio 1875, ore 17,45 (per. ore 21).

Ambassadeur de Russie et ambassadeur d'Allemagne que je viens de voir concordent à donner toujours plus importance à insurrection Herzégovine. Au ministère des affaires étrangères on croit que Monténégro sera bientòt entrainé à prendre part active. Prince de Servie arrive ici demain. On suppose cette visite inattendue a pour but sonder terrain. Andrassy va aussi arriver pour conférer avec empereur. Cependant on affecte toujours ici se désintéresser dans la question. Les émigrés de la Herzégovine en Dalmatie d'après récent rapport reçu par ministère montent déjà à huit cent personnes. Je tache me tenir ici au courant nouvelles, maintenant complète réserve dans mes appréciations.

292

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A MILANO

(AVV)

L. P. Roma, 31 luglio 1875.

Parto stasera per Recoaro dopo essermi accertato che Peiroleri arriva qui domani sera o lunedì. Malvano e Tornielli potranno far la guardia per questa domenica. Avrei ritardata la mia partenza se avessi potuto sperare di stringer la mano a te od al Presidente del Consiglio. Ma Casalini continua a dire che S.E. rimarrà fuori di Roma ancor qualche tempo, cosicché devo rinunciare a questa speranza.

Di politica nulla che valga la pena di parlarti. Ho scritto a Robilant insistendo per gli affari di Dalmazia, ed autorizzandolo, nel caso in cui egli lo credesse utile o necessario, a mandar Bruno sul luogo. Ho dato la stessa facoltà a Melegari, d'andar cioè egli stesso o mandar altri, a sedare il tafferuglio di Gèischenen.

Ho veduto più volte Keudell prima della sua partenza. Fu amabilissimo e promise d'insistere perché l'Imperatore faccia il gran viaggio. A quanto scrive de Launay le probabilità vanno piuttosto crescendo. A Berlino sarebbero però furiosi se abbandonassimo la politica del libero scambio. Ebbi una Nota di K. dichiarante che la Germania vuole un trattato non più colla formola generale della nazione più favorita, ma con una tariffa, e proponendo Roma per sede dei negoz;iati. Risposi ringraziando, accettando Roma, riservando di dar la tariffa quando sia definitiva. Hanno gran fretta d'averla, ed ho dovuto promettere che si darà a Lynar, il quale la manderà per corrie11e a Berlino.

Anche il Ministro d'Olanda fece la stessa domanda.

Torriani telegrafò da Londra che il Principe, senza insistere per passar da Parigi avrebbe voluto rientrare per Ginevra, la Savoia ed il Cenisio. Sulle prime credetti che volesse andar a Parigi e chiesi istruzioni a Minghetti che telegrafò ciò non parergli opportuno. Dopo, mi venne l'idea che Sua Altezza Reale volesse bensì sbarcare ad Ostenda, ma fare il giro da Basilea per Ginevra, Torino e Milano. Questo lungo giro, fatto evidentemente per evitar Parigi, mi parve sarebbe stato rimarcato e tanto più commentato a Parigi, che nel tempo stesso Nigra telegrafava saper da Decazes che sarebbe spiaciuto a Mac-Mahon che il Principe avesse fuggito Parigi nel ritorno da Londra. Telegrafai quindi a Torriani, che dal momento che Minghetti desiderava che il Principe non toccasse Parigi, sarebbe più conveniente rientrar pel Brennero od il Gottardo e non rasentare il territorio francese. Spero che approverai questa risposta.

Addio carissimo. Piglio meco una cifra Baravelli, pel caso avessi d'uopo

di farmi saper qualche cosa per telegrafo. Dammi tue notizie...

P.S. Corti non s'è veduto. È giunto or ora Barbolani.

293

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 888. Vienna, 31 luglio 1875 (per. il 3 agosto).

Credo opportuno segnalare all'attenzione dell'E.V. un notevole articolo

comparso nel Fremdenblatt di }eri mattina 30 corrente, e riprodotto nel foglio

di jeri sera della Correspondance Générale Autrichienne, che mi onoro di tra

smetterLe qui compiegato (1).

Con quell'articolo par si voglia predisporre l'opinione pubblica in Austria

ad una possibile annessione dell'Erzegovina. La cosa merita tanto maggiore

considerazione, che fino ad ora i giornali austriaci si erano unanimemente

pronunciati contro una simile eventualità.

Il Fremdenblatt non è strettamente parlando un organo officioso, ma è

però fra i giornali che assai di frequente ricevono dirette comunicazioni dal

Ministero degli Affari Esteri; questa circostanza non può a meno d'accrescere

l'importanza delle idee svolte nell'articolo di cui è caso.

(l) Non si pubblica.

294

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 350. Vienna, 2 agosto 1875, ore 15 (per. ore 16,20).

Tout se prépare ICI d'urgence pour l'entrée au besoin troupes en Bosnie Herzégovine. Ordres mobilisation ont été donnés ce matin à lytographier, temps trois jours. Si entrée vient décidée, corps d'armée de 5 divisions serait mobilisé ,en 14 jours et mis sous les ordres du général Mollinary qui est ici depuis huit jours. Ordre a été donné aussi prompt tirage cartes pour campagne de la Bosnie et Herzégovine.

295

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1340. Trieste, 2 agosto 1875 (per. il 5).

Mi pregio di comunicare all'E.V. copia di un Rapporto che ho testé ricevuto dal R. Agente Consolare a Spalato circa le condizioni ed il numero dei lavoranti italiani che sono addetti ai lavori ferroviarii nel Distretto di quella Agenzia.

Dal prospetto che l'E.V. troverà pure unito risulta che il numero di quei giornalieri, il quale prima del 27 Giugno era di 387 era ridotto a 301 il 10 Luglio p.p. È del resto un fatto positivo che in seguito ad ordini severi stati impartiti dal Governo Imperiale che i giornalieri italiani addetti ai lavori ferroviarii in Dalmazia vengono energicamente assistiti e protetti dalle locali autorità. Ciò si deve senza dubbio alle rimostranze fatte dal R. Governo, ma una parola di lode è pure dovuta al Signor Zink, il quale nonostante si trovasse in mezzo a difficoltà di ogni genere, seppe mostrarsi energico e prudente proteggendo gli italiani perseguitati, e mantenendo nel tempo stesso ottimi rapporti colle autorità del Distretto e della Provincia.

Colgo quest'occasione per comunicare all'E.V. copia di una lettera riservata che dirigo oggi stesso alla Legazione del Re a Vienna sulle presenti condizioni politiche della Dalmazia.

ALLEGATO I.

ZINK A BRUNO

R. 213 Spalato, 28 luglio 1875.

Come si rileva dai giornali, dopo il viaggio di Sua Maestà il movimento dei

partiti in Provincia è diventato assai più vivo, e lo Slavo principalmente si sente

forte per lusinga di appoggi non in tutto infondati.

Si viene a convincersi sempre più che il viaggio non ebbe uno scopo sempli

cemente economico e locale. Il luogotenente, ad onta che non sia beneviso dal

Ministero, sta al suo posto pei bisogni di politica estera, e si ritiene con qualche

certezza che abbia in mano le fila di essa. É certo che il moto dell'Erzegovina non

lo sorprese, e si dice che pochi giorni fa partissero da Zara fiorini 15.000 a sussidio degli insorti. Alla Luogotenenza si ritiene che l'insurrezione debba propagarsi alla Bosnia e si attende che l'Austria, mostrandosi di aver forzata la mano, entri in azione. Si dice chiaramente che la Dalmazio, com'è oggi, non può prosperare qualora non si arrotondi alle spalle.

É per questi motivi che il Luogotenente ad onta dei conati della stampa autonoma e tedesca, rimarrà al Governo della Provincia non solo, ma potrà proseguire l'opera della sua slavizzazione. É così che fra pochi giorni si ritiene certa la nomina dello slavo Signor Antonietti a Consigliere Aulico in sostituzione del Dottor Pozzi, ed un rimutamento generale del personale politico.

Movimenti di truppa ancora in questo distretto non sono avvenuti.

ALLEGATO II. BRUNO A DI ROBILANT

R.R. s.n. Trieste, 2 agosto 1875.

Ho l'onore di comunicare all'E.V. copia di una lettera che ho testé ricevuta dal R. Agente Consolare a Spalato sulle presenti condizioni politiche della Dalmazia specialmente nei suoi rapporti col movimento dell'Erzegovina.

Io debbo naturalmente limitarmi ad esporre quanto mi viene riferito dai RR. Agenti Consolari dipendenti, non avendo mezzi per giudicare del fondamento delle relazioni che ricevo.

In riguardo tuttavia alla notizia che dà il Signor Zink sulla probabile nomina del Signor Antonietti a Consigliere Aulico in sostituzione del Dottor Pozzi non debbo nascondere all'E.V. che anche in Trieste intesi parlare della probabilità di questo rimutamento. Allor quando nello scorso Aprile venne in Tri,este S.M. l'Imperatore, trovavasi addetto a questa Luogotenenza in qualità di Consigliere Aulico il Cav. Grosser che da circa 15 anni trovavasi in questa Città, dove aveva reso al suo Governo servizi segnalati, conoscendo da vicino le persone e le cose del paese. Appena l'Imperatore arrivò in Dalmazia il Cavalier Grosser venne chiamato a servire presso il Ministero dell'Interno a Vienna. Si fecero molti commenti per ispiegare questo inaspettato trasferimento di sì utile impiegato, ma persone che per l'ordinario sono bene informate mi dissero fin d'allora che il trasferimento del Grosser era stato ordinato per fare un posto conveniente al Dottor Pozzi Consigliere Aulico a Zara, che il Luogotenente Barone Rodich, voleva allontanare dalla Dalmazia perché non abbastanza slavo. É vero che il Dottor Pozzi travasi ancora a Zara ma è pur vero che il posto di Consigliere Aulico a Trieste non è ancora stato occupato.

Le comunico con quest'occasione copia di un rapporto che dirigo oggi stesso

al Ministero degli Affari Esteri sulle condizioni dei lavoranti italiani nella

Dalmazia.

296

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 389. Vienna, 2 agosto 1875 (per. il 6).

Segno ricevuta all'E.V. del suo ossequiato dispaccio del 26 scorso mese

n. 170 della presente serie (l); mi lusingo però che a quest'ora Ella avrà ricevuto i miei rapporti 384 e 386 del 26 e del 28 luglio (2) e che la lettura

delle annesse comunicazioni fattemi dall'Imperia! e Reale Governo sotto la data del 19 e del 26 u.s. avranno, in parte almeno, modificato la penosa impressione prodotta nel di lei animo dalle notizie riportate dai giornali nostri intorno alle sevizie di cui sarebbero stati fatti segno gli operai Italiani in Dalmazia.

Sin dal primo momento in cui la presente questione ebbe a sorgere, io non mancai, senza aspettare ordini, di rivolgere opportuni reclami al Governo Imperiale e Reale, sebbene il facessi con quei riguardi che sempre si devono nei rapporti internazionali e che sono tanto più necessari quando trattasi di reclamare a riguardo di fatti che ripetono direttamente la loro origine da questioni interne dello Stato presso il quale il Rappresentante estero è accreditato, ciò non di meno richiamai l'attenzione del Governo Imperiale e Reale sui fatti, riferitimi dalle da me dipendenti R. Autorità, con tutta quell'energia, di cui mai saprei dipartirmi allorché trattasi di difendere la vita e le sostanze dei RR. Sudditi. Nuovi spiacevoli fatti essendo in seguito pervenuti a mia conoscenza, feci nuovi passi a cui diedi più caratterizzata forma. Le ~isposte fattemi furono da me trasmesse all'E.V. che avrà potuto giudicarne il valore. Per conto mio, nell'attuale stato di cose, ebbi a ravvisare quelle risposte, ed essenzialmente l'ultima, sufficientemente soddisfacenti, onde prenderle come base di nuove, più precise indagini, che incaricai il R. Console generale in Trieste di far fare sopra luogo dalle Agenzie da esso dipendenti. Al momento attuale, non pervenendo a mia conoscenza fondata informazione di nuove sevizie, di cui sarebbero fatti segno i RR. sudditi in Dalmazia, nè venendo assicurato che le spiegazioni datemi dal Governo Imperiale poggiano su fatti contrari alla verità, crederei fuori di proposito rivolgere qui nuovi uffici, a cui non potrei dare altro fondamento se non articoli di giornali nostri od anonime corrispondenze dalla Dalmazia in essi riportati. Non ho mancato dl leggere con attenzione gli ·estratti di giornali dall'E. V. trasmessimi, ed ho dovuto rilevare in essi un'abbastanza esatta conoscenza della situazione in Dalmazia. Molto probabilmente però, quegli articoli furono scritti, o per lo meno, ispirati, non da cittadini del Regno d'Italia, ma da sudditi austriaci di razza italiana, a cui non par vero di aver colto una occasione di poter far nascere una piccola questione internazionale, il di cui intervento sperano poter volgere ai loro fini, primo fra i quali ottenere il richiamo dell'inviso Governatore Rodich. Questo è, a mio avviso, uno scoglio che noi dobbiamo assolutamente evitare; non certamente ch'io non sia persuaso che il cresciuto odio fra le due razze che si disputano il predominio in Dalmazia, la di cui conseguenza si è le sevizie che colà patiscono i nostri concittadini, sia in gran parte dovuto alla partigiana passione colla quale quel Generale regge quella Provincia; ma perché trovo che a rimuover le cause tocca pensarci al Governo Austriaco; a noi può solo essere lecito reclamare contro i fatti che da quelle conseguono. L'uscire menomamente da quella sfera, che a me par limitata con precisione, sarebbe, a mio avviso, creare un precedente pericoloso per tutti i popoli e che anche in casa nostra potrebbe trovar applicazioni spiacevoli. Il citar ad esempio, come fanno taluni fra i giornali nostri, l'attitudine che in circostanze analoghe ebbe ad assumere l'Inghilterra ed altri Stati (sempre però verso potenze deboli od in circostanze difficili per esse) parmi non si applichi al caso in questione, che del tutto speciale può d1rst. D'altronde sono convinto che un'attitudine ferma sì, ma dignitosamente prudente, ci ajuterà molto meglio a conseguire l'efficace protezione dovuta ai nostri sudditi, che non un'attitudine che potendo destar sospetto d'ispirarsi a simpatie di razza, riuscirebbe invisa qui anche a chi è animato da sentimenti liberali e sinceramente vuole che le cordiali relazioni esistenti fra i due vicini Stati si mantengano e si rafforzino.

Ove la nostra azione continui a battere quella via, credo potremo fare assegno sul concorso del Governo Imperiale, sebbene egli si trovi in Dalmazia impigliato in difficoltà che, a malgrado il miglior suo buon volere, deve studiarsi di rimuovere procedendo a passi 1enti e cauti. Ove poi non si volesse tener conto di una situazione che sono in grado di pienamente apprezzare, quel concorso ci verrebbe indubbiamente meno, poiché la nostra azione, maliguarnente interpretata da chi ha interesse a ciò fare, avrebbe per risultato di rafforzar maggiormente chi è causa principale dello stato di cose attuale, dandogli bell'agio di mostrare, che i veri amici della Monarchia sono quelli che osteggiano una razza che cerca appoggio e concorso all'estero.

Ricevo in questo momento l'articolo del Diritto del 30 Luglio, intitolato

• Gli Italiani in Austria •, trasmessomi dal R. Ministero. Non so rilevare in esso nessun fatto preciso che possa servir di base a reclamazioni verso il Governo Austriaco. Una cosa però parmi da notarsi in quell'articolo e si è: che in esso si fa menzione di qualche centinaio d'operai italiani che il corrispondente dal Veneto, che scrive in data del 27, avrebbe veduto sbarcare a Venezia. Questo fatto l'articolista prende per punto di partenza della sua filippica contro il Governo, raffrontando la sua attitudine a quella ch'egli suppone avrebbe assunto il Governo Inglese in simile caso; a ciò, parmi si possa con tutta giustezza rispondere, che il Governo Inglese anche avesse avuto a che fare colla Grecia, non sarebbe arrivato in tempo a proteggere sudditi suoi, ove questi fossero stati solleciti quanto i nostri a prendere il largo. Ad ogni modo dagli estratti di giornali che l'E.V. si compiacque trasmettermi, parmi scorgere che il partito italiano in Dalmazia è riuscito ad eccitare l'opinione pubblica, anche oltre misura, a favore di quegli operai Italiani che avrebbero sofferto sevizie per parte degli Slavi. In tale stato di cose l'E. V. potendo ravvisare opportuno ch'io faccia, senz'aspet,tare l'esito delle misure che il Governo Imperiale mi annunciava di aver preso, nuovi e più energici passi, sarebbemi indispensabile avere un esatto rapporto, non solo sui già lamentati casi, ma anche sulla situazione in cui attualmente si trovano i nostri operaj colà rimasti. Il Commendatore Bruno, essendo il solo che possa compilare un simile rapporto, con mio telegramma d'oggi prego l'E.V. a volere, ove il creda opportuno, ordinare a quel R. Console Generale di recarsi sopra luogo e di riferirmi, il più prontamente possibile, il vero stato delle cose. In quel mio telegramma non dissimulo all'E.V. che considerazioni di politica generale mi farebbero ravvisare quella missione come meno conveniente in questo momento, e queste sarebbero tanto l'eccitazione degli spiriti, che attualmente pone a fronte l'una dell'altra in quella Provincia la razza Slava e quella Italiana, quanto le prossime più che prevedibili complicazioni a cui sta per dar luogo l'insurrezione nella vicina Erzegovina, ben fatta d'altronde per dar sempre maggior forza al partito Slavo. Ripeto però,

ch'io trovo il R. Governo solo giudice dell'importanza che devesi dare ai clamori della stampa da noi, e quindi dei mezzi atti a calmarli. Ove l'E.V. trovi necessario l'affidare al Commendatore Bruno la missione, di cui è caso, non mancherò di fare in modo che essa venga qui interpretata nel suo vero senso e non altrimenti.

(l) -Cfr. n. 284. (2) -Cfr. nn. 285 e 288.
297

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 390. Vienna, 3 agosto 1875 (per. il 7).

* Col mio rapporto del 24 scorso luglio * (l) n. 382 della presente serie (2) (che con sicuro mezzo facevo pervenire a S. E. il Presidente del Consiglio a Salisburgo con preghiera di curarne il recapito all'E.V.) * avevo l'onore di portare a conoscenza dell'E.V. tanto le mie prime impressioni sui fatti di cui è teatro l'Erzegovina *, come le informazioni da me qui raccolte onde chiarire l'eventuale attitudine, che a fronte delle conseguenze, che potrebbero da quel moto sorgere, l'Austria-Ungheria sarebbe per assumere. Coi miei successivi telegrammi riferii in seguito all'E.V. quelle altre precise notizie al 11iguardo che mi riescì conoscere. * Più che mai difficile sarebbe il far pronostici *, poiché recentemente anche ebbimo a vedere un grossa bufera, che con fondate ragioni ritenevasi prossima a scoppiare, dileguarsi tutto ad un tratto. Così anche può succedere in oggi; * però i sintomi sono gravi assai e l'opinione pubblica mostrasi qui abbastanza seriamente preoccupata. Per conto mio intanto, una cosa credo essere in grado di constatar.e, e questa si è: che un perfetto accordo in questa circostanza regna fra i Gabinetti dei tre Imperatori; quindi non dubito che l'Austria non muoverà passo che non sia concertato precedentemente coi Governi di Pietroburgo e Berlino *. Alle apprensioni degli scorsi giorni venne a dar nuovo alimento l'improvviso arrivo di S.A. il Principe Milano, qui giunto il 1° corrente, accompagnato dal nuovo Console Generale Austro-Ungarico a Belgrado, Principe di Wrede. I giornali non mancarono di dare a questa visita le più svariate interpretazioni: quella però che ufficiosamente viene sparsa qui è che Egli siasi recato a Vienna unicamente per affari suoi particolari, e questi anzi voglionsi precisare dicendo, ch'Egli travasi in grandi strettezze finanziarie e che sarebbe v~enuto onde far ricerca di denaro. Una persona che il Principe ebbe a visitare ieri, dicevami avergli Egli detto che essenzialmente erasi recato a Vienna per affari suoi particolari, ma che intendeva però di cogliere questa circostanza, onde chiarire al Governo Imperiale la difficilissima situazione in cui si troverebbe a fronte dei suoi sudditi, ove 1i torbidi dell'Erzegovina pigliassero nuove e maggiori proporzioni, e peggio ancora se i Montenegrini scendessero anch'essi in campo. La prossimità delle elezioni nella Serbia renderebbe questa sua situazione sempre più difficile. Io non esito a credere che in apparenza il Principe Milano voglia

svmcolare la sua responsabilità in faccia alle potenze dalla posiziOne che il suo Principato potrebbe da un momento all'altro assumere di fronte alla Turchia; ma ancora parmi probabile Egli sia qui venuto per scoprire gl'intendimenti dell'Austria, e per scongiurare i pericoli di vario genere che potrebbero sovrastargli. Comunque, la cosa sia, qui la sua visita in questo momento riescì poco gradita, o per lo meno si volle mostrare così fosse; poiché mentre tutte le altre volte che il Principe Milano venne a Vienna, sempre vi fu ricevuto cogli onori consuetudinari presso questa Corte per i Principi tributari dell'Impero Ottomano, questa volta egli non si ebbe ricevimento di sorta, ed anzi sebbene si facesse premura di chiedere udienza da S.M. l'Imperatore, giunto il giorno prima a Vienna, questa gli fu fissata per oggi soltanto.

A quanto ebbe a dirmi la persona più sopra menzionata, che conferì col Principe Milano, Sua Altezza conterebbe arrestarsi pochi giorni a Vienna e poscia far direttamente ritorno a Belgrado

(l) -I brani fra asterischi sono editi in LV 22, P. 7. (2) -Cfr. n. 283.
298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 157. Roma, 4 agosto 1875.

Il Bureau internazionale del Comitato federale delle sezioni del Jura Bernese ha diramato agli operai di Europa una circolare per invitarli a farsi rappresentare al Congresso generale socialista che si terrà in Neuchàtel nella prima domenica di settembre prossimo venturo.

Rendo di ciò informata la S.V. Illustrissima pregandola di voler prendere fin d'ora le opportune disposizioni per potere a suo tempo far conoscere al

R. Governo le determinazioni che in quel Congresso saranno adottate, specialmente riguardo all'Italia, e possibilmente, quali individui vi rappresenteranno le sezioni internazionali del Regno (1).

299

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1501. Berlino, 4 agosto 1875 (per. il 7).

* Je n'ai pas écrit jusqu'ici sur les affaires de l'Herzégovine. Vienne et Saint Pétersbourg sont à cet égard de meilleurs points d'informations que Berlin. Je m'étais assùré d'ailleurs, à différentes reprises, qu'on semblait n'attacher ici qu'une importance secondaire à cette question. Ainsi, le 29 Juillet échu, le

Secrétaire d'Etat, au retour de son congé, contestait au mouvement qui avait commencé depuis trois semaines dans le district de Mostar, la gravité que certains renseignements,* (l) très sujets à caution, * lui avaient attribué de prime abord. L'insurrection ne deviendrait périlleuse, que si d'autres groupes de la population slave s'y associaient, ne fùt-ce que par bandes de volontaires. Or les Gouvernements de Belgrade et de Cettigné gardaient jusqu'ici une attitude correcte. Les mesures prises par eux pour empècher les Monténégrins et Serbes de porter secours aux insurgés, faciliteraient aux Autorités Turques la tàche de rétablir la tranquillité. De son còté, le Cabinet Austro-Hongrois, marchant en parfait accord avec la Russie et l'Allemagne, surveillait avec vigilance les frontières. Si la gravité des faits matériels qui se passent dans ces contrées est contestable, ces faits, reduits à la juste mesure, témoigneraient cependant d'une situation à laquelle il serait sage de chercher à remédier. Il paraìtrait que le mal git en partie dans des abus commis par les agents du fisc dans le recouvrement des impòts. Des émeutes de cette nature, en se renouvelant, pourraient devenir sur ce terrain volcanique un danger pour l'Europe.

J'ai dit à M. de BUlow que c'etait là un de ces conflicts que l'Italie avait aussi un grand intérét à voir écarté, dans un sens de pacification et du maintien du status-quo territorial. * En 1865, le Prince Gortchacow ne m'avait pas caché que la Russie, pour ce qui la concernait, n'hésiterait pas à considérer camme un casus belli toute extension de l'Autriche vers l'Herzégovine et la Bosnie.

* Hier, dans l'après midi, le Secrétaire d'Etat m'a tenu le méme langage, qu'à la date du 29 Juillet. * Devant me rendre sous peu de jours à Wiesbaden, où je dois faire une cure de bains, j'avais voulu vérifier s'il n'y avait sur le tapis aucune affaire urgente qui pùt retarder mon départ, lors méme que, de là aussi, j'aurai l'honneur de continuer ma correspondance officielle avec V.E., M. de Btilow ne voyait aucun inconvénient à ce aue je suivisse l'exemple de mes collègues, qui tous déjà avaient quitté Berlin.

En rentrant à la Légation, j'ai reçu le télégramme de V. E. du 3 courant (2). Je suis retourné chez le Sécrétaire d'Etat. Il s'est montré fort surpris des indications très confìdentielles ques je lui fournissais, à l'effet de connaitre les impressions du Cabinet de Berlin. La veille au soir, il avait reçu de l'Am

bassade Impériale à Vienne un télégramme ne contenant absolument rien qui vint à l'appui de nos renseignements, quelque circonstanciés qu'ils fussent. Ces nouvelles ne répondaient pas à l'ensemble de la situation. L'entente entre les Puissances du Nord offrait une sérieuse garantie pour le maintien de la paix en Orient, aussi bien que dans l'Occident. Elles procédaient à un échange de vues, dans un but humanitaire et de pacification, sans qu'il s'agisse d'intervention armée. Elles sont à la recherche des meilleurs moyens à suggérer à la Porte, pour prévenir de nouvelles complications parmi les populations

du groupe Serbo-Croate. En attendant, le Cabinet de Berlin a donné des conseils de prudence a Constantinople. D'autre part, le Comte Andrassy, qui n'a cessé de marcher d'accord avec l'Allemagne et la Russie, a fait parvenir à la Turquie l'avis d'en finir le plus-tòt possible.

Ce sont là les seules informations que j'ai pu me procurer. Il faudrait en induire que, pour le moment, il n'y aurait pas péril d'une intervention armée. Ce ne serait que dans le cas où le Gouvernement Ottoman ne parviendrait pas, lui-meme, à dompter la rébellion, que de sérieuses difficultés se présenteraient pour les Puissances qui, d'une part voudraient ajourner toute solution sérieuse en Orient, mais qui d'autre part se trouveraient alors dans la necessité de prendre position, au mieux de leurs intérets qu'il serait assez malaisé de concilier.

En joignant ici une lettre pour M. le Colonel Mazza, que le Maréchalat de la Cour du Prince Impérial me prie de faire parvenir à son adresse...

(l) Il contenuto di questo dis.oaccio era stato comunicato dal ministero dell'Interno con N. 3589 del 22 luglio 1875.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in LV 22, pp. 6-7. (2) -T. 146, non pubblicato, con cui Tornielli comunicava a Launay il t. 350 da Vienna (cfr. n. 294).
300

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 392. Vienna, 6 agosto 1875 (per. il 10).

Le notizie che si hanno qui suLl'insurrezione Erzegovina continuano ad essere molto contraddittorie e pel momento credo in verità i Turchi esagerino grandemente i loro successi, ed il partito che appoggia gli insorti magnifichi anche fuori di proporzione sì le forze dei ribelli, che il concorso ch'essi riceverebbero, tanto dal Montenegro quanto dagli Slavi dell'Austria. Non sarei anzi lontano dal rit·enere che l'insurrezione non tarderà ad essere pienamente soffocata, non così però dei germi che la produssero. Parmi poi molto difficile che i fatti accaduti non abbiano serie conseguenze per la Turchia. Molto più che la locale insurrezione dell'Erzegovina, sembrami vedere, i Gabinetti dei tre Imperi abbiano in questo momento preso in attenta considerazione lo stato attuale della Turchia, l'impossibiLità che così la duri in lungo. La presenza del Conte Andrassy a Vienna ha richiamato qui gli Ambasciatori di Germania e di Russia, che villeggiavano nei dintorni: i loro colloqui col Ministro degli Affari Esteri sono lunghi e frequenti in questi giorni, e, come già mi feci dovere di portare a conoscenza dell'E. V., ho ogni ra~ione di credere che l'accordo dei tre Imperi non solo si mantiene perfetto, ma anzi trova in questa circostanza vera occasione di esplicarsi con precisione. Ben potrebbe darsi che pel momento non si verifichi cosa che accenni a conseguenza dei nuovi più stretti accordi, che pure si stanno prendendo a Vienna in questi giorni, ma ciò non varrà a rimuovere la mia credenza, che sin da questo momento la questione Orientale sta facendo un passo decisivo senza il concorso delle potenze occidentali, che firmarono il trattato di Parigi. A quest'eventuarlità parmi

convenga rassegnarsi, poiché non saprei vedere chi sarebbe in grado di scongiurarla.

Intanto, come già dissi in altro mio rapporto, nonché con successivo telegramma, tutte le preventive disposizioni militari per ogni emergenza in Oriente sono già prese di lunga mano qui, e vennero completate in questi ultimi giorni. Tutti gli ordini per la mobilizzazione delle 5 divisioni (per errore dissi 4 nel mio rapporto del 24 luglio n. 382) (l) che costituirebbero il Corpo destinato ad operare nella Bosnia e nell'Erzegovina, non che a tener in rispetto la Serbia, sono litografati e già riposti nelle rispettive buste per venir spediti ai destinatari al primo cenno. Il Feld Zeng Meister Mollinary, preconizzato per il comando di quel Corpo, fu chiamato a Vienna da una dtecina di giorni e seco lui furono presi tutti i più minuti concerti, per la circostanza in cui fosse chiamato ad agire. È bensì vero che negli eserciti moderni si usa preparare ogni cosa per la mobilizzazione completa o parziale dell'esercito, in vista di qualsiasi eventualità non esoludendo quelle fra loro le più contraddittorie. Tenendo conto di ciò non ci sarebbe di che far gran caso dei fatti più sopra menzionati. Nel caso attual,e però, sarebbe, a mio avviso, stato oltrepassato quello stadio preparatorio precauzionale, che, come dissi_. è rin oggi di generale costumanza, e Quindi la cosa meriterebbe di essere tenuta in attenta considerazione, siccome sintomo non senza speciarle importanza. Devo però dire che da tutte le informazioni assunte, mi 11isulta siano del tutto senza fondamento, per ora, le voci corse di incominciati anche parzialissimi movimenti di truppe.

Vorrei essere in grado di porgere all'E. V. notizie più precise sugli intendimenti del Governo Austro-Ungarico, nonché sull'azione che verso di esso

o seco lui di concerto esercitano qui le potenze Nordiche; ma l'attitudine sommamente riservata, che parmi sia in tutto oiò doverosa pel Rappresentante d'Italia, mi impedì di cercare ostensibilmente d'incontrare il Conte Andrassy, che facile non è vedere, e così pure d'indagare con soverchia insistenza i reconditi pensieri degli Ambasciatori di Russia e di Germania. Sir Andrew Buchanan ed il Conte di Vogué trovansi in cong·edo in questo momento; neppure quindi dall'Ambasciata inglese o da quella francese potrei aver·e, per luce riflessa, informazioni, poiché quelle Ambasciate, essendo rette da Incaricati d'Affari, questi nel mezzo viennese, trovansi ancora meno di me in posizione di conferire col Ministro o cogli Ambasciatori, quando non hanno speciale rincarico dai loro Governi di spiegare una precisa attitudine. Avrei desiderato incontrarmi col Principe di Serbia, ma naturale occasione per ciò non si presentò, non recandosi egli, come di ragione, a visttare che gli Ambasciatori, i quali soli quindi a loro volta si recano a restituirg1i la visita.

A malgrado le suaccennate difficoltà non mancherò di fare il possibile per tenermi a giorno di quanto si fa Qui, e vagliando sempre, H più che possibile, le informazioni precise da quelle meno fondate, sarà mia cura riferire alla E. V. tutto ciò che potrà essere interesse del R. Governo il conoscere.

P. S. unisce una lettera particolare per S. E. il Cav. Visconti Venosta (2).

(ll Cfr. n. 283.

(l) Annotazione marginale: « consegnata •.

301

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L.P. Roma, 7 agosto 1875.

Di ritorno a Roma, ho esaminato il dossier relativo all'affare degli operai italiani in Dalmazia, Voi sapete che qui i giornali fecero molto rumore intorno a questi spiacevoli incidenti e riuscirono anche a richiamare sull'argomento una certa attenzione dell'opinione pubblica. Dell'esagerazioni di certi giornali io poco mi curo. Però conosco abbastanza i miei polli per vedere che l'opposizione ha creduto bene d'impadronirsi di questa faccenda e che alla Camera, nella prima discussione del bilancio degli affari esteri vi sarà qualche interpellanza in proposito. Per questo caso, giova ch'io mi trovi in misura di rispondere in quel modo categorico che, parendo sufficiente alle persone di buon senso, permette di abbreviare e di chiudel'e l'incidente parlamentare. Ho letto con attenzione i vostri dispacci sull'argomento. A mio avviso, voi avete avuto perfettamente ragione e avete scelto il migliore partito mostrando al Governo austriaco tutta la nostra sollecitudine per la protezione dei nostri connazionali all'estero, ma tenendo anche conto della situazione delicata con cui i disordini avvenuti più o meno si associano e quindi portando in questi reclami uno spirito di moderazione e di prudente riguardo. A che servirebbero le relazioni amiche con un Governo se non si dovesse, in certe situazioni un po' imbarazzanti, avere per esso ed, occorrendo, ottenere per noi stessiÌ dei riguardi? Sono anche perfettamente d'accordo con voi nel pensiero che noi dobbiamo evitare persino l'apparenza di mescolarci in tutto ciò che può toccare alle questioni interne dell'Impero e della Dalmazia. La rivalità di razze nelle provincie dalmate, la politica austriaca in relazione con queste rivalità, le tendenze dell'attuale amministrazione della Dalmazia, i rapporti di questa amministrazione col Governo centrale, a tutto ciò noi siamo e dobbiamo rimanere affatto estranei anche nell'incidente che ci occupa. Sembra a me pure che in alcuni artkoli e in alcune corrispondenze dei nostri giornali si veda l'influenza e l'opera del partito dalmata anti-slavo che non sarebbe malcontento di unire alle sue lotte un incidente diplomatico italiano e di far cavare dal fuoco colla nostra zampa qualcuna delle sue castagne. Per quanto le nostre simpatie teoriche vadano piuttosto dal lato degli italiani che degli slavi, noi non possiamo far nulla di simile. Per noi non potevano esistere che i fatti per quanto riguardavano gli operai italiani in Dalmazia. La Questione non poteva portarsi che su due punti, che si pongono in tutti i casi consimili indipendentemente da ogni accessorio politico. Noi possiamo chiederci: l) se, poiché vi furono degli atti di violenza, le autorità austriache hanno provveduto alla punizione dei colpevoli, vale a dire se hanno arrestato i presunti autori dei reati e li hanno deferiti ai tribunali; 2) se le stesse autorità hanno prese le misure di precauzione necessarie per prevenire il rinnovarsi di simili disordini e proteggere all'uopo la sicurezza personale degli italiani che si trovano sul territorio austriaco sotto l'egida del diritto delle genti e dei trattati.

Sono questi i due punti che devono essere posti in chiaro per coprire la nostra responsabilità. In realtà mi pare che il Governo austriaco abbia fatto l'una e l'altra cosa. In una delle note verbali che vi furono rimesse vi si annunciano gli arresti fatti benché con un cenno alla ,sfuggita ed 'in fine. Se questo annuncio avesse preso almeno il posto e lo sviluppo dell'aneddoto del porco seppellito, sarebbe stato meglio. Ma in fine i1l fatto degli arresti è positivo. I tribunali decideranno. Che le misure di protezione e di prevenzione sieno state prese risulta e dai vostri dispacci, e dai rapporti del Console a Trieste.

A questo proposito vi devo esprimere un desiderio ~ed è che alla data stessa del vostro ultimo dispaccio del 2 Agosto, vogliate redigere un dispaccio che, se ciò fosse assolutamente necessario (poiché voi sapete ch'io non sono un gran pubblicatore di documenti diplomatici) potesse essere pubblicato o letto al!la Camera. In questo dispaccio mi basterà che riassumiate i reclami fatti, le istruzioni ricevute, le risposte scritte e verbali soddisfacenti, constatando che sino a quella data altri disordini non si erano più rinnovati. Vi esprimo questo desiderio perché i vostri rapporti sono quali appunto potevano meglio illuminare il Ministero sull'insieme della situazione, ma sono rapporti che hanno un carattere confidenziale e che non potrebbero essere pubblicati, né letti.

Il miglior modo per chiudere questo incidente, senza che lasci alcuna impressione di scontento, è ,n dimostrare la sollecitudine mostrata dal Governo, e le vere proporzioni delle cose, contrariamente ai clamori della stampa. Da questo punto di vista vi confesso che sarebbe stato mio desiderio di poter mandare il Console Bruno sui luoghi per riferire sullo stato attuale delle cose, sulla tranquiHità sopravvenuta, e sulle misure prese per assicurarla. Bruno è un uomo prudente e la sua missione si compirebbe senza alcun rumore ed apparato e con ogni riguardo di conv,enienza. Null'altro avvenendo, come è a sperarsi, questa missione non dovrebbe esseve il punto di partenza di nuovi reclami, ma una constatazione dello stato normale in cui sono vientrate le cose, delle misure pvese dalle autorità austriache e della nostra premura per la protezione degli ita~iani all'estero. Le istruzioni al Console Bruno sarebbero redatte colla maggiore prudenza. Potrei scrivere, per verità, a Bruno di farsi mandare dei rapporti dai nostri Consoli in Dalmazia, ma questi Consoli sono locali, sudditi austriaci e questi rapporti avrebbero quindi minore autorità.

Comprendo però appieno le obbiezioni che contro una tale missione si pvesentano al vostro spirito e che mi accennate nel vostro rapporto del 2 corrente. Voi siete certo in miglior situazione ch'io non sia per giudicare se questa gita del Console Bruno, per prudentemente fa.tta che sia, pure non possa destar~e dei sospetti e delle cattive impressioni i cui inconvenienti sarebbero più gravi dei vantaggi che se ne potrebbero aveve. Non vorrei andare contro al vostro apprezzamento in proposito. Si potrebbe naturalmente spiegare la gita del Console perché sia interpretata nel suo vero senso, cioè come un mezzo per far cessare le esagerazioni e le accuse interessate. Ma anche questo potrebbe non raggiungere lo scopo. Vi prego dunque, appena ricevuta questa mia di volermi telegrafare il vostro avviso. Se voi non vedete inconvenienti gravi alla cosa, tanto meglio; se, malgrado le spiegazioni che si potessero dare, la ritenete pur sempre inopportuna, pel complesso delle circostanze,

bisognerà supplire in altro modo, con un complesso di rapporti riassuntivi da parte dei Consoli locaH. È d'uopo infatti che, il giorno in cui si parlerà nella Camera di questo affare, vi sieno le prove per dimostrare quanto, in realtà venne fatto da noi, che la nostra opera fu quale le circostanze la richiedevano e che il GoV"erno austriaco fece ciò che legittimamente gli poteva essere chiesto.

302

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L.P. Vienna, 7 agosto 1875.

Mi valgo della partenza da qui d'un Segretario di quest'Ambasciata Ingl>ese (Sir George Bonham genero di Buchanan) trasferito alla Legazione di Roma per trasme1Jtervi un Rapporto suUe questioni dell'Erzegovina nonché queste poche righe. Da quanto ho sin qui scritto e telegrafato al Ministero avrete dovuto formarvi l'ìmpr.essione che ho forse di soverchio ingrandito le cose. Non lo cvedo però, poiché ho il convincimento che qualche cosa si sta combinando. Sta di fatto che desiderio di annessioni ,in Oriente di nuove popolazioni di razza slava l'Austria-Ungheria non l'ha, ma però a preferenza di lasciar ingrandire la Serbia od il Montenegro, finirebbero per sobbarcarsi al grave compito di annettersi loro la Bosnia e l'Erzegovina. Non mi pare che la Germania e la Russia spingano a ciò, ma lo svolgersi degli avvenimenti potrebbe produrr,e ciò che forse nessuno desidera oggi. A me pare s'abbia da parte nostra a star molto attenti a questa faccenda, poiché sarebbe per noi un'occasione forse unica di migliorare la nostra frontiera in Val d'Adige o sull'Isonzo. Al Ministero degli Esteri affettano di dar poca importanza al movimento insurrezionale, e ne annunciano prossimo il fine. Sì lo Schweinitz che il Nowikoff nei loro discorsi meco non tengono un linguaggio egualmente rassicurante. Intanto più che mai si fa suonar alto l'Alleanza dei tre Imperatori, onde non lasciar dubbio che i tre Gabinetti intendano aWevenienza aggiustar senza concorso d'altri le faccende d'Oriente. Vi terrò a corrente di tutto ciò che riuscirò sapere, in questa stagione però è difficilissimo scoprir ·terreno poiché tutti essendo via ,i soliti fiH atti a controllare notizie sono rotti.

L'affare dei nostri operaj in Dalmazia parmi finito pel momento, ed in modo abbastanza soddisfacente. Ove foste interrogato in Parlamento potreste anche produrre documenti che corretti in qualche parte onde non ferir le suscettività dell'Austria, non lascerebbero dubbi che H R. Governo ha fatto il dover suo. A malgrado ciò ho ancora in questi giorni ripetuto verbalmente eccitazioni affinché Je· autorità dalmate mostrino in fatti palesi il loro serio intendimento di proteggere i nostri sudditi. Ma convien tener conto delle gravi difficoltà che H Governo Austriaco incontra nel far sentir la sua azione in quel semi barbaro Paese, e ciò tanto più coll'agitazione· che in oggi vi regna, in causa della vicina insurrezione colla quale caldamente parteggia tutta la razza slava.

Vogliate vi prego dire al Presidente del Consiglio che fino ad ora nulla ho saputo intorno ai passi fatti qui dall'Ozenne ma che però da tutte le indagini che ho potuto fare mi risuHerebbe che sarebbe stato per i suoi frais du voyage, non avendo trovato con chi parlare. Ieri ho diretto una nuova nota al Conte Andrassy insistendo per aVIere una Disposta sull'>epoca in cui sarebbero pronti ad incominciare le trattative col Luzzatti, e colsi l'occasione per far sentir con precisione che vano sarebbe sperar il nostro trattato venga prorogato oltre l'epoca della sua natura:~ scadenza. Spero aver presto una risposta che vi comunicherò telegraficamente. Suppongo non vi arresteverte a lungo a Roma, vi auguro migl,ior tempo di quello che abbiamo noi qui.

303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 148. Roma, 8 agosto 1875, ore 21,20.

Veuillez m'informer de l'impression produite à Pétersbourg par les événements de l'Herzégovine. Nous avons lieu de croire que les trois puissances du nord se disposent à exercer une action commune. Il est important que vous nous teniez ~au courant de ce qui a trait à ce sujet.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

L.P. Roma, 9 agosto 1875.

Vi ringrazio de>i vostri dispacci e dei vostri telegrammi sugli affari di ErZJegovina. A noi interessa seguitare questo affave con molta attenzione. Non ho bisogno di dirvi tutte le ragioni per ,l'e quali desidero che la cosa finisca in fumo e la burrasca si dissipi. Temo che presto o tardi la Servia e il Montenegro sieno trascinati e che allora l'Austria lo sia pure, pensando che se lo statu quo non si mantiene, vale meglio per essa prendere quei paesi piuttosto che lasciare costituirsi uno Stato slavo sulla sua frontiera. Vi communicherò anche per telegrafo le notizie che avrò dagli altri Governi. Frattanto non mi do troppo moto per rnon lasciar credere che vi sieno già delle inquietudini da parte nostra. Ho tastato un po' il terveno a Berlino. Launay mi scrive che colà si confida sull'accordo dei tre Imperi e gli fu detto ch'essi procedono d'accordo a uno scambio di idee in uno scopo di pacific,azione, senza alcuna idea di intervento armato, e che sono alla ricerca dei migliori mezzi da suggerire alla Porta per prevenive nuove complicazioni nelle contrade dove sorse l'agitazione. Pare che le tre Corti del Nord si dispongano ad esercitare un'azione morale, che potrebbe per aUro finire con un intervento armato dell'Austria. Però dubito che l'Austria voglia agire se non è d'accordo colla Russia.

Se i tre Imperi si intendono, essi faranno quello che vogliono e avranno troppo poco bisogno di noi perché a noi sia dato di cavare un partito dagli avvenimenti. Noi dobbiamo sperare che la cosa finisca almeno senza veri e propri mutamenti territoriali. Ma, come la cosa non dipende da noi, dobbiamo cercare frattanto di sapere su che azione e su che base le tre Potenze cercano di porsi d'accordo, senza mostrare inutili timori o gelosie, e attenuando l'impressione del conservantisme féroce. Non avrei obiezioni a trovar modo di associare l'Italia, senza fare mostra di troppa premura, ai suggerimenti da dare ailla Porta pel miglioramento delle sorti delle popolazioni che si agitano. Vorrei vedere insomma se, allo stato attuale delle cose, vi è un mezzo termine fra questi due inconvenienti: rimanere all'infuori e impegnarci in un jeu de dupes.

305

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 358. Pietroburgo, 10 agosto 1875, ore 16,50 (per ore 21,15).

A la suite de l'échange d'idées entr,e les trois puissances du nord, il a été convenu que les ambassadeurs d'A1lemagne et de Russie à Vienne se concePterai,ent avec le comte Andrassy pour établir les bases d'une action uniforme à l'égard des événements de l'Herzégovine. Uidée d'une démarche collective est abandonnée. On se bornera à donner instructions uniformes aux agents diplomatiques et consuls dans un sens d'apaisement et d'examiner les causes des événements. Ces bases sont approuvées par le czar. J'informerai

V. E. de ce qui sera décidé. Ici on est peu satisfait de l'attitude de défiance de la Turquie. Je verrai demain le baron de Jomini (1).

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERNA, MELEGARI

D. 158. Roma, 10 agosto 1875.

Al primo annunzio del fatto di Goeschenen, H Ministero ha autorizzato la S. V. Onoratissima a recarsi sul luogo per adoperarsi, se fosse stato necessario, a calmare l'agi1tazione prodottasi fra gli operai italiani e prevenire la ripetizione di deplorevoli scene di sangue.

Posteriormente ho ricevuto i tre rapporti da V. S. indirizzatimi il 30 e 31

luglio ed il 4 agosto, coi quali Ella mi confermava le notizie teleg11afiche ed

aggiungeva a~lcune particolarità circa lo sciopero avvenuto e le sue funeste conseguenze. Nel tempo stesso V. S. m'informava dei passi fatti presso il Governo federale per accertarsi che le autorità avrebbero proceduto con tutta la regolarità e la sollecitudine che la gravità del caso richiedeva.

Gli abboccamenti da Lei avuti col Signor Massa e con lo ste·sso Signor Favre, 'lasciarono -in lei l'impressione che la rlepressione dei tumulti d.i Goeschenen possa essere stata eccessiva. E nella nota da V. S. indirizzata al Governo federale questa impressione non è nascosta.

Le procedure giudiziarie sono già aperte contro gli autori dello sciopero ed i colpevoli di resistenza alla forza pubblica. Esse faranno la luce sulle vere cause dello sciopero, la qualità ed il grado di colpa che vi ebbero gH operai, e l'esistenza di circostanze attenuanti, quali sarebbero le fondate lagnanze che gli operai fossero stati in diritto di muovere contro l'impresa dei lavori. Nel tempo stesso si verrà a conoscere se dell'accaduto debbasi ~dere la causa nella insufficienza del salario o nelle condizioni soverchiamente gravose imposte agli operai, oppure nel pervert,imento seminato fra i medesimi dai seguaci dell'Internazionale.

Sotto diversi rapporti pertanto il Governo di Sua Maestà prende il maggiore interesse allo sviluppo ed all'esito del procedimento giudiziario iniz,iato, e da codesta Legazione aspetta di averne minuta e pronta informazione.

Ma, indipendentemente dal procedimento che determinerà la compatibilità o l'innocenza dei singoli imputati, pare che nel caso presente rimanga qualche altra cosa da f,ave. La repressione dei disordini costò la vita a parecchi nostri concittadini. La Svizzera stessa è interessata a dimostrare che l'uso delle armi era indispensabile .e che le milizie di Uri non hanno ecceduto i limiti della necessità.

In casi analoghi a quello di Goeschenen tutti i Governi sogliono dal'e alla pubblica opinione 1a giuSita soddisfazione che essa reclama quando il ristabilimento dell'ordine non si è conseguito che a prezzo di spargimento di sangue. Per 1istabilire se in chi aveva il comando delle milizie o nei militi stessi non siano da deplor,arsi precipitazione od abuso nell'impiego della forza è dunque indispensabile che si faccia l'inchiesta amministrativa dell'esito del,la quale la

S. V. ha opportunamente domandato al Consiglio federale di essere informata. È indispe•nsabile, e V. S. vorrà certamente assicurarsene, che tale inchiesta sia fatta con tutta la soLennità e le guarentigie che la gravità del caso richiede. L'esito della inchiesta determinerà se un procedimento giudiziario debba aver luogo contro colol'o che avessero abusato della forza. La S. V. Illustrissima vedrà allora quali altri passi potrebbero essere opportuni nell'interesse delle famiglie degli uccisi a Goeschenen. L'emozione che la condotta deUe milizie di Uri ha prodotto in Italia è quello che V.S. Illustrissima ha giustamente pveveduta. La massima attenzione e diligenza nel seguire tutto ciò che dall'autorità federale e dal Governo cantonale sarà ordinato per assicumre una giustizia imparziale ed illuminata, sono dunque egualmente richieste e dalla gravità intrinseca dell'accaduto e dalle crircostanze che lo accompagnano, ed io prego V. S. di tenermi esattamente informato di qualunque cosa si riferisca a questo deplorevole affare.

(l) Il contenuto di questo telegramma fu sviluppato nel r. 38, pari data, parzialmente edito in LV 22, P. 14.

307

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Trieste, 10 agosto 1875 (per. il 12).

Ho l'onore di qui unita 'trasmettere all'E. V. copia di un rapporto che il Signor Zink, R. Agente Consolare a Spalato, mi ha testé indirizzato relativamente all'andamento del processo che è in corso contro i presunti principali autori dei disordini che ebbero luogo nel Distretto di Traù a pregiudizio di lavoratori 'italiani, nonché circa una nuova rissa che, giusta quanto gli fu riferito, avrebbe avuto luogo aUa Baracca n. 6.

Detto rapporto contiene pure interessanti informazioni circa il contegno delle Autorità Austriache dirimpetto al movimento dell'Erzegovina, contegno che, a quanto pare, sarebbe in contraddizione colle dichiarazioni dei giornali ufficiosi di Vienna.

Mi valgo inoltre di questa occ,asione per comunicare all'E. V. copia di una lettera particolare che il pvelodato Signor Agente Consolare mi ha diretto per giustificarsi contro temerarie accuse di alcuni organi della stampa italiana e dalmata. Io posso assicurare l'E.'V. che il Signor Zink, nelle difficili contingenze in cui si è trovato in questi ultimi ,tempi, ha spiegato la più lodevole attività ed energia per difendere i nazionali; egli è pertanto a deplorarsi che per rancori personali gli si facciano pubblicamente accuse immeritate.

Il deputato Seysmit-Doda non gli ha mai perdonato perché fu nel 1867 nominato Agente Consolare a Spalato, di preferenza al suo raccomandato e protetto Signor Crussevich, genero del Dottor Bajamonti.

Io prego pertanto l'E. V. di vedere se non sia possibile di mostrare pubblicamente che il Governo del Re è soddisfatto delle prestazioni del Signor Zink.

Voglia l'E. V. compiacersi di segnarmi rdcevuta del presente mio rapporto.

P.S. Essendomi testé giunto un nuovo ed intevessante rapporto del Signor Zink R. Agente Consolare a Spalato, io mi reco a premura di comunicarlo per copia all'E. V.

ALLEGATO J.

ZINK A BRUNO

R. 214. Spalato, 4 agosto 1875.

La Commissione inquirente che si era recata a Traù come accennavo col mio foglio N. 210, ha sospeso i suoi lavori per malattia del Giudice, ma ho avuta assicurazione che si porterà fra brevi giorni nuovamente sopra luogo. Intanto continuano ad essere detenuti in arresto nove dei supposti principali autori dei disordini contro gli italiani.

Alla baracca N. 6, ove secondo lo stato rimesso a V.S. Illustrissima si trove

rebbero 47 lavoratori italiani, dicesi accaduta la sera del lo corrente una rissa

fra alcuni di questi e Cragnolini. Un g~endarme sarebbe stato ferito da un colpo

di pietra ed arrestati tre Cragnolini. Ho già scritto per avere esatte informazioni

in proposito.

Continua lo stato d'incertezza sul contegno dell'Austria, da me accennato nell'ultimo rapporto N. 213. Ment11e la stampa tedesca si mostra apertamente avversa

al movimento, il Governo della Provincia spiega sempre più un contegno favorevole agl'insorti. Sono autorizzati Comitati di soccorso (apparentemente pei rifugiati, ma in realtà pei combattenti) e ne esistono già quasi in tutte le località. Raccolgono offerte abbastanza generose e vi si veggono i nomi di molti impiegati. La vendita della polvere e delle armi da fuoco, limitata finora con molte restrizioni, è libera in qualunque quantità. Sono stati interpellati i medici per conoscere se in caso di guerra accetterebbero impiego nell'armata.

Il partito autonomo è contrario al movimento tanto perché teme l'aumento dello slavo, quanto perché, sostenuto ora dalla stampa tedesca nella crociata contro il Luogotenente, sa che sarebbe da essa abbandonato se mutasse indirizzo. Esso vede per conseguenza molto instabile la posizione del Signor Barone, ma le notizie che ho sinora da Zara mi dicono che quest'ultimo è ben saldo al suo posto.

Potrò fra giorni sapere positivamente quanto vi ha di vero su ciò che la stampa autonoma scrive nell'ultimo numero.

ALLEGATO II.

ZINK A BRUNO

L. P. Spalato, 4 agosto 1875.

É da qualche tempo che la stampa italiana porta articoli poco lusinghieri pei Consoli di Sua Maestà in Dalmazia, e mostra di attingere le sue opinioni a fonti non del tutto private. Con minori riguardi ancora si veggono trattati dalla stampa autonoma della Provincia, ed una corrispondenza da Roma, inserita nell'odierno Avvenire parla chiaramente del malcontento che havvi al R. Ministero e di evenibili misure da prendersi in loro riguardo. Siccome poi i disordini contro italiani avvennero nelle giurisdizioni consolari di Spalato e Sebenico, cosi è chiaro che si allude a questi due distretti.

Abbenché mi consti che il corrispondente dell'Avvenire a Roma è l'On. Seismit-Doda, parente del Dr. Crussevic mio competitore al posto di Agente Consolare, abbenché possa ritenere che il mio riserbo in affari consolari e particolarmente su quelli dei disordini non abbia piaciuto troppo ad alcuni esaltati del partito autonomo locale, mentre per conv,erso m'ebbi su questo proposito, però in senso contrario, un vivissimo ed ingiustificato attacco dai nazionali, che ho dovuto ribattere con una rettifica nel loro organo, quantunque per mia interposizione il locale Comune abbia speso quest'inv,erno e sino alla venuta di Sua Maestà fiorini 4619,70 impiegando tutti gl'italiani che per la tardanza nell'apertura dei lavori ferroviarii si trovano qui senza pane, quantunque finalmente io abbia la coscienza di essermi prestato anche in occasione dei disordini con tutta energia, anzi senza attendere né i reclami dei danneggiati, né ordini di V.S. Illustrissima, pure non posso a meno di provare un senso di penoso disgusto di fronte a queste poco benevoli apprezziazioni della stampa, sia pure dei Consoli in generale.

L'argomento è troppo importante perché lo lasci cadere, ed è perciò che azzardo dirigermi a V.S. pregandola per quella benevolenza di cui ebbi prove sinora di vo1ermi con tutta franchezza far conoscere se continuo ancora a godere della sua fiducia.

V.S. comprenderà l'alto valore che appongo a tale dichiarazione, mercé cui soltanto potrò con tutto zelo e senza restrizioni continuare a sostenere in ogni senso gl'interessi dell'Italia su queste cose, e vorrà scusarmi del passo ardito.

ALLEGATO III.

ZINK A BRUNO

R. 215. Spalato, 7 agosto 1875.

La notizia che l'Inghilterra abbia chiesto l'allontanamento del Luogotenente è confermata dal locale Consolato Ottomano coll'aggiunta che si rispose aversi

14 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

bisogno di qualche settimana per accedervi. Dalla stessa fonte rilevo pure che un bastimento Ottomano con truppa e munizioni si è diretto verso Klek per eseguire lo sbarco e che questo passo suggerito dall'Ammiraglio Inglese, è diretto a constatare il contegno dell'Austria la quale in tempi normali non faceva ostacoli ed accordava il transito.

Quattrocento bocchesi si dicono partiti armati di tutto punto, come lo sono sempre, in sussidio degli insorti. Di qui si mossero allo stesso effetto cinque persone, ed oggi altre quattro. Il paese però è tranquillo, e salvo 1e collette cennate nell'ultima mia, non si veggono né riunioni, né altro che possa dare a divedere nella popolazione un interesse particolare.

Altra cosa sarebbe se il Governo facesse appello alla Nazione, o se succedesse un'invasione dall'ottomano. In questo caso il popolo in massa prenderebbe le armi; la sarebbe una guerra santa, e guai agl'Italiani ove il Governo fosse alleato a quello di Costantinopoli.

Non ho ricevuto ancora dall'Espositura Politica di Traù riscontro dettagliato sulla rissa avvenuta il l o corrente alla baracca N. 6 come ebbi l'onore d'avvertire col mio rapporto N. 214. Il Dispaccio che ricevo ora dal Giudizio di Traù è del seguente tenore:

• Fra Cragnolini ed italiani semplice rissa. Allontanati, Cragnolini ferirono gendarme. Precedesi solo questo fatto •.

Sino a questo momento non ho ricevuto alcuna risposta dal Commissario esposto di S. Pietro, né alla nota direttagli in data 23 Luglio, né all'odierno telegramma speditogli per porgere adeguato riscontro al Dispaccio di V.S. (1).

Posso però assicurare che l'incidente non è d'importanza, e che la cosa si è limitata a quanto ebbi l'onore di far conoscere col mio foglio N. 212. Nello stato attuale delle cose ho ritenuto tuttavia necessario di aprire dal l o corrente un apposito registro di costituto sul trattamento dei naviganti italiani per parte delle Autorità ed abitanti in tutti i porti d'approdo, e mi darò premura di rassegnarlo mensilmente al R. Consolato Generale.

La stampa italiana dipinge, almeno per quanto concerne il mio distretto, le cose con tinte troppo esagerate. É vero che la popolazione non nutre simpatia per l'Italia, è vero che garibaldino è pel popolo sinonimo di scomunicato e peggio, e che gl'italiani si classificano indistintamente per Garibaldini, che i preti aizzano continuamente contro, che persino le recenti stravaganze atmosferiche, malattie etc. si fanno credere mandate da Dio perché vi sono i foresti (e qui s'intende a preferenza l'italiano), ma con tutto ciò la sicurezza personale per ora non ha che temere dalla popolazione.

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 152. Roma, 11 agosto 1875 (2).

Le ministre de Turquie a été chargé de me communiquer un télégramme circulaire de son Gouvernement contenant des nouvelles fort graves des événements de l'Herzégovine. En nous signalant un état de choses déjà inqUJiétant la Porte nous prie de nous associer aux autres puissances pour faire parvenir

à Belgrade et à Cettigné des conseils de prudence afin que les deux Gouvernements princiers prennent les mesuves nécessaires pour empécher ìleury; sujets de porter des secours à l'insurrection. Je désire que vous ayez une conversation avec le ministre des affaires étrangères au sujet de cette démarche de la Porte et de la s1tuation qu'elle nous a signalée.

(l) -Annotazione marginale di Bruno: • Il Signor Zink allude al fatto avvenuto a San Martino della Brazza. Il pièlago italiano " Madonna di Siponto " fu durante la notte tinto in bianco dagli Slavi mentre la ciurma dormiva •. (2) -Il telegramma fu inviato alle varie destinazioni tra le ore 21 e le 23.
309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 572. Roma, 12 agosto 1875.

L'incaricato d'Affari di Francia venne, or sono pochi giorni, a darmi comunicazione di un telegramma ch'egli ,aveva ricevuto da Parigi relativamente alle difficoltà nate in Turchia 1in seguito ai moti insurrezionali di alcuni distretti della Erzegovina. Il Signor Tiby era incaricato dal suo Governo di dirmi che >le ultime notizie sembravano aver prodotto a Pietroburgo una certa emozione, che dei cattolici guidati da un vescovo si sarebbero riuniti agli insorti i quali sarebbero già in numero di circa 7 mila. Il Duca Decazes crede che le Corti del Nord siano disposte a pl'eparare un'azione comune la quale da principio sarebbe totalmente morale ma che potrebbe convertirsi in ~intervento armato per parte dell'Austria. Ho notato nel telegramma comunicatomi dal Signor Tiby una frase che citerò testualmente. Il Duca Decazes dice che • gràce à la fermeté du Comte Andrassy on pourrait écarter cette extrémité •. Ma ciò che più importa nella comunicaziane fattami, è che la Francia dichiara senza ambagi che questa situazione La inquieta. Essa desidera perciò di sapere quali informazioni riceva da parte sua il Governo 1itaLiano.

Quando io ricevetti questa comunicazione avev,a avuto soltanto una conversazione col Ministro di Turchia acc11editato presso il Governo di Sua Maestà. Egli mi aveva assicurato che dai telegrammi speditigli da Costantinopoli risultava che l'insurrezione perdeva ,terreno e che per affrettare la pacificazione delle popolazioni insorte la Porta aveva deciso di concedere un'amnistia generale ,e si riprometteva da questo atto di c'lemenza i migLiori effetti. Comunicai queste notizie all'Incaricato d'Affari di Francia, non lasciandogli ignorare che io aveva vivamente impegnato Caratheodory-Effendi a far conoscere al suo Governo tutti i va,,l•taggi che la Porta ritrarrebbe da una pronta pacificazione dei paesi insorti, sopratutto se questa, come noi ci lusinghiamo, potesse ottenersi colla dolcezza e colla persuasione.

Ma queste notizie sono smentite da posteriori comunicazioni telegra:lìiche

che il Ministro di Turchia ebbe ordine di portare a mia notizia. La Porta ha

spedito ieri al suo Ministro a Roma un telegramma in lettere così concepito:

• Il Governatore generale di Bosnia ci telegrafa che una banda d'insorti si è impadronita della parte di Trebigne che si estende al di là del fiume, che quella banda ha devastato i campi, saccheggiato le case. Gli abitanti fuggirono e poterono a mala pena salvarsi dentro la fortezza. Un'altra banda d',insorti composta di Dalmati e di Montenegrini in numero di tremila cerca di taglia11e le comunicazioni fra Mostar e Nevesinne. Un corpo d'esercito serbo forte di novemila uomini è accampato colla sua artiglieria sulla linea di frontiera dalla parte di Visgrado sotto pretesto di eseguire delle manovre. InO'ltre duecento e cinquanta uomini reclutati in Dalmazia e condotti da un certo Milano Rodovitch si sono impadroniti del villaggio di Bere Mekle ed hanno condotto via gli armenti appavtenenti agli abitanti. Infine un'altra banda di mille e cinquecento individui, quasi tutti Dalmati, comandata da un tale Stefano Baropetk, si è diretta verso il villaggio di Boktche. Debbo aggiungere che la Dalmazia ed il Montenegro somministrano denaro, viveri e munizioni ai ribelli •.

Fu dopo aver ricevuto questa comunicazione che io ho telegrafato a V. S. che la Porta, segnalandoci uno stato di cose ai suoi occhi già inqui,etante, ci pregava di associarci alle altre Potenze per dare a Belgrado ed a Cettigne dei consigli di prudenza, affinché quei Governi principeschi prendano tutte le misure necessarie per impedire che i loro sudditi mandino soccorsi aU'insurrezione. Siccome dalle cose dettemi dal Ministro di Turchia risultava che una analoga preghiera veniva ,indirizzata dal suo Governo anche alle altre Potenze, io ho stimato opportuno che V. S. si mettesse in comunicazione con S.E. il Duca Decazes ed avesse con lui una conversazione tanto sui passi fatti dal Governo del Sultano presso le Potenze quanto sulla situazione che da Costantinopoli viene segnalata.

310

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. u. 10900.76/75536. Roma, 12 agosto 1875 (per. il 13).

H Signor Sindaco di Manfredonia in data del 4 andante scrive al Signor Prefetto di Foggia quanto segue:

• :U disprezzo con cui vengono ricevuti gl'Italiani in Dalmazia, dopo di aver richiamato l'attenzione della pubblica stampa, interessa ora i Comuni d'Italia, e li astringe ad informarne in Viia uffiziale coloro che dal R. Governo sono preposti a garantire i diritti di Nazionalità all'estero.

Nella notte del 15 Luglio u.s. mentre il pielago denominato la Madonna di Siponto, di qui, trovavasi a S. Martino della Brazza per vendere diversi cereali, alcune orde di Slavi, abusando della tranquillità che regnava nel pielago, e del sonno in cui ,era immevsa la ciurma, tinse in bianco da cima a fondo tutta la parte resteriore del legno.

Tal fatto che in se stesso è un nonnulla, trova un'eco aggravante nello scopo per cui fu eseguito; IÌmperocché una vecchia tradizione in voga presso i popoli slavi fa credere che tutti coloro i quali vengono di colore bianco cosparsi, sono additati all'ira popolave per essere distrutti.

Mentre ciò si rileva dall'Avveni1·e, giornale che si stampa a Spalato, nessuna famiglia di coloro i quali sono imbarcati sul pielago suddetto ha ricevuto la menoma notizia dari loro congiunti. Questo ritardo di corrispondenza da più di un mese impensiera i commercianti tutti, e gli altri padroni

di barche, che percorrono questo tratto di mare sul piccolo Commercio e chieggono una seria riparaz,ione.

Se la bandiera che garantisce i diritti d'una nazione all'estero, vien maltrattata in tal modo, è sconvolto il commercio; e quando a questa città, alla quale tutto è stato tolto, le sarà rapito anche quest'ultimo avanzo di piccola industria, potrà vieppiù riconfermarsi ch'essa è abbandonata a se stessa, e disprezzata da chi dovrebbe essere sua mallevadrice.

Ho fede che V. S. Illustrissima propugnerà presso il Superiore Ministero degli Esteri questa causa degna dell'attenzione di S. E.; e le rendo singolari grazie per la cura che dalla sua bontà mi prometto •.

Rendo sollecitamente di ciò ragguagliata l'E. V. per quelle pratiche che stimerà opportune al fine di accertare la verità dei fatti asseriti e per aver notizia del Capitano e dei componenti la ciurma del Pielago succitato, il prolungato ed insolito silenzio dei quali tiene in angustia i parenti e la cittadinanza tutta di Manfredonia.

Mi sarà grato d'avere una risposta su quanto l'E. V. potrà raccogliere a questo riguardo, ed un oenno ancora sui provvedimenti adottati dal Governo Austro-Ungarico per la sicurezza degli operai e dei marinai italiani in Dalmazia.

311

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 393. Vienna, 12 agosto 1875 (per. il 14).

Le notizie che qui si hanno dell'insurrezione Erzegovina, sebbene manchino di precisione e tanto in un senso quanto nell'altro non convenga accettarle ad occhi chiusi, pure non di meno tutti sono d'accordo nel convenire dell'importanza che il movimento ha assunto, ed allo stesso Ministero degli Affari Esteri non si cerca più a dissimularne la gravttà. Al tempo stesso non si manca occasione di ripetere che l'Austria-Ungheria è decisa a serbare l'atteggiamento scrupolosamente neutrale sino ad ora mantenuto. Si aggiunge anche, che in unione colla Germania e colla Russia si è fatto sentir,e a Costantinopoli che le singole tre Potenze considerano l'insurrezione erzegovina come questione del tutto interna della Turchia, che nell'attuale suo stato non può rivestire carattere internazionale di sorta. Del pari il Barone Orczy dicevami che tanto il Conte Andrassy, quanto gli Ambasciatori di Russia e di Germania, per incarico dei loro Governi, avevano vivamente insistito presso n Principe di Serbia, durante il suo recente soggiorno a Vienna, p1erché tenga in freno il partito, che vorrebbe cogliere questa circostanza per trarre il suo Governo ad un'inconsulta azione, ed ebbero a chiaramente dichiarargli, che non potrebbe in tal caso fare in modo alcuno assegno sulle simpatie delle tre Potenze. Il Principe Milano avrebbe risposto, che per conto suo era disposto a scrupolosamente seguire i consigli che gli si dava, ma che non poteva guarentire di non venire trascinato dalla prepotente corrente degli spiriti del suo paese, tanto più che le prossime elezioni per la Skupschina si effettueranno sotto l'impressione della presente vicina insurrezione. Suppongo, senza poterlo precisare, che analoghi consigli si danno al Montenegro; devo però notare che allorché si parla dell'atteggiamento del Principe Nikita e delle future sorti del suo Principato, lo si fa sempre con notevole parzialità a fronte del Principe di Serbia. Pel momento altro non mi risulta intorno alla presente questione, che però ritengo gravida di non lontane complicazioni. Intanto il fatto più l'ilevante che ai miei occhi emerge, sì da quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. come dall'impressione generalmente visentita da quanti osservano attentamente qui lo svolgimento delle cose, si è: il più che mai fermo proposito dei Gabinetti dei Tre Imperi, di procedere d'accordo nella questione orientale, ad esclusione di ogni altra partecipazione. Il Conte di Beust, interrogato da Lord Derby sull'atteggiamento dell'Austria nelle presenti circostanze, ebbe incarico di rispondere: il Governo Imperliale considerare l'insurrezione Erzegovina come questione del tutto interna della Turchia, e serbare a fronte di essa la più stretta neutralità. Limitatamente a ciò, ebbe strettamente incarico di rispondere. Gli Incaricati d'affari, che pel momento reggono le Ambasciate di Francia e di Inghilterra, non riescirono sin qui ad abboccarsi col Conte Andrassy, sebbene non abbiano tralasciato di manifestare il desiderio di sentire una sua autorevole parola in questa circostanza, certamente non senza gravità. Per conto mio, mentre non vedrei vantaggio per noi, ed anzi ravviserei imprudente e non conforme alla politica seguita sin qui daU'E. V. il mostrare tendenza a far causa comune colle due suindicate Potenze, accennando a dividere le loro apprensioni od i loro desideri; e d'altra parte non credendo né dignitoso né pratico il farci vedere volonterosi di procedere d'accordo con chi, per ora, in veruna maniera mostra ricercare la nostra compagnia, mi tengo nella più assoluta riserva, senza mostrare in guisa alcuna, di osteggiare l'una o l'altra parte. Mi studio di mantenere così una posizione che mi permetta, conformemente alle istruzioni che l'E.V. potrebbe in seguito darmi di prendere all'evenienza un atteggiamento più preciso tanto in un senso come nell'altro.

Non saprei chiuder questo rapporto senza far cenno a1l'E.V. di un fatto giunto jeri a mia conoscenza e che indirettamente si collega all'argomento di cui è in esso discorso. Il Gabinetto di Londra ha testé dato ,incarico all'Ambasciata a Vienna di far sentire al Conte Andrassy l'opportunità, a suo avviso, che il Gabinetto di Vienna, in oggi che la Convenzione colla Rumania è un fatto compiuto, ne dia comunicazione alla Porta, ripetendole, in tale circostanza, l'assicuranza, che con quel fatto Esso non intese menomamente ledere i diritti della Potenza Alto Sovrana. Il Signor French, Incaricato d'Affari d'Inghilterra, ebbe a rivolgere, alcuni giorni or sono, una nota in tale senso al Conte Andrassy, che sino ad ora non ebbe risposta. Gli fu però particolarmente già fatto intendere, che in niun modo il Conte Andrassy avrebbe dato seguito al ricevuto consiglio.

312

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 394. Vienna, 12 agosto 1875 (per. il 16).

* Facendo seguito al mio telegramma d'oggi stesso pregiomi riferir'le quanto segue. Tosto giuntimi i tre telegrammi dell'E. V. dell'll corrente* (1), di cui il secondo (2) non era ben chiaro, cominciando, per evidente errore di cifra, con queste parole: • Ministre du Roi à Berlin Turquie a été chargé ecc. •, che ho interpretate: • Ministre Turquie à Rome a été chargé ecc. •, * mi sono fatto dovere di pregare il Conte Andrassy a volermi indicare il giorno e l'ora in cui potrei con Lui conferire, e n'ebbi prontamente risposta che m'avrebbe ricevuto oggi stesso alle 2% pom.

Incominciai il mio discorso col dirgli che l'E. V. aveva ricevuto dal Rappresentante Turco a Roma comunicazione-di un rte'legramma circolare en clair, nel quale la Porta tracciava un quadro abbastanza grave dello stato presente deH'insurrezione nell'Erzegovina, in cui veniva indicata anzi, in modo particolareggiato, la dislocazione delle forze insurrezionali nell'Erzegovina, specificandone eziandio la composizione tanto in Serbi Quanto in altri Slavi di varia nazionalità. In quel telegramma parlavasi pure delle disposizioni militari prese dalla Serbia ana sua frontiera verso la Turchia, e come conclusione pregavasi il Governo del Re a volersi associare alle altre Potenze per far giungere a Belgrado ed a Cettinje consigli di prudenza, perché i due Governi Principeschi avessero a prendere le opportune misure atte ad impedire ai loro sudditi di portar soccorsi all'insurrezione. *

Il Cavaliere Visconti Venosta, io soggiungevagli, prima di prendere determinazione al riguardo, incaricavami di scandagliare l'apprezzamento in proposito dell'E. V. che gli sarebbe stato caro conoscere. • Dal convegno di Venezia in poi nulla è mutato nei nostri amichevoli intendimenti verso l'Austria-Ungheria, io soggiungevagli; quale sia la politica che noi intendiamo seguire voi avete potuto in allora più che mai farvene capace. * Vivissimo si è il nostro desiderio di procedere d'accordo con voi e· cogli a<ltri due Imperi in quella politica di pace, e quindi anche di statu quo in Oriente, di cui l'alleanza dei tre Imperatori è l'espressione, siccome ripetutamente ci avete assicurato. Il passo quindi ch'io faccio in oggi presso di voi, altro non è se non una nuova manifestazione dei nostri simpatici sentimenti per quella politica •.

Il Conte Andrassy lasciommi parlare, sorridendo qualche volta; poscia prese egli la parola dicendomi che i Turchi, inv.ece di gridare al fuoco, farebbero meglio di spegnere senza ritardo l'incendio, che hanno in casa e che è proprio colpa loro se divampa in oggi. * Dissemi quindi che se non mi aveva pregato prima di passare da lui, si era perché era così eccessivamente occupato, che non aveva avuto un momento a sé: che però teneva ad assicurarmi che non farebbe mai niente senza che l'Italia ne fosse informata, e che non vi

(:!) Cfr. n. 308.

sarebbe mai cosa alcuna ch'Egli non mi direbbe. Qui giova notare che le sue parole non accennavano ad intendimenti di consultarci ma bensì solo di non nasconderei i suoi atti. Ciò d'altronde emergeva più chiaramente da tutto il suo discorso, intento a non !asciarmi dubbio che in tutta questa faccenda l'azione è esclusivamente comune ai Gabinetti dei tre Imperatori. In fatto poco dopo dicevami: * • Ecco sin qui cosa si è fatto: si è vivamente raccomandato ai Principi di Serbia e di Montenegro di rimanere strettamente neutrali, ed in ciò il vostro concorso non potrà a meno di riescire gradito. Per conto nostro invigiliamo severamente a che ajuti di niun genere possano dalLe nostre ProVJincie giungere agli insorti. Ma questo non basta; stiamo ora concertando il rimedio che decve riescire più efficace, e questo consisterà ne'l * mandare fidati emissari agli insorti invitandoli a deporre le armi, col * farli avcvisati che nessun concorso possono sperare dall'Estero assicurandoli però che interporremo validi uffici a Costantinopoli perché l'amministrazione di quelle Provincie venga riformata ed i Cristiani troVJino finalmente quella giustizia, che loro è dovuta *. Il Conte Zichy parte posdomani per Costantinopoli coll'incarico di sottoporre aHa Porta, in unione ai suoi colleghi di Germania e di Russia, questo progetto, che se accettato dal Sultano, verrà immediatamente col suo concorso posto in opera. Vi prego però di tenere assolutamente per voi questa confidenza, ch'io vi faccio senza esservi autorizzato, poiché, senza H consenso delle alt11e due Potenze, non

mi è lecito farne partecipe altro Governo, e d'altronde non si potrebbe dire all'Italia senza parteciparlo egua'lmente alla Francia ed all'Inghilterra, e se queste due Potenze il sapessero, tutto andrebbe a monte •.

Promisi il segreto, però mi permisi osservare che poco io sperava da quel rimedio: al che il Conte mi ribatté, non ,esservene altro, che presentasse maggiore probabilità di riescita, tanto più che tutto proprio non poteva dirmi, essendo astretto al segreto dagli altri due alleati. Quindi, senza ch'io avessi d'uopo di muovergli interrogazione, dissemi: • in quanto all'annetterci noi l'Erzegovina, ne abbiamo lo stesso desiderio, che si potrebbe avere di farsi cavave un dente, cosa che non si fa che a<llorquando non v'è più speranza di guarire altrimenti il dolore •.

Il tuono col quale ebbe a dirmi ciò, lasciò in me l'impressione, che quella sarà la minaccia colla quale si spera ottenere l'assenso della Porta alla mediazione fra essa e gli insorti, che si sta per tentare. Egli non mi .nascose la sua nessuna simpatia pei Turchi, ed anzi dissemi aver detto H giorno prima all'Incaricato d'affari di Turchia che la posizione dell'Austria-Ungheria era molto difficile, poiché se da un lato essa intendeva considerare la presente questione come affare del tutto 'interno della Turchia, non poteva d'altronde trattenersi dal simpatizzare per popolazioni cristiane, vittime di dura oppressione! Il Conte Andrassy, vedendo ch'io mi mostrava poco persuaso del prossimo scioglimento della questione col mantenimento dello • statu quo •, mi ripeté che le sue informaLJioni gli facevano ritenere prossimo il trionfo dei Turchi, ma che ad ogni modo Egli aveva piena fiducia che questo guajo si sarebbe appianato, come già tanti altri prima, salvo a ricominciare più tardi, ma non così presto.

Come ebbi l'onore di telegrafare all'E. V., il Conte Andrassy mi annunciò di avere aderito, sebbene con vivo rincrescimento, ma pure per mostrare l'intiera lealtà di procedere dell'Austria, a che i Turchi potessero sbarcare truppe nel Golfo di Klek.

In questa conversazione il Cunte si espresse meco come sempre con molta franchezza, ma appunto per ciò, come già ebbi a rilevare, mi fece chiaramente intendere che i Gabinetti dei tre Imperatori volevano concertare da soli la condotta da tenersi, lieti poi se altri vengono in seguito ad appoggiarli. Essenzialmente però il Conte Andrassy insistette meco, richiedendomi del segreto delle cose confidatemi, perché dicevami che se l'Inghilterra ne fosse informata, manderebbe le alte grida, dichiarando che i sudditi della Turchia sono tra i più felici popoli della terra.

E qui terminando il mio compito, che altro non sarebbe se non di riferire quanto mi fu detto, non so trattenermi dall'esprimere il mio personale apprezzamento sul da farsi da parte nostra, persuaso che l'E. V. vorrà accoglierlo con indulgenza, ancorché nell'alta sua saviezza nol creda adatto al caso. p,er me è evidente che 'l'accordo dei tre Imperatori è sì saldo e potente, che sarebbe stranamente illudersi il pensare che 1a Francia e l'Inghilterra insieme unite riescano a smuov,erlo; non vedrei quindi effetto pratico ad unirei a quelle due Potenze, di cui una almeno non ha interessi di sorta comuni con noi, ed anzi ci pro:fiessa un'antipatia che solamente le necessità del momento riescono a paliare. Niente invece divide i nostri interessi dai tre Imperi, che in diversa misura, ma pur sinceramente, simpatizzano per l'Italia. Se noi, sin da questo momento in cui la questione d'Oriente s'impone nuovamente all'attenzione deWEuropa, dimostrassimo con contemporanei diretti uffic,i a Pietroburgo, Berlino e Vienna il nostro preciso intendimento di procedere d'accordo con quei tre Gabinetti, di avere fiducia nelle loro intenzioni, e di volere lealmente associare la nostra azione alla loro, la nostra apertura troverebbe favorevole accogHenza, ,tanto più che impedirebbe og,ni tentativo contrario alle altre due Potenze Occidentali; e mentre saremmo sin d'ora parte attiva nei concerti, potremmo più tardi pretendeDe alla parte nostra, anche ove la questione prendesse la piega, che senza essere pessimisti, pure è prevedibile avrà fra non molto. Voglia l'E. V. farmi conoscere i suoi intendimenti, perché in un senso o nell'altro più non si potrebbe tardare qui a prendere un atteggiamento, senza 'lasciare pesare dubbi sulla nostra lealtà.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, pp. 18-19.

313

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 362. Parigi, 13 agosto 1875, ore 16,30 (per. ore 18,15).

Le vice président du conseil chargé par intérim des affaires étrangères vient de me dire qu'il a satisfait aux dés1irs exprimés par l'ambassadeur ottoman et qu'H a chargé les agents français de donner des conseils de prudence à Belgrade et au Monténégro. Pour le reste il m'a confirmé ce que M. Desprez m'a dit hier, en ajoutant que les trois grandes puissances du nord lui paraissent vouloir laisser les autres puissances en dehors de leurs pourparlers sur les événements de l'Herzégovine.

314

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 367. Pietroburgo, 13 agosto 1875, ore 18,40 (per. ore 10 del 14).

Je viens de voir le baron de Jomini qui m'a dit etre satisfait de la démarche de la Turquie auprès du Gouvernement ita'lien. Le Gouvernement russe a répondu à démarche analogue faite précédemment qu'il continue donner conseils modération et prudence à Cettigné et Belgrade, mais il croyait nécessaire aussi que Ies puissances portent 1eur attention sur 1es causes de l'insurrection et que leurs agents puissent exercer réellement une action de conciliation. Le baron m'a dit qu'il v,errait avec satisfaction le Gouvernement itaHen s'associer aux autres et que se rappellant son attitude dans la question de Podgoritza il avait déjà chargé l'ambassadeur à Constantinople de se tenir en rapport avec la légation du roi. Le baron trouve la situation actuel1e des choses grave et insiste sur l'union des puissances à laquelle Russie adhère dans Ie but du maintien de la paix générale. Le Gouvernement russe espère que la France s'y associera.

315

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2263/533. Londra, 13 agosto 1875 (per. il 18).

*Ho avuto l'onore di rispondere testé al telegramma in cifra dell'E. V., giuntomi ieri mattina, sui fatti deN'Erz,egovina (1). Il Conte di Derby si era recato ieri al Castello Reale di Osborne, nell'isola di Wight, per assistere ad un Consiglio di Ministri presieduto dalla Regina * (2). Essendosi Sua Maestà degnata invitarmi a pranzo, io sperava potervi incontrare il M~nistro; ma egli aveva lascia,to Osborne poco prima ch'io vi giungessi; * e da questa dimora regia è partito direttamente per una sua campagna; né sarà per tornare a Londra prima della settimana ventura. Nella impossibilità di vedere il Ministro, ho avuta una conversazione col Sotto Segretario di Stato degli Affari Esteri *, quest'oggi stesso, appena 'tornato in città.

* La Circolare telegrafica, della quale V. E. si è compiaciuta darmi contezza, venne dall'Ambasciata di Turchia comunicata avanti ieri a questo Governo; e ha 1indotto Lord Derby ad inviare istruzioni ai Rappresentanti Britannici a Vienna e a Costantinopoli.

L'Incaricato d'affari in Vienna, Signor French, ebbe l'ordine d'informare il Conte Andrassy che, avendo la Sublime Porta invocato i buoni uffizj del Gov;erno della Regina perché il Governo Austro-Ungarico perdurasse nelle sue buone disposizioni, il Conte di Derby aveva risposto al Rappresentante del

Sultano di aver ricevuto da Vienna le migliori assicurazioni; e riceverebbe inoltre con soddisfazione notizia d'ogni misura adottata per impedire le popolazioni Dalmate dal prestar soccorso agli insorti dell'Erzegovina *.

Nella redazione di questo dispaccio è da osservare che, mentre l'impressione qua prodotta dalla Circolare telegrafica turca si è che la Sublime Porta dubiterebbe della efficacia dei mezzi adottati dall'Austria-Ungheria, Lord Derby accenna soltanto aHe assicurazioni da lui 11icevute delle buone disposizioni di quell'Impero; -buone disposizioni citate nella comunicazione della Turchia quasi a paUiare i dubbj o timori in prima palesati. * Il Sotto Segretario di Stato mi faceva poi osservare con quanta cura sia stato redatto e il telegramma e il dispaccio diretti al Signor French, e ogni parola ponderata; non vi si esprime il desiderio o la speranza che l'Austria-Ungheria prenda nuove misure a circoscrivere l'insurrezione, ma solo il desiderio di aver notizia di queste misure.

Le istruzioni all'Ambasciatore Britannico in Costantinopoli concernono la domanda turca di agire presso la Serbia e il Montenegro. Sir H. G. Elliot è invitato a far pervenire, -se gli sarà possibile, -consigli di prudenza al Principe di Montenegro perché freni i Suoi sudditi dal recar soccorso agl'insorti. L'Inghilterra non avendo Agente a Cettigne, Sir H. G. Elliot non potrà servirsi se non di mezzi indiretti, ma dei quali pur dispone in Costantinopoli. Dovrà inviare istruzioni al Console generale in Belgrado perché parli in quel medesimo senso.

Il dispaccio termina col dire che Lord Derby ha espresso al Rappresentante Turco il suo avviso che la Sublime Porta dovrebbe fidarsi ane sue proprie forze armate per dominare la insurrezione, né dare a q_uesto affare un carattere internazionale col fare appello alle Potenze per essere sostenuta ( • for support •) *.

I dispacci alle missioni di Vienna e di Costantinopoli furono letti ieri al Rappresentante Ottomano; e (mi soggiunse il Sotto Segretario di Stato) sono stati ieri e saranno quest'oggi comunicati ai Rappresentanti Britannici a Parigi, Berlino, Roma e Pietroburgo.

All'annunzio dei primi movimenti in Erzegovina, il Gabinetto di Saint James è rimasto incerto dubitando delle intenzioni dell'Austria-Ungheria. Ma le notizie ed assicurazioni pervenutegli da Vienna lo hanno assai rassicurato sotto questo rispetto. E :ieri è giunto un telegramma al Forelgn Office dalla Legazione Inglese a Vienna per informare che quel Gov;erno autorizzava lo sbarco di truppe turche a Klek, sull'Adriatico. L'attitudine, pertanto, del Governo Austriaco,

• il suo evidente interesse che s'oppone a qUJesto v'espaio Yugo-Slavo sui suoi confini •, e l'energia che la Porta Ottomana sembra voler dispiegare (la sua Ambasciata asSiicurando che il Corpo d'esercito stanziato nella Bosnia si è mosso per ,entrare nell'Erzegovina), hanno adesso diminuite le apprensl'oni di questo Governo. E quest'oggi il Sotto Segretario di Stato biasimava, parlandomi, l'Ambasciata Turca del suo troppo agitarsi, e il Governo del Sultano di aver aumentato intempestivamente l'allarme dell'Europa.

Ieri ad Osborne, il Primo lVIinistro, Signor Disraeli, mi ha discorso di questa insurrezione. « Egli è col negligere questi tumulti slavi (mi diceva) che poi diventano serie quistioni. Ma questa volta sembra che il pericolo sia stato preso in tempo; sebbene nulla possa essere preveduto o profetizzato ». Dall'insieme delle sue parole mi è parso che faceva grande assegnamento e provava fiducia nell'azione dell'Austria-Ungheria, nelle cui mani stanno i mezzi d'isolare una insurrezione, di cui questo Governo è inquieto prinoipalmente pel modo inatteso col quale potrebbe creare una situazione alla quale egli, oggi, sarebbe impreparato. Ma convien pure aggiunga che il Governo della Regina, sia perché convinto essere l'insurrezione nell'Erzegovina il sintomo d'un male incurabile, sia perché la sua politica è in parte mutata o spostata, non ha accolto la complicazione attuale con quella intensità di preoccupazione che ne avrebbe in altri tempi avuta.

(l) -Cfr. n. 308. (2) -I brani fra asterischi sono editi in LV 22, P. 15.
316

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 459. Therapia, 13 agosto 1875 (per. il 20).

* Se i Ministri del Sultano mostravano dapprima di non nutrire soverchia apprensione sulla gravità dei torbidi scoppiati in Erzegovina, non può non essere ora subentrata in essi una legittima inquietudine sulla situazione odierna delle cose in quella parte dell'Impero.

Il Governo Ottomano, conscio a buon diritto della preoccupazione di cui anche all'estero sono oggetto gli avvenimenti attuali in Erzegovina, ha testé fatto conoscere, per mezzo d'una comunicazione del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, agli Agenti Diplomatici del SuLtano, la decisione in cui la Sublime Porta era venuta, dopo l'esito infruttuoso dei mezzi dinanzi tentati di conciliazione, di mettere cioè ,in atto Le convenienti misure della forza per ristabilire l'ordine e ricondurre la quiete in quella Provincia.

Le uLtime notizie che si hanno di colà affermano la crescente gravità della s1tuazione. Le bande armate, composte di alcune centinaja d'uomini dappdma, ne contano ora più migliaia* (1), fra cui numerosi accorrono anche i Dalmati.

* I suburbii di Trebigne furono messi a sacco da quella gente, e una mano non piccola d'insorti percorre le local!ità fra Newsine e Mostar; varii drappelli poi taglieggiano i villani e le popolazioni in altri punti, verso cui s'avanzano nuove turbe.

Si afferma che in alcune località la parte musulmana della popolazione abbia fatto atto di voler far causa comune coi C11istiani, ma che questi loro fecero comprendere che non ·era affare che li concerneva, smettessero e li ajutassero solo in armi e denari.

Nuovi battaglioni fra cui parecchi della guardia imperiale vennero ora mandati da Costantinopoli a combattere la rivolta, ed ordini sa11ebbero stati dati pella chiamati dei • rédifs • in quella contrada. Il comando delle forze imperiali che hanno ad operare in quella provincia venne affidato a Fazlì Pacha Ca"imakam di Scutari presso Costantinopoli.

Il sovraccennato fatto dell'inV'io di rinforzi -che fin da principio qei tor

bidi fu d'uopo mandare in Erzegovina -nonché quello asserito della chiamata

della riserva, tender,ebbero a dar ragione a coloro che addebitano alle varie

Amministrazioni che si succedettero il grave fatto di aver lasciato sguernita

quella Provincia di truppe, la cui forza numerica voluta per comporre il Corpo

d'Armata di Bosnia e d'Erzegovina non figurava che nei quadri del bilancio

passivo.

Quali possano essere le aspirazioni di quelle popolazioni insorte ed i ma

neggi che per avventura Li ravvivano, è fuor di dubbio che il mal governo colà,

a cui non si poneva rimedio da Costantinopoli e di cui si ha ora qui amara

mente a ripentirsi, condusse le condizioni di quella Provincia dell'Impero

allo stato di gravità 1in cui si trovano oggi giorno.

Il concentramento di dieci mila uomini per parte della Serbia alla sua frontiera occidentale, attira del pari l'occhio inquieto della Potenza Alto-Sovrana verso questo lato. *

Le preoccupazioni odierne del Governo Ottomano sono già bastanti per che ,esso non volesse aggiungerne altre riguardo all'Egitto, così è che venne ultimamente revocata la nomina di Khalil Cherif Pacha -avversario accanito del Khedive -ad Ambasciatore a Parigi, il quale dopo essere stato gradito già dal Governo Francese e munito delle Credenziali Imperiali stava per muovere a quella volta.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, P. 20.

317

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L.P. Vienna, 13 agosto 1875.

Raccomando alla Vostra speciale attenzione il Rapporto che qui vi unisco (1), scritto prima che ricevessi la Vostra lettera particolare del 9 (2), e spero mi sarete indulgente per gli appvezzamenti da me svolti in esso. Nella c.onversazione che io ebbi con Andrassy ciò che emerse di più dlevante per me, non fu il fatto che Egli mi confidò che i Gabinetti dei tre Imperatori stanno per proporre a Costantinopoli la loro mediazione fra la Porta e gli insorti, a patto di riforme da introdursi neH'Amministrazione Turca, che naturalmente verrebbero dettate dai tve Governi alleati: ma che si sii voluto far quella confidenza all'Italia, mentre se ne fa un mistero alla Francia ed all'Inghilterra. Ciò a mio avv,iso vuol dire che il nostro concorso sarebbe accettato con piacere ove ne mostrassimo pvecisa intenzione. Al tempo stesso è una specie di mise en demeure di pronunciarsi per l'uno o l'altro campo. Ammetto con Voi che a noi non convenga rimaner all'infuori né impegnarsi in un jeu de dupes, ma stando di fatti che colla Francia e coll'Inghilterra non c'è mezzo di far cosa qualsiasi; per non restar entre denx chaises conviene andar cogli altri. Nell'appigliarsi

(:!) Cfr. n. 304.

a questo partito si può d'altronde prender un mezzo termine onde evitar d'emboiter le pas in modo assoluto. Senza farci innanzi onde associarci all'azione di paciere che le tre potenze stanno per proporre a Costantinopoli, noi potressimo raccomandar alla Porta di favorevolmente accogHere la propostagli mediazione. Di questo nostro atteggiamento potressimo dar conoscenza a Pietroburgo, Berlino e Vienna, ed indubbiamente i tre Gabinetti ce ne sarebbero grati, e perdurando in quella linea di condotta ne raccogHeressimo i frutti il giorno in cui si procederà allo spartimento della torta. L'iso'lamento o peggio ancora l'accordo coll'Inghilterra e colla Francia non potrebbe se non procurarci danni. Convengo pienamente con Voi che noi avressimo tutta convenienza acché la questione d'Oriente dorma ancora placidi sonni per dieci anni almeno, ma Voi converrete meco che ciò non dipende da noi, solo obiettivo quindi deve essere il nostro di ricavar il minor danno ed anzi H maggior vantaggio da quei fatti che a noi come agli altri s'impongono. Qualunque siano le istruzioni che darete, mi studierò di adempierle del mio meglio.

P.S. Andrassy è ripartito per Terèbes ma dubito vi possa rimanere a lungo. Vi unisco il numero di ier.i della Correspondance Autrichienne in cui segnai articoli che sono comunicati ufficiali.

(l) Cfr. n. 312.

318

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Vienna, 13 agosto 1875.

Vi ho testé telegrafato il mio avviso sull'invio del Comm. Bruno in quelle locaHtà della Dalmazia dove nostri operai ebbero a subir maltrattamenti a cui la stampa nostra diede per i suoi fini importanza ben maggiore di quanta ragion voleva.

Quella missione potrebbe passar liscia, ed in tal caso avreste in mano un'arma di più, per difendervi dai vostri oppositori alla Camera; ma molto probabilmente anche potrebbe finir male. Il viaggio dell'Imperatore in Dalmazia nonché il Governo partigiano del Feldmaresciallo Rodich hanno siffattamente eccitato in quella Provincia l'odio fra le due razze che la più piccola cosa vi è pretesto a clamorose dimostrazioni che finiscono con legnate per lo meno. L'insurrezione Erzegovina venne ad aggravar questo stato di cose poiché gli Slavi pa:vteggiano caldamente per gli insorti mentre gli Italiani vorrebbero vederli tutti impalati dai Turchi. Il Bruno arrivando in questi frangenti in terra di razza Italiana, potrebbe venir acclamato in modo da indisporre gravemente contro di noi le autorità austriache e lo stesso Governo; su terra Slava poi dove precisamente trovansi i nostri operai potrebbe esser fatto segno ad insulti che difficile sarebbe alle autorità Imperiali frenare, e di cui ancora più difficile sarebbe ottenere riparazione. Ciò stando se la cosa dipendesse da me non ne farei niente, tanto più che sta di fatto che energiche misure furono prese, e che in questo momento i nostri sudditi sono efficacemente protetti come risulta dai rapporti dei nostri Agenti Consolari. Non ebbi campo a toccar ieri quest'argomento col Conte Andrassy poiché era troppo occupato e la conversazione che formava oggetto della mia visita già aveva durato troppo in lungo; ma ho così ripetutamente insistito su quest'affare col Barone Orczy che è mio convincimento il nostro intento fu egualmente raggiunto. Ove poi nuovi gravi lamenti ci pervenissero ailora passando su qualsiasi altra considerazione sarebbe il caso di mandar H Bruno sopra luogo qualunque cosa avesse da succedere, ma speriamo ciò non si verifichi.

l!ntanto prepa11erò il rapporto ad usum... Camera che ben a ragione mi richiedete, e che farò del mio meglio affinché corrisponda al richiesto scopo. Nel caso poi sia necessario presentar documenti parmi che le Note in proposito da me dirette qui saranno a prova11e che dal canto nostro si è fatto sin dal primo momento ciò che si doveva. Evidentemente converrebbe spiegar prima qui la necessità in cui ci troviamo di far quella pubblicazione, e quindi eliminar dalle mie Note qualche parola meno aggradevole per l'Austria.

P.S. Vi prego a voler rimetter dopo presane conoscenza l'unita lettera diretta al Presidente del Consiglio in cui gli parlo dei negoziati pel trattato di Commercio.

319

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 156. Roma, 15 agosto 1875, ore 17,25.

Veuillez remercier le baron de Jomini pour les informations qu'il vous a données (1). Dites-lui que je suis heureux de me trouver parfaitement d'accord avec le cabinet impé11ial sur la nécessité de travailler au maintien de la paix. Les instructions que j'ai envoyées à Belgrade et à Constantinople mettent les agents du roi en mesure de s'associer au 'langage de leurs collègues de Russie avec lesquels il leur est préscrit d'entretenir des relations sui,vies.

320

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

T. 157. Roma, 15 agosto 1875, ore 17,50.

Sur la pneve du ministre de Turquie j'ai envoyé instructions au comte Joannini afin qu'il exerce une action modératrice auprès du Gouve11nement serbe. Des instrucrtions analogues doivent avoir été expédiées aux consuls d'Autriche et de Russie à Belgrade. La communication du ministre ottoman m'a procuré l'occasion de faire parvenir à la Porte 'le conseil d'aviser au plus vite

(!) Cfr. n. 314.

à la pacification des districts ,insurgés et d'accepter sans méfiance toute proposition tendant à soumettre à un :examen sérieux les causes des troubles actuels, ainsi que les moyens efficaces pour en prévenir le retour. Des dépéches dans ce sens vous ont été expédiées (1). Vous les recevrez sous peu de jours. D'ici là maintenez des relations suivies avec les représentants des autres puissances notamment avec ceux de Russie et d'Autriche. Je vous préviens confidentiellement qu'une entente s'est établie entre les trois cours impériales du nord au sujet des démarches à faire auprès de la Porte. Veillez donc sur l'attitude des veprésentants des puissances et si avant l'arrivée de mes dépéches votre collègue de Russie ou d'Autriche vous demande si vous étes autorisé à vous associer à leur langage, répondez affirmativement. Tenez-moi au courant de ce qui se passe.

321

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1503. Berlino, 15 agosto 1875 (per. il 19).

Je fais suite à mon dernier rapport politique, que j'ai eu l'honneur de vous adresser en date du 12 courant (2), en transmettant à V. E. quelques renseignements, que je dois à l'obligeance de S. E. M. de Btilow.

* -Ce n'est qu'hier, 14 courant, que le Chargé d'Affaires de Turquie à Berlin, Turkhan-Bey, a fait auprès du Secrétaire d'Etat une démarche identique à celle que le Ministre de Turquie avait faite, le 11, auprès de V. E. * (3). Après ~voir constaté la gravité de la situation et l'inutiHté, au point où les choses en étai,ent arrivées, de continuer à employer des moyens de conciliation, la Sublime Porte allait recourir aux mesures de vigneur que les circonstances exigeaient dans l'Herzégovine. Pour atteindre promptement le but de mettre un terme à l'insurrection, il aurait été d'une grande importance que des volontaires ne vinssent pas des pays limitrophes grossir les rangs des insurgés. La Sublime Porte priaH le Cabinet de Berlin d'agir dans ce sens auprès des Princes de Serbie et du Monténégro. Turkhan-Bey aurait voulu etre en mesure de faire connaitre sans retard à Constantinople l'accueil qui serait fait ici à cette demande. * -Le Secrétaire d'Etat a fait remarquer au Chargé d'Affaires de Turquie, qu'il s'agissait là d'une déc.ision impliquant une espèce d'intervention diplomatique. Il ne pouvait dès lors prendre sur lui de faire une réponse immédiate. Il devait soumettre d'abord la question à l'Empereur, et prendre les ordres de Sa Majesté. Les choses en sont là pour le moment. V. -E. sait que, en attendant, ],es pourparlers des trois Puissances du Nord ont finalement abouti à la décision, que les Cabinets de Berlin et de Saint Pétersbourg appuieraient à Constantinople les démarches dont l'Autriche-Hongrie ailait prendre l'initiative, dans le but d'amener un apaisement des troubles

12) Non pubblicato. 13) I brani fra "sterischi sono editi in LV 22, p. 16.

qui ont éclaté dans l'Herzégov.ine. Les instructions nécessaires pour l'Ambassade d'AHemagne à Constantinople so n t parties d'ici il y a peu de jours. Cet accord des trois Empires du Nord avait orig~inairement en vue d'·empècher le choc armé et le développement de l'insurrection. A l'heure q_u'il est, les difficultés ont considérablement augmenté, car n s'agira désormais d'induire les insurgés, animés par quelques succès, à déposer les armes et à se contenter des concessions qu'on demandera à la Sublime Porte de promettre ·en •leur faveur. La tache ne parait pas des plus faciles. Les nouvelles que l'on reçoit ici, accentuent chaQue jour davantage la gravité de l'insurrection et la consistance qu'elle prend. * Cette impression est encore p•lus grave à Saint Pétersbourg. En présence des embarras que la Turquie parait éprouver pour trouver l'argent et les hommes nécessaires afin d'étouffer promptement la révolte, les insurgés ne seront peut-ètre pas disposés a se fier de sitòt aux promesses Qu'on leur ferait.

* -Malgré cela, M. de Biilow espérait que l'action commune des trois Cours du Nord, dont l'accord serait parfait pour le maintien. de la paix, aurait encore· un bon résultat. Mais, quant aux doutes exprimés sur les complications auxquelles on se heurterait dans le cas où par ·le fait, soit de la Sublime-Porte, soit des insurgés, l'action conciliante des trois Empires viendrait à échouer, le Secrétaire d'Etat se bornait à répondre • that is the question •. M. -de Biilow m'a dit confidentiellement que le Gouvernement Russe avait fait, auprès de la Légation du Roi à Saint Pétersbourg, une démarche pour engager ritalie à s'associer à la politique de •la Russie. A oe propos, le Secrétaire rl'Etat tenait à bien accentuer quelle était dans cette question la ligne de conduite du Cabinet de Berlin. L'Al1emagn:e, en vue du maintien de la paix et de l'apaisement des troubles menaçants de l'Herzégovine, suit la règle de s'associer aux décisions de la Russie et de l'Autriche-Hongrie, dont 1es intérèts so n t plus directement en jeu, et de •les appuyer de son mieux. Mais elle s'abstient dès lors de prendre, elle-mème, toute initiative. Le Cabinet de Berlin, sans prendre une intitiative, ne serait pas moins heureux de voir l'Italie s'assoc~er à la ligne de conduite que l'Allemagne de son còté a adoptée, en marchant d'accord avec la Russie et avec l'Autriche-Hongrie. * V. -E. aura reçu le télégramme en date d'aujourd'huy, résumant cette conversation de M. de Biilow (1).

(l) Si tratta dei dispacci 184 del 10 agosto e 185 del 12 agosto, non pubblicati.

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 159. Roma, 16 agosto 1875, ore 21,25.

Cabinet de S. Pétersbourg a informé celui de Berlin qu'il verrait de nous invHer à nous assoder à la ligne de conduite adoptée par la Russie. Vous m'avez télégraphié le 14 (2) que le baron de Jomini vous a dit sur quelles bases les instructions communes des trois Gouvernements impériaux avaient été concer

tées. Il me faudrait savoir maintenant si je dois considérer cette communication comme une invitation formelle à nous associer aux démarches de la Russie à Constantinople en Serbie et au Monténégro, ou bien si le Gouvernement russe nous fera faire à ce sujet une communication spéciale. Ménagez vous l'occasion de reprendre votve conv·ersation avec le baron de Jomini et profitez de l'occasion pour sonder ses intentions à cet égard, sans lui laisser comprendre toutefois que vous avez reçu des instructions à ce sujet.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 314, partito da Pietroburgo il 13 agosto e pervenuto il 14.
323

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 161. Roma, 16 agosto 1875, ore 23.

J'ai voulu attendve votre rapport écrit (l) avant de répondre à vos télégrammes. J'approuv·e pleinement votre attitude avec le comte Andrassy. Un télégramme identique à celui que je vous ai adressé (2) a été adressé Je méme jour à Berlin et à Saint Pétersbourg. Sous la méme date et ensuite de la communication turque j'avais envoyé au chargé d'affaires à Constantinople l'instruction d'appeler l'attention de la Porte sur la nécessité de pacifier les districts insurgés et de donner légitime satisfaction aux griefs des populations. Je vous env.errai demain copie de ces instructions. Le cabinet de Saint Pétersbourg nous a répondu verbalement qu'il verrait avec satisfaction le Gouvernement italien s'associer aux autres puissances et Qu'il avait déjà chargé l'ambassade à Constantinople de se tenir en rapport avec la légation du roi (3). On m'informe confidentieHement de Berlin que le Cabinet russe avait fai•t savoir à l'Allemagne qu'il verrait d'inviter l'Italie à s'assoder à sa ligne de conduite. Le Cabinet de Berlin qui s'était montré d'abord très-réservé, nous a fait savoir ensuite que le principe qu'il a adopté dans cette question est celui de se joindre à la Russie et à l'Autriche et de les appuyer de son mieux. Il s'abstient de pvendre luimeme •toute .initiative, mais il serait heureux de voir l'Italie marcher dans la méme voie d'accord avec la Russie et l'Autriche. J'informe les cabinets de Berlin et de Saint Pétersbourg des instructions ·envoyées à Constantinople en témoignant le désir de continuer l'échange d'idées dans lequel nous sommes entrés et de marcher d'accord avec l.es trois Gouvernements impé11iaux dans

un but de pacification.

VeuiHez faire parvenir au Comte Andrassy nos vifs remerciements pour la confiance qu'il nous témoigne ·et faites auprès de lui les mémes déclarations que j'envoie à Berlin et à Saint Pétersbourg.

(l) -Cfr. n. 312. (2) -Cfr. n. 308.

(3) Cfr. n. 314.

324

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 373. Costantinopoli, 16 agosto 1875, ore 23,20 (per. ore 10,10 del 17).

J'ai reçu le télégramme que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser hier au soir (1). Le général Ignatieff pense que l'on doit s'appliquer à persuader la Porte que les mesures répressives doivent marcher parallèlement avec des actes aptes à pacifier les esprits dans les localités insurgées et dans les contrées avoisinantes. Il a renouvelé aujourd'hui meme des démarches dans ce sens auprès du ministre des affaires étrangères. Le général Ignatieff s'est montré heureux d'apprendre identité des [vues] de V.E., ainsi que la conformité de langage que j'aurai à tenir ici. Il croit qu'un premier acte de la Porte au but sus-énoncé devrait etre l'admission immédiate des q_uatre points par le prince du Monténégro demandés et signalés dans mon rapport n. 458 (2). Le comte Zichy sans attendre... (3) de son congé ,est revenu aujourd'hui à Constantinople. Je l'ai vu un seul instant. Il n'a pu qu'apprécier avec toute satisfaction l'intéret que le Gouvernement du roi prend dans cette question. L'ambassadeur allemand attend aujourd'hui ses instructions identiques. L'ambassadeur d'Angleterre est assez sérieusement indisposé pour ne pouvoir voir personne ni s'occuper des affaires pour le moment Depuis le départ de M. Perrod de Sérajevo, je n'ai aucun rapport, mais... (3) me procure nouve1les par les voies indirectes des ambassades et de la Porte. Quelques bataillons tures ont été autorisés à débarquer à Kleck.

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI

D. CONFIDENZIALE 39. Roma, 16 agosto 1875.

Il Signor Cavaliere Viviani, Incaricato d'affari e Console di Sua Maestà a Caracas, avendo avuto un congedo per recarsi in Italia, io ,ebbi l'occasione d'intrattenermi con lui lungamente sulle condizioni fatte agli italiani al Venezuela e dei danni di cui sono causa per i medesimi le continue rivoluzioni che agitano quel paese. Il discorso è caduto naturalmente anche sulle difficoltà esistenti fra l'Olanda e la Repubblica Venezuelana, difficoltà delle q_uali Ella ebbe più volte l'occasione di conversare con i Ministri Neerlandesi.

Il Signor Viviani era ancora a Caracas dopo che una flottiglia dei Paesi Bassi aveva fatto una breve apparizione nelle acq_ue della Guaira. L'effetto prodotto da siffatta dimostrazione non era stato troppo favorevole al ristabilimento delle buone relazioni fra il Governo federale e la Legazione Olande~. Il Ministro degli affari ,esteri del Venezuela aveva anzi fatto consegnare ai Rappresentanti di tutti gli altri Governi un voluminoso memoriale tendente a

fare ricadere la responsabilità delle rivoluzioni del Venezuela sopra le autorità di Curaçao ed a stabilil'e il diritto del Gov•erno di Caracas ad essere rimborsato dall'Olanda delle spese sostenute per sedare l'ultima insurrezione di Coro. Il Governo del Presidente Bianco afferma che in quella Colonia Olandese un nucleo di speculatori procura di arricchirsi col provvedere i mezzi agli agitatori della vicina Repubblica. Egli vorrebbe che l'Olanda proibisse il commercio delle armi e munizioni e prendesse qualche aHro provvedimento per impedire che Curaçao continui ad essere il focolare delle insurrezioni Venezuelane.

Deve essere aH'Aja in questo momento il diplomatico del Venezuela che risiede abitualmente a Madrid. Egli deve aver fatto conoscere a codesto Governo quali sono le pretese del Presidente Bianco.

Ma il Signor Viviani al momento di partire dalla Guaira aveva ricevuto dallo stesso P!'esidente una confidenziale comunicazione nel senso d'invitare l'Italia a frapporre i suoi buoni uffici nella Vlertenza del Venezuela coi Paesi Bassi. Il R. Incaricato d'affari non poté dare a·l Presidente alcuna risposta ed anche ora, prima che da noi si conosca se l'Olanda vorrebbe valersi dei nostri buoni uffioii non sarebbe opportuno di rispondere in modo definitivo. Il Gabinetto dell'Aja non ignora che la condotta del Venezuela verso l'Italia non è tale da inspirare sentimenti di speciale benevolenza verso quel paese. Qualora però i Paesi Bassi stimassero che i buon uffici dell'Italia potessero giovare per risolvere •le difficoltà di una situazione che potrebbe farsi assai delicata, noi saremmo lieti d'intenderei con il Governo neerlandese sul modo e sui termini dell'azione concHiatrice che sembrerebbe oppol'tuno che l'Italia si assumesse.

Tutto ciò che potesse realmente contribuire a pacificare in modo permanente g1i Stati della Confederazione venezuelana riuscirebbe di sommo vantaggio alle colonie straniere. La maggior parte delle questioni che nascono nei rapporti internazionali con Caracas non hanno altra origine che lo stato di continua agitazione e d'incessante sospetto in cui, a causa dei frequenti rivolgimenti, si vive in quel paese. Ciò che io Le scrissi e le notizie che Le ho comunicate sui rapporti che il V•enezuela manti·ene con quasi tutti i paesi, bastano a mettere V.S. in grado di giudicare se una trattativa diplomatica nella quale ci sarebbe riservata la parte sovr'indicata, non sarebbe un primo avviamento al ristabilimento dei rapporti stessi in condizioni più regolari.

Il Governo dei Paesi Bassi è certamente egli stesso in una posizione che gli permette di esaminare la questione sot.to tutti i suoi aspetti.. E se ·egli vedesse queste cose al punto di v;ista so·vra enunciato e trovasse opportuno che da noi si faccia buon viso ai passi di cui il Presidente Bianco ha preso a nostro riguardo un'iniziativa confidenziale, bisognerebbe che io fossi tostamente informato delle preoise intenzioni di codesto Governo per poter regolare in conformità del1e medesime la mia condotta.

La comunicazione del Pvesidente del Venezuela al Signor Cav. Viviani avendo un carattere strettamente confidenziale e direi quasi personale, gioverà che anche la comunicazione che Ella farà a codesto Signor Ministro degli Affari esteri conservi lo stesso carattere almeno finché, dopo un primo scambio di idee, sia possibile di vedere se queste trattative dovranno aver seguito e se esse hanno probabilità di riuscire.

(l) -Cfr. n. 320. (2) -Non pubblicato. (3) -Gruppo indecifrato.
326

IL CONSOLE A FIUME, SEYSSEL DI SOMMARIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 427/s. N. Fiume, 16 agosto 1875 (per. il 18).

Come seguito al mio rapporto in data 25 Giugno ultimo scorso (l) sul risV1eglio del sentimento slavo ho l'onore di riferire all'E. V. quanto segue:

Da fonte autorevole mi risulta che a mezzo di navi Austro-Ungariche da T11Ìieste verrebbero spediti colli di più sorta i quali sotto diversa designazione conterrebbero in realtà armi e munizioni da guerra le quali malgrado la sorveglianza esercitata alle frontiere Austro-Ungariche troverebbero strada p€r giungere agli insorti dell'Erz.egov,iJna.

Dalla fonte medesima d'informazione mi risultta inoltre che g1i insorti Erzegovesi sarebbero quasi tutti muniti degli antichi fucili riformati dell'armata Austro-Ungarica, il che darebbe a dubitare sulla spontaneità dell'aUuale movimento mentre confermerebbe l'asserzione di certuni che questo movimento sia preludio d'un altro più generale, ricercato e prepara•to da lungo tempo dal partito nazionale Slavo colla partecipazione eventuale del Montenegro, della Serbia e della Rumenia, Stati i quali oggidì dispongono fra tutti e tre di

291.720 uomini bene armati ed istrutti.

Quindi è che in Croazia e Slavonia viene predicato l'odio al Turco, la simpatia pei fratelli Erzegovesi, il dovere pei giovani Slavi di prendere l'armi e raggiungere gli insorti, mentre (e di ciò fui qui testimonio) a loro prò raccolgonsi danari e filaccie, a segno tale che potrebbesi affermare che l'attuale insurrezione trova in Austria-Ungheda validissimo appoggio, e che ad onta degli sforzi della Porta per soffocarla, sarà per prolungarsi molto oltre il tempo che generalmente si crede.

Pertanto malgrado le proteste ed assicurazioni giornalmente riportate dai fogli .suoi ufficiali è naturale il domandarsi se il Governo Austro-Ungarico realmente· osservi nel conflitto attuale la più stretta neutralità oppure se nascostamentbe e d'accordo in ciò colla Russia egli ordisca relativamente ai Principati Danubiani una trama politica annessionista, di cui il recente trattato di commercio colla Rumenia sarebbe il primo filo.

Infatti mentre con decreti si proibiscono le sottoscrizioni pubbliche a favore degli Erzegovesi e si raddoppiano alla frontiera 1e truppe di osservazione, si usa di una contraddittoria tolleranza verso i raccogLitori di danaro, e radunatori d'armi e d'uomini.

Se debbasi vedere in questa contraddizione un effetto delle simpatie Slave attribuite a certi alto locati funzionarj Austro-Ungarici della Croazia, Slavonia e Dalmazia, ovvero il risultato di una doppia politica del Gabinetto di Vienna, è quesito sul quale la lontananza di questo R. Consolato da centri deHa politica Austro-Slava non mi concede formulare risposta basata sovra

sufficienti osservazioni.

(l) Cfr. n. 256.

327

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 259. Berna, 16 agosto 1875 (per. il 19).

Geloso oltremodo della sua indipendenza per tutto ciò che può scuotere il principio su cui riposa il diritto di Asilo sul suo territorio, il Governo federale cede di poco buon grado alle domande che gli sono fatte in proposito dai rappresentanti delle Nazioni Estere. Così quando con l'ossequiato Dispaccio n. 153 del 30 Maggio prossimo passato (l) l'E. V. mi ordinava d'invitare con particolare Nota il potere esecutivo della Confederazione a far cessare il Proletario, temetti in prima che non mi si mandasse la risposta medesima che fu fatta alle domande della Francia in ordine della pubblicazione della Lanterna e del soggiorno del Signor di Rochefort e compagni in Ginevra; ma considerato il rispetto in cui è qui tenuto il nome del Re, il Presidente della Confederazione ha creduto dovermi rispondere altrimenti con la Nota che congiunta ad una copia di quella ch'io gH indirizzava a questo fine, stimo dover trasmettere all'E. V. Questa risposta accennando all'art. 70 della Costituzione federale che così suona:

• la Confédération a le droit de renvoyer de son territoire les étrangers qui compromettent la siìreté intérieure et extérieure de la Suisse •, è diretta nonché ai rifugiati del Proletario al Governo Ginevrino stesso che quando si tratta di asilo non si sottomette che difficilmente a'l Governo federale.

L'espulsione dunque del Signor Terzaghi e compagni sta come una minaccia sopra H loro capo ed il Signor Ceresole preposto al Dipartimento federale di Giustizia e polizia mi ha promesso d'invigilare· perché gli ordini della Confederazione siano nel caso di contravvenzione eseguiti.

Il Governo Ginevrino appoggiandosi sopra una missiva della questura di Torino che qui in copia spedisco confidenzialmente pure a codesto Ministero, si ri:lliutava ad ammettere che il Terzaghi fosse veramente un uomo pericoloso non solo poiché toltene le dottrine politiche che professa, egli sarebbe sotto ogni aspetto raccomandabile (2).

328

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 376. Belgrado, 17 agosto 1875, ore 18 (per. ore 21,50).

L'insurrection est éclatée en Bosnie le long de la Save. On s'attend à ce qu'elle éclate sans délai sur la frontière serbe. Son Altesse me dit reconnaìtre impossible retenir peuple et me semble décidée à l'action. Conseils de modération sans effet.

(l) -Cfr. n. 225. (2) -Annotazione marginale: «A Grazia e Giustizia e al Ministero dell'Interno 27 Agosto •.
329

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1504. Berlino, 17 agosto 1875 (per. il 21).

Après avoir reçu ce matin votre télégramme du 16 courant (1), j'ai eu l'occasion de voir S. E. M. de Biilow. J'en ai profité pour lui parler, selon vos instructions, des ouvertures que le Baron de Jomini avait faites à notre Gouvernement, et des instructions que V. E. avait envoyées au représentant italien à Constantinople, pour qu'il s'associat au langage de ses collègues russe, austro-hongrois et allemand, pour donner, soit à la Sublime Porte, soit à la Serbie et au Monténégro, les conseils qui sont dictés par le désir d'amener une conciliation et de maintenir la paix. J'ai aussi laissé comprendre que· la démarche de notre Gouvernement à Berlin avait été conçue dans des termes identiques à ceux de la démarche qui avait été faite à Saint Pétersbourg.

Le Secrétaire d'Etat m'a prié de transmettre à V. E. tous ses remerciments pour cette communication. Les nouvelles qu'on recevait ici à l'égard de l'insurrection, continuaient à ètre d'un caractère inquiétant. Le télégraphe annonçait ce matin qu'un mouvement insurrectionnel avait éclaté entre Kostajnicza et Dubicza, dans le Nord de •la Bosnie. Il fallait espérer que l'action conciliatrice des Puissances aurait gain de cause. L'Ambassadeur Austro-Hongrois, Comte Zicky, devait arriver aujourd'hui à Constantinople, pour remplir ses instructions vis-à-vis de la Porte.

Dans une conversation, j'ai bien constaté que l'Italie et l'Allemagne se trouvaient exp1icitement d'accord pour suivre la mème ligne de conduite, et j'ai ajouté qu'il sera dès lors très agréable à V. E. de maintenir cet accord, en continuant un échange d'idées entre les deux Cabinets. M. de Biilow s'associait à ce désir, tout •en accentuant toujours que l'Allemagne se rtient, pour ainsi dire, dans cette question à l'arrière plan, en laissant aux Cabinets russe et austro-hongrois l'office de leader. C'est pourquoi il pensait que Vienne serait pour nous aussi la meilleure source d'informations.

Rien dans ·la politique étrangère ne détourne pour le moment l'attention de l'Herzégovine, où il s'agit d'étouffer dans son germe un réveil menaçant de la question d'Orient. On a toutefois remarqué un artide de la Magdeburger Zeitung, relatif à l'émission de bons du Trésor pour des sommes considérables, au moyen desquelles le Gouvernement français subviendrait d'une manière détournée à l'augmentation de ses armements. Ce signal d'alarme sera1t digne de note, s'il trouve comme autrefois un écho dans la presse de l'Allemagne. Nous avons déjà vu cette année à quelLe crise ont failli aboutir les soupçons concernant les armements de ·la France.

J'ai l'honneur d'accuser réception et de remeroier V. E. de l'envoi de documents diplomatiques qui m'a été fait en date du 11 courant, et je joins ici, après l'avoir signée, la feuille d'accompagnement de cet •envoi.

(l) Non pubblicato.

330

IL MINISTRO DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. CONFIDENZIALE. Lucca, 17 agosto 1875.

Vous vous rapiJ€lerez sans doute les conversations que nous avons eu l'hiver passé à propos des affaires de Tunis. Vous avez attiré mon attention sur le contenu des rapports que vous aviez reçu de M. Pinna, et dans les quels le général Khaireddin était représenté comme conduisant les affaires d'une manière peu conforme aux intérets et à l'indépendance de la Régence. D'après l'opinion de M. Pinna le Ministre actuel du Bey aurait des penchants par trop décidement français, et il était à craindre que sa manière d'agir ne finisse par compromettre l'état actuel des choses dans la Régence au profit de la France.

Vous me demandiez si mon Gouvernement avait reçu quelques renseignements de M. Wood qui étaient en conformité des vues de M. Pinna à ce sujet. Vous ayant raconté ce que je savais alors, c'est à dire que d'après les derniers rapports de M. Wood, dont j'avais reçu copies, cet agent paraissait d'un avis tout à fait contraire à celui de son collègue d'Italie, j'ai promis néanmoins d'écrire à Lord Derby ce que vous veniez de me dire et de vous faire part de sa réponse aussitòt que je la recevrai.

En effet, ·le 25 fevrier, j'ai eu un entretien avec vous dans le quel je vous ai Iu une dépeche confidentielle de M. Wood en date du 6 du meme mois, et voici dans quels termes j'ai écrit à Lord Derby à propos de ce qui s'est passé entre nous à cette occasion:

• -As I am convinced that M. Visconti Venosta's only object in speaking to me was to obtain correct and unbiased information upon the points to which he alluded in our conversation above reffered to, I thought it right to read to H. -E. M. Wood's despatch, and I did this in an interview I had with him the day before yesterday. M. -Visconti Venosta listened with the utmost attention and interest to this despatch and, after expressing his thanks to me for having put him in possession of M. Wood's views and opinions, acknowledged frankly that he believed M. -Pinna's judgement of events had been wariJ€d by his personal feelings both towards the Beys la·te Minister and Generai Khaireddin. He added confidentially that it was his intention to remove M. Pinna from Tunis and to send in his piace some one of a calm and dispassionate character, -the bases of whose instructions would be to cooperate cordially with his English Colleague in facilitating the course of the Beys governement, and in upholding the existing state of things in the Regency •.

Veuillez, mon cher Ministre, me pardonner si je vous dise qu'en vue de ce que je viens de citer il m'a été impossible de ne pas étre frappé par une phrase dans la note officielle que vous m'avez adressée en date du 29 Juin dernier au sujet de la question des reformes judiciaires à introduire dans la

Tunisie, laquelle phrase commence comme suit « Il signor Pinna uno dei nostri più antichi e meritamente stimati funzionari consolari può aver peccato per eccesso di modestia etc. •, phrase que je n'ai pù concilier avec votre manière de juger M. Pinna dans l'entrevue à laquelle je fais allusion cidessus.

Mais ce à quo1 ]e tiens surtout à appeler votre attention c'est ce qui est rapporté par M. Wood dans une dépeche en date du 19 Juin passé, et dont je vous envoie très confidentiellement et pour votre information personnelle une copie avec son annexe, en y ajoutant la copie d'une autre dépeche quCrélate une conversation entre le Bey et M. Wood sur le meme sujet. Si les faits racontés sont exacts je suis sùr qu'ils auront votre désapprobation, et c'est parce que je suis convaincu de votre désir, tant de fois repété, d'éviter toute complication dans les affaires de Tunis que je crois vous etre agréable en vous mettant à meme de verHier et de juger si les procédés de votre agent sont conformes à vos propres sentiments de conciliation et de conservation.

J'ai préféré attendre votre retour à Rome pour vous écrire ceci. Veuillez, je vous en prie, avoir la bonté de me rendre les pièces QUe je vous envoie quand vous en aurez pris connaissance.

J'espère que vous aV1ez passé un temps agréable dans la Valteline où je pense que vous avez l'intention de retourner à la fin du mois, n'est ce pas?

Nous restons ici jusqu'au commencement de septembre pour al1er alors passer quelques jours au Lac Majeur avant de nous rendre à quelque bain de mer.

Je sais Que Lord Derby a mis M. De Martino à meme de vous renseigner sur ses vues à propos des affaires de l'Herzégovine. Faisons des voeux que cette misérable tempete dans un verre d'eau ne devienne pas un ouragan de dimensions plus formidables, et dérange nos vacances.

331

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

T. 163. Roma, 18 agosto 1875, ore 15.

Si vos collègues se rendent à Cettigné vous etes autorisé à en faire autant. En ce cas veuillez concerter votre langage de préférence avec les consuls des trois empires pour vous assooier aux conseils pacifiQues et de prudence qu'ils sont chargés de faire parvenir au prince de Monténégro. Evitez de vous mettre tout seul en évidence, de prendre des initiatives qui ne cadreraient pas avec la ligne de conduite que nous tenons dans ces affaires. Vous pouvez donner à Son Altesse l'assurance des sympathies que lui gagnera en Europe son attitude sage et modérée dans les circonstances actuelles.

332

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 380 Belgrado, 18 agosto 1875, ore 17 (per. ore 21,30).

Ministve des affaires étrangères répondit à la communication que je lui fis d'après les instructions de V. E. en remerciant preuve ,intérèt. Il invoque impossibilité retenir passions populaires. Ordre est donné appeler milice aux manoeuvres. Le Gouvernement entend secourir insurgés et sans déclaration de guerre provoquer Turquie. L'Agent Autrichien a fait communication verbale assez énergique. Principauté agit à ses risques, ne doit pas compter sur l'appui des Puissances, dans aucun cas Autriche permettra agrandissement Principauté. L'agent de Russie s'est dit jusqu'ici sans rinstructions.

333

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2553. Parigi, 18 agosto 1875 (per. il 21).

Ho l'onore di accusare ricevuta del dispaccio di questa Serie n. 572 (1), relativo all'insurrezione dell'Erzegovina, che l'E. V. indirizzò in data del 12 corrente al Cavalier Nigra, tuttora assente da Parigi.

Risposi già sull'argomento trattato in quel dispaccio con i miei telegrammi

del 12 e del 13 corrente e col rapporto della Serie politica n. 2551, in data del

13 (2), nel quale riferii all'E. V. la conversazione da me avuta con S. E. il Signor

Buffet, Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, incaricato degli affari esteri

in assenza del Signor Duca Decazes.

S. E. il Duca Decazes trovandosi oggi di passaggio a Parigi per recarsi a Bordeaux, ove presiederà il Consiglio generale della Gironda prima di riprendere la divezione del Ministero degli Affari Esteri, io profittai dell'occasione per intrattenermi con 'lui sulla questione che di più in più preoccupa l'opinione pubblica. S. E. mi confermò anzitutto che aveva dato a tutti i suoi Agenti l'istruzione d'adoperarsi onde contribuire coi loro consigli ad impedire una maggiore estensione dell'insurrezione scoppiata nell'Erzegovina e già diffusa nella Bosnia e a trattenere possibilmente i vicini da ogni atto che potesse sembrare un incoraggiamento agl'insorti.

Il Duca Decazes mi disse poi ch'egli ha dato poc'anzi all'Ambasciatore di Turchia il consigLio di impegnare il Governo ottomano ad accelerare un'azione vigorosa ed energica neHe provincie insorte, facendo però in pari tempo concessioni. Egli espresse ad Alì-pascià il voto che ogni atto di soverchia durezza e

crudeltà sia colla maggiore cura evitato nella repressione, affinché questa non prenda l'aspetto di una persecuzione religiosa ed affinché la questione politica non sia così mutata in una questione di religione che potrebbe provocare e giustificare interventi stranieri. E giacché la Porta colle ultime sue comunicazioni aveva fatto appello all'appoggio morale delle Potenze, pur non intendendo chiedere né essendo disposta ad accettare materiale assistenza, il Duca Decazes consigliò che il Governo turco altamente dichiarasse di non voler nessun intervento straniero. S. E. confida nelle intenzioni pacifiche delle Potenze più direttamente interessate nelle quistioni orientali e confida che esse vorranno evitare maggiori complicazioni, ma pure non si dissimula che le cose presero da poco una piega più grave ed è preoccupato anche dai recentissimi eventi di Belgrado.

Il Signor Duca Decazes mi disse ancora confidenzialmente che le comunicazioni ch'egli riceveva da Pietroburgo relativamente alle intenzioni del Governo russo erano rassicuranti e corrette; ma che quelle che g1i pervenivano da Vienna gli sembravano • un po' tenebrose •.

(l) -Cfr. n. 309. (2) -È edito solo il telegramma del 13 al n. 313.
334

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 384. Costantinopoli, 19 agosto 1875, ore 19 (per. ore 9,30 del 20).

L'ambassadeur d'Autriche est venu aujourd'hui me voir et il m'a dit qu'il avait ordre de faire officiellement à moi ainsi qu'aux autres représentants la communication suivante: les troubles de l'Herzégovine ne pouvaient qu'attirer toute l'attention de 'l'Autriche laquelle désireuse Q.u'ils cessent au plus tòt et d'en prévenir le retour, s'étai't entendue avec la Russie et l'Al1emagne pour faire accepter de la Porte les moyens à ce but [sic]. Les ambassadeurs d'Autriche, de Russi'e et d'Allemagne avai~ent à ce but fait hier séparément 'la demande identique au Grand Vizir de ne pas empècher leurs consuls à Sérajevo de s'aboucher avec les insurgés auxquels les consuls déclareraient de ne pas compter sur l'appui des puissances, mais d'exposer leurs griefs dont on suivrait le cours avec intérèt à Constantinople. Le conseil des ministres était saisi de cette demande et n'avait à cette heure pris encore de décision. L'ambassadeur d'Autriche m'exprimait l'espoir de son Gouvernement de trouver une conformité de vues dans le Gouvernement italien. J'ai remercié l'ambassadeur de son ob1igeante communication et je lui ai di't que j'avais déjà eu l'occasion de lui faire part des dispositions tout amicales du Gouvernement du roi et que mon langage à Safvet Pacha avait été déjà de se montrer déférant aux conseils des puissances. J'ai fait présent à l'ambassadeur d'Autriche que l'e consulat du roi à Sérajevo était en ce moment sans titulaire. Je serais très reconnaissant à

V. E. de me faire connaìtre ses intentions et ses ordres ultél'lieurs.

335

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2270/536. Londra, 19 agosto 1875 (per. il 24).

Mentre i giornali hanno pubblicato quest'oggi telegrammi da Vienna e da Berlino che annunziano H progredire e l'allargarsi della insurrezione nell'Erzegovina, il Foreign Ofjice ha ricevuto un dispaccio telegrafico da Sir Henry Elliott che dice aver ricevute le più positive assicurazioni dalla Sublime Porta: essere, cioè, sicura di trionfare della insurrezione; e truppe dalla Siria, malgrado la quarantena, partono, o sono ~ià partite, per sbarcare a Klek. In questi ultimi giorni il Foreign Office ha avuta un'attiva corrispondenza telegrafica con le sue missioni diplomatiche presso 'le principali Corti Europee; e spec[almente con quella di Vienna, affinché il Governo Austro-Ungarico usi d'ogni suo mezzo a impedire soccorsi di ~iungere agl'insorti, ed eserciti l'autorità sua pvesso il Principe Milano allo stesso scopo. Il Sotto Segretario di Stato per gli Affari Esteri mi ripeteva, poi, questa mattina come il Gabinetto Inglese sia sempre senza viserve fiducioso nelle intenzioni di quel Governo. L'Ambasciadare a Costantinopoli è stato nuovamente invitato a insistere sempreppiù perché il Governo Turco spieghi maggiore energia.

L'attitudine attuale del Gabinetto Inglese parrebbe essere quella di aspettazione. Lord Derby non ,si è mosso dalla sua campagna; e il suo Segretario mi diceva anche stamane essere intendimento del Ministro non recarsi a Londra per ora.

Chi dimostra qua maggior preoccupazione pei fatti della Erzegovina è il Marchese di Harcourt, Ambasciadore di Francia; quasi che un'intesa fra i tre Imperi rispetto alla quistione di Oriente involverebbe un pericolo pel suo paese; e se notizie che mi sono pervenute da Signori dello stesso Fo1·eign Office sono esatte, il suo linguaggio avrebbe avuto codesto significato: « non basta agire a Vienna e a Costantinopoli, a Cettigne e a Belgrado; convien prevedere a tempo l'eventualità che la insurrezione o ·trionfi o si mantenga, dilatandosi, tanto tempo da causare un intervento dei tre Imperi; nel qual caso -in quistione per lei vitale -, la Gran Brettagna isolata che penserebbe di fare? •.

L'assenza di Lord Derby togLie, pertanto, ai Rappresentanti Esteri il modo sicuro di conoscere con qualche cer·tezza e precisione gl'intendimenti del Governo della Regina, il giudicio che si è formato della aggravata situazione, e la linea di condotta, aNa quale, occorrendo, vorrà attenersi. E, però, alcuni Ministri esteri pensano che, ad eccezione di qualche telegramma agli Ambasciadori in Berlino e Pietroburgo più che per altro per ottener notizie sulle intenzioni germaniche e russe, e ad eccezione delle pratiche fatte perché sia l'insurrezione isola~ta e per scuotere la Porta Ottomanna dalla sua fiacchezza e mancanza di prontitudine, nulla faccia l'Inghilterra perché non ha modo di fare.

336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A GALATZ, DURANDO

T. 166. Roma, 20 agosto 1875, ore 23.

VeuiJlez partir le plus tòt possible et par la voie la plus directe pour Serajevo emportant av·ec vous le chiffre du consulat de Galatz. Il est très-probable que les consuls des puissances à Serajevo aient à exercer ces jours-ci du consentement de la Porte une action auprès des chefs de l'insurrection pour amener la cessation des hostilités et l'apaisement des esprits. Le titulaire du consulat du roi est absent et il ne pourra etre de retour à Serajevo avant quelques semaines. Nos affaires sont confiées en attendant au consulat d'Autriche. Bien que le ministère vous considère comme en mission, à votre arrivée à Serajevo vous prendrez la régence du consulat et je préviens la •légation du roi à Constantinople afin qu'elle vous fasse reconnaitre en cette Q.Ualité par l'autorité 'locale. La connaissance que vous avez du pays et de J.a langue vous met à mème d'accomplir la mission très-délicate qui vous est confiée à la pleine satisfaction du Gouvernement de Sa Majesté. Télégraphiez-moi le jour de votre départ et de votre arrivée probable à Serajevo.

337

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 460. Therapia, 20 agosto 1875 (per. il 27).

Mi corre l'obbligo di confermare all'E. V. i miei telegrammi delli 16 e 18 corrente (l) riferentisi alla comunicazione telegrafica ch'Ella mi fece l'onore d'indirizzarmi la sera delli 15 di questo mese (2).

Nel corso di un colloquio che io ebbi col generaiJ.e Ignatiew, nel giorno susseguente all'invio del telegramma precitato di V. E., tio ho accennato ai propositi che, così saggiamente, l'E. V. bramerebbe veder prevalere presso la Porta pel ristabilimento della quiete nei distretti insorti dell'Erzegovina, cioè che il Governo del Sultano non deve por tempo in mezzo a veder di ricondurre colà la pace, ed ha ad accettare, senza diffidenza, quelle proposte che tendono a sottomettere ad un accurato esame le cause degli attuali torbidi, non che i mezzi efficaci per impedire che si rinnovino.

Il mio interlocutor;e mi disse che identiche erano le sue viste sul proposito e che aveva, nella giornata stessa, insistito presso Safvet Pacha per che la Porta volesse persuadersi ad adottare un'azione parallela pella pacificazione delle località insorte, ossia che simultaneamente colle misure militari indi

spensabili si agisse nel modo che verrebbe dimostrato più atto a far rientrare la calma negli animi degli insorti nonché in quelli delle popolazioni vicine.

Il generale Ignatiew soggiunse che sarebbe lieto di sapere che il mio linguaggio suonerebbe qui in tal senso, e dimostrassi in effetti assai soddisfatto nell'udir da me che io mi proponevo d'intrattenere tosto in ugual conformità questo Ministro degli Affari Esteri.

L'Ambasciatore di Russia deplorava poi il fatto della poca avvedutezza, giusta il suo avviso, della Porta a rimandare, mentre il tempo stringe, all'epoca incerta in cui verrebbe definita la questione della delimitazione delle frontiere, la concessione delle domande ultimamente formulate dal Principe di Montenegro. Di esse io aveva fatto cenno aoll'E. V. nel mio rapporto n. 458 di questa serie (1).

Il 16 corrente, il Conte Zichy Ambasciatore d'Austria-Ungheria, affrettando di più settimane la fine del suo congedo, giungeva a Costantinopoli. Egli prima ancora di prendere stanza nel Palazzo di Pera, era incontrato lungo il Bosforo dal Generale Ignatiew, presso di cui si trattenne alcun tempo. Piccolo incidente questo che non mancò di essere tosto commentato nel pubblico, che sta in questi giorni in qualche ansia degli avvenimenti.

Il Conte Zichy, con cui ebbi tosto buona occasione d'intrattenermi, mentre segnalava il carattere grave e delicato dei fatti che si passano lungo una linea di frontiera assai distesa e che separa gente dell'istessa lingua religione e razza, mi faceva parte del suo intendimento di dar pronti e pressanti passi presso i Ministri del Sultano per che la Porta adottasse un simultaneo duplice modo d'azione all'uopo di por termine ai torbidi d'Erzegovina, cioè che di pari passo camminassero e le operazioni militari e gli sforzi, -pei mezzi che si troveranno meglio acconci, -a quietare gli spiriti.

Essendomi io espresso in termini non dissimili, fu ciò motivo di vera soddisfazione pel Conte Zichy.

Il prefato Ambasciatore mi soggiunse non trattarsi di note o di altri passi

collettivi da indirizzarsi o da muovere a tal fine presso questo Governo, ma

di un'identità di viste e di mezzi da far qui prevalere per ottenere il ritorno

ad una situazione normale in quella parte dell'Impero.

* Il martedì 17 corrente in una visita da me fatta a Questo Signor Ministro degli Affari Esteri, ebbi favorevole destro di fargli intendere un linguaggio strettamente conforme alle intenzioni manifestatemi da V. E. ed alle esortazioni nel senso surriferito ch'Ella aveva già avuto occasione di fare a codesto Inviato Ottomano. Safvet Pacha mostrò le buone personali sue disposizioni ad accogliere quelli amichevoli suggerimenti che gli venissero fatti dalle Potenze amiche anche in QUesta contingenza e mi richiese di far pervenire all'E. V. le sue sincere grazie p~lle raccomandazioni per un moderato regolare contegno fatte giungere da V. E. a Belgrado.

Nel precitato giorno di martedì, il Conte Zichy ebbe varii colloquii col Ministro degli Affari Esteri e col Gran Vizir. Sua Altezza non fece molto buon viso alle vist,e ed alle proposte di esso Ambasciatore, tendenti a non disgiungere i mezzi morali dall'impiego delle misure repressive. Nel giorno successivo

lo stesso Conte Zichy e gli Ambasciatori di Russia e d'Allemagna separatamente insist,ettero presso la Porta pell'adozione da sua parte di una proposta identica, cioè che il Governo del Sultano autorizzasse i loro Consoli a Serajevo ad abboccarsi coi capi della rivolta a fidanza sull'appoggio delle Potenze nella lotta armata ,in cui si impegnarono; facessero invece udire le 'loro rimostranze, di cui prenderebbe immediata notizia il Commissario Imperia'l.e ed il cui corso a Costantinopoli verrebbe seguito con interesse.

Il Gran Vizir chiese, questa volta, tempo a deliberare e decidere su tale proposta, in ConsigHo di Ministri.

All'ora ,in cui scrivo, i Ministri del Sultano pajono decisi all'accettazione della proposta in discorso * (1). E, come mi permisi di far conoscere oggi per telegrafo all'E. V. (2), non sembrandomi debba essere il caso d'un'astensione per parte nostra, V. E. vedrà nell'alto suo giudizdo come meglio si abbia a provvedere, stante l'attuale assenza del titolare al R. Consolato in Serajevo.

D'ordine del Foreign Office i:l Console generale Inglese a Serajevo si trova da qualche settimana a Mostar per seguire più dappresso gli avvenimenti. Per tal guisa, come Sir Henry Elliot si esprimeva meco, a seconda il suo avviso, l'Inghilterra si troverebbe di sua propria iniziativa aver pr,eso già una provvidenza analoga, in certa misura, a quella proposta dagli Ambasciato~i delle tre Corti Imperiali del Nord, e come questa venga accettata e messa in atto il predetto Console si troverà in grado di far egli pure i debiti passi. Che anzi Sir Henry Ell.iot, molto compiacentemente, mi diceva che, venendo quel caso e laddove io lo desiderassi, ei darebbe volentiern istruzioni al Console medesimo, stante l'assenza del Console Italiano, di parlar pure in nome e d'incarico della R. Legazione.

Mi limitai a ringraziare l'Ambasciatore della sua cortese offerta, a cui sarebbe, mi pare, men conveniente di dare eventualmente seguito, non essendo soverchia ogni cautela, in questa residenza, a non dar luogo ad erronee od esagerate interpretazioni.

Quali ne siano i moventi, si riuscì ad accreditare nel pubblico l'opinione che questo Ambasciatore d'Inghilterra spinga il Sultano ed i Ministri Turchi ad un'azione esclusivamente repressiva e di rigore. E' nota all'E. V. la lealtà di quest'onorevolissimo personaggio e basterà a disdire tali voci che io riferisca all'E. V. auanto egli mi disse, che cioè in una recente udienza a Palazzo, avendo egli accennato a Sua Maestà il fatto increscevole dei moti in Erzegovina, il Sultano gli rispose questa esser cosa di così poco momento che non montava H pregio di ragionarne ed il discorso su tale proposito finì immediatamente. E' vero bensì, come accennai già all'E. V. che Questo Ambasciatore Britannico non dissimula che si debba andare con molta cautela nella scelta dei mezzi conciliativi, per non dar motivo acché essi siano interpretati come atti di debolezza o d'incoraggiamento.

L'Ambasciatore di Francia mi disse non essere in possesso d'alcuna istruzione relativamente al contegno da tenersi da lui nella presente circostanza, continuerebbe a tenersi assai sulla riserva, e relativamente al punto dell'invio

eventuale del Console Francese presso i riottosi, avea l'intendimento di te

nersi a quello che farebbe la maggioranza dei suoi Colleghi.

Il Conte di Bourgoing nullameno non si peritò a dichiarare non conservar dubbio sul desiderio del Governo ch'ei rappresenta, di veder al più presto ricondotta la pace in tutti i punti dell'Impero Ottomano.

Ho ricevuto jeri sera l'ossequiato dispaccio dell'E. V., segnato al n. 184 di questa serie delli 10 corrente mese (1), e porrò, com'è mio debito, il massimo impegno ad uniformarmi esattamente alle direzioni ivi contenute.

(l) -Cfr. n. 324. Il t. del 18 non è pubblicato. (2) -Cfr. n. 320.

(l) Non pubblicato.

(l) -Il brano fra asterischi è edito in LV 22, p. 23. (2) -Cfr. T. 385, non pubblicato.
338

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 42. Pietroburgo, 20 agosto 1875 (per. il 27).

Ho comunicato oggi al Barone di Jomini, le notizie di Belgrado riferitemi da V. E. col telegramma in data di ieri (2).

S. E. si mostrò molto soddisfatta della premura che dimostra il R. Governo a procedere d'accordo col Gabinetto Imperiale nelle difficili contingenze d'Oriente. Egli mi disse che ricevette pure ieri notizie gravi di Belgrado, quantunque meno precise di quelle trasmesse dal R. Agente, che presi gli ordini di S. M. l'Imperatore, aveva telegrafato al Principe Milano per raccomandarg1i di calmare l'agitazione prodotta dai fatti dell'Erzegovina, prevenendolo che qualsiasi imprudenza sarebbe a suo rischio e pericolo e che dovrebbe sopportarne le conseguenze senza sperare appoggio dalla Russia. Il Governo Austro-UngaDico agisce pure nello stesso senso. Già nel suo recente soggiorno a Vienna H Conte Andrassy aveva esplicitamente dichiarato al Principe di Serbia che non sperasse sull'appoggio dell'Austria per tentare avventure di cui egli sarebbe la prima vittima. Ma, soggiunse il Barone, gli uomini politici che circondano il Principe si pascono sempre dell'illusione che il linguaggio delle Potenze sia improntato di quella poca buona ~ede e doppiezza che è nel loro carattere. Il Governo Imperiale continuava il Barone, già da gran tempo vede le cose di Serbia volgere a male e le recenti elezioni e la venuta al potere dei radicali non faranno che aggravare la situazione. La condizione delle cose è grave e se la Serbia è trascinata in ostilità colla Turchia sarà seguita dal Montenegro.

Noi procediamo in O:rùente di completo accordo coll'Austria e quest'unione ha il doppio vantaggio di rassicurare l'Europa e di dar maggior peso a nostra azione in Oriente. Quando fra la Russia e l'Austria, si addivenne, per servirmi della espressione stessa del mio 1interlocutore, alla liquidazione dei vecchi conti, si pose per principio di adottare una politica di non intervento in Oriente. Ciò fu proposto ancora dal tempo del Conte Beust che c'ispimva poca fidu

eia e finalmente stabilito col Conte Andrassy. Ma ora se la conflagrazione si estende converrà che le Potenze d'accordo vedano il da farsi.

Queste parole del Barone mi colpirono per la loro gravità, esse accennano alla possibilità di discostarsi ad un dato momento dalla politica di non intervento. Mi astenni dallo scandagliare il Barone in proposito, trattandosi di future eventualità su cui credo non possa esservi ancora stato verun scambio d'idee, tuttavia ne segnalo l'importanza a V. E. 1e non mancherò di fare mio possibile per tenerla ragguagliata su questo punto.

Pel momento l'accordo delle Potenze è tale che se non può produrre pratico effetto in Ori,ente ha almeno il vantaggio di evitare ogni attrito fra di loro in Europa.

Gli domandai poi quali notizie egli avesse di Costantinopoli ed egli mi rispose che il Generale Ignatieff gld aveva riferito che ricevuto dal Sultano lo aveva trovato più propenso ad ascoltare i consigli deRe Potenze e ad esaminare i mezzi di rimediare ai mali della situazione. Il Ministro degli Affari Este11i Safvet Pacha, che il Governo Imperiale considera come amico della Russia sarebbe in disposizioni più concilianti, non così però il Gran Vizir.

Il Barone Jomini nell'annunciarmi la destinazione di Dervish Pacha e la nomina a Commissario di Server Pacha tenne meco lo stesso linguaggio severo verso il Governo Turco che ebbi già occasione di segnalare nel mio precedente rapporto.

Mi risulta che si espresse pure nello stesso modo coi Rappresentanti d'Austria e di Germania. Egli mi comunicò infine un telegramma pervenutogli a'l momento annunziando lo scopplio di torbidi in Bosnia.

Nell'accomiatarmi da S. E. egli m'incaricò di ringraziare l'E. V. della comunicazione fattagli e mi disse che mi avrebbe informato di ogni risoluzione che sarebbe per prendere il Governo Impeniale e m'espresse il desiderio che il R. Governo continui dal suo lato a mantenersi in comunicazione col Governo Russo su queste gravi questioni.

Ciò a conferma del mio telegramma d'oggi...

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 165 a Vienna e Pietroburgo che comunicava il T. da Belgrado del 18 agosto edito al n. 332.
339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

T. 169. Roma, 21 agosto 1875, ore 17,20.

J'ai appris que des démarches pressante~s ont été faites par la Russie et par d'autres puissances pour recommander à la Serbie de ne point s'écarter d'une ligne de conduite correcte au point de vue des trai,tés. Vous pouvez vous associer à ces démarches en vous concertant de préférence avec vos collègues des trois empires (1).

15 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

(l) Con r. 281 del 25 agosto Joannini comun1co: • Lentamente è vero, ma pur vanno dileguandosi, a mio avviso, i pericoli che la Serbia ~i arrischi ad un'azione contro la Turchia •·

340

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 4002. Roma, 21 agosto 1875 (per. il 22).

In seguito alla nota di V. E. contro citata (l) riferentesi ai tentativi di spedizione per l'Erzegovina ho interessato H Signor Prefetto di Milano, perché verifichi quanto vi sia di vero nella notizia riportata dal giornale l'Indépendance Belge del 15 corrente e in pari tempo ho diramato una circolare ai Prefetti delle principali città e a quelli delle provincie sull'Adriatico raccomandando, che qualunque tentativo di imbarco di volontari per l'Erzegovina venga assolutamente impedito.

Pregiomi di portare a conoscenza di V. S. que•ste disposizioni, con riserva di parteciparle 1i particolari che mi giungeranno sul soggetto dalle Autorità interessate.

341

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 21 agosto 1875.

Mi valgo della pavtenza per l'Italia di uno dtei miei cognati per far impostar con sicurezza sul territorio nostro queste poche• righe che Vri scrivo in fretta. La questione dell'Erzego;vina sembrami si faccia sempre più grossa e più che mai dubito si riesca a spegnere l'incendio. Sommamente grata mi riescì l'approvazione che Vi piacque darmi sull'attitudine da me assunta col Conte Andrassy. Parmi che siamo sulla buona via o per lo meno sulla sola possibile onde evitar l'isolamento. Non mi faccio illusioni ·i tre Imperi vogliono rimaner soli tanto nei concerti che nell'azione almeno in questo primo stadio della questione, ma se noi daremo pro;va di fiducia in loro, e li asseconderemo con costanza e lealtà forzatamente il giorno dovrà venire in cui la nostra voce avrà pure ril peso che le spetta. Pel momento non si potrebbe far di più per noi senza provocar le suscettibilità ed i sospetti dell'Inghilterra e della Francia •ed aggravar così naturalmente la già difficilissima crisi che si sta traversando. A me pare che i due punti dovre dobbiamo lavorar attivamente, sono Costantinopoli e Pietroburgo, poiché in fondo .J'azione che si spiega sul Bosforo riceve l'impulso dalla Neva. Ritengo quindi che quando possibile sarà meglio sempre far prender a Pietroburgo ri concerti per l'azione comune il nostro concorso riescirà tanto più gradito a Vienna quanto maggiormente si saprà ch'esso è ben accolto a Pietroburgo. Andrassy è tuttora assente, e non si parla del suo ritorno, tutti gli affari fanno però capo a Terebes, e qui è rimpiazzato dal Barone Hofmann, locché rende assai dif:fiicile il saper sempre con

precisione ciò che proprio si pensa e si vuole qui. Certamente un pachino di colpa di quanto succede il Gabinetto di Vienna l'ha, poiché la nuova non ben definita politica austro-ungarica in Oriente ed H viaggio di Dalmazia contribuirono certament•e a far divampar l'incendio. Devo anzi dire che il Conte Andrassy parlandomi recentemente del viaggio in Dalmazia mi lasciò capire che non l'aveva approvato prevedendone le conseguenze. Sta però di fatto, che nessuno salvo il partito slavo vorrebbe annessioni di popolazioni slave. Tutti prevedono però la possibilità si sii costretti di addivenire ad un simil passo poiché per l'Austria-Ungher\a tutto è da preferirsi alla formazione di un grande Stato Slavo alla sua frontiera. Intanto gli eventi incalzano, e se la Servia è trascinata nel movimento il torrente non si potrà più arrestare. Mi te·rrò quanto possibile al corrente di tutto oiò che si sa e si fa qui, e v'informerò d'ogni cosa.

(l) Si tratta del d. 31 del 19 agosto, non pubblicato.

342

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

(Ed. in LV 22, pp. 21-22)

D. 234. Roma, 22 agosto 1875.

In risposta al telegramma (l) col quale io informava V. S. dei passi fatti presso di me dal Ministro di Turchia relativamente· ai moti insurreziona.hl dell'Er2legovina, Ella mi ha fatto conoscere, in data del 13 corrente (2), che delle comunicazioni analoghe erano state fatte a Lord Derby dall'ambasciatore ottomano. Tali passi avevano avuto per effetto l'invio di istruzioni per parte del Gabinetto di Londra all'Ambasciatore britannico a Costantinopoli ed all'Agente d'Inghilterra a Belgrado allo scopo di consigliare ai Principi del Montenegro e di Serbia la prudenza e di fare sentire alla Porta che 1essa deve contare sulle proprie forze e non dare all'insurrezione un carattere internazionale facendo appello alle Po·tenze. Se il corso degli avv;enimenti avesse permesso alla Porta di attenersi sin da principio a questi suggerimenti, l'ItaLia sarebbe stata Ueta di vedere che la questione che ora si agita in Serbia conservava il carattere di un affare esclusivamente interno della Turchia. Ma ~·emozione prodotta in una larga zona di territorio dai fatti che ebbero origine in Nevesinne, le complicazioni che lo stesso Governo ottomano dimostrò di temere e H pericolo che, protraendosi la lotta, le difficoltà di mantenere lo statu quo politico di Quei paesi diventino molto più serie, consigliarono anche l'Italia, a•l pari delle tre potenze del Nord e della Francia di associarsi a dei passi che hanno per iscopo il mantenimento della pace ed il ristabilimento della tranquillità. Il Governo del Re è Ueto di sapere che il linguaggio che i suoi agenti terranno a Belgrado ed a Oettigne per raccomandare a quei Governi Principeschi di non allontanarsi dalla linea di condotta che è loro prescritta dai

Trattati e dagli obblighi di buon vicinato verso la Turchia sarà in perfetta armonia con quello dei loro colleghi d'Inghilterra.

Senza disconoscere il carattere interno della questione di cui si tratta, ma unicamente preoccupandosi delle conseguenze che dallo stato attuale del1e cose potrebbero nascere se non si trovano rimedH pronti, sufficienti e durevoli che lo modifichino, il Governo italiano ha stimato opportuno di non limitarsi ad agire presso i Governi Principeschi. Egli ha incaricato il suo Rappresentante a CostantinopoLi di fare conoscere tutto l'interesse che l'Italia mette alla conservazione della pace e della tranquillità in Oriente. A questo fine noi abbiamo creduto di dover consigliare alla Porta l'adozione dei mezzi necessari per sedare l'insurrezione e sopratutto di quei mez2li che dando una giusta soddisfazione alle popolazioni preservano dal pericotlo di vedere rinnovarsi i mali appena scongiurati. In questo senso e per conseguire questo fine l'Incaricato d'affari di Sua Maestà a Costantinopoli ha avuto istruzione di associare la sua azione a quella dei Rappresentanti delle altre Potenze che seguono una identica Hnea di condotta. Conseguentemente il Signor Cova è anche autorizzato a dare agli Agenti Conso·lari di Sua Maestà, nelle provincie dove si estende l'insurrezione degli ordini perché l'azione dell'litalia, azione sostanzialmente ed unicamente moderatrice, vada unita a quelle delle altre Potenze.

Desidero che la S. V. informi Lord Derby di ciò che Le venni sin qui esponendo acciocché Sua Signoria conosca che l'Italia, adottando questa linea di condotta, ebbi tin mira di servire quegli interessi conservatrici che nelle questioni di politica generale l'hanno più di una volta associata all'azione moderatrice esercitata dalla Gran Bretagna.

(l) -Cfr. n. 308. (2) -Cfr n. 315.
343

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

D. 573. Roma, 22 agosto 1875.

L'incaricato d'affari di Francia si è recato oggi da me per farmi due comunicazioni del suo Governo. Esse riguardano l'insurrezione dell'Erzegovina.

Il Duca Decazes ha incaricato H Signor Tiby d'informarmi che ril Rappresentante Russo a Parigi gli aveva fatto una comunicazione tendente ad associare la Francia all'azione concertata fra i tre Imperi del Nord per mantenere !la pace e la tranQuillità in Oriente. Quest'aZJione si deve ·esercitare presso i Principi di Montenegro e di Serbia, per consigliare ai medesimi una condotta savia, prudente e conforme ai loro doveri internazionali, presso le popolazioni insorte, per fare 'loro intendere che non possono contare sopra soccorsi esteriori e che è nel loro interesse di deporre le armi e di sottomettere le loro giuste lagnanze all'apprezzamento delle Potenze; presso la Porta, infine, per impegnarla ad impiegare· i mezzi necessari a sedare prontamente l'insurrezione adoperando soprattutto la clemenza.

H Duca Decazes si era affrettato ad aderire a questa azione di cui lo scopo gli era stato così definito dal Gabinetto di Pietroburgo. Egli aveva dato le disposizioni necessarie· agli Agenti francesi perché l'adesione della Francia riuscisse efficace. Le notizie che si avevano da Belgrado non ispiravano molta fiducia al Governo francese nella saggezza dei propositi di quel Governo principesco. Il Gabinetto ili. Versailles crederebbe opportuno che si rinnovassero dei passi presso quel Governo, dalla condotta imprudente del quale potrebbero nascere delle più serie complicazioni.

Io ho risposto al Signor Tiby che sin dal primo momento in cui s'incominciò a dubitare che l'insurrezione d'Erzegovina divemerebbe una causa di preoccupazione per le Potenze, noi ci eravamo assicurati che, tenendo a Belgrado ed a Cettigne un linguaggio di prudenza e di moderazione ed a Costantinopoli un linguaggio amichevole il quale però non escludeva il consiglio di accogliere la proposta d'introdurre delle serie riforme nell'amministrazione dei Paesi insorti, noi seguivamo appunto .la stessa -linea di condotta che la Russia aveva adottato. I primi passi fatti a Belgrado non pare avessero prodotto tutto l'effetto che i Gabinetti erano in diritto di aspettarsi. Il Conte Joannini avrebbe però ricevute nuove istruzioni per unire i suoi consigli a quelli che da tutti i suoi Colleghi pervenivano con molta insistenza al Governo principesco.

Il Signor Tiby era pure incaricato di portare la mia attenzione sulla linea di condotta che avrebbe sin qui seguita l'Inghilterra, separandosi per così dire dal concerto deHe altre Potenze con le quali non sembra per ora disposta a procedere ai passi che 1e medesime ritengono essere divenuti necessari. Questa seconda comunicazione dell'Incaricato d'affari di Francia aveva per iscopo di propormi di fare a Londra delle prartJi.che nel senso di ottenere che questa astensione della Gran Bretagna non venisse a turbare quella unanimità di accordi che costituiscono nelle quistioni orientali la più sicura guarentigia della pace ed una preziosa salvaguardia degli interessi generali.

A questo riguardo io ho riconosciuto col Signor Tiby che, sebbene la questione di Erzegovina non abbia finora perduto il carattere di un affare interno de1la Turchia, essa aveva già preso delle proporzioni tali da imporsi alle giuste preoccupazioni dei Governi impegnati ad allontanare le cause di complicazioni che potrebbero creare delle serie difficoltà. Se queste complicazioni non sono fortunatamente imminenti. esse entrano però nelle previsioni della maggior parte dei Governi né l'Inghi:lterra potrebbe disinteressarsene. L'Italia ha sempre apprezzato altamente H valore di un concerto europeo nelle questioni del!la Turchia, concerto che trae la sua forza dall'unanimità dei Governi nelle deliberazioni che essi stimano opportune. Il Governo inglese non aveva fatto alcun passo presso di noi. L'Incaricato d'affari di Sua Maestà a Londra aveva però avuto l'occasione di conre11ire con Lord Derby e si era potuto assicurare che a Cettigne ed a Belgrado l'azione dell'Inghilterra si sarebbe associata a auella delle altre Potenze. Noi continuel'emo ad informare il Governo inglese delle istruzioni che diamo ai nostri Agenti in Turchia e dei motivi che inspirano la nostra condotta.

344

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

T. 172. Roma, 24 agosto 1875, ore 14,30.

Ministre de Turquie vient de me communiquer un télégramme de son Gouvernement annonçant l'adhésion de la Porte au projet d'une démarche des consuls des puissances auprès des chefs de l'insurrection. D'après ce télégramme les dits consuls devront faire savoir aux insurgés qu'ils ne doivent attendre de secours ni de la part des puissances, ni de la part des principautés voisines: que pour faire connaì:tre leurs griefs contre l'administration impériale ils doivent envoyer des délégués auprès du commissaire impérial Server pacha qui se rend à Mostar et que celui-ci les accueillera avec bienveillance et redressera meme les griefs en ce qu'ils ont de légitime. Les consuls aussitòt après avoir rempli oette mission retourneront immédiatement à leurs postes et n'interviendront pas dans les rapports du commissaire impérial avec les délégués des populations. La Porte considère cette démarche des consuls comme la dernière tentative de conciliation. Veuillez me dire si l'es arrangements pris avec la Porte ont pour effet de restreindre l'intervention des consuls dans les limites susindiquées afìn que je puisse envoyer des instructions précises à M. Durando qui sera demain ou après-demain au plus tard de passage à Vienne.

345

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. 4050. Roma, 24 agosto 1875 (per. il 25).

Pregiomi trasmettere a V.E. copia di una nota della Prefettura di Napoli in data 21 agosto corrente n. 18 P. R. intorno ai tentativi di spedizione per l'Erzegovina.

ALLEGATO.

MOVIZZO A CANTELLI

N. P.R. 18. Napoli, 21 agosto 1875.

Mi viene riferito che il Generale Garibaldi siasi mostrato tenacemente con

trario alla formazione di un corpo di volontari italiani da mandarsi in aiuto degli

insorti dell'Erzegovina ed anzi abbia consigliato particolarmente i suoi amici più

intimi di sconfessare chiunque si fosse assunto l'incarico di portare volontari sul

campo della lotta sotto il suo nome.

Vuolsi però che il Generale abbia dichiarato di essere sempre disposto ad

affidare ai suoi figli il comando dei volontari italiani nel giorno in cui risulterà

chiaramente che lo scopo finale della lotta attuale non sarà semplicemente l'eman

cipazione dal giogo turco, ma lo stabilimento di un Governo slavo libero ed indipendente da qualsiasi protettorato di estera Potenza.

Mi si fa inoltre credere che interpellato lo stesso Generale da persona amica, sulle sue intenzioni, nel caso di una rivoluzione in quella parte della Grecia ancora sottoposta al dominio turco, abbia mostrato non solo di credere alla probabilità di un moto in quelle contrade, ma di approvM"lo e desiderarlo.

A questo proposito anzi si afferma che, prima di ritirarsi a Caprera, abbia autorizzato taluni di sua fiducia a portarsi colà specialmente nell'Epiro e di là informarlo minutamente di tutto onde poter prendere in tempo le opportune disposizioni di aiuto, e che attualmente sia molto frequente ed intimo lo scambio di corrispondenza fra il Generale e l'attuale Presidente dei Ministri del Governo Ellenico e parecchi capi del partito radicale greco.

Ad onta però del parere contrario sinora espresso dal Generale Garibaldi, mi si assicura che non pochi italiani si dispongano a partire per la Dalmazia viaggiando alla spicciolata e sotto la guida di quei soliti condottieri che si portano sempre ove sono dei torbidi nella sp&anza di far fortuna.

Mi si dice ancora che a Rimini debba aver luogo fra alcuni giorni una riunione in proposito. Credo mio dovere di comunicare prontamente a V.S. tali notizie, ma sotto la massima riserva non essendomi dato di garantirne l'esattezza.

346

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 394. Vienna, 24 agosto 1875 (per. il 27).

Siccome ebbi ad annunciare ieri pe·r telegrafo all'E. V. il Barone Hofman, per incarico avutone telegraficamente dal Conte Andrassy, pregavami di far pervenire al R. Governo i più sentitd. ringraziamenti del Governo Imperiale e Reale per l'attitudine assunta a Costantinopoli dai R. Rappresentante Italiano a fronte del passo colà fatto presso la Porta dagli Ambasciatori dei Tre Imperatori, onde fare accettare l'amichevole mediazione dei Loro Governi nella lotta che funesta la Provincia Erz,egovdna. Egli aggiungevami, il Gabinetto di Vienna scorgere in tal fatto, con somma soddisfazione, una novella prova di quelle così leali e cordiali relazioni che uniscono i due Paesi.

Rientrato a casa pochi minuti dopo, venne a trovarmi l'Incaricato d'Affari di Turchia che aveva incontrato nell'anticamera nell'uscire dal Barone Hofmann.

Egli diedemi lettura di alcuni brani d'un telegramma di cui probabilmente aveva dato del pari comunicazione al Rappl"'esentante del Ministero Imperiale degli Affari Esteri. A giudicare dai passi lettimi, quel documento doveva essere una requisitoria della Sublime Porta contro il Governo di Sua Maestà Apostolica, che veniva in esso accusato, se non di fomentare l'iinsurrezione, di tollerare almeno, per debolezza a fronte del partito Slavo, che questi porgesse con uomini e denaro H più largo soccorso agl'insorti.

Credetti dover mio, il R. Gov,erno avendo dato la sua adesione all'azione

che in questo momento esercita a Costantinopoli l'Ambasciatore Austro-Un

garico, di giustificare il Governo Imperiale e Reale da quelle imputazioni

almeno che a mia conoscenza risultano infondate, tacendo sulle altre, ponendo

però in rilievo la nessuna convenienza che il Conte Andrassy avrebbe ad ali

mentare un incendio che gravissime conseguenze avrebbe indubbiamente per

l'Austria e più ancora per l'Ungheria a perdurare e così, per natural conseguenza, ad estendersi.

Ma Falcon Effendi :non mostrossi granché persuaso dai miei ragionamenti e dicevami che, se avevo ragione nell'apprezzare gli intendimenti del Conte Andnissy basandomi su considerazioni di convenienza, stava però di fatto che l'influenza del partito Slavo lo spingeva a tollerare ciò che sarebbe stato suo interesse e dovere reprimere. Non essendo n1elle mie attribuzioni il difendere la condotta del Gabinetto di Vienna e riconoscendo su alcuni punti anZJi la non del tutto sua inappuntabilità, conseguenza in verità di circostanze di varia natura, indipendenti dal suo volere, mi tacqui, e per dare altra piega alla conversazione, chiesi al mio interlocutore quale via le truppe Turche, sbarcate nell'enclave di Klec, avessero a loro disposizione onde ricongiungersi con quelle di Dervisch Pacha. A ciò egli risposemi una sola via essere loro aperta, quella mulattiera che si mantiene esclusivamente sul territorio Ottomano, poiché Egli aveva chiesto al Conte Andrassy il voluto assenso affinché le navi Turche potessero approda11e a Klec, il Conte mel rispondergH adesivamente avevagli però tosto soggiunto, essere bene inteso che le Truppe colà sbarcate avrebbero dovuto procedere verso l'interno esclusivamente sul territorio soggetto alla Porta, non mettendo piede sul suolo Austriaco, sul quale trovasi la sola via carreggiabile che da Klec conduce sul tPrritorio Turco. Tal fatto dava pretesto a nuove 11ecrimina2Jioni per parte di Falcon Effendi; sebbene Egli riconoscesse non aver la Porta alcun diritto, fondato su trattati, di servirsi della strada Austriaca, pure Egli diceva che non s'avrebbe dovuto rifiutare ciò che in fondo non sarebbe che atto di giusta l'eciprocità, visto che gLi Austriaci percorrono liberamente la strada che attraversa l'enclave di Klec, che anzi riguardano come strada Austriaca, perché da loro costrutta, sebbene sul suolo non di loro pertinenza. Assai interessante sarebbe il conoscere quale sia effettivamente la sHuazione, al punto di vista internazionale, di quell'enclave di Klec, non venendo essa positivamente stab~lita da nessun ~trattato, ma essendo, a quanto mi risulta, definita soltanto in modo molto ambiguo, dalle condizioni a cui soggiaceva ai tempi del dominio V~eneto e della Repubblica di Ragusa, modificate in parte da note scambiate-si in varie epoche fra il Governo Austriaco e quello della Sublime Porta.

Da ultimo il Falcon Effendi dicevami, che il suo Governo, nell'accettare la proposta presentatagli dal Generale IgnaUew, era stato indotto in errore, poiché solo gli si era parlato di voler far pervenire agl'insorti, per mezzo di speciali Commissari la formale assicuranza, ch'essi non avevano ajuti a sperare dalle potenze, mentre in oggi risultava si volesse contemporaneamente dare ascolto ai loro gravami contro il Governo Sovrano e prenderli anche in esame, cosa questa che non potrebbe a meno di paralizzare grandemente l'azione repressiva, non potendosi a Costantinopoli mostral'e di prendere in considerazione suggerimenti di riforme prima che 1la repressione sia compiuta. A ciò replicai che non mi trovavo in grado di porgergli schiarìmenti al riguardo, che però mentre sapevo che il mio Governo riteneva indispensabile, per ricondurre in modo stabile la quiete nelle Provincie insorte, la seria adozione di riforme amministrative, ero però persuaso che i Rappresentanti delle Potenze riuniti a Costantinopoli, non avrebbero perduto di v1ista

la necessità, onde raggiungere quello scopo, di non indebolire il prestigio del Governo della Porta a fronte dei popoli ad esso soggetti.

Ho creduto dover tutto ciò riferire alla E. V. onde farle rilevar'e i notevoli sintomi di grave mal umore col quale la Turchia mostra qui accogliere il passo a cui si è testé addivenuto a Costantinopoli. Parmi d'altronde sia anche a notarsi come espressione di un tale stato di cose, la prolungata assenza da Vienna dell'Ambasciatore Turco, a cui Falcon Effendi dà per ragione o per pretesto, un'indisposizione da cui sarebbe stato colto a Parigi mentre s'avviava per fare ritorno al suo posto.

347

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1505. Berlino, 24 agosto 1875 (per. il 28).

Depuis que j,e vous a1i vendu compte, le 17 courant (1), de mon entretien avec M. de Biilow au sujet de l'accord établi à Saint Pétersbourg, entre l'Italie et les trois Empires, pour la ligne de cooduite à suivre à Constantinople afin d'empécher que l'insurrection de l'Herzégovine vint à troubler la paix générale, je n'ai eu qu'aujourd'hui l'occasion de m'·entretenir de nouveau avec le Secretaire d'Etat.

Du moment où !le Cabinet de Bedin déclarait vouloir s'abstenir de toute initiative ~et envisageait Vienne comme la meilleure source de renseignements, il n'y avait dans oet intervalle, qu'à attendre le résultat des ouvevtures dont le Comte Zichy était chargé auprès du Sultan.

Le Secrétaire d'Etat m'a confirmé aujourd'hui 'la nouvelle de l'accueil favorable que ces ouvertures avaient en fin de compte, et après quelques tergiversations, trouvé chez la Sublime Porte. ll a ajouté, à ce propos, qu'il avait eu soin de tenir le Chanoelier Impérial au courant des démarches que V. E. avait fait faire ici par la Légation du Roi: la satisfaction du Prince de Bismarck pour l'attitude amicale de l'Italie, et pour .J'appui qu'elle avait donné à Constantinople à la politique que l'Aliemagne a aussi adoptée, n'avait pas été moins vive ·et moins sincère, de celle que M. de Biilow m'avait déjà luiméme exprimé. Il fallait voir maintenant quel succès auraient les propositions que le commissaire spécialement délégué par le Sultan, serait dans le cas de faire aux insurgés de l'Herzégovine, pour l•es induire à mettre bas les armes. On était entré dans une nouvelle phase, dont l'issue reste incertaine aussi longtemps que ,Jes i1nsurgés persisteront dans la lutte.

.J'ai jugé à propos de faire remarquer à M. de Biilov, aue les informations de Vienne, auxauelles il nous avait renvoyé, avaient certainement leur valeur, mais aue j'attachais un grand prix aux impressions de Berlin. A Vienne l'antag:onisme entre autres des intéréts hongrois et slaV1es, le voisinage méme du théatre de l'dnsurrection, ne peuvent à moins d'exercer, sur Jes appréciations, une grande influence. On doit évidemment étre plus ca[me dans les jugements à Berlin, où les passions de race ne sont pas en jeu; d'autant plus que l'Allemagne dans cette question joue le role de trait d'union entre la Russie et

l'Autriche-Hongrie. Cette union aura fait bonne preuve, si elle arrive avec succes au but pacifique qu'eiLe s'est proposé dans la crise actuelle.

M. de Biilow reconnaissait en effet que J.'antagonisme des intérets en Autriche-Hongrie, tenait une grande piace dans les jugements des organes de l'opinion publique du pays. Il y avait en cela un coté bien sérieux. C'était la guerre qu'on faisait au Comte Andrassy, dans le but de le rendr:e suspect à la Russie qui a pleine confiance en lui; ses ennemis s'appl!iquaient à le représenter comme étant pret à se laisser forcer la main et à favoriser des annexions. Il était à espérer que ces intrigues ne parviendraient pas à ébranler la position de cet homme d'Etat. Ce Qu'il y aurait d'inquiétant, pour peu que la situation actuelle dut se prolonger, ce serait la position du Prince de Serbie. Ce Prince se trouve placé dans la périlleuse condition d'encourir dans son propre pays une grande impopularHé, si, la lutte se prolongeant, il devait continuer à réagir contre les aspirations nationales des Serbes, en poursuivant la poHtique d'abstention, dont cependant la sagesse ilui conseille de ne pas s'écarter. C'est Jà une alternative qui 1e mettrait à une rude épreuve. Quant à la Bosnie, il paraissait que les craintes, qui s'étaient manifestées de ce coté, étaient tres exagérées. Il n'y aurait eu, jusqu'ici du moins, que des troubles isolés .et sans conséquence.

Il me semble Que, à coté de l'intérèt général pour le maintien de la paix, le Cabinet de Berlin doit, pour sa part, avodr des raisons spéciales, pour se féliciter de la tournure que les affaires pr:endraient à Constantinople. Il y a trois mois, les intentions qu'on a attribuées au Prinoe de Bismarck de vowoir prendre !es devants contre la France se disposant à une guerre de revanche, donnaient lieu à une espèce d'intervention paoifiQue de la Russie et de l'Angleterre. Que deverrait dès lors l'alliance intime des trois Puissances du Nord? Les choses ont bien changé d'aspect maintenant. La Russie et l'AngLeterre, celle-ci faisant à Constantinople à mauvais jeu bonne mine, marcheraient aujourd'hui dif:l)icilement d'accord: il y aurait entre elles de la bouderie: tandisque l'aHiance des trois Empires a trouvé une occasion de s'affirmer et de s'affermir.

Il est vrai que le dernier mot n'est pas dit dans l'Herzégovine, où au fond les insurgés pourraient bien etre d'avis qu'ils n'ont rien à perdre et tout à gagner en continuant la lutte. On pourrait alors vOIÌr se produire des combinaisons et des projets, qui conseilleraient peut-etre à l'Italie de sortir de sa réserve et de chercher le mieux de ses intérets, au milieu d'une poJ.itique de transactions et de concessions réciproques.

(l) Cfr. n. 329.

348

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 119. Scutari, 24 agosto 1875 (per. il 2 settembre).

Le notizie che giungono dall'Erzegovina sono favorevoli all'insurrezione.

I selvaggi proclami di Dervisch Pascià noto in Albania pel suo odio ai Cristiani guadagnarono maggiori simpatie agl'insorti e stabilirono la solidarietà fra i cristiani di quella provincia.

Soccorsi d'ogni maniera arrivano agl'insorgenti, nuovi distretti si ribellano fra cui quello militarmente importantissimo di Berani sul Lim; la Bosnia anche essa si rivo'lta.

Intanto il Governo Ottomano sopraffatto dagl'avvenimenti, senza danaro, non. può provvedere a spedir Truppe: i pochi battaglioni inviati a Klek non poterono avanzare e son tenuti in iscacco a poca distanza dal luogo di sbarco.

Le angherie dei prestiti forzati da rimborsarsi chi sa quando, imposti da Dervisch Pascià agl'abitanti, massime cristiani della Bosnia, non cattiveranno aderenze alla Turchia, come i.l campo che sta raccogliendo a Sienitza non le darà forza.

La Serbia forma di ripicco un campo in faccia di Wischegrad. Gl'insorti si :rdpromettono di avere da quello Stato aiuti ed appoggi. Il Governo Montenegrino poi impotente fin d'ora a contenere i suoi sudditi sarà trascinato aUa guerra.

Il campo serbiano di Wischegrad paralizza, se è lecita la parola, quello turco di Sienitza, sbarra il passaggio alle forze turche che per 1la Rumelia accorrono Jn Bosnia.

In altro rapporto ho già stabilita l'importanza militare del pianoro di Kossovo per la Turchia, che essa ha quasi abbandonato; ora soggiungo che sarà difficile ch'essa possa superare Le linee del Lim e della Drina, per colpire nel cuore l'insurrezione. La presa di Gara,tsko per parte dei ribelli accenna com'essi sulla Drina e sul Lim Jntendono stabilire le loro comunicazioni col campo serbiano di Wischegrad, colla Serbia.

Fra un mese poi le piogge, i cattivi tempi renderanno poco men che impossibile all'Esercito Turco di campeggiare in un paese montuoso, senza strade, in un terreno in cui non si possono spiegar forze e sul quale le artiglierie non hanno efficacia o scarsa.

Nell'inverno se l'insurre·zione non sarà domata essa si organizzerà; i peritosi accresceranno le schiere dei valenti, gli Stati di Serbia e di Montenegro che ora stanno forzatamente neutrali ne abbracceranno probabilmente la causa, la diplomazia interverrà, senza che quest'intervento torni favorevole alla Turchia; sarà una nuova transazione ch'essa sarà costretta di fare, una nuova concessione che dovrà subire: lo status quo materiale sarà forse mantenuto, ma lo status quo morale sarà perdu:to: 'la Turchia possederà la Bosnia e l'Erzegovina non ne possederà le popolazioni e l'elemento turco in quelle provincie sarà affievolito e scomparirà.

L'Austria è nella più difficile condizione: se il suo organismo ne fa uno Stato tedesco e magiaro, la maggioranza della sua popolazione ne fa uno Stato Slavo: si può capire la ripugnanza del partito gove1mativo austro-ungarico ad annettersi nuovi elementi slavi, a dar forza a questo elemento che ormai soverchia nell'Impero, ma posta nel bivio d'una rivolta degli Slavi proprj o d'una annessione degli Slavi della Turchia, l'Austria s'accomoderà a quest'ultimo parti:to che è il più comodo, che è quello della necessità.

Né tale annessione potrebb'essere invisa alla diplomazia: quest'annessione questo accrescimento dello slavismo austriaco non accrescerebbe la potenza di quell'Impero (senza tener conto di probabili rettificazioni di frontiera all'Ovest

ed al Nord) ma ne accrescerebbe la debolezza perché sarebbe causa ed origine d'una radicale trasformazione dell'Impero stesso.

Queste considerazioni mi pajono fondate epperciò sembra a me che nel concetto deLle Poten:lle Occidentali si debba desiderare che l'Austria possa riunire sotto il suo scettro le provincie insorte. Riunite all'Austria queste provincie il flutto slavo che ora s'avanza verso l'Occidente, retrocede, s'inorienrta: riunite alla Serbia i11 flutto slavo non s'arresta: la Servia ha bisogno del mare, di venire sull'Adriatico, di stabilirsi tra Trieste e il golfo di Arta, probabiJmente di sping,ersi a Salonicco, in sostanza sulle frontiere nostre e di Grecia, di rinnovare l'impero di Stefano Duscan.

Il Montenegro è troppo poca cosa perché se ne debba tener conto: esso non ha virtù egemonica. Del resto, se ho ben capito alcune frasi del Principe nelle conversazioni che ebbi coll'Altezza Sua il.'anno addietro, egli non è gran fatto amico della famiglia che regna a Belgrado, ma d'altra parte agogna Scutari, agogna a rinnovare il regno della Rascia.

Tale concetto è giusto e sarebbe forse attuabile da un Principe che non fosse slavo.

Ho di fatto riferito moLte volte che l'Albania è assolutamente mortalmente nemica degli slavi: il dovere della propria conservazione gliene fa una necessità. Se l'Albania fosse contenta del suo governo si potrebbe senza tema di errare, sostenere che in una nuova conJilagrazione gli Albanesi si sch1ererebbero ancora intorno ad un nuovo Murat contro un novello Lazzaro.

Quindi un'estensione del Montenegro neH'Albania non è possibile, ma la costituzione dell'Albania, mi pare, come accennai in precedente rapporto, necessaria ed opportuna a contenere lo slavismo.

Quest'elemento così perseverante sia esso attratto dalla Serbia o dall'Austria continuerà nella sua perduranza, nella sua costanza, nel suo scopo di avanzare, sarà un danno, un nemico, un avversario nei paesi, sulle frontiere greche ~ed italiane massimamente, seppure non è trattenuto, impacciato, paralizzato da altro eLemento.

E questo non può essere che lo Skiptero. Il concetto pertanto del Principe Nicola di scendere nei più riti e fecondi soggiorni di Scutari è concetto utiLe, ma non è attuabile dal medesimo.

Intanto però il perno della questione de~li jugo-slavi della Turchia è l'Albania: costituita l'Albania si raffrena l'egpansione slava, non costituita l'Albania l'espansione slava si farà più potente.

Importa quindi costituire l'Albania. Essa ha invero gli elementi di vita propria. Protetta all'Est da Alpi che le fanno schermo, posta sulpianoro che s'avalla verso la Grecia e verso la Serbia, difesa da moltiplicati ostacoli naturali, si stende sopra una spiaggia ricca di porti, è feconda per terreni, belligera per popolazione, ed abitata da genti che per costume, per storia, per lingua, per religione, per tradizioni sono dhnerse daLle finitime: essa può e deve costituire una nazione che non tarderebbe ad essere potente e che non potrebb'essere aggressiva.

All'Austria, ove ben si consideri, non tornerebbe utHe l'annettersi questa provincia per quanto gli slavi vantino sovr'essa vecchi diritti di conquista: sarebbe sempve una proV'incia di difficile governo, finché non venisse slaviz

zata: ove si slavizzasse renderebbe men sicura l'Europa, men sicura l'Austria stessa rifatta pienamente slava.

Ma come costituil"e l'Albania? Essa ha nella sua Mirdizia il suo Piemonte (a me si può concedere il paragone) l'embrione della sua nazionalità. Non si tratta di smembrare la Turchia ma di creare all'Ovest dell'Impero ottomano uno Stato dipendente da 'esso che sia un baluardo contro lo slavismo. Se il Principe Prenk Bib Doda ritol"na alla sua Mirdizia, come ne ha diritto, in b11eve avrà con sé i Malisori e non tarderà ad avere tutti gli abitanti di questo paese.

Nello studiare pertanto le utilità italiane nelle attuali contingenze pare a me: l • che difficilmente si potrà dalla Turchia domare l'insurrezione della Bosnia e dell'Erzegovina massimamente se sopraggiunge l'inverno;

2• che perduta dalla Turchia quella Provincia è nello interesse dell'Italia che venga annessa all'Austria e non alla Serbia, salvo forse qualche compenso al Montenegro, e ciò tanto per concedere all'Italia di inorientarsi nell'Istria, etc., come per isviare il torl"ente slavo dall'Occidente;

3" che per reggere all'urto dello slavismo è necessario costituire senza nuocere all'integrità dell'Impero Ottomano l'uni'tà dell'Albania la quatle sarà uno Stato che non potrà a meno di gravitare come dimostra la sua storia verso l'Italia e verso la Turchia;

4" che l'Albania costituita, e moderatrice degli slavi, ha elementi di vitalità propria; che è facile vivificarla col restaurare il Principato nazionale che sopravvive;

5" che il Principato Nlbanese non che avversario della Turchia, alla quale sarebbe soggetto in un modo qualunque, ne sarebbe l'antemurale -mentre poi sarebbe il custode delle grandi strade del commercio orientale cioè Suez-Avlona e Costantinopoli-Seres-Avlona -il garante di commerci marittimi nel bacino superiore del Mediterraneo e nell'Adriatico.

Queste che ho esposte mi sembrano nell'attuale stato di cose le utilità italiane ed ora non mi rimane che a chiedere perdono all'E. V. dell'essermi Fcenziato ad accennal"le, mentre poi faccio proposito di non più ritornare sull'argomeiJJto lasciando che altri Colleghi di me più competenti narrino all'E. V. le fasi dell'insurrezione erzego-bosniaca e parlino al Governo di Sua Maestà delle speranze e dei vantaggi che offre l'attuale vertenza.

Ma pauroso come sono (non lo nascondo) dell'espansione slava termino facendo un voto che cioè la Bulgaria ritorni al cattolicismo e che questo si estenda e s'afforzi nei paesi jugo-slavi: dappoi la separazione dal Patriarcato Orientale l'Esarcato Bulgaro :llluttua tra Roma e Pietroburgo, ned è possibile che regga a lungo non foss'altro perché è grave alla coscienza dei credenti di essere nello scisma, né da questo possono uscil"e se non accostandosi alla Chiesa Russa. Ora se la barriera della fede venisse a sorgere tra la Chiesa Russa e la Bulgheria, sarebbe riparato un errore che la diplomazia lasciò commettere, le popolazioni bulgare si separerebbero dalla Russia, una grande popolazione slava, jugo-slava si lascerebbe attrarre, compenetrare poco a poco da un elemento latino (il cattolicismo, la Chiesa Romana) l'espansione slava quindi sarebbe meno ostile al mondo occidentale, anzi sarebbe arrestata. E lo stesso avverrebbe se H Cattolicismo con maggiori influssi invadesse le altre provincie della Slavia meridionale.

Così meno potente è l'espansione degli jugo-slavi della Dalmazia perché in quella Provincia le due comunioni cattolica ed ortodossa si combattono, e s'infrenano a vicenda.

Sarebbe introdurre, a parer mio, un grand'elemento di conservazione e di ordine, un elemento di nazionalità nuova.

349

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 401. Costantinopoli, 25 agosto 1875, ore 19,55 (per. ore 21,30).

Les termes de la proposition faite par Ies trois puissances à laquelle nous nous sommes associés et que la Porte a acceptée sont exactement conformes à ceux du télégramme de V. E. de cet après-midi (1). En me rendant compte des intentions des autres représentants, je fais connaitre à M. Durando dans les instructions que je lui envoye aussi de mon còté, qu'il peut laisser comprendre aux insurgés que le cours des réclamations de leur part Qui seront reconnues legitimes, sera suivi avec intéret à Constantinople, en lui recommandant en meme temps de n'engager d'aucune façon dans ce cas l'action déterminée des représentants du Gouvernement du roi. Les déclarations des représentants à Constantinople ayant été non collectives mais concordantes, j'écris à Durando que ses actes doivent revetir également cette forme.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 175. Roma, 26 agosto 1875, ore 13,30.

J'apprends par un télégramme du consul de Sa Majesté à Scutari (2) qu'il n'est plus question d'envoyer les consuls de Serajevo auprès des insurgés. Les consuls de Russie, d'Autriche et d'Allemagne à Scutari partent pour l'Herzégovine pour remplir cette mission. Je viens de demanderà Scutari si c'est à Mostar qu'ils se réuniront. Le commissaire ottoman se rend dans cette ville. Je vous prie d'expliquer à M. Durando la position nue nous avons prise dans l'affaire de l'Herzégovine ainsi que le caractère de la démarche à laqueUe ,le consul d'Italie doit s'associer pour contribuer à ,la pacification du pays. Recommandez-lui de m'informer du véritable état des choses. Si M. Durando rencontre M. Perrod

qui est reparti ces jours-ci pour Serajevo où sa femme est dangereusement malade, il doit lui dire que le Gouvernement du Roi connaissant ses conditions de santé et de famHle a jugé à propos de le dispenser d'une mission qui nécessiterait des déplacements fatigants. Les autorités ottomanes ont été informées de l',envoi de M. Durando. Dès que j'aurai une réponse de Scutari je vous en ferai connaitl'e le contenu.

(l) Cfr. n. 344, in realtà del 24 a~osto.

(2) T. 403 del 25 a~osto, non pubblicato.

351

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1353. Trieste, 26 agosto 1875 (per. il 30).

La Camera di Commercio e Industria di Zara ha diretto al R. Agente Consolare in quella Città residente una nota all'intento di far smentire le voci che v'ennero sparse nel Regno di maJtrattamenti sofferti da marinaj italiani viaggianti sulla costa della Dalmazia. Senza fare commenti sulle osservazioni in detta nota contenute io mi pregio di trasmetterla all'E. V. e vi unisco copia della lettera colla quale il Cav. Brattanich me l'ha accompagnata.

È un fatto incontestabile che parecchi giornali del Regno hanno esagerato i fatti avvenuti in Dalmazia a danno di qualche marinajo italiano, e ciò vuole ascriversi alla violenza delle passioni che dividono in due partiti accaniti le popolazioni di quella Provincia ed anche ad ambizioni non soddisfatte ed all'invidia di persone che ambivano il posto di RR. Agenti Consolari e non hanno potuto ottenerlo.

Con quest'occasione pregiomi i,nformare l'E. V. che H Deputato Maldini che si trova presentemente a Zara fu fattto segno di speciali cortesie da parte di quel Luogotenente Barone di Rodich, il quale lo ha in forma ufficiale invitato ad assistere alla funzione religiosa che ebbe J.uogo il 18 del mese cadente, e diede quattro giorni dopo in di lui onore un banchetto, al quale vennero invitate le primarie Autorità nonché i Deputati al Consiglio dell'Impero che si trovavano a Zara.

ALLEGATO l.

BRATTANICH A BRUNO

R. 341. Zara, 22 agosto 1875.

Le gare partigiane che da anni dividono fatalmente in due Campi politici la popolazione della Dalmazia, hanno subito una fase di recrudescenza in questi ultimi mesi. L'int&pretazione esag,erata che la stampa italiana diede ai fatti avvenuti nel circondario di Spalato e Sebenico, ben noti a V.S. Illustrissima, ha scossa la seria attenzione di questa Camera di Commercio, la quale, onde impedire che col crescere di tali mistificazioni nocumento sia recato al ceto ch'essa rappresenta, mi diresse perciò analoga nota a confutazione di tali scritti.

Siccome con asseveranza io posso assicurare la S.V. che nel Circondario di mia giurisdizione, alcun ostacolo ha impedito fin qui il libero rivolgimento dei Commerci degli italiani, e siccome nel Registro di approdo dei Bastimenti figura un aumento di 22 legni, in confronto dell'anno decorso, prova delle favorevoli circostanze con cui gli scambi qui si effettuano, così trovo opportuno di proseguire alla S.V. in originale detta nota, con preghiera di portarla a notizia del R. Governo, convalidata con quelle considerazioni che la di Lei alta saviezza troverà di fare.

ALLEGATO II.

LA CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA DI ZARA A BRATTANICH

N. 450. Zara, 14 agosto 1875.

Alcuni giornali del Regno d'Italia di recente sparsero notizie di maltrattamenti sofferti da marinai italiani viaggianti lungo la costa dalmata. É evidente che tali voci, abbenché false, od almeno per la maggior parte assai esagerate, possono arrecare grave danno al nostro commercio marittimo, il quale, al contrario, avrebbe bisogno di essere sempre più animato verso quella parte cui per posizione topografica devono in principalità tendere i nostri scambi, e deve recare grande stupore che tali notit:ie vengano rese di pubblica ragione da giornali accreditati, ed ingannata in tale maniera la pubblica opinione circa la proverbiale ospitalità del nostro paese. Ove non siano smentite tali notizie, le dannose conseguenze non tarderebbero a palesarsi, ed insinuandosi la diffidenza, i bastimenti italiani si asterrebbero dal prendere carichi per i nostri porti, come avrebbe di già constatato il giornale italiano Popolo Romano. Da quali fonti siano state attinte le suddette menzogne non consta, né gioverebbe indagare, e la scrivente non può se non rivolgersi alla nota compiacenza dell'Inclita Agenzia, segnalando tale emergenza alle Sue sagge considerazioni, ed interessandoLa a prestarsi energicamente affinché vengano rettificate le menzognw-e insinuazioni pubblicate contro la sicurezza dei naviganti lungo questa costa, e ricondotta la primiera tranquillità nella pubblica opinione in questo riguardo.

Ove l'Inclita R. Agenzia avesse di già fatto in proposito qualche passo verso il R. Governo da Essa Rappresentato, sarà particolarmente grato alla scrivente un gentile ragguaglio.

Voglia in ogni caso essere cortese di un cenno di riscontro.

352

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2271/537. Londra, 28 agosto 1875 (per. l' 1 settembre).

L'ossequiato dispaccio politico n. 234 delli 22 corrente (l) essendomi giunto avant'ieri, io mi sono senza indugio recato al Foreign Office, e nell'assenza da Londra d'ambedue i Sotto Segretarj di Stato, Signor Bourke e Lord Tenterden ho pregato l'Assistente al Sotto Segretario di Stato Permanente di farmi &V'ere qualche notizia sulle mosse di Lord Derby e conoscere se per caso sarà per recarsi tra breve in città. Né mancherò, appena avrò l'onore di vedere questo Ministro, d'informarlo delle ragioni che hanno consigliata la linea di

condotta adottata dal Gowrno del Re rispetto ai moti insurrezionali nell'Erzegovina.

• Se l'Inghilterra si è associata alla pratica iniziata in Costantinopoli dai tre Imperi (mi diceva ier sera un ufficiale superiore del Foreign Office) e se il Console Britannico fa parte della Commissione presso gli Insorti, si è perché fra due inconvenienti ha voluto il Governo della Regina scegliere quello che gli è parso il minore. Noi siamo sempre· stati avversi ad intervenire negli affari interni della Porta Ottomana, .e il Signor Bourke, li 18 Giugno, ebbe a dichiararlo formalmente alla Camera dei Comuni. Ma noi adesso abbiamo dovuto scostarei da questo principio piuttosto che trovarci isolati e, nel fatto, esclusi dai concerti 'europei. Codesta ragione è anche quella che ha consigliato la decisione della Francia. Ma noi non c'illudiamo sulle possibili conseguenze dell'attuale mediazione come di un primo passo in una via pericolosa •.

L'<>pinione pubblica in questo paese si manifesta intanto sempreppiù favorevole alla causa di quei Cristiani che hanno impugnate le armi contro il malgoverno della Sublime Porta. Il Giornale il Times, che se è diretto in parte dalla opinione pubblica, in molta parte pur la dirige, ha stampato varj articoli in quel senso. E codesta corrente non può non avere influenza sulla condotta del Governo.

(l) Cfr. n. 342.

353

IL CONSOLE A RUSTCIUK, USIGLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 52. Rustciuk, 28 agosto 1875 (per. il 3 settembre).

Nei miei rapporti precedenti di questa serie, ebbi l'onore di segnalare alla

E. V. le mene degli agitatori slavi, allo scopo di provocare movimenti in queste provincie della Bulgaria; immagino di non fare cosa totalmente inutile nel riferire bvevemente sulla probabilità di riuscita di esse.

È ozioso il ripetere qui ciò che molti hanno detto sul malgoverno dei turchi, e sul malcontento che inevitabilmente nasce da questo; basti il dire che è solo per la paura della repressione crudelissima, che le rivoluzioni non sono più frequenti, ed ogni villaggio non aspetta che un momento favorevole per sollevarsi.

Ma i Bulgari non sono un popolo guerriero come i Montenegrini ed i Serbi, e gli sforzi dei più abiU agitatori sarebbero vani se si trattasse di far loro prendere una iniziativa. Essi si dedicano quasi esclusivamente all'agricoltura, ed hanno tutta quella longanimità che in gentte agricola è comune; l'avarizia propria di questa classe poi, costringerà sempre gli agitatori a cercare fuori ogni aiuto, e il terrore della soldatesca numerosa in Bulgaria a causa della moltiplicità delle fortezze, sarebbe un correttivo a qualunque velleità di rivolta.

Ma questo stato di quiete, originato dalle suddette ragioni, deve necessariamente modificarsi col diminuire d'intensità di esse, ed è appunto ciò che sta accadendo. Le fortezze si vanno sguarnendo, a causa dei freQuenti e continuati invii di truppe in Ergegovina; i denari non mancano agli agitatori a cui viene in larga copia fornito da chi crede aver interesse, nel complicare in qualunque modo, la situazione della Turchia, e la pazienza del Bulgaro può avere un limite, se dureranno ancora le angherie del Gov.erno, cui gli ognor crescenti bisogni di denaro costringono alle sevizie, onde procurarsene.

Non ostante non è a credere per ora, che in Bulgaria, neppure nelle parti più interne di •essa, nei Balkani cioè, sia da temersi un movimento serio. È opinione generale che gli avvenimenti saranno qui subordinati alla condotta della Serbia, ed ,io credo di più che anche se questa intervenisse, la Bulgaria non si getterà nell'azione senza aver veduto almeno i primi resultati di questo intervento.

Ma H Governo locale non è pienamente tranquillo, e malgrado che per il momento non vi sia nulla a temere, non si dissimula che la posizione può cambiare da un momento all'altro.

La polizia è cieca o accecata, •e non si dà gran da fare per prevedere od evitare complicazioni, o si perde a sorvegliare cose e persone, che di questa sorveglianza non valgono la pena, mentre 'lascia accadere in tutta pace riunioni, ove si tengono discorsi faziosi, quasi alla luce del sole. Sono frequenti i viaggi di qui a Bukarest e viceversa, dei capi ed ·emissari, dei comitati panslavisti, e i nuovi che tuttodi vi si fanno si mettono subito in relazione coi capi di qua, che sono noti a tutti.

Del brigantaggio non si hanno notizie da qualche giorno, ma non è a credersi perciò che sia cessato.

354

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 122. Scutari, 28 agosto 1875 (per. il 9 settembre).

Il Governo Turco esce dal suo letargo : mentre accetta la mediazione europea, che gli dà un grande ascendente politico e morale, esso fa raccolta di truppe ed affretta a mettersi in grado di circoscrivere il.'insurrezione e di domarla.

Quattro trasporti, da Costantinopoli, approdavano il 26 in Antivari per raccogliere la soldatesca dell'Albania e s'imbarcò (oltre a tre di cui dirò in seguito) un battaglione di stanza a Durazzo, il mezzo battaglione che operava contro le Tribù di Mathia (rapporto n. 117) (l) uno ch'era di guarnigione in Antivari: intanto cinque battaglioni di redif albanesi (riserva) sono chiamati sotto Le armi e raggiungono le bandLere; vuolsi che Truppe accorrano da Candia e da altre parti fra cui da Tunisi (?) e dall'Egitto (?): dicesi poi che il

Governo si proponga di chiamare altresì gl'irrego'lari albanesi che sono eccellenti truppe leggere.

Questi irregolari sarebbero destinati ad operare così contro l'insurrezione nei paesi finitimi dell'Albania (il distretto di Plava, di Barani etc. che diconsi insorti) come eventualmente contro incursioni montenegrine.

Se non che i Malisori soltanto ubbidiranno alla chiamata del Governo, non i Mirditi né i Mathioti che gli sono ostili per le cause che ho lungamente esposte; e l'assenza di quelle bande, che furono sempre le più fedeli, che sono per fermo le più valorose, non può non av,er effetto sugli animi dei Malisori e scemare quel numero di 4 o 5 mila combattenti che potrebbero entrare in azione.

In Scutari si stanno preparando le opanke (cionie?) per questi irregolari ed H buluk-basci (il capo governativo) delle montagltle avvisò già i Malisori essere mestieri di preparare le cartuccie e tenersi pronti a brandire le armi.

Una parte delle truppe destinate a combattere l'insurrezione è sotto gli ordini di quel Mehmet A:lì rinnegato prussiano del quale m'avvenne di parlare; anch'egli s'imbarca in Antivari coi tre battaglioni che guidò attraverso l'Albania nella Dibra 'e nel Mathia.

Il comando in capo sarà assunto dall'ex Gran Visir, attuale Seraskiere Hussein Avni Pascià che dicesi ufficiale di qualche conto: capo dello Stato maggiore è Negib Pascià altro ufficiale di riputazione.

In sostanza la Turchia fa degli sforzi onde -prima che 'l'inverno renda difficile il campeggiare e permetta ai rivoltosi di organizzarsi -e prima che 1a mediazione si faccia realmente necessaria, -domare l'insurrezione che ormai divampa anche nella Bosnia, sebbene in quelJ.a provincia, l'elemento islamitico sov,erchiando il cristiano, i pericoli sieno minori che nell'Erzegovina.

La Turchia pertanto colle armi, coi 25 o 30 mi'la soldati che si propone di concentrare in quelle prov:i:ncie potrà prontamente reprimere la rivolta che conta, giusta i calcoli più esatti, 10 o 12 mila guerriglieri.

Non vi sarà quindi per ora pericolo di smembramento, neppure d'un principio di smembramento (come sarebbe una organizzazione particoJ.are della Bosnia e dell'Erz,egovina) non vi saranno se non quelle facili promesse da parte del Governo col'l'attender corto, e che non hanno guarenzie di sorta.

Ma se la fortuna è coi grossi battaglioni può esservi pericolo di reazione turca, del mal frenato spirito osmano.

Sotto questi auspizi che cosa è la mediazione? a che cosa può riescire una mediazione che non sarà intervento? Più che a dar consigli alla Porta, a provarie i desiderj dell'Europa, e ad illuminarla sui bisogni deHe popolazioni insorte, essa è fatta per accrescere l'autorità morale del Governo Ottomano.

In fatti la Turchia non mancherà di far ogni sforzo perché la mediazione, la presenza degl'inviati Europei giovi al suo intento soltanto, di dimostrare cioè le simpatie ch'essa ha; ma con ogni studio procurerà di schermirsi da qualsivoglia immistione europea, come tentò di fare in Soria, come riescì in Candia, ed i mediatori non parranno che i suoi amici e sostegni. Gl'insorti poi saranno detti dalla Turchia mestatori, impresarj di rivoluzioni, si dirà che in tali fatti v'è la mano dello straniero, s'invocherà il Trattato di Parigi e la Porta ricuserà accettare consigli o provvedimenti che scemino <l'autorità sua, col pretesto che

è necessario assicurarla ed accrescerla. È probabilmente questo il programma del nuovo Ministero ora sorto con Mahmud Pascià, Ministero incoerente nella sua composizione, coerente forse in ciò solo che tutti ugualmente od almeno la più parte dei Membri che lo compongono respingono recisamente ogni intervento ed ogni partecipazione delle Potenze Occidentali agli affari della Turchia.

Agl'insorti divisi finora in piccole frazioni (quattro massimamente) diffichle è che si possano dar consigli con frutto, sì perché le insurrezioni popolari sono sempre eccessive, sì perché non v'è nell'Erzegovina un capo universalmente riconosciuto ed abbastanza autorevole perché possa, giusta l'espressione consacrata, dominare J.a situazione, frenare la rivoluzione e governarla.

La mediazione pertanto non approderà forse ad un risultamento immediato, chiaro, preciso, nascente dalle attualità, ma la definizione della v<ertenza dipenderà dalle armi e perciò dal buon vole11e del!la Porta.

Tuttavia anche questo tentativo di mediazione per la Porta potrà avere, come mi propongo dimostrare, qualche utile risultato, ouello di dare un nuovo assetto aUe Provincie Turche d'Europa, se si indurrà il Governo ad accettare consigli che sono nell'interesse del medesimo.

Un movimento slavo è un pericolo europeo non tanto perché risveglia la quistione d'Oriente e può compromettel'e l'equilibrio nella penisola balkanica ed orientale, l'equilibrio europeo, ma sopratutto perché eccita l'espansione slava che è così aggressiva.

Reprimere un movimento slavo, contenere l'espansione slava, è rendere un servizio all'Europa occidentale, non piccolo anche all'Italia che sente gli influssi dello slavismo; ed accrescere l'autorità morale della Porta può essere forse un mezzo per reprimere e contenere tale espansione.

Ma questo di reprimere non parmi sia il solo mezzo opportuno, perché gli animi degli jugoslavi non s'acqueteranno, bensì saranno irritati; la pacificazione sarà passeggera e si otterrà il risultato opposto a quello che si desidera; si rinfocoleranno gli odj di quei popoli, si menomerà la confidenza loro nell'Europa, non si spegneranno gli odj né si renderà impossibiJle un'altra esplosione; non si organizza, ma si disorganizza.

L'organizzazione, si dice, potrebbe mettere un termine alle convulsioni periodiche della Bosnia e dell'Erzegovina; ma come organizzarla? Se si costituisce una provincia privHe.giata (secondo la locuzione turca) sul far di Candia, non è improbabile che quelle Provincie steno vieppiù attratte nell'orbita della Servia (e sarebbe maggiore il pericolo perché lo slavismo tenderebbe all'Occidente) o dell'Austria (ed il pericolo sarebbe minore perché lo slavismo sarebbe diretto ad Oriente). Se si lasciano come sono, perdureranno le cause e gli effetti disastrosi attuali: le piccole riforme d'imposte o di giusti21ia non servono che ad eccitare desiderj non a soddisfarli, meno ancora in Bosnia, ove la rivoluzione è più sociale che politica, è lo stato di ostilità tra slavi che rinnegando loro credenze religiose per l'islamismo si fecero oppressori dei loro fratelli che furono saldi nella fede e li angariarono 'e continuano ad angariarli, quindi contro gente per cui ragione è forza e diritto il non aver pietà.

Organal'e la Bosnia e l'Erzegovina è pertanto un compito, non che arduo, impossibile: quegli slavi non vogliono governo ma indipendenza, non abolizione di imposte o libertà, ma nazionalità, ma scuotere il giogo dei loro fra

telli oppressori, e qualsivoglia organizzazione che non soddisfi a questo loro

desiderio sarà scritta ma non attuata, non riconosciuta, non accettata. I Bosniaci,

gli Erzegovesi saranno ancora e sempre intransigenti, e-iJ.e aspirazioni loro met

teranno sempre a repentaglio ,la pace europea; e nel periodo della pace forzata

avvalendosi delle franchigie, del buon governo che la Porta avrà loro ottrajato

e che le Potenze Occidentali avranno loro ottenuto, procureranno di eliminare

gli elementi islamici che ora (è d'uopo riconoscerlo) dilaniano quelle provin

cie ma le tengono strette al potere centrale e che impediscono sia alterato

l'assetto territoriale dell'Oriente.

Che cosa dunque si sarà fatto? Parmi nulla: l'insurrezione sarà latente e

sarà anzi più facile per le riforme concesse, per la selezione avvenuta (mi si

conceda ila parola del darvinismo) tra 1e genti bosno-erzegovinesi, per l'allen

tamento dei freni che le collegano all'Impero, -ed in una nuova circostanza

non mancherà di scoppiare con maggior intensità.

Dunque non è nella Bosnia e nell'Erzegovina ed in riforme legislative che debbesi soltanto studiare il rimedio a queste agitazioni jugoslave a questa espansione dello slavismo: non è possibile mutar ila natura di un paese.

Ma il rimedio a queste agitazioni a quest'espansione sta, se non erro, come già esposi, nell'Albania.

Divisa, disunita, disaggregata, povera, malgovernata, l'Albania non è un elemenrto di forza né di ordine, né per la Turchia, né per l'Europa; ma unita, fatta forte, ricca, l'Albania ripiglierà il suo compito storico e come per secoli fu il baluardo della cristianità contro l'islamismo, così lo sarebbe dell'Occidente contro lo slavismo.

Quale potenza non avrebbe quest'aculeo albanese (mi si permetta la frase) cacciato nel vivo del corpo jugoslavo?

Ogni continuità tra il Montenegro, la Serbia, la Bosnia, la Bulgaria sarebbe sciolta, ogni contatto impedito, ogni passo di quel,le Provincie, di quegli Stati per accostarsi l'uno all'altro, per unirsi, sarebbe un pericolo, una minaccia per l'Albania, pericolo ch'essa non mancherebbe di rimuovere e di combattere. L'odio, l'avversione di questa razza -anche per caratteri etnici e naturali affatto diversa dalla slava, di questa razza certo pelasgica -contro gli slavi

è il miglior argine, il più solido, contro quegli invasori.

Se non erro pertanto la quistione bosno-erzegovinese si risolve in quella dell'organamento dell'Albania: domare l'insurrezione bosniaca è un risultato poco men che negativo; organare l'Albania è imbrigliare lo slavismo.

Ciò è tanto nell'intevesse della Turchia per liberarsi dall'incubo slavo quanto dell'Europa Occidentale che divide con ragione i timori della Turchia.

E questa che a me pare la soluzione naturale ed ovvia della quistione jugoslava turca è quella appunto che oggi v'ha opportunità di ,trattave, di presentare alla Porta. È il miglior consiglio che possa darsi al Governo Orttomano.

L'Albania non ha tendenze separatiste, né, incastrata com'essa è nella Siavia potrebbe averle mai: la Turchia è la naturale aHeata, la protettrice dell'Albania che ne sarebbe sempre, per interesse proprio, l'amica costante.

Questa ricostituzione dell'Albania non suppone una rivoluzione, ma la previsione; non è uno smembramento dell'Impero, è lo stabilimento d'una Provincia; è una riforma che di poco oltrepassa i limiti d'una riforma ammini

strativa. Non è d'uopo che di servirsi degli attuali elementi nazionali, educarli, coordinarli, assicurarli, non incepparli perché l'Albania risurga ad un tratto e sia forte. È una riforma che venendo dall'alto non trasmoderebbe, né v'ha da temerlo perché il sentimento deHa propria conservazione guiderebbe l'Albania nel sentiero della prudenza e della devozione al Sultano: ,essa non potrà esser aggressiva, mai, perché piccola, non sarebbe ostile agli altri cristiani, ma non potrebbe essere mai fautrice od alleata degli slavi.

So che alcuni pubblicisti, o per dir meglio, retori massimamente italiani i quali perché balbettano l'albanese pretendono conoscere l'Mbania, le affibbiano tendenze greche (Camanda) o slave (Chiara), ma questi sono errori che non meritano neppur confutazione.

Quanto più studio la questione della Slavia del Sud, tanto più vedo la connessione tra questa e la quistione albanese: nissuno negherà che non s'arresta il movimento slavo per una l'epressione da parte dei Turchi, né per ila disapprovazione che ai ribelli infligga 'l'Europa, né per qualche miglioria probabilmente effimera che la diplomazia strappi alla Turchia, ma vorrei far dividere al Governo di Sua Maestà la convinzione che quel movimento non può frenarsi se non con ostacoli naturali com'è quello di alzar una barriera contro gli slavi.

Qual barriera avranno piantata contro il nemico i Cinesi, Cesare, i Veneziani più solida di questa che si dovrebbe stabilire dalla gente albanese contro i loro vicini? Massime che gli Elleni per interesse proprio, per cessare un pericolo, ne dividerebbero il compito?

Che se da parte dei Turchi il modo più efficace d'isolare lo sìavismo, di obbligarlo a raccogJiersi e quindi affievolirlo, paralizzarlo è quello di ricost~tuire l'Ailbania, l'Italia non potrebbe che desiderare siffatta ricostituzione, perché avrebbe in questa gente un'amica e per vicinanza e per consanguineità e per tradizioni storiche e per commerci e per simpatie e per comunanza di nimistà contro l'invasione degli Osmanli.

Lo slavismo del mezzogiorno è dalla natura isolato per mezzo dell'Albania, della Grecia e della Rumania, vale a dire sarà isolato in modo assoluto quel dì che la Grecia sarà ordinata e la Rumania avrà coscienza di sé e non vanità, quando a frivole ambizioni non anteporrà i proprj reali vantaggi e Quelli dell'Europa; sarà isolato vieppiù se il cattolicismo compenetra queste masse jugoslave e le rende meno ostili all'elemento latino; in una parola se è rotta la comunicazione tra gli Slavi del Sud e del Nord, se scompare il miraggio e l'attrazione del panslavismo. Questo ,era il concetto napoleonico, probabilmente, nel ricostituire la Rumania, nel tentare di rialzar la Mirdizia e di ricomporre l'Albania; come nel togliere il Montenegro alla sua feroce oscurità e nell'assicurare la 8erbia metteva il germe di forze contrarie che si dovevano elidere nei paesi slavi del Sud. E d'uopo, parmi, rinv;erdire QUelle tradizioni e tentar l'attuazione di quel concetto senza compromettere lo status attuale. Allora, domato quest'elemento aggressore e probabilmente divisi gli jugoslavi in sub

naz.ionalità, la rivoluzione non ha più alimento, ha piena applicazione nelle provincie turche dell'Europa la politica che Guizot proclamava nel 1839 dalla Tribuna di Francia e che St. Mare Girardin difendeva coll'usata lucidità e dottrina nel 1861 e potrà costituirsi dopo nuove evoluzioni rese facili e ca,lme, senza rivoluzioni, la confederazione degli Stati Orientali: • maintenir l'Empire

Ottoman pour maintenir l'équilibre européen et quand par la force des choses, par le cours naturel des faits un démembrement s'opère, favoriser la transformation de cette province en une souveraineté nouvelle et indépendante qui prenne place dans la famiUe des Etats et qui serve un jour au nouvel équilibre (Guizot) • ... • soutenir l'Empire en ravivant ses parties, raviver ses parties en Ies separant jusqu'à un certain point du centre qui les vicie et si meme ce centre vient à mourir empecher que Ies parties ne meurent avec lui, c'est à dire ne tombent au pouvoir des voisins cupides, créer des Etats nouveaux et indigènes au lieu d'encourager les annexions ambitieuses ... (St. Mare Girardin, Revue des deux Mondes 1861) •.

Facendosi il Governo di Sua Maestà nell'ulteriore sviluppo della mediazione, o dell'intervento diplomatico che avrà luogo, o nelle circostanz,e che possano presentarsi, auspice di questa soluzione nei consigli delle Grandi Potenze ed in quelli della Porta, esso che col suo intervento ne acquista il diritto ed il dovere, provvederà, a parer mio, all'avvenire dell'Impero Ottomano e dell'Europa, assicurerà l'equilibrio poUtico dell'Oriente, acquisterà un mezzo d'influenza nella penisola balkanica, affrancherà i cristiani da qualsiasi reazione turca, continuerà il suo compito di difensore del principio delle nazionalità: l'Italia sarebbe conservatrice ed innovatrice ad un tempo, epperciò essa ne avrebbe frutto di gloria e di utilità generali.

L'Inghilterra che teme qualsiasi mutazione territoriale, l'Austria che, nella sua composizione attuale, :teme di essere costretta ad un'annessione la quale svilupperebbe vieppiù lo slavismo nei suoi Stati, nelle cui spire sarebbe avviluppata, accetteranno, in una colla Turchia, l'italiana proposta, senza che né la Russia, la quale desidera soltanto l'anarchia dell'Oriente, o 'la Germania, che qui ha pochi interessi, o la Francia, cui sta a cuore che per ora nulla si innovi, la contraddicano, non foss'altro per non parer di compromettere queHo status quo che è riputato necessario.

L'astensione della Russia nelle attuali circostanze, l'astensione, l'ostilità dell'Austria, il'essere stati la Serbia ed il Monrtenegro, sebben loro malgrado, sordi al grido dell'Erzegovina e della Bosnia, esautorerà moralmente quei Governi nel concetto degli jugoslavi in generale, dei loro popoli principalmente, sarà probabile causa e fomite a discordie intestine, a rivolgimenti interni senza che giovino patti di unione di ferrovie accordati alla Serbia od un modus vivendi e la navigazione del lago e della Bojana consentita al Montenegro; questi interni rivolgimenti, queste diffidenze, questa demolizione dei Governi slavi attuali costituiranno un'arra di pace comecché sia arrestato lo svolgersi dello slavismo, -che la costituzione dell'Albania in principal modo renderà affatto impotente. Finché poi quei paesi slavi possano ripigliare il loro cammino, nell'Albania l'opera della civiltà sarà già stata feconda, essa avrà superati nel progresso quei paesi e potrà fornire agevolmente il suo compito, quel compito che le è imposto dalle nuove condizioni d'Europa.

Ho creduto opportuno di chiarire con Quest'esposizione concetti che ho precedentemente accennati per indicare quali dopo un diHgente e lungo studio della Turchia sono a mio pal'ere le utilità italiane· nell'attuale vertenza ed or non mi rimane se non augurarmi che V. E. gradisca questo studio.

(l) Non pubblicato.

355

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL CONSOLE A GALATZ, DURANDO

(Ed. in LV 22, p. 25)

Vienna, 28 agosto 1875.

Conseguentemente agli ordini impa11titimi da S. E. il Ministro degli Affari Esteri con suoi telegrammi del 26 e 27 corr·ente (l) pregiomi comunicarle le seguenti istruzioni, a cui Ella è invitata ad attenersi nell'adempimento della missione, che il R. Governo intende affidarle.

Nell'intento di ricondurre la pace nella Provincia Turca dell'Erzegovina, dove agitazioni pericolose e locali insurrezioni eziandio ebbero a mostrarsi, le Potenze proposero di comune accordo d'inviare ognuna sovra luogo un Commissario speciale coll'incarico di porsi, come meglio crederà e gli sarà possibile, in contatto cogli insorti e di rendere loro norto con precisione • ch'essi non hanno da attendere soccorso di sorta, né dalle Potenze, né da' vicini Principati, esortandoli inoltre a mandare i loro delegati ad abboccarsi col Commissario Imperiale risiedente a Mostar, a cui potranno esporre i loro gravami, perché vengano presi in esame •.

La Sublime Porta avendo aderito al sovracoennato progetto, S. E. il Ministro degli Affari Esteri si compiacque nominare la S.V. Illustrissima a R. Commissario Italiano, affidandole la suindicata missione ch'Ella dovrà adempiere attenendosi strettamente al mandato sovraspecificato, che, salvo le vengano dati ordini posteriori, Ella non potrà menomamente oltrepassare.

Per porsi in grado di dare eseguimento all'avuto incarico, la S. V. Illustrissima vorrà tosto mettersi in viaggio aila volta di Serajevo e di là recarsi a Mostar, se come vi ha ogni ragione di credere, quel luogo presenterà le maggiori facilità pel conseguimento deilo scopo ch'Ella deve raggiungere, porgendole inoltre il destro di trovarsi in contatto coi di Lei colleghi rivestiti d'analogo mandato dalle altre Potenze, coi quali, separatamente però, Ella dovrà agire con somma prudenza sempre nel senso della conciliazione, evitando attentamente di assumere impegni di sorta. Compiuta la di Lei missione Ella dovrà immediatamente far ritorno alla sua sede in Galatz.

È superfluo Le soggiunga che il R. Ministero desidera essere da Lei tenuto al corrente del vero stato di cose, intorno al quale Ella dovrà mandargli, occorrendo, informazioni telegrafiche, valendosi del cifrario ch'Ella ha seco (2).

356

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1506. Berlino 30 agosto 1875 (per. il 4 settembre).

Je vous suis reconnaissant de l'envoi de documents diplomatiques que vous avez bien voulu me faire, en date du 26 courant, en m'expédiant dans ce

but un courrier de Cabinet. Ces documents m'ont mis à méme de me former une idée aussi 'exacte que possible pour le moment de la situation de choses résultant pour 1l'Europe, et, ce qui est surtout important, pour l'Italie, de l'insurrection qui a éclaté dans l'Herzégovine.

V. E. aura vu par mes précédents rapports, qu'à Berlin il est nécessaire de se piacer à un point de vue tout-à-fait spécial. Tandisque les intéréts des autres Etats, en commençant par la Russie, l'Autriche-Hongrie et l'Angleterre, sont si directement engagés dans J.a question, le Cabinet de Berlin, à tort où à raison, ne parait pas mettre en pvemière ligne la réussite de telle ou telle autre solution du problème herzégovinien. Le maintien du status quo territodaJ. de la Turquie, si désirable à mon avis pour l'Italie, ainsi que je l'ai dit dans un de mes précédents rapports est moins important pour le Cabinet de Bedin que ne le seraient l'alliance et ~l'appui intévessé de la Russie et de l'Autriche-Hongrie en vue d'autres évenrtualités. Ce sera donc là son but essentiel.

Il ne convient pas d'oublier q_ue, à l'époque de la dernière visite du Tsar à l'Empereur Guillaume, les explications amicales dont le résultat fut d'éloigner les craintes d'une guerre qu'on avait fini par croire imminente, 1eurent pour effet de traduire pour ainsi dire le Gouvernement Allemand à la barre de l'opinion publique. L'attitude de la Russie et les offres de médiation de Lord Derby firent croive alors qu'il ne serait pas impossible à ,}a France de trouver des alliés contre l'Allemagne. La solidité de l'accord entre les trois Empires ne semblait pas à l'abri de toute épreuve et on voulait surtout en déduire que cet accord n'était plus le principal intérét de la Russie.

Quoique le Cabinet de Berlin eiìt catégoriquement repoussé toutes les assertions qui le représentaient comme résolu à troubler la paix et à assumer le ròle d'agresseur, il devenait urgent pour lui de resserrer les liens sur lesquels est basée sa politique. La levée de boucliers ~en Herzégovine est venue à point nommé lui ~en fournir l'occasion. Il en profite pour bien affirmer, preuves en main, sa solidarité avec la Russie et avec l'Autriche-Hongrie.

Il me semble que c'est surtout la Russie q_u'ici on a en vue de bien gagner en cette occasion. C'est à elle qu'on laisse le soin d'inviter d'autres puissances à suivre un programme qui, dans les conditions actueHes, s'imposerait au besoin par l'accord des trois Empires. Si le Comte Andrassy est en butte à des attaques dont l'objet serait son renversement, c'est, à ce qu'on dit ici, parce qu'il jouit de la confiance du Cabinet de Saint Pétersbourg. Les feuilles allemandes sont très empressées à mettre bien en évidence le ròle inattaquable et désintéressé de la Russie: on dirait q_ue la presse libéral'e veut faire oublier les antipathies qu'elle a trop souvent manifestées dans le temps à l'égard des Russes. Je signale à ce propos à V. E. les derniers articles de fond de la NationaL Zeitung, le principal organe du parti national-libéral qui forme le gros de l'Armée sur J.aquelle s'appuie la politiq_ue intéri,euve actuelle du Chancelier de l'Empire. Ces articles doivent étre lus avec quelque satisfaction à Saint Pétersbourg. On y met, entre autres, en évidence le ròle que l'Angleterre, gràce à l'accord des trois Empires, est obligée maintenant de jouer, par impuissance et nullement par bon vouloir, dans la q_uestion d'Odent. On relève le contraste que cette situation présente avec un passé, dont le souvenir doit etre douloureux pour la Russie.

Si l'on considère ces divers symptòmes, il est diffichle de croire que la politique suivie maintenant à Constantinople par !es Trois Empires doive avoir pour résultat final le maintien du status quo. Quand meme on parviendrait à pacifier pour le moment les troubles de l'Herzégovine, l'exécution des engagements qu'on imposerait à la Sublime Porte serait surveillée de près, et on ne tarderait guère dès lors à voir tout remettre en question.

S'il est regrettable que le programme du quid agendum ait été concerté en première Ugne par les trois Empires sans notre concours, ce-pendant les instructions que V. E. à données aux Agents itaUens à l'étranger, placent l'Italie dans une position expectante, très-correote. Elle a fait entendre ses bons conseils dans une égale mesure à Constantinople, comme en Serbie, et au Monténégro, et le mouvant de notre poHtiQue, à savoir le désir de voir la paix maintenue, ne peut etre suspecté de cacher des arrière-pensées, car c',est notre intéret réel qui le diete. Seulement, il m'est avis qu'on doit se préparer à l'éventualité de désaccords dans un avenir plus ou moins prochain. En tout cas hl sera dans l'intérét de l'Italie d'agir en sorte oue sa politique ne soit pas amenée à se trouver en coHision avec celle du Cabinet de Berlin, car l'Italie et l'Allemagne ont trop d'intérets communs à défendre.

(l) -Cfr. n. 350; il t. del 27 non è pubblicato. (2) -Copia di queste istruzioni fu inviata in pari data da Robilant a Visconti Venosta con r. 395.
357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COVA

T. 177. Roma, 31 agosto 1875, ore 15,45.

En présence des bruits que l'on fait courir sur des prétendus enròlements pour secourir les insurgés de l'Herzégovine, je crois nécessaire de vous mettre à meme de déclarer qu'en Italie il n'existe aucun mouvement dans ce sens. Quelques individus peuvent etre partis isolément mais aucune bande ne s'est organisée en ltalie.

358

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1508. Wiesbaden, l settembre 1875 (per. il 4).

Les rapports préparés par >le Chevalier Tosi, en suite de ses entretiens avec M. de Bi.ilow durant mon séjour à Wiesbaden, représentent avec une exactitude parfaite l'attitude du Cabinet de Berlin relativement à l'Herzégovine. Les derniers documents diplomatiques joints à l'expédition confiée au courrier Anielli projettent aussi quelque lueur sur la conduite de la Russie et de l'Autriche-Hongrie. Ces trois Puissances s'attribuent le premier rò1e. Elles consentent bien à nous faire des confidences, à nous demander notre appui; mais elles ne nous associent pas à leurs délibérations préalables. On ne nous présente qu'un menu à prendre ou à laisser. Nous subissons, il est vrai, le meme traitement que la France et l'Angleterre. Mais ce n'en est pas moins là une situation dont nous devons nous appliquer à sortir. Les preuves manifestes que nous avons données de vouloir marcher d'accord avec les Trois Empires, contribueront peut-etre à modifier un état de choses qui ,en se prolongeant ne répondrait pas entièrement à ce que notre dignité exige. Il y va aussi de notre intéret à sauvegarder autant qu'il peut dépendre de nous le statu quo territorial en Orient, surtout vers l'Adriatique. Le désintéressement de l'AutricheHongrie est fort sujet à caution. Il est également permis de révoQuer en doute les belles assurances de la Russie. Le Cabinet de Berlin seul n'a pas d'objet à convoitises dans ces contrées, mais pour gagner de plus en plus ,les bonnes graees de ses deux alliés et les empecher de pencher vers la France, il serait disposé le cas échéant, à faire bon marché de l'intégrité de la Turquie. Dans tous les cas, son influence sera grande soit pour les retenir, soi:t pour les seconder sur cette pente, si tant est qu'il parvi,enne à concilier des intérets rivaux. C'est donc avec l'Allemagne en premier ilieu que nous devons continuer à marquer notre vif désir de procéder avec une entente parfaite. En exprimant la meme intention au Cabinet de Vienne, H me semble qu'il serait habile de notre part de prendre acte de ses protestations contre toute annexion de territoire, annexion à laouelle cependant le Comte Andrassy ne répugnerait que comme un patient devant se soumettre à une opération de dentiste. Nous pourrions laisser entendre à ce propos que si l'ItaUe vise sans arrière pensée à la conservation de la paix, le maintien du statu quo territorial ,en ,est une condition essentielle. S'H menaçait d'ètre modifié selon l'es convenances ou les nécessités de telle ou te1le autre Puissance, nous devrions à notre tour aviser pour un arrangement dans de justes propovtions. Un langage analogue serait également de mise à Saint Pétersbourg où l'on ne manque pas de surveiller les allures de

l'Autriche d'une oeil soupçonneux.

La médiation des Puissances n'ayant que des chances de réussite ,très problématiques, il me semble que l'Italie doit étudier et préparer son propre programme afin de ne pas etre devancée par des événemens avant coureurs de modifications importantes en Turquie. Tant qu'il ne s'agira que de faire octroyer une certaine autonomie, une meilleure administration à ses provinces, à chercher à redresser leurs griefs légitimes, nous ne saurions nous y refuser, lors meme que ce ne serait là que des palliatifs en vue d'ajourner la débacle. Mais si l'insurrection se propageant victorieusement devenait impuissante pour substituer quelque chose de stable à la domination Turque et que la tentation vint à l'Autriche-Hongrie, entre autres, d'éteindre, l'incendie à son profit. l'Italie devrait etre en mesure de jeter son poids dans la balance. Pour compenser une extension de puissance de l'Autriche vers l'Adriatique, dans le cas où nous ne parviendrions pas nous-memes à y prendre pied davantage, nous aurions peut-ètre là une circonstance favorable pour régler la question du Trentina et peut-etre aussi une rectification de frontières vers l'Isonzo.

Je ne m'app€santis pas davantage sur ce sujet; car V. E. est meilleur juge que moi dans quelle mesure il convient d'exercer notre action de grande Puissance qui, tout en voulant avec loyauté Que rien ne vienne aUérer la tranquillité en Europe, ne doit pas négliger de profiter de chaque occasion pour assurer la sécurité de ses frontières et son prestige à l'étranger (1).

359

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Wiesbaden, l settembre 1875.

J'ai reçu votre dernière lettre panticulière. De son còté le Chevalier Tosi m'a rendu compte de l'entretien Que vous aviez eu avec lui à Milan. J'ai pris acte avec satisfaction de ce QUe vous avez bien voulu m'écrire et me faire dire au sujet de la question d'Ambassade. Je ne mets plus en doute par conséquent qu'elle sera résolue ainsi que l'exigent la dignité et les intérets de notre Pays, et cela au mois d'Octobre tant à cause de la présence de l'Emp€reur, tant à cause de son absence.

Voici le peu que je sais sur ce point.

M. de Keudel,l a passé à Berlin quelques jours avant mon départ pour Wiesbaden (le 10 Aout). Il n'a pas cherché à me voir. Si j'avais suivi son exemple 'et que je me fusse abstenu de soutenir sa cause vis-à-vis de l'Empereur et du Prince de Bismarck, il ne serait pas accrédité aujourd'hui à Rome. Il ne s'est présenté à la Légation que le 15 à son retour de Varzin. Il avait trouvé le Prince de Bismarck peu bien en santé, ne pouvant promener ni en voitur~e, ni à cheval. C'était un homme affaissé. (Les journaux prétendent au contraire qu'il se porte comme un charme). Comme on ne peut avec lui prendre l'initiative de causer affaires, Keudell n'avait pas parlé politique à Varzin (? !)... Keudell espérait bien le voyage pour Octobre; mais il n'ose plus en écrire ni en parler après l'expérience du passé. Cette fois pourtant il a de forles raisons d'etre persuadé que décidément la chose aura lieu, et qu'elle sera décidée avant Baden-Baden où Sa Majesté Impériale se rendra dans les derniers jours de Septembre. Tela été le récit fait par Keudell au Chevalier Tosi; le tout entremèlé de ses regrets de ne pas me voir.

Le 28 Aout le Comte del Mayno a dìné à Potsdam chez le Prince Charles de Prusse. Le Maréchal de sa Cour, ,le Comte Donhoff lui a confié que le voyage de Sa Majesté était bien décidément arrèté, et que toutes les dispositions étaient prises, y compris le choix des personnes de la suite. Le Comte Donhoff autorisait del Mayno à me le répéter. Il est bon d'ajouter que la Princesse Charles en causant à ce sujet avec notre Attaché Militaire, lui disait qu'on ne pouvait pas etre aussi sur de l'affaire. L'année dernière à pareille époque

le mème Comte Donhoff me faisait parvenir la mème assurance. Je suis presque tenté de croire que cette fois les chances ont monté; mais nous entendrons jusqu'à la dernière heure de Septembre affirmer le blanc par les uns et le noir par les autres. Parmi ceux-ci je citerai ile Comte Perponcher Maréchal de la Cour de l'Empereur qui a déclaré à une Dame de ma connaissance que jamais le médecin ne permettra à l'Empereur le voyage d'Italie. L'Ambassadeur de France, qui est au mieux avec !'·entourage à la Cour qui n'a aucune sympathie pour nous, dit qu'on jouera le mème jeu que l'année dernière: au commencement d'Octobre l'Empereur se fera prescrire par la faculté d'ajouvner la visite.

Si vraiment elle n'avait pas lieu, j'espère bien qu'on ne reviendra plus sur la malencontreuse idée d'une délégation du Prince lmpérial.

Dans tous les cas suivant vos conseils, je me rendrai à Rome au mois d'Octobre pour nous entendre, que l'Empereur arrive ou non, sur la question d'Ambassade. Je porterai cette course sur les frais 1extraordinaires de la Légation, car mon bilan est très en déficit. Mon fondé de pouvoirs a dilapidé la moitié de notre petit avoir; i1 a fait entre autres disparaitre deux mois de mes appointements.

Vous ne verrez aussi j'espère aucun inconvénient que d'ici, étant presque à mi-chemin, je fasse demain une course d'une dizaine de jours à Berne pour affaires de famille, en suite de la mort de la soeur de Madame de Launay. Le Chevalier Tosi est au poste. Vous pouvez ètre certain qu'il y fait bonne garde.

(l) Annotazione marginale: « Copia a Vienna con preghiera di restituzione •.

360

IL CONSOLE A FIUME, SEYSSEL DI SOMMARIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 431/1. Fiume, 2 settembre 1875 (per. il 4).

Facendo seguito ai miei rapporti di natura politica aventi i nn. d'ordine 412, 427 corrente anno (1), e riferendomi al Ministeriale Dispaccio di serie medesima in data 24 Agosto ultimo s.n. (2) prosieguo a sottoporre alla alta attenzione dell'E. V. alcune particolarità che me ne sembrano degne.

Da recenti notizie che da buona fonte mi perv·ennero e da attento esame dei giornali sì radicali che conservativi Cisleitani e Transleitani, ho motivo di credere che S. E. il Conte Andrassy dacché assunse la Presidenza del Consiglio coll'appoggio d'illustri personaggi dirigendo tutti i suoi sforzi alla • magiarizzazione • dell'Impero Austro-Ungarico, ripromettevasi in favore di essa vantaggi dal viaggio Imperiale in Dalmazia, attivamente promosso seppure non ideato dal Presidente del Consiglio.

D'altro Jato mi risulterebbe che il vecchio partito tedesco molto potente perché comprende quasi tutti i vecchi Arciduchi, molte notabilità dell'armata e della marina, etc., tenda alla fusione dell'elemento Slavo con quello Austro

Tedesco, il quale avverso dapprima al viaggio di Dalmazia, dappoi ne divenne fautore e lavorò a raccoglierne i frutti esclusivamente a proprio favore.

Al partito Austro-Tedesco adunque dovrebbesi attribuire il contegno di

S. M. Francesco Giuseppe fra le popolazioni Slave dei confini (come contrasto all'abbandono in cui giacciono le popolazioni Cristiane sotto il dominio Turco), oltre alla diffusione fra i Serbi di scritti e stampati di tendenza Jugo-Slava, ai quali più che all'esazione d'imposte sarebbe attribuibile l'attuale movimento d'insurrezione.

Per tal modo il detto viaggio Imperiale se disilluse le viste Magiare, incoraggiò le tedesche, e poiché l'idea di germanizzare gli Slavi dall'esperienza venne dimostrata illusoria ed impossibile, il partito tedesco venne ad appoggiare 'le sue speranze sull'elemento Slavo nel Quale ridestossi dietro il viaggio suddetto il sentimento monarchico, preferendo così l'elemento Slavo al Magiara il quale ogni giorno più si dimostra inclinato al radicalismo ed antimonarchico per conseguenza.

Così spiegasi che ad onta di pecche amministrative il Barone Rodich Governatore della Dalmazia sia stato mantenuto al suo posto, che al suo stato maggiore siano stati aggiunti ufficiali aventi le sue stesse opinioni Slave, i quali tempo addietro ebbero missioni in Serbia Montenegro e Rumania, paesi di cui essi rilevarono i piani topografici.

In egual modo spiegansi gli attacchi giornalieri della stampa Jugo-Slava contro i Turchi a favore del movimento Erzegovese, il quale mercè certe antiche popolari tradizioni e predizioni estendesi alla Bosnia, agita la Serbia, e minaccia la dinastia degli Obrenovich, mentre favoreggia il Principe Nikita di Montenegro su cui parrebbero radunarsi le viste ulteriori dell'Austria e della Russia onde il movimento Slavo invece di piegare a repubblica conservi una direzione monarchica, e lasci per 'l'avvenire aperto H campo all'espressione della nazionale volontà. Viene sussurrato di già che questa sia favorevole ad un intervento Austro-Ungarico.

In tale stato di cose, è ben naturale che il partito Magiaro, guidato dal Conte Andrassy lavori attivamente a far prevalere la neutralità sul sistema di favoreggiare • de facto • l'insurrezione, il Quale potrebbe condurre ad intervento armato rovinoso pelle Ungariche finanze e peHa preponderanza Magiara.

Il prevedere poi quale fra i due parHti Magiaro o Tedesco prevarrà nei Consigli della Corona non pare per ora possibile, perché la pubblica opinione a torto od a ragione eccitata potrebbe modificare i dettati della pura ragione, e quindi potrebbero i fatti provocare una soluzione contraria ad ogni presente probabilità.

Ad ogni modo pare già fin d'ora sicuro che dal Governo Austro-Ungarico verranno intavolate colle Potenze trattative intorno alla c,essione di Klek.

Frattanto, come ebbi a notare in rapporto precedente arll'E. V. diretto, continuasi a concedere al Turco l'appoggio di buon vicinato, a proclamare nella stampa ufficiale la neutralità, e d'altro lato lasciansi pervenire agli insorti armi, munizioni, danari raccolti apparentemente pei fuggiaschi dal territorio Turco; ,lasciansi vendere in Dalmazia, per puro caso, fucili riformati dal Governo, e quello ch'è più grave, cagionasi nelle popolazioni non Magiare e nell'armata un notevole fermento, tanto più pericoloso che uno scacco alla

diplomatica azione nella questione Erzegovese nello stato suo attuale, è già prevedibile.

Per ora l'effettivo delle truppe sparse in Dalmazia pare che ascenda già incirca ad otto mitla uomini divisi in 18 battaglioni di linea: 2 di cacciatori, 5 di landwehr, fra cui 2 a cavallo con 3 batterie di montagna; inoltre il reggimento • Hussevich • e quello • Arciduca Ernesto • furono mandati sulla linea della Sava.

(l) -Cfr. nn. 256 e 326. (2) -Non pubblicato.
361

IL CONSOLE A SALONICCO, TRABAUDI FOSCARINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 12. Salonicco, 2 settembre 1875 (per. il 12).

La popolazione Musulmana di questa città si mostra allarmata ed avvilita per le proporzioni sempre più estese che va prendendo l'insurrezione dell'Erzegovina, secondo le notizie che circolano.

Il Valy nel discorrerne con me si mostrava impensierito e mi disse: Noi sappiamo bene· che siamo venuti dall'Asia; e le provincie che allora abbiamo guadagnato colle armi, le daremo nello stesso modo. Egli poi non nascondeva le sue convinzioni che influenze straniere avessero creato questa insurrezione alla quale, egli diceva, il. lagno per le imposte non fu che un miserabile pretesto, mentre tutti, tan1:o Latini che Greci, eransi già messi in accordo coll'Autorità, per il pagamento delle decime.

A Monastir prevale pure la stessa convinzione a quanto rilevo daHe informazioni mandatemi da quel Console Signor Logotheti, e che sono attinte da fonte ufficiale ottomana.

Egli mi scrive che le autorità civili e militari di Monastir pretendono conoscere che a Trebigne e dintorni !l'insurrezione sia indirettamente sostenuta dai Montenegrini e dai Dalmati. Quanto alle provincie di Truplak Cheran e Jeziré sarebbero sopra tutto i Montenegrini che mantengono la rivolta. Nelle provincie di Jeni-Bazar, Sjeni·tzé e Tamplitza (in Bosnia) H fermento dell'elemento slavo sarebbe incoraggiato dalla presenza del Corpo d'armata Serbo di sei mila uomini a Vichgrad. Il Montenegro per giustificarsi avrebbe dichiara•to alle Autorità deHa Bosnia e dell'Erzegovina ch'esso mantiene una stretta neutraUtà coll'impedire all'e,lemento turbolento di unirsi a1le bande degli insorti e coll'aver proibito alla popolazione di por·tare armi. Tuttavia secondo l'asserzione delle autorità militari di Monastir, si dovrebbe credere che i vo•lontari Montenegrini non incontrano alcun ostacolo a passare nell'Erz·egovina e portano con loro armi, munizioni e viveri.

Il Governo Serbo per giustificarsi dai reclami delle Autorità della Bosnia e dell'Erzegovina che lo imputano di lasciare libero il passo ai volontari Serbi per raggiung·ere gl'insorti, sosterrebbe che i volontari non sono Serbi ma bensì Erzegovesi e Bosniaci, i quali costretti dal pessimo raccolto ch'ebbe luogo, or son circa tre anni, avevano emigrato in Serbia per guadagnarvi il pane; e che ora per spirito patrio vogliono correre le stesse sorti dei loro fratelli.

Le Autorità della Bosnia e dell'Erzegovina, secondo quanto scrive il Signor Logotheti, non potrebbero attribuire la rivolta a cattivi trattamenti della popolazione Slava, perché invece esse si sarebbero tenute sempre miti verso di essa. Le stesse Autorità fecero molte indagini per scoprire se la rivolta fosse fatta di proprio moto o se fosse l'effetto di eccitazioni straniere ma finora non si giunse ad altro risultato che a rilevare le suggestioni Serbe e Montenegrine.

Le voci che vanno correndo in Salonicco, e che destano apprensioni (senza che abbiano alcuna fonte sicura), darebbero che i Turchi abbiano ucciso il Vescovo Cattolico di Mostar (e questa voce se si propaga fra i Latini Albanesi, avrebbe forse l'effetto di spingerli alle armi), che l'insurrezione abbia guadagnato Ipek da dove dominerebbe le vie che mettono a Prizrend, a Scutari ed alla Dibra; e che i Mirditi abbiano elevato delle pretese verso la Sublime Porta.

Il 31 agosto partì alla volta dei paesi insorti il battaglione di Redif di Salonicco, messo insieme a gran stento dopo pavecchi giorni. Diversi Redif della setta dei Mammini erano fuggiti in Atene, altri si nascosero. Il battaglione che doveva essere di 800 (secondo la richiesta fatta dall'Autorità ahla ferrovia), non raggiungeva che il numero di 627 uomini.

Io mi recai aJ.la stazione onde assistere alla loro partenza : questa che doveva aver luogo per tempissimo, venne ritardata fino alle ore otto del mattino a causa del poco ordine. I soldati erano gente di aspetto gagliardo, ma equipaggiati in modo veramente miserabile. Vestiti con vecchie uniformi in parte lacere, non avevano punto né uose né calzature. I calzari, alla bulgara, che portavano, erano formati con uno squarcio di pelle di bufalo, munita del pelo, in cui era avviluppato il piede e che mediante alcuni fori fatti in essa, attraverso ai quali passavano spaghi, li raccomodavano allo stinco. Avevano sacchi usati di pelle di capra, di piccolissima proporzione e sopra esso una copeda e nulla più. Alcuni portavano attorno al petto, 1legata con uno spago, una borraccia di latta, altri mostravano lunghi capelli scendenti sulle spalle; ,e taluni avevano i fez che coprivano loro gli occhi; il tutto aveva aspetto di gente indisciplinata e poco ben disposta.

I tamburi del battaglione vecchi arnesi, legati a1l corpo pure con spaghi, somigliavano a tamburelli di zigani. Le armi erano carabine di vecchio modello (mi parvero della fabbrica di Saint Etienne) trasformate in Costantinopoli a retrocarica. Ma mi si assicura che le cartucce di queste armi siano cosi pesanti che ciascun soldato non possa portarne più di 35. Non salmerie, non carri di treni; come hanno fatto in Salonicco, così contano fare nell'interno di requisire cioè i carri delle località ed i cavalli per trasportare quelle tende e coper,te che hanno.

Questi soldati si adagiarono sulle loro coperte in 27 vagoni destinati al trasporto dei bagagli in numero di 23 per vagone. Il battaglione si reca a Mitrovitza sulla ferrovia, e di là a piedi per la loro destinazione.

Era presente alla partenza il Valy insieme al quale tanto io, che il Reggente del Consolato Austro-Ungarico abbiamo percorso tutto H convoglio e fummo testimonj di atti che mostravano la poca disciplina di quella gente.

Il Valy era un po' avvilito, e non ebbe che una sola soddisfazione, che cioè al momento della partenza del treno alcune grida si a<lzarono dai vagoni ed egli ci disse • Sentite come son 'tutti contenti •.

Si attendono tuttora di giorno in giorno di passaggio per Salonicco i tre battaglioni Redif di Serres, Dramma e Ghiumurgina. Un battaglione Redif partì da Uskiup per i paesi insorti; 460 soldati di linea da Monastir, via Kuperly. Un battaglione Redif da Istip, via Uskiup: altri Redif sono partiti da Ipek e da Jacowo; ma come potranno sostenere una guerra di montagna, truppe così male in arnese?

L'opinione generale è che queste spedizioni alla spicciolata non riusciranno ad altro che a dimostrare l'impotenza del Gov,erno.

Secondo quan:to mi fu riferito il direttore austriaco dell'esercizio di questa ferrovia ha dichiarato che se l'insurrezione si estende verso i paesi vicini alla ferrovia, ,egli fa conto di rimettere all'Autorità locale il servizio della linea e di ritirarsi con tutto il personale dell'esercizio.

362

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Therapia, 4 settembre 1875 (per. il 14).

* Oggi il Signor Magazinovitch Agente Diplomatico della Serbia presso la Sublime Porta, recossi a questa R. Legazione, e non avendomi trovato in casa, incontrommi poscia in visita all'Ambasciatore di Francia, ed appena scambiate le presentazioni, disse coglierebbe quella occasione per fare ad entrambi la comunicazione di cui era incaricato da'l suo Governo.

Ci diede primieramente lettura d'un telegramma testè ricevuto da Belgrado, pel quale il suo Governo affermava la recente crisi Ministeriale avvenuta colà non essere stata in verun modo provocata da avvenimenti occorsi fuori di quello Stato, ma bensì da esigenze interne. Ci diede quindi comunicazione d'un secondo telegramma, pel qual,e quel Governo manifestava serie inquietudini a propostto delle truppe che la Sublime Porta stava ammassando intorno al:la frontiera di Serbia, le quali, secondo il suo dire, ammonterebbero fra breve a ben 75.000 uomini, siffatta misura non potendo a meno d'irritare gli spiriti delle popolazioni Serbe, tanto più nel momento in cui stavano per seguire le manovre in quel paese. S'ordinava quindi al Signor Magazinovitch di fare calde istanze presso la Sublime Porta onde C!Uelle truppe venissero prontamente ritirate e di rivolgersi ai Rappresentanti delle Potenze garanti onde facessero pratiche nello stesso senso.

Aggiungeva l'intedocutore essersi a tale scopo rivolto primieramente al Gran Vezir, il quale aveagli risposto nella situazione presente delle cose essere impossibile di rivenire sulle determinazioni prese dalla Sublime Porta, né di arrestarne la completa esecuzione, le simpatie della Serbia per l'insurrezione dell'Erzegovina essersi manifestate non solo in parole ma eziandio in fatti, e

16 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

le misure prese trovarsi quindi pienamente giustificate. Però il Governo del Sultano essere disposto, nell'interesse della buona armonia, a fare la dichiarazione esplicita di non avere alcuna intenzione d'attaccare la Serbia. Né siffatta risposta aveva soddisfatto l'Agente della Serbia * (1).

Proseguiva il Signor Magazinovitch aver indi fatta analoga comunicazione al generale Ignatiew, il quale e,rasi dichiarato pronto ad agire nel senso richiesto. L'Ambasciatore di Germania, parimenti interpellato, avere risposto in modo evasivo, però nutrire qualche speranza del suo concorso. L'Ambasciatore Austro-Ungarico avere dichiarato categoricamente che •era disposto ad aderire alla sua domanda. Quello della Gran Bretagna non avere accolto favorevolmente la richiesta, e so d'altra parte che Sir Henry Elliot gli osservò che a suo avviso la presenza di quelle truppe, invece di essel'e causa di eccitamento potl'ebbe, per avvenrtura, servire di calmante.

Dopo questo discorso l'Ambasciatore di Francia stette un istante sopra pensiero, poi replicò la questione esser troppo grave per dare una risposta immediata, però domandava tempo per meditarvi.

* Io replicai, essendo da poco arrivato, non ero in grado di portar un giudizio sul merito della controversia, senza prenderla in serio esame, però potevo fin d'ora assicurarlo che il R. Governo aveva sommamente a cuore il mantenimento dela pace, e sarebbe quindi dispiacente d'alcuna cosa che potesse turbarla. Nel caso presente stimare che la misura in discorso era troppo grave per che venisse facilmente rivocata.

Terminava il Signor Magazinovitch con dire che se colpi di fucile fossero da siffatta provocazione occasionati, le conseguenze potrebbero esserne sommamente gravi *.

Essendo poscia rimasto solo coll'Ambasciatore, questi mostrossi alquanto contrariato per l'occorso e si manifestò poco disposto a prende·re la responsabilità di fare una comunicazione di tal fatta alla Sublime Porta, nella quale ripugnanza era riaffermato dalle notizie che gli venivano da varii Consolati intorno aMo stato di grave fermento esistente presso le popolazioni Cristiane della Monarchia. E soggiungeva temere che questo incidente non fosse per turbare quell'accordo che erasi stabilito fra tutte Lle Potenze garanti nelle ultime congiunture. Cui replicai non sembarmi che siffatto accordo sarebbe necessariamente turbato anche dal fatto eventuale che alcune fra di esse credessero opportuno di agire presso la Sublime Porta nel senso indicato ed altre si astenessero.

Né dal mio canto mi crederei autorizzato a fare alla Sublime Porta la

grave comunicazione di cui si tratta senza averne ricevuto il previo ordine

dall'E. V. Mi condurrò frattanto colla massima prudenza affine di dar tempo

alla questione di svilupparsi e di tutto avviserò diligentemente l'E. V. Né

veramente l'incidente mi sembra di molta gravi•tà, imperocché l'Articolo 29

del Trattato di Parigi (30 Marzo 1856) contempla bensì il caso d'un intervento,

ma non quello dello invio di truppe nelle provincie adiac•enti.

Però sarò grato se l'E. V. vorrà favorirmi quel:le istruzioni che per avventura credesse del caso.

(l) 1 brani fra asterischi sono editi in LV 22, p. 32.

363

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Therapia, 5 settembre 1875.

Quanto io ti scrissi jeri sull'accoglienza fattami dal Gran Vizir non è che la pura verità. Sia che Sua Altezza volesse dimostrarsi scevro da ogni rimembranza del passato, sia per ragioni politiche, sta di fatto che era evidentemente UIIl partito preso da parte sua di ricevermi con speciali dimostrazioni di cortesia. Né avrebbe potuto meglio riuscire nell'intento.

In quest'affare della Servia io cercherò sopratutto che non si formino i due campi. Vedrò cosa ne dice l'Ambasciatore di Russia col quale non ancora m'incontrai. Checché ne dica l'Agente della Servia a me parrebbe assai grave, nel presenrte stato di fermento che regna in quelle regioni, d'invitare la Porta a ritirare le sue truppe dai confini.

E mentre stavo scrivendo queste linee comparvero assieme gli Ambasciatori di Russia, di Germania e d'Inghilterra. Essi parlarono dell'Erzegovina, della Bosnia, della Servia, e sembrava veramente che la più perletta armonia regnasse fra i tre intel'locutori, tutti desiderando sopra ogni cosa tla pronta pacificazione di quelle provincie. L'Ambasciatore di Russia vedeva bensi netll'invio delle truppe alla frontiera Serba una eventuale provocazione, mentre l'Inglese non lo considerava che come una opportuna misura di precauzione, e l'Alemanno s'accostava piuttosto al primo. Però nessun d'essi pareva desse grande impoclanza all'incidente. Di più potrò trame quando vedrò questi Rappresentanti separatamente.

Domani vado per alcune ore a Pera, ed in seguito scriverotti le mie impressioni sui palazzi dello Stato.

364

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 5 settembre 1875.

Siamo in una fase di sosta, tl'insurrezione nell'Erzegovina fa poco parlar di sé in questo momento, ed anzi si ritiene qui generalmente: che se i vicini Principati s'asterranno dal prender parte attiva alla lotta, facile sarà il compito delle truppe Turche che già colà si trovano in numero a quanto pare sufficiente al bisogno. Non vi parlo della missione pacifica dei Consoli, poiché atll'infuori dei risultati che il fa·tto in se stesso era atto 'a conseguire, poco sarebbevi da speraroe limitato come ne fu il mandato. A questo riguardo però tengo a dirvi, che mi piacque molto il Durando a cui io ebbi a dar qui le necessarie istruzioni, lo credo l'homme à la chose, e capace anche di meglio all'occorrenza. Ma su altro argomento più importante mi permetto di richiamar la Vostra attenzione, e questo si è la posizione a noi falttaci dalle circostanze nella crisi che si sta attraversando; questa almeno a quanto mi pare considerandola da qui non sarebbe tale da pienamente soddisfarei. A me fa l'effetto che se non siamo affatto isolati neppur ci troviamo in compagnia di altri. Averci proprio con loro, i tre Impe·ri mi par chiaro non J.o vogliono. Far la politica dispettosa dell'Inghilterra evidentemente non ci conviene. Attaccarsi alla Francia ci condurrebbe a niente di buono. Quindi con chi possiamo noi intenderei e proceder d'accordo? Ove non ci riesca per mezzo della Germania o della Russia di farci seriamente ammettere nell'alleanza dei tre Imperatori, forzatamente dovremo andar avanti con molta riserva, onde conservar la nostra <libertà d'azione pel momento in cui :l'alleanza dei Tre Imperatori andasse rotta. Ma intanto la nostra posizione mi par assai difficile, in prova del che vi farò notar due fatti che ho qui rilevato. Il primo si è: che mentre i Consoli di Germania, Austria, e Russia si riuniscono a Ragusa per di lì proceder dopo di essersi posti d'accordo col Commissario Turco, alla volta di Mostar; il nostro fu invitato a raggiunger Mostar per la via di Seraievo, cioè tutto solo, poiché i Francesi a quanto pare s'accorsero in •tempo del tiro e spedirono pur il loro via Ragusa. Mentre si era ancor in tempo di riparare, tastai il terreno qui, e potei constatare che non si desiderava il nostro Console giungesse cogH altri a Mostar. Ciò non di meno vi telegrafai la cosa a Roma, ma stante la vostra assenza non potei aver risposta che mi giungesse in tempo da cambiar l'itinerario, a quanto in allora seppi concertato a Costantinopoli. Confido il Durando se la caverà quand méme, ma certo questo cattivo principio non gli avrà facilitato la sua missione. Altro fatto. Parlando ieri con Hofman, Egli mi disse aver avuto poco prima notizia che i Consoli a Scutari d'Italia e di Francia, si erano recati a Cettinje per raccomandar anche J.oro a nome dei rispettivi Governi a quel Governo Principesco, di astenersi dall'ajutar in modo qualsiasi gli insorti della vicina Provincia. Ciò detto, quasi senza transizione Egli compiangeva quel Principe che trovavasi così esposto a ric·ever successivamente consigli da tutti, di maniera ad esautorarlo in faccia ai suoi poco sottomessi sudditi. Dal suo modo di parlar chiaramente appariva, che il Gabinetto di Vienna o personalmente il Barone Hofman poiché difficile è sempre l'apprezzare quando Egli è l'interprete dei sentimenti del Conte Andrassy e quando no, non aveva veduto di buon occhio quella nostra azione sul Montenegro concertata colla Francia. Naturalmente io scivolai sull'incidente, mancandomi i dati per intavolar una discussione, e primo fra questi, la certezza che effettivamente il R. Console a Scutari avesse avuto la missione di cui si trattava. Nel riferirvi auesti incidenti in uno cogli apprezzamenti da essi suggeritimi, non mi trovo in grado d'esprimervi un parere, sul modo d'evitar che altri consimili inconvenienti abbiano a ripetersi, poiché se in tutta questa faceenda Vienna è un importante posto d'osservazione, non è però un centro d'azione. In questo momento chi mi fa l'effetto di tener in mano il filo che tutto mette in moto si è l'Ignatiew, mi lusingo quindi, che molte cose per quanto ci riflette, verranno messe sulla buona via colla presenza a Costantinopoli di Corti colà giunto ieri l'altro, poiché per quanta abilità possa avere un Incaricato d'affari, egli sarà sempre ridotto a zero se avrà che fare con Ambasciatori.

Ho veduto dai giornali che vi trovavate a Milano H 2 del corrente, ad ogni modo Vi spedisco questa lettera a Roma da dove spero ve la faranno tenere.

365

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 420. Parigi, 6 settembre 1875, ore 15,45 (per. ore 21,20).

J·e prie V.E. de répondr,e au président du conseil que Rotschild accepte sa proposition et sera le quinze à Lucerne. Il prie M. Minghetti de lui indiquer l'hotel où descendra Sella.

366

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1509. Berlino, 7 settembre 1875 (per. il 10).

Il Signor Conte de Launay mi avvertì di avere a suo tempo informato da Wiesbaden l'E. V. che, prima di ritornare al suo posto, egli si recava per alcuni giorni in !svizzera.

In questo frattempo, l'attitudine ufficiale del Gabinetto di Berlino non ha presentato nulla che fosse degno di essere specialmente notato. Questo Governo continua ad osservare il suo sistema di massima riserva, aspettando il risultato dei messaggio che i ConsoH esteri debbono recare agli insorti dell'Erzegovina, e delle proposte che sarà per fare a questi ultimi il Commissario speciale delega,to dalla Sublime Porta in quella provincia.

Però, per chi è avvezzo a tener conto del significato che, qui più che altrove, hanno le manifestazioni dei giornali bene accetti al Governo, merita attenzione ciò che si stampò appunto in questo intervaHo di aspettazione. Discutendo le eventualità cui darebbe luogo la resistenza degli insorti ai savii consigli che saranno loro diretti, questi fogli. vennero gradatamente ammettendo la possibilità del caso in cui fosse per dhnenire necessario un intervento armato dell'Austria nella Erzegovina. Una tale necessità si sarebbe imposta, qualora la Serbia ed il Montenegro facessero causa comune cogli insorti. Si pretese in seguito che H punto d'appoggio, la radice del movimento insurrezionale erano da ricercarsi, non nell'Erzegovina, ma per l'appunto nella Serbia e nel Montenegro. In altri termini, qui si volle famigliarizzare la pubblica opinione all'idea di un intervento armato dell'Austria nell'Erzegovina, intervento la eventualità del quale doveva evidentemente essere stata preveduta e regolata di comune accordo fra le tre Potenze del Nord.

Mi risulta che siffatto atteggiamento deHa stampa stupì non poco e produsse una impressione tutt'altro che favorevole sulla Russia, cui importerebbe invece seriamente che si mantenga lo status quo, e che le tre Potenze si accontentino di impedire maggiori complicazioni in Oriente, ottenendo per l'Erzegovina delle solide guarentigie di buon governo. Ed ora la medesima stampa di qui modifica gradatamente il suo contegno, facendo valere soltanto l'im

portanza di dare all'Erzegovina una certa autonomia amministrativa, che ne guarentisca la quiete.

Stante la somma circospezione che questo Governo mostra ufficialmente, si attribuì maggior signi:Eicato a siffatta evoluzione della stampa a lui devota, ed è perciò che stimo di doverla, io pure, segnalare all'E. V. E' lecito dedurre che l'accordo delle tre Potenze non va per ora più in là di un programma che si può chiamare negativo, oltre il quale la discordia non tarderebbe forse a far capolino.

Ringrazio •l'E. V. dei documenti diplomatici che mi pervennero jer l'altro, ed ho l'onore di restituire qui compiegato, dopo averlo firmato, il foglietto che li accompagnava.

367

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 45. Pietroburgo, 7 settembre 1875 (per. il 13).

* Il Journal de Saint Pétersbourg pubblica oggi, in risposta ad una corrispondenza di Costantinopoli dell'Agenzia Havas, un breve articolo che parmi degno di nota e mi affretto perciò a •trasme·tterlo qui unito aH'E.V. (1).

Il Governo Imperiale rivendica l'iniziativa da esso presa nell'azione diploma.Uca che si sta svolgendo in Oriente e ne definisce lo scopo.

Queste dichiarazioni sono del resto conformi a quanto mi disse il Barone Jomini nelle diverse conversazioni che ebbe con me * (2) che riferii a V. E. coi precedenti miei rapporti.

Le notizie del teatro dell'insurrezione· sembrano più favorevoli ai Turchi e si crede ora che l'azione dei Consoli avrà ben poca occasione di esercitarsi.

Il Barone di Jomini mi diceva oggi, confermandomi tali notizie, essere più che mai necessario d'insistere presso ·la Porta onde ottenere delle serie migliorie nell'amministrazione.

Il cambiamento del Ministero Ottomano non fu considerato sfavorevolmente qui e da quanto parmi di rilevar·e l'attuale Gran Vizir sarebbe abbastanza accetto al Gabinetto Imperiale.

Il Barone Jomini mi disse poi che le notizie di Belgrado ·erano più rassicuranti e che i nuovi Ministri sembravano volersi arrendere ai consigli della prudenza. Per parte sua il Gabinetto Imperiale non av·eva tralasciato un sol momento di usare di tutta sua influenza per mantenere la Serbia nella neutralità.

S.M. >l'Imperatore partirà il 12 settembre/31 agosto per Livadia dove dicesi si soffermerà a tutto novembre.

(l) -Non si pubblica. (2) -I brani fra asterischi sono editi in LV 22, p. 31.
368

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1510 Berlino, 9 settembre 1875 (per. il 12).

Jeri si ricevette qui il sunto >telegrafico dell'articolo del Journal de Sainr: Pétersbourg, nel quale viene affermato che l'iniziativa dell'intervento diplomatico a Costantinopoli per gli affari dell'Erzegovina fu presa dal Gabinetto russo, il quaile lo promosse sulla base del mantenimento dello status quo, con l'adozione di riforme che valgano ad impedire il ritorno periodico di torbidi. Pur rimanendo entro i confini della stampa ufficiosa, è questa una rettifica categorica delle voci di intervento armato, che ebbi l'onore di segnalare all'E.V. nell'ultimo rapporto politico.

Parlai con il Segretario di Stato di siffatte voci di intervento armato, che si erano fatte strada nei giornali. Il Signor de Biilow mi rispose non essere queste che delle dissertazioni giornalistiche, di cui non occorreva occuparsi. La Germania, la Russia e l'Austria-Ungheria erano in perfetto accordo fra loro. Le cose prendevano buona piega. Il Principe del Montenegro teneva in freno la popolazione del suo paese: e si doveva sapergliene grado, stante le gravi difficoltà della sua posizione; il Signor de Bi.ilow aveva fatto notare ciò a questo Ambascia,tore Turco, il quale gli avea chiesto se era esatto che il Principe Nicola avesse dichiarato di non poter durare più oltre in una neutralità, così opposta alle aspirazioni del suo popolo. In Serbia, il Ministero attuale era meglio d'ogni aUro in grado di mantenere le promesse date di neutralità, perché composto di uomini che hanno la maggior autorità sul partito Serbo d'azione. Certamente, soggiungeva il Signor de Bi.ilow, questo stato di cose, in virtù del quale pare che a Costantinopoli si vegga ora tutto in color roseo, non potrebbe protrarsi senza grave pericolo per le provincie finitime dell'Erzegovina. Per esempio, secondo i rapporti che pervengono a Berlino, la Bosnia, senza che vi sia scoppiata una vera insurrezione, sarebbe in grande fermento: uccisioni, incendi, interruzione delle vie di traffico, e disordini di ogni genere.

Nel corso della conversazione, osservai che queste indicazioni non parevano tali da giustificare la buona opinione del Segretario di Stato sull'andamento delle cose nell'Erzegovina. Si è d'accordo per fare assegnamento sulla neutralità del Montenegro, ma ail tempo stesso si ammette che non ci si può contar sopra per un pezzo. Quanto al Ministero Serbo, è da prevedere evidentemente che gli uomini i quali lo compongono non potl:'ebbero, senza perdere ogni autorità, contenere a lungo 'le aspirazioni del partito cui appartengono e che costituisce 1la loro forza. Se pel:'tanto gli insorti non cedono alle esortazioni dei consoli esteri, .se alla peggio prolungano nelle montagne una lotta che non saranno forse abbastanza forti per continuare in campagna aperta, a che si risolveranno le tre Potenze del Nord? L'inrtervento armato non sembra far parte del loro programma. Si pensa forse ad una conferenza diplomatica,

come si va ora qua e là dicendo?

Trinoerandosi neHa solita riserva, il Segretario di Stato, non volle punto entrare a discutere su questo argomento. Senza ammettere, né smentire, che si possa ricorrere eventualmente ad una conferenza, egli mi ripeté sempre che giovava sperare si riuscirebbe ad accomodare ogni dissidio senza ricorrere ai grandi mezzi: •e ciò, grazie alle gua!'entigie che questa volta la Sublime Porta darebbe seriamente di utili riforme per una buona amministrazione della Provincia insorta.

In conclusione, giova notare che qui si persiste ufficialmente in una fiducia sistematica, malgrado lo svolgimento di fatti i quali sinora non sembrano volerla giustificare pienamente.

Il Signor de BiHow aggiungeva ancora, come sempre, che sperava si sarebbe continuato a procedere d'accordo con l'Italia.

Questo Ambasciatore di Turchia dovett·e interrompere il congedo di cui approfittava da pochi giorni sol-tanto, ed è ritornato ad occupare il suo posto a Berlino. Naturalmente egli tasta il terreno, per scoprire se ·esista un germe di qualche screzio fra i ·tre Imperi del Nord.

Il Segretario di Stato procurò jeri di togHergli simile illusione, dichiarandogli che il Gabinetto di Berlino era nella più assoluta conformità di idee con entrambi i suoi più intimi alleati. Al che, Aristarchi-Bey si >limitò ad osservare in tuono interrogativo, che siffatto accordo era certamente favorevole alla Turchia: e ne ebbe, bene inteso, la assicurazione. Discorrendo della attitudine delle varie Potenze e delle singolari mani:flestazioni della stampa inglese, l'Ambasciatore di Turchia mi accertò che Lord Derby aveva fatto dichiarare nel modo il più esplicito che J'Inghilterra non si sarebbe punto scostata dalla sua politica tradizionale in Oriente: •e che, se si era associa·to ora alla mediazione delle altre Potenze, il Gabinetto di Londra lo aveva fatto per aderire al desiderio espressogli dalla Sublime Porta.

369

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 396. Vienna, 10 settembre 1875 (per. il 13).

Sebbene le notizie che Qui si hanno dello stato delle cose nella Bosnia

e nell'Erzegovina siano sempre ancora molto contraddi-ttorie, pur non di meno

si può con quasi certezza constatare, che l'insurrezione in quelle provincie è

prossima a finire, e che se aualche moto parziale ancora vi si verificherà,

meglio che ribellione brigantaggio si potrà chiamare. Così troverebbesi appia

nata una prima fase della crisi che attraversiamo, ma, a mio avviso, una

seconda non meno difficile resta a superare, e auesta consisterà nel trovare

il rimedio atto a fare sì, che per un certo lasso di tempo almeno, quelle con

vulsioni più non abbiano a ripetersi.

A questo riguardo ho ogni ragione di credere che l'Austria-Ungheria sia

fermamente risoluta ad agire energicamente in Costantinopoli, affinché si intro

ducano nell'amministrazione di quelle Provincie, serie e radicali riforme, mercé

le quali, le persone e gli averi di quei Cristiani trovino d'ora in avanti presso la Sublime Porta, quel rispetto e protezione che ogni Governo deve ai suoi sudditi. Ciò dicevami ieri il Barone Hofmann, soggiungendomi, il Governo Imper~ale e Reale ~essere persuaso che in tale ordine di idee il Gabinetto di Roma non gli sarebbe venuto meno. Sta di fatto che :]'Austria-Ungheria non ha desiderio di sorta di annettersi nuov,i Slavi. L'attuale suo Governo anzi rifugge in modo assoluto da tali annessioni. Esso farà dunque ogni possibile sforzo, affinché una tale eventuali:tà accarezzata dai suoi avversari, più non si presenti per quakhe tempo come una necessità ineluttabile. Conviene d'altronde tener conto delle ingenti spese che la presente insurrezione causa all'Austria-Ungheria, dovendosi fin d'ora provvedere al mantenimento di più di 40.000 emigrati, e facilmente si capirà come si desideri a Vienna un simile stato di cose non abbia

a ripetersi sì presto.

Siccome telegrafai oggi all'E.V., il discorso del Principe Milano all'apertura

della Skupschtina produsse piuttosto buona impressione qui. In tale senso espri

mevasi meco testé il Barone Hofman, constatando egli, che nelle parole al

meno, il Signor Ristich manteneva i pacifici impegni presi; non mancava però

al ~tempo stesso di dire che sarebbe desiderabile, che anche nei fatti la Serbia

impiegasse ogni mezzo onde non dare appigli ai reclami della Turchia, mentre

invece è pur troppo constatato, che forti bande Serbe continuano ad invadere

dalla frontiera del Principato i:l vicino territorio Turco.

Notizie ricevute stamane all'Ambasciata Russa darebbero indizio che l'opera

mediatrice dei Consoli troverà propizio terreno p11esso gli insorti; sebbene que

ste informazioni siano per ora più congetturali che altro, ciò non di meno ho

creduto riferirle all'E.V. stante la fonte da cui p-rovengono.

370

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Mostar, 10 settembre 1875 (per. il 19).

* Arrivai in Mostar il 6 del corrente quasi nel momento stesso col delegato di Francia: e così il numero dei delegati fu completo. Tra essi si ~tennero poi alcune riunioni; e se bene tutti dichiarassero di essere muniti di identiche istruzioni, nei più si aveva differente pensare sul modo di eseguire l'incarico. Si voleva da alcuni che sempre mantenendo il carattere e l'azione separata e individuale, i Delegati dovessero presentarsi agli insorti a un tempo, onde produrre maggiore impressione. Altri fondandosi sul carattere individuale voleva che ciascun Delegato per suo conto e isolato viaggiasse e operasse. Infine sulla proposta dell'Austriaco si decise di dividerc~i in due gruppi, onde accelerare la missione * (1).

Si tendeva dapprincipio dai Delegati delle Potenze del Nord a formare un gruppo a parte. Io feci osservare in privato e separatamente al Russo e al Te

desco che una siffatta divisione poteva dar luogo a sfavorevoli impressioni, che tendeva a costituire come un antagonismo regionale, quasi una separazione di interessi allorché identico era il mandato. Allora fu proposto di mescolare, per così dire, gli elementi; e si stabilì che l'Inglese, il Francese e il Russo si recassero ad oriente dell'Erzegovina per Nevesigne; e il Tedesco, l'Austriaco e l'Italiano ad occidente per Popovo Polje, e Trebigne con l'appuntamento in Stolaz come luogo di riunione. Ma non sono sicuro che tal decisione sia irrevocabile. Tra alcuni De~egati del Nord parmi scorgere una svogliatezza e un imbarazzo per un'azione concorde ed efficace, per quanto lo comporti la difficoltà e la novità del mandato sì e come fu inteso: parmi scorgere dl desiderio di agire piuttosto uniti tra essi, e nel senso più di una inchtesta che di un lavoro di pacificazione. Ma su questi apprezzamenti avrò l'onore di ritol'nare più tardi quando avrò esaminato più a lungo l'attitudine dei diversi Delegati.

* Sia in Bosnia che in Erzegovina ho trovato gli animi gravemente turbati. Lo stato dei cristiani è miserando. Il fanatismo mussulmano ecci·tato all'eccesso da innumerevoli Ulema arabi che si aggirano dappertutto; e se il Governo non vi pone riparo, avverranno tristi fatti.

L'insurrezione da alcuni giorni non pare progredire; ed è anzi in cadma. A mano a mano che arrivano le truppe regolari si accantonano nei iluoghi più importanti, ed in tal modo il Governo riprende il paese. Gli insorti non tentano opporsi, continuano a tenersi sulle alture, e appariscono solamente nei luoghi sguerniti. lvi se possono predano e abbruciano e spariscono. Il militare desidera la guerra; e desidera portarla in Serbia; gli impiegati in generale pure; perché con lla guerra avvi a guadagnare. Il Commissario Ottomano fa sforzi per rappacificare: pubhlicò l'aUro jeri un proclama invitando a rientrare nelle case, a riprendere le ordinarie occupazioni ·e promettendo di ascoltare i lagni e far ragione alle giuste domande.

Se si dovesse giudicare dall'effetto prodotto in Mostar, poco avrebbe il Commissario Imperiale a sperare. Qualsiasi promessa del Governo turco è accolta dai Cristiani in tutta diffidenza; pe·rché, siccome ebbero a dirmi i capi delle Comunità nella visita che mi fecero al mio arrivo, non si chieggono riforme e migliorie ma solamente che si applichino le leggi che esistono per quanto imperfette esse sieno.

Il vescovo cattolico e l'ortodosso mi vennero a fare l'istessa dichiarazione; e dissero che l'oppressione era giunta al segno da non potersi più sopportare. E sui lamenti dei cristiani io avrò l'onore di riferil'e particolarmente a V. E., quando mi sarò accertato io stesso sulla verità loro.

Quanto alla riuscita dehl'intrapresa dei Delegati d'Europa il dubbio è generale; dubbio diviso ancora più fortemente dai Dclegati stessi. Io non entrerò certo a discutere la ragione del mandato affidatomi. Ho ricevuto un ordine, ed è mio dovere di eseguirlo precisamente. Ma parmi potere fin ora rHerire che la materiale difficoltà di eseguirlo, e la contraria attitudine di alcuni Delegati ne rendono affatto problematica la riuscita. Parimente si tratta di recarsi dagli insorti. Ove sono essi? Dappertutto e in nessun luogo. Nessuna autorità civile e militare ci ha fin ora saputo indicare dove poterui trovare. Ed è questa una caratteristica circostanza di coteste Autorità ottomane: al punto che in Serajevo non sanno ciò che si fa in Mostar né alla frontiera serba che pure è a poca distanza; ed in Mostar s'ignora ciò che succede a Nevesigne che non dista dieci ore di cavail.lo. Vuolsi dippiù? Da più di dodici giorni è rotto il telegrafo per Costantinopoli sulla via di Novibazar, e nessuno ne sa il perché. Forse che gli insorti occupino quella strada? Chi lo sa, risponde imperturbabilmente il governatore. In secondo luogo se malgrado la novità del mandato i Delegati si presentassero riuniti agli insorti, forse potrebbero esercitare un'azione efficace; ma divisi il loro operato mancherà di quella solennità che su popolazioni incolte fa impressione. Tolta questa solennità non rimane che una dichiarazione alla quale gli insorti potrebbero rispondere (e vi ebbe chi già ce lo fece intendere),

• non abbiamo chiesto soccorso da nessuno •.

Egli è in tale situazione di cose che i due gruppi dei Delegati si preparano a partire dopo domani (12 corrente) alla ricerca di insorti, e ciò che è più difficile, dei capi degli insorti.

Io chieggo a V. E. affinché mi voglia concedere venia se io oso inviarle un. rapporto scritto così male, e redatto di primo getto, ma il tempo mi manca a copiarlo al netto; e poi il luogo poco confortevole ove scrivo, il mobile informe che mi serve di tavolo non mi permettono di fare meglio.

P. S. Dal Delegato di Russia mi viene confidenzialmente comunicato che il numero totale degli insorti non oltre·passa i cinque mille. Io lo credo ancora esagerato. Il Valì mi disse oggi che sono otlrtre cento i villaggi incendiati dagli insorti. Ma il vescovo ortodosso mi assicurò che due terzi lo furono dai Mussulmani per rappresaglia.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, pp. 34-35.

371

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 124. Scutari, 14 settembre 1875 (per. il 23).

Il giorno 3 corrente·, come avevo l'onore di annunziare all'E. V., partivo alle 5 a.m. insieme al Console di Francia per Cettigne, ove (causa i venti contrarj sul lago e le difficoltà successive della strada fatta più aspra per tl'oscurità della notte) non si giunse che alle 10 di sera.

L'indomani S. A. H Principe riceveva in udienza dapprima il Console di Francia giunto il primo in quella residenza e poi me.

Io dissi a Sua Altezza che il Governo di Sua Maestà preoccupato delle difficoltà sor:te in Oriente univa presso tl'Altezza Sua i suoi consigli a quegli degli altri Governi pel mantenimento della pace: aggiunsi che la missione rice·vuta era a me, agli Agenti Esteri tanto più agevole in Quanto che l'A!ltezza Sua era entrata in questa via della prudenza e della moderazione; che la sua autorità morale presso il suo popolo aveva, e ne lo felicitavo, dominata la situazione e che Ja lealtà Sua era garante che in essa via si sarebbe mantenuto; osservai che in tal modo Sua Altezza si cattivava le simpatie dell'Europa interessata alla pace, che l'av.er l'Altezza Sua data questa novella prova della sua deferenza ai vorti ed alle utilità dell'Europa, questo riconoscere i doveri che impone il diritto pubblico apriva più facilmente l'adito al Suo paese onde se gliene accomunas

sero le ragioni ed i privilegj, e finalmente che la voce dell'Altezza Sua sarebbe

stata più autorevole ed accetta in favore delle popolazioni alle quali l'Europa

in queste circostanze rivolge le sue cure.

Sua Altezza mi rispose ch'Egli era riconoscente al Governo di Sua Maestà delle comunicazioni che per mio mezzo gli faceva e che consuonavano coi consigli datigli dagli altri Governi, consigli dei quali apprezzava il valore, la portata e la benevolenza; mi espresse la sua gratitudine ·e la fiducia sua nell'Italia e nel Governo del Re; mi aggiunse quanto fosse difficHe la sua posizione così in rapporto aLle aspirazioni ed alla storia del Montenegro per cui la guerra alla Turchia fu sempre popolare ed unico scopo, come in rapporto ai paesi insorti che nel Montenegro riponevano le loro speranze; affermò che anche questa volta volle dar prova della sua deferenza agl'interessi generali e che sentì l'obbligo di concorrere con tutto il suo potere allo scopo che l'Europa si propone e che sebbene il mantener ·Ja pace gli torni difficile lo farà schiettamente; che il suo popolo gli è devoto, che è un popolo ligio e confidente nel suo Principe; che perciò egli poté adottare seve!'e misure contro quelli che erano usciti od intendevano uscire dalla neutralità proclamata, e nella quale egli persevererebbe lealmente seppure nuove circostanze non lo forzassero ad uscirne -che sapeva grado aU'Europa dell'appoggio morale datogli onde possa compiere più agevolmente la sua missione presso il suo popolo e finalmente che aveva ragione di sperare nella giustizia dell'Europa stessa in favore così dei popoli consanguinei al Montenegro come in favore del Montenegro che è fattore di pace e di ordine, notò del resto aver dato alla Sublime Porta replicate assicurazioni e prove del suo :flermo proposito di mantenere· la neutralità come guarenzia di pace europea.

Nelle ulteriori conversazioni, poi, e quasi in amichevoli discorsi in cui ed a varie riprese piacque all'Altezza Sua d'intrattenermi ebbi spiegazioni della frase che accentuò delle • circostanze che potessero far uscire il Principato da quella via di prudenza e di moderazione ch'egli si tracciava » e se mal non m'appongo sono tre: I) ove la rivolta si estenda ed invada la Bulgaria; 2) se la Turchia minaccia il Principato; 3) se la Serbia rompe guerra.

Quest'ultimo caso ogni giorno si fa men probabile, ma in quell'ora pareva che ad ogni momento la Servia dovesse correre alle armi: il sentimento nazionale (e più, si permetta notarlo, l'interesse dinastico) possono fare a Sua Altezza un obbligo di non lasciarsi sopraffa!'e dalla rivale Dinastia degli Obrenovich.

Il primo caso era pur ritenuto come una probabilità e si parlava di bande che scorrazzano nella Bulgaria e che s'aggirano pei Balkani; le recenti notizie non danno ragione di credere alla gravità di quel movimento.

Della seconda probabili:tà il Principe mi tenne discorso mostrandosene preoccupato e mi espresse il dubbio che alla Turchia non venga H ghiribizzo di assalire il Montenegro dopo che avrà ricomposte le cose della Bosnia e dell'Erzegovina: io allontanai tale probabilità colla considerazione dello stato economico della Turchia, dello stato politico in cui sarà all'uscire da questa lotta, colla considerazione che non vorrà con improrntitudini e provocazioni perdere il vantaggio dell'appoggio ottenuto dai varj Governi, finalmente colle considerazioni di giustizia poi soggiunsi: • del resto l'Austria avrebbe in tal

caso un novello Conte Linange in riserva poiché panni che le è necessaria o per lo meno utile la barriera del Montenegro •.

A questo propostto il Principe mi disse che i suoi amici gli ,avrebbero reso giustizia in Europa, presso i varj Governi per la lealtà della sua condotta e per la neutralità osservata e che in tal senso :dferivano e non avrebbero mancato di riferire ulteriormente i suoi amici il Barone Rodich 1ed il capo politico di Cattaro.

E sempre in questi ragionari che direi amichevoli Sua Altezza mi parlò vagamente delle sue speranze direi piuttosto dei suoi voti che sono sempre (e me li aveva già espressi l'anno addietro) di scendere nei piani dell'Albania, a Scutari, di estendersi al Drin, di vestituire, diciamo, il Principato delle due Zante come si chiamò in addietro quello della famiglia Cermowitz e Balsal.

In quest'idea accarezzando quest'illusione, il Principe mi chiese se il Governo di Sua Maestà abbia ~li occhi rivolti all'Albania per impossessarsene all'eventualità, per farne una colonia; risposi ch'io non conosco altramente le intenzioni del Governo; ma ch'io cvedo ch',esso non abbia nissuna volontà di conquiste né idee ambiziose di sorta, che all'Italia la sola cosa che possa star a cuore è la libertà dell'Adriatico e dell'Ionio e la libertà della strada commerciale tervestre da Costantinopoli, gli scali de'l Mar Nero (come scali del commercio dell'estremo Oriente) e l'Europa occidentale.

Ma riputai conveniente di togliere l'Altezza Sua all'illusione d'una restaurazione del Principato delle Due Zante che vagheggia, ed osservai come quest'annessione sarebbe stata difficile per l'ostilità della gente albanese: ricordai che quest'ostilità, viva in addietro quando H Principato esisteva, si farebbe ora ineluttabile e che un'·espansione da questa parte difficile per altre considerazioni sarebbe stata respinta dagl'Albanesi.

In ordine alla sua condotta nell'attuale conflitto il Principe mi disse che agl'Erzegovinesi rifuggitisi nel suo territorio prima dell'insurrezione, i quali poscia la provocarono, av·eva dato serj consigli di non abbandonarsi a moti intempestivi esortandoli invece a rivolgersi a lui ove fossero perseguitati dalle Autorità turche; notò che aveva permesso il libero passaggio a traverso il Principato alle vettovaglie per l'esercito Ottomano; mi disse di aver dato energici provvedimenti per impedire ai suoi sudditi di varcare Ja frontiera, e seppi quindi che a parecchi i quali disubbidirono all'intimo vennero confiscati i beni, gli annenti, 1le case; mi aggiunse che in quei giorni appunto, essendo scoppiata la rivolta dei Vassovichi e dei Berani, i1l battaglione ch'era mobilizzato alla frontiera, testimonio della lotta e delle crudeltà turche piangeva di rabbia per non poter, secondo gli ordini da Esso dati, prestar aiuto ai Cristiani; m'assicurò che oltre la frontiera non vi sono che 450 Montenegrini al più; che della verità di questa cifra rispondeva cona sua parola ed affermò recisamente che fra gl'insorti non v'ha alcuno della sua famiglia, come n'era corsa voce.

Sua Altezza parlò eziandio della guerra combattuta e del carattere di ferocia ch'1essa ha: i Turchi, disse, uccidono, bruciano, distruggono: i Cristiani li pagano a misura di carbone: l'Erzegovina è un deserto e per lunga pezza non basterà a mantenere quelli che ritorneranno agl'abbandonati abituri.

L'insurrezione era in quei giorni nella fase ascensionale gli insorti tenevano la campagna, bloccavano Niksich, avevano presi ed arsi 64 blokhaus, fatti

molti prigionieri (e cinque s'erano rifugiati a Cettigne) conquistate armi e munizioni, in sostanza erano in condizioni non sfavorevoli sebbene avessero perduto il Monastero di Dusi ed avessero abbandonato il blocco di Trebigne. Nondimento il Principe non si faceva illusione di sorta sull'esito della campagna.

In sostanza il Principe non poteva essere né più aperto, né più schietto, né, permetta che lo dica, più cortese verso di me, cui volle dare prove replicate di benevolenza, e finalmente conferirmi la commenda dell'Ordine, di Danilo I.

Il Principe accennando alle difficoltà della situazione degli Erzegovini avvertì che Ja dissensione s'era messa fra i capi degli insorti e che la riunione dei capi indetta in Kossirevo non aveva avuto luogo.

Mi accennò parimente agl'italiani che combattono nelle file degli insovti e rese encomio al loro valore; al o.ual proposito mi venne raccontato che assediandosi un blokhaus, un giorvane nostro connazionale presa una cassa di dinamite corse sotto la moschetteria nemica onde buttar quella cassa, da una finestra, nel forte: la dinamite non s'accese: il giovane dopo compiuto l'atto valoroso poté ritornare illeso, fra le palle nemiche.

Il Principe mi aggiunse che quest'insurrezione gli costa molto danaro:

• avant'ieri ancora, disse, spedii pel battaglione alla frontiera di Vassiovich 800 ducati (circa 9 mila franchi) perché, soggiunse non senza malizia, non si mantiene altrimente in freno un paese, una truppa... •. E narrò che nel Montenegro cercarono ricovero circa 3 mila emigranti, vecchi, bambini, donne ai quali provvede -e molti armenti furono condotti, ch'egli fece distribuire fra i suoi sudditi obbligandoli a mantenerH per conto degl'Erzegovesi, ma, notò, le risorse sono scarse tanto più che il ricolto fu e sarà (quello del formentone) mediocre e per soccorsi si è diretto all'Austria ed alla Russia daille quali se ne ripromette.

Quelli che avvicinano il Principe parlano tutti in ugual senso delia convenienza di mantenere la neutralità e di tenersi lontani dall'attuale conflitto.

Uno dei più capaci e dei più illustri funzionarj mi disse addirittura ch'egli faceva voti perché Ja Turchia entri nella Serbia donde s'attizza l'insurrezione -uno dei capi del Montenegro cui per tastar H terreno sottoponevo accademicamente la quistione • o.uali sarebbero le conseguenze d'un'intervenzione della Serbia? • mi rispondeva • che cosa volete che facciano quei porcaj (sic)? sono da 40 anni disavvezzi alle armi, nella lunga pace si sono tutti arricchiti e fatti dappoco •. Nelle classi alte dunque o per deferenza al Principe o per convinzione v'è il pensiero della neutraJità, dell'astensione, nelle classi inferiori la riverenza al Principe comanda la neutralità, l'astensione, sebbene il popolo non si possa dar ragione della medesima.

Il Montenegro poi non mi parve che abbia affetto 'e stima per la Serbia: le

due Dinastie sono, se non avversarie, rivali comecché nel concetto dell'Impero

Serbo, del rinnovato Impero Serbiano concorrono e la Dinastia del Montenegro

e quella della Serbia; ma il Montenegrino sente di sé più fieramente e sprezza

il Serbo in sostanza fra i due paesi vi sono le rivalità solite, le inimicizie, le

discussioni.

Quando lasciavo Scutari per recarmi a Cettigne già mi ero proposto di ritornare per Cattaro ed Antivari: mi muoveva a questa risoluzione non tanto

il desiderio di non ricalcare per la quarta volta lla brutta strada di Rieka e di non ritentare la navigazione del lago quanto quello di attraversare il Montenegro, di rendermi ragione dello stato del paese, di veder Cattaro uno dei centri maggiori donde l'insurrezione riceve forza e soccorsi.

Perciò •tre giorni dopo il mio arrivo in Cettigne presa licenza dal Principe partii per Cattaro ove non tardai a vedere, a rivedere amici antichi, slavi, aderenti dell'Omladina e non aderenti.

Nel viaggio a traverso il Montenegro nulla mi lasciò intravvedere alterata menomamente l'abituale tranquillità: non vidi accolta di armati, vidi ila popolazione data ai lavori ordinarj, anzi non darsi per intesa della guerra.

Tuttavia il Montenegro si è pveparato -tutto è pronto : le munizioni ed i fucili furono distribuiti, nuove linee telegrafiche vennero stabilite; in una parola il Montenegro è portato alla guerra, altla difesa, atll'offesa.

Fui a Cattaro due giorni per aspettare H piroscafo del Lloyd che doveva trasportarmi in Antivari.

In quella città, in quel distretto che si dice delle Bocche vi sono due correnti di opinioni. Gli autonomi sono slavi contenti della libertà che godono, austriacizzanti, anzi fanatici di austriacismo, massime dopo la V1isita dell'Imperatore, cattolici per la maggior parte e fanatici pel cattolicismo, non vedono di buon occhio l'insurrezione e l'a~rsano; essi non vogliono staccarsi dalla Cisleitania, non vogliono l'impero Serbo, non istruzione obbligatoria slava; sono contenti della loro sorte, accettano la lingua ~taliana obbligatoria come quella che è lingua letteraria e lingua dei rapporti e·steri e deHe relazioni internazionali; non amano né l'Impero slavo, né staccarsi dall'Austria che per essi (ed in parte han ragione) è come disse per l'Ungheria un illustre pubblicista il ponte \l.evatojo coll'Europa. Al contrario i nazionali proscrivono la lingua italiana più per patriottismo che per coscienza, più per vanità nazionale che per sentimento od utilità, sono ortodossi in generale e sognano (quod Deus auferat!) il Grande Impero slavo composto di tutti i paesi jugo-slavi. Questi fomentano l'insurrezione e la soccorrono di uomini e di danari. Così è in tutta J.a Dalmazia. Cattaro è città slava, ortodossa nella sua maggioranza e perciò favorevole all'insurrezione: sono poi vieppiù favorevoli le Tribù del contado avvezze alle armi, a vita dura, educate nell'odio ai Turchi confinanti. Nella città l'ardore del combattere è minore e la pove·rtà poi fa che i soccorsi non sieno riguardevoli.

La mattina del 9 corrente tlascio Cattaro, vedevo dal ponte del piroscafo i ruderi di due belle caserme turche bruciate dagl'insorti, alla Sutorina; ammiravo la situazione, e le stupende fortezze, torri massimiliane, ridotti, che incrociano i loro fuochi all'entrata del golfo o canale bellissimo e giunto in Antivari alle 2 p. m. la notte stessa dopo un viaggio disagiato di 10 ore a cavallo ritornavo a Scutari ove mi pareva tanto più doveroso di far pronto ritorno in quanto che non siamo, in paese, ed in questi momenti, altri Consoli fuorché quello di Francia ed io.

Il Principe· mi aveva incaricato di assicurare il Pascià Governatore di Scutari sulla sua condotta e sulla neutra•lità del Montenegro: esposi ciò a S. E. nella visita che Le feci e S. E. ch'era del resto, pei fatti, convinta che Sua Altezza teneva condotta prudente e corretta non tardò ad esserne persuasa e mi assicurò che aV!'ebbe in tal senso riferito alila Porta.

Assicurazioni uguali a quelle ch'io ricevetti ebbe in moao meno espai<sivo il mio colLega di Francia il quale pure ebbe dal Principe invito di esporre al GoVIernatore di Scutari quale sia 'la sua condotta.

Il Governo Inglese non fece, se sono bene informato, a~ P~incipe in queste circostanze alcuna comunicazione.

Per terminare ora questo rapporto non mi rimarrebbe che ad esporre ciò che nella presente vertenza può concernere il Montenegro, ed io ne farò tema di prossimo rapporto.

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 15 settembre 1875.

Sono di ritorno a Roma, da alcuni giorni, sto per ripartire e non voglio lasciare partire il Corri,ere senza scrivervi un rigo benché abbia poco a dirvi. Siamo in un entr'acte, ma parmi che una nuova fase debba pur presto cominciare. La missione dei Consoli non condurrà probabilmente a nulla ed allora mi sembra che sarà difficile alle Potenze l'accontentarsi di un risultato puramente negativo. Sarà difficile sopratutto per la Russia che ha annunciato come movente della sua iniziativa diplomatica il miglioramento neHe sorti delle popolazioni cristiane della Turchia, e per l'Austria la cui politica, dopo aver destato tante aspettative, finirebbe con una ~troppo aperta disillusione. Parmi dunque che, constatato l'insuccesso della missione dei Consoli, si aprirà un nuovo scambio di idee pel da farsi perché la condizione non somigli troppo ad una mistificazione, se pure negli accordi dello scorso mese a Vienna ~tra il Conte Andrassy e gli Ambasciatori non fu già preveduta e concertata la seconda fase.

Le considerazioni che mi fate nella nostra del 5 corrente (l) intorno alle situazioni fatteci dalle circostanze e dall'accordo dei tre Imperi in questa crisi orientale, sono, anche a mio avviso, perfettamente vere e non hanno cessato di preoccuparmi. Vi confesso però che se vedo il male, non vedo cosi chiaramente H rimedio, intendo il rimedio radicale, perché i palliativi suggeriti dalle circostanze Ii abbiamo già applicati e siamo in grado di applicarli anche in avvenire. L'accordo dei tre Impera,tori costituisce in complesso una éombinazione europea che a me sembra favorevole agli interessi attuali dell'Italia, i disegni di ciascuna delle tre Corti del Nord non hanno nulla d'ostile verso di noi, anzi ci sono amichevoli. Questo accordo è una garanzia per la pace ed è un ostacolo alle combinazioni internazionali del partito ultramontano. Ma per noi a questo attivo in Occidente, c'è un passivo in Oriente. Nelle quistioni Orientali l'accordo dei tre Governi Imperiali ha per noi il risultato di diminuire la nostra situazione in un ordine di problemi dai quali non possiamo disinteres

sarei, là dove le nostre tradizioni e i nostri interessi presenti •e futuri ci consigliano di mantenere il posto che abbiamo acquistato, che ci è assicurato dai Trattati i quali ci pongono in piena parità con tutte le Grandi potenze. Voglio pure ammettere che i tre Governi Imperiali sieno disposti ad avere qualche specia,le riguardo per l'Italia, ad associarci alle loro intelligenze nella supposizione di poter contare sulla nostra adesione, ad accordarci anche, se si vuole, il primo dei secondi posti. Ma ci sarà sempre una differenza fra l'essere chiamati ad associarsi agli accordi presi e l'essere chiamati ad associarsi e a partecipare alla discussioni preventive da cui auesti accordi devono uscire.

Questo è il male. Nel tempo stesso mi pare difficile che i tre Governi imperiali vogliano modificare la base della loro combinazione per sostituirvi esplicitamente l'accordo a quattro coll'Italia, accentuando in modo più grave l'esclusione degli altri. Per ottenere subito questo risultato manca alla diplomazia italiana il gran punto d'appoggio, la gran leva che consiste in politica nel bisogno assoluto che si ha di qualcuno o nel pericolo e nell'imbarazzo che si può temerne e col quale bisogna contare.

La situazione che Voi indicate bisogna certamente far di tutto per modificavla, ma sono inclinato a credere che vi si possa giungere con una politica seguita a questo intento, piuttosto che si possa ottenere un pronto risultato.

Frattanto parmi che la condotta seguita da noi in questa crisi debba avere dissipata tanto a Vienna quanto a Pietroburgo la prevenzione che il Governo italiano portasse negli affari d'Oriente un punto di vista esclusivamente conservatore, quindi una maggiore fiducia e una maggiore disposizione ad associarci alle future intelligenze.

Finora, in questa vertenza orientale, ho notato una certa diversità di tendenza e di attitudine a Vienna e a Pietroburgo. Mentre a Vienna ci si mostr:va molta fiducia, ma, al tempo stesso, si teneva a lasciar intendere il carattere esclusivo dell'accordo fra le tre Corti Imperiali, a Pietroburgo invece si cercò di associare le altre potenze, si parlò del loro accordo comune, ·e fu il Gabinetto russo che fece un passo diretto verso la Francia per invitarla a dare la sua adesione. Mi pare dunque che a Pietroburgo soprattutto bisognerà adoperarsi, con tatto, per partecipare al nuovo scambio di idee che dovrà di nuovo aprirsi e per fare intendere in quali condizioni si potrà meglio contare sul concorso dell'Italia. In verità, dopo avere associate tutte le potenze nella missione dei Consoli sarà un po' difficile a tre di esse di passare in sala per esaminarne il risultato, lasciando le altre tre in anticamera. Ma potrebbe anche avvenire. Ad ogni modo ho scritto jeri ·l'altro a Barbolani perché si disponga a ripartire subito pel suo posto. Voi considerate la situazione come io pure la considero, sapete qual'è la linea di condotta che vogliamo seguire, e me ne rimetto a voi per tutto quello che potrà essere utilmente tentato o fatto a Vienna.

Quanto alla posizione un po' differente che a Vienna si sarebbe voluto fare ai Consoli delle Potenze, parmi che la velleità non abbia avuto altro seguito e che il pericolo sia stato evitato. Diffatti mi sembra che, in pratica, i Consoli disimpegnano il iloro incarico in condizioni pari.

Ho notato nella vostra lettera ciò che vi disse il Barone Hoffman dell'andata del nostro Console a Ce.ttigne. Non credo necessario di riprendere questa discussione col Barone Hoffman. Ma credo bene di unirvi qui la copia delle

sole istruzioni da me mandate al nostro Console a Scutari, per mostrarvi ch'esse avevano un carattere strettamente conforme alla condotta generale da noi adottata e seguita in quest'affare. Compiango io pure il Principe de'l Montenegro che deve subire i consigli di tutti. Ma questo tutti si applica im~ perfettamente all'Italia la quale, senza parlare de' suoi importanti interessi in Oriente, è Potenza contraente in tutti gli atti che regolano l'attuale stato di cose in Turchia, e Potenza garante dell'integrità dell'Impero Ottomano. Mi è grato, carissimo Conte, di ringraziarvi di nuovo per le vostre informazioni e per rla vigile cura con cui seguite gli interessi della nostra politica nell'importante posto che così degnamente occupate.

(l) Cfr. n. 364.

373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 186. Roma, 17 settembre 1875, ore 16,15.

S'il vous est possible d'apprendre quelque chose de la conférence entre Decazes et Gortchakoff, je vous prie de m'en informer par télégraphe.

374

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 6. Therapia, 17 settembre 1875 (per. il 24).

Avant'jeri mi giunse il telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di indirizzarmi affine di ragguagliarmi delle notizie avute dal Cavaliere Durando, e La prego d'aggradirne i miei più sentiti ringraziamenti.

Nulla occorse d'interessante in questi giorni, imperocché tutta l'attenzione era rivolta arlla missione che stavasi eseguendo dai Commissari delle Potenze Garanti nell'Erzegovina. L'Ambasciatore di Russia è fra i Rappresentanti qui residenti quello che ne riceve maggiori dettagli. Mi diceva egli avere suggerito quella divisione in due bande affine di rimuovere ogni apparenza di differenza di tendenze. Entrando poscia nel merito della questione, il Generale Ignatiew sosteneva che, qualunque fosse l'esito della missione Consolare, le Potenze Garanti dovevano trovare mezzo di portare un rimedio radicale a quello stato di cose, imperocché non potevano esse sanzionare l'eterna oppressione dei Cristiani da parte degli Ottomani. Cui io replicava il R. Governo sarebbe sempre felice di contribuire all'alleviamento dei mali esistenti.

E frattanto s'incomincia a spargere la voce che gli insorrti dell'Erzegovina si mostrano poco disposti a cedere all'invito fatto loro dai Consoli di deporre le armi, e se ne traggono diversi effetti secondo le diverse simpatie. L'Ambasciatove di Francia mi diceva jeri credere possibHe che gl'insorti mettano per condizione della pacificazione la garanzia delle Potenze, il che sarebbe una sorgente di gravi imbarazzi. La Sublime Porta infatti non accettava l'intervento degli Agenti Consolari Esteri che per intimare agli insorti non avevano nulla a sperare dalle Potenze garanti, non per intromettersi in cose che essa stimava appartenere •esclusivamente alla giurisdizione interna, né vorrebbe ammettere la garanzia in discorso. E mi parve comprende·re che S. E. temeva siffatta questione potesse dar luogo a serie complicazioni.

Come l'E. V. comprenderà, io manterrò la più grande riserva sopra questa come sopra tutte le altre questioni che fossero pe·r sorgere. Però è opportuno meditare sopra questa eventualità, imperocché mi sembra assai v•erosimile che alcuni almeno dei Rappresentanti delle Potenze garanti non sarebbero per acconsentire a lasciare le missioni affidarte ai rispettivi Consoli senza alcun effetto, ed abbandonare gl'insorti al risentimento ed alla vendetta delle forze Ottomane. L'E. V. conosce i fatti occorsi in quelle regioni e gli atti atroci commessi dall'una e dall'altra parte e comprenderà quanto difficile sarà di ristabilirvi la pace.

In ogni caso non sta a noi a prendere l'iniziativa, epperò mi limiterò per ora a prestare favorevole orecchio a quanto mi sarà riferito e di tutto avvisare l'E. V..

375

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 434. Parigi, 18 settembre 1875, ore 14,45 (per. ore 17,15).

Je tiens de Decazes les renseignements suivants sur sa conférence avec Gortchkoff. Vous pourrez régler votre appréciation et l'usage Que vous ferez de ces renseignements d'après cette source. Gortchakoff a dit que le Gouvernement français s'était exagéré les dangers de la crise du printemps dernier ainsi que l'action de •la Russie; que cette dernière n'avait diì faire aucun effort auprès de l'Allemagne pour conserver la paix; que la France pouvait compter sur les sentiments bienveillants pour eLle du Gouvernement russe tant qu'elle continuerait à tenir une conduite correcte, prudente et exempte de toute provocation, mais qu'elle ne pourrait compter sur ces sentiments pour J.es question cléricales; à quoi Decazes aurait répondu Que cette réserve ne pouvait se référer à son administration. Quant à la question de l'Herzégovine, Gortchakoff a expl'imé la conviction qu'elle restera localisée et sera apaisée, mais qu'il faudra obtenir de 1a Porte quelques concessions sur le terrain administratif et plus spécia•l·ement dans le sens d'une autonomie fiscale. Il a exclu toute idée d'une autonomie politique et d'un Prince étranger. Il s'est loué de la participation et de l'entente des puissances. Il a quitté Decazes en lui disant qu'il espéraU, et meme qu'il était siìr après oette conférence que la Russie et la France pouvaient marcher et marcheraient d'accord dans toutes les grandes questions. Decazes se montre satisfait de cette conférence. Il est possible qu'il ne m'ait pas tout dit, mais je crois exact ce qu'il m'a dit. Il m'a engagé à l'accompagner à Bordeaux dans l'une de ses prochaines excursions. Je le ferai peut-etre, si vous n'y voyez pas d'inconvénients, dans le but de savoir davantage si possible.

376

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 397. Vienna, 19 settembre 1875 (per. il 24).

La situazione in ordine agli affari dell'Erzegovina mantiensi tuttora qui fosca assai. Le informazioni trasmesse dal Console Austriaco in missione in quelle provincie concordano pienamente con quelle telegrafate a Roma dal Cavaliere Durando e dall'E. V. communicatemi. Intanto pare che i tre Gabinetti Imperiali saranno per proporre alle Potenze di far rimanere a Mostar i Loro Agenti anche dopo ultimata l'attuale speciale missione, e ciò onde da colà assieme riuniti, poter meglio sorvegliare l'azione del Governo Turco in queHe Provincie e dare, colla loro presenza, una specie di guarentigia a quelle infelici popolazioni. Una proposta in tal senso venne fatta qui dall'Ambasciatore Russo; sino ad ora il Conte Andrassy non ha risposto al riguardo; credo però che la cosa sarà accettata, poiché, per intanto, 'l'accordo il più completo fra i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo nella presente questione si afferma ogni giorno maggiormente. Uguale linguaggio, anzi quasi identico nelle parole, mi tengono tanto il Signor di Nowikof che il Barone Hofmann. Tutti due dichiarano altamente que la Turquie devra s'exécuter ed introdurre senza ritardo riforme tali nella sua amministrazione da impedire le ripetizioni di simili casi, altrimenti vi sarà chi ciò farà in sua vece!

L'Ambasciatove Turco dichiara invece a chi gli tiene di ciò discorso, che la Porta è dispostissima ad introdurl'e riforme nell'amministraz,ione delle sue Provincie Cristiane, ma che pel momento non potrebbe ciò fare senza perdere ogni prestigio ed incoraggiare altri suoi sudditi a rivoltarsi alla loro volta per ottenere eguali vantaggi. Intanto Egli non cessa di reclamare qui contro le, a suo dire, continue violazioni della frontiera per parte di sudditi Austro-Ungarici, e così di giorno in giorno le relazioni fra i due Stati vicini vanno facendosi più tese e più difficili.

Mentre non vedo ancora prossima la completa cessazione dello stato insurreziona'le nell'Erzegovina, confesso che non so guardare senza ben maggiore inquietudine la non lontana fase in cui Ja questione ·entrerà, quella cioè dell'accordo a stabilirsi fra le potenze sulle misure a consigliarsi alla Turchia ed a imporglisi all'uopo, onde conseguire H risllitato che quelle popolazioni in oggi armate per intiero, depongano le armi e, per qualche tempo almeno, il pensiero di riprenderle. Durante lo svolgimento di quei negoziati l'accordo dei tre Imperi potrebbe per avventura rompersi, toccando forse ad uno di essi, sovte non diversa da quella già subita in epoca in cui il teatro degli avvenimenti, invece di essere nella penisO'la Balcanica, era in quella che sta a'l Nord dell'Europa.

Col ritorno in Vienna del Cont·e Andrassy, annunciato pel 20 corrente, ed il giorno dopo coll'aprirsi delle Delegazioni, la politica dell'Austr·ta-Ungheria nella presente vertenza darà luogo ad interpellanze che avranno forse per risultato di rischiarare alquanto la situazione.

377

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

D. Roma, 20 settembre 1875.

Affinché la S.V. Illustrissima abbia ad essere debitamente informata riguardo all'andamento della missione che sta ora compiendo il R. Console cavaliere Durando nelle provincie insorte della Turchia unitamente agli altri Consoli delle grandi Potenze, credo opportuno di darle confidenziale comunicazione, per ora, del primo rapporto da lui mandatomi da Mostar (1), ch'Ella troverà in copia qui unito. Il contenuto di esso potrà servirle oltre che a di lei informazione anche siccome base delle conversazioni ch'Ella avrà a fare su quell'argomento.

Dopo la data che trovasi indicata su detto rapporto, io ho ricevuto dal cavaliere Durando due telegrammi, di cui uno da Metkovic, l'altro da Ragusa. Nel primo dicevami di aver avuto un abboccamento il giorno prima in quella località con alcuni capi degli insorti dell'Erzegovina, e un aUro nel giorno stesso, che era il 13, nel1e vicinanze di Stolac. Avendo egli esposto loro qual era H mandato affidatogli dal Governo del Re, ebbe per risposta che essi non si fidavano delle promesse del Governo turco, che non si sarebbero presentati al Commissario Imperiale per timore di un tradimento, che persistevano a tenersi in armi, che preferivano morire combattendo anziché soccombere ai cattivi trattamenti dei loro imperanti. La parte di paese percorsa dal R. Console portava le impronte della desolazione e dell'anarchia; dappertutto tracce di saccheggi e di incendii. I cattolici e gli altri cristiani 'erano alleati fra loro.

Nel secondo telegramma, che porta la data del 17, il CavaUere Durando mi informava di aver percorso il confine Dalmato e di trovarsi in Trebigne. Dagli insorgenti si erano avute le stesse risposte come dai primi interrogati. In Popowolje i cristiani custodivano i villaggi non ancora incendiati dai musulmani. Quelli di Scuma erano fuggiti, in parte nella Dalmazia; gli altri si erano uniti agli insorti di Zupei. La situazione era identica a quella della regione già percorsa. Le rappresagUe, però, tra cristiani e musulmani, sembravano sospese in seguito alla missione dei Consoli. All'indomani avrebbe visitato gli insorti di Zupei e di Bilek.

Mi riservo di trasmettere egualmente anche in seguito, a V.S. Illustr,issima, i ragguagli che mi perverranno sullo stesso argomento.

(l) Cfr. n. 370.

378

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Therapia, 20 settembre 1875.

Il ricevimento del Sultano fu onorevolissimo. E degli assistenti che ne videro parecchi m'assicurarono che di rado Sua Maestà accoglie i Rappresentanti esteri con tanta cortesia. Era evidente inoltre essere premeditata la frase circa J.'apprezzamento Sua Maestà faceva delle simpatie dimostrategli dalla Maestà del Re e dal R. Governo. Io colsi questa congiuntura per dire a Sua Maestà che dal mio canto avevo già avuto una prova deUe benevole disposizioni del Governo Imperiale nella cortese accoglienza faHami dal Gran Vizir, e nulla più. E questo mi parve un leggiero calmante difficile a rifiutarsi dopo le istanze che m'erano state fatte (1). Sua Altezza desiderava infatti che il Sultano conoscesse il passato non avere lasciato alcuna traccia di dissapore fra i due governi. Né dal mio canto potevo rifiutarmi a constatare una verità sì semplice, e sì indispensabile al futuro buon andamento delle cose.

379

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2300/539. Londra, 21 settembre 1875 (per. il 26).

Il linguaggio al Foreign Office, nel parlare sui fatti dell'Erzegovina, è mutato in queste ultime settimane rispetto all'Austria-Ungheria. L'Ufficiale Superiore che fa le veci di Lord Tenterden durante la sua assenza, riconoscendo la difficilissima posizione di quella Potenza, pur l'accusava di non sapere che cosa voglia; e avant'ieri non si peritava d'aggiungere che la sua • era una politica doppia •.

• Il Governo della Regina (continuava a dirmi lo stesso Signore) non ha né può avere altra politica se non quella del Non-intervento né può riconoscere in altri un diritto qualunque d'intromissione negli affari interni della Porta Ottomana. Abbiamo consentito di associarci alla Commissione Consolare dopo che la Porta medesima ci ebbe invitati; ma noi vedemmo con rammarico questa ingerenza, né fummo ingannati dalle apparenze con le quali fu voluta ricoprire. Noi saremmo soddisfatti se l'azione delle Potenze si limitasse e dar consigli alla Porta perché rimuo,va le cause di lagnanza delle sue popolazioni; ma quanto in questo senso è stato fatto noi abbiamo ragione per temere non sia un preludio d'altri atti d'un carattere assai più grave •.

Codeste parole non mi sono state rivolte né da Lord Derby né dai Sotto Segretarj di Stato (assenti tutti da Londra) ma chi me le rivolse è quegli che

riceve e spedisce gli ordini che il Ministro trasmette dana sua campagna, e confermano le precedenti informazioni che ho avuto l'onore di scriverLe.

Non ho creduto a suo tempo di dover chiamare l'attenzione dell'E.V. sulle lettere scritte dal Conte Russell -la prima che offre 50 Lire Sterline in aiuto degli Erzegovesi; la seconda che svolge diverse idee sulla quistione di Oriente e letta a un • meeting • in favore di quegl'insorti -; imperocché non hanno fatto in questo paese l'impressione che sembrano aver prodotto all'Estero, ed anzi ebbero qua veruna importanza. Quell'antico uomo di Stato, che per l'estrema vecchiaia non è più atto ad esercitare influenza, fu anche dai suoi più intimi amici biasimato d'essere uscito dalla riserva che gli era dal suo passato consigliata. Il • meeting • suddetto non ebbe poi successo alcuno, a causa della contraria epoca dell'anno, in cui Londra è affatto deserta, e perché il pubblico sapeva che chi lo promosse fu già impiegato Ottomano e scrisse in favore della Turchia.

(l) Con l.p. del 17 settembre (AVV) Corti aveva informato di essere stato pregato dal segretario generale agli Esteri turco di fare al Sultano l'elogio del Gran Visir e di dire che la sua nomina aveva prodotto in Europa un eccellente effetto.

380

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 21 settembre 1875.

J'ai reçu hier la vis~te de M. de Keudell, qui part aujourd'hui pour retourner à son poste. Ayant briìlé toute sa poudre, ayant épuisé, dans Ia mesure permise, tous les arguments en faveur de la réalisation du projet de voyage de l'Empereur en ItaUe, ce diplomate juge inutile de prolonger son séjour ici. La situation est toujours la méme. La contre visite est décidée en principe, sous la seule réserve de l'assentiment du médecin, lequel ne se prononcera pas avant le 25, lorsque les manoeuvres du IX Corps d'Armée seront terminées.

M. de Keudell croit que Ies chances se sont améliorées dans ce dernier mois et que, à moins d'un changement imprévu dans l'état de santé de son souverain, tout porte à croire aue l'on ne demandera pas un nouveau délai dans l'accomplissement des bonnes intentions de Sa Majesté. Il a également lieu de croire que, dans ce cas, J.e Prince de Bismarck fera partie de la suite. Je signale, à l'appui de cette prévision, un entrefilet de la Norddeutsche Allgemeine Zeitung,

n. -219. Cette insertion a été faite sous la dictée du Chancelier lmpérial. M. -de Keudell compte arriver à Rome le l.er Octobre, afìn d'étre en mesure de prendre, pour ce qui le concerne, les dispositions nécessaires, s'il recevrait l'avis offi.ciel tant désiré. Iil pense que, sauf empéchement, la visite s'effectuerait dans la seconde huirtaine d'Octobre.

Si toute chose s'arrange pour le mieux, il serait utile de nous rencontrer quelques jours à l'avance, là où Vous le préféreriez, et je vous serais obligé de me transmettre un télégramme à cet égard. Au reste, vous savez que, méme dans l'éventualité où la visite impériale ferait défaut, il importe également de nous ménager une rencontre.

381

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 196. Roma, 25 settembre 1875, ore 18,10.

Durando mande de Mostar que les insurgés refusent de se soumettre, ils demandent armistice sans conditions garanties par les puissances, et veulent se réunir en un point frontière de Dalmatie et Monténégro pour proposer plan de reformes, qui soient confirmées par une commission européenne. Durando dit que l'insurrection prend pied qu'il est difficile à la Turquie de la vaincre et que dans tous les cas ce serait une trève. Etat du pays épouvantable. Durando croit sa mission terminée et demande à retourner à son poste. Je lui ai télégraphié de rester et attendre instructions. Dites-moi si vous pensez que proposition de maintenir les consuls sur les lieux va ètre faite aussi à Italie, France et Angleterre. Nouvelles de Belgrade mauvaises. J'ai télégraphié de nouveau pour conseiller attitude pacifique et conciliante. Il serait utile que les mèmes conseils fussent répétes de Vienne.

382

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI

D. 40. Roma, 25 settembre 1875.

La ringrazio della Relazione fattami, col rapporto n. 126 di questa serie (1), delle conversazioni da Lei tenute col Ministro degli affari esteri dei Paesi Bassi riguardo alla intromissione dell'Italia per accomodare le gravi vertenze esistenti tra il Governo neerlandese e quello del Venezuela. Ho comunicato al Signor Cavaliere Viviani le informazioni fornitemi da V.S. Illustrissima e, riguardo al punto di sapere se allorquando il Presidente Guzman Bianco si intrattenne con lui sul detto argomento, trovavasi, o no, il medesimo già in passesso delle • basi preliminari • formulate dal Governo neerlandese come condizione • sine Qua non • per entrare nella discussione sui presentati gravami, il Cav. Viviani mi ha fatto osservare che il Presidente parlò con lui di quell'affare il 16 maggio e il 15 giugno e che egli lasciò il Venezuela ai 22 di quest'ultimo mese. Ciò esclude la possibilità della conoscenza di quelle • basi • per parte del Signor Guzman Bianco nella circostanza sopraindicata.

Nella condizione di cose espostami da V.S., e tenuto conto del desiderio manifestato a Lei dal Signor Villebois, aderii di buon grado al suggerimento di far telegrafare dal Cavaliere Viviani al Presidente del Venezuela nel senso che trovai accennato nel di Lei rapporto. I termini precisi nei quali autorizzai il Cavaliere Viviani a spedire quel telegramma, il quale partì il 19 di questo

mese, furono questi: • Bons offices n'ont chance de réussite qu'autant que Vous ferez bon accueil aux demandes préliminaires pour lesquelles on attend réponse avant premièr octobre •. Stimai opportuno d'introdurre qualche leggera modificazione di forma al testo da Lei trasmessomi per togliere ad una azione di natura affatto amichevole, qual'è quella esercitata dal R. Agente, ogni apparenza che ne potesse alterare il carattere.

La scadenza del termine prefisso alla risposta che il Governo dell'Aja aspetta da Caracas essendo prossima, V.S. Illustrissima sarà in grado d'informarmi quanto prima dell'andamento di tale questione.

(l) Non pubblicato.

383

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A MILANO

(AVV)

L. P. Roma, 25 settembre 1875.

Spero che avrai ricevuto le lettere di De Launay e di Robilant che t'ho mandato gli scorsi giorni. Ho pure messo sotto enveloppe i telegrammi che giungevano, per non obbligarti a decifrare. Ne troverai due qui, uno di Durando, al quale telegrafai tosto di non partire prima dei suoi colleghi e d'attendere istruzioni, ed uno di .Joannini, al quale risposi di rinnovare i consigili di moderazione ecc. Mi sono deciso di telegrafargli in questo senso sopra la domanda di Tiby, che venne in nome di Decazes a dirmi che ,la situazione in Serbia era pessima, e che conveniva far tosto i maggiori sforzi per la pace. Tiby mi chiese pure, in nome di Decazes, di far nuove istanze a Londra affinché Lord Derby si scuota dal suo letargo, ed impedisca ai tre anabattisti di risolvere a loro modo la questione d'Oriente. Gli risposi che non potevo far ciò senza tue istruzioni, e che mi riservavo di rispondergli martedì. Mi nacque infatti il sospetto che si voglia dividerci a tre a tre, il che non è punto nel nostro programma. Se tu mi vi autorizzi, gli dirò che l'assenza di Lord Derby e la mancanza d'un titolare alla Legazione ci impediscono d'esercitare a Londra alcuna azione nel senso richiesto. Ma Tiby venne a farmi una comunicazione d'altro genere, sulla quale richiamo la tua attenzione, e chiedo tosto le tue istruzioni. Mi disse, nel più grande segreto, che Decazes avrebbe intenzione di mandar la flotta francese nell'Adriatico; che chiedeva il nostro avviso su ciò, che soprattutto desiderava sapere se non avremmo avuto difficoltà ad accoglierla a V,enezia e ad Ancona. Gli risposi subito che i nostri porti sono aperti alle flotte amiche ecc. ma non potei astenermi dall'esprimere qualche dubbio sull'opportunità, rispetto all'Austria, che potrebbe vedere in ciò una politica di diffidenza per la sua condotta in Dalmazia. Tiby mi disse che naturalmente Decazes non avrebbe mandata la flotta nella costa dalmata senza interrogar prima Vogué a Vienna. Ma insistendo per avere il mio avviso, io gli disse che te ne avrei scritto ed avrei chiesto le tue istruzioni.

Facendo astrazione dall'opportunità di tale avvio in rapporto alla questione d'Erzegovina, la cosa mi pare pericolosa per noi sotto un altro aspetto. L'arrivo

della flotta dà sempre occasioni a dimostrazioni d'amicizia, discorsi, balli d'ufficiali ecc. Ora, potrebbe essere scopo di Deca2les di far contraltare alle dimostrazioni cui darà luogo il viaggio imperiale, se si effettua, od approfittare della impressione che farà se non si effettua. Ad ogni modo la coincidenza a breve intervallo di due dimostrazioni di tal genere mi sembra un pericolo da evitarsi. Come? Non so. E forse tu non dividerai le mie impressioni. Ad ogni modo attendo risposta in cifra prima di martedi.

Uxkull è arrivato ma non sa nulla. Vide Gortschakoff... tre mesi fa.

384

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

(Ed. in LV 22, pp. 35-36)

D. Roma, 26 settembre 1875.

Mi pregio di comunicare a V. S. Il:lustrissima le seguenti informazioni mandatemi da Mostar, per telegrafo, dal Signor Cavaliere Durando il giorno susseguente a quello del suo ritorno colà coi suoi colleghi di Austria-Ungheria e di Germania, ritorno che ebbe luogo la sera del 23 corrente.

Gli insorti dei distretti da noi percorsi, così mi fa sapere il Cavaliere Durando, hanno dichiarato di non voler sottomettersi. Essi chiedono un armistizio onde i varii capi dell'insurrezione possano riunirsi in qualche località presso i confini della Dalmazia o del Montenegro per intendersi sulla proposta delle riforme desiderate dal paese. Domandano che le condizioni dell'armistizio siano garantite dai delegati delle Potenze e che le riforme da accordarsi siano confermate da una Commissione europea di cui formi parte anche un delegato della Turchia. Per l'esecuzione poi delle riforme stesse intendono avere la garanzia delle Potenze.

Il Cavaliere Durando soggiunge esser egli persuaso che finora veruno degli insorti si è sottomesso. L'insurrezione, a suo giudizio, va prendendo consistenza e difficile egli ritiene che il Governo turco ne venga a capo; quand'anche ciò accadesse, non potrebbe, secondo lui, ·esser altro che una semplice tregua. Passa poi a descrivere il paese percorso e ne fa un quadro straziante. Gli incendi, le rovine, i massacri s'incontrano ad ogni passo; i raccolti giacciono abbandonati per i campi; il bestiame è scomparso. Le popolazioni emigrarono in gran parte o si rifugiarono sui monti dove trovansi prive di tutto e minacciate dalla fame, intanto che malattie d'ogni genere fanno strage delle donne e dei fanciulli.

Questo è il lugubre spettacolo che si presentò ai Consoli d'Italia, d'AustriaUngheria e di Germania. I loro colleghi di Francia, d'Inghilterra e di Russia, al dire del Cavalier Durando, fecero eguale relazione riguardo al risultato della missione nell'altra parte del terrHorio da essi percorso.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti)

L.P. Milano, 26 settembre 1875.

Leggi questa lettera di Artom (1).

A me pare difficile, specialmente dopo la visita della squadra inglese, il fare delle difficoltà per la squadra francese. Immaginiamoci quale sarebbe la nostra impressione, se il governo francese ci esprimeva il desiderio di non vedere dei bastimenti della marina italiana ne' suoi porti. Tanto più che quanto avviene in occasione della visita di squadre estere· non ha un carattere governativo, ma puramente locale. Ammetto però che può esservi qualche cosa di imbarazzante. Forse, mentre si dà a Tiby una risposta affermativa e cortese, si potrebbe telegrafare a Nigra perché si cerchi d'evitare la coincidenza colla visita impel'iale. Ad ogni modo, ti prego di telegrafarmi subito il tuo avviso perché io possa nella giol.'nata di domani, lunedì, mandare delle istruzioni telegrafiche a Al'tom che deve rispondere mart·edì.

P.S. Si potrebbero mandare istruzioni ai prefetti perché le cortesie abituali non abbiano od assumano carattere politico.

386

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 14. Therapia, 26 settembre 1875 (per. il 5 ottobre).

Ieri ricevetti un telegramma dal Cavaliere Durando, pel quale m'informava del suo arrivo a Mostar, mi forniva Quelle altre notizie che naturalmente sono note alla E. V., esprimendo il desiderio di tornare a Galatz.

Gli risposi prendesse gli ordini di V. E. a questo riguardo. E frattanto mi venne in pensiero che l'E. V. desidererebbe di conoscere quello che facevano in proposito le altre Potenze. Mi trasferii quindi senza indugio presso l'Ambasciatore di Russia, il quale mi disse stava giusto per venire a conferire meco sopra Questo argomento, ed era d'avviso s'invitassero i rispettivi Consoli delegati a consultarsi fra d'essi sul risultato della loro missione, comunicassero indi col Commissario Ottomano in proposito, domandandogli quali fossero le sue idee sulla situazione, e partecipassero infine le loro impressioni definitive ai rispettivi Governi. S. E. aggiunse mi manderebbe più tardi il Segretario dell'Ambasciata per farmi conoscere la sua risoluzione definitiva. Cui io repli

cai non vedere nessun'inconveniente alla proposta che mi farei un dovere di comunicare tosto al mio Governo.

Comparve infatti poco appresso il Segretario dell'Ambasciata Russa. il quale mi ragguagliava S. E. avere preso la sovra accennata determinazione. Ed io non indugiava a spedire a V. E. il teLegramma di jeri.

Nella sera istessa ricevetti poi un biglietto particolare del Signor Ambasciatore di Russia colla copia del telegramma ch'egli aveva spedito a Mostar e del quale unisco copia al presente (1).

A me non parve che questa forma di messaggio differisse sostanzialmente da quella del mio all'E. V., imperocché la differenza consisteva solo in ciò che io dicevo i Consoli manderebbero infine le loro conclusioni definitive ai rispettivi Governi, ed il Generale Ignatiew vi sostituiva le parole • progetto di soluzione pratica ed accettabile a tutti •. Non giudicai Quindi pregio dell'opera di far seguire il mio telegramma da ulteriori osservazioni.

L'Ambasciatore Inglese tuttavia, che in seguito alla proposta verbale fattagli dal suo Collega di Russia, erasi mostrato disposto a dare analoghe istruzioni al suo Delegato Consolare a Mostar, fu d'avviso che il Generale Ignatiew pel suo telegramma andava molto al di là del primo progetto ·ed agiva in violazione degli impegni assunti colla Porta sui limiti da assegnarsi ana missione dei Consoli. Ei rifiutavasi quindi ad adottare la medesima forma. Però spedì a quel suo Delegato un telegramma pel quale l'invitava bensì a scambiare le idee coi colleghi, a sottomettere le sue osservazioni al Commissario Imperiale ed a comunicare poscia al suo GoVlerno le impressioni definitive, ma ingiungnevali in pari tempo di non prestarsi all'adozione di misure collettive sulla materia.

L'Ambasciatore di Francia credo abbia dato al suo Console delegato istruzioni conformi al telegramma da me indirizzato all'E. V. Né ho bisogno di aggiungere che quelli d'Austria e di Germania inviarono ordini perfettamente conformi a Quelli dati dal generale Ignatiew.

L'E. V. conosce la situazione delle cose nell'Erzegovina, e comprenderà di leggieri come la Russia fosse ansiosa di non aver l'aria d'abbandonare quelle popolazioni Cristiane al risentimento ed alle rappresaglie dei Turchi, né di lasciare alla Porta la soddisfazione della mala riuscita dell'intervento Consolare.

Né questa sarà la fase più grave di queste trattative, imperocché poco conta che i rapporti dei Consoli chiaminsi ·impressioni definitive oppure progetti pratici; poiché in ogni caso essi avrebbero a fare i loro rapporti sul risultato della missione adempita. La fase più difficile si presenterà allorché questi rapporti saranno giunti ai rispettivi Governi e si tratterà di prenderli in considerazione.

Ho motivo di credere che questo Ambasciatore di Russia è lungi dallo aver abbandonata l'idea di proporre allora la riunione d'una conferenza dei Rappresentanti delle Potenze Garanti affine di scambiare le rispettive impressioni sui rapporti ricevuti e sulle conseguenze da trarne.

L'Ambasciatore Inglese dicevami a questo proposito che mai il suo Governo gli permetterebbe di prender parte ad una conferenza che costituirebbe

una flagrante intromissione negli affari interni della Turchia. Cui io replicava domandando cosa era la missione dei Consoli. E suppongo la tenia di questa conferenza abbia contribuito a render Sir Henry Elliot più difficile sulla questione delle istruzioni da spedirsi a Mostar.

Questa ·eventuaHtà in ogni caso non presenterassi che fra Qualche settimana, però ho voluto fin d'ora farne parola all'E. V. pel caso che avesse qualche istruzione ad impartirmi in proposito.

(l) Cfr. n. 383.

(l) Non si pubblica.

387

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Costantinopoli, 26 settembre 1875.

Aggiungo al mio rapporto d'oggi (l) alcune osservazioni che gettano una gran luce sulla linea politica seguita da questi Ambasciatori.

Quando il Generale Ignatiew mi proponeva di dare quelle istruzioni ai Consoli a Mostar, erasi evidentemente già consultato coi suoi colleghi d'Austria e di Germania. Ed io vi aderii con premura, tanto più che la cosa mi pareva piuttosto inoffensiva.

Sir Henry Elliot aveva poco appresso una conferenza col Generale, nella quale esprimeva pure la sua adesione.

Comparv,ero più tardi le comunicazioni private del telegramma Russo. L'Ambasciatore di Francia stava per spedire telegramma perfettamente conforme, senonché l'Ing,lese persuadevalo di sopprimere quella frase del progetto pratico ed accettabile da tutti.

L'Ambasciatore di Franota discorrendo m eco la sera istessa dei pericoli di differenze sopra questa questione d'Oriente fra le Potenze occidentali dall'una parte e gli Imperi daH'aHra, dicevami: • Au fond la France et l'Italie ont exactement les mémes intéréts dans cette question. Maintenir la paix avant tout, et ne jamais se preter à une division des Puissances garantes en deux camps. Telles sont mes instructions et telle doit etre ma conduite •. Né mi feci a distoglierlo da queste idee.

Sir H. Elliot erasi grandemente allarmato pel telegramma Russo, mi cercò la sera istessa, mi scrisse una lunga lettera, e venne a vedermi stamane e mi mostrò le lettere che aveva già scambiate suill'argomento col Generale Ignatiew. Io gli espressi il mio avviso che non vedevo una gran differenza fra la proposta verbale ed il telegramma scritto, e che, in ogni caso non trattavasi di istruzioni collettive eppe·rò ciascuno dava quelle che credeva opportune. Entrando poscia a parlare della situa:ljione generale Sir Henry dicevami: • Del resto che possiam far noi? I tre Ambasciatori Imperiali per ora sono ·tre corpi ed un'anima sola. È evidente che l'Ambasciatore di Francia ha l'ordine di non scostarsi da

essi. Restiam noi •. Cui io sog~iunsi: • E resta a V'edersi se a quelli che non sono cogli Imperi conviene dare al mondo lo spettacolo della loro impotenza •. Ero tentato d'aggiungere e dell'isolamento. Finiva Sir Henry con deplorare che questione d'Oriente si facesse dipendere da interessi tutt'altro che Orientali.

E mentre sto scrivendo queste linee vedo solcare le limpide onde del Bosforo lo stazionario Russo e dietro ad esso Quello dell'Ambasciata Inglese. Entrambi vanno a Stamboul a portare alla Sublime Porta consigli di saggezza e proteste di amore. E mi pare bastino per la consulta d'oggi.

(l) Cfr. n. 386.

388

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A MILANO

(AVV)

L. P. Roma, 27 settembre 1875.

Ho ricevuto ieri la tua Jettera. Scriviamo oggi a Melegari (1), prendendo per pretesto un articolo del Journal de Locle riferito dall'ltalie sulle cagioni dell'affare di Goschenen, per raccomandargli di nuovo questa faccenda. Pare assai dubbio anche a me che vi sia alcun diritto di chiedere indennità. In ogni caso conviene astenersi dal lasciare intravedere questa intenzione, finché non sia finita l'in~hiesta di cui il Consiglio Federale ha incaricato il Signor Hold, perché, altrimenti, la domanda d'indennità potrebbe influire sul risultato stesso dell'inchiesta. Le istruzioni date dal Consiglio Federale al Colonnello Hold, e che ci furono comunicate, sono complete e formali, esse devono estendersi anche alle condizioni di salario, ore di lavoro, nutrimento, alloggio degli operai. Per ora dunque non sarebbe il caso di far altro. Tuttavia non sarebbe inutile che scrivessi tu stesso una lettera a Melegari per stimolare il suo zelo e per !asciargli capire che non ha data molta prova della sua influenza né in tutte queste questioni del Gottardo, né in quella del canale ViHoresi-Meravigli. Se ti rincresce di farlo tu stesso, lo farò io; con minore autorità della tua e forse con minore delicatezza.

Aspetto una tua riga circa le comunicazioni di Tiby cui si riferiva la mia lettera d'avant'ieri. Ti mando copia dei telegrammi giunti da Vienna e da Mostar. Dimmi se devo appoggiar le proposte dei Consoli. Io non esiterei a farlo. Temo solo che l'Inghilterra e la Turchia rifiutino un'ingerenza così formale nella politica interna.

Da Berlino, nulla. Avrai il comunicato della Nord Allgemeine Zeitung riferito dal Telegrafo. Giovedì dunque da Baden si deciderà se viene o non viene. Per quanto l'incertezza sia incresciosa, e per quanto sia poco a sperarsi da una decisione presa in mezzo ad un'atmosfera poco simpatica all'Italia, conviene rassegnarci ed attendere.

Minghetti arrive·rà domattina. Cercherò di vederlo prima di Tiby che vuole avere subito da lui la risposta alle domande che ha fatto a me.

Null'altro di nuovo. Naturalmente telegraferò senza indugio la decisione prussiana. Prevedo però che l'avremo solo venerdì l • oUobre, per mezzo di K[eudell] che arriva appunto in tale giorno.

(l) Cfr. d. 162, pari data, che non si pubblica.

389

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 453. Belgrado, 28 settembre 1875, ore 11,35 (per. ore 15,15).

Ministère des affaires étrangères déclare mesures militaires purement défensives et que dans aucun cas Serbie n'attaquera Turquie. Son Altesse provoque crise ministérielle.

390

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A MILANO

(BCB, Carte Minghetti)

T. ... , 28 settembre 1875.

Due punti mi sembrano incontestabHi primo che noi non possiamo chiudere i nostri porti alla marina francese la quale sarà per conseguenza sempre ben ricevuta, secondo che il momento è inopportuno e la coincidenza dispiacevole non solo per l'osservazione Artom circa la Dalmazia ma per la visita dell'imperatore di Germania. Giudica tu stesso se convenga dirlo francamente a Tiby

o limitarsi alla prima parte; quanto a Nigra gli darai istruzione di fare sforzi perché questa visita navale sia differita. Le istruzioni ai prefetti ie combineremo facilmente in caso. Da Berlino nulla. Il re sulle spine. Parto stasera per Roma.

391

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 200. Roma, 28 settembre 1875 (1).

Durando télégraphie aue dans réunion des consuls on aurait reconnu que le seul moyen de commercer oeuvre de pacification serait: interventio n européenne formelle, armistice, réunion générale à Raguse où commissaire turc

et chefs des insurgés, avec coopération des délégués européens discuteraient les détails de la pacification. Dans un télégramme postérieur Durando dit que le commissaire turc réfuse d'adhére-r à ces propositions mais sans proposer rien lui-meme. Je doute que l'Angleterre veuille aussi aller jusque là. Veuillez me dire votre avis et me tenir au courant des intentions du Cabinet autrichien (turc).

(l) Il tel. venne spedito a Robilant alle ore 17 e a Corti alle ore 17 ,10.

392

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1515. Berlino, 28 settembre 1875 (per. il 2 ottobre).

L'Empereur est revenu de Rostock le 25 courant, en parfait état de santé. Hier, 27, le médecin a été appelé à donner son avis sur le projet de voyage de Sa Majesté en Italie, et il n'y a vu aucun obstacle, après avoir constaté que le Monarque avait très bien supporté les fatigues des grandes manoeuvres militaires. En conséquence, l'ordre avait été donné par télégraphe, à la Légation d'Allemagne, de demander s'il conviendrait à notre Auguste Souverain de recevoir, vers le 15 Octobre, la visite de Sa Majesté Impériale (1). En meme temps, l'Empereur chargeait le Secrétaire d'Etat de m'informer de cette décision et d'exprimer la satisfaction de Sa Majesté, Que désormais rien ne s'opposàt plus à l'accomplissement de ses désirs.

En s'acquittant de ce message, M. de Biilow me priait, au nom de Son Auguste Maìtre, d'obtenir si possible communication du programme qui serait fixé pour l'emploi des 4 ou 5 jours que durerait la visite dans la ville de Milan. On aurait laissé supposer qu'il s'agirait, entre autres, d'une chasse dans les montagnes, où l'Empereur ne se sentirait pas de force à suivre notre Roi. J'ai répondu que je m'empresserais de me conformer au désir de Sa Majesté Impériale, en m'adressant à V. E. (ainsi que je l'ai fait par mon télégramme d'hier); que j'ignorais les intentions de Mon Auguste Souverain, mais que, si on avait parlé de préparer une chasse, c'était, non pas sur les Alpes, mais dans le pare de Monza, ce qui excluerait tout exercice violent.

M. de Biilow m'a dit que, si l'Empereur ne se rendait pas dès le 3 ou 4 octobre à Milan, c'était par sentiment de discrétion, afin de laisser un intervalle convenable entre l'avis officiel de sa résolution et son arrivée pour la date approximative du 15, si elle était agréée par le Roi. Le jour du départ de Baden-Baden, où Sa Majesté Impériale se rend aujourd'hui, n'est pas encore arrèté, le 14 étant l'anniversaire d'un deuil de famille. L'Empereur, ajoutai:t confidentiellement M. de Biilow, compte sur le Prince de Bismarck qui, ayant une récrudescence de rhumatisme, craignait de ne pouvoir faire partie de la suite, dans le cas où le voyage aurait eu lieu dans les premiers

• Répondez aue je le recevrai avec beaucoup de plaisir à l'époque fixée par l'Empereur •·

jours d'octobre, mais qui espère étre en mesure de se mettre en route du moment où l'époque du départ est retardée.

M. de Biilow se réservait de me communiquer des détails ultérieurs, dès qu'ils viendraient à sa connaissance.

En attendant, il me semble assez indiqué que le Comte del Mayno soit autorisé, comme l'a été son collègue à Vienne en pareille occasion, à se rendre à Milan vers la date précitée, pour figurer parmi le service d'honneur attaché à la personne de Sa Majesté Imperiale. Comme il est bien placé à cette Cour, je suis certain que ce choix plairait à l'Empereur. Je vous serai obligé, M. le Ministve, de me répondre sur ce point par le télégraphe, pour que M. del Mayno puisse faire à temps les préparatifs nécessaires.

Le Général Chevalier Balegno se loue beaucoup de l'accueil exce1lent qu'il a reçu durant les manoeuvres en Silésie et dans le Mecklembourg, où il a été l'hòte de l'Empereur. Il a été décoré en cette circonstance, ainsi que le Comte del Mayno et le lieutenant Gioppi. Il me revient de bonne source que, en effet, le Général Balegno a captivé 11es bonnes gràces de Sa Majesté Impériale et a rencontré les sympathies de son entourage, de ce méme entourage designé pour accompagner Sa Majesté à Milan. Je suis convaincu qu'Elle apprendrait av,ec satistaction que ce général fiìt attaché à Sa personne. Le Roi se souviendra que, durant son séjour à Berlin, outre un général d'armée et un major, il y avait aussi un major général destiné auprès de Sa Majesté pour le service d'honneur. Au reste, il appartient à Notre Auguste Souverain de décider, avec le tact qui Le distingue au plus haut degré.

(l) Cfr. il telegramma pari data del Re a Minghetti, ed in Le lettere di Vittorio Emanuele II:

393

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 402. Vienna, 28 settembre 1875 (per. il 2 ottobre).

Jeri venne da me l'Agente serbo presso questo Governo, Signor Zukitch, che del pari erasi recato presso i miei Colleghi ed al Ministero degli Affari Esteri; e dichiaravami esplicitamente non aver fondamento di sorta ,la voce corsa che la Skupschtina avesse, parallelamente all'indirizzo ufficiale diretto al Principe, rivoltogliene un altro tenuto segreto, in cui le velleità guerresche sarebbero state ben altrimenti accentuate. Egli soggiungevami che un progetto in tale senso era bensì stato ventilato in seno all'assemblea, ma che il Signor Ristich l'aveva assolutamente respinto, e che anzi onde ottenere non si desse seguito a tale idea, si era piegato ad accettare che il solo indirizzo che si sarebbe fatto, contenesse taluna espressione anche più viva di quanto forse sarebbe stato conv;eniente.

A questo proposito feci osservare al Signor Zukitch che l'indirizzo di cui è caso, e che in extenso avevamo sott'occhio, non aveva che fare col sunto di esso, che per incarico del suo Governo aveva comunicato, in via particolare, tanto a me che ai miei Col1eghi due giorni prima, e quindi gli feci abbastanza chiaramente capire che un tale modo di procedere non era atto ad iniziare quel

17 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

la fiducia negli intendimenti pacifici del suo Governo, che pure sarebbe sommamente utile il Gabinetto di Belgrado si studiasse di infondere, in questo momento, nei Gabinetti delle grandi potenze. Il Signor Zukitch dovette convenire meco che in fatto, nel trasmessogli sunto telegrafico, i passi più accentuati dell'indirizzo erano stati omessi e Quelli riportati, alquanto attenuati. Ciò non di meno egli studiassi di persuadermi : il suo Governo bene apprezzare la situazione poco favorevole in cui la Serbia si trova, ed essere fermamente deciso a non lasciarsi trascinare ad atti inconsulti, cosa ch'egli guarentivami non succederebbe, salvo che la rivoluzione avesse a rovesciare il Governo. Io non mancai di cogliere l'occasione per porre sott'occhi al mio interlocutore, il più chiaramente che mi fu possibile, la vera situazione in cui il Principato si trova, situazione d'altronde che il Signor Zukitch è troppo accorto per non apprezzare pienamente, trovandosi egli a Vienna da più di un anno. Insomma gli parlai chiaro, eccitandolo a fare altrettanto col suo Governo; fu però mia cura non urtare i suoi sentimenti, ed anzi rendergli accetti i miei consigli, tenendogli sempre un linguaggio simpatico pel suo Paese. Il Signor Zukitch mostrassi gradire l'attitudine da me seco lui presa, ed assicuravami che, tanto il suo Principe quanto il Governo di Belgrado, non si facevano illusioni di sorta, ben sapendo che in questo momento l'accordo fra i Gabinetti di Pietroburgo e Vienna era perfetto, checché potessero tal volta lasciar supporre taluni agenti subalterni del Governo russo. sì per difetto ancora di ben precise istruzioni, come eziandio in conseguenza di vecchie tradizioni o particolari loro tendenze.

394

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 203. Roma, 30 settembre 1875, ore 14,30.

La France et l'Autriche jugent que les premières propositions des consuls so n t inadmissibles. L'Angleterre n'a pas fait connaitre so n opinion, mais elle est sans doute opposée à toute intervention formelle. J'ai télégraphié à Durando de rédiger son rapport et de vous en ,envoyer copie. Il est bon que vous sachiez aue le comte Andrassy tient à concentrer à Vienne 'les négociations. S'il y a des conférenc,es à Constantinople ne perdez pas de vue que nous désirons marcher d'accord avec les trois empires. Tout en réservant l'opinion

du Gouvernement, vous pourrez donc vous exprimer dans le meme sens que les ambassadeurs de Russie, d'Autriche et d'Allemagne.

395

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 459. Pietroburgo, 30 settembre 1875, ore 14,30 (per. ore 16,30).

Baron de Jomini vient de m'informer Qu'en vue de la gravité de la situation actuelle des choses en Serbie il a proposé à Vienne que les puissances fassent

à Belgrade démarche collective énergicue pour retenir Servie dans la neutralité. Si malgré tout hostilités éclatent, le Gouvernement russe admet l'occupation turque à la condition qu'elle soit temporaire, que les forteresses ne soient pas occupées, que les droits de la principauté restent intacts et f!.Ue les agents des puissances veillent à l'exécution de ces ... (l) concertés préalablemente entr'elles d'après article 29 du traité de Paris. Le baron me charge de référer ce qui précède à V. E. et désire connaitre l'opinion du Gouvernement italien à ce sujet. Il n'a pas encore réponse de Vienne. J'ai envoyé aujourd'hui rapport par courrier.

396

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 403. Vienna, 30 settembre 1875 (per. il 5 ottobre).

Da persona, che ho luogo di ritenere venne informata, mi viene riferito che il Governo Montenegrino fa, in questo momento, notevoli acquisti di fucili da una fabbrica d'armi in Vienna, che mi venne anche indicata. Mi risulta parimenti che l'Ambasciatore turco ne mosse lagnanza a Questo Governo e che Sir Andrew Buchanan ne tenne pure parola col Bar(}ne Hofmann. Ignoro cosa sia stato risposto al primo, ma al secondo so essere stato detto che il Governo Imperiale non poteva impedire la vendita di armi a chi si presentava per farne acquisto; ma che però vegliava al suo confine col Montenegro perché armi non venissero da colà introdotte nel Principato. Il Barone Hofmann conchiudeva poi il suo dire con queste parole: d'altronde a tutti è noto che i Carlisti traggono tutte le loro armi dall'Inghilterra, né perciò è venuto mai in mente a nessuno di supporre il Governo della Regina simpatizzasse colla causa di Don Carlo. Non mi consta l'Ambasciator·e inglese abbia trovato altra risposta da fare a questa uscita, salvo di dire che il caso era differente. Circostanza che mi accorgo di avere ommessa ed a cui però non credo sia a darsi soverchia importanza si è che quelle armi si pagano tutte con tratte su Case russe.

397

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R.R. 404. Vienna, 30 settembre 1875 (per. il 5 ottobre).

Colle seguenti parole io cominciavo il telegramma, che nelle ore pomeridiane di jeri rivolgeva all'E. V.: • En ce moment deux centres dirigeants font sentir leur action dans la question de l'Herzégovine, Vienne et Constantinople •. Presentandomi ora sicuro mezzo onde fare impostare il presente rapporto sul

suolo Italiano, m'accingo a porgerle alcuni schiarimenti sul fatto, in tal maniera semplicemente accennato. Non ho d'uopo d'assicurarLa che quanto sto per riferirle, per ciò che ha tratto a fatti, fu da me attinto a sicurissima fonte.

Sin da' primi giorni in cui l'insurrezione nell'Erzegovina ebbe a far parlare di sé, e diede così origine a scambii d'idee fra le così dette Potenze Nordiche, ad iniziativa, ho luogo di credere del Gabinetto di Berlino, venne stabilito di comune accordo, che a Vienna si sarebbe stabilito una specie di conferenza permanente fra il Conte Andrassy e gli Ambasciatori delle altre due Potenze e che quindi da questa capitale sarebbe partita l'iniziativa di ogni misura a prendersi. Dava naturale ragione d'essere alla cosa, l'interesse predominante che l'Austria-Ungheria, come Potenza confinante alla provincia insorta, aveva alla questione; e con ciò volevasi anche dare all'Austria-Ungheria una guarentigia de' sentimenti lealmente amichevoli della Russia. L'Imperatore Alessandro, a cui avea singolarmente piaciuto un primo rapporto del Signor di Nowikoff su quella questione, non fece opposizione alla proposta fattagli dalla Germania, che d'altronde avendo con ragione anch'essa piena fiducia nell'oculatezza del suo Ambasciature qui, era persuasa che in niun altro sito avrebbe potuto essere con maggior sicurezza rappresentata. A ciò aggiungasi che con quella concessione i Gabinetti di Berlino e Pietroburgo pensavano di rafforzare maggiormente ancora la posizione del Conte Andrassy, che fondatamente ravvisano sia interesse loro rimanga al potere, e facilmente capirassi come l'accordo su questa questione di base si sia stabilito.

Le conferenze in conseguenza di ciò tenutesi al Ministero Imperiale degli Affari Esteri procedettero infatti ottimamente e checché talun giornale abbia potuto dire, non pare siavi mai stato durante esse il menomo disaccordo e così si arrivò sino alla missione de' Consoli. Circostanza da notarsi si è, che durante quel primo stadio il Generale Ignatieff trovavasi assente da Costantinopoli, lasciando così il terreno libero al suo competitore il Signor di Nowikoff, che, come dissi, avea nel frattempo saputo guadagnarsi la fiducia del suo Padrone.

Ma compiuto questo primo atto, il Conte Andrassy, che felicemente avea finto allora condotta l'azione diplomatica, il.asciava Vienna per recarsi a Terebes. A riguardo di questo fatto gli apprezzamenti sono divisi; v'ha chi crede che Egli abbia preso un tal partito unicamente attratto da quel bisogno di riposo e di respirare aria più pura, che generalmente i suoi colleghi provano giunta la bella stagione, onde riparare così le forze scem~te dal soverchio lavoro dei rimanenti mesi dell'anno. Altri invece· opinano, ch'Egli ciò facesse onde togliere gravità alla situazione, mostrando di non darvi sufficiente importanza, da mutare per ciò le sue consuete abitudini. Fatto sta che per chi osservò attentamente le cose un mutamento nel primo indirizzo non tardò a farsi sentire. Il Generale Ignatieff da quel giorno andò mano mano richiamando a sé la direzione dell'azione diplomatica in questa questione, secondato in ciò, a quanto si dice, dal Signor di Jomini, che avrebbe per Lui ben maggiore inclinazione che per il Nowikoff. Il primo atto che fu notato come sintomo di questo nuovo indirizzo si fu l'opposizione con successo da lui mossa acché il Console in Ragusa andasse come Commissario. Egli pretese designare a tale ufficio il Conwle a Scutari suo dipendente e come tale ebbe a dargli Lui le istruzioni, mentre prima era stato stabilito che quelle istruzioni sarebbero date dal Nowikoff. Ragione restò all'Ignatieff

ed il Governo Russo per cavarsela invitò il Console a Ragusa a dichiararsi ammalato. Intanto il Conte Zichy giungeva a Costantinopoli e prima ancora che ponesse il piede a terra, già il suo collega Russo se l'era intieramente accaparrato.

Continuavano i Consoli la loro missione ed il Conte Andrassy prolungava il suo soggiorno a Terebes, anche al di là di quanto avl'ebbe desiderato, una caduta da cavallo av,endolo costretto a forzato maggior riposo per alcuni giorni. Cosa ebbe a fare durante quel tempo il Generale Ignatieff, meglio di me sarà in grado di riferirlo all'E. V. il mio collega di Costantinopoli; ciò che so si è, che il Barone Hofmann rimasto a Vienna a reggere il Ministero degli Affari Esteri, non tardò ad accorgersi che dalle rive del Danubio il perno dell'azione diplomatica erasi insensibilment,e trasportato su quelle del Bosforo. Onde richiamarlo alla sua prima sede, riunì presso di sé in Vienna un giorno, i due Ambasciatori di Germania e di Russia, onde comunicar loro, ed averne per reciprocità, le notizie ad ognuno de' tre pervenute nel frattempo. Si fu in quella riunione, che il Signor di Nowikoff fece di sua iniziativa la proposta di prolungare la missione de' Consoli oltre il termine prima prefisso. Essendo questa proposta stata accettata a Pietroburgo prima, poscia a Berlino e finalmente dal Conte Andrassy al suo ritorno, il Generale Ignatiew ne ebbe conoscenza e mentre si stava discutendone qui la definitiva redazione per darne poscia comunicazione alle altre tre potenze, onde averne il loro concorso, ove credessero darlo, Egli riuniva senz'a'ltro a Costantinopoli a casa sua i rappresentanti delle sei potenze ed in quella riunione formolavasi sotto i suoi auspici il progetto delle nuove istruzioni a darsi ai Consoli, che il telegrafo ci comunicava jeri con precisione tale da far ritener,e l'avesse avuto dalla miglior fonte. Il rapporto su questa riunione spedito telegraficamente dal Conte Zichy, smascherando quasi completamente le batterie del Generale IgnaHew destò molto mal'umore qui. Il Conte Andrassy ciò non di meno, credette, onde salvare le apparenze, più conveniente approvare le istruzioni date dal Conte Zichy al Console AustroUngarico, colla riserva però che questi dovrebbe spedire direttamente a Vienna il suo rapporto, dandone solo per copia comunicazione all'Ambasciatore e restando ben inteso che le ulteriori decisioni a prendersi in conseguenza di esso gli sarebbero fatte conoscere di qui.

Così stanno le cose oggi, come si metteranno d'ora in avanti difficile sarebbemi il prevederlo, parmi però si possa ritenere abbastanza probabile che il Generale Ignatiew, il quale nutre un vecchio rancore contro il Conte Andrassy, che Egli ritiene, non senza ragione, abbia fatto opposizione al vivo desiderio da Lui esternato a Pietroburgo di cambiare il posto di Costantinopoli con quello di Vienna, non si terrà così facilmente come battuto e rinnoverà i suoi tentativi di riprendere Lui il mestolo. A chi resterà la vittoria definitiva, questo è ciò che si vedrà in seguito, ma intanto conviene non perdere di vista l'esistente dualismo, che a parer mio rende sempre più difficile l'azione delle potenze, che al pari dell'Italia furono dalle circostanze costrette ad associarsi all'azione di tre potenze già antecedentemente assieme vincolate da un contratto, di cui esse non conoscono i termini ed il cui modus procedendi ora è sì poco chiaramente tracciato, da potersi difficilmente sapere ove s'abbia a far capo, anche solo per continual'e nell'intrapresa associazione. In quanto a noi

in particolare, premesso che ·tirarsi all'infuori da questa azione diplomatica, comunque abbia ad esercitarsi, sarebbe un suicidio, non ci rimane a mio avviso che una sola strada a battere, cioè associarsi sempre al concorde parere delle tl'e potenze Nordiche, ovunque si spieghi, a Vienna come a Costantinopoli, sino al giorno in cui si addivenisse ad un intervento militare od altrimenti si procedesse a fatti che iniziassero mutamenti territoriali, allora sarebbe il momento di fare innanzi le nostre riserve, che troveranno quell'appoggio che ci saremo potuto procurare innanzi, cattivandoci efficacemente l'amicizia della Germania.

Onde non essere presi di sorpresa, si è a Costantinopoli che, a mio avviso, conviene tenere più che ovunque gli occhi aperti, poiché, posso ingannarmi, ma tutto mi dà a credere sia colà che la partita è più seriamente impegnata. L'alleanza de' tre Imperatori, più che sul comune interesse, poggia sulla reciproca diffidenza; una tal base non è guarentigia di lunga durata a fronte di forti scosse e l'Ignatiew è uomo da non lasciar sfuggire il momento e da scegliere i mezzi adeguati, onde raggiungere i suoi fini; essenzialmente dunque è colà che conviene osservare l'azione della Russia, potenza essenzialmente direttrice in questa questione.

(l) Gruppo indecifrato.

398

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 17. Therapia, 30 settembre 1875 (per. l' 8 ottobre).

Nulla è più comparso da Mostar, dopo che ebbi l'onore d'indir.jzzare all'E. V. il mio Rapporto deili 28 Settembre, al n. 15 di questa Serie (1). Però è evidente che la missione dei Consoli Delegati volge al suo fine, ed è tempo di prendere in considerazione gli effetti che ne debbono derivare.

I Consoli Delegati faranno adunque i loro rapporti sullo stato dell'Erzegovina, sui mali che la travagliano, sulle cause di Questi mali, sui rimedi da applicarsi, e o..uesti Rapporti verranno a Costantinopoli.

Ora, è egli probabile che le Potenze dichiarino la missione dei Consoli non avere riuscito, e doversi lasciare quelle popolazioni in balia alle vendette della parle avversa? Questa non è cosa possibile, ed è anzi nel corso naturale delle cose che i rispettivi Governi si facciano a prendere in considerazione· le relazioni delle missioni in discorso, non che gli effetti che se ne debbono trarre. È adunque oltremodo probabile, ed il Generale Ignatiew già toccò meco dell'argomento, che venga proposto che i Rappresentanti delle Potenze Garanti a Costantinopoli si riuniscano per iscambiare le loro idee sui rapporti ricevuti e sui rimedi da proporre alla Porta. Né io vedo alcun inconveniente a questo scambio d'idee, che io mi asterrò dal chiamare conferenza perché la parola dispiace a qualcuno.

Le sei Potenze Garanti sono invero in questo momento animate dallo stesso desiderio di conservare la pace, d'ottenere dalla Porta delle concessioni che rendano quelle Provincie più soddisfatte e tranquille e di evitare che la commozione si estenda. Tutti lavorano a questo scopo. Per l'Austria la pacificazione delle Provincie Slave è una quistione di vitale importanza. La Russia fa indubbiamente ogni sforzo per ritenere la Servia ed il Montenegro dal prender parte alla lotta, e veramente l'Europa debbe esserle riconoscente di siffatti sforzi, poiché è evidente che basterebbe un suo cenno per appiccare il fuoco ai quattro canti dell'Impero. La Germania divide completamente le idee della Russia in Oriente. Le altre Potenze desiderano sopra ogni cosa il ristabilimento della pace. Né si tratta ora della rigenerazione dell'Impero Ottomano, ma solo di sciogliere la questione dell'Erzegovina in modo conforme ai principii della umanità, alla dignità delle Potenze Garanti.

In tali circostanze non mi sembra che sarebbe difficile di stabilire uno scambio d'idee che conduca ad un accordo sulla condotta da seguire, E questi argomenti hanno tanto peso che non credo si rifiuterà di prendervi parte neppure l'Ambasciatore Inglese, il quale tutt'al più vi porrà per condizione di non impegnarsi pel caso si credesse opportuno di adottare delle misure collettive. Né la Porta potrà adombrarsi per una deliberazione la quale non è che la necessaria conseguenza di quanto è già seguito nell'Erzegovina.

Io non credo adunque che saranno per sorgere serie complicazioni dal presente stato di cose, a meno che la lotta non sia per estendersi alle vicine provincie. , , 1

Le notizie della Servia infatti continuano ad essere assai gravi. Il Mon-' tenegro è tenuto a stento. Un movimento in queste provincie potrebbe dar luogo a conseguenze della più alta gravità. Né oserei nelle presenti congiunture fare pronostici sopra queste eventualità.

P. S. Unita una lettera particolare per V. E.

(l) Non pubblicato.

399

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 205. Roma, l ottobre 1875, ore 22,15.

Nous avons insisté tout récemment à Belgrade pour exhorter prince à maintenir sa neutralité et à ne pas mettre en danger son autonomie. Cependant et si les trois empires sont d'accord de faire une démarche collective nous n'hésitons pas à nous y associer dans l'espoir que cette intimation énergique pourra suffire au but de la paix.

400

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 18. Therapia, 1 ottobre 1875 (per. l' 8).

Stamane ricevetti il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi nella giornata di jeri (l); e La prego d'aggradire li miei distinti ringraziamenti sia per le nozioni, sia per le istruzioni che esso contiene.

Non solo l'Austria e la Francia hanno trovato le prime proposte dei Consoli Delegati inammessibili, ma eziandio la Russia; che anzi il Generale Ignatiew ne fu piuttosto contrariato, poiché il loro carattere era tale che non poteva seriamente presentarle alla Sublime Porta, epperò prendeva la determinazione, siccome ebbi già l'onore di significare all'E. V., d'invitare H suo Console Delegato a cercare una soluzione più pratica.

Dal mio canto confesso che la prima impressione che provai nel prendere conoscenza di tali proposte fu che non fosse conveniente di trasferirmi alla Porta per proporle e sostenerle. E quando intesi l'opinione che di esse avevano i miei Colleghi, mi confermai sempre più in questa idea. p,erò mi limitai a telegrafare al Signor Durando di concertarsi coi suoi Colleghi affine di ritrovare una soluzione più accettabile alle due parti.

S'intende che il Conte Andrassy desideri di portare a Vienna la sede delle future trattative sulla presente questione. Il Generale Ignatiew inv,ece vorrebbe ch'esse seguissero a Costantinopoli. Che anzi, siccome già ebbi l'onore di riferire all'E. V., pel mio precedente rapporto, già trattasi di siffatta eventualità. E, da una lunga conversazione ch'ebbi jeri coll'Ambasciator,e di Inghilterra, mi sembrò che S. E. non fosse aliena, sotto certe riserve, dal prendere parte a queste deliberazioni.

Non ho bisogno di aggiungere che mi atterrò strettamente, come già feci per lo passato, alle saggie istruzioni che V. E. mi ripete per 'l'ultimo paragrafo del telegramma predetto.

401

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L.P. Therapia, 1 ottobre 1875.

Allorché ricevetti le prime proposte dei Consoli delegati mi trasferii presso il Generale Ignatieff per domandargli iJ. suo avviso. S. E. ne era assai contrariata, e disse doversi cercare un'altra soluzione. Gli domandai se veramente credeva che i Consoli troverebbero la panacea atta a guarire i mali dell'Erzegovina, cui rispose: • J'aime mieux de donner que de recevoir de telles instructions •. E questo proposito dà la misura della serietà di quelle elucubrazioni.

Io non solo mi tengo e terrò sempre in pieno accordo cogli Ambasciatori dei tre Imperi, ma m'adopro eziandio per quanto posso a scemare gli screzii che esistono fra di essi e quello d'Inghilterra, e ad ottenere la cooperazione di questi, cui mi pare tenga assai il Generale Ignatiev. L'Ambasciatore di Francia lavora nel medesimo senso.

Nelle alte sfere politiche esiste una viva lotta fra il Gran Vizir ed il Ministro della Guerra. Il secondo vorrebbe il governo seguisse una linea più energica e più indipendente dalle Potenze garanti, e cerca di rovesciare Mahmoud Pacha affine di far prevalere la sua politica. È un lavoro che si fa nel Palazzo coi mezzi usati in questo paese, e mi si dice che il Sultano sia assai agitato e perplesso. Non si può prevedere chi vincerà. Gli Ambasciatori, compreso quello d'Inghilterra, sono piuttosto favorevoli a Mahmoud Pacha, la cui presente amministrazione è generalmente giudicata con maggior favore della sua precedente.

(l) Cfr. n. 394.

402

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI

T. 209. Roma, 2 ottobre 1875, ore 13,15.

Russie et Autriche sont d'accord pour faire démarche collective auprès du Gouvernement serbe dans ce sens: que si Servie provoque Turquie, les puissances s'abstiendront de la préserver d'une occupation de la Turquie aux termes du traité de 1856. Mème déclaration doit ètre faite par les consuls d'Allemagne, France et Angleterre. Vous ètes autorisé à vous unir à vos collègues pour faire la déclaration sur-indiquée (1). On agit à Constantinople pour empecher la Turquie de provoquer la Servie.

403

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2569. Parigi, 2 ottobre 1875 (per. il 5).

Nelle questioni che fe,ce sorgere improvvisamente l'insurrezione della Bosnia e dell'Erzegovina, la condotta del Governo francese, secondo che m'assicurò il Duca Decazes, s'impronta d'uno spirito di prudente riserva.

La Francia desidera, mi disse il Ministro francese degli affari esteri, che la pace non sia compromessa in Oriente, e che per conseguenza l'insurrezione cessi in modo da non riprodursi a breve intervallo. A questo fine, secondo il Duca Decazes, la Turchia dovrebbe essa stessa prendere l'iniziativa delle riforme indispensabili e le Potenze dovrebbero agire d'accordo presso Ia Porta in questo senso. L'E. V. è informata senza dubbio di quanto il Gabinetto di

Versaglia fece e disse fin qui intorno a questa questione, giacché il Duca Decazes mi affermò che per mezzo della Legazione di Francia a Roma egli si tenne in costante comunione l'idee con Lei. Io mi limiterò Quindi a riferire qui per sommi capi le cose dettemi dal Duca Decazes dopo il suo e mio ritorno a Parigi.

Le proposte trasmesse dai Consoli delegati ai rispettivi Governi dopo la loro escursione nei paesi insorti sono, a quanto sembra, abbandonate da tutte le Potenze. Il Gabinetto di Pietroburgo avrebbe invitato l'Austria-Ungheria a proporre una riunione permanente dei Rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli, nello scopo di formolare e suggerire alla Porta le riforme credute indispensabili pel ristabilimento della pace nei due paesi insorti. Ma pare che il Gabinetto di Vienna opponga qualche difficoltà rispetto a quest'idea d'una riunione permanente, osservando che in fatto i Rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli possono considerarsi come già di loro natura permanentemente riuniti. La Russia avrebbe egualmente invitato l'Austria a prendere le misure convenienti sulla sua frontiera per accogliere le popolazioni dei paesi insorti che fossero forzate a cercare rifugio sul territorio austro-ungarico.

Secondo le ultime notizie Queste misure sarebbero prese.

D'altro lato, il Gran Vizir, in una visita da lui fatta al Signor de Bourgoing, avrebbe domandato all'Ambasciatore di Francia consiglio sul da farsi. Il Signor de Bourgolng l'avrebbe consigliato a prendere l'iniziativa delle riforme ed a non attendere ch'esse gli vengano suggerite dalle Potenze. Il Gran Vizir avrebbe osservato che ove s'introducessero riforme, specialmente pel regime fiscale, il primo risultamento di esse sarebbe di ridurre le ,entrate del Tesoro, ed accennò a possibili e conseguenti riduzioni che il Tesoro sarebbe costretto a fare nei pagamenti ai suoi creditori esteri. Il Signor Bourgoing non volle naturalmente seguire il Gran Vizir su questo terreno e domandò istruzioni al Duca Decazes. Questi confermò il consiglio alla Porta di prendere l'iniziativa delle riforme e suggerì, come base di esse, il trattamento fatto dalla Turchia ai cristiani dell'isola di Candia, essendovi una certa analogia fra la situazione di quest'isola e quella della Bosnia e dell'Erzegovina. Questa idea di prendere per base delle riforme H trattamento fatto ai cristiani di Creta sembrerebbe guadagnare terreno nello spirito delle Potenze.

Il Duca Decazes conchiuse dicendomi che continuerebbe a tenersi in comune d'idee coll'E. V. intorno a questa questione. Accusandole ricevuta e ringraziandola del dispaccio di Questa Serie n. 577 del 26 settembre scorso... (1).

(l) Con t. 210 del 3 ottobre Artom informò i rappresentanti a Parigi, Vienna e Pietroburga di queste istruzioni date al console a Belgrado.

404

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1521. Berlino, 3 ottobre 1875 (per. il 7).

La Norddeutsche Allgemeine Zeitung contient dans son numéro 230 un article dont je joins ici la traduction. Dans une bonne intentlon sans doute, ce

journal donne, à propos du voyage de S. M. l'Empereur en Italie, une explication accueillie cependant très à la légère. Il saute aux yeux en effet, que l'initiative du choix de Milan pour la rencontre des deux Souverains, n'émane ni du Roi, ni de son Gouvernement. C'est là une combinaison dont M. de Keudell, en revenant de Varzin l'année dernière à l'époque de son congé, m'a parlé pour la première fois. Je n'avais pas manqué de laisser entendre que Florence serait mieux indiquée, dans le cas où Rome continuerait à présenter des difficultés insurmontables au point de vue du Cabinet de Berlin.

Bref, si nous avons du nous adapter au choix de Milan, nous ne l'avons certes pas conseillé. Nous nous y sommes plutòt résignés, par sentiment de déférence vis-à-vis de l'Empereur, pour Lui épargner les fatigues d'un plus long voyage.

Je n'ai pas manqué d'appeler l'attention du Secrétair,e d'Etat sur une publication, aussi déplacée qu'inexacte. M. de Billow, de son còté, l'a vivement blamée, en m'assurant que le Gouvernement était complètement étranger à un tel manque de tact.

.ALLEGATO.

ARTICOLO DELLA NORDDEUTSCHE ALLGEMEINE ZEITUNG

(Traduzione)

All'incontro dei commenti con i quali, a proposito del viaggio dell'Imperatore in Italia, si stima di dover discutere la questione, per qual motivo si sia scelto Milano, e non Roma, per il convegno dell'Imperatore con il Re d'Italia, viene opposto da chi è informato, che non si fece mai parola di un viaggio sino a Roma, e che il Re d'Italia medesimo, quando si ebbe altra volta a trattare questo incontro aveva di Sua iniziativa espresso il desiderio di incontrare l'Imperatore nell'Alta Italia.

(l) Cfr. n. 384.

405

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2312/540. Londra, 3 ottobre 1875 (per. l' 8).

Ho l'onore di ringraziare l'E. V. per gli ossequiati dispacci di questa serie nn. 235 e 237 delli 20 e 26 del mese andato (l) concernenti la missione del Signor Cavaliere Durando presso gli insorti nella Erzegovina.

Il Signor Lister, nel dirmi ieri che venne dato l'ordine al Console Britannico di presentare separatamente la relazione della sua missione, mi manifestava 'la speranza che • l'ingerenza delle Potenze non abbia altro seguito; e si lasci che la Turchia compia da sé le riforme da lei medesima riconosciute indispensabili •. Discorrendomi, poi, sulle politiche delle altre Potenze, il Si

gnor Lister mi ha detto che • sebbene il Governo britannico non s'illuda sui moventi della politica adottata dalla Russia dacché il Generale Ignatieff è Ambasciatore a Costantinopoli, pur nondimeno codesta attitudine e azione della Russia è utilissima nelle attuali circostanze ».

Un membro del Parlamento Britannico e appartenente al partito che ora governa, ,essendo qui di passaggio, mi ha discorso l'altr'ieri delle ragioni per le quali ha il Times assunte le difese della insurrezione. • Quel giornale, per varj errori commessi, era caduto alquanto dalla estimazione delle classi medie, le cui opinioni è uso a rappresentare, e codeste classi (ad eccezione di quella minoranza interessata con la " Banca Ottomana ") essendo stanche dell'ostinato malgoverno e della oppressione che gravano in modo insoffribile sulle popolazioni Cristiane della Porta, ha il Signor Delane voluto ricuperare quella parte di prestigio perduto col farsi risolutamente l'avvocato delle tendenze e simpatie che dirigono la maggioranza del pubblico inglese •.

• La Porta Ottomana -continuava a dirmi lo stesso Signore -va lasciata ai suoi proprj destini. Ed in codesto senso la politica del non-intervento da parte dell'InghiHerra dev'essere approvata, e se questa politica, consigliata alle altre Potenze, ha in pari tempo per iscopo il mantenimento della pace generale di Europa. Ma ove si spiegasse in un senso più favorevole per gli Ottomani non rappresenterebbe la volontà del maggior numero degl'Inglesi. E noi abbiamo cagione di temere che oggidì esista nel Governo una soverchia simpatia per la Porta, imperocché la politica nostra, rispetto aHa quistione che si sta agitando, è iniziata e diretta, più che dal Foreign Office, da Sir Henry Elliott Ambasciatore in Costantinopoli •.

Queste parole mi sono sembrate meritevoli d'esserLe riferite perché mi furono rivolte da persona autorevole e compendiano altri discorsi da me uditi in questi giorni.

(l) Cfr. nn. 377 e 384.

406

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 22. Therapia, 3 ottobre 1875 (per. il 13).

Il progetto del Conte Andrassy di concentrare a Vienna le trattative per la soluzione della questione Erzegovina è altamente disapprovato dall'Ambasciatore di Russia in questa residenza. Egli lo attribuisce al desiderio per parte del Cancelliere Imperiale di procacciarsi la maggior parte del prestigio e del merito della soluzione agli occhi delle popolazioni Slave, e di raffermare per tal modo presso di esse l'influenza del Governo Imperiale.

S. E. crede eziandio che il Conte Andrassy intenderebbe probabilmente di restringere di nuovo l'azione diplomatica ai Rappresentanti dei Tre Imperi, salvo ad ammettere poscia l'adesione delle altre Potenze Garanti, mentre il Governo Russo ha già manifestato il desiderio che a siffatti negoziati partecipino tutte le Potenze che firmarono il Trattato di Parigi.

Il Generale Ignatiew dicevami avere fatto intendere parole energiche in questo senso a Pietroburgo ed a Livadia, aggiungendo sarebbe oltremodo difficile pei Rappresentanti in questa residenza di presentarsi alla Sublime Porta con un progetto che sarebbe stato formolato a Vienna, e che pel solo fatto di venire da una conferenza tenuta all',estero, non potrebbe a meno di eccitare le vive suscettibilità del Governo Ottomano. Finora però non aveva ricevuto una risposta definitiva.

Forse prima che il presente venga alle mani dell'E. V., qualche ulteriore notizia le sarà giunta riguardo al luogo dove debbono seguire questi negoziati. Dal mio canto non ho che da raccogliere tutte le notizie che posso in proposito e trasmetterle a V. E., imperocché senza un ordine espresso di Essa io non sarei per intromettermi in una quistione, che, sebbene non sia che incidentale, pure tocca in sommo grado gl'interessi dei due Imperi, ed in ogni caso non sarà decisa a Costantinopoli. S'intendano eglino come meglio potranno sopra di essa, e noi faremo caldi voti perche si mantenga incolume un accordo sì salutare pel mantenimento della pace Europea, e che in ogni caso rende la politica Italiana assai più semplice.

Gli Ambasciatori d'Inghilterra e di Francia si esprimono in termini assai riservati sopra questo argomento, né dimostrano alcuna ansietà che le trattative in discorso abbiano luogo in Costantinopoli.

Il desiderio della Porta sarebbe che, la missione Consolare nell'Erzegovina essendo terminata, i Delegati fossero rimandati alle rispettive residenze, e non seguissero conferenze in nessun luogo.

407

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 406. Vienna, 4 ottobre 1875 (per. il 7).

Ricevo in questo momento l'ossequiato dispaccio dell'E. V. del 28 scorso mese N. 180 della p11esente serie (1), col quale Ella si compiace svilupparmi maggiormente il contenuto del suo telegramma dello stesso giorno (2) ed al tempo stesso mi rinnova l'invito di esprimere il mio modo di vedere in proposito, non che quello del Governo di Sua Maestà Apostolica.

Già ebbi a rispondere al riguardo abbastanza esplicitamente ritengo col mio telegramma de' 29 (l); d'altronde com'è naturale la trattazione della questione, a cui quei telegrammi si riferiscono, facendosi essenzialmente col mezzo telegrafico, l'aspetto di essa è cambiato da quel giorno ed inutile sarebbe a parer mio ritornare oggi su di un fatto, di cui già più non si parla. Mi limiterò dunque soltanto a ripetere qui, che la proposta fatta da' Consoli d'un intervento formale delle potenze fu ritenuta assolutamente inammessibile e quindi neppure per un momento presa in considerazione. Intanto però

verificavasi la riunione presso il Generale Ignatiew a Costantinopoli degli Inviati delle sei Potenze ed in quella veniva deciso di dare a' Consoli l'istruzione di compilare il rapporto sul loro operato ed al tempo stesso di proporre un pratico mezzo di pacificazione, volendo così dimostrare essenzialmente che quello prima proposto non lo era. Come telegrafai all'E. V., sebbene questo intervento diretto del Corpo Diplomatico di Costantinopoli poco garbasse qui ed anche a Berlino, pure ciò non di meno con qualche modificazione nella forma, la deliberazione, di cui è caso, venne approvata, tanto più ch'essa porgeva il mezzo di mantenere riuniti i Consoli, idea già prima accettata dalle tre Potenze, onde avere sopra luogo un mezzo d'azione di cui valersi all'evenienza. Suppongo l'E. V. avrà dal canto suo impartito i necessarii ordini al Signor Durando, affinché avesse a fare quello che faranno gli altri. Di più non mi trovo in grado di dire per il momento, poiché sebbene il centro d'azione in questa vertenza sia apparentemente qui, pure sta di fatto che l'iniziativa viene sempre da Pietroburgo, e che essenzialmente quel Gabinetto si è assunto, e gli altri due gli lasciano, l'ufficio di fare quelle aperture,

ch'esso crede alle altre tre Potenze.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 391.
408

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 50. Pietroburgo, 4 ottobre 1875 (per. il 12).

In seguito al telegramma direttomi da V. E. il 2 corrente (1), mi recai dal Barone Jomini per informarlo che il R. Governo era disposto, qualora le altre Potenze fossero d'accordo, ad associarsi alla dimostrazione collettiva da farsi a Belgrado.

Il Barone mi disse che H Conte Andrassy accettava la proposta del Governo Imperiale e che aveva di già invitato il Governo Germanico ad associarvisi. Egli mi soggiunse che quando l'Incaricato d'Affari Austro-Ungarico gli fece tale comunicazione, egli lo pregò di tosto telegrafare al Conte Andrassy che il Governo Russo ravvisava necessario che le altre Potenze firmatarie del Trattato di Parigi fossero invitate ad unirsi a quest'azione e che essendosi già egli messo in rapporto col Gabinetto di Berlino, si indirizzasse pure ai Gabinetti di Roma, di Londra e di Versaglia.

Il Barone a quest'occasione, come già nella conversazione che ebbi l'onore

di riferire a V. E. nel mio precedente rapporto, insistette sull'intenzione del

Governo Imperiale che l'azione da esercitarsi in questa crisi non sia limitata

solo ai tre Imperi ma sia esercitata da tutte le Potenze firmatarie del Trat

tato di Parigi.

Seppi dall'Incaricato d'Affari di Francia che il Barone gli tenne un lin

guaggio identico ed anche più preciso avendo esso per istruzione di evitare

che la Francia sia tenuta in disparte in quest'occasione.

Il Barone Jomini disse a me ed al Signor Laboulaye che la situazione interna dei partiti nella monarchia Austro-Ungarica è causa delle esitazioni e della riserva dimostrata talvolta dal conte Andrassy.

p,er altra parte si osserva che mentre il Governo Imperiale dichiara l'azione diplomatica dover essere concentrata a Vienna nelle mani del Conte Andrassy, non lascia poi sfuggire occasione di prendere l'iniziativa per la direzione da darsi al concerto delle Potenze.

Mi risulta pure che l'Agente Austriaco a Belgrado non ha sempre trovato nel suo collega di Russia Quella conformità d'azione su cui tanto insiste qui il Barone Jomini.

Non mi periterò ad entrare in apprezzamenti su Questi fatti, che credo però dover segnalare a V. E.

Il Barone Jomini mi raccomandò nuovamente di chiamare l'attenzione di V. E. sulla necessità che le Potenze si concertino, a mente del disposto dell'Art. 29 del Trattato di Parigi, nell'eventualità che l'intervento delle truppe Ottomane in Serbia fosse inevitabile. Era suo primo avviso che si dovesse far conoscere a Costantinopoli quanto sarebbe deciso dalle Potenze ma so che per ora giudica prematuro questo passo.

Confermando i miei telegrammi del 2 corrente, ... (1).

(l) Cfr. n. 399, partito in realtà alle 22,15 del 1° ottobre.

409

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Eredità Nigra)

L. P. Roma, 6 ottobre 1875.

Colgo l'occasione della partenza per Parigi del Commendatore Balduino per mandarti un saluto in fretta e renderti conto d'un piccolo incidente che mi par bene non sia ignorato da te.

Alcuni giorni sono, mentre Visconti era a Milano, M. Tiby venne da me e dopo avermi parlato della questione dell'Erzegovina, ed avermi espresso molti sospetti sul contegno dell'Austria, che non pareva a lui così corretto come quello della Russia, soggiunse che il Duca Decazes avevagli manifestato in modo confidenziale il disegno di mandare la flotta francese nell'Adriatico. Tiby mi chiese che cosa ne pensassi e se poteva dire al suo Governo che la flotta francese sarebbe ben accolta ad Ancona ed a Venezia.

Risposi subito che i porti italiani sono sempre aperti ai bastimenti francesi come a quelli di tutte le potenze amiche, ma non potei astenermi dall'esprimere qualche dubbio sull'opportunità di questo progetto in questo momento, potendo sembrare un atto di diffidenza verso l'Austria. Conchiusi però che avrei scritto a Visconti ,e gli avrei comunicato fra due o tre giorni la risposta.

Tiby ritornò infatti martedì scorso e mi disse, dopo aver parlato d'altro, e come en passant che il Duca Decazes aveva mutato avviso circa l'invio della flotta.

Io non ebbi dunque a comunicargli la risposta di Visconti che sarebbe stata conforme, del resto, alla mia. Pel caso però che la reticenza con cui mi espressi avesse avuto qualche influenza sul cambiamento di quella determinazione, mi preme che tu conosca le ragioni della riserva deUa mia risposta.

Avevo ricevuto nel giorno stesso l'avviso ufficiale dell'arrivo deH'Imperatore di Germania, senza però che ne fosse ancor fissata la data. La coincidenza di questo viaggio coll'arrivo della flotta francese nei nostri porti sarebbe stata deplorabile. Visconti e Minghetti furono d'accordo con me che avrebbe fatto un pessimo effetto sull'opinione pubblica, che non si sarebbe potuto guarentire una accoglienza molto cordiale ai marinai francesi ad Ancona ed a Venezia, e che anche nel caso in cui questo pericolo si fosse potuto evitare, le interpretazioni più strane, i confronti più pericolosi non avrebbero potuto cansarsi. Avevamo quindi già preparato un telegramma per te, dandoti l'incarico di cercar di impedire in modo gentile e confidenziale questa strana coincidenza. Fortunatamente Tiby lo rese inutile col suo secondo colloquio.

Ma è bene che tu sia informato di ciò, sia perché il progetto di mandar la flotta francese a Venezia può riapparire in questi giorni, sia perché tu possa distruggere l'impressione che noi, in circostanze ordinarie, esitiamo a concedere alla Francia ciò che è accordato ad altre potenze. È meglio non parlare con Decazes di questo incidente perché può darsi benissimo che non fosse altro se non un pensiero di Tiby. Ma se te ne fosse parlato, tu potrai spiegare nel modo più semplice la mia risposta, se pure non credi meglio tacerne il vero motivo.

Visconti è ritornato ieri. Partiremo probabilmente per Milano il 15 od il 16 corrente. Rivedrò B. a cui mi presentai altra volta, se lo ricordi, con una tua lettera.

(l) Non pubblicati.

410

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 296. Belgrado, 6 ottobre 1875 (per. l' 11).

* Fu inteso fra i colleghi miei e me che stamane fecimo al governo se·rbo la dichiarazione collettiva, della quale copia è allegata a questo dispaccio, e che ne rendessimo informati i nostri rispettivi governi con messaggi telegrafici in chiaro.

Il signor Paulovic, direttore del Ministero degli esteri, udinne la lettura fattane dall'agente di Russia e disse ne darebbe notizia al Principe ed al ministro che sarà per assumerne il portafoglio.

Gli agenti d'Austria-Ungheria e di Russia vollero porre in chiaro ciò che sarebbe interpretato come provocazione della Serbia contro la Turchia, e ciò sarebbe il lasciare che bande armate s'introducano dal territorio serbo nelle vicine provincie ottomane, o che alla frontiera si mantenesse accentrata la milizia in numero soverchiante il bisogno. Aggiunsero il consiglio che alla

pratica fatta dai cinque governi sia data la massima pubblicità, che si revochino gli ordini di mobilitazione dell'esercito, e che non si mantengano nei distretti di confine altri battaglioni se non quelli somministrati dalla milizia territoriale dei medesimi distretti. Osservai che sarebbe forse conveniente l'assicurare il Governo Principesco che le dichiarazioni dalla Porta fatte ai rappresentanti esteri, assicuravano il principato che il governo ottomano non si permetterebbe di aggredirlo; ed i signori Kartzoff e Wrede ripetevano questa assicurazione * (1).

Fu già menzionata nei colloquii dei rappresentanti dei tre imperi, ai quali il signor Debains ed io non credemmo opportuno di assistere e nei quali fu discusso e concertato il modo d'azione collettiva, la possibilità che divenisse necessaria l'occupazione del Principato da forze Austro-Ungariche: la prima mossa fu data dal Signor Kartzoff quando fu supposto che in casi determinati Ja Turchia non volesse o non potesse accingervisi essa stessa. E quando io notai discorrendo col Principe Wrede che la minaccia di un'occupazione Ottomana sembrava escludere l'Austro-Ungarica, egli mi disse che ciò non era assolutamente: e che in caso di necessità anche su questo punto vi sarebbe accordo fra i tre Imperi del nord. E forse direttamente od indirettamente questa possibilità non sarebbesi interamente nascosta al Governo Serbo se il Console d'Allemagna non avesse osservato che ciò oltrepassava le istruzioni comuni.

Intanto non v'à ministero: rifiuta ognuno di sobbarcarsi al carico: credono i miei colleghi e stimo abbiano ragione, che non vi sia più alcun pericolo di guerra; ma che prossimi torbidi e rivolgimenti interiori non offrano occasione ed opportunità ad interventi esteriori, nessuno, a mio avviso, può essere mallevadore.

P. S. -In una tornata segreta tenutasi stamattina udironsi nella Scuptcina voci apertamente ostili al Principe: questi chiese che i deputati recassersi a palazzo ed ora vi stanno ad udire la parola del Sovrano. La crisi è gravissima : la prevedevo come sicura in conseguenza della rinuncia del Signor Ristic: e temo non l'abbia antiveduta quel mio collega che della sua caduta sembrò farsi un punto d'onore. Naturalmente il Principe à da scegliere fra un colpo di Stato di esito oggi incertissimo, e la sua partenza: a questa allude soventissimo ed anche partendo non intende abdicare.

.ALLEGATO.

*Les représentants de l'Allemagne, d'Autriche-Hongrie, de France, d'Italie et de Russie (2), puissances signataires du traité de Paris et garantes de l'autonomie de la Serbie, sont chargés de recommander vivement au gouvernement princier, dans l'intérét méme de ce pays, de s'abstenir de toute mesure pouvant fournir à la Porte un prétexte pour se dire attaquée, et de déclar,er que ces puissances se verraient dans l'impossibilité de se prévaloir du traité de 1856 pour préserver la principauté d'une occupation turque, si le Gouvernement serbe se livrait à des actes agressifs contre la Porte *.

(l) -I brani fra asterischi sono eòiti in LV 22, P. 41. (2) -n rappresentante inglese fece in seguito un passo analogo (cfr. r. 298 di Joannini del 6 ottobre, non pubblicato).
411

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 10. Mostar, 6 ottobre 1875 (per. il 16).

Nella credenza che non sia affatto privo d'interesse il conoscere quale sia l'attitudine e le idee personali de' miei colleghi in questa Missione, ho l'onore di riferire quanto segue:

Prima della nostra partenza pei luoghi dell'insurrezione, da tutti in generale si riguardava la nostra missione, tale quale cl era stata precisata e circoscritta, come un non senso per un pratico risultato; ad eccezione del Delegato Inglese, il Quale trovava poiché erasi dagli istigatori fatto intendere agli insorti avere a sperare ajuti dai consanguinei Stati limitrofi e protezione dall'Europa, le nostre identiche dichiarazioni li avrebbero disingannati. Egli si felicitava di questa risoluzione delle Potenze, siccome prova di volontà sincera e concorde per mantenere l'integrità della Turchia.

Il Delegato Inglese, Signor Holmes, è Console in Bosnia dal 1861: fu sempre intimo coi governatori generali; e dai medesmi fu ognora informato particolarmente di tutte le cose di questi paesi. Ma l'amministrazione turca, sapendo molto potere l'Ambasciatore Inglese presso la Sublime Porta, ebbe cura di informare il Signor Holmes nel senso che più lo favoriva. Pertanto il Console Inglese non conoscendo la lingua slava, e solo attingendo le sue informazioni ad una fonte parziale erasi abituato a non vedere lo sgoverno dell'Amministrazione turca; a estimare come non fondati o per lo meno esagerati ·i lamenti dei cristiani; la loro agitazione uno spirito di ribellione; e i loro moti il solo effetto delle sobiHazioni e degli eccitamenti di oltre Drina e del Dormitor. Dell'attuale insurrezione poi pensava, come l'ex-governatore Dervisch Pascià l'aveva assicurato, essere l'opera di pochi stranieri, che per forza avevano sollevato i. cristiani, che gli incendii e le uccisioni dei cristiani erano perpetrati da que' facinorosi onde strascinare gli altri alle armi, ma che la più parte degli insorti era disposta a sottomettersi purché il Governo li proteggesse e li difendesse contro quegli eccitatori. Così il Signor Holmes si espresse più volte a me e a' Delegati miei Colleghi. Essendo stretto con lui da antica amicizia, e parendomi ~he egli non apprezzasse lo stato delle cose secondo verità, mi studiai di esporgli con prudenza le mie opinioni alquanto contrarie, e mettendolo in contatto di cristiani notabili, coi quali io gli serviva di interprete, provargli che dai funzionari turchi gH si era taciuto ciò che loro conveniva. Al momento di partil'e per la missione la sua fede nella lealtà dell'Amministrazione era scossa.

Il Delegato tedesco Console di Ragusa da oltre quindici anni, città che è

uno dei centri di agitazione per l'Erzegovina, propende personalmente tutto in

favore dei Cristiani.

Il Francese sebbene sia stato alcuni anni Vice Console in Mostar, non

mi pare avere una conoscenza esatta delle cose del paese. Egli è dato allo

studio delle Hngue, la qualcosa se non è fatta con molta intelligenza materializza lo spirito e lo rende astratto nei pratici giudizi. Il Delegato Russo, Console a Scutari, è piuttosto di pensare versatile, e non vede che la parte cristiana.

L'Austriaco, Console Generale a Scutari, è il più intelligente: fu in questi paesi e conosce bene il sistema dell'amministrazione turca. per lo quale punto non parteggia.

Dalle prime riunioni e dalle confidenze che soglionsi pigliare a volo, mi parve di accorgermi che i Delegati Occidentali non avevano in fondo altre istruzioni che ouelle identiche della missione. L'Inglese aveva poi per giunta di non rifiutarsi ad ascoltare i lamenti che gli si sarebbero fatti dai cristiani, ma non di incoraggiarli. Il Delegato di Germania doveva seguire il partito dei Delegati Russo e Austriaco, finché fossero questi d'accordo; se no, di accostarsi all'Austriaco. Il Russo si studiava di tenersi celato; ma dal suo dire e disdire lasciava travedere che, secondo lui, la missione era un tanto per far niente e lasciare all'insurrezione fare H suo corso: doversi finire coi turchi e annettere al Montenegro l'Erzegovina fino alla Narenta, o quanto meno consegnargliela in amministrazione. L'Austriaco era il più deciso, il più disimpacciato: d~l suo contegno mostrava avere precise istruzioni di ben altra portata che l'esortare solamente gli insorti a darsi in braccio ai turchi. Secondo lui la missione era un pretesto; il vero motivo essere l'invio di Delegati a scorrere il paese per vedere a fondo il vero stato delle cose. Diceva egii che prima ancora di accertarsene sapeva essere grave, e non esservi rimedio che in una occupazione militare in una specie di sequestro di queste due provincie fatto a nome dell'Europa da qualcuna delle Potenze, la qualf, le avrebbe riordinate, organizzate, e dopo venti anni restituite al suo legittimo sovrano.

Discutendosi il modo di eseguire il nostro mandato, l'Inglese proponeva di stare uniti: l'Austriaco di viaggiare separati; l'Inglese diceva bastare di recarsi a Nevesigne dove eravi il nucleo degli insorti i più riottosi, l'Austriaco voleva innanzi tutto percorrere il confine Dalmato, onde fare rientrare, diceva egli, le migliaia dei rifugiati in Dalmazia che erano un peso per l'Austria. Si era in queste divergenze allorché alla domane l'Austriaco propose che i Delegati del Nord partissero uniti per ,l'Erzegovina orientale e meridionale, gli altri per Nevesigne. Io mi adoperai presso i Delegati Russo e T,edesco affinch~ i due gruppi non accettassero una divisione di delegati del Nord e dell'Occidente: ed esposi i gravi inconvenienti e i dubbii apprezzamenti che nel giornalismo se ne sarebbero fatti. Fu accettato il mio consiglio. Si decise che io sarei andato a Nevesigne coll'Inglese e col Russo. Ma io che preferiva di seguire l'Austriaco e il Tedesco, per le molte ragioni che è facile intendere, feci prevedere al Francese che la sua parte di viaggio sarebbe stata lunga e difficile per scabrosità di luoghi sicché egli stesso mi offrì il cambio che accettai.

Al ritorno della spedizione tutti i Delegati furono altamente colpiti dallo stato del paese. Si parlò dell'insuccesso, ma nessuno proponendo cosa, io dissi che riguardava la mia missione siccome compiuta, e che avrei perciò chiesto autorizzazione di partirmene. Me ne dissuase l'Austriaco, e quando gli dissi

avere già telegrafato al Ministero del Re mi disse avere a fare una proposizione; della quale feci relazione nel mio rapporto 2 Ottobre corrente N. 7 (1).

La proposta austriaca essendo stata riguardata da tutti i Delegati, compreso l'Inglese che se ne è fatto anzi il campione, come la sola possibile ad ottenere una pacificazione immediata, non fu accetta in Costantinopoli. Il Generale IgnaHeff ne redarguì di botto il suo Delegato. L'Ambasciatore Francese· ed Inglese telegrafarono l'inaccettazione; ed H secondo aggiunse essergli stato dichiarato da alcuni suoi colleghi che i Delegati avevano oltrepassato il mandato loro. Il Console Austriaco rise di questo rifiuto, e mi disse: non si vuol~o intervento diplomatico? avranno il militare. Il Delegato Tedesco non ricevette risposta; né neppure l'invito venuto agli altri di adoperarsi a ricercare altra soluzione.

Da confidenze speciali fui informato che il Delegato Russo riceveva dal Generale Ignatieff ordini sopra ordini perché non si rinvenisse sulla proposta dell'intervento diplomatico; di agire sul Commissario Imperiale a dare pronte e larghe riforme nel mentre che esso, Generale Ignatieff si adoperava presso la Porta per farle approvare e sanzionare. L'altrojeri, il medesimo suggerì al suo Console di proporre ai Delegati di nuovamente r·ecarsi presso gli insorti a fine di esortarli ad accettare le riforme promesse. Il Console Russo ne parlò al Tedesco, il quale lo mandò ad intendersi coll'Austriaco, il quale colla solita sua fisionomia ilare rispose: non potete fare una seconda pasquinata.

Ragionando io coll'Inglese della nuova proposta del Delegato Russo, il Signor Holmes mi disse: • mi meraviglio che H Signor lastroboff voglia ritornare tra gli insol.'ti con proposte non accette ad essi; è la volta che sarà davvero maltrattato • quindi il Signor Holmes mi raccontò che nel convegno di Trussine gli insorti non volevano credere che la Russia si fosse associata alle altre Potenze per un messaggio ad essi sfavorevole; e sottovoce imprecavano al Signor lastroboff come se non vi fosse autorizzato.

Da Vienna poi il Console Austriaco riceve istruzioni di fare il possibile a non lasciare partire i Delegati. Pare che anche il Delegato russo riceva consimili istruzioni; ma con le più calde raccomandazioni di non lasciarsi sorprendere dalle proposte austriache.

L'Inglese ad ogni concessione della Porta ai Cristiani è interrogato da·l suo Ambasciatore, se ciò basta a fare sottomettere gli insorti! ed egli risponde

• difficile senza garanzia dell'Europa •. Il Commissario imperiale manda sovente un suo Segretario intimo al Console Inglese per dissuaderlo dall'opinione dell'intervento.

La Sublime Porta poi ripete ordini al Comandante militare di finirla coll'insurrezione; e sia questi che il Commissario Server Pascià continuano a trovarsi in imbarazzo.

P.S. Per mancanza di tempo e per stanchezza non ho spedito copia del presente rapporto alla R. Legazione in Costantinopoli.

(l) Non pubblicato.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 215. Roma, 7 ottobre 1875, ore 15,10.

Voici le programme. Je vous prie de le soumettre à Sa Majesté Impériale en ajoutant qu'on est pret à tenir compte de tous les désirs de Sa Majesté Impériale.

Lundi 10 h. arrivée. Si sa Majesté Impériale pour pouvoir se reposer préfère dìner seui dans son appartement, on fera selon ses désirs. Le soir illumination de la ville, que l'Empereur peut voir de son balcon au palais royaL

Mardi 19, 11 h. du matin. Revue dans la place d'armes de Milan. A 6 h. dìner de gala, à 9 h. théàtre de gala. Mercredi 20, à 10 h. du matin. Excursion à Monza (15 minutes de distance en chemin de fer) chasse et dìner à Monza. Retour à Milan le meme soir.

Jeudi 21. Promenade dans la ville. Grand bal de cour le soir.

Vendredi 22. Excursion à Monza ou à Como comme il plaira à Sa Majesté Impériale.

413

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 24. Therapia, 7 ottobre 1875 (per. il 15).

Lì 4 del presente telegrafai a V.E. tenere da buona sorgente che questo Governo aveva l'intenzione di ridurre della metà gl'interessi del debito pubblico.

leri l'Ambasciatore d'Inghilterra venne a vedermi verso le tre p.m. e mi disse il Gran Vezir, che aveva visto poco innanzi, averlo autorizzato a ragguagliarmi la Sublime Porta avere infatti preso siffatta determinazione la quale sarebbe fatta di pubblica ragione nella giornata istessa oppure l'indomani. Ne diedi immediatamente avviso telegrafico all'E.V.

La sera istessa verso le 9 ricevetti la Nota (A) che unisco in copia al presente in un coll'annesso (1).

Il Governo della Sublime Porta ha, infatti, decretato di pagare pei cinque anni a v·enire la metà degli interessi in oro e I'altra metà in obbligazioni portanti il 5 % d'interesse. L'esecuzione degli impegni per tal modo assunti sarebbe garanHta, mettendo alla disposizione dei sindacati, che potrebbero essere designati, le rendite generali della Dogana, quelle del Sale e del tabacco, il tribunal dell'Egitto, e se fia necessario, il prodotto della tassa sui montoni.

Non ho bisogno di far rilevare alla E.V. la gravità d'una misura che d'un tratto riduce della metà le rendite de' portatori dei fondi dello Stato, misura di cui pur ·troppo si risentiranno molti sudditi di Sua Maestà. L'E.V. scorgerà negli annessi documenti le ragioni allegate dalla Sublime Porta a sostegno della misura in discorso. È soprattutto rimarchevole la confessione che

c

se la Sublime Porta non trova mezzo di stabilire il credito dello Stato sopra basi reali e solide i portatori dei suoi titoli finiranno per perdere il tutto •. E così s'incomincia per assicurarli della perdita della metà, imperocchè nessuno presterà fede al valore della metà da pagarsi in obbligazioni.

Né si comprende come il Governo possa disporre dei precitati cespiti di entrata come garanzia degli impegni assunti, mentre è noto che la maggior parte di essi è già stata ipotecata in favore di alcuni determinati imprestiti.

Ma v'ha di più. La comunicazione dice che gl'interessi del debito pubblico durante cinque anni saranno pagati metà in oro e metà in obbligazioni. E non fa parola di quello sarà per avvenire dopo che questi cinque anni saranno trascorsi.

Non si può tuttavia a meno di riconoscere d'altra parte che i sacrifizii che il Governo era costretto a fare ad ogni scadenza erano sì ingenti che in pochi anni avrebbero condotto ad una completa bancarotta. I fondi che accorrevano pel semestre de'l l o Ottobre costarono il 18 %. Quelli che avrebbero abbisognato pel l o Gennajo avrebbero costato ancora di più. E non sarebbe stato lontano il giorno in cui non si sarebber trovati fondi a nessun prezzo.

Né Questa misura sarebbe tanto da deplorarsi se essa fornisse veramente la convinzione che il rimedio fia efficace, e sia per inaugurarsi una nuova era di prosperità finanziaria per l'Impero Ottomano. Però mancherei a' miei doveri se mi facessi ad inspirare al R. Governo siffatta fiducia, chè per rigenerare queste Finanze converrebbe mutare gli uomini, le leggi, i costumi, il senso morale, né di siffatta rigenerazione io vedo molta probabilità.

Dopo matura considerazione io ho creduto opportuno d'astenermi dal segnar ricevuta della predetta comunicazione alla Sublime Porta, imperocché la sua gravità è tale che preferisco d'aspettare le istruzioni che l'E.V. credesse per avventura conveniente d'impartirmi in proposito.

(l) Non si pubblicano.

414

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 52. Pietroburgo, 7 ottobre 1875 (per. il 19).

La notizia delle riforme concesse dal Sultano produsse qui buona impressione.

Il Barone Jomini disse a me ed ai miei colleghi che era soddisfatto di questo risultato che considerava come un avviamento alla soluzione della crisi attuale.

In seguito alla pubblicazione dell'Iradé del Sultano, il Generale Igna

tieff propone: l o -di prendere atto delle riforme accordate, 2° -di constatare il

rifiuto degli insorti di ascoltare le raccomandazioni de-i Consoli, 3o -di riservare la libertà d'a:z;ione dei Gabinetti nei casi imposti dai doveri dell'umanità e dagli interessi degli Stati limitrofi.

L'Imperatore approvò queste idee e fece telegrafare al Signor Novikow a Vienna che egli pensava che questi punti dovrebbero servir di base alle istruzioni da darsi agli Ambasciatori a Costantinopoli.

Il Barone Jomini ieri mi tenne parola di questa proposta e mi disse che egli è d'avviso che i Consoli consiglino agli insorti di sottomettersi. Quanto poi all'applicazione delle riforme_, giudica necessario che le Potenze continuino ad agire d'accordo a Costantinopoli, per curare che esse siano realmente attuate.

Il Journal de St. Pétersbourg pubblicò in questi ultimi giorni, articoli concepiti nel senso del linguaggio tenuto dal Barone Jomini, ed ancor ieri La Voce giornale russo, consacra un lungo articolo a dimostrare che la Russia, d'accordo colle altre Potenze, desidera di assicurare all'Impero Ottomano una stabilità durabile fondata su equi rapporti coi suoi sudditi Cristiani.

In tutti questi articoli è manifesta la tendenza di porre in rilievo la parte importante sostenuta in questa questione dalla Russia, che senza viste ambiziose agì nel solo scopo di mantenere la pace europea e di migliorare la sorte dei Cristiani di Oriente.

Credo però esser nel vero asserendo che da questi ultimi avvenimenti I'influenza russa fu assai rinforzata a Costantinopoli.

Il Barone Jomini mi disse più volte che ha la più gran fiducia in Mahmoud Pacha, che si sa essere persona devota al Generale IgnaUeff alla cui influenza deve il potere. La stampa russa sostiene caldamente il Gran Vizir attuale. Il Barone mi diceva ancor ieri essere soddisfatto del ritiro di Hussein Avni Pacha che al suo dire era nemico di ogni concessione alle Potenze e spingeva alle risoluzioni estreme, ma che in realtà era meno arrendevole al

l'Ambasciatore Russo.

L'influenza che ora può esercitare il Generale Ignatieff nei consigli della Porta fa sì che il Governo Russo che prima propose Vienna come centro della azione diplomatica, vorrebbe ora che esso fosse trasportato a Costantinopoli.

Ma, da quanto mi disse mio collega d'Austria, il Conte Andrassy non accondiscenderà facilmente a ciò, intendendo egli di avere la direzione di una uolitica di cui ha la responsabHità.

II Barone Jomini non ha quindi, pel momento, insistito sulla proposta e mi disse per spiegarmi il motivo di questo mutamento, che comprendeva che il Conte Andrassy non desiderasse lasciare troppa iniziativa al Conte Zichy poco versato nel trattamento degli affari d'Oriente.

È poi da notarsi che il Barone Jomini che dimostrò molta attività ed iniziativa in tutte le fasi di questa questione, talvolta vi è spinto dal fatto che trovandosi egli alla direzione del Ministero in momenti difficili ,ed avendo agli occhi dei vecchi Russi la taccia dell'origine forestiera teme sovente d'incorrere nelle censure dei partigiani di una politica più avanzata e dei slavofili che temono che la Russia scemi suo prestigio e sua influenza quale protettrice degli slavi meridionali.

La notizia della caduta del Ministero Ristich fu bene accolta e si spera che un nuovo Ministero appoggiato dalla maggioranza del paese, che rifugge dalle agitazioni in cui alcuni vorrebbero trascinarlo, potrà ricondurre la calma e l'ordine in Serbia.

Informai il Barone Jomini delle istruzioni trasmesse al R. Agente a Belgrado di cui V.E. mi dava notizia col suo telegramma del 3 corrente (1). Confermando il mio telegramma d'oggi... (1).

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, E A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO

T. 217. Roma, 8 ottobre 1875, ore 17.

Je vous prie de me faire connaìtre par télégraphe l'avis du Gouvernement... sur la mesure prise par le Gouvernement turc de payer pendant cinq ans le coupon moitié en espèces, moitié en obligations portant intéret de 5 %. Je viens de recevoir la communication officielle de cette mesure très grave. J'ai reservé mon opinion et ma liberté d'action. Je désire marcher d'accord avec les autres Gouvernements sur les démarches à faire sur une question qui intéresse le crédit public.

416

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2318/541. Londra, 8 ottobre 1875 (per. il 13).

* Il Conte di Derby, trovandosi a villeggiare in una sua Proprietà vicino a Liverpool, si è valso d'un banchetto offel'togli ieri dalla Autorità Municipale di quella Città, per pronunciare un discorso sulla politica estera dell'Inghilterra. In quest'epoca dell'anno, in cui la Nazione, per mezzo dei suoi Deputati :al Parlamento, non ha modo d'interrogare il Governo e conoscere i suoi intendimenti e la ragione dei suoi atti, ha voluto il Ministro, con quel discorso, socidisfare un desiderio da molte parti manifestato.

Parlando sulla insurrezione in Erzegovina, egli ha detto: • In Turchia, come sapete, disturbi hanno prevalso in questi ultimi tempi -disturbi che sono stati grandemente magnificati in importanza dal racconto popolare per la semplice ragione che sono occorsi in un tempo quando v'era poco da scrivere d'altre cose; ma, non pertanto, serj in questo senso che in quei paesi esiste

sempre assai polvere sparsa, la quale con piccolissima scintilla è capace di produrre una grandissima esplosione. La forza armata dell'insurrezione non è mai stata numerosa; invero io penso una delle difficoltà pei Consoli inviati ultimamente in missione di conciliazione fu di trovare insorti da conciliare. Fu sperato, senza dubbio, dai Capi del Movimento che avrebbero, segreto od aperto, l'appoggio delle Grandi Potenze. In codesta speranza sono stati delusi. Le Grandi Potenze, senza eccezione, hanno dimostrato il loro senso della difficoltà della situazione e della inopportunità nel demolire ciò che non può essere riedifìcato. Però, non credo che noi saremo per udire molto ancora sulla insurrezione armata. Rispetto aUe pratiche che possono essere iniziate per impedire, rimuovendo le lagnanze, un altro scoppio, non temo che vi sarà una qualunque rHuttanza da parte della Porta a concedere importanti riforme amministrative. La difficoltà sarà nel trovare uomini per metterle in esecuzione. Alcune persone propongono che alle Provincie di cui si tratta sia concessa una autonomia locale pari a quella della Rumania e deHa Serbia. Codesta è una idea, la quale, a mio avviso, non incontrerà favore agli occhj di molte delle parti interessate. Un'autonomia locale è ottima dove si ha da fare con una sola religione e razza; ma dove Maomettani e Cristiani sono mescolati assieme o non sono molto uguali in forza, ·lasciare ad essi la sistemazione dei loro affari interni significa semplicemente lasciare che la più forte delle due· parti opprima e probabilmente estermini la più debole. Molto può essere fatto nella via di rimuovere gli abusi e alleggerire le imposte; ma sarebbe inutile il negare, che, -sia fatto quanto possa farsi -, rimarranno pur sempre elementi di scontento. Egli è solamente in un'altra condizione di civiltà, e non sempre allora, che due religioni rivali possono andare innanzi allato allato nehlo stesso paese. Lo stato delle cose, come io penso, non consente una buona cura radicale, ma l'alleviamento è possibile; e il rimanente ha da essere lasciato al tempo. Ed ora vengo ad una questione che è, per noi medesimi, d'un interesse più diretto e immediato • ... E H Conte di Derby ha discorso sulle difficoltà con la China * (1).

Codeste parole, riprodotte per telegrafo, sono state qui lette stamane in pari tempo che un telegramma da Costantinopoli, il quale informa come la Porta abbia deciso di pagare durante cinque anni, dal l • Gennaio prossimo l'interesse e l'ammortamento del Debito Pubblico metà in contanti e metà in titoli col 5 per cento d'interesse. La commozione e l'irritazione sono fortissime fra i detentori di prestiti turchi e nella • City • fra quei Capitalisti che hanno, in auesti tempi, speculato per somme vistose sui fondi Ottomani; e tutti s'interrogano se il Governo Britannico • rimarrà inoperoso dinanzi a questa violazione della buona fede, o saprà di:tendere gl'interessi del pubblico di cui è il mandatario •. Al Foreign Office serbano il silenzio, aspettando di conoscere il pensiero di Lord Derby; e gli si è telegrafato in proposito. Se domani questo Ministro spedirà da Liverpool qualche istruzione rispetto alla subitanea decisione della Porta Ottomana, mi farò un dovere di informarne l'E. V. (2).

(l) Non pubblicato.

(l) -Il brano fra asterischi è edito in LV 22, pp. 46-47. (2) -Con r. 2319/542 del 9 ottobre De Martino trasmise ulteriori informazioni sul discorso di Derby. Si pubblica qui il seguente brano sull'indirizzo generale della politica estera dell'Inghilterra: • Non è tanto decaduta l'influenza dell'Inghilterra, né di ciò che faccia o non
417

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L.P. Roma, 9 ottobre 1875.

Mi approfitto di una occasione particolare per scrivervi e per ringraziarvi dei vostri ultimi rapporti sugli affari di Oriente. L'incaricato d'affari di Francia mi intrattenne più volte, per incarico del Duca Decazes della quistione dell'Erzegovina, comunicandomi le impressioni e le vedute del Governo francese.

Il Signor Tiby entrò di nuovo, dopo il mio ritorno a Roma in questo argomento ed io colsi l'occasione per riassumere in termini generali qual'era la nostra linea di condotta. H Governo italiano desiderava che la pace fosse ristabilita in Oriente sulla base dello Statu quo territoriale, e che fosse mantenuto l'accordo delle potenze come la migliore guarentigia per la pace generale. Inoltre se l'azione diplomatica delle Potenze poteva valersi deHe presenti circostanze, per ottenere, in uno scopo di pacificazione e di civiltà, dei serii miglioramenti nella sorte delle popolazioni dei paesi agitati dall'insurrezione, noi avremmo prestato volonterosamente il nostro concorso per ottenere un risultato del quale saremmo stati Heti. Con questo duplice intento noi avevamo aderito all'iniziativa presa dai tre Gabinetti imperiali per la missione dei Consoli, ai passi fatti a Belgrado per raccomandare la neutralità, e alle ultime istruzioni mandate ai Consoli dai rappresentanti delle potenze a Costantinopoli.

L'incaricato d'affari di Francia mi fece un'allusione alla situazione fatta dall'accordo dei tre Governi imperiali alle altre Potenze, a quello stato di cose insomma che nel linguaggio usato a Vienna si qualifica colla parola accordo da un lato e concorso dall'altro. Io gli risposi confidenzialmente che mi rendevo ben conto di questo stato di cose, ma che mi pareva che non convenisse accentuarlo. Non si poteva, in una certa misura almeno, negli eventi attuali, negare all'Austria e alla Russia la qualità di Potenze più direttamente interessate. Inoltre la Russia aveva di sua iniziativa espresso il desiderio che l'azione diplomatica si svolgesse col concorso di tutte le Po·tenze. Era questa una prova delle sue intenzioni concilianti in questa vertenza. Il linguaggio tenuto dal Governo russo era sempre stato molto pacifico e moderato. Il Governo Austriaco teneva a mantenere a Vienna il centro dell'azione dirigente in un affare che lo toccava assai davvicino, ma noi non avevamo alcuna ragione di credere che la politica Austriaca avesse in vista altre com-

faccia è l'Europa tanto indifferente, poiché l'azione esercitata è con tanta cura osservata, e l'astensione mantenuta, quando accade, cosi acerbamente criticata. L'Inghilterra, senza frontiere da rettificare, senza tema d'invasione, senza disegni d'aggressione, ha oer suo grande interesse il mantenimento della pace; e il suo avviso, quando è dato, è conosciuto per essere disinteressato e sincero. La forza materiale non è il solo elemento di potenza internazionale, ed, anzi, atti violenti ed aggressivi inspirano diffidenza, la quale è sorgentedi debolezza: all'Inghilterra si fida chi l'ama e chi la disama. Evitando, da un lato la tendenza ad una stolta faccenderia dove non è chiesto aiuto, e, dall'altro lato, la delusione assurda che niente di quanto accade sul Continente interessa o concerne l'Inghilterra,sarà mantenuto il rispetto e la considerazione goduti e tanta influenza negli affari dei vicini quanta è ragionevolmente desiderabile •.

plicazioni, anzi credevamo il contrario. In questo stato di cose il Governo Italiano aveva desiderato e desiderava che la sfera dell'azione diplomatica si allargasse a tutte le Potenze che hanno qualità per intervenire nelle cose d'Oriente, ma aveva anche sempr·e creduto opportuno di evitare tutto ciò che, anche solo nell'apparenza, potesse aver l'aria di dividere le Potenze in due campi.

Questo fu a press'a poco il senso della mia conversazione coll'Incaricato di Affari di Francia. Vi aggiungerò anche che due volte il Duca Decazes mi fece esprimere il desiderio che l'Italia agisse essa pure a Londra, come intendeva fare la Francia, perché l'Inghilterra uscisse dalla sua astensione per associarsi alle altre Potenze A dire il vero io accolsi le due volte queste aperture non già con un rifiuto, ma però con una certa freddezza. E ,la ragione di questa freddezza non fu altra che il timore che l'Inghilterra, quand'anche si fosse decisa a fare Qualcosa rispondesse all'invito delle due Potenze cercando di associarle in una via parallela, se pur si vuole, ma distinta, creando appunto Quei due campi che a noi non conviene che si formino per tutte quelle ragioni che voi ben comprendete. Una simHe situazione avrebbe non pochi imbarazzi per noi e nuocerebbe tosto a Quella intimità di rapporti e a quella fiducia che ci conviene di mantenere a Vienna, a Berlino e a Pietroburgo.

Ciò che si chiama l'accordo dei tre Imperatori costituisce una combinazione internazionale che io credo favorevole agli interessi presenti dell'Italia. Essa ha, per la forza delle cose, un carattere pacifico ed ha poi per noi questo vantaggio che, sinché dura, il clericalismo europeo non può pensare ad alcuna combinazione europea seria. Ma in Oriente essa ha per noi un inconveniente, ed è quello di diminuire la parità di condizione e di azione che a noi converrebbe assai mantenere fra le Potenze garanti. Ma certe condizioni di cose non si possono modificare sostanzialmente, al più si può cercare di diminuirne gli inconvenienti. Quando a Vienna e a Pietroburgo ci furono partecipati gli accordi presi fra i tre Gabinetti del Nord e ci fu espresso il desiderio che l'Italia vi aderisse, ho cr,eduto che non convenisse esitare a farlo per nostro conto; ma fummo soddisfatti nel sapere che la Russia aveva fatto lo stesso invito a Parigi ed a Londra. Astenerci era una politica che non conduceva a nulla; dividerci in due campi era una politica contraria agli interessi generali della nostra situazione. Noi abbiamo dunque aderito agli accordi dei tre Gabinetti Imperiali e continueremo a farlo anche in avvenire, nell'ulteriore svolgersi della quistione d'Erzegovina.

Vi ho telegrafato per l'affare della rendita turca (1). So già a quest'ora che la Russia si asterrà dal fare alcun passo. È vero che gli interessi russi non sono impegnati. In Italia invece, non lo si crederebbe, vi sono certo più di 200 milioni impiegati in consolidato turco. Questo impiego è di moda specialmente fra i clericali, ma è anche molto diffuso nelle provincie meridionali. Attenderò le vostre informazioni e quelle di Londra.

Fra cinque o sei giorni partirò per Milano per la visita dell'Imperatore di Germania. Non credo che si tratteranno q_uistioni politiche importanti in questa occasione. Ad ogni modo voi sapete che noi intendiamo sempre di far servire le nostre buone relazioni colla Germania alla consolidazione della pace.

(l) Cfr. n. 415.

418

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 55. Pietroburgo, 9 ottobre 1875 (per. il 16).

Il Ministro del Belgio, in seguito ad istruzioni del suo Governo, domandò recentemente al Barone Jomini l'opinione del Governo Imperiale sull'opportunità di stabilire alla Conferenza di Pietroburgo, il principio che se uno dei belligeranti dichiara di conformarsi alle norme sancite dalla Conferenza ciò deve essere alla condizione che l'altro belligerante faccia la stessa dichiarazione.

Il Barone Jomini rispose al Conte Dudzeele che il Governo Russo è d'accordo col Governo Belga sulla questione della reciprocità e che riconosce il principio che il belligerante il quale entra in campagna facendo adesione ai principii della Conferenza vi è tenuto soltanto se ottiene la reciprocità per parte dello Stato con cui è in guerra.

Il Barone Jomini mi disse oggi di pregare nuovamente V.E. di voler far pervenire le proposte ed osservazioni relative ai lavori della Conferenza di Bruxelles di cui era cenno nel dispaccio del 21 giugno ultimo (l) in risposta alla circolare russa. Il Barone crede che soltanto nella primavera ventura si potrà riunire la Conferenza.

Segno ricevuta all'E. V. dei dispacci di Serie Politica numeri 7, 8 e 9 in data 20 e 26 settembre ultimo e ringraziandola delle informazioni contenute nei due ultimi... (2).

419

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Berlino, 9 ottobre 1875.

Depuis que vous avez bien voulu m'adresser votre lettre particulière du 19 septembre (3) en réponse à celle que je vous avais écrite de Wiesbaden, la visite de ,fEmpereur a été décidée. Mes lettres particulières et dépèches officielles vous auront tenu au courant de tout ce q_ui se rattache à cet événement.

Au point où en sont les choses, il est temps que je m'achemine vers l'Italie, car le médecin me prescrit une étape de 24 heures à Munich et un

repos de quelques jours à Milan avant le tourbillon des fetes. J'ai souffert pendant plusieurs semaines d'une attaque de sciatique dont je ne commence qu'à me remettre.

Je serai à Milan le 12 ou le 13 ainsi cinq jours avant l'arrivée de l'Empereur. Croyant un instant que le départ de Sa Majesté de Baden-Baden R'effectuerait déjà vers le 10, j'avais fait retenir un logement dès le 7 à l'Albergo di Milano. Le Comte Panissera m'a fait savoir pos>térieurement qu'un appartement était mis à ma disposition au Palais Royal. J'ai du lui expliquer que j'étais déjà pourvu, •et que Madame de Launay m'accompagnant pour les soins éventuels à donner à mes infirmités quelques passagères qu'elles soient, il y aurait indiscrétion de ma part à profiter d'une offre aussi obligeante.

J'espère que je vous rencontrerai à Milan assez à temps, avant l'arrivée de l'Empereur, pour m'entretenir avec vous sur différents points. Je viens de lire dans les Italienische Nachrichten que d'après le Fanfulla

• le représentant d'Italie près le Gouvernement français viendra aussi à Milan pour la réception de l'Empereur d'Allemagne •.

Je mets cette nouvelle dans le meme sac que celle donnée par certain journal ici que l'Ambassadeur d'Autriche à Berlin part avec moi pour prendre part aux fetes. Il est évident que s'écarter de la maxime de mise dans ·la vie publique comme dans la vie privée à savoir que chacun garde sa piace, c'est s'exposer à des commentaires. Il est de la plus haute importance de les éviter.

Je sors à l'instant de chez M. de Btilow à qui j'ai fait ma visite de congé. Il croit toujours Q.Ue le Prince de Bismarck sera du voyage. Le Secrétaire d'Etat lui transmet aujourd'hui meme à Varzin l'avis de l'Empereur que le point de rendez-vous des personnes de la suite partant de Berlin, est à Innsbruck.

(l) -Cfr. n. 248. (2) -Cfr. nn. 377 e 384. (3) -Non pubblicata.
420

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 29. Therapia. 11 ottobre 1875 (per. il 19).

Approfitto dell'occasione del Cavalier Cova per sottomettere all'E. V. un riassunto delle impressioni che ebbi a formarmi durante il mio breve soggiorno in questa residenza.

La prima cosa che mi colpì nel considerare la situazione delle cose nel principio del Settembre si fu come tutta l'Europa fosse travagliata da sì viva ansietà pei moti occorsi in una delle minori provincie di questo Impero. L'Erzegovina infatti non conta che 180.000 abitanti incirca, dei quali un 60.000 sono Mussulmani. La ragione è evidente: l'Europa considera questo Stato come una mina cui la menoma scintilla può appiccare il fuoco. Molto si ragionò sull'origine del moto, e non pochi l'attribuirono in gran parte all'azione del Governo Austro-Ungarico. Non è inverosimi:Ie che il viaggio dell'Imperatore in Dalmazia, ed il linguaggio tenuto in Quell'occasione da alcune Autorità dell'Impero abbiano contribuito al movimento. Ma né credo che tale fosse l'intenzione del Governo Imperiale né meno il suo interesse. A questo sospetto tuttavia dava qualche apparenza di fondamento la condotta seguita in seguito da esso, sia cercando di concentrare a Vienna i relativi negoziati, sia escludendo per quanto gli riusciva l'azione delle Potenze occidentali, sia prendendo in ogni occasione l'iniziativa delle proposte. È ora pressoché provato che la prima idea della missione Consolare nell'Erzegovina venne dall'Austria, le famose proposte fatte dai Consoli a Mostar furono suggerite dall'Agente Austriaco (checché ne dica ora il Cancelliere Imperiale), ed altre proposte si fanno ora nuovamente da Vienna. È per me evidente che il presente Governo Imperiale ha per iscopo di sostituire l'influenza Austriaca alla Russa nelle province Slave. Né questa spiegazione si trova in contraddizione col fatto dell'armonia ed intimità che esistono in questa residenza fra gli Ambasciatori d'Austria e di Russia, imperocché troppo grande è l'interesse di queste due Potenze di rimanere d'accordo finché l'accordo sia possibile. E se mi fosse lecito, io paragonerei questa intimità a quella che nasc:e fra un antico amante ed un nuovo che si presenta per soppiantarlo. Se non che la storia c'insegna che fra nazioni queste gelosie non conducono sempre ad aperta lotta.

Non è difficile a comprendersi come la nuova politica Orientale inaugurata dal Conte Andrassy trovasse sinceri applausi ed incoraggiamenti a Berlino. Questi applausi però furono un po' troppo insistenti per che l'Austria li credesse inspirati unicamente da disinteressate simpatie di razza e di religione. Tanto che il Principe di Bismarck credette opportuno di emettere il ,suo programma quale comparve nella Official Imperial Gazette delli 23 Settembre. Questa pubblicazione invero è di grande importanza, imperocché essa definisce la linea politica che intende seguire H Governo Imperiale di Germania in Oriente. Essa considera che • gli intel"essi della Germania consistono nel rimanere amica dei suoi amici •. Il che val quanto a dire che la Germania non ha interessi proprii in Oriente e ne dispone in favore della Potenza che le offrirà i maggiori vantaggi. E da quali Potenze aspetti questi vantaggi non è mestieri il dire. Il Barone Werther che qui rappresenta l'Impero è un personaggio adattatissimo per fare questa parte. Antico diplomatico, dotato delle forme più compite e distinte, è completamente scevro d'opinioni, d'iniziativa, di bisogno d'azione. EgH è inHeramente devoto all'Ambasciatore di Russia, s'alloggiò nelle sue vicinanze a Buyukdéré e ne segue fedelmente le istruzioni. E nessuno qui s!Occupa dei discorsi e degli atti dell'Ambasciatore di Germania.

La politica della Russia è facile a definirsi. Essa non crede giunto il mo

mento di soUeval'e la questione d'Oriente, epperò si limita ad estendere la

sua influenza sulle popolazioni cristiane, a cogliere ogni occasione per dimi

nuire il prestigio e ,la potenza del Governo Ottomano, a prepararsi per l'avve

nire. Il Generale lgnatiew pratica siffatta politica con una rara abilità, egli è

potentissimo a Palazzo, fa e disfa i Gran Vezir, ha una influenza grandissima

sui suoi Colleghi, sopratutto sul Germanico e l'Austriaco. La Porta gli è umil

mente devota, suppongo più per timore che per affezione.

Questa intima unione dei tre 1mperii inspira serie inquietudini all'Amba

sciatore di Francia. Egli è talvolta colpHo dal terrore che i presenti fatti non

siano che parte e principiO di un programma convenuto fra d'essi, e che avrebbe poi ad avere H suo sviluppo in altre parti a detrimento della Francia. Il Conte di Bourgoing si lasciò a più riprese sfuggire l'espressione di questi sentimenti nelle conversazioni confidenziali ch'egli ebbe meco. Egli diffida specialmente dell'Austria, la cui attività nelle pvesenti congiunture non sa spiegarsi senza la supposizione dei fini più remoti, e di segreti concerti, e sembra temere che gravi procelle si preparino per la primavera ventura. Frattanto però egli ha l'ordine espresso dal suo Governo di non .separare la sua azione da quella dei tre Imperii, e tale ordine eseguisce coscienziosamente. Io .ignoro se l'Ambasciatore di Francia abbia altri motivi per essere compreso da queste inquietudini, che forse non sono che il semplice effetto della presente situazione del suo paese. Ma ho creduto mio doveve di darne contezza all'E. V.

L'Ambasciatore Inglese è il solo che segua una politica indipendente, unicamente ispirata dal desiderio di mantenere la potenza e •l'integrità dell'Impero Ottomano, sempre benevola ed indulgente per gli atti anche meno lodevoli della Sublime Porta. L'unione dei ·tve Imperii Io contraria vivamente, e vedrebbe volontieri sorgere delle difficoltà fra la Russia e l'Austria. Taluni credono perfino che il Governo Britannico faccia degli sforzi per dividere queste due Potenze. Sir Henry EHiot si prova talvolta anche di trarre dietro a se alcuno dei suoi colleghi, ma quando si vede minacciato di trovarsi isolato finisce generalmente per cedere.

La sola divisione che realmente esiste in questo momento fra le Potenze occidentali dall'una parte ed i tre Imperi dall'altra è topografka, imperocché le residenze della Legazione d'Italia e delle Ambasciate di Francia e d'Inghilterra sono a Therapia, a pochi passi l'una dall'altra, mentre quelle di Russia e di Germania sono a Buyukdéré. E l'Ambasciatore d'Austria, rimasto a Pera, ha un quartiere permanente all'Ambasciata di Russia e vi si trasferisce ad ogni istante. Ne viene per necessaria conseguenza che i tre primi si vedono più spesso. Ma naturalmente la situazione topografica non può avere alcuna influenza sulla condotta politica.

Ed ora sarebbe pur tempo di far qualche menzione della Turchia. Io non vorrei essere troppo severo verso questo pa·ese, ma è mio dovere di tenermi al vero. Le condizioni morali, amministrative, economiche di esso sono miserande. Corruzione in tutte le sfere, amministrazione inetta, giustizia venale, ignoranza universale, né alcuna fiducia nell'avvenire. I Rappresentanti esteri sono sempre uditi con grande deferenza, ma anche •!'·energia dei più attivi, il più delle volte, s'infrange contro questa inalterabile inerzia, sopratutto quando si •tratti d'ottenere giustizia dai potenti.

Ed è in mezzo a questi elementi che io mi trovai al giungere in questa residenza. Finora le cose politiche non hanno presentato gravi difficoltà, e sulle questioni principali si è mantenuto fra i Rappresentanti esteri quell'armonia che è tanto desiderabile nell'interesse della pace Europea.

Se saranno per sorgere delle complicazioni nell'avvenire io mi atterrò fedelmente alle sagge istruzioni impartitemi dalla E. V.

421

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 11. Mostar, 11 ottobre 1875 (per. il 21).

Dalla R. Legazione in Costantinopoli cotesto Ministero avrà avuto conoscenza della lettera Viziriale che abolisce la sovraimposta sulle decime, fissa doversi queste convertire in tributo suLla terra, e promette altri miglioramenti.

Il Commissario Imperiale all'appoggio della lettera viziriale ha pubblicato testé una istruzione (talimat) per l'Amministrazione del Vi'lajet di Bosnia ed Erzegovina nel quale si menziona la riforma de' Medgi1iss (Consigli o Tribunali) delle decime e delle imposte in generale, della gendarmeDia, dei rapporti tra coltivatori e proprietari, delle prestazioni personali, delle requisizioni forzate, parla dell'istituzione di un consiglio d',ispezione e di ispettori per il buon andamento dell'Amministrazione, dell'ammissione della lingua slava negli atti ufficiali.

Sono coteste riforme già una gran parte di quello che ebbi l'onore di indicare nel mio rapporto in data 2 ottobre n. 7 (l): ma non sono sempre che promesse. N e feci osservazione al Commissario Imperiale, che mi rispose: aspettare l'arrivo di certo Ibrahim bey, nominato luogotenente del Valì di Bosnia per mettere in esecuzione ciò che io chiamava le promesse.

Credo che le buone intenzioni nelle alte sfere del Governo Ottomano non facciano difetto, che realmente qualche cosa si farà. Ma si continuerà? Son sicuro, e ne ho l'esperienza di dodici anni, che sedati i ,torbidi, passata, come suolsi dire, la paura, l'amministrazione turca ripiglierà l'antico sistema; si rinnoveranno gli istessi abusi, le leggi, i regolamenti, le lettere Viziriali, le istruzioni saranno o dimenticate o applicarte in danno dei cDistiani; ed ecco da capo a nuove insurrezioni coHa differenza che esse saranno ognora più gagliarde. Vuolsi una prova? Molte delle riforme promesse da Server Pascià nel suo Talimat non sono che richiami in vigore di antiche leggi; Quelle istesse che furono pubblicate dopo la sollevazione del 1860. Quelle leggi furono emanate colle stesse so,l,ennità che in oggi, ne fu assicurata l'esecuzione come di cosa sacrosanta; e la Commissione Europea d'allora, costituita davvero in Commissione internaZJionale, se ne dichiarò soddisfatta. Qual frutto se ne ebbe? Gli insorti che ciò ben conoscono, insistono quindi a non deporre le armi, se l'esecuzione delle riforme non è loro effettivamente garantita dall'Europa. Non si esce da questo circolo; o arrendersi alle domande degli insorti, o abbandonarli alla mercé del loro Governo.

Nel mentre che il Commissario Imperiale è tutto opera a pubblicare proclami su proclami sull'eguaglianza de' sudditi del Sultano, sui diritti dei cristiani, sulle mirabili riforme che • loro garantiranno il regno della pace e de1la felicità • Q.Ui in Mostar stessa si continua a commettersi dai Mussulmani, dai Zaptié e dai soldati ogni violenza contro i Cristiani, nonostante la presenza di

un Commissario Straordinario del Sultano, del Governatore Generale del Vilajet, di sei Delegati di Stati Europei ed altri consoli. Caduto il sole, non uno dei cristiani si avventura ad uscire di casa per quanto urgenti cause lo necessiterebbero.

L'altro giorno tre casi di violenza brutale essendo stati commessi da un sergente della truppa e dai Mussulmani contro 1i Cristiani in vicinanza della mia abitazione mi recai perciò a farne lagnanza al Commissario Imperiale; e con me venne anche il Delegato Inglese. Dissi a Server Pascià che meglio de' quotidiani proclami, si avrebbe dall'Amministrazione potuto gradagnare la confidenza degli oppressi con pubbliche severe ed immediate punizioni dei colpevoli; che si avrebbe dovuto subitamente fare fucilare il sergente, esporre alla berlina i Mussulmani, indennizzare i battuti ed i feriti cristiani a spese di quelli e disarmare i Mussulmani non ascritti a corpi regolari. Vedendo l'imbarazzo del Commissario gli dissi: conoscere essere i miei suggerimenti misure nuove ,ed estreme contro i Mussulmani; ma che per ottenere grandi effetti volevansi grandi mezzi. Mi rispose: essere ciò vero, solamente richiedevasi energia. Allova ripresi: ebbene si trovi l'energia. Il Console Inglese lo esortò a farne di questi atti di energia; e Server Pascià ringraziandoci dell'interesse che dimostravamo per il suo Governo ci promise di pmvvedere senza ritardo. Sono ora scorsi due giorni e nulla fu fatto. Anzi quest'oggi il Commissario Imperiale inviò al Delegato Inglese un suo intimo Segretario a spiegare che nei casi da noi specificati anche i Cristiani avevano torto; che i Mussulmani furono provocati e quasi i Cristiani si ferirono da se stessi; che essendovi agitazione tra i Cristiani non era prudenza il disarmare i Mussulmani, i quaU anzi sono moderati e schivano ogni occasione di rissa con qUJelli.

Per poco sono ora i Mussulmani le vittime delle violenze dei cristiani. Ed ecco come l'amministrazione turca risponde alle belle parole di giustizia e imparzialità che si proclamano tanto altamente dalla Sublime Porta.

A questo proposito ripeterò una domanda che mi son fatta in fine del mio rapporto in data 2 corrente mese n. 7, di questa Serie; a che serve più la presenza dei Delegati Esteri in Erzegovina? Senza autorttà, senza un mandato esplicito e riconosciuto, più tollerati che ascoltati dalle autorità scapitano di credito in faccia alla popolazione sia Cristiana che Mussulrnana; e la dignità degli Stati che li inviarono ne è anche tocca.

(l) Non pubblicato.

422

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1526. Berlino, 13 ottobre 1875 (per. il 16).

Come ebbi l'onore di telegrafarlo il 10 corrente (1), il Signor de Biilow aveva scritto a Varzin per potermi far conoscere da chi il Principe di Bismarck sarebbe stato accompagnato a Milano. E difatti egli mi scrisse stamane

18 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

che, per tale ufficio, era stato scelto il figlio del Principe, Conte Erberto di Bismarck, addetto al Dipartimento Imperiale degli Affari Esteri.

Qualche ora dopo il Segretario di Stato mi pregò di recarmi presso di lui. Era incaricato di comunicarmi una notizia che certo non sarebbe riuscita grata in Italia. Il Principe di Bismarck, dopo di aver passato benissimo il mese di Settembre, si era trovato di nuovo in uno stato precario di salute. Deciso qual era ad accompagnare l'Imperawre a Milano, egli aveva pur sempre nutrito la fiducia di trovarsi in condizioni tali da poter effettuare il suo desiderio. Sventuratamente gli incomodi andarono invece aumentando in questi ultimi giorni: egU chiamò a Varzin il suo medico di Berlino, il quale, dopo un consulto, sconsigliò il Principe dallo intraprendere un viaggio che non avrebbe potuto a meno di nuocergli. Il Cancelliere Imperiale era perciò stato costretto di far pervenire tale verdetto all'Imperatore. Egli ne era oltremodo dolente, ed avrebbe scritto direttamente all'E.V. per esprimere tale suo vivo rincrescimento.

Però l'Imperatore non voleva che nel suo viaggio mancasse l'elemento politico, ed av·eva determinato che il Segretario di Stato per gli Affari Esteri andasse con Lui a Milano, ed avesse seco il figlio del Cancelliere, Conte Erberto di Bismarck.

Esternai al Signor de Biilow il mio rincrescimento per la decisione presa dal Principe di Bismarck, la presenza del quale sarebbe stata apprezzata in Italia al suo giusto valore, come sarà nella stessa misura deplorata la sua assenza nel seguito di Sua Maestà Imperiale. Mi feci un dovere di riassumere testé in un telegramma (l) a V. E. quanto esposi qui sopra.

Il Signor de Biilow, in obbedienza agli ordini del Suo Sovrano, conta partire posdomani con il Conte E. di Bismarck per Innsbruck, e raggiungere colà l'Imperatore. Egli conduce con sé il Capo degli Uscieri del Dipartimento degli Affari Esteri, e due domestici.

(l) Non pubblicato.

423

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1527. Berlino, 14 ottobre 1875 (per. il 17).

La Provinzial Correspondenz pubblicò ierisera un articolo intitolato • Il Viaggio in Italia dell'Imperatore di Germania • che stimo di dover segnalare all'attenzione dell'E.V.

Dopo avere ricordato che imperiose circostanze costringessero finora l'Imperatore Guglielmo a ritardare la restituzione della visita che il Nostro Augusto Sovrano gli aveva fatto a Berlino, il foglio ufficioso osserva che la brama di effettuavla aumentò nell'animo dell'Imperatore per i sentimenti di simpatia con i quali il popolo italiano attendeva siffatta visita. Gli erronei commenti, cui il ritardo dava luogo, accrescevano in Lui il desiderio di far

prova dell'alto pregio, in cui egli ed il popolo tedesco tengono le relazioni di amicizia col Re d'Italia e col popolo italiano. La presenza del Nostro Augusto Sovrano a Berlino nel 1873 aveva dimostrato che la politica di pace inaugurata l'anno precedente dai tre Imperatori aveva trovato un'eco di fiducia in Italia. La visita dell'Imperatore Guglielmo a Milano (l'importanza della quale nel pensiero del Monarca verrà anche accentuata dalla circostanza che vi prenderanno parte il Principe di Bismarck e il Feld-Maresciallo Conte di Moltke) sarà ora una nuova dimostrazione dell'accordo e dell'unione dei grandi Stati d'Europa per il mantenimento e la consolidazio111e della pace. Se tale politica comune fece testé buona prova sul terreno più scabroso della politica internazionale, si deve salutare con gioia un ulteriore sviluppo e conferma di quella grande Lega pacifica. In questo senso il convegno dei due Sovrani di Germania e d'Italia ha un alto significato, del quale hanno coscienza i due popoli che si stringono la mano a Milano per mezzo dei loro Principi. Il popolo tedesco accompagna con voti ardenti il suo Monarca nella fiducia che il primo Imperatore tedesco, il quale valica le Alpi con pensieri di retta amicizia, troverà nelle impressioni ed esperienze del suo soggiorno in Italia nuove e potenti guarentigie per le aspirazioni comuni dei due popoli verso i più alti scopi dello sviluppo politico e morale.

Il giornale ufficioso non si sforza, come talora accade in simili incontri, a limitare il significato del convegno di Milano. Lo acc·entua invece e l'addita quale arra di una tranquilHtà cui tendono le speranze di tutti. Soltanto l'accennare ch'esso fa alla significazione della presenza del Principe di Bismarck nel seguito imperiale, non è più che un desidedo postumo, che stupisce a buon diritto nelle colonne della Provinzial Correspondenz, dopo la comunicazione che ebbi l'onore di trasmettere nel mio rapporto politico di ieri (1).

(l) Non pubblicato.

424

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 13. Mostar, 14 ottobre 1875 (per. il 23).

Il Console Inglese ricevette jeri dall'Ambasciatore Britannico 1in Costantinopoli che i Delegati Esteri in Erzegovina dopo l'insuccesso della loro primitiva missione avendo avuto nuovo incarico di ricercare altro mezzo per ravvicinare gli insorti col Commissario del Sultano, male l'intesero proponendo un efficace intervento diplomatico. Secondo il pensiero dei Rappresentanti Esteri in Costantinopoli, i Delegati dovevano occuparsi solamente di concordare un sistema di riforme atte a pacificare gli animi: e non altro.

Nel mio rapporto in data 2 ottobre corrente n. 7 di questa sede (2) ebbi l'onore di addurre di volo la ragione della proposta fatta; e qualora lo si chiegga potrei più diffusamente provar·e che il loro operato fu corretto e lo

gico nel senso letterale delle prime istruzioni e della seconda domanda loro fatta per telegrafo.

Il Console Austriaco mi disse che l'altro jeri aveva ricevuto dal Conte Andrassy notizia avere risoluto i tre G<lverni del Nord di lasciare libera la Sublime Porta di concedere tuUe quelle riforme che essa avrebbe reputato opportune, riservando il giudizio sulle medesime dopo vistone l'effetto.

Dal che sembra che si attenda dalle riforme la pacificazione. Pare a me e in ciò sono in accordo co' miei colleghi, che innanzi tutto debbasi pacificare e poi riformare.

Devesi primamente pacificare l" per sapere conoscere bene i gravami e i desideri degli insorti; 2" per discuterli e armonizzarli col diritto e gli interessi non solo del Governo Ottomano, ma anche della popolazione Mussulmana, che è pure sì gran parte del paese; 3o per far cessare una sorgente di rovine e di odii irreconciliabili tra due popolazioni che debbono vivere insieme, una causa di perdite disastrose per la Sublime Porta sia in finanza che in uomini; 4o per allontanare quanto prima il grave pericolo che prolungandosi i torbidi attuali si accresca l'agitazione e il disagio degli Stati e provincie Hmitrofe. Ma riformando prima di pacificare non si ottiene un immediato successo: l o per la difficoltà dello studio delle riforme; 2o per la difficoltà di applicarle.

Innanzitutto il grido generale dei cristiani insorti e non insorti non è tanto per riforme legislative Quanto contro l'amministrazione. • Noi non chiediamo che l'applicazione pura e semplice delle leggi che esistono •, mi dissero i rappresentanti della comunità cristiana di Mostar condotti dal Vescovo ortodosso. L'istessa cosa mi ripetè il Vescovo cattolico e alcuni parroci che l'accompagnavano; e quasi identica dichiarazione ei fecero gli insorti di Gabella di Hrasno di Popovo Polje, veri insorti per mera sciagura, non per spiriti irrequieti ·e battaglieri come quei di Zubsi e Bsaniani.

Infatti le leggi sono, e sono relativamente buone. In ·esse non si fa distinzione tra mussulmani e cristiani; ma ben lo si fa dalla Amministrazione. È il sistema che si dovrebbe mutare; ma il sistema è l'amministrazione stessa. Ai funzionari si sostituiscono pure altr.i funzionari, sieno Valì, Mutasserifi, Mudiri, Cadi fino all'ultimo Zaptié; ma, gli uomini sono sempre gli stessi. È tutto un insieme di idee di tradizioni d'interessi di necessità morali e materiali che li lega e li unisce in un corpo di resistenza a qualsiasi novità favorevole ai cristiani; e questo corpo è l'Amministrazione turca.

Nel recente Iradé del Sultano e nella lettera Viziriale, per esempio, si contiene la riforma dei Medgiliss. Il Commissario Server Pascià la encomiò nel suo talimat; e chi sa quanto sarà magnificata nel giornalismo d'Europa. Ma i cristiani non ne sono punto commossi. Essi sanno che per quanto si modellino su nuove basi i Medgiliss saranno sempre composti degli stessi uomini; saranno sempre i Mussulmani .in tracotant·e maggioranza che imporranno silenzio alla paurosa minoranza cristiana. Sarebbevi allora d'invertire il numero. Ma è a dubitarsi se la Amministrazione vorrà secondare la nuova maggioranza: e supponendo, per assurdo, che lo faccia, toccherebbe allora ai Mussulmani il diventare i raja, gli oppressi.

I Cristiani però chieggono nulla di questo, ma diversamente chieggono assai più. Essi dicono: • non dateci per giudici nostri mortali nemici; niuna

legge, niuna riforma ci salverà: ma dateci giudici imparziali non interessati a spogliarci ed opprimerei; dateci giudici stranieri; formate anche per noi tribunali internazionali •.

Apparisce da tali contrasti d'interessi e di contingenze, che non basta studiare riforme, ma avvi a ricercare lo strumento di esecuzione: difficoltà cotesta che costituisce l'impotenza della Turchia, malgrado le migliori intenzioni del suo Governo.

Ad ogni modo le riforme non si possono attuare semplicemente enunciandole: è d'uopo formularle in leggi e regolamenti. La qual cosa se altrove è il principio di esecuzione, in Turchia non è che lo stadio delle promesse. Siccome di queste promesse divenute leggi e regolamenti, i Cristiani ne ebbero e ne hanno in numero più non vi credono; e con esse non si pacifica.

Nel mentre però che con un tal lavorio nulla si ottiene dai Cristiani si scontenta d'altra parte i Mussulmani che nelle novità temono lesi gli inter,essi loro sieno pure fondati suHa tirannia e sull'oppressione.

Egli è perciò che Server Pascià, come tutti i Commissari straordinari venuti in passato, si limita alle pure cose di forma, perché se si avventura nella sostanza vede davanti a sé l'insurrezione mussulmana.

Le difficoltà sono dunque inestricabili. Vi sarebbe un mezzo per vincerle; ed è che l'Amministrazione non fosse né turca né cristiana orientale; fosse una amministrazione d'intervento; unico mezzo per tenere tutti a dovere ed applicare la legge a tutti e contro tutti.

Mi son permesso di citare questo mezzo, solo per spiegare più figuratamente in quale difficile sHuazione si trovi 'la Porta per fare eseguire le riforme.

(l) -Cfr. n. 422. (2) -Non pubblicato.
425

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 578. Parigi, 15 ottobre 1875, ore 23,45 (per. ore 10 del 16).

Decazes a reçu également communication verbale d'une dépeche du Gouvernement des Etats-Unis, par laquelle celui-ci le prie de conseiller à l'Espagne de terminer ou d'abandonner la lutte à Cuba, et de donner, dans le dernier cas, à l'ile non pas ,l'indépendance politique, mais le self-government. L'annexion aux Etats-Unis est écartée. Decazes a répondu qu'il demandait à réfléchir. Il a fait demander à lord Derby et fera demander à V.E., avis respectif; en meme temps, il fera acte d'amitié ,envers le Gouvernement espagnol en l'informant de la démarche des Etats-Unis, mais en s'abstenant de tout conseil, au moins jusqu'à ce qu'il connaitra avis des autres Gouvernements. Decazes avait demandé tout d'abord à engager la Russie à donner des conseils de modération à Washington, mais jusqu'ici, il ne l'a pas fait.

426

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 580. Londra, 15 ottobre 1875, ore 23,55 (per. ore 10 del 16).

Derby vient de me constater expl.icitement, concernant la circulaire des Etats-Unis sur Cuba, que toute ddée d'annexion y est formellement exclue; Derby est convaincu de la sincérité de cette assurance et du nul désir, pour le moment, d'une intervention armée a Cuba. Ce que les Etats-Unis voudraient, serait que l'Espagne donnat une autonomie locale à Cuba, semblable à celle des colonies anglaises.

Derby m'a démontré par des considérations de politique intérieure américaine, l'exactitude de son point de vue. Les Etats-Unis ne veulent pas augmenter leurs électeurs nègres, mais désirent vivement voir la fin d'un état de choses qui rend extremement difficiles leurs devoirs de neutra<lité, à cause de l'aide que les américains donnent aux insurgés et des offenses continuelles des autorités espagnoles. Derby croit que l'action diplomatique actuelle, qui est provoquée par la prochaine élection présidentielle, n'aura pas de suites. Le Gouvernement anglais a dit par dépeche confidentiel!le à ses ministres à Madrid et à Washington, aue l'Angleterre ne croit avoir aucun droit d'intervenir dans les affaires intérieures des possessions espagnoles, mais si rEspagne demande spontanément la médiation pacifique, l'Angleterre serait disposée à l'accorder. Derby a conclu qu'il n'en fera cependant pas la proposition à l'Espagne, connaissant l'orgueH susceptible des espagnols, qui certainement refuseraient.

427

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 289. Alessandria, 16 ottobre 1875 (per. il 23).

Reduce questa mattina da Cairo ho trovato il dispaccio di V.E. dell' 8 corrente n. 112 (1).

Nubar Pascià, Ministro degli Esteri, incaricato delle trattative della riforma giudiziaria, mi informò che la Russia, l'Austria e la Germania avevano ufficialmente consigliato al Khedive la conv,enienza di differire sino al l o gennaio prossimo l'esecuzione della riforma giudiziaria; e che dalle communicazioni del Gabinetto di Vienna gli risultava che l'Inghilterra approvasse questa proroga. E vedendosi H Gabinetto Egiziano obbligato di comunicare officialmente l'adesione del Khedive, prima del 18 ottobre, Nubar Pascià m'interpellò in proposito chiedendomi se poteva ritenere come partecipazione uffi

ciale dell'opinione del R. Governo, sulla convenienza di accordare la proroga proposta, il telegramma di V. E. del 6 settembre scorso (1).

Considerando che il tempo pressava, e che il Viceré doveva pure rispondere ai Gabinetti .interessati, e tranquillizzare l'opinione pubblica inquieta per molte dicerie, mi credetti autorizzato di poter rispondere a Nubar Pascià che il telegramma suddetto non ammetteva dubbio sulle intenzioni del R. Governo di associarsi agli altri Gabinetti per chiedere che la riforma giudiziaria abbia ad entrare in vigore soltanto il l o gennaio 1876. Sono felicissimo di aver interpretate ·esa,ttamente le intenzioni dell'E.V.

Nubar Pascià, in conseguenza di ciò, ha diretto ai Rappresentanti Esteri la Circolare, della quale rimetto copia qui unita (1).

Per informazioni venute da Vienna, il Viceré è stato assicurato che il Governo Francese stesso abbia chiesto ~a suaccennata proroga, rivolgendone la domanda al Gabinetto di Berlino, perché prendesse l'iniziativa a proporla, e si aggiunge che si sia prevalso di questa occasione per dare un primo passo di deferenza verso il Principe di Bismark.

(l) Non pubblicato.

428

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 408. Vienna, 18 ottobre 1875 (per. il 23).

Fin dalla venuta in Vienna del Conte Andrassy all'aprirsi delle Delegazioni, aveva creduto bene fargli esprimere il desiderio di vederlo, senza però, bene inteso, insistere per l'urgenza di un'udienza, non avendo particolare comunicazione da fargli. Egli m'aveva gentilmente fatto rispondere che non avrebbe tardato a procurarsi un colloquio meco, desiderandolo egli pure. Intanto passarono i giorni ed il Conte, occupatissimo colle De•legazioni, nulla mi faceva dire. Jeri finalmente io era avvisato che sarebbe venuto da me in giornata, ed in fatto ·ebbi la sua visita all'uscir dalla seduta in cui pronunciò la chiusura delle Delegazioni, e poco prima che lasciasse Vienna per far r.itorno a Terebes.

Il Conte mi disse, avere in modo speciale incaricato il Conte Wimpffen, che parte oggi per Roma, di dire all'E.V., ch'Egli spera che i dubbi ch'Ella poté avere intorno ai suoi intendimenti sulla questione orientale, si saranno in oggi dileguati, le sue dichiarazioni alle Delegazioni e più di tutto i fatti avendo chiaramente dimostrato quanto sia lontano dall'animo suo qualsiasi ingrandimento della Monarchia a spese del territorio turco; • ad ogni modo •, Egli disse, • il Conte Wimpffen è incaricato di dare al vostro Governo le più categoriche assicuranze al riguardo, poiché se vi può essere nella Monarchia qualche slavo-filo, che sogna simili cose, l'Imperatore non le vuole ed io neppure. Certamente, egli soggiungevami, noi come vicini non possiamo es

sere indifferenti ai patimenti che i turchi fanno soffrire ai Cristiani, e nell'interesse stesso della Turchia dobbiamo talvolta pei primi e con maggiore insistenza interporre presso la Porta i nostri uffici, perché la loro posizione venga migliorata, ma nel ciò fare siamo animati anche dal desiderio di togliere, per quanto possibile, le cause di perturbazione, e meglio anzi vi riesciremmo ove le nostre .intenzioni, meglio apprezzate dalle altre potenze, trovassero presso di esse maggior concorso •. Onde provarmi il vantaggio che da quella politica del Governo Austro-Ungarico ridonda alla Porta, H Conte acoennavami l'attitudine esemplarmente pacifica serbata nella presente vertenza dal Governo rumeno, soddisfatto nelle sue aspirazioni dalla convenzione recentemente conchiusa col Governo Austro-Ungarico, convenzione che era stata rappresentata ingiustamente siccome il germe della presente ribellione. Non credetti assentire pienamente col mio silenzio a questa dtazione e dissi: che mentre constatava io pure la pacifica attitudine del Governo di Bukarest, doveva però obbiettare che nella circostanza citatami i buoni ufficii presso la Porta da parte del Gabinetto di Vienna avevano fatto pressoché intieramente difetto, e che si era in ciò solo che il R. Governo aveva in allora dissentito parzialmente dal modo di vedere del Gabinetto di Vienna. Ciò detto lasciai cadere la questione, non presentando più essa attualità di sorta. Mi permisi poi anche di rilevare le prime parole dettemi dal Conte intorno ai dubbi che l'E.V. aveva potuto nutrire sui suoi intendimenti; l'assicurai, che dubbi V.E. non ne aveva mai avuti, ma che era natura,le fosse incerta sulla portata della sua politica orientale, non essendoglisi ancora presentata l'occasione di esplicarsi, che però dopo 1e conversazioni avute meco al riguardo dall'E.S. io non aveva mancato di chiarirle lo stato delle cose, precisamente nel senso stesso ch'Egli incaricava oggi il Conte Wimpffen di farlo, e che evidentemente più nessuna incertezza il Governo del Mio Augusto Sovrano poteva nutrire intorno ai suoi propositi.

Venimmo poscia a toccare la delicata questione deLla doppia azione talvolta fattasi sentire, il centro dirigente trasportandosi da Vienna a Costantinopoli e facendo poi ritorno in questa Capitale. Qui parvemi a proposito l'accennare, con prudenza e molta riserva nelle parole, che la posizione nella presente vertenza delle tre potenze che non sono l'Austria-Ungheria, la Germania e la Russia, non è sempre ni agréable ni facile, ma che tanto più essa rendevasi disagevole, ove persistesse H dubbio del centro verso il quale esse avevano da far capo. L'interesse generale ci tiene tutti uniti, ma, a mio avviso, con ogni cura devesi agevolare questo accordo generale, rimovendo anche gli ostacoli di forma, che possono recarvi incaglio. Avvalorai il mio dire, citando l'esempio del risultato attenutosi dalla concorde azione a Belgrado, risultato che fu il più positivo che siasi sin qui ottenuto nella presente questione. Il Conte Andrassy ben volle riconoscere la mia osservazione essere fondata, ed anzi dissemi non aver mancato di prende11e la cosa in seria considerazione, e che poteva assicurarmi il lamentato inconveniente più non si sarebbe rinnovato, essendo bene inteso che il centro direttore non si sarebbe più mosso da Vienna, troppe ragioni d'altronde opponendosi a che lo si lasciasse trasportare a Costantinopoli. Seguendo poi ,lo stesso ordine d'idee, senza precisare chiaramente il suo pensiero, si espresse in modo che mi parve capire volesse farmi intendere essere suo desiderio che nelle ulteriori fasi della presente questione, all'esclusiva azione principale delle tre potenze nordiche, venga a sostituirsi quella comune delle sei potenze garanti. Nel far di ciò cenno all'E.V., non intendo darvi grande peso, H Conte Andrassy avendo anche potuto esprimersi in tale senso, onde attutire quella certa non male fondata suscettività, di cui io aveva fatto balenare ai suoi occhi l'impressione.

Discorrendo poi dell'attuale condizione delle cose nell'Erzegovina, egli dicevami che tutti i suoi sforzi tendevano attualmente a rendere possibile il rimpatrio di quella massa di emigrati, che aveva cercato rifugio sul suolo Austro-Ungarico; che ciò però non era effettuabile se prima la ribellione non era soffocata. E qui, mentre Egli non nascondevami dover constatare che la ribellione si mantiene, dolevasi pure dei provvedimenti pacificatori adottati dalla Porta, primo fra i quali il condono di parte del dovuto tributo, cosa ch'egli chiamava la prime de la révolte, e finalmente mostravasi spiacente della scelta testé fatta di Khalil Scherif-Pacha, come speciale rappresentante della Sublime Porta nelle Provincie insorte. In fatto chiunque conosce Khalil, ,ed a Vienna è molto noto essendovi stato Ambasciatore, è persuaso che persona meno adatta a simile missione non avrebbesi potuto scegliere. Essendo poi venuti a toccare la questione della missione dei Consoli, Egli dissemi ravvisare conveniente essa continui, onde mantenere in mezzo a quelle popolazioni un centro autorev<>lmente costituito, a,tto ad informare costantemente con veracità le potenze intorno allo stato delle cose, e tale anche da servire di controllo alla azione repressiva dei turchi; la semplice sua presenza potendo bastare ad impedirla di eccedere.

Della Serbia pure tenemmo un momento parola; il Conte Andrassy lodò l'attitudine risoluta assunta dal Principe Milano: disse però risultargli che la sua corona e fors'anche la sua vita non tengono che ad un filo; che ove questo venisse a spezzarsi, lo stato di anarchia in cui quello stato cadrebbe, aggraverebbe indubbiamente in notevole modo la situazione. Egli conchiudeva però il suo discorso col dire che ad ogni modo al presente siamo in una fase di sosta.

Come dissi il Conte Andrassy partì ieri sera per le sue terre, da dove si recherà fra breve a Pest presso S.M. l'Imperatore, e suppongo vi rimarrà sino al fine dell'anno, facendo soltanto di quando in quando brevi gite a Vienna; salvo bene inteso circostanze speciali esigano prolunghi maggiormente i suoi soggiorni qui: credo però che quanto possibile si tratterrà alla capitale ungarica, sbrigando da colà gli affari.

(l) Non pubblicato.

429

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2328/545. Londra, 20 ottobre 1875 (per. il 25).

La relazione del Console inglese, che ha fatto parte della Commissione presso gl'insorti nella Erzegovina, è giunta al Foreign Office. La sua narrazione dello spettaculo miserando ch'egli ha visto sarebbe uguale a quella che Le venne fatta dal Cavaliere Durando. Il paese (mi si diceva quest'oggi) per lungo spazio di tempo non potrà rifarsi degl'incendj, devastazioni, eccidj commessi dai Turchi e dagl'insorti. Il Console constata il fatto che molti degli armati contro il dominio Ottomano sono forastieri alle provincie nelle quali quella barbara guerra è combattuta; e quasi tutti, se non tutti, i Capi della insurrezione non sono Erzegovesi; e soggiunge quel funzionario britannico che la risposta ottenuta fu che non deporrebbero le armi perché increduli a ogni promessa turca. Il Console termina la sua l'elazione col sottomettere le sue opinioni sui rimedj che dovrebbero essere adottati. Ma la riserva mantenuta su questo punto fu assoluta nel parlarmi.

• È una quistione codesta dell'Erzegovina (mi si diceva) che durerà disgraziatamente lungo spazio di tempo, non potendosi scorgere in qua·l modo possa farsi finita; promesse di riforme per iniziativa della sola Turchia non potranno, secondo ogni apparenza, por fine all'incendio; ogni intromissione delle Potenze sarebbe assai più dannosa dell'incendio medesimo: è un circolo vizioso da cui non è possibile prevedere ancora quale sarà l'uscita. Ad ogni modo, la Porta dovrebbe con fermo proponimento e con mano energica compiere nelle Provincie limitrofe alle insorte (poiché non 1e potrebbe attuare nelle provincie ribelli) le riforme promesse; e forse a più miti consigli sarebbero indotti quegli insorti dallo scorgere che finalmente non riman lettera morta ogni promessa della Porta Ottomana, siccome oggi credono, né possono essere biasimati. Sir Henry Elliot non trascura occasione d'agire e insistere perché quelle riforme sieno poste in atto ».

Alcuni giornali di questa città (fra i quali il Morning Post) hanno attribuita la grave e subitanea decisione della Turchia pel suo Debito pubblico a consigli del Generale Ignatieff. Questa opinione, ch'è divisa da molta parte del pubblico, è risolutamente smentita al Foreign Office, e l'origine n'è attribuita all'altra opinione, dichiarata essere falsa quanto la prima, che f'attuale Gran Vizir sia ligio affatto alla Russia. Sebbene non sia in grado di giudicare se codeste smentite esprimano i convincimenti di questo Governo, pur nondimeno m'è parso di doverne far cenno all'E.V.

Ieri avvenne un • meeting • di detentori di Rendita Turca; e ho l'onore d trasmetterLe qui unito il reso-conto dal giornale il Times (l) dei discorsi pronunciati e delle risoluzioni (seppur si possono dire risoluzioni) votate.

430

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2329/546. Londra, 21 ottobre 1875 (per. il 25).

Credo mio dovere di chiamare l'attenzione dell'E.V. sul linguaggio della stampa inglese, unanime nelle manifestazioni della sua simpatia per l'Italia,

in occasione della visita che S.M. l'Imperatore di Germania restituisce al Re nostro Augusto Sovrano. E non avvi persona, a qualunque partito appartenga, che spontaneamente non mi ripeta espressioni lusinghiere per la Maestà Sua e per l'Italia. L'amicizia deHa Nazione Britannica pel nostro paese ha colta l'occasione presente per manifestarsi, qual'è, sincera e profonda.

I più importanti giornali di Londra danno due significati principali alla visita imperiale in Milano: essere nuovo pegno di pace per l'Europa; essere un nuovo colpo vibrato all'Ultramontanismo; e applaudono all'una e all'altra significazione.

Rispetto alla prima, debbo osservare quanto il linguaggio della stampa inglese sia diverso adesso, nel parlare della Germania, da quello di pochi mesi or sono quando l'incidente Duchesne fece sospettare ana irritata opinione pubblica che la Germania volesse minacciare il Belgio; due essendo (siccome mi fu detto da un autorevole personaggio) le quistioni per le quali l'Inghilterra non verrà mai a transazioni: il Belgio e l'Egitto, le sue vi•e di comunicazione con l'Europa e con l'India. I giornali fanno, poi, spiccare il carattere conservatore e moderato deU'Italia nel concerto europeo.

La seconda significazione è commentata in diversi modi secondo che le antipatie contro il partito che governa la Chiesa di Roma sono più o meno vivaci, i pericoli della c congiura • ultramontana più o meno ingigantiti o temuti. Ma l'opinione che assolutamente prevale si è che sebbene le politiche religiose dei due Paesi, i cui Principi ora si stringono la mano, sieno diverse, le simpatie dell'Inghilterra essendo per la politica italiana, pur non di meno (siccome ha detto il Times) c il Vaticano è il nimico d'ambidue. Ognun d'essi lo combatte con le armi sue proprie. Ma l'Italia ha da cercare alleanza negli Stati Protestanti e .soprattutto nella Germania. Ambidue sono minacciati dallo stesso nimico ed è possibile che tutti e due debbano ancora lottare per la vita. Da codesta prospettiva toglie il suo vero interesse la presenza dell'Imperatore Germanico in Italia •.

(l) Non si pubblica.

431

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 227. Milano, 22 ottobre 1875, ore 11.

Le nommé Pugnalini, sujet italien qui traversait la frontière de Dalmatie près de Tzarina pour quitter l'Herzégovine a été fait prisonnier par des soldats tures et tué ensuite de la manière la plus barbare. Il n'y a pas eu combat ni procès. J'ai chargé notre agent à Raguse de procéder à une enquete. Veuillez appeler sur ce fait l'attention du Gouvernement ottoman, qui prendra, j'aime l'espérer, l'initiative d'une punition exemplail'le ou d'autres mesures de nature à donner satisfaction à l'opinion publique·.

432

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

ANNESSO CIFRATO (1). Thémpia, 22 ottobre 1875 (per. il 29).

Ambassadeur d'Angleterre vient de me donner lecture éminemment confidentielle d'une dépéche reçue de Londres et portant que dans une conV'ersation entre le Baron Jomini et le Chargé d'affaires d'Angleterre à Saint Pétersbourg, le premier aurait dit Que le Général Ignatieff a proposé à ses collègues à Constantinople, entre autres choses, que l'Autriche dut amasser des troupes sur la frontière d'Herzégovine afin de protéger ,les femmes et les enfants des cruautés turoues. Les paroles du Baron Jomini semblaient impliquer l'éventualité d'une intervention autrichienne dans le territoire turc. Interpellé là dessus par son interlocuteur il aurait fait une réponse évasive. Les ambassadeurs de France et d'Angleterre et moi, nous avons jamais reçu semblable communication du Général Ignatieff.

Cette information produit une profonde impression sur mes collègues de France et d'Angleterre.

433

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, GERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 4723. Roma, 23 ottobre 1875 (per. il 24).

Mi piace rilevare dalla nota segnata in margine (2) che le autorità del Canton Ticino abbiano ferma intenzione di non tollerare in paese maneggi e tentativi insurrezionali per parte specialmente degli internazionalisti italiani colà rifugiati e che al R. Console in Lugano sia facilitata la sorveglianza su quegli individui dai sentimenti di moderazione e di simpatia verso l'Italia, dai quali sembra animata la maggioranza di quel Gran Consiglio.

Per quanto poi riguarda le relazioni di quegli internazionalisti con persone affigliate alla setta e vesidenti nel Regno, riconosco in massima la convenienza della proposta fatta dal R. Console di procurarsi una persona di fiducia per avere in proposito le necessarie informazioni, ma prima di autorizzare la spesa a ciò necessaria bramerei conoscere a qual somma possa ammontare (3).

(l) -AI r. 35. (2) -Si tratta del d. 51 Svizzera. (3) -Annotazione marginale: «A Lugano 6 Novembre».
434

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2334/547. Londra, 25 ottobre 1875 (per. il 30).

Mi è pervenuta ier sera, con la data delli 22 di questo mese, una lettera del Conte di Derby, la quale si riferisce alla pratica da me fatta al Foreign Office li 9 corrente per conoscere l'avviso del Governo della Regina sulla misura finanziaria della Porta Ottomana. In questa lettera mi si dice che

• l'annuncio del Governo Turco essendo di così recente data, ed il suo soggetto involgendo considerazioni di così seria importanza per quelle persone i cui interessi sono più direttamente impegnati in quella misura, io posso, nel momento attuale, solamente informarla che questo argomento riceverà la più seria attenzione dal Governo di Sua Maestà, e che nissuna misura o rappresentamento di natura collettiva avrà luogo da parte del Governo della Regina senza previa comunicazione col Governo Italiano •.

L'Ambasciatore di Germania, essendosi recato in campagna da Lord Derby, n'è tornato avant'ieri con la convinzione che l'Inghilterra si asterrà da qualunque pratica. Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri non gli avrebbe celato che, a suo avviso, nulla si possa o debba fare. • Non possiamo (disse il Conte di Derby) agire in questo caso, come non abbiamo agito -per atto di esempio -quando 'l'Austria adottò un provvedimento uguale a questo della Turchia •.

Ad ogni modo, il Ministro della Regina è costretto ad abbreviare la sua dimora in campagna per ricevere li 3 del mese entrante una deputazione dei detentori dei prestiti turchi.

435

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2335/548. Londra, 26 ottobre 1875 (per. il 31).

L'Ambasciadore di Germania, essendo tornato dal suo congedo, ha ricevuto un invito del Conte di Derby, ed è rimasto a caccia da lui durante gli ultimi giorni della scorsa settimana.

Le conversazioni tra il Ministro della Regina e il Conte di Munster sulla quistione della Erzegovina (da ciò che quest'ultimo me ne ha detto stamane) confermerebbero le notizie ed impressioni che ho avuto l'onore di riferirle nei miei precedenti rapporti.

• Il Governo Britannico non ha soltanto avuto per objetto di mantenere l'assoluto Statu quo in Oriente, ma di avversare -secondo i suoi mezzi ogni proposta d'azione europea ouando anche ispirata dalla necessità e dal desiderio delle Potenze di non sollevare quella pericolosa quistione. Spostatosi l'asse della sua politica estera per ,la forza delle ultime vicende d'Europa,

impreparato per ogni complicazione che possa sorgere in Turchia, timoroso e sospettoso d'ogni accordo delle tre Potenze del Nord, preoccupato del suo isolamento dal quale pur non si vuoi decidere a cercar d'uscire, quella attitudine del Governo Inglese, che si è manifestata sin dal principio e dura tuttora, è una conseguenza naturale delle cause suddette. Egli si è fidato e ha dubitato alternamente dell'Austria-Ungheria, ha esercitata ripetutamente la sua azione a Costantinopoli per iscuotere la Porta dalla sua mancanza di energia di fronte alla insurrezione, con mala voglia si è associato alla missione consolare e, poiché questa missione non è riuscita si adopera perché cessi ogni ingerenza europea, e, affinché non avvenga, insiste per mezzo del Suo Ambasciadore senza posa presso i Ministri del Sultano onde sieno le riforme promesse eseguite.

In siffatto modo per le mutate condizioni dell'Europa, l'Inghilterra ha continuata in questa circostanza -ma fiaccamente e senza l'antica decisione ed energia -la poHtica Palmerstoniana, malgrado le manifestazioni dell'opinione pubblica contraria a codesta cosiddetta politica tradizionale, e sebbene della sua opportunità ed efficacia sia scettico lo stesso Lord Derby, il quale non ha esitato a dichiarare pubblicamente che convenga allontanare una crisi, da lui pur considerata inevitabHe •.

• Ad ogni modo, (continuò a dirmi il Conte di Munster) il Conte di Derby,

cui ripugnano sempre le conversazioni che s'aggirano sulle generaU -, mi ha detto sarà fra i principali argomenti delle deliberazioni del Gabinetto codesta quistione Erzegovese nei Consigli del prossimo Novembre. E interrogato da me sulla opportunità d'una Conferenza Europea, ebbi per risposta di esser egli affatto avverso a una cotale idea: • Le Conferenze -mi soggiunse Lord Derby -convengono ove s'abbia a regolare o sanzionare un fatto compiuto; in altri casi, !ungi dal recar rimedio al danno, soltanto lo favoriscono e aumentano; epperò vanno quasi sempre contro le intenzioni di chi le promosse •. Non ho creduto di dover addurre esempj che contradicono una siffatta teoria •.

L'Ambasciadore di Germania, mi esprimeva, infine, il suo convincimento che, quando mai la quistione d'Oriente in un modo o nell'altro divampasse davvero e le Potenze intervenissero armate, la Gran Brettagna si assicurerà istantaneamente, con una flotta ad Alessandria e un'altra a Aden, di quel paese ch'è oggimai il vero centro dei suoi interessi e il cardine d'ogni sua politica orientale.

436

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P Berlino, 26 ottobre 1875.

Ricevetti jeri sera la lettera di cui Ella volle onorarmi in data del 23 corrente (1), e mi fu dato di potere adempiere le istruzioni contenute nella

medesima, il giorno stesso benché a tarda sera. Però non Le telegrafai la risposta che oggi, per la ragione che dirò appresso.

Lessi adunque jersera al Signor de Biilow una parte di quella lettera, informandolo così deH'u1timo colloquio fra il nostro Augusto Sovrano e l'Imperatore Guglielmo, dell'incarico dato a V.E. dal Re, del ritardo che Ella aveva preso sopra di sé per render nota al Segretario di Stato la nuova decisione prima di eseguire gli ordini Sovrani, e finalmente del desiderio ben motivato che si facesse contemporaneamente anche QUi la pubblicazione della Quale il Signor de Bi.ilow aveva ricevuto il progetto scritto prima di lasciare Milano.

Il Signor de Bi.ilow mi parve piuttosto sconcertato da tale comunicazione. Disse che, dal momento della partenza dall'Italia, l'Imperatore aveva risentito qualche stanchezza e in seguito un po' di malessere: si era pertanto dato al riposo, e non aveva fatto parola al Segretario di Stato di nuovi concerti presi con il Re. Il Signor de Bi.ilow non poteva prendere sopra di sé di adottare una decisione qualsiasi. Doveva necessariamente chiedere gli ordini del Suo Sovrano: più tardi accennò anche alla necessità per lui di concertarsi con il Cancelliere Imperiale. accorrevano alcuni giorni. L'Imperatore era indisposto: non era sicuro di potergli parlare così presto. Da parte mia, rappresentai che il da farsi era ormai dettato dal concerto ,e dalle parole scambiate dai due Sovrani: V.E. non poteva differire di eseguire l'ordine del Re. Parlasse ad ogni costo il Signor de Biilow con l'Imperatore: malgrado la sollecita risposta prescrittami dal mio Ministro degli Affa~i Esteri, avrei aspettato sino all'indomani alle 2 pomeridiane per telegrafare che avevo eseguita la comunicazione: V.S. non aspettava che simile avviso per fare la pubblicazione. Il Signor de Biilow mi assicurò che qualora l'Imperatore potesse riceverlo, c10 non avvebbe luogo prima delle 4, ora abitua1e del rapporto. Per intanto egli non poteva darmi nessuna risposta. Mi rassegnai e dissi che aspetterei ad ogni buon fine sino alle ore 5 pomeridiane del dì seguente. Ed uscii dal Ministero, con l'impressione che, da parte nostra la situazione era chiara, ma che ci sovrastava ostacolo ignoto. Il telegramma che spedii oggi alle 5 riassumeva questo primo colloquio.

Oggi all'ora indica,ta tornai dal Segretario di Stato. Mi disse che i medici avevano prescritto all'Imperatore un assoluto riposo per qualche giorno: perciò non aveva presieduto stamani alla inaugurazione del monumento a Stein, domani non avrebbe aperto in persona il Reichstag, e le caccie di Sagan alle quali doveva assistere erano rimandate di qui ad otto giorni. Il Signor de Biilow non aveva quindi potuto parlare con l'Imperatore, che non deve ricevere nessuno: sperava di vederlo quanto prima: ma intanto non poteva prendere nulla sopra di sé per la pubblicazione, tanto più che era poi anche indicato per lui di concertarsi con il Cancelliere Imperialie. Posta la questione in questi termini, era inutile ogni insistenza. Se il Signor de Biilow non poteva far nulla senza ,l'Imperatore che non ricev,e, ed il Cancelliere assente, non era meno chiaro che l'E.V. non poteva esimersi dall'eseguire l'ordine del Re, dato in seguito a concerto con l'Imperatore. Lo dichiarai al Signor de Bi.ilow, facendo ben notare che V.E. aveva essenzialmente voluto prevenire prima il Segretario di Stato, a cagione della conversazione avuta insieme a Milano, ed esprimere il voto che la pubblicazione identica si facesse contemporaneamente a

Berlino. Ora avrei telegrafato, (come difatti lo feci subito dopo), che il messaggio era eseguito, ed aggiunsi che per conseguenza la pubblicazione avrebbe avuto luogo subito da parte nostra. Il Signor de Biilow, sino dal colloquio di jeri, non apprezzava pienamente la nostra premura dal momento che in fin dei conti la cosa era combinata già fra i Sovrani. Non mancai di osservare dal mio canto che, appunto per questo ultimo motivo, non vi era cagione di tacere la cosa e di non pubblicarla. Il Signor de Biilow è grato a V.E. della cortesia dimostratagli. L'attitudine del medesimo mi lasciò oggi una migliore impressione.

Quale può essere il motivo di questa esitazione? È verissimo che il Segretario di Stato non può decidere nulla senza l'ordine del suo Sovrano. Però si è tentati di cercare qualche altra considerazione di fronte a tanto scrupolo per la pubblicazione di un fatto concertato fra i Sovrani medesimi e per ciò non discutibile. Forse che si vorrà qui pubblicarlo acc,entuando che il nostro Re propose e l'Imperatore accettò? Oppure è la quistione di persona che qui predomina ogni altra considerazione? Stimai inutile di toccare questi punti, dal momento che il Signor de Biilow dichiarava a priori di non potermi dare nessuna risposta sintantoché non avesse parlato di ciò all'Imperatore. Quanto ai termini della pubblicazione, certamente sarebbe desiderevole che essa fosse perfettamente identica: ad ogni modo però, ia circostanza dell'accordo comune dal quale mossero i due Sovrani risulterà dal fatto stesso della decisione che presero a Milano di motu proprio.

Non so se posso lusingarmi di avere nei miei discorsi col Signor de Biilow

corrisposto alle intenzioni di V.E. Non mi mancò il buon volere. Pregai il Signor

de Biilow di informarmi senza ritardo di ogni ulteriore decisione, appena gli

sarà stato possibile di conferire con l'Imperatore. Però EUa vede da quanto

accade ora che non c'è da aspettarsi a molta premura e che val meglio usare

con tutti i riguardi molta risolutezza, appunto come usò V.E. nella lettera

del 23.

(l) Non in J1VV.

437

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 520. Berlino, 27 ottobre 1875, ore 16,16 (per. ore 10 del 28).

Oggi ebbe luogo l'apertura del Reichstag. Il discorso della Corona, letto dal Presidente della Cancelleria Imperiale, S.E. il Signor Delbruck, esprime la fiducia che, oggi più che mai, si ha ragione di nutrire nel consolidamento di una pace duratura, e si conchiude colle seguenti parole: • La visita daHa quale ritorna S.M. l'Imperatore, la cordiale accoglienza ch'·egli ha trovata appo S.M. il Re d'Italia e l'intera popolazione, confermano il convincimento che l'unione interna e la reciproca amicizia a cui sono pervenute ad un tempo stesso Germania e Italia, offrono una nuova e durevole guarentigia dello sviluppo pacificamente progressivo dell'Europa.

438

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Parigi, 27 ottobre 1875.

Ho ricevuto, un po' tardi, la lettera che mi scriveste da Roma il 9 corrente (1). Ho trovato confermata in essa l'idea che già mi avevo fatta dalle precedenti corrispondenze del nostro modo di vedere e di agire nelle questioni sollevate dall'insurvezione dell'Erzegovina. Ho poi avuto occasione d'intrattenermi su questo argomento, a parecchie riprese, col Duca Decazes. Io mi studiai, nelle mie conversazioni con questo Ministro di dimostrare che per l'Italia come per la Francia la miglior via da seguire era quella di prestare ai tre Gabine•tti Imperiali il concorso che essi avevano chiesto a noi, alla Francia ed anche all'Inghilterra, pei passi da farsi in romune sì a Belgrado che a Costantinopoli, e questo senza cercare di soverchiamente indagare ·e definire il carattere preciso d'un tale concorso di fronte all'accordo dei tre Gabinetti Imperiali pvedetti.

Io ebbi ad insistere, col Duca Decazes, specia•lmente sulle osservazioni seguenti. Dall'un lato non si può disconoscere che J.a Russia e l'Austria siano più da vicino interessate degli eventi della Bosnia e dell'Erzegovina, e che perciò possano in certo modo riv·endicare più specialmente l'iniziativa dei passi comuni da proporsi. D'altra parte l'Halia e le potenze occidentali non possono né vogliono certo disinteressarsi in questioni che entrano nel dominio della politica generale d'Europa, e nel cerchio più particolare dello stato di cose stabilito e guarentito dal Trattato di Parigi del 1856. Finalmente non sarebbe possibile (almeno per parte nostra), ed anche se fosse possibile, non sarebbe utile, anzi sarebbe· pericoloso il ·tentare un accordo separato e parallelo a quello delle tre Corti Imperiali. Il Duca Decazes convenne con me intorno al fondamento rea1e e vero di Queste osservazioni. Voi sapete che egli vagheggia (d'accordo in ciò coll'opinione generale degli uomini politici in Francia) una futura possibile alleanza Franco-Russa. Quindi la politica estera della Francia si risente in ogni occasione di questa preoccupazione, •la quale nel caso presente non fu senza influenza nel determinare le linee di condotta del Gabinetto di Versaglia. Il Duca Decazes desidera certamente camminare d'accordo coll'Italia e coll'Inghilterra in questa Questione, ma il desiderio che ha egualmente vivo di procedere d'accordo colla Russia, fa sì che non tenterà nulla di ciò che potesse considerarsi non solo come atto d'opposizione ma come un procedere separato ·e parallelo a quello di quest'ultima potenza. Egli però non è senza qual:che apprensione intorno all'esito finale della questione; ed è disposto a credere, che prendendo l'insurrezione nuovo vigore nella ventura primavera, lo smembramento della Turchia sia posto sul tappeto in un avvenire più prossimo di quanto si pensa.

Rispetto alle misure finanziarie prese dalla Porta, il Duca Decazes mi disse che Lord Derby gli aveva dato il consiglio d'aspettare un po' di tempo prima di fare altri passi. Questo indugio permetterebbe a Lord Derby di terminare in pace la sua villeggiatura, ·ed alla Porta di discutere colla Banca Imperiale Ottomana e coi Delegati prineipali de' suoi creditori. La Russia, secondo le informazioni datemi dal Duca Decazes, aveva dichiarato, in sulle prime, all'Incaricato d'Affari di Francia per l'organo del Ministero Imperiale degli Affari esteri che essa non intendeva immischiarsi per nulla in questa faccenda. Ma poi, dietro l'insistenza del Gabinetto di Versaglia, l'Imperatore di Russia avrebbe fatto dire allo stesso Incaricato d'Affari di Francia che • se si tratta soltanto d'assicurare gli impegni presi ultimamente dalla Porta col mezzo di guarentigie internazionali, per esempio col mezzo d'una presa d'atto (par une prise d'acte), il Governo Russo non avrebbe rifiutato il suo concorso •. D'altra parte il Governo Ottomano ha scritto alla Banca Imperiale Ottomana ch'esso era disposto ad ammettere, a scopo di guarentigia, la presenza di delegati de' suoi creditori presso le direzioni di percezione delle varie entrate, coll'incarico di controllare le percezioni e la distribuzione delle entrate stesse. La Porta dichiarava nella stessa •lettera che di una tale concessione era pronta a prendere l'impegno ufficiale presso i Rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli.

Il Duca Decazes mi disse che nello stato delle cose egli credeva utile partito il seguire il consiglio di indugio datogli da Lord Derby.

Il viaggio dell'Imperatore di Germania in Italia fu considerato ed apprezzato con bastevole moderazione dalla pubblica opinione in Francia. Il Duca Decazes me ne parlò in termini non sfavorevoli e non se ne mostrò preoccupato che per un punto solo. Egli mi accennò senza però insistere, la notizia data da qualche corrispondente di giornale, secondo la quale i due Governi d'Italia e di Germania avrebbero esaminato e discusso durante il soggiorno dell'Imperatove Guglielmo a Milano le varie eventualità a cui avrebbe dato luogo la morte· di Pio Nono e la nomina del di lui successore sulla Cattedra di S. Pietro, e che si sarebbero messi d'accordo per un'azione comune da esercitarsi, sia nel conclave, ·e per l'elezione del Sommo Pontefice, sia dopo l'elezione. Io dissi al Duca Decazes che finora non avevo ricevuto alcuna informazione intorno al viaggio dell'Imperatore Germanico in Italia, ma che credevo che nessun accordo di simile natura potesse essere stato progettato, discusso, o conchiuso.

P.S. -Il Ministero francese è d'accordo nel sostenere dinanzi all'Assemblea, che ben tosto incomincerà le sue riunioni, lo scrutinio per circondario. Tuttavia, a guisa di concessione al centro sinistro, il Ministero accetterà la nomina in una sola lista dei varii deputati dei singoli circondari, cioè di due, o di tre, e talora di quattro deputati sulla medesima Hsta. In questo momento non ricordo se vi sia qualche circondario che abbia più di quattro deputati. Non mi pare; ed in ogni caso poco conta. Fu temuto un istante che Buffet fosse vivamente attaccato all'aprirsi dell'Assemblea, e che vi fosse quindi probabilità di una crisi ministeriale immediata. Ora il pericolo sembra

scongiurato, così mi disse il Duca Decazes. La revoca del Mai1·e di Ajaccio sembra abbia rassicurato alquanto gli avversari del partito Imperiale, e nelle sfere ministeriali si spera che il Gabinetto potrà rimanere qual'è, e fare le elezioni future.

(l) Cfr. n. 417.

439

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1530. Berlino, 29 ottobre 1875 (per. l' 1 novembre).

Nel mio colloquio di stamane con il Signor di Btilow, gli espressi la soddisfazione che avevo provata per l'ultima parte del discorso della Corona, letto jer l'altro nella apertura del Reichstag. Ne avevo immediatamente telegrafato la traduzione a V.E., ed ero certo che quelle parole avrebbero prodotto in Italia una ,impressione di vivo compiacimento.

Il Segretario di Stato mi disse che il passo del discorso relativo alla visita dell'Imperatore al Nostro Augusto Sovrano era uscito dalla penna del Principe di Bismarck, ed aveva avuto la piena approvazione di Sua Maestà Imperiale cui premeva di far conoscere all'Europa, il pregio in cui teneva le accoglienze fattegli, e il significato politico, che queste avevano, di stretto accordo fra i due Paesi e di guarentigia per la pace generale.

Nel congedarmi dal Signor de Btilow, gli promisi che non avrei mancato di riferire queste sue parole a V.E.

Secondo le notizie di oggi, l'Imperatore GugUelmo starebbe molto meglio, ed incomincerebbe ad accordare alcune udienze e ad occuparsi d'affari. Quanto al Principe di Bismarck, il suo stato di salute non gli permetterà guarì di far ritorno a Berlino prima d'una quindicina di giorni.

440

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Londra, 30 ottobre 1875 (per. il 5 novembre).

Nelle parole degli Ambasciadori delle grandi Potenze -tornati a Londra in questi giorni -si manifesta la preoccupazione che provano per la condizione delle cose in Turchia. L'attitudine fino adesso adottata dall'Inghilterra è l'oggetto della loro non celata meraviglia. Non credono che il Governo della Regina potrà continuare la linea di condotta cui s'è attenuto, né persistere in una politica di passiva resistenza, che giudicano così indecisa così priva d'abbietto certo e sicuro e così giorno per giorno da non poter di fatto chiamarsi politica. E credono pertanto che l'attitudine dell'Inghilterra si dovrà risolvere, in un senso o nell'altro, dopo i prossimi Consigli di Gabinetto, nei quali la quistione della Erzegovina sarà esaminata e discussa, secondo

ha detto Lord Derby.

L'interesse e l'impazienza con cui sono attese le risoluzioni britanniche (se muteranno per una politica più energica) provano come, nella quistione che è ora agitata, non sarebbe per essere tanto secondaria la parte dell'Inghilterra (ove da lei medesima non sia così voluto) quanto v'enne affermato in questi ultimi tempi; e il desiderio che Lord Derby esca dalla circospezione mantenuta, afforzerebbe quella persuasione che, se l'Inghilterra è tarda nel decidersi e se molto le costi e le ripugni a r,isolversi per una parte attiva e diretta nella politica continentale, le decisioni sue, quando si è risoluta, sono condotte poi con estrema pertinacia alle ultime conseguenz-e. Il Conte di Beust, nel dirmi ieri quanto gli sembrava incredibile che uno Stato così potente si potesse rassegnare a una parte passiva e inferiore, mi soggiungeva d'aver detto ultimamente al suo Imperatore: • l'Angleterre est comme un taureau qui ignore sa force et qu'un enfant peut conduire; mais ga!'e s'il venait à la connaitre •.

Ambidue gli Ambasciadori d'Austria-Ungheria e di Germania veggono la siuazione in Turchia farsi ogni dì più seria, e considerano difficilissimo che il principio di non-intervento possa ,essere mantenuto.

Il Conte di Beust, nel parlarmi della discrepanza sulla quistione erzegovese che esiste fra i Tedeschi e Magiari e gli Slavi, af:lìermava che non potevano essere disprezzate le simpatie ed aspirazioni di quest'ultima razza che è pur la più numerosa nell'Impero; né potevano rimanere per sempre sulle braccia dell'Impero i centomila rifugiati dalle provincie cristiane della Turchia. Proseguiva dicendomi che il suo Governo era bensì quanto l'Inglese avverso a ogni prog,etto di Conferenza Europea; ma che a Vienna si preparavano adesso le misure credute necessarie ad uno stato di cose cotanto intollerabili. Nel linguaggio del Conte di Beust è difficile spesso distinguere l'asserzione ufficiale ch'egli pronuncia da quella sua particolare. Una così spiccata personalità qual'è la sua non tac,e sempre 'la propria opinione quand'anche è diversa da quella del suo Governo. E così, nell'asserirmi che la rinascente quistione d'Oriente sarà l'occasione per la Francia di riprendere la sua posizione e autorità in Europa, mi parve manifestasse un suo parere; ma discorreva da Ambasciadore del suo Paese nel pa:lesarmi il suo interesse di conoscere quale indirizzo diffinitivo prenderà la politica della Gran Brettagna, e se davvero sarà per considerarsi disinteressata da ogni vicenda nella Turchia d'Europa, e per raccogliersi tutta sull'Egitto. Al Foreign Office sono sospettosi dell'Ambasciadore:

• egli ha voluto spingere la Monarchia Austro-Ungarica a favorire risolutamente la insurrezione nell'Erzegov,ina per prendere una posizione soverchiante negli affari d'Oriente •; e tempo fa egli avrebbe di fatto tenuto questo discorso al suo Imperatore: • sostenendo Principi imbelli ed ingrati l'Austria si trovò cacciata d'Italia; sostenendo la Dieta di Francoforte -edificio costrui,to per la sola calma e slogato dalla minima scossa -si trovò cacciata di Germania; e ora, perché irresoluta di porsi a capo del movimento Yugo-Slavo, si troverà cacciata d'Oriente •.

Dalle parole dell'Ambasciadore di Germania sembrerebbe risultare che, incalzando gli avvenimenti nell'Oriente, vorrebbe profittarne per veder modo, non solo di ravvicinare, ma di effettuare una intesa fra la Germania e la Gran

Brettagna. • Quantunque, per la condizione dei suoi partiti, alleanze con l'Inghilterra non sieno possibili, sarebbe a lei più naturale una • entente cordiale • con noi che non già con la Francia •. E il Conte di Munster mi adduceva come argomento, anche questa volta, l'Egitto ed il Canale di Suez. • Sorgendo inevitabilmente la quistione d'Oriente, alcuni hanno pensato a una neutralizzazione dell'Egitto. Ma in questo caso uno Stato Neutrale (con vivacità soggiungeva) sarebbe una impossibilità •.

L'Ambasciadore di Russia, testé tornato dal suo congedo, ha espresso a Lord Derby il desiderio di vederlo per discorrere della situazione cveata da questa insurrezione in Erzegovina; e Lord Derby ha risposto ch'egli non era in condizione di conferire su quella questione prima di aver consultati i suoi Colleghi e conosciuti i loro pareri. Questa risposta (debbo aggiungere) non è stata interpretata come sintomo di cattiva volontà o di malumore; ché anzi all'Ambasciadore di Germania il Ministro Inglese ha detto la condotta della Russia a Costantinopoli essere stata • mo.Uo corretta •. Ma l'articolo della Gazzetta Ufficiale di Pietroburgo, giunto stamane per telegrafo, e che asserisce misure debbono essere prese per inspirar fiducia nelLe riforme turche, e che in ogni caso un fine ha da essere posto alla triste condizione presente delle popolazioni cristiane della Turchia, fra le varie interpretazioni fatte nei circoli diplomatici dopo una prima lettura, ha ricevuto anche quella ch'è un linguaggio diretto alla Gran Brettagna; e che codesta significazione gli sia stata attribuita m'è parso sufficiente perché, se anche inesatta, ne dovessi far oenno a V.E.

Alla vigilia dei Consigli di Gabinetto, nei quali sarà 'esaminata la quistione Erzegovese e la posizione che ne risulta per l'Inghilterra, ho creduto, Signor Ministro, di doverle riferire l'importanza che a codesto esame è attribuita dai Rappresentanti Esteri, e come si tenga conto dell'azione che questo Governo potrebbe, volendo, esercitare.

Ma credo dover anche aggiungere l'impressione al Foreign Office essere che l'Inghilterra continuerà a sostenere sino all'ultimo, come ha fatto sinora, il principio di non-intervento, la necessità di lasciar che la Porta compia da sé le riforme promesse, e che le Potenze si debbono limitare a insistere per mezzo dei loro Ambasciatori a Costantinopoli affinché non rimangano anche questa volta queste promesse una lettera morta. E a questo proposito mi si diceva ier l'altro: • Ogni intromissione più diretta, ogni più attiva ingerenza fra il Governo Ottomano e i suoi sudditi ribelli non può avere se non questa conseguenza (che le Potenze del Nord sonosi accordate per ev.itare) di sollevare la quistione d'Oriente e di mettere in pericolo la pace. Ma ove quei consigli non fossero ascoltati, l'Inghilterra, in una QUistione che potrà essere così feconda di subitanee ed imprevedibili fasi, saggiamente non si pronunzievebbe per ora, ma serberebbe la sua libertà d'azione. • Ed è alludendo alla possibilità che l'Inghilterra non voglia altrimenti concertarsi con le altre Potenze, che il Conte di Beust mi diceva: « sarebbe l'antica storia: l'Inghilterra animerà la Porta alla resistenza sino a tanto che, verificandosi una pressione più accentuata, non l'abbandoni consigliandola a cedere. •

Debbo, infine, ripeterle che all'Ambasciadore di Germania, l'ultimo giorno della sua dimora in campagna dal Conte di Derby, questo Ministro della Corona Inglese palesando al Conte di Munster la sua inQuietudine per la piega che prendono gli avvenimenti, gli disse: • ma l'opinione pubblica inglese non permetterebbe mai più un'azione tale da parte del Governo della Regina che potesse condurre l'Inghilterra a difendere con le armi la Porta. •

441

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Berlino, 30 ottobre 187 5.

Le telegrafai or ora che il Gabinetto di Berlino farà inserire dopo dimani sera, Lunedì, nel giornale ufficiale, (Deutsche Reichs Anzeiger), parte non ufficiale, \la pubblicazione relativa alle Ambasciate, concertata a Milano con V. E.

Dopo i telegrammi e la lettera particolare che ebbi l'onore di scriverle il 26 corrente (1), non mi ero punto tenuto tranquillo. A più riprese e con vari pretesti, trovai modo di disturbare con la mia presenza il Segretario di Stato, acciò questi vedesse quanto premeva di chiudere presto una fase di aspettazione troppo disgustosa. Il Signor de Bi.ilow ne doveva essere più che persuaso, ma... il medico teneva chiusa la porta dell'Imperatore. Percorrevo con insolito interesse il bollettino di Corte, e notavo difatti che il Segretario di Stato non aveva udienza. Ieri finalmente il Signor de Biilow mi disse che sarebbe stato ricevuto l'indomani: 'e gli feci promettere che mi avrebbe informato subito dopo del risultato dell'udienza. E difatti egli mi chiamò oggi alle 2 e mi comunicò quanto Le telegrafai, pregandomi anche di esprimere a V. E. il suo rincrescimento per il ritardo avvenuto.

Giova notare che alle 2, il Signor de Biilow non era ancora stato ricevuto dall'Imperatore: ebbe l'udienza più tardi. Ciò che si aspettava era adunque la parola del Principe de Bismarck: e ne ero convinto sin dal primo giorno. Avrei bramato che il Signor de Biilow mi comunicasse i termini dell'Articolo da inserire ne'l Deutsche Reichs Anzeiger. Egli però si limitò a dirmi che non poteva darmene il testo preciso, tanto più che occorreva tradurre in tedesco il progetto, ma che ,insomma il comunicato sarebbe stato quale era convenuto. Mi lusingo che non sieno per nascere altri intoppi.

Le persone tutte del seguito imperiale danno a divedere in ogni incontro di essere contente e grate oltre ogni dire per le accoglinze fatte al loro Sovrano: personalmente anche dimostrano che riportarono da Milano le migliori impressioni che si possano desiderare sotto ogni rapporto. Il Signor de Biilow mi diceva che l'Imperatore serba un ricordo di vivissimo affetto per il Re: è dolente molto di aver mancata I'occasione di vedere H Lago di Como: ora accarezza il pensiero di poter ancora ritornare in Italia, e goderne alquanto il

soggiorno senza feste ufficiali. Per conto suo, il Segretario di Stato, ricordava con molto compiacimento i colloqui avuti con Lei, Signor Ministro, e con il Presidente del Consiglio, e si lodava oltremodo delle relazioni personali avute con loro.

(l) Cfr. n. 436.

442

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 524. Berlino, l novembre 1875, 18,42 (per. ore 21,40).

Il giornale ufficiale dell'Impero contiene questa sera quanto segue: • Come udiamo, nell'occasione della visita di S. M. l'Imperatore e Re a Milano si sono concertati i pretesi accordi occorrenti perché gli intimi rapporti esistenti fra la Germania e l'Italia ricevano una speeial,e mani:fiestazione mediante l'erezione al rango di ambasciate delle rispettive Legazioni. L'Impero tedesco sarebbe quindi rappresentato per l'avvenire mediante un ambasciatore a Roma, come si usa a Pietroburgo, Vienna, Londra, Parigi e Costantinopoli •.

443

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 235. Roma, 2 novembre 1875, ore 14,40.

M. Luzzatti part pour Paris où il arrivera 1le 5 ou le 6 courant. Il s'y arretera dix ou douze jours. MingheUi et Visconti me chargent de vous recommander de lui donner tout l'appui de la légation pour les négociations qu'il est chargé de suivre tout en réservant la signature du traité de commerce à Rome. Le ministre sera de retour ici vendredi ou samedi.

444

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 409. Vienna, 3 novembre 1875 (per. il 6).

Il Barone Hofmann che ebbi occasione di vedere poco fa mi espresse le sue personali congratulazioni per la decisione presa da' Gabinetti di Roma e Berlino d'innalzare le loro rispetthne Legazioni al rango d'Ambasciate; soggiunse quindi: • Nous espérons que cela rejaillira bient6t sur le Comte de Robilant et le Comte Wimpfen •.

Mi son limi,tato a ringraziarlo per le sue cortesi parole, ma nel corso della conversazione ebbe egli a farmi altre allusioni sullo stesso argomento, onde mostrarmi chiaramente le favorevoli disposizioni di questo Governo a seguire l'esempio dell'Impero Germanico.

Reputo necessario d'informarne l'E. V.

445

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Berlino, 3 novembre 1875.

Dopo che il Segretario di Stato mi aveva detto Sabbato scorso che, se non poteva darmi i termini precisi dell'articolo da inserire nei Deutsche Reichs Anzeiger, perché bisognava tradurlo in tedesco, tuttavia la pubblicazione sarebbe stata in fondo quella convenuta, fui sorpreso non poco al primo momento dalla redazione del comunicato che trovai lunedì sera nel foglio ufficiale. Lo tradussi e telegrafai (l) pochi minuti dopo la distribuzione del giornale, alle sei di sera.

Nella visita che feci oggi al Signor de Bi.ilow, non essendo incaricato di presentare nessuna osservazione, volli però parlargli della difficoltà di rendere in italiano il senso esatto di alcuni termini di quest'articolo. Come traduceva egli le entsprechenden Einleitungen, (introduzioni o preliminari corrispondenti) concertate a Milano per le rispettive Ambasciate? Intendeva ciò che i francesi direbbero pourparlers préalables, il che escluderebbe un vero accordo? Il Signor de Biilow non trovava esatta questa ul·tima espressione: le parole tedesche dovevano significare che a Milano si erano concertate tutte le misure necessarie per etc. etc., insomma che si era combinato già ogni rosa. Però aggiungeva egli, bisognava andar adagio con i giornali: qui almeno, non si avevano ancora i fondi occorrenti per l'Ambasciata: essi dovevano essere consentiti dal Bundesrath e poi proposti al Reichstag.

Movendo da·l supposto eventuale, che al nostro Governo piacesse di scegliere l'Inviato accreditato attualmente a Berlino come candida·to per il posto di Ambasciatore, domandai anche confidenzialmente se in tale eventualità sarebbe stato il caso, come quando accadde la nomina di un nuovo titolare, di chiedere se il Conte de Launay sarebbe persona grata, quantunque ciò risulti già, a quanto credo, esplicitamente e implicitamente a priori. Il Signor de Biilow stima che siffatta formalità sia da osservare, malgrado questa ultima considerazione. Vi sono precedenti analoghi recenti, di Ministri già accreditati a Berlino ed elevati al rango di Ambasciatore. Credo di comunicare a V. E. questa risposta, che chiesi confidenzialmente per conto mio, nell'intento di riferire al Conte de Launay, al prossimo suo ritorno, se ·egli debba accettare, e con o senza riserva, le congratulazioni che i suoi colleghi saranno certamente per fargli in seguito alla pubblicazione del Deutsche Reichs Anzeiger. Noterò ancora che altri giornali, come la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, interpretano siffatte pubblicazioni come l'annuncio di un fatto compiuto, e come la conferma di supposizioni fatte già in altri fogli, quando si seppe che era risoluto il viaggio a Milano.

Il telegrafo non riferisce ancora in Quali termini ii giornale italiano deve avere annunziato jeri, Martedì, l'accordo fra i due Governi per l'erezione delle Ambasciate. Il Signor de Biilow mi disse che nemmeno a lui era stato telegrafato nul:la.

(l) Cfr. n. 442.

446

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 410. Vienna, 4 novembre 1875 (per. il 7).

La gita del Signor di Nowikow a Pest, che ebbi l'onore di annunciare jeri l'altro per telegrafo a V. E., se non ottenne ancora il risultato da me indicato, aveva senza dubbio per iscopo di decidere il Conte Andrassy a spiegare maggiore interesse a pro' degl'insorti dell'Erzegovina. Questo mio convincimento mi fu confermato questa mane da alcune parole profferite dal Barone Hofmann, il quale sebbene non mi dicesse di essersi convenuto tra i tre Imperi d'indirizzare una nota collettiva aHa Sublime Porta per chiedere serie guarentigie delle concessioni promesse alle popolazioni Cristiane nell'Iradé del 2 ottobre, mi dichiarò attendersi oggi o domani un corriere Russo che recherebbe qualche nuova proposta del Gabinetto di Pietroburgo.

La pressione che si cerca ora di esercitare sull'animo del Conte Andrassy, il quale non si mostrò fin oggi caldissimo partigiano de' ribelli e delle popolazioni Slave in generale dev·esi, a mio parere, all'azione intrigante e dirò quasi sovversiva del Generale Ignatieff; questi non lasciò certamente sfuggire l'occasione del suo recente viaggio a Livadia per porre sempre più agli occhi del suo Signore in cattivo aspetto il Conte Andrassy ed il Signor di Novikow, accusandoli entrambi di soverchia debolezza nella quistione attuale.

Quest'ultimo conscio affatto della ostilità del suo collega di Costantinopoli non •esitò a spedire a Livadia in corriere uno de' suoi segretarii, affine di giustificare, mediante documenti all'appoggio, il di lui operato; il Principe Ouroussoff ed il Generale Ignatieff giunsero colà nello stesso giorno, ma sembra che la vittoria abbia sorriso all'ultimo, siccome ne fan fede H recente articolo del Monitore Russo e l'ordine impartito al Signor Novikow di indurre il Conte Andrassy ad un'attitudine più energica e decisa verso la Sublime Porta.

È evidente ancora che la posizione politica di QUesto Ambasciatore Russo sia seriamente scossa, e sono anzi in grado di assedre avere questi jeri inviato un suo intimo segretario presso il Principe Gortschakoff a Vevey allo scopo di esporgli la g·enesi della sua difficile azione sin dal principio dell'insurrezione dell'Erzegovina, le manovre ostili del Generale Ignatieff e la sua ferma decisione di abbandonare volontariamente questo posto, ove mai il Principe Cancelliere trovasse da biasimare la sua condotta. Sebbene siffatto estremo mezzo sia ignorato, credo, da tutti, non così il pericolo da cui i!l Signor Novikow è minacciato; la Cancelleria Imperiale e Reale ne è assai preoccupata, perché un trionfo completo del Generale Ignatieff potrebbe recave gravissima offesa alla politica del Conte Andrassy.

La luce pertanto non tarderà a farsi e non mancherò di comunicare alla

E. V. i risultamenti che avranno partorito il viaggio a Pest :e l'altro a Vevey.

447

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE l 7. Mostar, 5 novembre 1875 (per. il 14).

L'osservazione colla Quale termino il mio rapporto in data d'oggi n. 16 (1), credo essere probabilmente lo scopo recondito del progetto dello Statuto provinciale proposto dal Console Delegato Austriaco.

Infatti il contegno di Questo Agente pare che tutto abbia a sperare nel complicare vieppiù la situazione anomala della Bosnia ed Erzegovina.

Ho poi avuto notizia che il Generale Jovanovich, comandante in Ragusa abbia espresso la più grande soddisfazione per le nuove vessazioni commesse dai Turchi in Popovo Polje, e che una delle sue preoccupazioni è la tema che il Delegato Austriaco in Mostar sia turcofilo. Mi fu anche detto che i fornitori militari in Dalmazia abbiano avuto commissione di tenere preparati nei loro depositi approvvigionamenti straordinar,i: e che gli Ufficiali pubblicamente ragionano della loro entrata in queste due provincie a propizia stagione.

Ma senza arrestarsi a Questi racconti particolari, se si considera il contegno favorevole all'insurrezione delle Autorità Austriache in Dalmazia, non si può a meno di dedurre che là si mira ad un intervento militare.

Non pare che l'idea del progetto dello statuto provinciale sia tutta del Console Austriaco; o par,e quanto meno che egli ne abbia dal suo Governo avuto autorizzazione di comunicarlo. Essendo al medesimo state fatte osservazioni sulle difficoltà di applicare quel progetto rispose: • ebbene varrà se non altro a tener viva la questione e trarre in lungo •. Sembra adunque che egli ponga uno speciale impegno a trattenere i Delegati esteri in Erzegovina; ed ebbe già più volte a dirmi che i medesimi fino a primavera non saranno richiamati.

Già da assai tempo il Console Austriaco parlava del suo progetto di pacificazione; seppi che alcuni giorni sono aveva promesso al corrispondente del Times Signor Stillman di comunicarglielo; e pare che effettivamente lo abbia fatto. Su di ciò io espressi a' miei colleghi di Russia e Germania il mio stupore di un procedere meno corretto tra colleghi. Il Console tedesco pregò allora quello di Russia di recarsi da'l:!'Austriaco invitandolo a fare loro conoscere il suo lavoro, se non altro per essere tutti tre (i Delegati dei Governi del Nord) d'accordo in ogni cosa, siccome era loro identica istruzione. Aggiunse poi che sarebbe bene che il Console Austriaco comunicasse a me il suo progetto avanti degli altri due di Francia ed Inghilterra, perché potendo io formare maggioranza tra i sei, importava assai di acquistarmi a loro parte con modi simpatici e di preferenza.

Il Console Russo ebbe subito dall'Austriaco H memoriale del progetto, e nello stesso giorno me lo esibì affinché ne prendessi lettura. Dallo scritto non fui per vero molto edotto della cosa. Ma due giorni dopo il Console Generale Austriaco venne da me, mi comunicò le idee che esposi nel mio rapporto d'oggi,

e mi disse che dovendosi recare per alcuni giorni in Dalmazia al suo ritorno mi avrebbe fatto leggere il suo memoriale. Domandandomi egli il mio avviso sulle sue proposte gli risposi sulle generali riservando il mio parere più concreto dopo lettura fatta del suo memoriale.

Il Console Russo ragionando con me sul progetto Austr.iaco se ne mostrò contrario, non già per le difficoltà di applicazione, ma per il sottinteso che inchiudeva. Egli mi disse che con tali innovazioni si tendeva ad accaparrare per l'Austria una grande influenza; e indirettamente a prendere viva parte nell'amministrazione nel suggerimento di chiamal'e in quella persone capaci straniere, le quali certo non potevano essere che austriache. Aggiunse, avergli il Console Generale Austriaco detto ancora che radunandosi la Dieta in Serajevo entro il prossimo gennajo i Delegati esteri non avevano più ragione di rimanere, perché in Serajevo le Potenze avevano Consoli titolari, ,e solamente avrebbe dovuto fare eccezione l'Austria non potendo il Console di queHa città per il molto lavoro disimpegnare il servizio consolare, e seguire ad un tempo le discussioni della Dieta, nonché il lavoro dell'organizzazione amministrativa (le quali cose precisamente anche a me ripeté il Signor Vassich). Da ciò il Console Russo induceva che forse non sarebbe stato nelle viste del suo Governo di permettere tale preponderanza all'Austria. Quindi passò ad assicurarmi che in queste provincie l'Austria a,J.'l'infuori dei cattolici non godeva alcuna simpatia; che il miglior partito sarebbe stato di dare l'Erzegovina in amministrazione al Montenegro, lasciando la Bosnia alla Turchia con buone riforme.

L'attitudine dei Consoli Delegati di Inghilterra e di Francia è sempre la stessa.

Sebbene le precedenti informazioni particolari non sieno di gran peso, ho creduto tuttavia mio dovere di riferirle; e se ho fatto cosa inutile e non chiesta voglia V. E. ordinare che io ne sia avvertito per mia norma ulteriol'e.

(l) Non pubblicato.

448

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2347/550. Londra, 6 novembre 1875 (per. il 9).

Ieri la Deputazione di detentori dei Prestiti Ottomani degli anni 1854, 1858 e 1871 si è presentata al Conte di Derby. Ho l'onol'e di trasmettere qui unito a V. E. il rendiconto dei discorsi l'ivolti al Ministro e delle sue risposte; e ho scelta la relazione dello Standard (giol'nale del partito che ora governa) perché mi è parsa la più particolareggiata (1).

Nel corso della conversazione il Conte di Derby ha vofuto constatare la diversità d'interessi e desiderj fra gli azionisti d'ogni altro prestito turco e quelli del prestito del 1854, che ha in comune col prestito del 1855 (guarentito dalla Francia e Inghilterra) la stessa ipoteca del Tributo Egiziano. Ma l'oratore

principale della Deputazione rispose che i detentori di tutti i prestiti erano d'accordo fra cloro. Di fatto, l'obiezione di Lord Derby (che mi fu già enunciata dal Signor Bourke, e che le ho riferita nel mio rapporto n. 544 delli 14 ottobre andato) (l) fu preveduta, e neHe discussioni preliminari i diversi interessati convennero di prendere come base d'operazione la situazione speciale del prestito del 1854, persuasi che • ridurrebbero a una lettera morta tutta la misura finanziaria del Gran Vizir, se mai potessero scalzarla per quel prestito. •

La Deputazione fu assai moderata nel suo linguaggio, essendo invalso -col tempo e dopo il primo periodo d'irritazione e agitazione -il convincimento che un'azione formalmente internazionale non poteva essere pretesa dal Governo della Regina. In sostanza, la Deputazione fondò il suo aggravio sul modo come la Porta aveva creduto di dov·er procedere, mentre i suoi creditori sarebbero disposti di addivenire ad una equa transazione, e la richiesta che il GoV'erno agisca in favore dei diritti e interessi colpiti si è fondata principalmente sull'asserzione che non sia possibile di separare il prestito del 1854 da quello del 1855, e sull'attitudine e dichiarazioni di Lord Palmerston, Lord Clarendon e Lord Russell, i quali (siccome n'ebbe a convenire il Conte di Derby) andarono troppo oltre nel concedere un appoggio morale alla Turchia quando ricorveva al credito estero.

Nella sua finale risposta, Lord Derby ha principiato col chieder tempo per un esame maggiore; ha nettamente precisato come sia regola ·indiscutibile del Governo !la nissuna sua intromissione nei casi di prestiti forastieri, e questo principio è stato da lui afforzato cogli esempj della astensione mantenuta rispetto alla Spagna, la Grecia, il Portogallo e gli Stati dell'America Meridionale; non si è assolutamente rifiutato ad un'assistenza ufficiosa (unofficial assistence) ma egli ha dichiarato che ogni pratica la quale avesse il carattere d'una domanda officiale sarebbe contraria alla politica di questo paese. Ha terminato con queste parole: • ciò che vi chieggo di rammentarvi si è che quanto sarà possibilmente ragionevole di fare per voi, noi lo faremo; e voi dovete comprendere che l'appoggio nostro dovrà essere soggetto alla limitazione che questo appoggio sia offieioso e non officiale nel suo carattere. •

Rimarrà da vedersi adesso se Lord Derby, dopo lo studio che ha promesso di fare, dissentirà dall'opinione del Signor Bourke il quale pensava che se l'Inghilterra non crede di dover imporre la rivocazione del provvedimento finanzi.al'io dell'a Porta, debba astenersi da ogni altra qualsiasi pratica. Ma ad ogni modo, le dichiarazioni del Ministro della Regina sembrano non lasciare più dubbio che il Governo Britannico si rifiuti ad ogni azione collettiva, siccome desiderava il Duca Decazes. E a questo proposito, l'Ambasciadore di Francia mi diceva ier l'altro: • Noi eravamo d'avviso si dovesse agire a Costantinopoli; ma quest'azione, per essere efficace, conveniva fosse collettiva, epperò noi abbiamo dovuto rinunciare al nostro parere dacché non fu diviso dall'Inghilterra. •

(l) Non si pubblica.

(l) Non si pubblica.

449

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 411. Vienna, 9 novembre 1875 (per. il 13).

Riferendomi al mio telegramma di jeri mi pregio assicurare l'E.V. che

* veruna determinazione fu ancora presa tra il Conte Andrassy ed i due Ambasciatori di Russia e Germania relativamente a' nuovi passi da farsi presso la Sublime Porta, perché gl'impegni assunti da quella neH'Iradé del 2 Ottobre non restino, come per lo passato, lettera morta* (1). Debbesi attribuire siffatto indugio alla difficoltà di trovare, almeno per questo Governo, una forma che accontentando in parte le aspirazioni Russe in favore de' Cristiani sottomessi al Sultano, non rivesta pertanto un carattere di violenza e, segnatamente, di particolare ingerenza Austro-Ungarica. Ho motivi per credere che tra le modalità proposte dal Signor di Novikow campeggino le seguenti: l o Nomina di una Commissione composta di rappresentanti deUe Potenze garanti, destinata a porre in atto presso le popolazioni Cristiane le riforme promesse. 2° Occupazione militare dell'Erzegovina e della Bosnia per parte dell'Austria.

Il Conte Andrassy ebbe più volte ad ,esprimere la sua ripugnanza all'adozione di questa misura, preferendo di rinunziare al primo posto tra i tre Imperi e forse ad un eventuale aggrandimento territoriale, anzi che stabilire un precedente forse fatale aHa Monarchia Austro-Ungarica e facile ad invocare.

La prima modalità offre maggior,i probabilità di essere accettata da questo Governo e ne ho sentore dal linguaggio tenutomi dal Barone Orczy, il quale dichiaravami senza ambagi, essere impossibile alla Sublime Porta, malgrado il miglior volere, di eseguire le riforme proclamate; onde che, a tutelare la pace si dovrebbe presto o tardi ricorre:r:e ad una curatela delle provincie Turche abitate da' Cristiani. Ad ogni modo il Signor Teschenberg, primo redattore del Ministero, fu jeri chiamato a Pest e non andrà molto che sapremo la forma che verrà data all'azione più energica che vuolsi esercitare sul Bosforo.

La Nota o dichiarazione del Monitore Russo, tanto commentata dalla stampa Europea, è stata .in questi Circoli finanziari interpretata siccome un primo passo del Gabinetto di Pietroburgo verso un'azione isolata, al punto di determinare un ribasso rilevante ne' valori pubblici; non così presso la Cancelleria di Sta,to, ove 'l'a si attribuisce al Principe Gortschakoff, il quale, irritato probabilmente per essere stato poco o nulla consultato, mentre ferve una quistione sì importante, avrebbe ispirato quella redazione a mostrare che una mano possente ed autorevole sopra tutte le altre non è ancora paralizzata.

Tale è almeno il parere de' Signori Hofmann e Orczy, a' quali l'alta e diretta ingerenza del Principe Cancelliere sorride più che i torbidi guazzi del Generale Ignatiew; mi assicurarono poi a più riprese che l'accordo il più completo con

tinua ad esistere tra i due Gabinetti del Nord e si mostrano anzi gelosissimi che il centro d'azione rimanga al Conte Andrassy.

L'assenza di questo Ministro e le frequenti gite de' due sottosegretarii a Pest rendono se non difficile, almeno irregolare la messe d'informazioni, che è mio debito trasmettere; confido pertanto nell'indulgenza dell'E. V ....

(l) Il brano fra asterischi è edito in LV 22, J!l. 58.

450

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 60. Pietroburgo, 9 novembre 1875 (per. il 16).

* L'opinione pubblica continua ad essere assai preoccupata dello stato delle cose in Oriente. La nota del Messaggier,e Ufficiale da me trasmessa a V.E. col mio prece~ dente rapporto, fu generalmente accolta con favore* (1).

La Gazzetta di Mosca che, sebbene scemata dell'importanza che ebbe negli scorsi anni, è tuttora uno dei fogli più accredidati, pubblicò un notevole articolo a sostegno della politica del GoV'erno Imperiale, Quale venne definita nella nota succitata.

I giornali concordano tutti nel desiderare che la Russia sostenga la causa dei cristiani in Oriente e che di fronte all'impotenza della Turchia, i Governi si accingano ad ottenere quei miglioramenti che è vano ormai sperare dalla Porta, nel tempo stesso dimostrando una compiacenza che l'Europa unanime consente in questi principii e che invece di osteggiare la Russia procederà d'accordo con essa.

Il desiderio di raffermare ancor più l'influenza russa in Oriente e le aspirazioni dei slavofili sono temperate dai sentimenti pacifici del paese che nel tempo stesso che vuole vedere tornare a profitto delle sue aspirazioni tradizionali l'attuale crisi, non desidera per ciò di essere travolto in avvenimenti che arresterebbero lo sviluppo morale ed economico in cui ora sono impegnate le forze della nazione.

Queste due tendenze servono di guida al Governo e riducono al loro giusto valore le voci esagerate che corrono in Questi giorni sulla probabHe attitudine del Governo Imperiale e che produssero fluttuazioni sui valori russi.

Il Governo per mezzo dei suoi organi non cessa di calmare gli animi e seppi che la Direzione della stampa invitò i Direttori dei giornali ad astenersi di suscitare polemiche irritanti.

Le ultime notizie giunte sulle sevizie commesse dai Turchi in Erzegovina furono acerbamente commentate 'ed il Barone Jomini si espresse a quest'occasione molto severamente con l'Ambasciatore di Turchia.

* L'altro ieri H Barone Jomini mi disse che aveva visto con soddisfazione dai rapporti del Barone Uxkiill che il R. Governo e la pubblica opinione in Italia concordavano nel constatare la gravità della situazione e la necessità di cercarvi rimedio.

Profittai di questa conversazione per cercare di conoscere Quali fossero le viste della Cancelleria Imperiale sulla politica da seguirsi in Oriente.

Egli mi disse, innanzi tutto, che pel momento non poteva ancora precisare quale indirizzo si sarebbe adottato, aspettare perciò il ritorno dell'Imperatore e del Cancelliere ed allora si avrebbe potuto concreta!'e quali proposte si dovrebbero fare pe·r stabilire un concerto fra le Potenze.

L'accordo finora, continuò egli, non fu che negativo ma ora converrà dinnanzi alla gravità delle cose ed all'impotenza della Turchia, appigliarsi a qualche partito più pratico e più efficace.

A sua opinione si presentano alla scelta dene Potenze due partiti: l'intervento o il non intervento.

Il primo è, a suo avviso, il più sicuro perché dà una sanzione all'azione dell'Europa rimasta finora quasi illusoria e nel tempo stesso afferma l'autorità della Porta verso le popolazioni che vedranno chiaramente esservi un limite a cui le Potenze arrestano le loro concessioni. Mi citò l'esempio della spedizione francese ,in Siria e dell'assestamento della questione in Libano.

Il secondo partito è contrario all'umanità ed alla prudenza perché lascia i Cristiani in balia all'oppressione Musulmana mantenendo sempre vivo un focolare di agitazione che in altre circostanze potrebbe tornare ancor più dannoso alla pace di Europa.

Il Barone mi disse che queste erano sue opinioni personali e che non avevano carattere ufficiale ma seppi che si espresse nello stesso senso con altri miei colleghi e credo perciò utile di riferire questi apprezzamenti a V. E. *

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, pp. 59-60.

451

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 61. Pietroburgo, 9 novembre 1875 (per. il 16).

La visita di S.M. l'Imperatore· di Germania a S.M. il Re in Milano ha destato qui vivo interesse.

H Barone Jomini e le persone attinenti alla Cort·e ed al Governo mi espressero le loro congratulazioni per questo fatto, valendosi di espressioni assai lusinghiere per la politica del R. Governo.

I principali giornali russi pubblicarono articoli sul convegno dei due Sovrani facendo valere il nuovo elemento di pace arrecato dall'Italia nel concerto Europeo.

Seppi poi che S.M. l'Imperatore particolarmente dimostrò molta compiacenza per le accoglienze fatte da S.M. il Re e dalle popolazioni all'augusto suo parente...

452

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 45. Costantinopoli, 10 novembre 1875 (per. il 16).

L'E.V. conosce il senso del1e pratiche che questi Rappresentanti delle Potenze garanti stavano facendo presso la Sublime Porta in ordine alle riforme da accordarsi aHa Bosnia ed alla Erzegovina. L'Ambasciatore d'Austria era quello che metteva maggior calore nelle relative domande, al1Legando i gravi danni questa aveva a soffrire daHo stato presente, i pericoli per l'avvenire. Lo Ambasciatore di Russia invece teneva un linguaggio più moderato, domandava riforme, ma coglieva ogni occasione per dichiararsi avverso all'intervento delle Potenze estere neHe cose della Turchia, e per tal modo accostavasi fino ad un certo punto alla politica dell'Inghilterra; né v'ha dubbio che i consigli impartiti dal suo Governo ai Principi di Servia e di Montenegro avevano contribuito più d'ogni aUra cosa ad impedive che il movimento della Bosnia e della Erzegovina s'estendesse oltre i confini di quelle province. Arroge che nella occasione delle recenti misure finanziarie, il Generale Ignatiew era fra i Rappresentanti esteri quello che ,erasi mostrato più favorevole al Governo della Porta e più propenso a riconoscerne la necessità.

Era naturale che in tali circostanze l'influenza dell'Ambasciatore di Russia ne ricevesse un notevole incremento, tanto che nasceva presso gli Statisti Turchi l'idea che la politica Russa avesse subito in questi ultimi tempi una mutazione radicale. Lascio quindi all'E.V. d'imaginave l'impressione prodotta dalla pubblicazione del comunicato del Messaggiere Officiale di Pietroburgo. Questa stampa ne fu grandemente commossa, e commenta in diversi modi ,la velativa notizia. Il Levant Herald cerca d'attenuarne l'effetto, allegando i segnalati servizii resi dalla diplomazia russa nella presente congiuntura e dice il comunicato in discorso non avere per iscopo che di tenere una porta aperta per le eventualità a venire. Il Phare du Bosphore invec,e protesta nei termini più vivi contro le velleità d'intervento messe innanzi dalla Russia e consiglia al Governo di resistere energicamente a siffatte pretensioni.

L'Ambasciatove d'InghHterra fu più degli altri turbato per questa inaspettata dimostrazione che attribuisce al desiderio da parte della Russia di riguadagnare presso le popolazioni slave quell'influenza che sembrava l'Austria fosse per carpirle. Il Genera'l1e Ignatiew, interpellato in proposito, rispose essere persuaso che il senso dell'articolo fu esagerato nel farne Ja traduzione. Io ho invece ragioni per credere che esso fu attenuato nel pubblicarlo in questi fogli. E ad ogni buon fine ne unisco al presente il testo quale fu inserito nel Phare du Bosphore di avant'jeri. Ed unisco parimenti l'articolo dello stesso giornale che contiene i relativi commenti (1).

Queste considerazioni io credo mio debito di sottomettere a V.E. la quale sarà senza dubbio assai meglio di noi in grado di apprezzare l'importanza della pubblicazione predetta...

(l) Non si pubblica.

453

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 413. Vienna, 11 novembre 1875 (per. il 14).

Il Signor Taticheff, Segretario presso questa Ambasciata di Russia facea ritorno jeri da Vevey recando l'approvazione la più esplicita del Principe Cancelliere sulla condotta dei Signor Novikow; già la vigHia ricevetti da quest'ultimo le maggiori assicurazioni intorno all'insussistenza di quei rumor.i che preconizzavano non lontana la sua caduta.

Accolsi con piacere siffatte dichiarazioni, ma non esito a dire che, se nel momento della mia visita i timori erano già dissipati e l'Ambasciatore parlavami il vero, non per questo serie minacce avean esistito per lui. Diffatti non mi fece mistero delle ostilità del General<e Ignatieff a suo riguardo adoperando perfino la frase chez lui c'est à l'état chronique. Sentesi pertanto og~i rinvi~rito pel potente appoggio del Principe Gortchakoff, di cui dicevami: • On entendra bientdt sa voix et on l'écoutera •.

Le assicurazioni dell'Ambaseiatore Russo sono altamente corroborate dal Comunicato officioso della Wiener Abendpost di jeri a sera che qui insieme ho l'onore di trasmettere all'E.V. (1), ove si fa pa·lese ancora una volta l'intimo accordo esistente tra i tre Gabinetti del Nord. E' evidente dunque che la pubblicazione del Reichsanzeiger Russo e l'udienza del Generale Ignatieff presso il Sultano destarono qui serie apprensioni e che ora, queste scomparse, dietro spiegazioni scambiate tra Vienna •e Pietroburgo, si voglia rassicurare l'universale constatando di bel nuovo la maggiore unità della politica dei tre Imperi.

Questa mane è giunto da Pest l'Imperato11e accompagnato dal Conte Andrassy in occasione dell'udienza di congedo di Rachid Pacha chiama·to alla direzione del Ministero degli Affari Esteri.

Informerò l'E.V. per quanto è potere in me, di ciò che sarà conchiuso tra il Nobile Conte .e i due Ambasciatori Russo e Alemanno circa i nuovi passi da farsi in favore delle popolazioni Slave della Turchia, misura già adottata in principio.

454

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2352/551. Londra, 11 novembre 1875 (per. il 15).

È ormai invalsa nei Rappresentanti delle Potenze la persuasione che il Governo della Regina non voglia prendere una parte più diretta di quella che ha avuta sinora nella quistione chiamata Erzegovese o decidersi per una qualunque .iniziativa; ma intenda perseverare nell'attitudine fin qui mantenuta, osservare gli avvenimenti, governarsi a giorno per giorno se·condo la piega che saranno per prendere, e, in ogni caso, mantenere la libertà sua d'azione. Gli

19 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

Ambasciadori di Germania e di Francia mi hanno ambidue dichiarato che codesta ·era la loro convinzione-; e, però, ad ambidue è stato rivolto dal Conte di Derby lo stesso linguaggio scevro da ogni dichiarazione che ne potesse impe·gnare la politica; e il Conte di Schouvaloff, Ambasciatore di Russia, apertamente si lagna dell'eccessiva riserbatezza del Ministro della Regina e dell'impossibilità d'indurlo a una discussione.

Ho avuto ieri l'onore di essere ricevuto dal Conte di Derby, e sebbene egli sia stato più del solito espansivo nelle sue parole (che ha precisato rivolgermi confidenzialmente) pur nondimeno si è astenuto dal dirmi se abbia presa alcuna determinazione, e quale, rispetto alla presente fase in cui verte la quistione. Il suo linguaggio è stato, per altro, assai poco rassicurante per l'avvenire, e ancor meno lusinghiero pex la Turchia. Dimostrerà all'E.V. che l'Inghilterra ha abbandonata in Oriente la cosiddetta sua politica tradizionale, e che il movente della condotta del suo Governo sino adesso non fu (siccome dal Conte di Derby mi è stato detto) che il desiderio di mantenere la pace in Europa.

Sua Signoria ha principiato col dirmi quanto, e non da ora sol·tanto, abbia l'Ambasciadore britannico in Costantinopoli predicata la necessità delle riforme. Ha poi accennate quali sieno le principali tra queste riforme che la Turchia vuole compiere. E ha quindi soggiunto: • Ma è inutile illudersi e sperare che possano riuscire, né curare un male insanabile o fermal'e il. corso irreversibile degli avvenimenti. Una Amministrazione quale noi l'intendiamo è impossibile in Turchia. L'irresponsabilità del Sultano vi si oppone assolutamente, e gli uomini politici non ·esistono, né possono ·esistere dove i Ministri sono cambiati ogni sei mesi. Ma fossero pure le riforme davvero eseguite, le popolazioni cristiane non muterebbero d'animo, né l'insurrezione sa!'ebbe sedata. È una condizione· di cose a cui non v'ha rimedio; potrà durare peti circostanze estranee, ancora un pezzo; né l'uccisione dell'uomo malato ( • sick man •) temo io tanto quanto il suo suicidio; ma per l'uno o l'altro modo, o per ambidue in un tempo, la morte è inevitabile. La posizione dell'Inghilterra -epperò la sua politica -non è più quella di 20 anni or sono; e quel rimasuglio di simpatia che poteva presso alcuni Inglesi esistere ancora per la Turchia fu spento affatto dalla sua bancarotta. L'opinione pubblica, siccome avrete osservato, (Lord Derby, più d'ogni altro Ministro della Corona Inglese desidera sempre constatare come dalla opinione pubblica sia diretta la politica del Governo) ha abbandonata interamente la Porta ai sui destini •. Ma qui Lord Derby fece subito una riserva per Costantinopoli, escludendo l'avvenire di quella città dalla indifferenza sua e dei suoi concittadini.

Sua Signoria, discorrendomi, quindi, delle altre Potenze, e dopo ch'ebbe

affermato che la Russia e l'Austria hanno tendenze e interessi opposti ·in

Oriente, continuò nei ·termini seguenti: • qualunque sieno i suoi ultimi fini,

la condotta della Russia è stata adesso assai moderata. Forse, comprende che,

a causa della sua lontananza dalle provincie insorte della Turchia, farebbe

il giuoco dell'Austria; fors'è che non è preparata, e che sia sotto il peso

delle ingenti spese a cui s'è dovuta sobbarcare nell'Asia Cent!'ale. E circa

il noto manifesto russo io non divido l'impressione che generalmente se n'è

avuta tin Inghilterra, e a mio avviso non è altro se non una soddisfazione data alle aspirazioni slav.e.

La Francia si aggira nell'orbita delila Russia; questo è un fatto sicuro; ha rinunciato a ogni interesse in Oriente a favore della Russia e purché di tenersi a lei stretta.

La Germania è, invero, disinteressata nella quistione d'Oriente; ma in questo senso che non vi possiede interesse diretto; ma l'objetto suo è di sfruttarla per altri suoi fini altrove in Europa •.

Con questa seconda parte della sua conversazione, mi è sembrato che Lord Derby abbia voluto indirettamente accennare alla ragione dell'attitudine serbata dall'Inghilterra verso le altre Potenze, e come, nello stato presente dell'Europa, non vegga modo d'uscire dana posizione isolata in cui si trova.

Siccome ho avuto l'onore di scriverne a V.E., gli Ambasciadori delle Potenze sonosi in questi ultimi giorni adoperati perché Lord Derby uscisse dalla circospezione mantenuta, e alcuni di essi volevano anche presentire se una ,intesa con l'Inghilterra fosse mai possibile. E così, per atto di esempio, l'Ambasciadore di Francia, prima d'aver veduto Lord Derby, due giorni or sono, mi discorreva degli interessi comuni della Francia e della Gran Brettagna nella quistione d'Oriente, della reciproca necessità d'accordarsi, degli antichi legami e ragioni d'unione· fra le due Potenze. Dopo la sua conferenza, il Marchese di Harcourt mi ha tenuto un linguaggio che palesava come le sue dimostrazioni sieno state freddamente accolte. L'Ambasoiadore di Russia non fa mistero del suo dispetto, se mi è lecito usare questa parola. E nel mio rapporto delli 30 (l) del mese andato, ho riferito a V. E. quale obj.etto vorrebbe conseguire l'Ambasciadore di Germania. Ma ignoro se abbia già fatta alcuna mossa in quel senso; e, però, se le parole rivoltemi dal Conte dil Derby v'alludessero.

Un recente telegramma del Times annunzia che il Governo d'Egitto ha richiesto il Governo Britannico d'inviare due persone per prendere la direzione delle Finanze Egiziane e ordinarie secondo il sistema europeo. Lord Derby mi ha confermata l'esatte·zza della notizia, che non è ancora ufficiale; e mi ha soggiunto che prima di consentire definitivamente a quella domanda converrà esaminare se ne possa nascere una responsabilità, e quale, pel Governo della Regina. Ma parrebbe che il consenso sia quasi certo, da ciò che l'altro ieri me ne .disse il Conte di Munster.

I giornaH di Londra, e conservatori e liberali, hanno dichiarato in questi

giorni che una sola politica convenga e rimanga all'InghHterra, quando si

avrà da sciogliere la quistione d'Odente: assicurarsi l'Egitto, anche per mezzo

d'una annessione. Il Conte di Derby alludendo a questi articoli di giornali, mi

ha detto che non esprimevano l'opinione del Governo: • Ciò che noi vo

gliamo è che l'Egitto sia libero da qualunque influenza 'esclusiva. Abbiamo

fede nelle buone e rette intenzioni del Kedive •. E nell'atto di congedarmi da lui,

aggiunse sorridendo: • Abbiamo abbastanza, e troppo, di protettorati e annes

sioni •. E a questo proposito credo doverle riferire che l'Ambasciadore di

Germania mi disse avant'ieri, avendo veduto Lord Derby lo stesso giorno:

• quando la quistione d'Oriente sarà scoppiata, è l'intenzione dell'Inghilterra aiutare l'Egitto a conquistare l'assoluta sua indipendenza, salvo poi se la prova non riuscisse a vantaggio inglese, ad occupare assolutamente quel paese •.

Nel discorso pronunciato avant'ieri sera dal Signor Disraeli al banchetto per l'elezione del nuovo • Lord Mayor •, le parole che hanno fatta nel pubblico più impressione sono quelle con le quali, dopo ave-r reso omaggio alla equanimità delle Potenze nella quistione della Insurrezione in Erzega'vina, il Primo Ministro ha dichiarato di aver fede nei mezzi che saranno adottati ad assicurare il mantenimento della pace e saranno • soddisfacenti per la pubblica opinione in Europa •. E rifiutandosi a contemplare ogni altra eventualità il Signor Disraeli soggiunse che-, sebbene gl'interessi delle Potenze Imperiali in quella quistione sieno più diretti di quelli della Gran Brettagna, non sono più considerevoli; e coloro ai quali era affidato il Governo erano convinti della natura ,e grandezza di quest',interessi, e risoluti a preservarli e mantenerli.

Ma queste parole indeterminate ed elastiche si considerano dai Rappresentanti Esteri come senza importanza o signifìcazione, se mai l'ultima frase non volesse alludere a quella libertà di decisioni che l'Inghilterra sembra visoIuta a mantenere, ma la quale non potrebbe risolversi in un ritorno alla politica Palmerstoniana. E giova, pertanto, ch'io Le faccia osservare come la mia visita a Lord Derby avesse luogo, e le sue parole così precise mi fossero rivolte l'indomani stesso del banchetto al • Guildhall •.

(l) Non si pubblica.

(l) Cfr. n. 440.

455

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

D. 580. Roma, 12 novembre 1875.

Col giorno 20 novembre do,vrebbe aver luogo lo scambio delle ratifiche della Convenzione di Parigi relativa al metro. Come Ella sa, il progetto di legge per l'approvazione di quella Convenzione, che importa aggravio alle pubbliche finanze, fu da me presentato alla Camera dei Deputati sullo scorcio dell'ultimo periodo dei lavori parlamentari, ma finora esso non è uscito dallo stadio dell'esame preUminare in seno agli ufficii. In Questo stato di cose, e benché sia mia intenzione di sollecitare i lavori relativi a Quel progetto di legge tosto che la Camera avrà ricominciato le sue sedute, riesce evidente l'impossibilità che l'approvazione di esso, per la quale non crederei che possano sorgere difficoltà, abbia luogo in tempo pel giorno indicato. È bensì vero che io potrei far tenere a V.S. Illustrissima, anche in pendenza di ta,le approvazione, gli istromenti di ratifica perché Ella possa procedeve allo scambio, ma non parmi conveniente di farlo dal momento che le Camere ,stanno già occupandosi di quella materia. In ogni modo io spero che il ritardo non sarà lungo, e intanto stimo oppor,tuno di esporre a V.S. quale sia il motivo pel quale non Le posso ancora fare

la spedizione di detti atti sovrani di ratifica onde EHa possa dare su di ciò le spiegazioni occorrenti.

456

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 46. Costantinopoli, 12 novembre 1875 (per. il 19).

L'Ambasciatore di Russia fa ogni sforzo per attenuare l'effetto prodotto dall'articolo del Messaggie1·e di Plietroburgo del 29 ottobre. S.E. afferma che esso non comparve nella parte officiale del Giornale, che il senso ne fu grandemente alterato nella traduzione, che lo scopo di siffatta pubblicazione fu di calmare l'irritazione cagionata dalla proibizione inflitta ai consigli municipali di votare de' sussidi all'insurrezione della Erzegovina, che esso nulla contiene d'ostile verso l'Impero Ottomano, v'erso il quale H Governo Russo continua anzi a professare Cla più sincera amicizia. E l'Ambasciatore d'Austria fa eco a queste dichiarazioni.

E jeri giunse per telegrafo la notizia del discorso pronun2'liato dal Signor Disraeli al banchetto del Lord Mayor lì 9 del presente. Le parole del Primo Ministro d'Inghilterra, dinotando se non altro un sentimento di inquietudine sullo stato presente di queste cose, aumentò l'agitazione di già esistente, tanto che i fondi Turchi se ne risentirono considerevolmente alla borsa di Galata nella giornata di jeri.

Il Governo Ottomano frattanto cerca di fare delle concessioni che valgano a dare qualche soddisfazione alle pratiche deUe Potenze garanti. Esso ha emanato g1i ordini opportuni per allontanare le sue truppe dalla frontiera della Serbia. Ed ora sta occupandosi della scelta di alcuni funzionarii Cristiani per metterli al Governo di qualche provincia. Ieri mi fu riferito da buona sorgente che trattasi di richiamare il Signor Caratheodory dalla Legazione Imperiale a Roma per destinarlo al Governo d'una provincia che probabilmente sarebbe l'isola di Creta. E di questa notizia io credetti mio dovere di dare all'E.V. un cenno telegrafico, cui aggiunsi essere 'informato che il noto Photiades Bey faceva sforzi per raccoglierne la successione, sebbene io non possa credere che Mahamoud Pacha sia per cedere alle sue istanze.

Constant Effendi, pure Cristiano, fu nominato Governatore (Mutessarif) di Getzko, distretto dell'Erzegovina. E d'altre nomine di Governatori Cristiani si parla come di cosa decisa ne' Consigli della Corona.

P.S. -Notizie giuntemi in questo istante mi fanno credere meno probabile la nomina del Signor Caratheodory al governo di una provincia.

457

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 62. Pietroburgo, 12 novembre 1875 (per. il 19).

Come ebbi l'onore di riferire a V.E. col mio rapporto politico n. 60, 9 novembre-28 ottobre (1), in seguito alle voci corse dopo la pubblicazione

della Nota del Messaggiere Ufficiale, si manifestò nelle borse Russe un sentimento di apprensione che produsse un notevole ribasso nei fondi pubblici.

Sembra inoltre che a Vienna l'impressione prodotta da detta pubblicazione non sia stata quale venne definita dalla stampa ufficiosa, ma che diede pure luogo a timori ed apprensioni.

Questi fatti concorrendo con una crisi prodotta dal fallimento d'un importante stabilimento di Cl'edito di Mosca allarmarono l'opinione pubblica moderata ed amica deHa pace e se ne fece interprete il Ministro delle Finanze signor Reutern, richiamando l'attenzione dell'Imperatore sulla necessità di procedere con molta cautela e di non turbare i sentimenti pacifici del paese.

Il Journal de St. Péte1·sbourg, infatti da qualche giorno tiene un linguaggio molto conciliante dimostrando il perfetto accordo delle Potenze colla Russia per migl<iorare lo stato delle cose in Ori,ente ed ancor ieri insisteva sul desiderio delle Potenze del Nord d'accordo coll'I.talia, l'Inghilterra e la Francia di prevenire nuovi torbidi in Oriente e riconciliare la Porta coi suoi sudditi cristiani.

Credo interessante menzionare a V.E. le circostanze che diedero luogo alla pubblicazione del Messaggiere Ufficiale, quali mi vennero riferite da persona generalmente bene informata.

Dall'epoca della partenza di S.M. l'Imperatore per la Crimea, la Cancelleria Imperiale attenendosi alle sue primitive istruzioni di prudenza e conciliazione, dava alla stampa ufficiosa un indirizzo assai moderato e sovrattutto sosteneva la politica di Mahomoud Pacha, esprimendosi severamente verso la Serbia.

Pare che persone della Corte ligie alle tendenze s1avofile e ad una politica più energica abbiano persuaso l'Imperatore che seguendo tale via la Russia si alienerebbe le simpati<e degli Slavi del Sud e perderebbe l'influenza in Oriente.

In seguito a queste suggestioni ed alle manifestaZJioni di una parte della stampa l'Imperatore dtede ordine che il Messaggiere Ufficiale pubblicasse una dichiarazione per calmare questi timori e dimostrare che la Russia non aveva abbandonato le sue tendenze tradizionaLi. Due redazioni vennero proposte e Sua Maestà scelse quella concepita in termini più precisi e meno attenuati.

Mi risulta pul'e che il Generale Ignatieff non venne consultato in questa circostanza e che anzi fu poco soddisfatto di questa pubblicazione per l'impressione sfavorevole che produsse a Costantinopoli e pel timore che potesse far cadere dal potere il Gran Vizir.

Dal complesso di questi fatti credo che pel momento il Governo Imperiale non si dipartirà dalla politica seguita finora.

Ma come ebbi già occasione di scrivere all'E. V., trovandosi l'Imperatore tuttora assente dalla capitale è difficile di poter ben conoscere le determinazioni del Governo Imperiale, Sua Maestà corrispondendo soventi direttamente con Viienna e Costantinopoli senza valersi del Barone J omini.

Ieri il Generale IgnaUeff annunziò che in seguito aH'udienza avuta dal Sultano, aveva ottenuto il ritiro delle truppe Turche dalla frontiera Serba.

(l) Cfr. n. 450.

458

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L.P. Berlino, 13 novembre 1875.

Je vous ai vainement cherché durant le court arret à la station de Modène, pour prendre congé et vous remercier une fois encore de la bienveillance que vous n'avez cessé de me témoigner durant notre séjour à Milan.

Le 10 courant je ;vous ai expédié un télégramme qui résumait un entretien que le Chevalier Tosi avait eu, le jour meme avec M. de Biilow qui l'avait invité à diner. Lors meme que la question de persona grata soit pour moi ici hors de doute, ainsi que l'assure le Secrétaire d'Etat, c'est là une question, comme il le disait, qui doit selon les usages etre traitée par l'entremise de

M. de Keudell. C'est donc à lui que nous devons nous adresser pour faire interpe1l:er offidellement le Cabinet Impérial. Il ne s'agit que de l'accomplissement d'une simple formalité, rendue nécessaire ensuite des précédents de mes collègues de Russie et de Turquie, qui ont eu, ,eux aussi sur piace, la nomination d'Ambassadeur. J'espère ainsi que vous aurez déjà mis en demeure

M. de Keudell de faire la démarche dont il s'agit. Jusqu'à ce que le point soit reglé pro forma, il a été entendu que, entre M. de Bi.ilow et moi, nous ne parlerions pas Ambassade.

Vous vous souvenez de nos observations critiques sur certain article de l'Opinione du 3 Novembre. Cet article d'un journal, qu'on regarde à tort à Berlin comme ayant un caractère officieux, a produit ici aussi une impression regrettable. L'empressement que nous devions mettre, au dire du rédacteur, à ouvrir nous-memes des pourparlers avec d'autres grandes Puissances, sans attendre leur initiative, afin d'établir le meme traitement uue pour l'Allemagne et de témoigner par là que nous attachons la meme importance aux autres principales résidences diplomatiques, le simple soupçon de cet empressement pourrait fort bien produire l'effet que, de son còté, le Cabinet de Berlin préférerait retarder l'exécution de l'engagement pris en principe par les Souverains à Milan. L'intention ici était évidemment, en constatant le désir réciproque d'établir des Ambassades, de produire une manifestation politique, dont la valeur serait amoindrie, et meme deviendrait nulle, si nous voulions appliquer hic et nunc et selon les désirs de l'Opinione, la meme mesure à d'autres et surtout à la France. Vous savez, mon cher Ministve, que je soutiens ce programme politique, que je crois conforme à nos intérets; à savoir celui que, tout en cultivant nos relations d'amitié avec nos voisins, il importe, sans sacrifier pour autant notre liberté d'action, notre indépendance, de marquer une préférence pour l'Allemagne. C'est là la meilleure voie à suivre pour tenir una

porte ouverte en prévision d'éventualités, qu'il faudrait ètre aveugle pour ne pas voir. Nous avons une occasion, sans blesser personne, de montrer cette préférence. Ne la laissons pas échapper. La bréche est ouverte pour ,1es Ambassades; chacun arrivera à son tour, mais il vaut mieux modérer dans une juste mesure les impatiences. Le fait que les deux Souverains se sont mis d'accord

directement entve eux durant l'entrevue si mémorable de Milan, ne peut etre invoqué par aucune autre Puissance, et nous sommes parfaitement autorisés à ne pas nous laisser mettre l'épée dans les reins, et surtout à ne pas prendre une initiative qui ne serait aucunement de mise. Nous devons au contraire l'attendre, surtout quand nous sommes certains qu'elle ne fera pas défaut. Nous aurons bien plutòt à nous défendre d'une trop grande hàte.

Voici quelques détails sur le mouvement diplomatique qui se prépare en Prusse, mais je n'en garantis pas l'exactitude. Le Général de Schweinitz, désiré par l'Empereur de Russie, irait à St. Pétersbourg, où le Prince Reuss présentera bientòt ses lettres de rappel. Ce dernier diplomate sembl'e devoir quitter décidément la carrière, en suite de son prochain mariage. La maison Régnante de Weimar en aurait fait une condition sine qua non. Sinon il aurait peut-etre été le candidat pour Rome, poste qu'il eut été difficile de lui refuser. M. de Keudell, de ce còté du moins, n'a plus de concurrent à redouter. Vienne, pour le moment, resterait vacante. On y maintiendrait, jusqu'à la nomination du nouvel Ambassadeur, le Conte Donhoff, en lui donnant le rang de Ministre. Le Prince de Lynar aurait le poste de Weimar; le Conte de Brandebourg serait transféré de Lisbonne à Bruxelles, et M. de Pirk irait de Weimar à Lisbonne;

M. de Pfuel, Agent et Consul général en Roumanie, passerait Ministre à Stockholm.

Je ne doute pas que le Président du Conseil se sera mis d'accord avec vous, mon cher Ministre, pour présenter et soutenir aux Chambres mes propositions, tenues dans la limite du minimum, et qui se résument en 65 mille francs d'augmentation sur l'assegno de 95 mille francs et en 70 mille francs de frais d'établissement. J,e préférerais que le Parlement votàt régulièrement ces sommes, plutòt que de me mettre dans le cas de recourir aux fonds secrets du Ministère pour combler un déficit.

459

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 13 novembre 1875.

Il me revient indirectement que le discours prononcé par notre Président du Conseil à ses éléc,teurs, n'a pas été jugé à Berlin comme très opportun, en ce qui concerne les rapports entre l'Eglise et l'Etat. Ce discours reproduit il est vrai, sur cette question, des arguments analogues à ceux qui ont été exposés par S. E. à M. de Biilow dans leur entretien à Milan; mais on trouve qu'il ,eut mieux valu ne pas les rendre publiques aussitòt après l'entrevue, comme si on avait voulu tenir ,expressément a dégager la politique suivie par notre Gouvernement de celle ,en faveur en Allemagne, comme si on avait voulu par là user de certains ménagements vis-à-vis de l'Autviche, et surtout visà-vis de la France. Je m'appliquerai à rectifier cette impression, mais il serait à propos que M. de Keudell fUt aussi mis à meme d'en faire autant de son còté.

460

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2354/552. Londra, 14 novembre 1875 (per. il 20).

Nel mio rapporto delli 11 corrente (1), dopo la relazione ch'ebbi l'onore di farLe della mia visita a Lord Derby, ho riferito a V. E. come i Rappresentanti Esteri non attribuissero una importante significazione alle parole pronunciate dal Signor Disraeli al Banchetto del • Lord Mayor •. Nei circoli diplomatici quel linguaggio venne giudicato • un artificio di partito •, avendo l'attuale Ministero troppo asserito non continuerebbe la politica estera d'assoluta astensione del Ministero precedente perché il Primo Ministro alla prima occasione d'una pubblica manifestazione dei suoi intendimenti, potesse fare a meno d'una qualche dichiarazione in quel senso. Circa l'allusione del Signor Disraeli • ai mezzi soddisfacenti per la pubblica opinione in Europa • fu creduto che una comunicazione fosse stata fatta al Governo Inglese dei negoziati di Vienna; e questa supposizione venne corroborata dall'essersi saputo che l'Ambasciatore di Russia ha in questi ultimi giorni avuta una conferenza con Lord Derby, della quale ha detto essere soddisfatto. Ma questa mattina il Conte di Beust mi ha negata la veridieità di quella supposizione. • QuelLe negoziazioni (mi disse) sono condotte con gran segretezza per veciproco impegno, e sono anch'io stretto a serbarne silenzio; ma, per f,ermo, se fosse stato deciso di farne qui una comunicazione, ne avrei avuto incarico o ne sarei almeno stato avvisato •. E circa l'altra frase del Primo Ministro sugl'interessi britannici che il Governo è risoluto a preservare e mantenere, e ~la quale ebbe in questi giorni diverse interpretazioni, lo stesso Ambasciatore di Austria non ammette dubbio che il Primo Ministro solamente all'Egitto e al Canale di Suez abbia avuto in animo d'alludere. Quel modo, pertanto, di concludere le sue osservazioni sull'attuale complicazione, se ha avuto invero per effetto di soddisfare il sentimento pubblico, ha puve avuto quello di accrescere la persuasione invalsa in tutte le classi della Società Inglese, e specialmente in quelle politiche e dell'Alta Finanza, che orama'i la quistione d'Oriente non possa essere altrimenti

sopita o procrastinata e -dicono molti già nella ventura primavera debba divampare interamente.

Il Hnguaggio officiale di Lord Derby consiste adesso a dire ch'egli ha fiducia nelle intenzioni e nell'azione concorde dei tre Imperi. Ed in siffatti termini si è espresso agli Ambasciatori. Ma i discorsi particolari dello stesso Lord Derby e più ancora del Signor Disraeli paleserebbero quanto codesta fiducia abbia corte radici. Il contegno attuale del Governo Britannico parmi sia spiegato dalle parole rivoltemi avant'ieri da un Membro del Pavlamento ch'é nella intimità degli uomini che governano. Nel mio rapporto delli 3 del mese andato (2), riferivo a V. E. come questo medesimo Signore mi avesse palesato il suo sospetto che l'attitudine del Gabinetto Britannico ~erasi pronunziata

in un senso troppo favorevole agli interessi della Porta Ottomana. Ora mi ha discorso in altri termini: • L'attitudine dell'InghiLterra non fu dettata che dal desiderio di mantenere la paoe d'Europa e non già dalla intenzione di continuare la vieta sua politica tradizionale. L'azione delle Potenze Nordiche fu, di fatto, veduta con ripugnanza e anche passivamente avversata, ma perché il Gov:erno della Regina è stato, e a buon diritto, ,timoroso che quell'azione (malgrado l'accordo dei tre Imperi) non potesse suscitare tale una situazione e preparare tali futuri conflitti di ambizioni e interessi da pericolare la pace. Oggimai ·la situazione è mutata, ossia noi siamo entrati nella situazione temuta, e già camminiamo sopra un fuoco ricoperto da ceneri ingannatrici. Pel mantenimento di quella pace istessa ch'è in cima dei nostri voti non ci rimane che da speral'e possa l'accordo delle Potenze Imperiali resistere a una condizione di cose che lo renderà sempre più difficile; e certamente l'attuale Gabinetto nulla farà che possa intralciare Quell'accordo. Rimarl'emo, per altro, osservatori degli eventi e vigili custodi degl'interessi vitaH che per noi sono situati sulla nostra strada maestra ( • High road •) dell'India •.

Giova, pertanto, ch'io richiami l'attenzione dell'E. V. sulla riserva fattami da Lord Derby il 10 corrente per l'avvenire di Costantinopoli. Quella riserva per quella sola oittà è bensì prova che l'integrità dell'Impero Ottomano non è più un domma della politica inglese, ma l'essermi stata fatta da un Ministro, il quale è solito rifuggire da ogni discorso che s'aggiri sulle generali, sembrerebbe dimostrare ·e come sia preoccupato della piega che prendono gli avvenimenti in Oriente e come egli creda ne possano sorgere circostanze per le quali rinunzierebbe la Gran Brettagna all'attitudine sua passiva. Forse l'isolamento politico in cui si trova questa Potenza spinge :i suoi uomini di Stato a maggiore inquietudine e a considerare più fosco l'avvenire. Ma il linguaggio degli Ambasciatori, che ho avuto l'onore di ripeterLe -:sebbene confidenziale e diverso da quello che parlano in pubblico -non lascia in chi li ascolta una impressione più tranquilla. E se possono adesso voler soltanto prevedere contingenze anche lontane e certamente ancora evitabili, nondimeno prevedono la possibilità di un incendio gravissimo; e hanno la coscienza dell'immenso peso che nella bilancia degli eventi potrebbe recare la prima Potenza marittima del mondo in un campo così aperto e favovevole alle forze marittime·. Oggi stesso l'Ambasciatore d'Austria-Ungheria mi faceva osservare come, in alcuni rendiconti del suo discorso al Banchetto di Guildhall, fosse svisato affatto il suo concetto; ·egli disse non esservi alcuno dei suoi colleghi non fosse pronto ad asserire che gli sforzi del suo Governo tendono a contribuire al mantenimento della pace; ma egli non disse (mi soggiungeva) che in nome suo

o di chicchessia poteva accertare sarebbe la pace mantenuta. Pel Conte di Beust è poi evidente che l'Inghilterra già pensi a prepararsi per ogni eventualità. E questa sua opinione sarebbe fortificata dalla notizia, datami due giorni or sono, che Lord Napier di Magdala -persona di alta riputazione militare -sarà nominato Governa:tore di Gibilterra, e che si pensi a rifornire di munizioni da guerra e da bocca Gibilterra e Malta, le quali fortezze ne sono state provvedute sinora per una durata troppo corta.

Il Conte di Munster mi ha ripetuto ancora una volta come sia convinto anche lui della gravità deHa situazione, e sebbene abbia cura d'aggiungere

quella essere una opinione sua personale. Ma rispetto all'accordo dei 'tre Imperi, ecco le parole confidenziali, e con tutta riserbatezza, che mi ha ieri dirette:

• L'accordo delle tre Potenze del Nord è un accordo passivo che può essere rotto dalla forza degli avvenimenti incalzanti. Il Principe di Bismarck, a cui feci questa osservazione poco tempo indietro, mi rispose essere verissimo, ma che allora noi ci troveremmo in mezzo e non inermi spettatori. Se il nostro scopo è di mantenere unite Russia ed Austria, quando non sarà più possibile riprenderemo la nostra libertà d'azione. Ed eg1i è per questa eventualità -che considero non solamente probabile, ma non remota -ch'io vorrei vedere una maggiore intimità e una intesa fra noi e la Gran Brettagna, con la quale, noi che siamo nella quistione d'Oriente disinteressati, non abbiamo interessi divergenti •.

Tutti codesti dettagli da un paese che oggi è fuori dal movimento della quistione sulla quale ho l'onore di scriverLe, potrebbero sembrar superflui, ma ho nondimeno creduto ch'egli era mio dovere di non negligere indicazione alcuna che fosse a mia conoscenza e la quale, in questo momento, potrebbe, per avventura, essere utilmente comparata con le notizie ed apprezzamenti che dalle altre Legazioni Le sono inviati; né ho, pertanto, voluto attenuare quel carattere pessimista delle informazioni da me ricevute, imperocché mi è parso meritevole d'attenzione quando -essendo anche esagera,to -egli è così generale.

E mi permetta l'E. V. di aggiungere ch'è a mia notizia stia Lord Russell scrivendo un opuscolo nel quale sciogUe la quistione della Turchia di Europa con la nt>ta proposta d'una Confederazione di Stati Slavi; ma con la città di Costantinopoli eretta a città libera. Quest'ultima combinazione (ed è ciò che mi ha colpito) fu accennata al Conte di Beust da persone ufficiali e del Governo inglese medesimo (sebbene mi tacesse il loro nome, né potrei asserire se alludesse al Conte di Derby) e mi aggiunse opinarsi potrebbe così rimaner la sede del Sultano. L'idea di Costantinopoli • nella veste di Amburgo e in cui avesse i piedi il Sultano col rimanente della sua persona nell'Asia • sembrava a quell'uomo di Stato oltremodo inammissibile. Ma egli mi confermava, in pari tempo, essere sua convinzione Quella universale che l'Inghilterra non abbia in Oriente altra visuale fuorché l'Egitto; e l'asserzione (fatta a lui pure) che la Gran Bretagna solo desideri sia quel paese • libero da ogni esclusiva influenza •, egli l'interpreta in Questo modo: • Il Khedive indipendente sotto l'Inghilterra; il Canale di Suez libero a tutte le navi commerciali del mondo e aperto a quelle di guerra della sola Inghilterra •.

(l) -Cfr. n. 454. (2) -Cfr. n. 405.
461

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PRAMPERO

D. 59. Roma, 16 novembre 1875.

Il Marchese Migliorati con suo rapporto del 15 maggio 1875 n. 228 (l) mi riferiva la decisione presa in quell'epoca dal Governo Ellenico di soppri

mere le sue rappresentanze diplomatiche all'estero ad eccezione di quelle di Vienna e di CostantinopoLi. Non ostante però codesta misura, imposta da speciali considerazioni attinenti al bilancio dello Stato, il Ministro degli affari esteri di quel tempo, Signor Tricoupi, diceva al Marchese Migliorati che si sarebbe riservato di studiare un mezzo ,termine per far sì che la soppressione delle Legazioni abolite non avesse che un carattere provvisorio. Infatti il Signor Melitopoulo nel chiedere in quel frattempo un'udienza di congedo da

S. M. il Re, fece conosce11e non avere ricevuto da Atene ·alcuna lettera ufficiale di richiamo; di più, egli presentò nel partire, il Segretario di Legazione Signor Paparigopoulo come Incaricato d'affari, e questo diplomatico continuò da quell'epoca a trattare con il Ministero degli affari della Legazione Ellenica.

Il Governo del Re non ha dallo scorso maggio ricevuto alcuna nuova comunicazione relativamente alla conservazione della Rappresentanza diplomatica Ellenica in Italia. Noi rimaniamo perciò in qualche dubbio circa il carattere ufficiale che riveste attualmente tale rappresentanza e circa la vera natura della missione che il Signor Paparigopoulo compie attualmente in Roma. Per dissipare questa incertezza io prego la S. V. di voler tenere parola in modo amichevole al nuovo Ministro degli affari esteri di Gvecia delle circostanze esposte nel presente dispaccio, chiedendo a S. E. quale sia realmente, nella intenzione di Sua Maestà Ellrenica, la situa~ione della sua Rappresentanza in Roma di fronte al decreto ufficiale che sopprimeva, nello scorso maggio, la Legazione qui residente. Nell'incaricave V. S. di quest'interpellanza noi non abbiamo, ben inteso, altro :intento fuorché quello di essere informati, per nostra norma, degli intendimenti del Governo ellenico. Una esatta conoscenza della vera posizione ufficiale del Signor Paparigopoulo, è per noi specialmente necessaria, mentve sta avvicinandosi il Capo d'anno, occasione di ricevimenti e di funzioni ufficiali, in cui converrà poter dare al predetto diplomatico il trattamento che compete al carattere di cui è rivestito, eVJitando di incorrere in alcuna irregolarità.

(l) Non pubblicato.

462

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 49. Costantinopoli, 16 novembre 1875 (per. il 22).

E' mio debito di riferire all'E. V. come la opinione pubblica, massime nei circoli finanziari, si faccia ogni giorno più inquieta. Le notizie del progressivo ribasso dei fondi Turchi alle borse estere inspirano il sospetto che esistano pericoli di gravi complicazioni, ed hanno il loro contraccolpo alla borsa di Galata. In questi giorni po'i coroero varie voci di cui è difficile di constatare il fondamento. Si buccinò della possibilità di sommosse nella Capitale; si temono disordini nel caso il Governo non sia in grado di pagare gli interessi che scadranno al l o Gennajo. Si dice regni un forte malcontento perfino nel Palazzo Imperiale, ed intesi affermare che, tre giorni sono S. M. il Sultano domandò al Tesoro quaranta mila Live Turche (altri citano una somma maggiore) di cui si sarebbe servito per calmave questo malcontento.

Sta di fatto che molta agitazione regna nel paese. Anche nelle sfere governative si scorge un certo stato di confusione e d'apprensione per l'avvenire. E' tuttavia incerto se il Governo troverà i mezzi per far fronte agli impegni scadenti al l o Gennajo. Le truppe sono mal pagate, mal nutrite, mancanti del necessario per l'imminente inverno. S'hanno 80.000 uomini inutili verso la frontiera Serba, un numero insufficiente per mettere fine all'insurrezione dell'Erzegovina. E frattanto i Ministri, e Mahmoud Pacha soprattutto, si mostrano oltremodo defel'enti ai consigli che vengono dai Rappresentanti delle Potenze garanti. Si dice che Sua Altezza sta maturando riforme che daranno piena soddisfazione alle popolazioni Cristiane. Si continua a parlare della nomina di Governatori Cristiani, e si citano i nomi del Signor Caratheodory e di Yav;er Pacha, ma siffatta misura sarebbe di difficile esecuzione, poiché i Governatori hanno il Comando della guarnigione della provincia. E quello sarà per uscirne si vedrà nel seguito.

E Queste sono le voci che corrono, e le promesse che son fatte dal Governo. Però non v'ha dubbio che la causa principale della presente agitazione è l'impressione prodotta dal discredito che si manifesta ognor cresc,endo alle borse estere. E delle ragioni di questo fatto l'E. V. sarà meglio di me in grado di formarsi un adeguato concetto.

P. S. Annessi una lettera particolare (l) ed un articolo in cifre per V. E.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO.

Costantinopoli, 16 novembre 1875.

La puissance de l'Ambassadeur de Russie, grandit tous les jours. Le Grand Vizir ne fait rien sans le consulter. Cabouli Pacha, qui va Ambassadeur à Pétersbourg, a reçu l'ordre de travailler au maintien de la paix à tout prix surtout avec la Russie. L'impression générale est qu'il se prépare quelque chose. Le général Ignatieff me disait dernièrement que des événements considérables pourraient bien se passer l'année prochaine.

463

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Costantinopoli, 16 novembre 1875.

Desideravo conoscere il tuo avviso circa l'eventualità del ritorno di Fotiadies a Roma. Però fin dal primo momento che, ne intesi far parola agii ,indirettamente e colla massima prudenza nel senso che mi telegrafasti. Ed ora credo poterti assicurare che il R. Governo non avrà occasione di farne lil rifiuto. Le

persone di cui si parla ora pel caso che Caratheodory fosse richiamato sono Aleko Bey Vagorides, cognato di Mussurus Pacha, Serkis Effendi, già Ministro a Roma, Atro Effendi (Armeno Gregoriano) che fu Segretario Generale del Ministero degli affari Esteri ai tempi di Aly Pacha e di Fuad Pacha.

Suppongo che, finché gli altri Consoli delegati restano a Mostar il Ministero non vorrà autorizzare il Durando a ritornare a Galatz. Però mi permetterei di suggerire di fargli intendere che questa missione gli tornerà di grande onore, poiché da quello che mi viene riferito anche dal mio collega di Russia egli si conduce veramente con una ,intelligenza ed un tatto degni di alto encomio.

L'agitazione di cui tratto nella mia confidenziale di oggi (l) è un fatto di cui era mio dovere di render conto al R. Governo. Però continua a regnare la più per:fietta armonia fra cinque almeno dei Rappresentanti delle Potenze garanti.

L'Inghilterra finirà per capire che la situazione è mutata da quella d'altri tempi, e le misure finanziarie contribuiranno a farle intendere questo mutamento.

Malgrado tutto quello che ne dissero i giornali esteri, a me viene da buona fonte che l'udienza avuta dal Generale Ignatiew dal Sultano al suo ritorno da Sivalla non ebbe alcuna importanza, non essendosi scambiate che frasi di cortesia e da parte del Generale vaghi consigli di riforme.

Le mie relazioni coi colleghi non potrebbero essere migliori. Il Generale Ignatiew è meco sempre cortesissimo. Il Conte Zichy non si può avvicinarlo senza provare per un esso un vivo sentimento di amicizia.

(l) Cfr. n. 463.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, COLLOBIANO ARBORIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 65. Pietroburgo, 18 novembre 1875 (per. il 24).

Com'ebbi l'onore di telegrafare ieri a V.E., in una conversazione che

ebbi col Barone Jomini, S.E. mi fece conoscere che le proposte del Conte

Andrassy relativamente alle riforme che le Potenze del Nord dovevano proporre

alla Porta erano state in principio approvate da S.M. l'Imperatore.

Le osservazioni del Governo Imperiale al progetto del Gabinetto Austro

Ungarico, sono state trasmesse a Vienna e trascorrerà qualche tempo prima

che si abbiano potuto concretare i principii a cui s'informerà l'azione comune

dei tre Imperi.

Il Barone mi disse che, a seconda del progetto del Conte Andrassy, si

doveva reclamare dalla Porta: l) una seria attuazione della libertà religiosa

e dell'uguaglianza fra cristiani e musulmani; 2) una soluzione della questione

della proprietà che crea in Turchia una situazione anormale e non consentanea

alla civiltà moderna.

Egli non entrò meco nei particolari di questo progetto su CUli V.E. potrà avere certamente maggiori ragguagli da Vienna e si limitò a dirmi che il Governo Russo aderiva ~lle viste del Conte Andrassy, ma differiva sul modo d'attuazione.

Il Governo Austro-Ungarico propone soltanrto una dimostrazione collettiva delle Potenze, mentre la Russia vorrebbe che, riusciti infruttuosi questi primi passi, si ricorresse ad un'azione più energica.

Con molta cautela il Barone Jomini mi ripeté di nuovo [le] sue viste sulla necessità di un intervento dimostrandomi che ogni buon volere della Porta sarà inefficace senza il concorso materiale dell'Europa.

Il Gabinetto Imperiale manifesta ora palesemente tale intenzione e giorni sono il Golos pubblicò un articolo diretto a presentire l'opinione pubblica in questo senso, citando l'esempio della Siria nel 1860.

Alludendo poi alle voci allarmanti sparsesi in questi giorni circa alla probabile attitudine della Russia, il Barone mi disse, tutto ciò essere opera dei speculatori di Borsa di Vienna e mi assicurò che il Governo Russo ne aveva la prova nelle mani.

Senza peritarmi in previsioni immature in questo momento credo di dover segnalare a V.E. quanto precede, tanto più che il Barone Jomini si espresse in egual modo coi miei colleghi e sovrattutto coll'Incaricato d'Affari di AustriaUngheria.

Mi risulta da buona fonte che qui si desideverebbe vedere il Governo di Berlino uscire dalla stretta riserva tenuta finora in quanto concerne· l'Oriente. L'opinione pubblica, malgrado siasi calmata dopo la seconda Nota del

Messaggiere Ufficiale, è .sempre assai preoccupata dalle future eventualità.

Persone aHinenti alla Corte parlano molto del desiderio dell'Imperatore di profittare di quest'occasione per distruggere, pacificamente come nel 1871, gli ultimi avanzi delle conseguenze della guerra di Crimea.

Riferisco queste voci che corrono nei circoli della capitale come sintomi della situazione.

(l) Cfr. n. 462.

465

IL MINISTRO A L'AJA, BERTINATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 131. L'Aja, 19 novembre 1875 (per. il 23).

Appena la rottura del1e relazioni diplomatiche fra il Venezuela e l'Olanda ebbe luogo mi parve convenierube di non mostrar, dal canto mio, troppa fretta presso il Signor de Willebois, a fine di intrattenerlo sulle conseguenze probabili della medesima, e molto meno parlargli del modo di ristabilirle, per non aver così il viso di promuovere, e rendergli accettabile la mediazione di cui s'era anteriormente fatta parola, in modo affatto confidenz,iale, onde presentire,

all'occorrenza, le sue disposizioni, siccome è noto all'E. V. dalla mia corrispondenza.

Conoscendo, od almeno parendomi di conoscere, qual fondamento si possa fare in genere sulle proposte, e sulle promesse degli Statisti Sud Americani, siano ressi Presidenti di Repubbliche, o diplomatici, che ho potuto saggiare assai da vicino nel mio J.ungo soggiorno agli Stati Uniti, non ho mai potuto interamente liberarmi dal sospetto, come tosto mi fu nota la proposta a noi fatta dal Presidente Guzman Bianco, di intrometterei nella vertenza con questo Governo, onde veder modo di appianarla mercé i nostri buoni ufficii, che dessa fosse, per avventura, un trovato dilatorio per parte di lui per evitare intanto di regolare i conti con noi, e coi Paesi Bassi, e guadagnar tempo in tal modo a danno degli uni, e degli altri.

E che il mio sospetto non fosse affatto campato in aria me lo provò dimostrativamente il Willebois affermandomi, che il Signor Rojas, prima di addivenir alla rottura delle relazioni internazionali, e minacciar armamenti di corsa~i, aveva proposta la mediazione pura 'e semplice dell'Imperator di Allemagna qual primo mezzo di antivenire tutte le prevedibili conseguenze di siffatta rottura. Contrariamente a quanto scrissi all'E.V. col mio dispaccio

n. 130 (serie politica) (1), sulla fede del Signor Mouraview, io debbo credere che l'Imperatore Guglielmo abbia accettato di farla da mediatore, giacché non saprei capacitarmi che essa mediazione sia stata proposta a questo Ministro degli Affari Esteri, qualora chi doveva darvi opera avesse ricusato l'incarico dal canto suo.

Checché ne sia, alla proposta del Signor Rojas, il Signor de Willebois rispose presso a poco nel modo seguente: se si ~trattasse della discussione d'un punto di diritto più o meno contestato o contestabile oppure della determinazione d'una somma qualunque pel pagamento d'una indennità ammessa in massima, o di possibile ammissione, io sarei ben lieto, onde cansar discussioni irritanti, od interruzioni di attinenze amichevoli, di accettare la mediazione d'una potenza colla quale siamo ne' migliori <termini, e mi rimetterei con piena deferenza al suo lodo. Ma il sottoporre all'esame ed al sindacato d'una potenza estera la condotta del Governo Neerlandese nelle sue relazioni col Venezuela perché possa decidere in conseguenza se noi siamo, si o no, responsabili della rivoluzione scoppiata nel vostro paese, questo è un negozio ben altrimenti importante, ed un punto troppo delicato per la nostra dignità perché noi non possiamo consentire a !asciarlo decidere da un Governo straniero, qualunque esso si sia. Il punto sul quale poggia la controversia non è materia od argomento di mediazione epperciò non vi deve recar meraviglia se io non posso aderire alla vostra proposizione. Il Rojas, mandato inconcluso, chiese i suoi passaporti, e se ne andò con Dio.

Intanto la Francia fece dire al Willebois che tutte le sue simpatie sono in questa circostanza pel Governo Olandese. Pari linguaggio gli è tenuto dall'Inghilterra. La condotta ulteriore del Gabinetto dell'Aja dipenderà dalle circostanze. Per ora si aspetta il rapporto dell'agente neerlandese a Caracas, che è stato immediatamente richiamato, e che si trova in giornata a Curaçao.

Il Willebois mi promise di tenermi informato delle sue determinazioni avvenire, come tosto sarà possibile di mandarle ad effetto, e spera intanto che tutte le difficoltà potranno vincersi senza addivenire a misure estreme, che, pel momento almeno, non entrano nei calcoli di questa amministl'azione, tl'oppo avveduta per permettersi due guerre sulle braccia, quando quella di Archin le dà già sufficienti preoccupazioni, e va assottigliando l'erario.

(l) Non pubblicato.

466

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 19. Mostar, 19 novembre 1875 (per. il 29).

Server Pascià riferendo alla Porta la notizia del disastro, toccato il 12 e 13 del corrente mese alle truppe· turche nelle strette che conducono a Piva, annunziò che il nemico si componeva di 10 mila uomini, di cui 3 mila Erzegovesi e 7 mila Montenegrini.

Pare che il Gran Vizir abbia chiamato l'attenzione del Generale Ignatieff su tanta forza Montenegrina; sì che questi telegl'afò subitamente al Console Delegato di recarsi dal Server Pascià a persuaderlo del contrario.

Server Pascià osservò al Console Russo che se i rapporti dei Comandanti potevano sbagliare sul preciso numero dei Moilltenegrini, non lo potevano nel discernere il costume Montenegrino dall'Erregovese. Il Delegato Russo rispose che il costume non provava la nazionalità, perocché essere noto, e i Delegati Esteri l'avevano constatato nel loro viaggio, che tutti gli insorti avevano chi più chi meno adottato quel costume per la loro diVJisa militare. Server Pascià narrò allora che le manovre erano state comandate a suon di trombe e di tamburi, come si usa in Montenegro; la qual cosa faceva supporre che la maggior parte dei combattenti non fossero di Erzegovina. Al che il Console Russo osservò che la banda principale che combatté era quella di Lazzaro Socizza, già al servizio ottomano come capitano dei Pandusi di Piva e che egli aveva organizzato militarmente i suoi itnsorti. Alhlora Sei'Vler Pasdà rispose: • ma se non volete che si presti fede ai rapporti dei Comandanti imperiali, non la vorrete negare ad uno de' vostri colleghi stessi, che poco fa ancora mi assicurava che non solo venivano agli inso11ti dal Montenegro vettovaglie e munizioni, ma ben anco volontari, per cui eransi triplicate· le loro fila •.

Il Collega, mi accennava Server Pascià, era il Console Delegato d'Austria.

È d'uopo avvertire che la precedente conversazione non mi fu riferita dal

Console Russo, ma la conobbi confidenzialmente da altro collega bene infor

mato.

Dirò innanzi tutto che l'asserzione dei turchi, essere ,stati 10 mila gli

insorti al combattimento del 13, è esagerata. Secondo le mie informazioni, pare

che fossero le bande riunite di Lazzaro Socizza e di Petro Paulovich forti di circa 4 mila uomini in tutto. Quanto al numero dei Montenegrini, esso potrà ammontare a quattro o seicento: e sono del resto quelli stessi che si trovano fra gli insorti sin dal principio dell'insurrezione. Può essere che siensi aumentati poi; ,e non può avvenire altrimente. La prolungazione della lotta eccita gli spiriti, e fa accorrere gli abitanti dei confini in ajuto dei fratelli vittoriosi. Se queHa si sostiene ancora per l'inverno, il pericolo dell'insurrezione sarà ben maggiore nella prossima primavera.

Ritornando a riferire sull'ordine del Generale Ignatieff al console del suo Governo per scolpare il Montenegro di prendere parte all'insurrezione, pare che tutto l'impegno degli Agenti Russi sia quello di far valere a ,tempo opportuno la neutralità mantenuta da quel paese, ed attenergli un aggrandimento in compenso.

Sul quale progetto il mio Collega di Russia mi ebbe già più volt<e a trattenere, sebbene si studiasse di dare alle sue manifestazioni un colore affatto accademico e di sua particolare opinione.

RJecentemente il Console Austriaco, dopo il suo viaggio in Dalmazia, essendo venuto da me, e trovatovi anche il collega di Russia, ci disse: che il Signor Jonine (Console Russo in Ragusa) gli aveva esternato la necessità di annettere la maggior parte dell'Erzegovina al Montenegro; che tale idea era inaccettevole, perché l'Erzegovina non era punto disposta a sottomettervisi.

Avendo poi il Collega di Russia da noi preso commiato, il Console Austriaco mi disse: • ho espressamente riferito davanti il Signor Jastrebow il progetto del Signor Jonine e disapprovatolo, perché so dare H Signor Jastrebow facile ascol'to ai suggerimenti del suo collega di Ragusa; e ciò può recare imbarazzi. L'idea del Signor Jonine non è pratica: avvi già di troppo una Serbia senza doversene creare ancora un'altra. In Dalmazia, senza dire di altrove, tal cosa non può assolutamente essere accettata; e dopoché si cominciò là a vederlo trapelare, gran parte dei volontari Dalmati hanno abbandonato l'insurrezione •.

So che il Delegato Austriaco denunziò agli altri colLeghi la parte attiva che di sottomano H Montenegro prende all'insurre~ione; ed è assai probabile che ne abbia anche tenuto parola al Commissario Imperiale.

Questo contegno del Console Austriaco è ben differente da quello che egli

aveva un mese addietro. Allora sebbene sapesse che il Montenegro concor

reva in tutti i modi ad ajutare l'insurrezione, a vece di denunziarlo, siccome

ora egLi fa, ne gioiva con chi poteva fidarsi.

Sembra che nel recente suo viaggio in Dalmazia abbia appreso da quelle

Autorità austriache che gli Agenti Russi lavorano ad ottenere futuri van

taggi al Montenegro. Il che non essendo benvisto in Dalmazia, si è deciso di

tenere altra condotta di fronte all'insurrezione. p,ereiò le frontiere dalmate,

che fin ora non 'erano mai state guardate, e dove !asciavasi libero agli insorti

di entrare e sortire e provvedersi d'ogni cosa, presentemente si cominciano

a munire di guarnigioni. Da lettera di Ragusa imparo che cinque battaglioni

sono già distesi in cordone, e che sia ferma intenzione d'incominciare ad osser

vare la neutralità.

Se così stanno i nuovi fatti, l'entente cordiale, che si disse .in principio esistere tra gli Agenti Russi e Austriaci, non sarebbe stata che un equivoco. Ed 1ecco come di questo equivoco se ne spi-egherebbe la storia.

Austria e Russia per mezzo del Montenegro, approfittando del malcontento dei cristiani di Erzegovina, avrebbero soffiato l'agitazione. Dico Russia per mezzo del Montenegro, perché il Principe nulla fac-eva, •e non riceveva rapporto senza comunicarlo subito al Console Russo in Ragusa. Se non che l'Austria lavorava per sé, e credeva che la Russia l'avrebbe lasciata fare: perciò non si opponeva al lavoro del Montenegro. Ma le Autorità Dalmate essendosi accorte che gli Agenti Russi contrariavano le loro mire, ora voltano la faccia, e tentano pe·r loro parte di rendere difficile all'insurrezione di sostenersi.

Altri cambiamenti sono i seguenti. Sul principio il Generale Jovanovich, comandante in Ragusa, era tutto cortesia verso il Console Russo Signor Jonine; e il Delegato Austriaco in Mostar tutto trionfante ripeteva ed assicurava che la Commissione estera doveva rimanere sino alla prossima primavera e per organizzare il paese, e per lasciare fare ad un intervento militare. Ora è il Signor Jonine che è tutto affabiUtà v1erso il Generale Jovanovich; e il mio Collega Austriaco è molto preoccupato, e dice sp•erare che fra poco la Commissione sarà sciolta, nulla potendosi fare.

Il Console tedesco mi diceva confidenzialmente: • io ho avuto ·istruzione di seguire il Russo e l'Austriaco quando fossero d'accordo; ma particolarmente mi fu pur detto, sarà ben difficile che vi pervengano •.

Se gl'insorti guadagnano un'altra vittoria come •l'ultima può essel'e che si consigli al Montenegro di gettarsi francamente alla guerra. Nella situazione attuale delle cose il Principe si potrebbe facilmente impadronil'e del paese fino a Mostar; poi, avanti che la Turchia abbia riuscito a riprenderlo, chi avesse consigliato penserebbe ad accomodare la Lite in via diplomatica, ottenendo al Montenegro i vantaggi che ora non gli si vogliono accordare. È un'ipotesi questa, che mi sono presa la libertà di fare.

Nell'adoperare i nomi di Austria e Russia ho solo inteso di personificare un'azione, e non già i Governi.

Parimente io ho riferi·to i detti e il contegno degli Agenti Russi e Austriaci e delle Autorità Dalmate, siccome a me venne notizia senza volerne punto far discendere dall'alto l'ispirazione. A V.E. l'apprezzare• il valore.

Chieggo permesso di aggiungere una mia osservazione. Quando io veggo sì repentini cambiamenti nel contegno di Agenti riconosciuti, dirò pure certi maneggi senza alcun riguardo al sangue ed alle vittime di una infelice popolazione della quale si giuoca, mi rviene freddo. A me pal'e, e ne sono profondamente e tristamente convinto che nella lo•tta disperata dei cristiani d'i Bosnia ed Erzegovina ove si combatte non già per più o meno libertà, ma per una questione suprema di umanità, il servirsi di essa per giuochi politici è un'enormezza. Mi perdoni V.E. il grido che io oso qui emettere.

P.S. -Per causa di deboLezza degli occhi non mi fu dato di copiare né il presente né il precedente rapporto per la spedizione alla R. Legazione in Costantinopoli. Scrissi però ultimamente una Lettera al Conte Corti informandolo su un po' di tutto e anche in grosso delle cose riferite nei rapporti d'oggi.

467

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AI MINISTRI DI GRAZIA E GIUSTIZIA, VIGLIANI, DELL'INTERNO, CANTELLI, E DEI LAVORI PUBBLICI, SPAVENTA

D. RR. S.N. Roma, 20 novembre 1875.

In seguito allo sciopero degli operai italiani avvenuto il 27 e 28 luglio a Goeschenen, l'autorità cantonale di Uri mandò sui luoghi una forza armata e nella repressione dei disordini tre operai perdettero miseramente la vita.

Questo fatto che destò in Italia una viva emozione, formò subito Iii soggetto di uno scambio di comunicazioni fra la Legazione del Re a Berna ed il Consiglio federale elvetico. La costituzione della Svizzera rise:rrvava alla competenza del tribunale ordinario del Cantone la cognizione dei fatti in quanto i medesimi potevano dare origine ad una regolare azione giudiziaria. Ma al Consiglio federale spetta il diritto d'investigare se le procedure sono complete, d'ordinare un supplemento d'istruzione della causa e di portare le sue indagini sulla condotta delle autorità amministrative e della forza armata cantonale.

Conseguentemente il Consiglio federale presso il quale instava la Legazione italiana secondo le istruzioni impartitele dal Ministero, ordinò dapprima che gli fossero comunicati gli atti dell'inchiesta giudiziaria eseguita dal magistrato cantonale di Uri, e dopo l'esame di tali atti, mandò un commissario federale sui luoghi con larghe istruzioni e corrispondenti facoltà per fare una inchiesta, la quale dovea comprendere non solo i fatti accaduti, ma anche le loro cause. Tale inchiesta doveva finire con un rapporto destinato alla pubblicità per dare soddisfazione all'opinione generale mettendo in piena luce quale sia stata la condotta dell'autori>tà e della forza armata verso gli operai italiani.

Il rapporto del Commissario federale fu pubblicato or sono pochi giorni.

Il Gov,erno di Sua Maestà ne ebbe comunicazione dal Governo ehnetico che si affrettò di comunicarlo anche agli altri Stati amici. (Solo al Ministero di Grazia e Giustizia).

L'indole delle questioni diverse che sono toccate nel rapporto di cui si tratta, fa desiderare al sottoscritto di avere il parere autorevole di codesto Ministero sopra un così importante documento. La stampa si è occupata dei casi di Goeschenen. I suoi giudizii in varie circostanze non parvero appoggiati ad una sufficiente cognizione dei fatti e delle disposizioni che le autorità svizzere potevano prendere. Si parlò di un diritto delle famiglie operai uccisi ad ottenere un considerevole risarcimento pecuniario ecc. Ora chi scrive bramerebbe che anche sotto questo aspetto la quistione fosse esaminata da codesto onorevole Ministero, avendo però sempre per norma ciò che in Italia il Governo sarebbe in grado di fare in casi analoghi.

(Solo per i ministeri dell'Interno e dei Lavori Pubblici).

Questo rapporto tratta di varie questioni assai importanti sulle quali il Ministero degli affari esteri bramerebbe dii conoscere anche il voto di codesto onorevole Dicastero. Il sottoscritto si pregia quindi trasmettergli, qui unita, una copia di quel documento colla preghiera di volerlo esaminare e quindi comunicargli le osse·rvazioni che la lettura di esso gli avrà suggerite.

468

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2360/554. Londra, 21 novembre 1875 (per. il 26).

Nel mio rapporto delli 6 corrente, n. 550 (1), ho avuto l'onore di riferire a V.E. come fosse invalso il convincimento che nissun'azione formalmente internazionale si potesse ottenere dal Governo della Regina circa la riduzione da pa11te del Governo Turco del suo Debito Pubblico. È ora a mia notizia che altre pratiche sono state iniziate dall'Ambasciatore di Francia, e anche da quello di Russia, presso Lord Derby per indurlo a consentire sia dai Govterni rispettivi garentita la transazione o accordo che potrebbero i detentori dei Prestiti Turchi firmare con la Porta Ottomana.

Lord Derby, senza opporre un assoluto •e deciso rifiuto alLe entrature dei Signori di Harcourt e di Schouvaloff, ha risposto evasivamente in modo da guadagnar tempo e senza menomamente impegnarsi. La sostanza del suo linguaggio è stata questa che, cioè, prima di discutel'e sulla opportunità e sulla forma più acconcia della garanzia ideata, conveniva aspettare: l) che i detentori sieno d'accordo fra loro; 2) che abbiano convenuto un accordo o una transazione con la Porta.

Siccome queste informazioni mi pervengono dall'Ambasciata di Francia (e vi si dava gran peso e significazione ·alla pratica russa) così non ho creduto dover rnegligere di far cenno a V.E. del ripiego col quaLe vorrebbesi cercar d'intervenire a favo11e degli interessi che dalla misura finanziaria della Turchia sono sì gravemente feriti.

469

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 414. Vienna, 22 novembre 1875 (per. il 25).

Dopo lunga eslitanza, sembra che il Conte Andrassy siasi pur una volta deciso a sottoporre all'approvazione de' due aUri Imperi un progetto destinato ad esercitare sulla Sublime Porta una nuova pressione ~n favore della Bosnia e dell'Erzegovina. Benché qui si tenga gelosamente occulto, almeno alle Potenze

estranee alla Triade Nordica, qualsiasi passo concernente la questione Orientale che ferve tuttora o, per grazia speciale, si dia 'loro per pasto un fatto compiuto, non credo errarmi informando l'E.V. che due o tre giorni or sono il nobile Conte spediva a Pietroburgo un Memorandum contenente le seguenti proposte: Governo Cristiano per le due Province suaccennate; riduzione· di alcune imposte ·e riscatto di altre; eguagLianza civile per tutte le religioni e per ciò capacità generale di giurare dinnanzi a' tribunali; riforma agraria, condizione essenziale se si voglia pacificare il paese; esclusione fino alle ultime estremi•tà, di un intervento armato.

I discorsi tenutimi da S.E. il Ministro degli Esteri 'e da' suoi subordinati, il cui tenore ebbi già occasione di riferire, mi forniscono pegno certissimo dell'esattezza di quanto pvecede; spesso mi si fece allusione al temperamento adottato altre volte pel Libano (per quanto concerne il Governo Cristiano) e sempre mi si ripeté !'•impossibilità in cui travasi la Sublime Porta di porre in esecuzione le riforme promesse a' suoi sudditi Cristiani.

Il Memorandum in parola approvato da' Gabinetti di Pietroburgo e di Berlino sarebbe presentato eziandio alLe altre tre grandi Potenze e si converrebbe quindi insieme sulla forma da dargli per essere inviato sul Bosforo. Annuncio siffatta notizia sotto riserva, comunque il prossimo ritorno del Principe Gortchakow a Pietroburgo potrebbe forse influire al naturale aumento de' membri dell'odierno Areopago Europeo.

(l) Cfr. n. 448.

470

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1536. Berlino, 23 novembre 1875 (per. il 26).

J'ai demandé hier au secrétaive d'Etat s'il avait quelques nouveaux détails à me fournir au sujet de l'insurrection de· l'Herzégovine, et sur 1es pourparlers qui se poursuivent ·entre les puissances. M. de Biilow a répondu que dans ces derniers temps il ne s'était produit aucun fait digne de remarque, sauf les assurances catégoriques du Cabinet de St. Pétersbourg que jamais encore l'Eurape ne s'est trouvée dans une situation plus favorable que maintenant pour aplanir pacifiquement et avec succès les difficultés qui peuvent avoir de l'influence sur sa ·tvanquillité. Les efforts réunis des trois puissances du Nord, efforts appuyés par les autres Cabinets européens donneront aux troubles dont la presou'ile des Balkans est le théatre, une issue conforme aux besoins de paix en Europe.

S.E. ignorait s'il était exact, au dire des journaux, que le Gouvernement austro-hongrois eut été ou se fllt chargé de préparer un projet de réformes à soumettre à la Sublime Porte en faveur de ses sujets chréUens. Tout ce qu'on savait ici, c'était que le Sulitan et le grand-vizir continuaient à montrer les meilleures dispositions. Il ne fallait pas se dissimuler toutefois que les embarras de la Turquie devenaient de plus en plus graves à mesure que s'approchait l'échéance du l"r janvier. Tout porte à croire en effet que ce pays se

trouvera dans l'impossibilité de payer meme la moitié des coupons de la rente, et Qu'à défaut d'un ~emprunt il devra recourir à la création d'un papier au cours forcé. Le mécontentement grandira à l'intérieur, le crédit sera perdu vis-à-vis de ,l'étranger, et les ressources de l'E.tat pour combattre l'insurrection deviendront presque nulles.

M. de Biilow me parlait ensuite de l'entretien qu'il avait eu à Milan avec V.E. Préoccupé des intérets que nous avions à sauvegarder en Orient Vous aviez exprimé, M. le Ministre, le désir d'un échange de vues entre les deux Gouvernements. Il ne s'agissait nullement pour nous de reprendre les traditions conquérantes de Genes ou de v~enise, mais de veiller à ce que l'Italie ne souffrit aucun dommage dans une position dont chacun peut se rendre compte par un seul regard jeté sur la carte géographique. Il vous avait été répondu qu'ici on savait parfaitement apprécier cette situa,tion et qu'on se preterait volontiers à entrer dans un échange de vues. Mais pour ce qu:i conoernait la phase actuelle de la question d'Orient, Vienne était le point où se concentrait l'action de la diplomatie sur l'impulsion donnée aux pourparlers sur les efforts à tenter à Constantinople. Le Cabinet de Berlin se bornait pour son compte à apposer en quelque sorte son sceau à ce qui était concerté entre la Russie et l'Autriche, les deux Puissances Umitrophes de la Turquie. Pour contribuer à faciliter notre tache, M. de Biilow avait communiqué en substance ce qui avait été dit de part et d'autre sur ce sujet à l'Ambassadeur d'Allemagne à Vienne, en le chargeant de nous frayer la voie auprès du Comte Andrassy. Le Ministre austro-hongrois avait témoigné d'un très bon vouloir et déclarait qu'il n'avait jamais omis d'instruire notre représentant à Vienne sur les accords pris entre les trois Puissances, accords auxquels on tenait beaucoup à nous associer.

M. de Biilow me donnait ces indications pour me fournir une nouvelle preuve de ses bons procédés à notre égard. Tout en le remerciant, j'ai cru à propos de faire observer que pour mieux assurer le succès de la campagne diplomatique ayant pour but de soutirer l'orage de l'Orient au Ueu de l'y amonceler, on ne devrait pas se borner à nous annoncer après coup les résultats d'une entente, mais nous associer aux pourparlers préparatoires. C'était évidemment pour en arriver là que V. E. avait fait des ouvertures lors de l'entrevue de Milan. Je citais à ce propos le dicton aUemand -mitraten, mittaten. Je m'étais souvenu Q.ue ce dicton avait été proféré en 1855 au Parlement prussien par ~le Président du Conseil, le Baron de Manteuffel, lorsque des orateurs de l'opposition voulaient pousser le Cabinet de Berlin à se joindre aux Puissances Occidentales lors de la guerre de Crimée. C'eiìt été un précieux concours; mais pour ne pas se départir du programme de la neutraUté, M. de Manteuffel fermait la bouche à ses adversaires, en invoquant, entre autres arguments, celui qu'on ne pouvait prétendre à un appui quelconque de la Prusse, lorqu'on la tenait en dehors de toute délibération préalabLe.

Je ne reconnaissais pas moins les sentiments favorables du Cabinet de Berliin, aussi mon observation s'appliquait à Vienne et à St. Pétersbourg.

M. de Biilow répétait à son tour que le Gouvernement Impérial laissait agir au premier plan la Russie et l'Autriche plus intéressées que lui dans les affaires d'Orient.

471

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2362/555. Londra, 26 novembre 1875 (per. il 30).

Ho avuto 'l'onore ier sera di discorrere brevemente con Lord Derby sulle cose della Turchia. Sua Signoria si mostrò questa volta assai più rassicurata, dicendomi nutriva fondata speranza la necessità di mantener la pace dominerebbe ogni altra considerazione nelle Potenze direttamente interessate alla quistione Erzegovese. Credeva non tarderebbesi a conoscere la nuova proposizione del Conte Andrassy, della quale, però, non ebbe ancora partecipazione e ignorava pure quali ne possano esser,e le basi. Credeva che l'Austria non abbia desiderio o volontà (siccome fu creduto avesse, quando la prima proposizione austriaca non fu accettata dalla Russia) di occupare mmtarmente la Bosnia; epperò la quistione non dovrebbe racchiudere qualche imminente pericolo, a meno che la Serbia e il Montenegro non si spingano nella lotta. La politica dell'Austria-Ungheria è stata, invero, esitante; né può essere altra da parte d'uno Stato composto a dualismo; ma è tuttavia una guarentigia che tanti interessi nella monarchia si oppongano ad un aumento di popolazione Slava. Se pertanto l'incertezza dura, -perché è un fatto che una soluzione non è ancora trovata -nondimeno hanno da inspirare minore inquietudine le quistioni che vanno in ,lungo, sicché, quando è meno attesa, può la soluzione presentarsi.

Il Conte di Derby non mutò linguaggio, a riguardo della Turchia, nel senso del • suicidio • di lei -per adoperare una sua parola -ma bensì mutò nel senso di palesarsi più fiducioso che, per opera esterna, gli avvenimenti non abbiano da precipitare; e tornando sull'argomento di Costantinopoli, mi disse i destini di quella città essere anche una causa per cui conveniva sperare prevarranno consigli e considerazioni di prudenza, nissuno volendo patire che una cotale posizione venga :in mano d'una qualunque Potenza.

L'attitudine pertanto dell'Austria (siccome già ebbi a riferirLe) essendo stata l'oggetto di non celata preoccupazione da parte dell'Inghilterra (aumentata ultimamente dalla relazione confidenziale di Lord Morley che, viaggiando, avrebbe con gran copia di fatti accertata la connivenza d'autorità superiori militari Austriache coi ribelli Erzogevesi sui confini) sembrerebbe che da Vienna si abbia voluto in un qualche modo rassicurare questo Governo. Di fatto, il Sotto Segretario del Foreign Office mi ha detto come, per mezzo di Sir Andrew Buchanan, s'abbiano recentemente ricevute assicurazioni dal Governo Austriaco, le quali proverebbero essersi oramai deciso per una politica più chiara ed aperta e coll'appoggio e consenso di tutte le Potenze garanti.

Le parole dell'Ambasciatore di Russia a Lord Derby avrebbero anche

giovato a rassicurare il Governo britannico; e il Conte di Schouvaloff asse

rendo che il suo Governo desiderava un accordo completo fra tutte le Potenze.

soggiunse al Ministro della Regina che la sola Inghilterra faceva difetto.

Ma se un mutamento è avvenuto nel breve spazio di una settimana nel

linguaggio del Conte di Derby, pur nondimeno il Governo Inglese (siccome dagli Ambasciadori n'ebbi la riconferma) perdura nell'attitudine sua espettante, per non dir diffidente, senza volersene finora in modo alcuno dipartire,

o impegnarsi.

472

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 298. il Cairo, 26 novembre 1875 (per. il 4 dicembre).

Confermo <il telegramma di questa data col quale ho informato l'E. V. che il Governo inglese ha comprato dal Viceré tutte le sue azioni del Canale di Suez per cento milioni di franchi in contante.

Con il mio precedente rapporto del 20 corrente n. 297 (l) accennai che il Khedive trattava due operazioni finanziarie per rilevare il credito dei titoli Egiziani. Si era infatti alla vigilia di conchiuderli, ,ed una era la vendita di quelle azioni alla Société Générale di Parigi, per la somma di quattro milioni di lire sterline con l'interesse per un certo numero di anni del 12%, e 3% di commissione in pagamento dei coupons già staccati. Il Governo Inglese informato di queste :trattaHve telegrafò a questo suo Agente di assicurarsi se realmente il Viceré trattava questa vendita, ,e nel caso affermativo, insistere a che non fosse conchiusa prima che avesse nuove istruzioni. Alle informazioni mandategli ordinò per telegrafo al Generale Stanton di proporne in nome del Governo la compra al Viceré offrendo i quattro milioni di sterline, ma in contante, e con l'interesse pei coupons staccati del 5% per dieciannove anni. Il Khedive non poteva esitar1e ad accettare condizioni così vantaggiose, e jeri firmò il contratto col Rappresentante Britannico.

Per il Governo Egiziano, come operazione finanziaria, non si poteva mai sperare una riescita più :llelice per rialzare il suo credito; ma a questo fatto, tanto nelle sfere governative che nell'opinione pubblica, si dà una grande importanza politica. È fuori di dubbio che in Francia non sarà accolto con favore, 'ed è probabile che a Costantinopoli si potranno interpretare come una manifestazione ostile alla Turchia delle simpatie così accentuate per l'Egitto. D'altra parte non è presumibile che il Governo Inglese abbia soltanto voluto ajutare il Viceré ad assestare le sue finanze, minacciate dalla crisi turca, e si suppone che le condizioni difficili in cui versa l'Impero Ottomano l'abbiano consigliato ad un passo così deciso.

473

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2578. Parigi, 27 novembre 1875 (per. il 30).

La notizia, giunta qui quasi all'improvviso, della compera fatta dal Governo inglese di 177.000 azioni della compagnia del canale di Suez produsse e produce nelle sfere ufficiali francesi un'impressi<)lle assai viva.

Il Governo ne è se11iamente preoccupato al doppio punto di vista d'una futura diminuizione dell'influenza e dell'azione della Francia nell'Egitto e sul canale di Suez, e della possibili!tà che questa specie di presa d'ipoteca dell'Inghilterra sull'Egi,tto precipiti la soluzione radicale della questione d'Oriente.

L'E. V. è probabilmente informata che pendevano in questi ultimi giorni negoziati tra il Viceré d'Egitto e parecchi stabiLimenti bancarj, principalmente francesi (Società generale, Banca di Parigi, ecc.) per la cessione delle azioni pvecitate del canale di Suez. Il Governo francese non solo conosceva questi negoziati, ma inoltre li appoggiava indirettamente. Le trattative, prossime alla conclusione, furono ad un tratto sospese dal Khedive, e non si tardò a sapere che la sospensione era attribuita all'opera del Console generale britannico in Alessandria, il quale s'era opposto a che le azioni predette del Viceré passassero in Francia. Il Duca Decazes, informato di tale opposizione del Console generale d'Inghilterra, incaricò il Signor Gavard di domandare a Lord Derby se quell'agente eseguiva, in tale condotta, le istruzioni del suo Governo. Lord Derby non esitò a dichiarare al Signor Gavard, colla franchezza un po' ricisa che lo caratter;izza, che il Console inglese ad Alessandria aveva agito in conformità d'istruzioni p11ecise del Governo della Regina, ed aggiunse che certamente gl'interessi dei capitalisti francesi dovevano essere rispettati e tutelati, ed anche largamente compensati; ma che la nuova via di comunicazione fra l'Europa e ,l'estremo Ol'iente era troppo importante per gl'interessi generali di molti Stati perché il suo libero esercizio non dovesse al bisogno essere guarentito da tutte e per tutte le Potenze inte11essate in proporzione dell'interesse rispettivo.

Questo linguaggio di Lord Derby era tenuto al Rappresentante francese quasi alla vigilia del contratto più sopra mentovato.

Il Duca Decazes, dal quale tengo tutti questi particolari, ha l'intenzione di far chiedere al Gabinetto inglese schiarimenti e spiegazioni intorno a questo fatto ed alle sue probabili conseguenze. Egli mi chiese intanto di fargli sapere in quaLe guisa il fatto stesso venisse considerato in Italia, e specialmente dal Governo del Re.

(l) Non pubblicato.

474

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2364/557. Londra, 27 novembre 1875 (per. l' 1 dicembre).

Nella conversazione ch'ebbi avant'ieri con Lord Derby, Sua Signoria mi tenne parola sulla recente riduzione operata dalla Porta Ottomana del suo Debito Pubblico. • Non è, mi disse, che a noi mancasse la ragione ed il diritto di reclamare a Costantinopoli contro quella misura; è che noi non abbiamo creduto ci convenisse; né che fosse consentaneo con la nostra costante politica, in siffatte materie, il reclamare. Il Governo della Regina ha sempre avuto per principio immutabile colui che presta capitali all'estero li presta a suo rischio; e nel caso presente conveniva, in pari tempo, considerare che se la Porta non paga, non è g~ià che non voglia, ma che non può pagare. •

Il Conte di Derby proseguì dicendomi • non essere cosa improbabile giungano ad un accordo la Porta e i suoi creditori; e la Porta sembrerebbe disposta a rivolgere gli impegni, che sarà per prendere, ai Governi dei creditori medesimi. La Francia ora propone si prenda atto di questi impegni. Non veggo possa nascere inconveniente o compromissione dal prendere semplicemente atto degli impegni che la Porta vorrà spontaneamente notificarci; ma non v,eggo possa esservi alcun vantaggio; si prenda o non si prenda atto, la situazione rimarrà la stessa. Ad ogni modo, giunti che saremo a quella condizione di cose, sarà tempo pel Governo della Regina di decidersi. •

475

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2365/558. Londra, 27 novembre 1875 (per. l' 1 dicembre).

Riferendomi al mio rapporto di ieri, n. 556 (1), credo di dover riferire a

V. E. alcuni altri particolari sulla compra fatta dall'Inghilterra delle azioni del Canale di Suez appartenenti al Khedive.

Il Khedive avendo staccato e venduto per diciannove anni alla Compagnia i cuponi di quelle sue azioni, si è impegnato a pagare, pei 4 milioni di sterline che riceve, il 5 per cento all'Inghilterra durante i detti diciannove anni.

Tutte le azioni del Canale dhrentano propdetà del Khedive dopo i 99 anni che compongono la durata della concessione. Ma, con patto espresso, codesta riversibilità al Khedive è annullata per le 177.000 azioni vendute all'Inghilterra.

Nei circoli politici, da me ieri frequentati, era universale l'approva:ljione per l'atto condotto a termine con tanta segre,tezza dal Governo della Regina. Membri influenti e dirigenti dell'opposizione parlamentare univano ri loro elogj e l'espressione della viva loro soddisfazione a quella dei deputati governativi.

Nei circoli diplomatici una grande riserva è mantenuta, poiché i Rappresentanti esteri non hanno potuto ricevere ancora dai rispettivi Governi istruzioni o essere inspirati pel linguaggio che dovranno adoperare. La notizia (siccome ebbi ieri a dirLe) è giunta per tutti inattesa; ma da nissuno n'è rla significazione attenuata. L'importanza dell'atto V1ien considerata grandissima non soltanto per ciò ch'è in sé medesimo, ma per ciò che significa per l'avvenire e come un primo passo che indica quelli che seguiranno. Alcuni soggiungono che l'Inghilterra è, intanto, la prima Potenza che non siasi astenuta nella quistione d'Oriente, comparano la sua politica attuale a quella della Francia nel 1840, e si chieggono, infine, se l'Inghilterra, per la prima, non abbia dato un esempio pericoloso.

(l) Non pubblicato.

476

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 244. Roma, 29 novembre 1875, ore 10,30.

Prévenez Luzzatti que sa visite à Londres et sa présence, mème de ltrois jours, sera toujours utile. Sii les pourparlers ne seront pas finis, nous pourrons les continuer à Rome, ou à Londres plus tard. Lord Derby a délégué Kennedy du Foreign Office et Malet pour conférer avec lui.

477

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2369/559. Londra, 29 novembre 1875 (per. il 3 dicembre).

È tanta l'importanza e il significato politico attribuito alla compra delle azioni del Canale di Suez per parte de.U'Inghilterra che V. E. forse non mi disapproverà se a così breve intervallo torni a scriverne.

Il decidersi per la compra, negoziarla e concludere il patto pare fosse un'opera, per così dire, istantanea. Il Governo Inglese ebbe notizia che trattazioni erano intavolate dal Khedive con la • Compagnie Générale • e l' • AngloEgyptian Bank •, e che codesti instituti (ambidue francesi, se bene l'ultimo abbia un nome inglese) imponevano patti oltremodo onerosi. Propose allora il Governo Britannico le condizioni da me riferite in sostanza all'E. V.; 1e il fatto, siccome il Conte di Munster mi ha detto gli è stato dal Conte di Derby asserito, divenne compiuto quasi allo stesso tempo che pensato. Il Governo della Regina avrebbe adesso l'intenz,ione di comprare altre azioni per un altro milione di lire sterline; in tutti i casi, già possiede indirettamente la maggioranza delle azioni con quel numero ch'è in mano d'Inglesi, fra i quali, per una quantità non indifferente, è il Duca di Sutherland. L'operazione fu conclusa -siccome dissero i giornali -dalla Banca Rothschild; e in modo che, avendo lei fatta in apparenza la compra, non avrà il Governo da chiedere un • bill • d'indennità; ma tanto è certo il consenso del Parlamento che la Banca suddetta non ha esitato.

Lord Derby a quei Rappresentanti esteri, ai quali ha parlato, ha voluto dimostrare :il carattere pacifico dell'atto compiuto, e come sotto l'aspetto commerciale sia pel beneficio di tutti. All'Ambasciadore di Francia Lord Derby ha detto la risoluzione fu presa subitamente in dodici ore; conveniva o acquistare quelle azioni o lasciare che alt11i le acquistassero; il Governo Inglese aveva in queUa guisa assunta una posizione • puramente difensiva •; guarentiva non ne sarà fatto abuso, né sarà recato pregiudizio a qualsiasi legittimo interesse.

All'Ambasciadore di Germania 1H Conte di Derby ha detto la Francia essere quella che si è opposta all'instituzione di una Commissione Internazionale pel Canale; ond'è che adesso, se intenderà biasimare, biasimi se stessa; ma nondimeno essere egli sempre disposto all'instituzione di questa Commissione. E l'Ambasciadore gli avrebbe risposto: ora più che mai. Il Conte di Munster mi affermava ieri mattina di non conoscere ancora il pensiero del suo Governo; ma soggiungeva: • non v'è più timore di accordo fra l'Inghilterra e la Francia. •

Il Conte di Beust non poteva nascondere il suo malcontento. • L'Inghilterra si è smascherata affatto (mi ha detto) agli occhi dell'Europa. Ma toccherà pure a lei conoscere un giorno chi sia il Khedive, uomo ambizioso che vorrà provarsi a essere degno dell'avo, già sognando la conquista della Siria. Oggi egli è ingrato alla Francia; domani vedrà l'Inghilterra che sarà per costarle il volerne fare un Guikowar di Baroda. •

Al Barone Rothschild, amico intimo del Disraeli, e negoziatore della compra, ha chiesto un diplomatico quello che ne penserebbe la Russia; e gli fu risposto: • noli abbiamo la Germania per ripararci dalla Russia. •

Fu tempo fa vociferato che Sir Bart1e Frère, che si è recato nelle Indie col Principe di Galles, nel recente passaggio per l'Egitto, abbia a nome del suo Governo negoziato coll'Egiziano in previsione che non si potrà temporeggiare la crisi 'in Oriente. Credo essere adesso in grado d'informare l'E. V. che la voce originata dall'indiscretezza d'una persona nello stesso seguito del Principe di Galles, è vera. Quei negoziati con Nubar Pascià avrebbero di fatto avuto luogo. E da un personaggio autorevole sono informato che sarebbesi convenuto, pel caso precipitassero glii avvenimenti: L'Inghilterra porrebbe ad Alessandria di Egitto una guarnigione di 20.000 uomini; e assicurerebbe al Khedive la fine d'ogni suo vincolo di vassaUaggio e la proclamazione della assoluta sua indipendenza.

478

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 56. Costantinopoli, 29 novembre 1875 (per. il 10 dicembre).

Avant'jeri giunse qui la notizia telegrafica il Governo Britannico aver comprato per quattro millioni di lire sterline le azioni del Canale di Suez appartenenti a S.A. il Khediive. Quantunque siffatta notizia non fosse autentica, pure fu creduta e produsse alla Sublime Porta un sentimento di costernazione. Questa interpreto1la infatti come un'evoluzione politica eseguita dall'Inghilterra per adottare una nuova base per la difesa de' suoi interessi in Oriente, ritirando la sua protezione all'Impero Ottomano per !imitarla all'Egitto. E siffatta misura nelle presenti congiunture provare in ogni caso che l'Inghilterra giudica la questione d'Oriente come aperta, o vicina ad aprirsi. Non sta a me dire se questa prima impressione abbia qualche fondamento di vero.

L'Ambasciatore di Russia già da qualche tempo aveva contezza che di qualcosa di simile si trattava, ed è persuaso che ne fosse già parola nell'accasione della visita del Princ1pe di Galles al Khedive. Egli avevane anche intrattenuto l'Ambasciatore di Francia il quale aveva tacciata la notizia di canard. Ed ora che essa sembra positiva il Generale Ignatiew se ne commosse grandemente, e mi disse la Porta avrebbe a considerare se il Khedive aveva n diritto di sacrificare per tal modo gli interessi dell'Impero. E so che ad altri dichiarò che se l'Inghilterra crede opportuno di commettere atti che modificano il presente stato delLe cose, la Russia farebbe quello che stimerebbe conveniente per la difesa dei proprii interessi.

L'Ambasciatore di Francia si mostrò preoccupatissimo delle conseguenze che potrebbero derivare dal fatto in discorso. Egli mi disse: • Voilà une nouvelle bien grave pour vous et pour nous •. Quello d'Austria non mi sembrò darvi tanta importanza.

Ieri mi trasferii a Therapia per conferirne coll'Ambasciatore d'InghiHerra, ma egli non conosceva che quello n',era detto nei telegrammi pubblici, e non vi prestava fede imperocché sapeva il suo Governo non essere uso a fare operazioni finanziarie. Mi permisi osservargli che se il fatto fosse vero esso costituirebbe certamente piuttosto un'operazione politica che finanziaria. Però Sir Henry Elliot persistette nel suo dubbio che la notizia fosse erronea.

Se la notizia si verifica, avrò a tornare sopra sì importante argomento.

P. S. Annesso un articolo in cifre.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO.

Il me revient de très-bonne source que l'Ambassadeur d'Autriche dans son entrevue avec le Sultan se serait efforcé de persuader Sa Majesté que la cause principale de la prolongation de l'insurrection en Herzégovine était le concours du Monténégro.

479

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'ONOREVOLE LUZZATTI, A LONDRA (l)

T. 247. Roma, 30 novembre 1875, ore 14,45.

Le président du conseil approuve vos idées, mais je vous recommande de procéder vis-à-vis du Gouvernement anglais avec tous les ménagements et les égards réclamés par nos relations politiques avec l'Angleterre.

(l) Il telegramma venne inviato tramite la legazione a Londra.

480

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2370/560. Londra, 1 dicembre 1875 (per. il 6).

Il Signor Stephen Cave, membro del Parlamento, che ha già occupata l'importante carica governativa di • Pay Master Generai •, ed ha fama di essere un'alta capacità finanzi,aria, ha ricevuto l'incarico dal Governo della Regina di r,ecarsi in Egitto, per ordinare le finanze di quel paese.

Egli, da principio, dovrà limitarsi alla parte, per cosi dire, passiva, di consigliere; e, assicuratosi, poi, della ferma risoluzione del Khedive e dei suoi Ministri di seguitare i suoi consigli, dovrà prendere l'assoluta direzione delle finanze Egiziane.

L'importanza di questa decisione del Governo Inglese a nissuno in questo paese è sfuggita, ed è considerata come una conseguenza e un altro passo che succede alla compra della metà del Canale di Suez.

Nelle sfere officiali continuasi ad asserire la natura pacifica di questa compra, il cui merito è attribuito -dopo H Signor Disraeli -al Marchese di Salisbury, Ministro per le Indie, e che presso tutti i partiti ha riputazione d'uomo di Stato ed è -affermasi -la mente direttrice dell'attuale Gabinetto. Alcuni Rappresentanti esteri danno gran peso alla frase di Lord Derby allo Ambasciadore di Francia: • il Gove11no Inglese non ha in quella guisa assunta che una posizione difensiva •, osservandosi non prende tale una posizione se non chi si prepari e tema le altrui offese; e a quelle parole è attribuito anche maggior significato da chi asserisce di sapere che nei negoziati condotti con Nubar Pascià da Sir Bartle Frère vi era pure un veto contro la vendita in Francia di quelle azioni del Khedive, e sebbene all'epoca del passaggio del Principe di Galles per l'Egitto non pensasse ancora il Governo della Regina a comprarle. Quel veto sarebbe sta,to -mi si è detto -consigliato con forza maggiore a causa delle attuali relazioni tra la Francia e la Russia; ,e le quali, invero, non mi furono (siccome ne scrissi addì 11 del mese andato a V. E.) (l) taciute da Lord Derby.

Egli è difficile separare nei rapporti inviati a V. E. la quistione turca da questa ~egiziana. Addì 26 dello scorso novembre, ho avuto l'onore di riferirle (2) una conversazione ch'ebbi il giorno innanzi con Lord Derby, e la quale-malgrado 'le eccezioni e riserve da lui accoppiate alle egpressioni della sua maggior fiducia -pure indicava com'egli avesse minor timore di complicazioni a cui potrebbe l'insurrezione in Erzegov,ina dare origine. Ma l'E. V. avrà osservato forse, che potrebbe darsi quel linguaggio più rassicurato avesse la sua causa, più che dalle notizie estere pervenutegli, dalla soddisfazione provata e dalla confidenza originata in lui per l'atto che lo stesso giorno nel quale ebbi l'onore di vedere Sua Signoria, compievasi co,l Khedive; quell'atto essendo poi nelle sfere ufficiali di questo paese -quando ne parlano in confidenza

ritenuto per essere: • per l'InghiHerra una prova che a se medesima può bastare; per l'Estero un ammonimento che convien calcolarla; e pel Governo della Regina la certezza che dalla intera nazione è sostenuto quando mostra di sapersi valere, e si vale, deHa libertà di azione da lui serbata.•

L'Ambasciadore di Germania, che ho veduto quest'oggi, persiste nel suo convincimento che • nulla varrà a fermare n corso irremissibile degli avvenimenti, che l'accordo fra le due Potenze più immediatamente interessate alla questione della Turchia d'Europa non può essere duraturo, e che convenga pensare alla propria posizione e alla tutela dei propri interessi per quando l'intesa dei tre Imperi sarà sciolta •. A queste parole, ripetutemi già spesse volte, il Conte di Munster aggiunse: • si è detto che ogni proposta di riforma alle condizioni attuali delle provincie insorte aggirandosi sempre nella cerchia stabilita d'uno stato di cose che s'avvicinerebbe o al reggimento della Serbia o all'Amministrazione Cretense, una soluzione qualunque fra codesti due punti estremi non può essere occasione di disaccordi fra le Potenze, né di minaccia per la pace. Ma codesto ragionamento non considera né l'opposizione della Porta in un caso, né la incapacità sua nell'altro, per le riforme; né la sua impotenza di reprimere l'insurrezione medesima che, mantenendosi, sarà sempre più per allargarsi; né la Serbia e il Montenegro a mala pena frenati; né il conflitto d'ambizioni ,e d'interessi, adesso contenuto, dell'Austria e della Russia, ma conflitto che -incalzando la crisi della Turchia, e credendo la Russia non dover più o più non potendo temporeggiare -non potrà essere lungamente contenuto, se anche vadano le due Potenze unite da principio. •

Codesta opinione dell'Ambasciatore di Germania ho potuto constatare sia quella che prevale indubitabilmente, e si mantiene, in questo paese, siccome ho segnato in altd rapporti; e le nego:lliazioni di Sir BarUe Frère, la compra di tanta parte del Canale di Suez, i discorsi dei Ministri, prov,erebbero che il Governo britannico divida lo stesso convincimento. Il Conte di Munster mi diceva poc'anzi che le determinazioni immediate dell'InghHterra sono già prese; e da sorgente alla quale egli presta fede avrebbe saputo essersi, nei recenti Consigli di Gabinetto -che gli uni agli altri con tanta rapidità succedettero -decisa, scoppiando la crisi, l'occupazione di Candia e dii Cipro. E continuava l'Ambasciatore dicendomi: • L'Inghilterra ha pertanto saggiamente agito non vincolando in modo alcuno la libertà sua d'azione. Divampando l'incendio, prenderà subtito le sue posizioni. E allora vedrà se le convenga, secondo le circostanze, afforzarsi con un'alleanza. Oggi -debbo pur riconoscerlo -è l'isolamento suo politico la sua forza. Il Governo ha verificato, intanto, può condurre la nazione ad ogni atto di energia; 'e nelle contingenze che si prevedono s'ingannerebbe a partito chi credesse all'astensione della Sovrana dei mari. •

Ho creduto fossero meritevoli d'esserle riferite queste parole, non soltanto a causa dell'autorità e posizione di chi me le rivolse, ma perché mi è sembrato si mostrasse acuto osservatore dell'attitudine attuale e delle tendenze di questo Stato.

(l) -Cfr. n. 454. (2) -Cfr. n. 471.
481

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2582. Parigi, 2 dicembre 1875 (per. il 6).

Come era da prevedersi, l'acquisto delle azioni del Canale di Suez fatto dall'Inghilterra, diede luogo ad uno scambio di corrispondenza fra questo Ministero degli Affari Esteri e l'Ambasciata di Francia a Londra.

Il Duca Decazes, da me interrogato, mi disse ch'egli aveva incaricato il Marchese d'Harcourt di domandare al Gov.erno Britannico schiiarimenti intorno all'importanza ed allo scopo che· una tale misura doveva avere nel pensiero del Gabinetto di Londra e che sperava di poter far conoscere ben tosto tali schiarimenti all'Assemblea Nazionale probabilmente all'occasione della discussione relativa alla riforma giudiziaria in Egitto. Ma intanrto e fin d'ora il Duca Decazes, volle informarmi che Lord Derby aveva dichiarato all'Ambasciatore Francese a Londra che in primo luogo gli interessi dei capitalisti francesi impegnati nel Canalie di Suez non erano né dovevano essere per nulla danneggiati; anzi erano maggiormente guarentiti in seguito alla operazione predetta; ed in secondo luogo che lo scopo del Governo Inglese in quest'occasione, come in ogni altra relativa al Canale di Suez, si era di guarentire colla maggiore possibile efficacia la libel'ttà di questa grande via di comunicazione, cosi vitale pel commercio e per la politic.a dell'Inghilterra. Sua Signoria avrebbe anzi aggiunto che egli all'uopo manterrebbe l'opinione da esso espressa in aUra circostanza dinanzi al Parlamento, secondo Ja quale, l'amministrazione del Canale potrebbe essere utilmente affidata ad un sindacato internazionale.

482

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1538. Berlino, 2 dicembre 1875 (per. il 6).

J'ai été reçu deux fois par le Prince Gortchacow durant son séjour à Berlin d'où il est parti hier au soir pour rentrer en Russie. Après une absence prolongée durant laquelle il s'était tenu autant que possible en dehors des affaires, il ne pouvait, avant d'avoir revu Son Auguste Maitre, parler en parfaite connaissance sur la situation générale. Il n'.en discourait donc en quelque sorte que comme un amateur, et à titre ·tout-à-fait privé, et cela pour répondre à mon désir de me renseigner auprès de lui, et à mon observation sur la difficulté de se tenir ici au courant au sujet de l'insurrection dans l'Herzégovine et des efforts de la diplomatie pour apaiser ces troubles. Le Cabinet de Berlin indiquait en effet Vienne comme le meilleur point d'informations, mais là aussi nous n'apprenions qu'après coup ce qui avait été concerté entre les trois Empires. Je me l'expliquais d'autant moins que ces Puissanc:es devaient

20 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

etre convaincues de la sincérité de nos vues pour tout ce qui se rattache au maintien de la paix générale.

Le Prince Gortchacow m'a dit combien on était satisfait à Saint Pétersbourg de notre attitude, et combien était vif le désir de nous associer à toutes les délibérations ayant trait à la solution des problèmes qui agitent l'Orient. Si les pourparlers sont concenrtrés à Vienne, c'est parce que l'Autriche-Hongrie est limitrophe des Provinces Insurgées, et que ses intérets sont plus directement en jeu au moins par les sacrifices qu'elle est appelée à supporrter pour venir en aide, par esprit d'humanité, aux malheureses populations qui émigrent sur son territoire. D'ailleurs il serairt assez malaisé à la Chancellerie Impériale de communiquer aux différents Cabinets des proje1s quand ils ne sont encore qu'à peine ébauchés. Pour gagner du temps, il faudrait recourir au télégraphe et courir la chance, au milieu d'un feu croisé d'échange d'idées, d'amener des malentendus et une confusion des plus regrettables. Des pourparlers plus restreints semblent mieux répondre au but qu'on se propose. Cependant dès son retour à Saint Pétersbourg, le Canchelier examinera s'il y a moyen de satisfaire chacun au meme degré. Il y tienrt beaucoup, car le concert entre les trois Empereurs n'a 11ien d'exclusif. L'action à exercer sur la Turquie doit etre le fait de tous les Cabinets, car cette action a pour objectif d'offrir à la paix la plus grande garanUe possible.

Pour ce qui concerne plus particulièrement la Russie, eHe n'a pas varié dans sa conduite. D'une part, elle ne vise aucunement à porter atteinte à l'intégrité territoriale de la Turquie. L'Empereur Alexandre a un programme eminemment pacifique. Ma:is, d'autre part, il a très à coeur une amélioration sérieuse du sort des chrétiens d'Orient pour lesquels la Russie s'est imposée de tout temps des sacrifices considérables. L'Europe chrétienne manquerai,t à tous ses devoirs si elle ne le secondait pas dans cette tache noble et désintéressée. L'unique moyen de sauv,egarder la tranquillité en Orient et par conséquent la paix générale est de mettre un terme à la situation intolérable des rayas, en accueillant leurs légitimes doléances. Il faut des réformes sérieuses, profondes, sincèrement appliquées. Le non accomplissement des promesses antérieurement faites par la Porte, a fortement ébranlé la confiance dans l'efficacité des promesses nouvelles. Aussi voyons nous les insurgés faire la sourde oreille, paroe qu'ils se rappel:lent un passé plein de désillusions. Tant que la confiance ne renaitra pas chez eux, dls ne consentiront pas à déposer ,les armes, sourtout quand ils ont le sentiment que malgré la supériorité du nombre les Tures ne réussiront pas à les dompter par la force. Le Cabinet de Saint Pétersbourg, de meme que les autres Cabinets, a opposé son veto aux velléités de la Serbie et du Monténégro de se mel-er à la lutte; mais la contrepartie équitable et naturelle de cette attitude est d'obtenir de la Turquie en faveur de ses sujets chrétiens non pas seulement des promesses de réformes, mais des gages sérieux et effectifs.

Le Prince Gortchacow répétait qu'aussitòt arrivé à Saint Pétersbourg il examinerait quelles éta,ient les catégories de réformes que comportait une situation aussi complexe, en suite du mélange des différentes religions, et d'autres conditions si déplorables dans l'intérieur de la Turquie. Il faudrait établir une égalité entre les races diverses, un système plus juste de prélè

vement et de réparUtion des impòts etc. etc. C'est là une ceuvre difficile à accomplir: • Je crains meme que ce ne soit qu'un replatrage •. Mais c'est une ceuvre à tenter et pour laquelle nous demandons le concours de toutes les Puissances.

Je ne veux pas dire pour autant que si la diplomatie échoue nous pouvons nous attendre à de graves complications au printemps prochain. Ce serait là de la politique conjecturale dont je m'abstiens. Mais si ces apprehénsions ont quelque fondement, ce serait une raison de plus pour travailler bravement à éloigner l'orage, pour n'avoir rien à se reprocher si l'orage éclate •.

J'ai laissé entendre au Charncellier que nous étions aussi intéressés au plus haut degré à prévenir toute complication européenne qui résulterait d'un démembrement de la Turquie. A ce sujet je lui citais un propos qu'il m'avait tenu durant ma mission à Saint Pétersbourg à une époque où l'on attribuait au Cabinet de Vienne des velléités d'annexion de la Bosnie et de l'Herzégovine: • ce serait un casus belli •.

Ce meme propos, m'assurait le Prince Gortchacow, avait été répété par lui au Comte Andrassy. Le Canchelier Impérial ajoutait que telle était sa défìance, quand le Comte de Beust était Ministre dirigeant à Vienne, que le Cabinet de Saint Pétersbourg avait déclaré que s'il n'entendait pas intervenir à main armée en Turquie, c'était en faveur du Sultan, mais que jamais l'engagement n'avait été pris de ne pas porter assistance matérielle aux chrétiens opprimés.

483

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1539. Berlino, 2 dicembre 1875 (per. il 7).

Le Secrétaire d'Etat étant malade depuis quelques jours toute communication avec le Ministère des Affaires Etrangères est interrompue. Impossible donc de savoir, de source officielle, l'impression produite ici par la nouvelle imprévue de la Convention passée entre le Khedive et l,e Gouvernement Anglais. Mais, d'après le langage des journaux officieux, cet incident ne serait pas de nature à provoa.uer des complications internationales. On doitt préférer à Berlin une prépondérance de l'Angleterre en Egypte à une prépondérance française. Si l'échec subi par le Gouvernement français doit avoir pour conséquence d'amener quelques tiraillements entre les deux Puissances Occidenta1es, on ne s'en plaindra certes ni à Berlin, ni à Saint Pétersbourg. D'ailleurs l'Angleterre, après avoir indiqué très-nettement de Quel còté elle entendait s'assurer une avance d'hoirie en cas de dislocation de l'Empire Ottoman, se montrera peutetre plus accommodante dans les pourparlers ayant pour but d'introduire des réformes sérieuses dans les Provinces Slaves de la Turquie.

Aussi le Prince Gortchacow -j'ai pu m'en assurer dans mes entretiens avec Son Altesse -prenait assez tranquillement les choses. Il se proposait meme de s'abstenir de faire une allusion quelconque à Londres sur l'achat des

177.000 actions du Canal de Suez.

Ce fait n'est pas moins d'une grande importance, tant au point de vue financier Qu'au point de vue politiQue. S'il témoigne d'une part d'une grande prévoyance et d'une vive sollicitude de l'Angleterre pour sauv,egarder ses propres convenances lorsQ.ue les trois Puissances du Nord accentuent peutetre trop leur allianee; c'est d'autre part un avertissement sur les inconvénients de ne pas déliberer en commun et sur un pied de parfaite égalité pour tout ce qui touche aux intéréts généraux de l'Europe. Ceux qui se croient alors lésés dans leurs légitimes prétentions sont tentés de procéder à 1eur tour selon leurs vues particulières, et quelque fois divergentes avec celles des trois Empires. Il est à ~espérer que cette leçon pro1ìitera à Vienne et à Saint Pétersbourg, autrement les Cours du Nord s'exposeraient à de nouvelles surprises importunes. Au reste tout en étant d'accord en principe, elles ne sont pas encore parv,enues à s'entendre sur un programme de réformes pratiQues. Elles ont assumé une grande responsabilité en s'attribuant cette tàche d'une manière un peu trop exclusive, vis-à-vis des autres Puissances garantes, au moins dans le travail préparatoire. Cette observation s'applique aux Cabinets Austro-Hongrois et Russe bien plus qu'à celui de Berlin dont le ròle jusqu'ici se borne à chercher à maintenir la balance égale entre ses alliés.

En attendant, il résulte assez clairement de l'ensembl'e de la situation que la Turquie perd de plus en plus du terrain dans les sympathies de l'Europe. Aucune des Puissances ne tirerait aujourd'hui un coup de fusil pour sauvegarder l'existence de l'ancien protégé de 1856 qui a si mal rempli ses engagements les plus solennels. La formule de l'intég11Ité de l'Empire Ottoman tend à se transformer dans la simple formule de l'intégrité de l'Orient jusqu'à ce que la force des choses amène un démembrement lorsque les différentes populations chrétiennes parsemées sur son territoire auront fait acte d'impuissance à constituer une organisation sociale et politique. C'est alors que les rivalités des Puissances ne pourront plus etre contenues et qu'une guerre générale sera inévitable. Chacune a un intéret évident à en retarder l'explosion, mais il est de bonne politique de ne pas se laisser prendre à l'imprévu. A cet égard pour ce qui concerne l'Italie, je ne puis que me référer à ma dépèche n. 1508, Série Politique, du I.er Septembre dernier (1).

P. S. Ci-joint une lettre particulière pour V. E.

484

L'AGENTE CONSOLARE A ZARA, BRATTANICH, AL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, BRUNO (2)

L.R. Zara, 2 dicembre 1875.

Il 29 del decorso Novembre giunsero a Zara i Signori Valentiniani Ufficiale dell'Esercito Italiano, Felice Pinon Ufficiale francese ed un graduato dell'infan

teria Prussiana, diretti verso l'Erzegovina. Ebbero una conferenza col Capo del Comitato di soccorso degl'insorti di Turchia, qui residente.

Ieri transitò per questa città il Marchese Pasqua Vivaldi di Genova ajutante generale di Garibaldi latore di sue lettere per Ljubibratié, ove con particolare deferenza raccomanda lo stesso.

Il Vivaldi in un abboccamento avuto coi membri del Comitato suddetto dichiarò che scopo della sua missione ,era rilevare i piani strategici per il prossimo movimento d'una legione italiana patrocinata da Garibaldi.

Una persona di piena mia fiducia, colla quale il Marchese si aperse in confidenti colloqui, m'assicurò essere egl,i possessore di molti valori pubblici ,e d'importanti documenti, unisce poi ad una rara coltura di mente distinta, forme che lo caratterizzano un perfetto genrtiluomo.

Nel decorso dopo pranzo attraversarono il canale di Zara due battelli del Lloyd carichi di truppe provenienti da Trieste dirette per la Dalmazia. Continuano gli approvigionamenti militari in questi Imperiali Reali depositi (1).

(l) -Cfr. n. 358. (2) -Copia di questa lettera fu trasmessa da Bruno a Visconti Venosta il 7 dicembre 1875.
485

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 57. Costantinopoli, 3 dicembre 1875 (per. il 13).

Ieri mi rese visita Rachid Pacha, nuovo Ministro degli Affari Esteri; S. E. s'intrattenne meco assai benignamente, mi disse essergli note le amichevoli relazioni che esistevano fra i due Governi, quello di Sua Maestà il Re averne in questi ultimi tempi dato segnalate prove che la Sublime Porta altamente apprezzava, egli farebbe ogni possa per mantenerle e svilupparle. Gli replicai il

R. Governo non nutriva che sentimenti di benevolenza e di vivo interesse per la prosperità dell'Impero, ed a questi sentimenti informava i suoi atti. A prova delle disposizioni conciliative che animavano l'E. V., citai la risposta fatta da

V. E. all'interpellanza del Signor Petruccelli deUa Gattina sulle questioni finanziarie, il cui sunto telegrafico era precisamente giunto poche ore innanzi (2).

Nel corso della conversazione che ne seguì, mi permisi osservare come esistesse un notevole numero di pendenze velative ad affari privati, i quali stavano sommamente a cuove del R. Govevno, e la cui pronta soluzione gli sarebbe sorgente di grande soddisfazione. Dissi non entrerei in alcun dettaglio sopra di

• Questi Signori mi dimostrarono un vero entusiasmo per le parole che pronunziasti in risposta al Petrucelli, ed apprezzano pure assai la moderazione di cui usi nel malaugurato affare Pugnalini. Né ciò è da stupirsi che, mentre da ogni parte si canta il Dies irae dell'Impero, si sentano commossi nell'intendere una parola di simpatia pronunziata da sì alta autorità. Ed è Mahmoud Pacha che fa scuotere i fili elettrici per mandarti l'espressione della sua profonda riconoscenza.

È mio debito di riferirti come, il Signor Caratheodori avendo domandato istruzioni pel caso che, in seguito dell'erezione delle Legazioni rispettive di Berlino e Roma ad Ambasciate, si trattasse di stabilire analogo scambio fra Roma e Costantinopoli, gli venisse risposto per ordine del Gran Vizir che la Sublime Porta accoglierebbe la proposta con grandissimo favore •.

esse in quella occasione, ma d'una non pot,evo tacere ed era quella relativa all'uccisione del Pugnalini. Gli raccontai in brev1i parole l'occorso, e le pratiche pendenti; conchiusi il R. Governo si lusingava la Sublime Porta troverebbe modo di fornirgli quelle soddisfazioni che i principii di giustizia 'e d'umanità richiedevano. S. E. mi assicurò prenderebbe in seria considerazione le mie parole e prese commiato.

P. S. -Annesso un articolo in cifra.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

Dans les hautes régions diplomatiques on entend parfois de vagues échos portant qu'à Berlin on cultiverait avec une prudente complaisance l'idée d'absorber un jour la Hollande et la partie fl:amande de la Belgique en cédant la partie française à la France comme compensation dans l'éventualité d'acquisitions territoriales de la part d'autres Puissances. On voudrait expliquer de la sorte le désintéressement du Gouvernement Allemand dans la question d'Orient. Ces bruits me sont venus de divers còtés dans ces derriiers temps.

(l) -Annotazione marginale: • Fatto estratto per l'Interno. 21 dicembre 75. G.B. •. (2) -Si pubblica qui un brano di una l. p. di Corti a Visconti Venosta del 7 dicembre (AVV):
486

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 250. Roma, 4 dicembre 1875, ore 18.

Président du conseil désire savoir demain matin avant 2 heures si M. Alphonse de Rotschild est à Paris ~et s'il y restera encore quelques jours. Veuillez me télégraphier immédiatement réponse.

487

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2584. Parigi, 4 dicembre 1875 (per. il 7).

S. E. il Duca Decazes ha fatto distribuire jeri ai membri dell'Assemblea nazionale una raccolta di documenti diplomatici riguardanti il Canale di Suez che abbracciano un periodo di circa quattro anni. Il primo dei documenti pubblicati porta la data del 22 marzo 1872, e l'ultimo giunge fino al 27 novembre ora scorso. Questa corrispondenza diplomatica tocca due questioni. Il maggior numero dei documenti ed i primi in data si riferiscono alla questione lungo tempo agitata delle tasse di ~transito applicabili ai bastimenti secondo la loro stazzatura.

L'E. V. conosce già, almeno nella loro sostanza e nella loro tendenza, i documenti di questa prima parte riferentisi ad una questione alla quale il

Governo del Re ha dovuto partecipare in concorrenza colle altre Potenze marittime. Mi limiterò a segnalare all'E. V. l'inserzione in questa pubblicazione del dispaccio direttomi dal Duca Decazes il 3 luglio scorso e da me trasmesso al

R. Ministero, col quale il Ministro francese degli affari esteri risponde alle obbiezioni da me comunicategli a nome del R.-Governo intorno al contenuto della memoria presentata alla Sublime Porta dalla Compagnia di Suez nello scopo d'appoggiare la domanda da essa fatta per modificare la tassazione dei legni in transito, in vista dei lavori urgenti e straordinarj da farsi nel canale. È pure da segnalarsi il dispaccio diretto da questo Ministro degli affari esteri il 31 agosto scorso all'Ambasciatore di Francia a Costantinopoli, nel quale sono riassunte le disposizioni manifestate dai varj Governi interessati relativamente alla domanda sopracitata della Compagnia di Suez, e si conchiude ad un aggiornamento provvisorio della soluzione della questione.

La seconda parte non abbraccia che pochi documenti. Il primo a segnalarsi è un dispaccio dell'Ambasciatore di Francia a Londra (De La Rochefoucauld, Duca di Bisaccia) al Duca Decazes, in data del 18 ·aprile 1874, nel quale è riferito un discorso del Conte di Derby tenuto all'Ambasciatore stesso e tendente ad esprimere il concetto d'un eventuale riscatto del canale di Suez per parte delle Potenze marittime interessate.

In un secondo dispaccio dell'll maggio seguente, lo stesso Ambasciatore scrive che appoggiandosi sull'avviso conforme espressogli dal Duca Decazes ha insistito sulla nece·ssità di escludere da ogni previsione l'ipotesi del riscatto. Segue un dispaccio del Signor Gavard, Incaricato d'Affari di Francia a Londra, del 7 giugno dello stesso anno, col qua•le è rife:r:ito il linguag~io tenuto dal Conte di Derby alla Camera dei Lords, linguaggio che ammette la presa in considerazione eventuale per parte del Governo inglese d'una proposta di riscatto internazionale del Canale, qualora questa fosse presentata in guisa che i varj Governi partecipassero ai vantaggi in condizioni di eguaglianza.

I due ultimi documenti della raccolta si riferiscono aU'alienazione fatta dal Khedive della sua parte di azioni del Canale, ed hanno quindi un interesse attuale e speciale. In un dispaccio del 20 novembre scorso, diretto dal Signor Gavard al Duca Decazes, l'Incaricato d'Affari di Francia riferisce quest.e testuali parole del Conte di Derby: • Non nascondo che vedrei inconvenienti serj (nella vendita delle azioni del Khedive alla Società generale). Voi sapete la mia opinione sulla Compagnia francese del Canale di Suez. Essa corse i rischj della impresa, ne merita tutto l'onore ed io non contesto i suoi titoli alla riconoscenza di tutti. Ma dovete riconoscere che noi siamo i più interessati nel Canale, giacché noi ce ne serviamo più che tutte le altre bandiere riunite. Il mantenimento di quel passaggio è diventato per noi una questione capitale. Vedrei quindi con grande soddisfazione ~iungere il momento in cui sarà possibile di largamente disinteressare gli azionisti e di surrogare la Compagnia con una specie di amministrazione o di sindacato nel di cui seno tutte le Potenze marittime sarebbero rappresentate. In ogni caso noi faremo il possibile per non lasciare al monopolio di mani straniere un affare dal quale dipendono i nostri primi interessi. La guarentigia risultante dal controllo della Porta non è oramai più bastevole. Se noi perdiamo queUa che ancora ci offre la partecipazione del Khedive, noi saremmo assolutamente a discrezione del

Signor di Lesseps, al quale del resto io rendo piena giustizia. La Compagnia e gli azionisti francesi possiedono già 110 milioni sui 200 che formano il capitale delle azioni. Ed è abbastanza. •

L'ultimo documento è un dispaccio del Marchese d'Harcourt, Ambasciatore di Francia a Londra, scritto al Duca Decazes il 27 novembre ultimo, e quindi posteriore all'acquisto fatto dal Governo inglese delle azioni del Khedive. Il Marchese d'Harcourt 'era stato incaricato dal suo Governo d'informarsi presso il Gabinetto di Londra delle ragioni che avevano spinto Questo ultimo ad una tale operazione. Egli riferisce nel dispaccio citato la risposta di Lord Derby che per la sua importanza trascrivo qui testualmente:

• Fu appena in principio della settimana che conoscemmo l'intenzione ed il bisogno del Khedive di vendere le sue azioni. Il mio desiderio -e l'ho espresso -era ch'egli le conservasse; ma da un lato egli aveva bisogno urgente di procurarsi risorse per rimborsi che non ammettevano indugio, e dall'altro noi sapemmo che pendevano tmttative tra la Società generale ed il Governo egiziano per l'acquisto delle stesse azioni. Bisognava dunque o lasciar passare questi valori in altre mani, o acquistarle noi medesimi.

Posso assicurarvi che agimmo colla sola intenzione d'impedire una maggiore preponderanza d'influenza straniera in un affare così importante per noi. Noi abbiamo la maggior considerazione pel Signor di Lesseps; riconosciamo che invece d'opporci alla sua grande creazione avremmo fatto meglio d'associarvici. Diniego pe' miei colleghi ,e per me ogni intenzione di dominare le deliberazioni della Compagnia e d'abusare del nostro recente acQuisto per violentare le sue decisioni. Ciò che abbiamo fatto è puramente difensivo. Non credo d'altronde che il Gov·erno ed i sudditi inglesi siano padroni del maggior numero delle azioni. Dissi qualche tempo fa alla Camera dei Lords che non m'opponevo ad un accomodamento il quale met,tesse H Canale di Suez sotto la direzione d'un sindacato internazionale. Non ne farò la proposta, ma non ritiro in nessun modo le mie parole. •

Nel terminare Questa breve rassegna dei documenti ora presentati all'Assemblea nazionale dal Duca Decazes, devo constatare con soddisfazione ch'essi hanno già prodotto sulle persone che li lessero una impressione favorevole. Giova credere che una eguale impressione sarà esercitata dalla loro lettura sull'opinione pubblica della Francia, ove l'operaZJione finanziaria insolitamente fatta dal Governo britannico aveva eccitato supposizioni in parte infondate, in parte esagerate o precoci.

488

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 559. Berlino, 6 dicembre 1875, ore l (per. ore 11).

Le prince de Bismarck a non seulement félicité l'ambassadeur d'Angleterre sur l'achat des actions de Suez, ma,is il lui a dit spontanément qu'il userai,t de ses bons offices pour que la meme satisfaction fUt partagée par les deux autres puissances du nord. Lord Derby s'est empressé de faire remercier Bismarck. Le prince Gortchakoff a tenu à M. Odo Russell à peu près le mème langage qu'à moi. Son Altesse a déclaré vouloir l'accord à six et quant aux réformes projetées, il répétait à deux reprises qu'el1es ne se·raient qu'un replatrage. Si l'entente n'est pas encore établie ·entre l'Autriche et la Russie sur projet de réformes, la divergence, au dire du prince de Bismarck serait moins dans le fond que dans la forme.

489

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1540. Berlino, 6 dicembre 1875 (per. l' 11).

Je me suis rendu avant-hier au Ministère des Affaires Etrangères pour chercher à compléter les indications contenues dans mes dépechès nn. 1538 et 1539 du 2 décembre (1). Le Secrétaire d'Etat s'est excusé de n'avoir pu me recevoir plus tòt à cause d'une indisposition qui l'avait obligé à garder le lit pendant plusieurs jours. Pour aller au devant de la remarque, déjà présentée à plusi-eurs reprises, sur ce que Vienne était endroit le mieux approprié pour procéder aux investigations, j'ai dit que les pourparlers ayant été concentrés dans ces derniers jours à Berlin, nous nous approchions sans doute d'un résultat satisfaisant pour la pacification des Provinces insurgées de l·a Turquie. Malgré cette entrée en matière, M. de Biilow ne s'est pas écarté de la réserve dont au reste il ne se départit pas non plus vis-à-vis de mes collègues.

Sachant que Lord Odo Russell avait eu l'occasion de s'aboucher avec le Prince de Bismarck, de mème qu' avec le ChanceLier russe, je lui ai demandé s'il pouvait me fournir quelques données. Nous avons échangé nos renseignements, et j'ai pu constater Q.ue le P11ince Gortchacow nous avait tenu à peu près un langage identique. Ce ne serait qu'après avoir étudié la question à Pétersbourg mème et qu'après avoir pris les ordres de l'Empereur que le ChanceHer serait en mesure de se prononcer sur la nature des réformes à introduire en Turquie pour donn.er satisfaction aux légttimes exigences des populations chrétiennes. Son Altesse déclaralit que si la Russie et l'Autriche, comme Pays Umi·trophes, étaient l!es pl'emières intéressées à s'entendre entre elles dans une phase préparatoire sur la marche à suivre, cela n'excluait pas la compétence des autres Puissances; le Cabinet de Saint Pétersbourg se prononçait pour l'entente non seulement à trois, mais à six, lors mème qu'à son avis -exprimé par deux fois -les réformes projetées ne seraient qu'un replatrage. Le Chancelier russe, vu son age avancé, avait médité de se démettre de ses fonctions, mais en présence des difficultés qui se présentent en Orient, il étai1t de son devoir de ne pas déserter le poste, aussi longtemps que ses forces y suffiraient. Pas un mot au sujet du Canal de Suez.

Le Prince de Bismarck a été plus explicite sur ce point. Il est venu au devant de l'Ambassadeur Britannique en le félicitant de l'achat des actions de ce canal, en ajoutant meme qu'il userait de ses bons offices pour que les deux autves Puissances du Nord partagent la meme satisfaction. Il se faisait fort de prouver qu'un pareil acte servait aussi les intérets de la Russie. Il est vrai qu'en maintes circonstances Son Altesse avait émis académiquement l'opi:nion qu'il ne s'expliquait pas pourquoi l'Angleterve tardait à s'assurer la haute main dans l'entreprise du Canal qui assure les communications les plus rapides avec l'Asie.

Lord Odo Russell s'est empvessé de télégraphier ce satisfecit à Londres, et Lord Derby a mis le meme empressement à le charger de remercier le Prince de Bismarck surtout de ses bonnes dispositions. C'est probablement après avoir connu la manière de voir de ce dernier, que 1e Prince Gortchakow m'a laissé entendre, sans aller jusqu'à une •explosion de joie, qu'il s'abstiendrait probablement de faive une allusion quelconque à Londres à cet égard. C'était peut-etre dans sa pensée un exemple bon à suivre à l'occurrence, soit en Bessarabie, soit ailleurs, et il ne pouvait lui convenir de découvrir son jeu par un suffrage qui de sa part aurait peut etre paru suspect.

Le Prince de Bismarck disait e n outre à l'Ambassadeur d'A:ngleterre qu'il avait eu sous les yeux le projet de réformes élaboré par le Comte Andrassy, amendé par le Cabinet de Saint Pétersbourg une première fois, retourné à Vienne, d'où après avoir subi aussi des modifications, il est revenu en Russie pour etre encore probablement retouché. La teneur n'en a pas été indiquée à Lord Odo Russell, mais son interlocuteur l'assurait Que la divergence était moins dans le fond que dans la forme, chacun voulant avoir ne fiì.t-ce que le mérite de la rédaction. L'Allemagne n'ayant pas des intérets directs en Orient, son ròle était nettement tracé. Le Cabinet Impérial devait s'appliquer, comme il le faisait, à prévelllir tout dissentiment .entre ses voisins et à éviter notamment que le chiffre 3 Qui représente l'accord, se change dans le chiffre 2, ce qui équivaudrait à l'isolement de l'une ou de l'autre des Puissances. Il faut donc peser tantòt à Vienne, tantòt à Pétersbourg pour maintenir un certain équilibre. Le Cabinet de Vienne ne songeait pas d'ailleurs à un agrandissement territorial dans les Provinces Slaves de la Turquie. La Hongrie, comme telle, ne saurait y consentir. Le Comte Andrassy se prononce carrément dans ce sens. Il est vrai que le jour où cet homme d'Etat quitterait le pouvoir, d'autres vues, représentées meme par des Archiducs, pourraient prévaloir dans l'entourage de l'Empereur François-Joseph. Quant à la Russie, le Prince Gortchakow n'est nullement pret à aborder la question d'Orient. Il n'en donnera pas le conseil au Tsar. Ainsi la diplomatie a encore des chances de succès pour parer aux maux actuels sans trop étendre l•e cercle de son action. Mais le Prince de Bismarck n'a pas soufflé mot sur la ligne de conduite qu'il suivrait si le Cabinet Austro-Hongrois changeait la sienne. Il y a aussi le chapitre de l'imprévu auquel il faut assigner une ·large piace.

D'après les informations parvenues ici à l'Ambassade d'Angleterre, Sir A. Buchanan mande de Vienne que le Comte Andrassy a décliné de lui communiquer le texte du projet de réformes transmis à Saint Pétersbourg. Il a été également opposé une fin de non recevoir au meme désir exprimé par Lord Loftus.

Le Baron de Jomini s'est borné à dire que le projet lui semblait acceptable, mais qu'avant le retour de l'Empereur Alexandre et de son Chancelier aucune détermination ne serait prise.

En attendant ·la Turquie, dont le dernier iradé est resté sans réponse et sans application, va incessamment, assure-t-on, rtransmettre elle aussi un vaste pian de concessions à octroyer aux sujets chrétiens de l'Empire. A moins que le Sultan n'aille au delà de ce que les Puissances pourraient prétendre, on ne voiit pas trop les chances d'une acceptation. Ce sera un motif de plus de dissentiment.

Lord Derby affirme que la Turquie a plus de vitalité qu'on ne le pense généralement. Il est vrai qu'.elle possède une armée assez nombreuse, pourvue d'un excellent matériel de camp·agne, et urne flotte respectable, mais ses autres conditions intérieures sont déplorables, pour ne parler que de ses finances qui semblent à jamais compromises. Si le Chef du Foreign Office avait réellement confiance dans l'avenir de l'Empire Ottoman, il n'aurairt pas en quelque sorte déjà pris pied en Egypte, camme si la succession aUait etre bientòt ouverte.

(l) Cfr. nn. 482 e 483.

490

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 415. Vienna, 6 dicembre 1875 (per. il 14).

Di ritorno al mio posto sin dal 29 sera dello scorso mese, fui fatto perfettamente ragguagliato sullo stato delle cose aui in ordine alla vertenza Orientale dal Commendatore Curtopassi, che col solito suo zelo ed acume avea disimpegnato la reggenza di questa R. Legazione durante 'la mia assenza, e si era assunto nel miglior possibile modo al corrente delle varie fasi traversate da quella auestione durante il tempo trascorso dal giorno in cui avea lasciato Vienna. Le notizie retrospettive da me raccolte qui, confermano ampiamente le informazioni che quell'egre~io Incaricato d'affari avea trasmesso all'E. V. co' suoi successi~i rapporti. Sarebbe stato mio desiderio H raccogliere senza ritardo nuove e più precise informazioni ancora sugl'intendimenti del Gabinetto di Vienna a riguardo degli eventi che si stanno volgendo nelle vicine Provincie dell'Impero Turco e più particolarmente sulla portata degli accordi che in ordine a tali fatti possono al momento presente esistere fra Pietroburgo e Vienna, ma non mi fu dato :liin aui di appurare con precisione notizie che meritassero di essere portate a conoscenza dell'E. V.

Il Conte Andrassy è bensì presentemente a Vienna, ma affatto invisibile per tutti, salvo probabilmente per gli Ambasciatori delle due Potenze Nordiche. Egli è indisposto per male ad una gamba e non riceve. L'Ambasciatore d'Inghilterra dicevami ancora jeri non chiedere ,egli di vederlo, onde non esporsi ad un rifiuto.

D'altronde, anche parlando col Nobile Conte, ed ammesso ch'egli volesse questa volta dipartirsi dal sistema seguito fin qui, di serbare cioè con tutti il silenzio il più assoluto sui negoziati pendenti cogli altri due Gabinetti Imperiali, non riescirei nel momento presente a sapere gran che, poiché se probabilmente siamo alla vigilia del giorno, in cui gli accordi che fino ad oggi mantennero abbastanza stretto il fascio dei tre Imperatori stanno per entrare in una nuova fase, ritengo fermamente che previe risoluzion.i si prenderanno soltanto in questi giorni a Pietroburgo dopo che l'Impera,tore Alessandro, che deve esservi giunto jeri, si sarà abboccato col suo Cancelliere, ed avrà sentito dall'Arciduca Alberto partito jeri pure a quella volta, le comunicazioni che la prefata Altezza Imperiale ebbe testé a Godell incarico da Sua Maestà Francesco Giuseppe di fargli in nome suo. In tal circostanza verrà presa una determinazione intorno alle proposte pacificatrici :llormolate dal Conte Andrassy, e verrà non ne dubito megUo defin.ita l'ulteriore azione delle Tre Potenze Nordiche, tanto a fronte della Turchia che delle Provincie di quell'Impero attualmente in istato d'insurrezione.

In quell'occasione del pari l'Imperatore Alessandro non mancherà di esprimere, in modo meno dubbio di quanto ebbe a farlo fino ad ora, il suo apprezzamento intorno alla marcatamente diversa att1tudine seguita in questi ultimi tempi da suoi Ambasciatori a Vienna ed a Costantinopoli. Il Signor di Novikow, che a riguardo del suo antagonismo col Generale Ignatiew s',esprime senza riserva alcuna, non nasconde la sua piena fiducia nell'appoggio che sarà per trovare presso lo Czar da parte del Principe Gortchakoff. Da quanto mi risulta sta di fatto, che il Canc,elliere gli è pienamente favorevole, ma non conviene dissimularsi che la già grave sua età potrebbe togliergli la volontà e la forza d'intraprendere una lotta a fondo contro l'ardito Generale Ambasciatore, appoggiato a Corte, a quanto si assicura, da potenti influenze. Ove questi avesse il sopravvento, lo stato delle relazioni fra i Gabinetti di Vienna e Pietroburgo non 'tarderebbe a subire notevole mutamento, poiché il Generale Ignatieff oltre ad essere avversario dichiarato del suo collega Nowikoff, non nasconde la sua ostilità contro il Conte Andrassy.

Dal linguaggio tenutomi in questi giorni sì dal Barone Hofmann che da altri alti funzionarii del Ministero Esteri come pure dal Signor di Nowikoff, ho ogni ragione di credere che il Gabinetto di Vienna non ha intenzione di sorta di addivenir~e ad una anche temporaria occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, ed anzi vivo e rermo si è sempre il suo desiderio di vedere mantenuto lo statu quo in Oriente. Ma non sono lontano dal credere che sentimenti più arditi animino l'Imperatore e tanto più in questo momento rin cui l'Ungheria adcenna a voler cveare serii imbarazzi all'andamento utnit:ario della Monarchia. L'idea di accrescere la preponderanza delle razz~e Slave al Sud dell'Impero, onde tenere in freno la sempre irrequieta razza Magiara, mi pare acquisti terreno nelle sfere in cui l'interesse della dinastia e della Monarchia unitaria domina i sentimenti di razza.

Nell'accrescimento della popolazione di razza Slava al Sud non si vuol vedere :in quelle sfere un pericolo per l'Austria, poiché vi si dice che il suo legame cogli Slavi del Nord, non è diverso da quello che può esistere fra i popoli delle razze latine ben distinti gU uni dagli altri dalle divisioni di nazionalità. Nel riferire questo apprezzamento che mi fu svolto in questi giorni da persone competenti, non è certo mio intendimento lasciar credere ch'io lo divida; ho però creduto doverne far cenno, poiché esso è sintomo non da ,trascurarsi della fase che traversiamo e della possibile evoluzione che la politica del Governo Imperiale parrebbe incommcdare.

Riservandomi di riferire anche telegraficamente tutto ciò che d'attendibile potrà risultarmi sul presente argomento...

491

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, DE BOCCARD, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM

R. P. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 7 dicembre 1875 (per. il 14).

L'idea della colonizzazione Haliana della Tunisia procedendo, non per

conquista, ma per successivo sviluppo della popolazione e dei nostri interessi

in questa contrada, assunse in me molto maggiore peso dacché risvegliatasi

la quistione di Oriente, da non dubbi segni si può rilevare l'intenzione della

Francia di ottenere in un eventuale riparto per suo compenso, fra altri, anche

l.' addizione della Tunisia all'Algeria.

Io ho quindi l'onore di sottoporle qui unito un piano attuabile coll'odierno

regime del Generale Khereddin, piano, che sarebbe sta~to assolutamente impos

sibile colla politica di regresso del caduto Kaznadar.

Ho contemplato in ~esso piano:

a) per l'Italia: l) L'interesse per noi di aver~e questa fortissima regione, almeno di fatto dipendente dal Regno. 2) L'importanza del Porto di Biserta (una sola crociera tra la Sicilia e Biserta potendoci rendere padroni del Mediterraneo). 3) Di trovare ubertosissimo campo all'emigrazione italiana divergendola dall'inopia e dalle disillusioni dell'America. 4) Il porre termine alle aspirazioni francesi di riunire la Tunisia all'Algeria. 5) Il ristabilire nell'antico nostro possedimento di Tabarca una numerosa colonia italiana indust11iale quale avanguardia delle altre che immediatamente popolerebbero la Reggenza. 6) Il creare alla madre patria un'immensa sorgente di ricchezza senza veruna sua spesa.

b) per il Governo Tunisino: l) La necessità di far fronte ad un'imminente crisi monetaria. 2) La necessità di diminuire le imposte sugld. articoli di esportazione. 3) Il creare alla Tunisia un cespite di inesauribili risorse nelle foreste e nelle miniere di Tabarca. 4) L'assicurare la prosperità del Paese colla costruzione di strade, canél'li, ferrovie, porti e colonie agricole.

Il mio progetto riuscirebbe col promuovere dal Governo del Bey l'emanazione dei seguenti decreti provvisorii: l o Soppressione del diritto sull'esportazione dei cereali; 2° Applicazione della tassa di patente annuale di tre categorie, da corrispondersi a) dai negozianti e grandi proprietarii; b) dai commercianti sensali ed industrianti; c) dai bottegai e mercianti ambulanti, tanto indigeni quanto esteri. Radicali: 3° Exploitazione delle foreste e miniere di Tabarca da rendersi ad una società internazionale composta di Tunisini e di negozianti esteri di prima categoria residenti nella Reggenza, col peso del 50 per cento di benefizio netto al Governo Tunisino. 4° Impiego del 50% nella costruzione di strade, (specialmente quella del Kef), canali, (specialmente deviando la Megerda ed ·il Zaguan), ferrovie (specialmente quella di Beja), porti (principalmente quello di Biserta) colonie agricole ecc.

Indotto dalla necessità di far fronte ad una crisi monetaria e convinto del bisogno di creare al paese nuovi cespiti di ricchezza, mi consta che il Generale Khereddin non esiterà di entrare nella via di sviluppo economico ch'io sto sottomettendo a V. E., né egli saprà avvedersi del fine utile che io mi riservo per noi italiani, quello di vedere istantaneamente centuplicati nella Reggenza i nostri connazionali sotto la forma di minatori, tagliato11i, agricoltori, muratori, fabbri, commercianti ecc., che vi saranno aUettati da certo e facile guadagno, e che per vicinanza e per indole vi s'impiegheranno e stabiliranno a preferenza d'ogni altra nazionalità.

Conservando io la più grata memoria della lusinghiera accoglienza fattami dall'E. V. a Roma, mi sono permesso scriverle di queste discipline in via privata, perché esse sono la logica conseguenza della politica di conciliazione da me adottata durante la mia reggenza, come la più consentanea cogli interessi italiani. Io non poteva, d'altronde, né farne oggetto di rapporto ufficiale, né darne parte al Commendator Pinna perché la sua politica è (per antichi precedenti di deferenza pel Kaznadar) sistematicamente ostile al regime attuale, e le mie idee, che, se non oso chiamar grandiose, sono per lo meno di un'evidente pratica utiHtà, le mie idee, dico, se possono al loro giusto valore essere da V. E. apprezzate, certamente non sarebbero comprese e positivamente condannate da ogni mediocre intelligenza con grave danno della nostra situazione e del nostro avvenire in Tunisia. Io tengo sufficientemente in mano il generale Khereddin, per ritenere che ove il tempo, la lena ,ed il di lei appoggio non mi facciano difetto, potrò, prima di partire per Taganroy stabilire su basi incrollabili il nostro primato in Tunisia aprendo la via alla colonizzazione italiana delle sue provincie.

Ritengo in ultimo che per trovare lodevole applicazione a siffatte idee, suscitate dal più sincero amor di pat11ia e dal dovere, meglio convenga ch'esse privatamente e segretamente s'insinuino nell'animo del governante (per quanto lo possa riguardare) anziché farne oggetto di uffiziali trattazioni, le quali generalmente non hanno la sorte di riuscire, e destano in questo Paese polHiche gelosie e sospetti.

Desideroso però di sapere il giudizio particolare di V. E. in proposito, e lusingandomi, nella provata di Lei benevolenza, ch'Ella non vorrà tenermi a male d'averle scritto sì a lungo in via privata ...

492

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2380/561. Londra, 8 dicembre 1875 (per. il 12).

L'Ambasciatore di Turchia si è recato ieri da Lord Derby, e ha detto a Sua Signoria che il Governo del Sultano era deciso a non prendere in considerazione qualunque proposta di riforme che gli venisse dall'Estero, non ammettendo alcun diritto di ingerenza da parte delle Potenze in una quistione interna qual'è l'attuale insurrezione erzegovese. Il Conte di Derby ha risposto a Musurus Pascià che, quando brucia una casa, i vicini hanno pure il diritto d'occuparsene.

Il Ministro della Regina è stato impensierito e allarmato da quel discorso. Interrogò l'Ambasciatore se quella sua dichiarazione fosse un suo personale convincimento; e Musurus Pascià replicò essere autorizzato a farla. Lord Derby, pertanto, chiedeva a se medesimo se 'la Porta, o piuttosto il • vecchio partito musulmano •, col dar fuoco alle polveri, intenda sperare una salute della quale dispera per altre vie.

Ma potrebbe darsi cbe la pratica dell'Ambasciatore Ottomano abbia soltanto avuto per iscopo di presentire le intenz.ioni attuali dell'Inghilterra, e appurare se da lei sarebbe, occorrendo, la Porta sostenuta.

Ad ogni modo, il linguaggio di Lord Derby avrà, senza dubbio, avuto per effetto di dissipare ogni illusione che potesse il Governo del Sultano accarezzare ancora sugl'intendimenti britannici. E la dichiarazione di Musurus Pascià -se anche intesa soltanto a scrutare quegli intendimenti -m'è parsa meritevole d'esserle comunicata.

493

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 63. Costantinopoli, 8 dicembre 1875 (per. il 13).

Il Generale Ignatiew mi confidò che da qualche tempo stavasi trattando a Vienna affine di trovare il modo di pacificare l'Erzegovina. Il Conte Andrassy avrebbe anzi presentato varie proposte, che dietro maturo esame sarebbero state trovate di applicazione pressoché impossibile, e quindi messe da banda. In tali circostanze si sarebbe per ora rinunziato a formolare un piano da proporsi alla Porta e s'aspetterebbe ,invece il progetto di riforme cui sta lavorando il Governo Ottomano, e che sarà comunicato in questi giorni ai Rappresentanti delle Potenze garanti. Queste riforme sarebbero dettate da sentimenti di riparazione e di giustizia verso i Cristiani e potrebbero essere accettate come una soluzione della quistione pendente dalle Potenze, le quali ne prenderebbero atto e si riserverebbero di sorvegli.arne l'esecuzione. E per tal modo la Sublime Porta, e non le Potenze, sarebbe risponsabile della loro riuscita. E questo sembrerebbe essere in questo momento l'avviso dell'Ambasciatore di Russia.

E frattanto le cose di quella provincia si fanno sempre più gravi. Non toccherò delle operazioni militari delle quali l'E. V. sarà ampiamente ragguagliata dagli Agenti locali. Però sembra veramente che le forze degli dlllsorti abbiano preso una consistenza che non avevano dapprima, mentre le truppe turche si trovcano in uno stato miserando. Ed in pari tempo s'intende da buonissima fonte che negoziati sono in corso fra la Serbia ed il Montenegro, e la

E. V. comprenderà dà leggieri che significhino siffatti negoziati.

D'altra parte la profonda impressione prodotta dal primo annunzio dell'acquisto fatto dal Governo Inglese delle azioni del canale di Suez appartenenti al Khedive s'è alquanto calmata alla Sublime Porta. Vi si sta ora studiando i firmani che regolano le relazioni fra i due paesi, affine di verificare se 'esista qualche clausola che possa interpretarsi come una proibizione pel Khedive di disporre di siffatta proprietà senza il consenso della Porta. Però, come si fa ad :inimicarsi il Governo Inglese? E cosa faHa capo ha.

Unisco al presente una lettera particolare per l'E. V.

494

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Vienna, 8 dicembre 1875.

Fui assai dolente di non poter a seconda del desiderio che me ne esprimevate per :telegrafo, procurarmi una comunicazione col Conte Andrassy onde cercar di un po' meglio scoprir la portata degli attuali accordi fra l'Austria e la Russia. Ma come ebbi a telegrafarvi e vi confermo con un rapporto (l) che spedisco contemporaneamente a questa lettera col mezzo del Conte Lovatelli, non mi sarebbe proprio stato possibile il tentar d'avere un'udienza. All'infuori di Schweinitz e Novikoff nessuno penetra nel Gabinetto d'Andrassy salvo abbia una qualche comunicazione di special importanza a fargli. Chi con un pretesto qualunque ottenesse di forzar la sua porta guasterebbe immediatamente ed irremediabilmente le sue relazioni seco Lui. ConVIien prender pazienza e rassegnarsi a quello stato di cose, e se alcuni fra i miei colleghi se ne lagnano anche non poco, io taccio: poiché a malgrado queU'inconveniente, Andrassy è sempre l'uomo che a noi conviene maggiormente ràmanga al potere, quindi non voglio per quanto dipende da me dar armi ai non pochi già che oercano di scalzarlo.

D'altronde in questo momento non vi sarebbe gran che da sapere da Lui, poiché la luce deve emergere dai colloqui che il Principe Gortchakoff avrà in questi gliorni coll'Imperial suo Signore a Pietroburgo. Per intanto eerto si è, che qui non si vuole affatto intervenire militarmente nelle Provincie Turche. Se però qualche cosa di questo genere fosse stato combinato a Berlino fra

Bismarck e Gortchakoff, non conviene farci illusione, difficilmente saprebbero resistere qui ad un pressante invito in tal senso, poiché a tutto si antepone e non a torto il mantenimento dell'alleanza cogli altri due Imperi.

La prima voLta che io vidi Hofman dopo il mio ritorno Egli mi fece subito una direttissima allusione al prossimo innalzamento di questa Legazione ad Ambasciata, a cui io risposi a senso delle istruzioni da Voi impartitemi a Roma. Allora Egli mi disse esser sicuro che la cosa non presenterebbe difficoltà di sorta, e m'invitò a parlarne col Conte Andrassy la prima volta che avrei occasione d'im.:contrarlo, soggiungendo~ • tvous trouverez le te11:rai;n tout préparé •. Ma come di ragione non entrai in questo ordine d'idee e Gli risposi che non aveva avuto nessun incarico di far una comunicazione al riguardo al Conte Andrassy e quindi impossibile mi era prender una diretta iniziativa i111 proposito seco Lui, che ove il Conte mi avesse detto una parola in quell'argomento io gli avrei tenuto lo stesso linguaggio di poco prima. • Oui c'est ça, dissemi ancora Hofmann, parlez en avec le Comte Andrassy et ce se1·a fai t car ces choses là il aime à les fai re lui ». Ecco dunque come stanno le cose. Allorché avrò natura! occasione di veder il Conte, s'egli mi dice una parola che mi metta sulla strada io gli risponderò come ho fatto coll'Hofmann, se non mi dice niente starò zitto, tanto più che Voi avete già detto abbastanza in Parlamento da permetterv,i a voi di aspettare che chi vuol addivenire allo scambio degli Ambasciatori faccia a sua volta un passo innanzi. Però non dubito che parlerà: poiché qui l'opinione pubblica compreso quella della gente pochissimo a noi propensa, lo vuole assolutamente. Non mi si parla d'altro da quanti incontro, e molti s'impermaliscono quando li acoerto che non ne fu questione ,gino ad ora. • Ciò vuoi dire mi si risponde che tenete meno alla nostra amicizia che a quella deUa Prussia •. Non vi starò a ripetere i ragionamenti che faccio per calmar quei trasporti di gelosia, ho però voluto farvene cenno, per darvi un'idea chiara della corrente dell'opinione pubblica a nostro riguardo. Stando così 1e cose, parmi non ci sia inconveniente ad aspettar ci si mostri in un modo non dubbio, che la manifestazione del nostro desiderio troverebbe quell'accoglienza a cui ha diritto. Sarebbe però bene che intanto non s'intavolassero trattative d'egual natura con altri Stati, poiché sono sempre pienamente d'accordo con Voi che avressimo tutta convenienza a cominciar con Vienna. Vedremo cosa si dirà in Senato su questa faccenda delle Ambasciate ma ben m'immagino che quei Signori dell'Alta Camera saranno ancora più espliciti dei Deputati nell'esprimere il desiderio che la nomina sia generalizzata, ed in particolare parmi probabile si faccia cenno di Vienna. Ciò che vi si dirà in tal occasione e ciò che Disponderete faciliterà anche non ne dubito il compito mio.

Non si sa ancora chi rimpiazzerà qui lo Schweinitz che intanto non muore, il Principe di Reuss non potendo andar per un pajo di mesi a Pietroburgo a rimettervi le sue lettere di richiamo, essendosi slogato un piede. Si dice molto qui che il Wimpffen andrebbe Ambasciatore a Parigi in surrogazione del Conte Appony che si ritira, ed ove a Roma do~esse restar un Ministro questi sarebbe probabilmente il Conte Mtilinen, sebbene si parli anche del Di Brtick attualmente a Monaco, ma ove si tratti di un Ambasciatore non credo potrebbe esser il caso del secondo ed anche pel pdmo credo vi sarebbe qualche difficoltà. Il Miilinen non è certamente un buon amico nostro, ma di tali io non ne conosco fra i diplomatici Austriaci, in fondo però al momento presente Egli non ci è ostile ed anzi io sono seco Lui in relazioni cordialissime. Egli ha una voglia matta del posto di Roma, qui>ndi in fin dei conti meglio Lui che un altro. Ricevo in questo momento la copia d'un rapporto di De Launay che vi piacque mandarmi. Vi confesso che trovo proprio buffa quella girata su Vienna che vi si fa per aver notizie e la dichiarazione fatta da Andrassy • qu'il n'avait jamais omis d'instruire notre représentant à Vienne sur les accords pris entre les trois Puissances, accords auxquels on tenait beaucoup à nous associer •. Gli antichi oracoli non avrebbero potuto risponder meglio di così. Anche a questo riguardo però conviene pazientare poiché altro non c'è da fare, ed a noi non conviene assolutamente né isolarci né andar con chi vorrebbe far bande à part. Andrassy deve partire oggi per Pe,sth, ci scambiammo biglietti di visita ma non fu caso d'i poterlo vedere. Se riuscirò a saper qualche cosa Ve ne informerò tostamente ...

(l) Cfr. n. 490.

495

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 567. Pietroburgo, 9 dicembre 1875, ore 18,10 (per. ore 4,10 del 10).

Je tàcherai retracer le plus fidèlement possible longue conversation que je viens d'avoir avec le prince Gortchakoff qui m'a fait accueil le plus empressé et a ... (l) par se louer beaucoup de l'attitude du Gouvernement du Roi, et de la conduite pleine de tact du ministre du Roi à Constantinople. Il n'est pas surpris du reste de cette conduite de notre part, puisque du moment où H s'agit d'une base aussi large que la nécessité d'améliorer le sort des chrétiens de la Turquie, le concours de l'Italie ne pouvait pas faire défaut. Au fond m'a-t-il dit nous n'avons rien fait jusqu'à présent pour Ies chrétiens d'Orient au contraire nous n'avons fait que contenir Servie et Monténégro. Il est temps de leur procurer garantie sérieuse et H n'y a pas temps à perdre car nous n'avons que trois mois demi devant nous et si printemps prochain rien n'a été fait position peut devenir très embarrassante, très grave. Je me suis expliqué, a-t-il dit, avec Empereur, et je suis convaincu que Sa Majesté approuve entièrement ma manière de voir. Essentiel selon moi est maintenir accord non seulement avec Vienne et Berlin, mais avec les autres Puissances garantes, et dans ce but nous venons d'accepter projet formulé par l'Autriche auquel j'ai fait seulement quelque observation en marge. Courrier de Cabinet porteur de notve acceptation est parti ce matin pour Vienne, il vous sera certain:ement communiqué, mais le malheur veut qu'en ce méme moment la Porte ait formulé aussi un projet de réforme et a demandé à nous le communiquer. Nous avons refusé recevoir cette communication à nous seuls, car nous ne voulons pas téte-à-téte

avec la Turquie. Nous l'avons priée de le communiquer à toutes les Puissances garantes; nous ne croyons pas ce moyen efficace car les réformes simplement octroyées par la Porte n'inspirent aucune confiance, il nous faut engagement forme! de sa part, mais examinerons ce projet et on verra si on pourra lui donner une forme qui nous promet résultat sérieux. Mon impression après le langage de Gortchakoff est que l'entente entre les trois Empires est plus solide que jamais et qu'on subordonnera tout au maintien de cet accord. Empereur, du rest, vient de proclamer au diner militaire hier au soir d'une manière solennelle, son désir de voir se raffermir alHance trois Empires.

Ayant demandé au prince Gortchakoff de quelle manière il envisage la question du canal et l'achat des actions par l'Angleterre il m'a dit que la Russie ne veut pas s'en meler et ne voulait pas meme en. entendre parler, il avait meme refusé entrer en conversation à ce sujet avec l'ambassadeur d'Angleterre. Pourquoi en effet, a-t-il dit, ajouter encore une question, qui selon moi n'en est pas une, à toutes celles que nous avons et qui nous donnent déjà assez à faire? On voit donc que sur cette question l'attitude de la Russie après 'l'arrivée de l'Empereur et du prince Gortchakoff s'est modifiée dans le sens d'une abstention absolue.

(l) Gruppo indecifrato.

496

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2384/564. Londra, 9 dicembre 1875 (per. il 13).

Nelle sfere officiali di questo paese continuasi a tenere un pubblico linguaggio che ha per iscopo di rassicurare ad un tempo l'opinione inglese e l'europea sulla compra di metà del Canale di Suez.

• La Nazione, dicono, ha da giudicare l'acquisto esclusivamente dal suo aspetto politico, e non già finanziario. Ma l'Europa ha da essere convinta che non fummo animati da uno spirito di egoista esclusivismo, e bensì da quello d'estendere a tutte le nazioni la stessa libertà di comunicazioni che desideriamo assicurare a noi medesimi •. E tali sono, in sostanza, le dichiarazioni fatte a Manchester l'altr'ieri dal Cancelliere dello Scacchiere.

Se bene abbia creduto di dover scansare quest'argomento con le persone ufficiali (imperocché anche il silenzio che avrei mantenuto -ove fossi stato richiesto della impressione provata dal Governo del Re -avrebbe potuto essere falsamente interpretato) tuttavia molti uomini po1itici, discorrendomi di quella compra sotto il suo triplice aspetto finanziario, commerciale e prettamente politico, mi hanno palesato il medesimo desiderio che ha dettate le parole dei Ministri della Corona; vale a dire di togliere dal fatto compiuto il carattere di gravità che abbia potuto assumere nella mente dell'Europa. E membri delle Camere d'ambidue i partiti tuttora continuano a manifestarmi la speranza che dall'Italia sia stato equamente giudicato l'atto del Governo Inglese.• Dal lato commerciale, egli è in beneficio di tutti; la politica liberale in materia di commercio di questo paese n'è guarentigia. E nelle condizioni finanziarie in cui versava l'Egitto conveniva sceglieve o tutto il Canale cadesse in mano ai francesi o fosse con noi spartito. Abbiamo lottato contro un'influenza esclusiva a noi sempre dannosa; ma oltremodo peDicolosa nelle condizioni attuali d'Europa, e Jn quelle che si prevedono.

In codesti discorsi, sono le considerazioni commerciali più volentieri adoperate. E, di fatto, non avvi chi tema possa il predominio inglese in quella grande arteria mondiale mutare i principj economici di quello Stato. Ma Le considerazioni di politica non hanno valore o forza uguale. I discorsi anteriori all'acquisto della proprietà del Khedive, quelli che confidenzialmente sono sempre rivol:ti, la necessità di mantener favorevole l'opinione pubblica della stessa nazione 1ing~ese coll'accampare il carattere politico della questione, troppo contradicono ogni asserzione che si faccia per scemare questo carattere.

E quei Rappresentanti Esteri, che hanno maggiore autorità per posizione personale e per conoscenza dell'Inghilterra -che applaudano o che palesino il proprio scontento -concordano nel giudicare il fatto allo stesso modo.

• Prima assai che sopragiungesse improvviso questo fatto, già erano, rispetto all'Egitto, fissati gli intendimenti politici e la linea di condotta dell'Inghilterra; la compra di cui si ra~iona non fu se non un effetto e un risultato impreveduti d'una causa e d'uno scopo conosciuti e additati. Non è una influenza esclusiva che si è distrutta; è un'influenza la quale -s'è liberale in commercio sarà sempre più esclusiva in politica, che ha trionfato appieno in Egitto. Della necessità di codesto indirizzo alla sua azione s'era così convinta l'Inghilterra, da non aver esitato a fare una transazione finanziaria contraria in tal modo a ogni sua tradi2lione e regola costante di governo che il Canc,elliere dello Scacchiere ha dovuto pubblicamente dichiarare sarebbe un',eccezione unica. E adesso è nominato con espresso e ufficiale mandato un pubblico funzionario della Corona per riordinare le Finanze sconvolte deLl'Egitto. E Lord Derby contraddice il principio di non ingerenza negli affari d'altri Stati e risponde a una deputazione di filantropi abolitori della schiavitù, biasimando con energia la guerra costosa del Vice-Re nell'Abissinia. Fu pertanto perspicace chi disse prima ancora pensasse il Gabinetto Britannico a comprare metà del Canal!e: il Khedive indipendente sotto ~'Inghilterra; il Canale di Suez libero per tutte le navi di commercio del mondo, e aperto a quelle da guerra della sola Inghilterra•.

Ho ier sera ricevuta una notizia che avrei forse esitanza a riferirLe non mi fosse affidata, e asserita, da un personaggio autorevole che non è solito accogUere informazioni avventate. Tra le persone del seguito del Signor Stephen Cave è il Colonnello Stokes. E questo signore sarebbe incaricato di studiare il modo di fortificare l'entrata del Canale di Suez dalla parte del Mediterraneo, i forti progettati dovendo servire, in pari tempo, d'argine alle arene. A questo fine, egli avrebbe la commissione di convincere il Governo Vice-Reale della opportunità di codeste costruzioni, poiché naturalmente sarebbero innalzate per ordine del Khedivé e gli apparterrebbero.

L'accoglienza favovevole del Governo Germanico all'acquisto di tanta parte del Canale ha avuto per effetto d'imprimere una maggiore cordiaHtà nelle relazioni fra i due Governi. Il Conte di Munster, nel dirmi ieri: • Bismarck m'a écrit qu'il en était enchanté •, mi faceva osservare la crescente intimità dei suoi rapporti con il Conte di Derby, e come sia da lui chiamato a conferire sovra ogni nuova circostanza che si presenta. E senza esagerare questo effetto, debbo pur segnare a V.E. che nel pubblico ing:Lese sonosi andate cancellando le ultime tracce dei malumori con la Germania, ed aumenta invece la simpatia per lei • come per un'amica (mi diceva un membro del Parlamento) dalla natura stessa delle reciproche situazioni additata •.

L'Ambasciadore di Francia, dopo la conv,ersazione con Lord Derby ch'ebbi già l'onore di riferirle, ha voluto chiedere a questo Ministero spiegazioni sulla nomina del Signor Cave, ma non ebbe (secondo mi si asserisce) se non una risposta evasiva. Il Marchese di Harcourt discorre volentieri della Russia sebbene indicando le volontà di questa Potenza. Parlandomi della situazione generale d'Europa per rispetto alla quistione d'Oriente -e dopo aver alluso all'Impero Slavo come a un difensore della Francia -soggiunse non <essere quell'Impero pronto ancora perché gli manca tuttora il milione dugento mila uomini di cui abbisogna.

Il Conte di Schouvaloff, già da Quasi due settimane è assente, ma la sua partenza per Parigi è attribuita a motivi suoi personali. E intanto, mentre il Governo Inglese pubblica il progetto di mobilizzazione dell'esercito, continua attivamente, e 1in segreto, i suoi armamenti navali.

497

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 417. Vienna, 10 dicembre 1875 (per. il 14).

Come già ebbi l'onore di scriverle, non mi fu dato V'edere il Conte Andrassy, che, indisposto, durante alcuni giorni non ricevette visite e parti quindi per P est, tosto fu in istato di intraprendere quel viaggio; la vigilia della sua partenza Egli incontrava il Commendatore Curtopassi al Club ed esprimendogli il suo rincrescimento di essere stato nell'impossibilità di vedermi, pregavalo dirmi che fra poco tornerebbe, lietissimo di vedermi. Avendo dovuto così r1nunciare al mio Lntendimento d'indagare l'impressione prodotta sul Nobile Conte dalla campagna intrapresa dall'Inghilterra in Egitto a colpi di Lire SterHne, ne parlai col Barone Hofmann. S.E. non si espresse meco al riguardo in modo ben preciso, poiché mi disse che il Conte Andrassy riservava il suo preciso apprezzamento al riguardo sino al giorno, in cui avrebbe ricevuto dal Governo Inglese quella comunicazione in proposito, che riteneva presumibile sarebbe per rivolgere a' Gabinetti interessati. Però dal tenore de' suoi ragionamenti sul fatto compiuto dal Governo di S.M. Britannica, dovetti capire che in fondo il Gabinetto di Vienna non vi annette soverchia importanza, e che anzi la cosa considerata dal lato degl'tnte!'essi materiali gli riuscì gradita anziché no, ritenendo essa abbia ad esercitare favorevole influenza per l'avvenire sulla navigazione nel Canale di Suez.

Volendo poi riassumere l'impressione generale di qui su questo fatto, dirò che in fondo gli si dà un'importanza molto limitata, ma che però generaimente si ritiene non potrà che riescir favorevole agl'interessi delle marine di vari Stati. Il solo Ambasciatore Russo me ne parlò in modo alquanto acrimonioso a riguardo del Governo Britannico, tuttoché egli concordasse coll'opinione generale, che cioè quel fatto non mutasse gran che, daJl punto di vista politico, lo stato di cose precedente.

498

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 6. Costantinopoli, 10 dicembre 1875 (per. il 17).

Approfitto dell'occasione del Corriere Inglese per sottomettere all'E.V. alcune considera;z,ioni generali sulla situazione.

La quistione Orientale ha poco avanzato dopo che io ebbi l'onore d'indirizzare aH'E.V. la confidenziale delli 11 ottobre n. 29 (1). L'insurrezione continua nell'Erzegovina, né sembra dover terminare sì presto, i consoli delegati vi stanno tutta~ia studiando il modo di pacificarla, le Potenze garanti non hanno stabilito alcun accordo sui mezzi d'uscire dalle presenti difficoltà. E frattanto le condizioni dell'Impero sono andate di male in peggio. Le misure finanziarie hanno avuto per effetto di compromettere quel poco credito che gli rimaneva, si fanno sforzi inumani per radunare i fondi necessarii al pagamento degli interessi del debito pubblico scadenti al l • gennaio, non si soddisfa a numerosi altri impegni, non si pagano le truppe, si vive alla giornata; inquieti del presente, atten~iti dall'avvenire.

A Vienna intanto i tre Imperii stavano deliberando sui mezzi di portare rimedio al presente stato di cose. Il Generale lgnatiew avrebbe desiderato che siffatte deliberazioni seguissero a Costantinopoli, dove era più facile di rendersi un conto esatto della situazione, ed avrebbe proposto che il Conte Zichy fosse incaricato delle relative pratiche. Però il Conte Andrassy volle la quistione fosse trattata a Vienna e s'incaricava di trovare i mezzi per aggiustare le cose. Il Generale Ignatiew parlandomi confidenzialmente de' piani per tal modo proposti dal Cancelliere Imperiale, mi diceva mancare essi d'ogni senso pratico, portare l'impronta della leggerezza che caratterizza quello Statista dilettante, non essere infatti che fuochi d'artifizio i quali non lasciavano che fumo. Essi ,erano quindi rigettati dal Governo Russo come d'impossibile applicazione. Dolevasi amaramente il Generale Ignatiew che si fosse cosi perduto un tempo prezioso, e lasciato all'insurrezione il tempo di raffermarsi e d'organizzarsi. L'Ambasciatore di Russia ne veniva quindi alla conchiusione essere vano d'intendersi sulle proposte da farsi alla Sublime Porta, ed essere miglior partito d'ottenere che questa formolasse un progetto di riforme accettabile dalle potenze garanti. Egli mi confidava avere per tale scopo insistito energicamente presso i Ministri del Sultano onde ottenere delle concessioni di

qualche importanza, aver cooperato con essi neLla loro preparazione, averne

ottenuto che sarebbero prontamente comunicate alle Potenze Garanti.

Domandai al Generale Ignatiew se credeva che le riforme in discorso avrebbero per effetto di fare deporre le armi agl'insorti dell'Erzegovina. S.E. mi rispose tristamente non crederlo, ma posto che non si voleva adottare delle soluzioni pratiche, bisognava pure trovare un'uscita alle presenti difficoltà. Cercai di trarre dal mio interlocutore quali sarebbero secondo lui le soluzioni pratiche, e mi rispose: • Io voglio essere franco con voi. Di soluzioni pratiche potrei citarvene varie, ma siccome neppure il mio Governo sarebbe per approvarle, così non ne faccio parola; una sarebbe, per esempio, di lasciare a quelle popolazioni piena libertà di regolare le loro sorti come le intendono, incontrerebbero qualche difficoltà nei primordii, ma finirebbero per <trovare un assetto conforme ai loro interessi. Un'altra sarebbe di riunire i distretti meridionali dell'Erzegovina, che sono precisamente quelli nei quali più ~nfierisce l'insurrezione, e cederli al Mon<tenegro come corrispettivo della riconoscnza che questo farebbe della sovranità della Porta, alla quale si sottomettel'ebbe a pagare un tributo. Queste ·sarebbero soluzioni pratiche della questione, ma siccome esse non vanno a genio ai Governi interessati, così bisogna ·accont,entarsi delle riforme. E queste riforme sono buone da proporsi dalla Porta, perché essa salva per tal modo la propria dignità, buone da accettarsi da:lile Potenze le quali non assumono quindi nessuna responsabilità della loro riuscita •.

• E se le riforme non avranno per effetto di. pacificare le province insorte, che sarà per succedere? • domandai all'Ambasciatore. CUJi replicava: • Se l'insurrezione non è soffocata durante l'inverno, niuna forza umana potrà ritenere la Serbia ed il Montenegro dal prender parte aUa lotta nella primavera. Essi stanno già prendendo i relativi conce·rti. e se i PriJncipi s'avvisassero di resistere al pubblico slancio, sarebbero ben presto sbalzati dai rispettivi seggi, ed il movimento seguirebbe il suo corso. La Bulgaria e la Rumelia imiterebbero l'esempio, e la Grecia non potrebbe restare tranquilla. Quello ne seguirebbe sallo Iddio • .

Queste parole acquistano tanto maggiore importanza, ch'esse sembrano improntate ad una terribile logica, epperò ho voluto citarle testaulmente all'E.V., la quale saprà meglio di me apprezzarne la portata. Che· se mi fosse lecito di manifestare la mia opinione sulle presenti disposizioni della Russia. direi che essa preferirebbe di aggiornare la ouistione d'Oriente, ma se la forza irresistibile delle cose trascina l'Europa ad aprirla. essa si troverà pronta, a tirarne i maggiori vantaggi.

Ma un grave fatto è occorso nell'intervallo, ed è l'acquisto fatto dal Governo Britannico di pressoché la metà delle azioni del Canale di Suez. Il Gov.erno Inglese non è uso a fare delle speculazioni finanziade, ed è vano farsi illusioni sull'importanza politica di questo fatto. L'Inghilterra nel 1854 credette che mediante radicali riforme l'Impero Ottomano po'teva rigenerarsi ed entrare nel consorzio delle nazioni civili. L'esperienza di vent'anni ha distrutto quella illusione, epperò muta ora di base alla sua politica orientale, va ad appoggiarsi là dove si trovano i suoi interessi diretti e reali, e tende ad impadronirsi della via delle Indie. Il Gabinetto di Disraeli dimostrò un grande coraggio nel compiere questa evo·luzione, però l'opinione pubblica del paese ne comprese il significato e l'accolse con unanimi applaus1i. Né diversa fu l'interpretazione data a questo fatto dalla Sublime Porta, tostoché ne ebbe il primo annunzio. Subentrò posoia la calma, ma è la calma dell'impotenza, della rassegnazione.

Io ignoro quali siena 1e impressioni provate dagli altri Governi per questa risoluzione del Governo Inglese. L'Ambascia,tore Russo in questa residenza ne fu evidentemente contrariato, e ne prof1ttò per porre in diffidenza l'Inghilterra p11esso la Porta. Però non mi stupivebbe che dietro più maturo esame, il Governo Russo non vedesse di mal occhio questo spostamento dell'azione Inglese. L'Ambasciatore Francese ne fu commosso perché cvedette scorgervi una mancanza di riguardi verso il suo Governo, ma, non ~essendo questa che una impressione di sentimento, non tarderà a modificarla considerevolmente.

Se poi si considera questa questione del Canale di Suez sotto il punto di vista commerciale io non credo le Potenze abbiano ad adombrarsi anche se cadesse intieramente nelle mani dell'Inghilterra. Questa infatti ha da lungo tempo adottata la poliitica del libero scambio e se ne ~trova soddisfattissima, né il sistema dei diritti differenziali potrebbe essere riabmtato sotto quel Governo, dimodoché in tempo di pace il canale sarebbe sempre aperto a tutti i commerci, e delle migliovie che quella potentissima nazione sarebbe per avventura per portarvi ne godrebbero tutte le altre. Ed in tempo di guerra fra Nazioni Europee è probabile che le battaglie navali non seguirebbero ne' mari dell'Asia. Non resta adunque che il significato politico al quale non si può negare un'alta •importanza.

E così stanno le cose. La Turchia si è finora dimostrata impotente a domare l'insurrezione nell'Erzegovina. Il Governo sta per emana11e delle grandi riforme. Però esse non avranno probabilmente per effetto di far deporre le armi agl'insorti. E se la pace non è prontamente ristabilita, il fuoco minaccia d'estendersi ai quattro canti dell'Impero. E che faranno in 1tale eventualità le Potenze Europee?

Non è facile rispondere a questa quistione, ché nuove ed inaspettate complicazioni ponna sorgere ogni giorno. Però io non ovoedo che dalle presenti difficoltà debba necessariamente venire una Guerra Europea. Per che nasca una guerra occorre primieramente che due elementi avversi si trovino in presenza. Nel 1854 v'era da una parte una Potenza che minacciava d'assorbire la Turchia, dall'altra varie che erano pronte a sostenerne l'integrità. Dove sono ora questi elementi? La Russia non dimostra ora nessuna velleità di conquista, nessuna vista ostile contro la Turchia. Le altre potenze fanno voti per la integrità dell'Impero, ma quale fra desse sarebbe ora disposta a correre la sorte delle armi per difenderla? L'opinione pubblica Inglese è assai mutata a questo riguardo, ed il Governo tende a disinteressarsi sul Bosforo. La Francia teme insidie da parte del vicino, e vuole assolutamente eVIitare ogni pretesto di guerra, ché perfino nella quistione armeno-cattolica quest'Ambasciatore ha ordine di tenersi all'infuori d'ogni discussione. La Germania non ha ancora soddisfatto le sue brame, però 1i suoi sguardi sono volti ad altra parte. Restano la Russia 'e l'Austria che sono due Potenze più direttamente interessate nelle quistioni d'Oriente, dall'unione o dis~nione deHe quaJ:i mi pare dipenda principalmente il mantenimento della pace per quanto riguarda la quistione

d'Oriente. Gl'interessi di queste potrebbero bensì trovarsi un giorno in collisione. Ma finora si scorge una grande ansietà dall'una e dall'altra parte di rimanere d'accordo. Il Generale Ignatiew vorrebbe bensì trarre a sé la direzione delle pratiche relative alla questione d'Oriente e per l'antica esperienza, la conoscenza delle cose e delle persone, la rara abilità vi esercita una predominante influenza; però fa di più o meno buona voglia le concessioni necessarie a mantenere l'armonia. Il Conte Zichy non parla di politica che col suo Collega Russo. E finché dura questo accordo io non vedo perché tutte le presenti difficoltà non sarebbero composte pacificamente. Né vorrei disperare che una intelligenza possa essere stabilita fra le Potenze Europee anche nel caso che avessero a sorgere le più gravi eventualità.

In tali circostanze io non faccio che attenermi alle sagge istruzioni che

V.E. m'impartiva di coLtivare diligentemente le cordiali relazioni che l'Italia, mediante la sua prudente condotta e l'elevatezza della sua politica estera, ha saputo stabilire colle più potenti nazioni d'Europa, e cooperare per Quanto da noi dipende al mantenimento della pace.

(l) Cfr. n. 420.

499

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 10 dicembre 1875.

Non v'ha dubbio che la situazione si fa ogni giorno più grave. Però finora tutte le potenze europee si dimostrano animate dal desiderio di pace, e Dio voglia che riescano nell'intento. Ma chi può prevedere l'avvenire? E quasi nasce il sospetto che le assicurazioni con tanta insistenza offerte in questi ultimi tempi da' più alti ed augusti personaggi nascondano pericoli reali. È forse inopportuno e presuntuoso da mia parte di toccare ad un argomento sì delicato e remoto, né il farei se non fosse per l'amicizia 'e la benevolenza che mi dimostri. È possibile coltivare amichevoli relazioni con tutte le Potenze finché dura la pace. Ma quale sarebbe la posizione dell'ItaLia se scoppiasse una guerra in Europa? La prima idea che mi si affaccia in tale eventualità è la seguente. Non v'ha forse attualmente al mondo una Potenza che non abbia nemici in nessuna parte, che goda di tanta riputazione e di tanta simpatia presso tutte le altre quanto l'Italia nostra. Quanto doloroso sarebbe, ,in caso di conflitto, di doversi dichiarare per una delle pa!'ti! Quale è infatti Io Stato contro il quale sarebbe grato all'Italia d'impugnare le armi? Né se passo in rivista tutte le combinazioni possibili, ne trovo alcuna in cui sia manifesto l'interesse del nostro paese di entrare nella lotta, ché la sorte dell'armi è sempre incerta. Grazie al meraviglioso patriottismo de' suoi popoli, alla profonda sapienza ed all'energia de' suoi statisti, al magnanimo cuore del Sovrano, l'Italia fu creata ed il mondo fu compreso d'ammirazione pel senno e la moderazione spiegata dopo il trionfo. Ed essa andrebbe ora a porre a repentaglio la sua posizione, giusto nei momento in cui sta per cogliere il frutto di tanti palpiti, di tante fatiche? Sante erano le battaglie che combattevamo per conquistare l'indipendenza della patria. Che non avremmo ora il diritto ed il dovere di consolidare· le grandi conquiste fatte dalla nostra generazione? Intendo che si fanno sforzi per trarre l'Italia da diverse parti. Ma non potrebb'essa invece, anche nella peggiore delle eventualità, rimanere aLl'infuori del conflitto, e rendere maggiori servizi all'umanità frapponendosi opportunamente •tra i combattenti per ricondurre la pace? Né dirò di pm, e metto speranza che questi miei sentimenti troveranno una scusa e forse un'eco nel tuo cuore.

500

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 115. Roma 11 dicembre 1875.

L'emozione prodottasi in Europa all'annunzio della vendita fa·tta dal Khedive al Governo britannico delle azioni del Canale di Suez, azioni che rappresentano una parte tanto importante nella proprietà di quella via mondiale del commercio e della navigazione, avrà fatto conoscere a V. S. quanto sarebbe stato opportuno che .il Governo di Sua Maestà fosse stato informato preventivamente e minutamente delle trattative che terminarono con quella vendita. Dai rapporti che mi pervennero in questi ultimi giorni e dalle notizie divulgatesi nei giornali meglio informati, è risultato abbastanza chiaramente che le trattative del Governo britannico col Khedive, e per la brevità della loro durata e per la segretezza colla quale furono condotte, avrebbero potuto difficilmente essere conosciute prima della loro conclusione. Ma non mi pare che la stessa difficoltà esistesse per conoscere e seguire nelle loro fasi successive i lunghi negoziati finanziari intavolati dal Governo egiziano qon alcune case di Francia, negoziati che furono la causa determinante dell'acquisto fatto dal Governo inglese.

Nel fa11e a V. S. queste osservazioni, non vorrei che Ella ne avesse a ricevere l'impressione che il Governo italiano voglia dolersi del fatto ormai compiuto. Se la vendita alla Gran Bretagna delle azioni che trovavansi in possesso del Khedive fosse avvenuta in circostanze ordinarie e sopratutto se nessun altro fatto fosse venuto a determinarne il significato politico, l'Italia avrebbe forse avuto motivo di compiacersi della risoluzione presa dal Gabinetto inglese, poiché è certamente preferibile che gli interessi che si connettono alla proprietà del Canale di Suez siano divisi fra varie Potenze scansandosi per tal guisa il pericolo di vederli concentrati in una mano sola. Ma nelle condizioni presenti degli Affari d'Oriente mentre il R. Governo deve imporsi molta riserva 1anto nella sua azione che nei suoi giudizi, è mestieri che dai suoi Agenti all'estero non si perdano di vista gli elementi che possono influire sulla situazione generale. Io raccomando perciò a V.S. Illustrissima di non omettere di informarsi esattamente dell'indole e dell'importanza della missione che fu affidata in questi giorni dal Governo inglese al Signor Stephen Cave. Le notizie che il Ministero ha ricevute sullo scopo di tale missione farebbero credere che le istruzioni date a quell'alto funzionario britannico gli ingiungano di limitarsi da principio alla parte quasi passiva di consigliere per il riordinamento del1e finanze vieereali, ma se potrà assicurarsi della ferma risoluzione del Khedive e dei suoi Ministri di seguire i suoi consigli, egli è autorizzato a prendere l'assoluta direzione delle Finanz•e ·egiziane.

A Londra si attribuisce una grande importanza a questo fatto al quale tenne dietro a distanza di pochi giorni l'altro, annunziato dalle Agenzie telegrafiche della partenza per l'Egitto del Colonnello Stokes Direttore dell'Accademia di Wolwich. Intorno alla missione che quest'ultimo può avere ricevuto non sono in grado di dare a V. S. alcun lume che possa dirigerla nelle sue investigazioni. È però necessario che Ella, senza assumere un contegno che permetta di attribuire le indagini che Ella farà ad un sentimento di diffidenza del suo Governo, 'tenga gli occhi aperti sopra questa e le altre missioni palesi ed occulte non solamente degli inglesi ma anche degli Agenti che altre Potenze potrebbero mandare in Egitto.

La confidenza di cui Ella gode presso il Viceré deve metterla in grado di esercitare nelle congiunture attuali un'azione di cui può avvantaggiarsi il nostro paese.

Ella saprà a quest'ora che il Governo francese ha domandato delle spiegazioni a Londra intorno all'importanza ed allo scopo che nel pensiero del Gabinetto britannico doveva avere l'acquisto delle azioni di Suez. Non c[ risulta che altri Governi abbiano in ciò imitato l'esempio della Francia. Questa però ebbe una risposta tendente ad escludere in modo assoluto che nella risoluzione presa dalla Gran Bretagna possa vedersi altro pensiero che quello di guarentire colla maggiore possibile efficacia la libertà del Canale alla quale l'Inghilterra è interessa·ta al punto di vista politico ·ed economico. Lord Derby avrebbe anzi dichiarato all'Ambasciatore di Francia che all'uopo egli manterrebbe l'opmiOne g1a espressa altra volta dinanzi al Parlamento, secondo la quale l'amministrazione del Canale potrebbe essere utilmente affidata ad un sindacato internazionaLe.

A noi non risulta ancora se siano successivamente corse pratiche fra i Gabinetti interessati in questa quistione in vista appunto della costituzione di un tale sindacato. Ci occorrerebbe anzitutto di sapere quale opinione abbia a questo riguardo il Khedive e se egli abbia in animo di fal'e i primi passi necessari per la formazione del sindacato. Questo però sappiamo che l'Inghilterra si fermerà probabilmente alla dichiarazione già fatta e lascerà che altri prenda l'iniziativa degli ulteriori passi indispensabili per dal'e vita al pensiero emesso dal gabinetto inglese.

Non sarebbe opportuno, né in vista degli interessi economici, né .in vista degli interessi politici, che l'Egitto lasciasse la Francia e l'Inghilterra intendersi da sole per la formazione del sindacato di cui si tratta. Il Khedive potrebbe forse trovare nella sua posizione rispetto alla Potenza Alto sovrana ed alle conseguenze territoriali che ne derivano qualche difficoltà per prendere in questo affare l'atteggiamento che nelle circostanze presenti sarebbe desiderabile. Ma la S. V. con molta prudenza saprà cogliere le occasioni più opportune per far sentire al Viceré che l'Italia e le altre Poten~e sono interessate non meno che la Francia in ciò che succede in Egitto e che le sim

patie e l'appoggio di quelle Potenze e del Governo del Re saranno necessariamente determinate dalla posizione che Sua Altezza saprà prendere fin da principio in guisa da tutelare i proprii interessi e dimostrare nel tempo stesso di avere a cuore anche quelli delle Potenze che ebbero finora coll'Egitto intimi e frequenti rapporti.

Questi pochi cenni serviranno di guida a V. S. per la condotta da tenersi in questi momenti. Se alcun fatto notevole mi sarà segnalato o da V. S. o da altre parti e si rendesse necessario di dare a lei più precise e positive istruzioni, il R. Ministero Le traccerà la nuova via da seguire. Intanto Le raccomando di tenermi esattamente e prontamente informato di tutto ciò che può essere prova od indizio o di un cambiamento nella situazione o dell'uHJeriore svolgimento di quella che gli ultimi avvenimenti hanno delineata.

501

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 418. Vienna, 11 dicembre 1875 (per. il 14)

Ho ricevuto il telegramma che l'E. V. si compiacque rivolgermi jeri ore 3 pomeridiane (1), valendomi delle informaziom in esso contenute, procurerò d'indagare quali effettivamente siano le proposte contenute nel progetto compilato dal Conte Andrassy onde o-ttenere la pacificazione delle Provincie insorte dell'Impero Turco. OV"e riescissi a raccogliere in proposito notizie positivamente attendibili, non mancherei di portarle in riassunto a conoscenza dell'E. V. col mezzo del telegrafo. Non posso però nasconderle che ho poca speranza di trovarmi in grado di ciò effettuare prima che il Gabinetto di P.ietroburgo si sia deciso a dare a' Governi interessati ufficiale comunicazione di quel progetto, poiché in questo momento, mi convien ripeterlo, non vi ha peggior centro d'informazione di Vienna. L'E. V. ben sa che a malgrado il Conte Andrassy abbia, siccome Le scriveva il Conte De Launay col suo rapporto del 23 scorso mese (2), dichiarato all'Ambasciatore Tedesco qu'il n'avait jamais omis d'instruire notre représentant à Vienne sur les accords pris entre les trois Puissances, accords auxquels on tenait beaucoup à nous associer; après coup avrebbe dovuto aggiungere il Nobile Conte per essere nel vero; è di fatti che al Ministero Imperiale e Reale degli Affari Esteri non mi si disse mai cosa alcuna, al riguardo di quegli accordi, che già non fosse di ragione pubblica. A questo proposito devo poi anche soggiungere, che non m'aspetto affatto un tal stato di cose abbia a mutarsi in conseguenza dell'amichevole azione a nostro riguardo che il Signor di Bi.llow volle esercitare qui, poiché il canale col mezzo del quale essa dovette qui svolgersi ci è certamente sfavorevole, stante la nessuna simpatia per l'Italia del Generale Schweinitz. Quello indubbiamente abile diplomatico adempie qui con zelo e con molto successo le istruzioni che riceve dal suo Governo, ma i suoi sentimenti personali riman

gono invariabilmente quelli, a cui l'animo suo l'ispirò nelle Caserme della Guardia a Postdam, dove cominciò la sua cardera e dov'e certamente non arieggiavano, tanto più a quell'epoca, sentimenti simpatici per uno Stato, quale è oggi l'Italia. Ma ritornando al mio argomento primo, devo ancora far rilevare che nella presente questione Orientale vi ha una ragione abbastanza meritevole di considerazione, la quale fa sì che si procuri a Vienna di tenere segretissimi gli accordi colla Russia sino al giorno in cui la gestazione non ne è compiuta; poiché non a torto si teme che la Turchia avendone conoscenza in antecedenza, faccia sue le idee pacificatrici che gli si vogliono proporre, togliendo così alle misur'e a prendersi quel carattere di pressione estera, che, sebbene velato nella forma, pure deve essere fattore essenziale della loro riuscita. A ciò aggiungasi che se è vero che in apparenza il oentro direttivo de' presenti negoziati è a Vienna, non vi ha chi non possa vedere che il vero perno ne è a Pietroburgo. All'Austria si lascia l'onore di proporre, ma la Russia riservasi il ben superior vantaggio di decidere <intorno alle fatte proposte; a Pietroburgo quindi soltanto si concveta il da farsi: ciò stando si capisce anche che il Conte Andrassy non ami a comunicare ad altri le sue idee, potendo esse subire importanti modificazioni nella loro applicazione, a seconda dell'apprezzamento che ne sarà fatto da a.uel Gabinetto di Pietroburgo, alla cui amicizia Egli pospone con molta accortezza in questo momento, ogni altra considerazione.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 470.
502

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 67. Pietroburgo, 11 dicembre 1875 (per. l'8 gennaio 1876).

* Come ho riferito per telegrafo a V. E. (l) il Principe Gortchakoff, qui tornato solo da pochi giorni mi ha fatto oggi l'onore di ricevermi e mi ha accolto con la usata cordialità ,e cortesia. Entrando subito in materia Sua Altezza ha incominciato dal felicitarsi meco dell'attitudine spiegata dal Governo del Re nella fase che traversa attualmente la questione d'Oriente e del concorso franco e benevolo che in J.ui trovano le aLtre potenze interessate alla pacifica soluz,ione della medesima. Lodavasi particolarmente il Principe Cancelliere dell!e istruzioni da V. E. impartite al Ministro del Re a Costantinopoli e della condotta piena di tatto che questi serbava nel disimpegnarle. Egli del resto non era punto meravigliato di questo atteggiamento del Governo Italiano, dappoiché la Russia desiderando solo e senza alcuna mira int,eressata, d'accordo con l'Austria e la Germania di vedere migliorata la condizione dei cristiani sudditi della Porta e rimosso per a.uesto mezzo ogni fomite di future insurrezioni era chiaro che posta la questione sopra una base sì larga ed umanitaria il concorso dell'Italia non poteva venirle meno.

Bisogna però affrettarsi, continuava Sua Altezza, si è già perduto del tempo abbastanza prezioso, ed ora non ne abbiamo di molto innanzi a noi tre mesi e mezzo tutto al più. Se in questo intervallo di tempo non riuscì

remo a comporre le cose in modo soddisfacente, nella prossima primavera tutte le prov.Lncie turche di Europa saranno in fiamme e non si può intravedere dove l'incendio si arresterebbe. Finora fa d'uopo confessarlo, non si è fatto gran che, la nostra azione è stata solo negativa; ci siamo limitati a contenere la Serbia e il Montenegro e a far sì che l'insurrezione rimanesse neutralizzata. Ma pei cristiani d'Oriente pei nostri correligionarii non abbiamo fatto nulla; è tempo ormai di pensare ad essi, di cercare d'ottenere in favor loro serie garanzi,e. Come sapete, proseguiva il Principe, il Conte Andrassy ha compilato un progetto di riforme da presentarsi all'accettazione della Turchia, di accordo con tutte le Potenze. Appena qui giunto l'ho esaminato e studiato con tutta la possibile diligenza e questa mane l'ho rinviato, per corriere, al Conte Andrassy con alcune mie postille in margine, ma facendogli in pari tempo conoscere la nostra accettazione. Quando sarà pronto del tutto vi sarà comunicato. L'essenziale per noi, in tutta questa faccenda si è che il buon accordo si mantenga fra tutte le Potenze, specialmente fra quelle più immediatamente intevessate nella questione. Io ho esposto francamente all'Imperatore la mia opinione su questo importante argomento e Sua Maestà si è degnata approvarla intieramente.

Ora però sorge una contrarietà imprevista, alla quale fa d'uopo rimediare. La Turchia si è occupata pur essa ad elaborare dal suo canto un piano generale di riforme che vorrebbe emanare motu proprio * (l) e ci ha offerto di comunicarlo. Ho fatto rispondere a Costantinopoli che non riceveremo tale comunicazione se è fatta a noi soltanrto; nous ne voulons pas de tete à tete avec la Turquie, ho fatto quindi pregare il Gran Vizir di comunicare il suo piano a tutte le altre Potenze. * Noi non crediamo che questo mezzo escogitato dalla Sublime Porta sia efficace, dappoiché le sue promesse e le sue concessioni non ispirano alcuna fiducia ai sudditi cristiani dell'Impero, i quali sanno ormai per lunga esperienza che non possono fare su di esse alcun assegnamento, non essendo mai state mantenute o messe ad atto per lo passato. Abbiamo quindi bisogno d'impegni formali da sua parte, senza di questi non avremmo nessuna speranza d'indurre gli insorti a deporre le armi. Nulladimeno noi esaminevemo conscienziosamente il progetto della Porta e se lo troveremo conducente allo scopo che ci proponiamo e ferace di utili e serii risultamenti, vedremo, d'accordo con le altre Potenze qual sia la forma che meglio convenga dargli. Quello però che vorremmo sovratutto è che la Povta non si affretti a pubblicare le sue riforme prima che siano state esaminate dalle potenze; ho telegrafato a Costantinopoli raccomandando caldamente che ciò non avvenga e sarebbe bene che anche il GoV"erno italiano e le altre potenze facciano fare le stesse raccomandazioni *.

E con ciò pose fine al suo dire il Principe Cancelliere. Ora dirò a V. E. che il discorso tenutomi dal Principe Govtchakoff ha raffermato in me il convincimento che la Russia vuole sopratutto il mantenimento della pace in Europa e crede che il mezzo più acconcio a conseguirlo sia un intimo accordo fra i tre Imperi. Infatti l'alleanza dei tre Imperatori pare ormai stabilita su basi più che solide.

L'Imperatore Alessandro ha voluto dare ad essa una consacrazione solenne nel brindisi che fece al banchetto da lui dato per la festa militare di S. Giorgio al quale erano intervenuti il Principe Carlo di Prussia e l'Arciduca Alberto d'Austria.

Che i propositi pacifici della Russia siano sinceri nessuno potrà dubitare quando voglia persuadersi che la Russia ha non solo la speranza ma la fiducia di veder risoluta gradatamente senza scosse e mediante l'accordo delle Potenze la questione d'Oriente nel modo più confacente ai suoi interessi. Ed inv,ero la forza degli eventi ed i mutamenti avvenuti nei rapporti delle g:t'andi Potenze dopo i fatti del 1870 han prodotto uno stato di cose sì favorevole alle mire della Russia rispetto all'Oriente che è ben chiaro che essa non cerchi punto di cambiarle e prosegua abilmente a profittarne. Quando si consideri che pochi anni addietro la Russia era completamente isolata a Costantinopoli ed ora vi esercita un'influenza preponderante, Quando si pensi che l'Austria ha modificato per modo la sua politica rispetto alla Turchia che iniVece di essere, com'era prima, n principale sostegno dei diritti del Sultano è quella che ora più l'affatica e lo tormenta con le sue esigenze, quando si pensi al gran mutamento avvenuto nella pubblica opinione in Europa che da favorevole, qual'era, massime in Inghilterra, siasi ora fatta del tutto ostil,e alla Turchia, non è a meravigliarsi che il Governo Imperiale di Russia soddisfatto del cammino percorso, voglia perdurare a batterlo senza compromettersi con passi intemperanti o arrischiati.

E poiché ho parlato dell'opinione pubblica d'Europa aggiungerò che qui la pubblica opinione non solo si manifesta apertamente favorevole agli insorti, ma si traduce in atti. Vi sono parecchi Comita,ti tra i quali uno di Signore di alto rango ed attinenti alla Corte, che raccolgono sottoscrizioni per soccorr,ere i fratelli Slavi. So che l'Ambasciatore Turco se ne è doluto, ma gli è stato risposto che il Governo non trovava che quei Comitati infrangessero in nulla i doveri internazionali, dappoiché si limitavano a mandare viveri e medicine ai rifugiati sul territorio Austriaco Serbo o Montenegrino.

Finirò col tornare al discorso del Principe Gortchakoff per notare una semplice circostanza di fatto. Egli parlò a più riprese delle mire disinteressate della Russia e sconfessò qualunque specie di convoitise; ma non disse una sola parola che accennasse alla ne-cessità di mantenere l'integrità territoriale dell'Impero Turco. Può stare che questa omissione sia solo casuale e non implichi alcuna idea preconcetta; nondimeno ho creduto che la cosa fosse degna di essere notata.

(l) Cfr. n. 495.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, pp. 80-81.

503

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 8. Washington, 12 dicembre 1875 (per. il 29).

Sulla Questione di Cuba il messaggio presidenziale è assai categorico. Per la prima volta il Governo americano sembra aver voluto esaurirla, invece di toccarla brevemente come nei messaggi precedenti. L'impressione generale qui

è che dopo una esposizione così completa e motivata del modo di vedere di questo Governo, non gli rimane più che venirne a qualche atto. Il messaggio esclude con gius,te ragioni la convenienza di un riconoscimento dell'indipendenza di Cuba, red il riconoscimento della qualità di belligeranti negli insorti; riserva al Presidente l'iniziativa di proposte decisive da sottomettersi al Congresso durante la presente sessione se la Spagna non darà guar.entigie per la pronta pacificazione dell'isola e per la cessazione delle ragioni di rinnovati gravami; ed invita esplicitamente altre nazioni a considerare la responsabiHtà che loro incombe verso una condizione di cose lesiva degli interessi generali, e ad esaminare i due soli rimedi che rimangono possibili: mediazione o intervento. Queste conclusioni ebbero il plauso unanime della stampa e della pubblica opinione, senza distinzione tra partigiani o avversari del Generale Grant. Eppure è unanime nello stesso tempo il desiderio di pace, e pochi credono che si sia alla vigilia di complicazioni bellicose. Nulla si può prevedere di positivo circa le proposte che il Presidente ha in mente di fare al Congresso dopo le ultime risposte della Spagna, colla quale continuano senza posa i negoziati, ma senza speranza di una soluzione pienamente soddisfacente. Intanto e fino a prova del contrario, i miei colleghi si dimostrano convinti che malgrado il linguaggio altrettanto peventorio quanto misurato del messaggio, e gli armamenti navali che continuano, questo Governo non s'impegnerà in una guerra colla Spagna nell'anno della sua Esposiz,ione centennale. È bensì possibile che durante l'attuale sessione il Presidente annunzi al Congresso che egli intende di aprire con terze Potenze negoziati per una mediazione o un intervento; che presentemente ed in previsione di ciò la diplomazia americana stia tastando confidenzialmente il terreno presso qualche governo; e che finita l'Esposizione e venuto il momento critico dell'elezione Pvesidenziale, una mediazione o un dntervento vengano effettivamente far diversione alla lotta interna dei partiti. Mi perdoni

V. E. di entrare così nella politica congetturale, ma le condiz-ioni presenti della quistione di Cuba ed il linguaggio di questi uomini politici non danno materia di informazioni più positive per ora.

P. S. Forse interesserà V. E. il sapere che la suppos1zwne da me citata in fine al rapporto politico n. 3 (l) emanava dal Ministro di Inghilterra.

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 528 (2). Roma, 14 dicembre 1875, ore ... (3).

Gouvernement des Etats Unis d'Amérique du Nord m'a fait communiquer circulaire sur Cuba. On déclare ne pas vouloir annexion mais vouloir que

l'Espagne fasse oosser état de choses actuel soit en proclamant indépendance Cuba, soit en faisant cesser insurrection. Je désire savoir quel est le point de vue du Gouvernement... sur cette question et quelle attitude il compte prendre soit vis-à-vis de l'Espagne, soit vis-à-vis des Etats-Unis.

(l) -Non pubblicato. (2) -Sic, ma nel registro di telegrammi, per un evidente errore, la numerazione salta dal n. 256 al 527 e Prosegue così fino alla fine dell'anno 1875. (3) -Il telegramma venne spedito ai vari destinatari fra le ore 16,30 e le 17.
505

IL CONSOLE A TREBISONDA, MINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R.R.S.N. Trebisonda, 14 dicembre 1875 (per. il 4 gennaio 1876).

Senza volervi attribuire un peso ed una impo11tanza eccessivi, credo tuttavia mio debito di riferire all'E. V. una conversazione che· io mi ebbi questi giorni col Valì di questa provincia S. E. Achmed Rassim pacha, e ciò come sintomo delle preoccupazioni che sembrano vegnare fra gli alti funzionari della Porta.

Caduto il discorso sulle cose d'Oriente, e venuti all'insurrezione dell'Erzegovina Achmed Rassim pacha che mi esterna molta fiducia ed amicil!lia, non seppe nascondermi nell'espansione del colloquio famigliare che egli considerava quella questione come gravida dei più serii avvenimenti per l'Impero. Egli soggiunse che qualora la Turchia continuasse ad essere inceppata nei propri movimenti, e nella propria libertà d'azione dall'ingerenza delle potenze europee favorevoli all'insurrezione, e quando questa potesse mantenersi sino alla primavera, le più gravi complicazioni sorgerebbero a quell'epoca, ritenendo egli come inevitabile allora un intervento armato della Serbia, cosa che non accadrebbe, soggiunse, • se noi potessimo occupare il Principato •.

Debbo osservare all'E. V. che Achmed Rassim pacha, funl!lionario ben noto nell'amministrazione ottomana, e già Valì di Roustchouk, di Scutari, di Smirne, appartiene al partito di Midhat Pacha, a quel partito che nemico della Russia e di ogni ingerenza straniera, vorrebbe con una po1ttica nazionale ed indipendente rigenerare il paese.

Portata la conversazione sull'attitudine della Russia, egli non esitò a dichiararla apertamente ostile alla Porta, sostenendomi non avere ormai l'insurrezione dell'Erzegovina, abbandonata dal Conte Andrassy (che a parer suo la provocò) altro appoggio ed ;incentivo che dalla Russia, onnipotente poi nel Montenegro 'e nella Serbia.

Ma ciò che havvi di più importante per quanto specialmente riguarda questa residenza si è che Achmed Rassim pacha non mi nascose le gravi preoccupazioni che gli cagionano i grandi concentramenti militari che la Russia va facendo nel Caucaso (intorno ai quali l'E. V. non mancherà di essere edotta) apparentemente destinati ad una operazione :nell'Asia Centrale, ma che egli crede invece • riservati ad occupare queste provincie finitime • qualora nella primavera si realizzassero le complicazioni che 1egli prevede, e nelle quali è confermato appunto da questi movimenti militari della Russia nel Caucaso, e da quanrto asserivano anche nella Bessarabia.

21 -Documenti diplomatici -Serie II • Vol. VI

Egli mi accennava inoltre, attribuendovi pure molta importanza, alcuni articoli di un giornale giorgiano che si pubblica a Tiflis, relativi alle condizioni delle popolazioni giorgiana e mingreliana che al di qua del Tchourouk-San occupano i tenitorj di Ardahan, Artwin, Jaghat, e sono soggette alla dominazione ottomana. Soggiungevami che tale circostanza acquistava maggiore gravità pel fatto del • sordo malcontento che regna sempre nel Lazistan, e dello spirito di resistenza passiva che le autorità ottomane incontmno maisempre fra le sue popolazioni • e dalla ben nota convenienza strategica e commerciale per la Russia di possedere il vasto e sicuro porto di Batoum.

Questi sintomi, diceva egli, mi fanno fermamente credere a delle mire bene stabilite da parte della Russia sovra queste province, ed io posso aggiungere all'E. V. che le previsioni di un'occupazione di questo territorio, e specialmente di Batoum, da parte dei Russi, non sono individuali ad Achmed Rassim pacha, ma esse si sono anzi famigliarizzate coll'opinione pubblica, e sono divise dalla quasi totalità degli abitanti sì indigeni che stranieri.

Io reputo che qualora ciò avvenisse, questo gravissimo fatto che commoverebbe l'Europa, non pol'lterebbe nel paese che lo vedrebbe compiersi, che ben poca perturbazione, e come di un avvenimento lungamente preveduto, lentamente preparato, e quasi aspettato.

L'E. V. non ignora i frequenti viaggi fatti nelle acque di Batoum ed anche in quelle di Trebisonda dalla corvetta russa • Novorossischy • l'ultimo dei quali nel settembre testé decorso; gli studi idrografici, topografici, e di triangolazione, cui apertamente si applicarono i suoi ufficiali; le voci persistenti di una cessione di Batoum alla Russia mediante diecisette milioni di Rubli; questi fatti uniti ad altri di minor importanza, e ad un'azione nascosta, lenta, ma perseverante, non possono che preparare quasi senza scosse aueste popolazioni all'obiettivo che la Russia si propone, e rendere facile e quasi naturale il cambiamento di scena che essa matura.

Altro indizio della situazione vuolsi vedere in ciò, che le voci della cessione di Batoum alla Russia, le quali avevano preso una grande consistenza or non è molto, e quando la Turchia fu costretta di adottare i noti provvedimenti finanziarj, ora cessarono completamente, quasi che la Russia avesse rinunciato all'idea di un acauisto che intende conseguire in altra maniera.

Malgrado questa situazione di cose, che colui stesso che è preposto al governo della provJncia, prevede e paventa, nessuna misura è adottata, nessuna precauzione vien presa. Come informai l'E. V. nel precedente mio rapporto, queste provincie continuano a rimanere sguernite di armi e di armati, ed anzi ultimamente il mouchir Ahmed Moukhtar pacha che cumulava in Erzerum le funzioni di Valì e quelle di comandante del quarto corpo d'armata, venne richiamato a Costantinopoli per dispaccio del Sultano (a lui vuolsi debba essere affidato il comando generale delle truppe della Bosnia ed Erzegovina).

Gli venne sostituito nell'amministrazione civile del villayet di Erzerum, Mehmed Rechid pacha, e nel comando del quarto corpo d'armata, Achmed Hamdi pacha, già ministro della polizia ed ultimamente valì di Salonicco, ma ancora né l'uno né l'altro di quei due funzionarj si è reso al proprio posto;

e siccome per la grande quantità di neve caduta, la strada da Trebisonda ad Erzerum è ora resa impraticabile, così non è a prevedersi per quanto .tempo ancora quei due importanti rami di governo rimarranno privi dei loro capi, e ciò nella provincia che confina coll'Impero Russo, e nel momento di una situazione allarmante per la Turchia.

506

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2394/565. Londra, 15 dicembre 1875 (per. il 20).

Ho avuto l'onore di ricevere ieri notte il telegramma dell'E. V. concernente la Circolare Americana ,sopra Cuba (1), e ho manifestato questo dopo pranzo a Lord Derby il desiderio di conoscere il suo giudizio su questa quistione, e l'attitudine che intende assumere il Governo della Regina sia con gli Stati Uniti sia con la Spagna.

Il Conte di Derby ha voiluto nella sua risposta constatare anzitutto nel modo il più esplicito che la comunicazione assai 'estesa da Lui ricevuta esclude formalmente ogni idea d'annessione. Sua Signo11ia è convinta della sincerità di questa assicurazione ed anche del nissun desiderio, per ora, del Governo Federale d'intervenil'e arma,to nell'isola. Il Ministro è d'avviso che gli Stati Uniti vorrebbero e sarebbero soddisfatti desse la Spagna alla sua colonia \lilla autonomia locale, un • self government •, simile a quello goduto dalle Colonie Inglesi.

Sua Signoria cr,ede all'esattezza del suo giudizio non per le sole assicurazioni ricevute, ma perché in pari tempo è avvalorato dall'osservazione delle condizioni e della politica interna dell'Unione Americana. Prima non fosse scoppiata la guerra di secessione gli Stati Meridionali desideravano afforzarsi nella Confederazione con uno o due Stati a schiavitù, o con quanti l'isola di Cuba sarebbe stata composta. Terminata quella guerra, intimoriti o per lo meno p!'leoccupati i vincitori dall'elemento di barbarie ( • barbarism •) a cui furono i driitti politici largiti, non vogliono ora aumentare quell'elemento con altri negri, e con negri assai più barbari di quelli che sono già cittadini. Ma gli Stati UniU nondimeno desiderano vivamente vedere la fine d'una corndizione di cose per la quale i doveri di neutralità riescono loro così difficili a mantenere da una doppia ragione: per l'aiuto d'armi, armati e armamenti che dalle coste del vicino conttnente vanno agli insorti; per le continue offese che ufficiali e funzionari spagnuoli commettono contro la vita e gli averi di cittadini della Repubblica, e sono offese che ripetendosi nell'avvenire, come nel passato, potranno spingere la Nazione a imporre al Governo quell'intervento armato dal quale oggi ancora si frena.

Lord Derby, ad ogni modo, non concede adesso gravità alla quistione; Egli

è d'avviso sia per moltissima parte oggi inspirato e spinto il Governo Americano

dalle necessità partigiane per }',elezione presidenziale, non volendo il partito che attualmente governa lasciar quell'arma d'un'agitazione per Cuba in balìa degli avversari. Sua Signoria pertanto crede l'atto diplomatico di cui si ragiona non avrà seguito ( • shall be caused to drop •), ed anzi per recente annunzio ha saputo essere stato il Gabinetto di Washington dal Signor Cushing, Ministro Americano in Madrid, pregato di sospendere ogni pratica fino a tanto non riceva altre sue comunicazioni; le quali, secondo Lord Derby, potranno forse essere nuove proposizioni e promesse di soddisfazioni della Spagna agli Stati Uniti.

Rispetto all'attitudine che il Governo della Regina ha creduta opportuna, il Conte di Derby mi ha detto d'av,er detto al Generale Schenk, Ministro degli Stati Uniti, e di aver scritto con dispaccio confidenz,ia1e ai Rappresentanti Inglesi in Washington e Madrid che l'Inghilterra non crede aver diritto alcuno di intervenire negli affari interni dei Domini Spagnuoli, ma che se la Spagna chiedesse spontaneamente la sua mediazione pacifica il Governo della Hegina sarebbe disposto a darla.

Ma Lord Derby ha conclusa la conversazione dicendomi che l'Inghilterra non fece né farà la proposta di mediazione alla Spagna imperocché gli è noto l'orgoglio degli Spagnuoli, (i quali, sebbene tanto caduti, tuttavia credonsi sempre tanto potenti da non dubitare vincerebbero in guerra e l'America e l'Inghilterra unite), e certamente rifiuterebbero. Intendono fare nell'anno seguente un grande sforzo per trionfare dell'insurrezione; e non riusciranno.

Nel mio telegramma di questa sera (l) ho riassunte le più importanti di queste cose all'E. V.

(l) Cfr. n. 504.

507

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2395/566. Londra, 15 dicembre 1875 (per. il 20).

Lord Derby, nella conversazione che ho avuta con Sua Signoria quest'oggi, mi ha detto, in modo incidentale, che l'acquisto delle ,azioni del Canal,e di Suez appartenenti al Khedive era stato equamente giudicato da tutta l'Europa, compresa anche la Francia, essendosi le Potenze convinte che l'objetto della politica inglese, con quell'atto, fu di non volere influenze esclusive. Il ministro della Regina, accentuando poi le sue parole, soggiunse: « Abbiamo impedito non diventasse il Canale esclusivamente francese. •

L'Ambasciadove di Germania mi ha detto (e lo ripeto ad ogni buon fine all'E. V.) che il Cancelliere dell'Impero russo, nei suoi recenti colloquj col Principe di Bismarck, ha esaminato quel fatto, considerandolo vantaggioso sotto l'aspetto commerciale, e ragionevole per parte dell'Inghilterra sotto l'aspetto politico, essendo quel Canale la gran via che conduce alle sue colonie.

(l) Non pubblicato.

508

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1542. Berlino, 16 dicembre 1875 (per. il 19).

En suite de votre télégramme du 14 (1), je me suis ménagé hier un entretien avec le Secrétai11e d'Etat qui a bien voulu, en voie confidentilelle, me fournir les indications suivantes.

Le Chargé d'Affaires d'Amérique lui avait donné lecture -sans en laisser copie -d'une longue circulaire relativement à Cuba, circulaire qui portait une date antérieure au dernier message présidentiel. M. de Biilow, après avoir exprimé ses remerciments de oette communication qui témoignait de la confiance du Cabinet de Washington à l'égard du Gouvernement lmpérial, a répondu verba1ement, séance tenante, que l'Allemagne désirait, ,elle aussi, sous tous les rapports un règlement de la ouestion. Les intéréts de ses propres nationaux sont très affectés par la persistance de l'insurrection. Le Cabinet de Berlin ne saurait cependant se prononcer d'une manière définitive, sans entendre également les autres Puissances amies. Il userait néanmoins de ses bons offices, sans aUer au-delà, afin de prédisposer le Gouvernement Espagnol à ne rien négliger pour sortir bientòt d'une position périlleuse, moyennant tout arrangement auquel il lui serait possible de se preter dans un but de prompte pacification.

M. de Bi.ilow m'a dit que des instructions dans ce sens avaient été expédiés avant hier au Comte de Hatzfeld. Le Secrétaire d'Etat ajoutait qu'on tenailt ici à eviter de créer de nouveaux embarras au Roi Alphonse, en me laissant comprendre qu'on ne se soucierait aucunement de s'associer à une intervention ou médiation formelle. Dans la circulaire américaine il faut peutetre faire certaine part à une réclame électorale du Président, mais d'après la teneur de la circulaire, M. de Biilow avait reçu l'impression que le Général Grant visait peut-etre plus loin qu'à une simple démarcbe diplomatique, dans le cas où l'on ne tiendrait pas compte à Madrid d'un premier avertissement sérieux.

L'état de rébellion, dans lequel se trouve l'ile de Cuba depuis sept années, cause les plus graves dommages aux ressortissants al1emands, et aux opérations commercia1es. C'est une plainte générale sur les 1exactions auxquelles se livrent les Autorités Espagnoles. Les traités de commerce n'étant pas applicables à cette colonie, les réclamations, par voie diplomatique, restent le plus souvent sans effet. Aussi le Cabinet de Berlin voudrait-il s'entendre avec l'Angleterre pour remédier à ces abus en tachant de combler la lacune par de nouveaux traités assimilant sur ce terrain la colonie à la Mère-patrie.

J'ai remercié S. E. M. de Bi.ilow de ces détails qui me permettaient de l"enseigner exactement mon Gouvernement sur l'attitude du Cabinet de Berlin soit vis-à-vis de l'Espagne, soit vis-à-vis des Etats-Unis d'Amérique.

En me référant à mon télégramme d'hier... (2).

(l) -Cfr. n. 504. (2) -Non pubblicato.
509

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2396/567. Londra, 16 dicembre 1875 (per. il 20).

Ho veduto ier sera il Ministro degli Stati Uniti di America e ho condotto il discorso sullo stato dell'Isola di Cuba. Ho potuto accertarmi che il Generale Schenk ha Viisto Lord Derby l'ultima volta or sono già dieci giorni; e ne risulta che la pratica col Governo della Regina non è di una data così vecente come ebbi a crederlo dal dispaccio telegrafico dell'E. V. (1).

Il Ministro Americano, nel dichiararmi recisamente come non abbia nissuna volontà e nissun desiderio il suo Paese di annettersi Cuba, me ne ripeteitle, con singolare similitudine, le ragioni svoltemi poco prima da Lord Derby. E dopo avermi rammentate le esplicite asserzioni del Messaggio del Presidente, mi rifece la storia, rispetto a Cuba, della politica degli Stati meridionali dell'Unione, aggiungendo che a bilanciare quella politica gli Stati settentrionali accampavano l'idea d'annettere il Canadà; tutti hanno oggimai abbandonati interamente ouegl'intenti politici. Bastano i negri a cui furono conceduti i diritti civili e politici, né da nessuno è voluto quell'elemento s'accresca coi negri Cubani in tutto Africani, sin'anche nella favella, e i quali naturalmente goderebbero senz'altro dei medesimi diritti di cittadini. Ma la condizione delle cose nell'Isola è intollerabile per la vicina Repubblica ferita nei suoi commerci, offesa costantemente nei suoi cittadini, e stnora senza speranza di mutamento a favore di quegli interessi, o di riparazione per queste ing.iurie le quali non ha potenza il Governo della madre-patria né di punire nei colpevoli funzionarj Cubani, né d'impedire che tornino costoro a commetterle. Essendo così sempre violati i patti del 1797, il Governo degli Stati Uniti si è rivolto al Governo della Gran Brettagna per dare una prova novella delle sue intenzioni eque e pacifiche.

Lord Derby (continuò a dirmi il Generale Schenk) crede che la soluzione stia nella concessione d'un'autonomia locale per parte della Spagna alla sua Colonia, e che codesta sia la base pratica d'una qualunque trattazione. Ma Lord Derby giudica gli Spagnuoli forse con un criterio troppo inglese.

E oui mi permetta V. E. di farLe osservare che il Ministro della Regina mi parlò del • self-government • da concedersi a Cuba più come se fosse un desiderio degli Stati Uniti che un personale avv~so di lui medesimo.

Il Generale Schenk terminò col dirmi che il GoVierno della Regina non si è voluto discostare ;in questa occasione dal suo sistema di procedere cauto e lento quando una sua stringente necessità non lo sprona; che non ha rifiutati i suoi buoni uffizj, ma che non vuole offrire alla Spagna d'essere mediatore perché crede sicuro un rifiuto dalla cieca alterigia degli Spagnuoli. Non mi è sembrato, però, abbia il Ministro Americano lasciata ogni speranza di questa mediazione; mi osservava che, dopo molte proteste, pur l'orgoglio Castigliano si piega alle circostanze; che vi sarebbe modo di salvare quell'orgoglio, trat

tandosi d'una mediazione accettata dagli Stati Uniti; e che adoperandosi, ad un tempo, in prò della Spagna e degli Stati Uniti, l'Inghilterra si adopererebbe per gl'interessi di tutti, e della pace.

L'E V. non sarà forse per biasimarmi se ho creduto di doverLe riferire questo discorso del Rappresentante Americano. Mi è parso un utile corollario al discorso di Lord Derby così per i punti ch'hanno simili come per quelli in cui differiscono e le parole dell'uno servendo con quelle dell'altro a spiegare lo stato d'una quistione per cui ebbi i rispettati comandi dell'E. V.

(l) Cfr. n. 504.

510

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 422. Vienna, 16 dicembre 1875 (per. il 25).

Siccome ebbi ad annunciarLe jeri telegraficamente S. E. il Barone Hofmann confermommi essere giunto a Vienna, di ritorno da Pietroburgo, il progetto di riforme da presentarsi alla Turchia, proposto dal Cont'e Andrassy, corredato soltanto di <lievissime modificazioni fattegli dal Cancelliere dello Impero Russo. Questo progetto sta ora per assumere la necessaria forma, onde venir poscia sottoposto all'apprezzamento di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Parigi. A quanto il Barone Hofmann dicevami, al GabineHo di Vienna sarebbe stato affidato dagli altri due Gabinetti Imperiali l'incarico della comunicazione di cui è caso.

L'elaborato a cui at,tende attualmente il Ministero Imperiale degli Affari Esteri verrà sottoposto all'esame della solita conferenza cogli Ambasciatori di Russia e di Germania, e sperasi che fra pochi giorni le Potenze potranno riceverne ufficiale comunicazione. Sino a quel momento però il segreto il più assoluto è mantenuto sul contenuto di Quel documento. Ciò nondimeno stando a quanto se ne dice, parrebbe che in ~esso non sia questione che di riforme, che non si allontanerebbero gran che da quelle già ideate dal Governo di

S. M. il Sultano, né vi si farebbe cenno di sorta di un eventuale intervento estero per appoggiarne l'attuazione; però da certe parole tronche da me qua e là raccolte mi dovetti forma1.1e il convincimento che i tre Gabinetti Imperiali siano andati ne' loro accordi alquanto al di là del progetto, che fra breve ci sarà dato avere sott'occhio; ed abbiano fin d'ora concretato il da farsi, pel caso più che probabile in cui le riforme, di cui è questione, dovessero restare lettera morta, tanto per colpa del Governo Turco, quanto pel rifiuto, che gli insorti molto probabilmente opporranno ad accettarle col deporre le armi. Ciò verificandosi io credo fermamente si addiverrà ad un intervento armato, ma da parte di chi e come?

Ciò è cosa intorno alla quale non m'attento per ora a far presagi; solo mi permetterò ricordare, che nella scorsa estate il Console Austriaco delegato in missione speciale a Mostar avrebbe proposto come mezzo indispensabile onde por fine all'insurrezione, l'intervento militare dell'Austria e dell'Italia, proposta che non venne presa allora in considerazione, l'Austria rifiutandosi a quell'epoca in modo assoluto a quatlsiasi intervento armato: ho detto ricordare, sebbene dal canto mio nulla abbia mai riferito ·in proposito all'E. V., una voce di tal natura essendo soltanto pervenuta a mia conoscenza in questi giorni per via indiretta, ma do\"endo supporre che il R. Governo ne sia stato ragguagliato a suo tempo dal Cavalier Durando.

511

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 70. Costantinopoli, 17 dicembre 1875 (per. il 24).

Mi è asserito da fonte autentica e confidenziale, che alcuni giorni sono un Ajutante di Campo del Sultano, che si trova nell'Erzegovina, telegrafò a Sua Ma·està che .i Montenegrini non cessavano di prestare ajuto agli insorti, e Sua Maestà voleva senz'altro dar l'ordine d'attaccare il Montenegro od almeno di fare una imponente dimostrazione militare verso quella frontiera. È questo evidentemente l'eco delle rimostranze ripetutamente fatte dai Generali Turchi in quella provincia, i quali affine di spiegare i loro insuccessi, ne incolpano il Montenegro e domandano d'essere autorizzati ad intervenirvi. Il Gran Vizir intrattenne primieramente delle disposizioni del Sultano l'Ambasciatore d'Inghilterra, il quale faceva ogni sforzo per dissuadere la Sublime Porta dal commettere un atto tanto pericoloso pel mantenimento della pace. Sua Altezza se ne apriva poscia col Generale Ignatiew, il quale, però, non volendo trattare solo sì delicato argomento, si l'ecava al relativo invito indirizzatogli dal Ministero degli Affari Esteri in compagnia dei suoi colleghi di Austria-Ungheria e di Germania. Questi dal canto loro mettevano soHo gli occhi di S.E. li funesti effetti che avrebbero potuto venire da sì flagrante violazione del territorio Montenegrino, ed insistevano per che si facesse intendere alla Maestà del Sultano quanto siffatta condotta sarebbe compromettente per l'Impero. Il Gran Vizir, compreso dell'importanza delle osservazioni fatte dai predetti Ambasciatori, le partecipava per iscritto al Sultano, aggiungendo in ogni modo non potersi in questa dura stagione intraprendersi una campagna contro il Montenegro, le truppe 'essere sprovviste di tutto l'occorrente per tale scopo, le comunicazioni per queUe gole di montagna essere difficilissime, non potersi nelle presenti congiunture fare neppur una dimostrazione militare. Gli Ambasciatori s'impegnavano in pari tempo ad interporre i loro officii presso il Principe di Montenegro affine di raccomandargli tenesse una condotta più prudente e non desse motivi di rimostranze. Sembra che queste comunicazioni abbiano alquanto calmato l'animo della Maestà del Sultano, la qua1e avrebbe pel momento rinunziato ai suoi progetti d'inteNento.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 531. Roma, 18 dicembre 1875, ore 15,20.

M. Scialoja sénateur et ancien-ministl'e des finances partira après Noel pour l'Egypte chargé de la mission officieuse dont vous a parlé Nubar pacha. Veuillez annoncer ce choix au Vice roi et à Nubar comme une preuve du vif désir de l'Italie d'entretenir des relations intimes avec Son Altesse.

513

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 22, p. 74)

R. 2399/569. Londra, 20 dicembre 1875 (per. il 25).

Lord Derby, nel ricevere avanti .ieri sera la cittadinanza di Edimburgo, ha pronunciato un altro discorso, nel quale si è lungamente fermato sulla quistione che occupa i diversi Gabinetti d'Europa, e la cui finale soluzione a suo avviso -non può essere prev,ista; egli ha ripetuta la frase, già da lui adoperata: espedienti temporanei essere i soli che si possono adottare. Dopo aver accennato come una insurrezione, da principio creduta insignificante, ebbe ad aumentare per la fiacchezza nel reprimerla e per gli altri effetti della bancarotta del Governo Ottomano, l'oratore ha continuato col dire nissuno essere sicuro non possa, dal grande eccitamento delle attornianti popolazioni, in modo imdefimto estendersi. Ma Sua Signoria discutendo quindi l'attitudine dell'Austria e della Russia, ha dichiarato che crede sieno perfettamente sincere nel desiderio d'impedire non s'accresca l'insurrezione; ha soggiunto che queste Potenze hanno le loro ragioni per non voler aprire proprio adesso tutta 1a quistione d'Oriente; ha espresso il suo convincimento, • anche a rischio di essere creduto troppo credulo •, che ambedue sono ansiose di veder restaurata la pace e l'ordine. Nel riferirsi, poi alle proposte austriache, e dicendo non conoscerle ancora, ha voluto asserire l'immensa difficoltà di trattare gli affari interni d'un Estero Stato: consigli generici non hanno effetto; entrando nei particolari, avv:i ogni probabiHtà di disparere fra una mezza dozzina di Consiglie11i; e, se anche vanno d'accordo, un Comitato di distinti forastieri non è un corpo assai conveniente per dirigere l'amministrazione di uno Stato. Sua Signoria ha parlato infine delle condizioni del Governo Ottomano, constatando che di fronte agli inveterati scismi di razza e di religione converrebbe esiste,sse un Governo forte e imparziale; ma non può essere forte quel Governo che ha necessità costante di consigli e assistenza straniera, e, a meno che non abbia la potenza di sopprimere le lotte locali per essere indipendente da sostegno locale, può essere difficilmente imparziale. E fra le diverse quistioni che fanno la difficoltà del lavoro che la diplomazia europea è stata costretta d'imprendere, sono: • come può essere l'influenza straniera utilmente impiegata senza scemare la nativa responsabilità? Come possono i sudditi insorti d'un Estero Stato essere indotti a sottomettersi senza suscitare in essi il sentimento che vivono sotto un reggimento diviso e un protettorato straniero •?.

* Credesi nei circoli diplomatici essere stato il linguaggio del Ministro della Regina inspirato dalla notizia che, fra le proposte dell'Austria, vi sia quella d'imporre agli atti del Governo Ottomano la sorveglianza 'e l'intervento dei Rappresentanti in Costantinopoli delle Grandi Potenze. Un Ministro estero, avendo chiesto a Lord Derby, la vigilia della sua partenza per la Scozia, che ne pensasse • di questa tutela •, ebbe da lui per risposta la notizia di una siffatta specie di guarentigia per l'esecuzione deHe riforme turche essergli pervenuta da altre parti, e non già per le sole voci che qua ne sono state ;parse; e Sua Signoria palesò fortemente la sua disapprovazione di quel concetto.

Nel pubblico di questo Paese sono state accolte con favore le espressioni con le quali ha lord Derby manifestata la sua fede nel mantenimento deHa pace; ma sono in pari tempo commentate le censure che nel medesimo discorso ha fatte agli • immensi apparecchi di guerra delle quattro grandi Potenze militari •. È pure osservato come non abbia detta una sola parola del Firmano Imperiale quasi non fosse promulgato.

Ho l'onore di accludere il testo del discorso da me riassunto...* (1).

514

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 303. Cairo, 20 dicembre 1875 (per. il 27).

Ho l'onore di accusare ricezione del dispaccio di V.E. dell'll corr,ente,

n. 115 (2).

Era impossibile che io potessi conoscere preventivamente le trattative del Governo Inglese per la compera delle azioni del Canale che incominciarono alle 4 p.m. e nel mattino del giorno successivo erano terminate. Inoltre il Viceré era da otto giorni ammalato ed invisibile, ed i suoi Ministri a nessun costo oserebbero parlare s'Egli non incomincia.

Ai negoziati precedenti che si passarono con la Banca Denvieu, debbo confessare francamente a V.E., io non di,edi molta importanza non potendo mai supporre che potessero essere la causa determinante di ciò che ha avuto luogo in seguito. E tanto più che se per 48 ore si vociferò della vendita delle azioni, si seppe poi con certezza che il Viceré le offriva soltanto in deposito come garanzia dell'imprestito che si negoziava. Trattandosi in questo caso di un'operazione puramente finanziaria -operazioni nelle quali ,i nostri capitalisti non

hanno preso mai parte -non ero spinto da nessun interesse a seguirne con attenzione i negoziati.

Sulla missione del Signor Cave, giunto con questo ultimo postale da Brindisi, fin oggi non posso che confermare quanto ho riferito col mio precedente rapporto di n. 302 (l) cioè che richiesto da Sua Altezza e come mezzo sperabile per riacquistare la fiducia dei capitalisti inglesi, il Governo Britannico lo ha mandato qui per esaminare la situazione finanziaria del paese e farne rapporto. Debbo invece modificare quanto ho riferito col mio rapporto n. 301 (1), sulla missione del Colonnello Stokes. Dal rappresentante del gruppo Oppenheim, che è stato finora il grande banchiere dell'Egitto, intevessati più di chiunque a lottare contro questa nuova corrente, ,e perciò a scoprire con mezzi loro propri e possibili l'andamento delle cose, mi è stato assicurato che lo Stokes, come due ufficiali del Ministero Esteri, fanno tutti parte della missione diretta dal Signor Cave. Sono proclive a prestar fede a queste informazioni considerando che il Colonnello Stokes fu dal Governo Britannico inviato a Costantinopoli come Commissario nella Conferenza per la questione della tassa di navigazione sul Canale.

Una nuova operazione finanziaria è sul tappeto. La vendita del 15 % che il Viceré ha in virtù del Firmano di concessione sul prodotto netto delle vendite del Canale, che ho annunziata con lo stesso mio rapporto di n. 302. Ma non è il gruppo Oppenheim che negozia questo affare come si diceva. L'offerta di 45 milioni di franchi con interesse del 9 % assicurano essere, del Signor De Lesseps, che si aspetta a momenti. Si crede però anche probabile che il Lesseps potrà avere un concorrente nel Signor Cave, che ,tratterebbe per conto di un gruppo di finanzieri inglesi, purché dietro 1e quinte non vi fosse lo stesso Governo Britannico. Non mi dissimulo che tutte queste trattative sia dell'uno che dell'altro, saranno condotte con la massima segretezza; ma farò quanto potrò per seguire l'andamento dei negoziati.

Questa mattina ho avuto campo di aprire il discorso col Khedive sull'opinione espressa da Lord Derby, secondo la quale l'Amministrazione del Canale potrebbe essere utilmente affidata ad un sindacato internazionale, ed accennai alle idee ,espressemi da V.E. nel dtato suo dispaccio. Sua Altezza mi rispose che le mie comunicazioni concernevano una questione molto importante, e che non poteva esprimermi un'opinione senza rifletterei. Mi pregò di parlarne con Nubar, col quale Egli si sarebbe quindi consultato. Senza perder tempo fui a vedere il Ministro Egiziano. Da' suoi discorsi mi è risultato ch'Egli dà un'interpretazione differente alla dichiarazione inglese. Il dispaccio dell'E.V., se non m'inganno accennerebbe alla costituzione di un sindacato internazionale per amministrare il Canale, il quale però resterebbe sempre proprietà della Compagnia. Secondo Nubar inv,ece si tratterebbe della compra del Canale da tutte le Potenze ,interessate, affidandone l'Amministrazione ad un sindacato internazionale. Egli desume questa interpretazione dai documenti del libro giallo pubblicato recentemente, e particolarmente dal dispaccio dell'Incaricato d'Affari di Francia a Londra del 20 scorso novembre, il quale fa dire a Lord

Derby: • J e verrai donc avec grande satisfaction venu le moment où il sera possible de largement désintéresser les actionnaires et remplacer la Compagnie par une sorte d'admi:nistration ou de Syndicat où toutes les Puissances maritimes intéressées seraient représentées •.

Dichiarazione fatta prima della compra delle azioni, e mantenuta dopo nel dispaccio del 27 novembre.

Senza entrare a discutere sull'intepretazione del pensiero dell'Inghilterra, non avendo i documenti citati da Nubar, lo spinsi a pronunciarsi sull'opinione del Governo Egiziano e nell'uno ,e nell'altro caso. Egli mi rispose che quando si trattasse di affidare l'Amministrazione ad un sindacato internazionale conservando la proprietà del Canale alla Compagnia, il Gove:rmo Egiziano non potrebbe accettare la proposta. La Compagnia dipende daUa giurisdizione Egiziana, ed affidando l'Amministrazione ad un sindacato internazionale, l'Egitto perderebbe l'esercizio di questo suo diritto. Che quando si trattasse della compra del Canale da tutte le Potenze marittime interessate, questo pensiero non potrebbe certamente essere attuato da un accordo tra la Francia e il.'Inghilterra sole, ma che dovranno interv:enirvi tutte. Che se l'Inghilterra si fermerà alla dichiarazione già fatta, non vedo come il Governo Egiziano pot:r.,ebbe prendere l'iniziativa dei passi ulteriori per dar vita al pensi,ero emesso dal Gabinetto inglese, tanto più per le conseguenze territoriali che ne deriverebbero per le quali Egli dovrebbe garantire i suoi diritti ed i suoi 'interessi. Che non avendo ricevuta nessuna communicazione in proposito, r~tiene il migliore dei partiti quello di mantenersi in aspettativa per il momento, e regolare la sua condotta secondo l'andamento che potrà prende!'e la questione.

Queste sono le idee di Nubar che mi premuro communicare all'E.V. senza attendere, per la partenza dei postali, se saranno confermate dal Khedive. Sicché mi riservo rimetter,e all'E.V. le susseguenti comunicazioni che provocherò in proposito.

(l) -Non si pubblica. Il brano fra asterischi è omesso in L V 22. (2) -Cfr. n. 500.

(l) Non pubblicato.

515

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 4. Roma, 21 dicembre 1875.

Ringrazio la S.V. dei rapporti coi quali ELla ha chiamato l'attenzione del Governo di Sua Maestà sulla situazione di cose creata, nei rapporti della Spagna cogli Stati Uni:ti dall'insurrezione di Cuba.

Sono pochi giorni che il rappresentante nord-americano venne a leggermi un dispaccio del suo Governo relativamente a questo affare. Il Gabinetto di Washington non esita ad affermare che ,lo stato di cose esistente a Cuba è intollerabile. Egli protesta però di non avel'e intenzione di annettere quell'isola agli Stati dell'Unione. Una comunicazione simile era fatta contemporaneamente alle altre Potenze europee. Essa aveva per iscopo di spingede ad una azione concorde verso il Governo di Madrid affinché questi faccia buon viso alle domande che il Governo federale ha dovuto indirizzargli. Tali domande, secondo ciò che è detto nel dispaccio lettomi dal Signor Marsh, lascerebbero alla Spagna l'alternativa o di far finire nel più breve •termine possibile l'insurrezione o di riconosce!'e all'isola di Cuba una esistenza autonoma.

La gravità di questa comunicazione dipendendo sopratutto dalle conseguenze che potrebbe avere per la navigazione internazionale una guerra fra ila Spagna e gli Stati Uniti, io non cl'edetti che l'Italia potesse disinteressarsi in modo assoluto in simile affare. Promisi quindi al Signor Marsh che avrei informato V.S. della comunicazione che egli mi faceva.

Contemporaneamente ho chieste informazioni telegrafiche ai rappresentanti di Sua Maestà presso le maggiod Potenze per sapere quali risposte esse avessero fatte agli Stati Uniti e quale contegno intendessero di assumere rispetto al Governo di Madrid per allontanare un pericolo al quale non possono rimanere indifferenti 1e nazioni marittime.

Le risposte che mi perv·ennero e delle quali mi riservo di dare notizia a codesta Legazione quando mi siano giunti i rapporti scritti che le contengono, mi permettono di credere che nessuna Potenza si voglia decidere a prendere in questo affare un atteggiamento molto risoluto. Siffatto contegno converrebbe quindi tanto meno all'Italia, che in seguito ai recenti avvenimenti, si trova in una posizione che renderebbe poco oppol'tuna per lei la parte di consigliere quand'anche i consigli da darsi dovessero essere i più savi ed amichevoli. I frequenti ed intimi rappol'ti che Ella mantiene coi suoi colleghi delle maggiori Potenze la metteranno però in grado di essere informata delle istruzioni che, in seguito alla comunicazione della circolare americana, essi potrebbero ricevere dai loro Governi rispettiv·i, e V.S. vedrà entro quali limiti converrà che la nostra azione si associ a quella di altre Potenze nei passi da farsi a Madrid. A questo riguardo la S.V. ce!'tamente avvertirà che il Governo di Sua Maestà evita ogni volta di unire la sua azione a quella isolata dell'una o dell'altra delle grandi Potenze. Nella linea politica che noi seguiamo, l'azione comune di tutte od almeno del maggior numero di esse riesce quasi sempre preferibile. Nel caso pertanto in cui a V.S. riuscisse dubbio il partito da prendersi, il R. Ministero si affretterà di darle quelle ulteriori istruzioni che Ella potrà domandargli.

Il Governo del Re Alfonso combatte nel Carlismo la causa della reazione politica •e religiosa. A questo titolo egli ha diritto alle simpatie delle nazioni liberali dell'Europa e di America. Io non ho creduto di dover tacere al Signor Marsh la mia opinione che sarebbe opera più generosa il non aggravare in questo momento le condizioni in cui versa il Governo di Madrid. Ma appunto perché io non ho esitato di tenere col Rapp!'esentante degli Stati Uniti un linguaggio suggeritomi dalla solidarietà degl•i i·nter·essi del partito liberale di tutti i paesi, mi debbo credere autorizzato a raccomandare a V.S. di esprimersi a Madrid in guisa da fare sentire che i voti dell'Italia sono non solamente per un componimento pacifico delle difficoltà nate fra la Spagna e gli Stati Uniti ma anche per la pronta applicazione a Cuba di un regime di Governo il quale tolga ogni motivo alle recriminazioni ed alle rimostranze delle nazioni

civili.

Quand'anche, seguendo l'esempio dei suoi colLeghi delle pr1ncipali Potenze Ella dovesse astenersi dal fare presso codesto Ministero di Stato dei passi aventi il carattere di una speciale comunicazione dell'Italia alla Spagna reputo che

a Lei non mancheranno le occasioni di doversi esprimere intorno alla situazione che nasce dai rapporti attuali della Spagna cogli Stati Uniti ed in tale supposizione la autorizzo a prendere norma da questo dispaccio per H linguaggio da tenere.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC

D. l. Roma, 21 dicembre 1875.

Il rappresentante degli Stati Uniti è venuto a leggermi un dispaccio del suo Governo relativo alla situazione di Cuba. In quel dispaccio Io stato attuale delle cose nell'isola è dichiarato intollerabile. Il Governo di Washington protesta però di non avere intenzione di annettere Cuba agli Stati dell'Unione. Per fare cessare la situazione presente il Governo federale ha fatto a Madrid una comunicazione invitando il Governo spagnuolo od a far cessare in breve termine l'insurrezione, od a conC'edere alla colonia un'esistenza autonoma. E la lettura del dispaccio fattami dal Signor Marsh aveva per iscopo di interessare il Governo italiano a fare pratiche presso la Spagna acciocché faccia buon viso alla comunicazione del Governo federale.

Ho risposto al Rappresentante della Confederazione che il Governo italiano deve preoccuparsi come qualunque altra Nazione marittima dei pregiudizi che potrebbero derivare da uno stato di cose che, alterando le relazioni pacifiche fra gli Stati Uniti d'America e la Spagna, turberebbe le condizioni normali del commercio e della navigazione internazionale. A questo titolo il Governo italiano non avrebbe avuto difficoltà ad informare il suo Rappresentante a Madrid della comunicazione fattagli dal Governo degli Stati UnHi. Entrando poscia in più intimo colloquio col Signor Marsh io ho creduto opportuno fargli sentire che la speciale posizione creata da recenti avvenimenti all'Italia nei suoi rapporti col Governo attuale di Madrid, doveva essere da noi tenuta in conto ogni qualvolta si trattava di dare a quest'ultimo dei consigli ancorché inspirati da un prudente giudizio della necessità della situazione e da un sentimento di incontestabile amicizia. Feci poi osservare al Signor Marsh che il Governo del Re Alfonso trovasi ora impegnato nella lotta contro il carlismo che rappresenta in !spagna la causa della reazione poli,tica e religiosa. Le condizioni in cui trovasi ora l'insurrezione carlista, lasciano luogo a sperare che la Spagna possa riuscire fra breve a por termine alla guerra civile, se il Governo del Re Don Alfonso è libero da altre preoccupazioni della poHtica estera. E poiché il Governo degli Stati Uniti d'America dichiara apertamente di non mirare all'annessione di Cuba, sarebbe forse opera generosa da parte sua se lasciasse tempo all'attuale Governo spagnuolo di schiacciare l'insurrezione nelle provincie basche, non essendovi dubbio che egli potrà in appresso concentrare tutte le sue forze al ris,tabilimento che anche noi riconosciamo desiderabile, di uno stato normale e regolare nell'isola di Cuba. In questo modo il Gabinetto di

Washington gioverebbe alla causa della libertà e della civiltà in Europa come

in America.

Nell'informare la S.V. della comunicazione che io ho ricevuto e della conversazione alla quale la medesima ha dato motivo, mi propongo di tracciare a Lei una norma di linguaggio pel caso in cui Ella senza dare consigli non chiesti, e pur dimostrandosi grato per parte del R. Governo deHa comunicazione fattami dal Ministro d'America avesse occasione di esprimersi in senso analogo a quello in cui io ho manifestato al Signor M:arsh l'impressione che mi producevano le sue parole.

517

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 424. Vienna, 26 dicembre 1875 (per. il 29).

* A senso della riserva espressa nel mio telegramma di ieri sera, pregiomi di riferire all'E.V. con maggiori particolari la conversazione, che io ebbi col Conte Andn'tssy, intorno alle misure a proporsi alla Porta dalle potenze garanti, allo scopo di ricondurre la pace nelle Provincie insorte dell'Impero Turco, misure che, come è noto, l'I. R. Ministro degli Affari Esteri ebbe incarico dai Gabinetti di Pietroburgo e Berlino di formulare.

Il Conte Andrassy, * (l) che non avevo avuto occasione di vedere dal mio ritorno a Vienna,* veniva ieri l'altro a cercarmi* a casa mia, e non avendomi trovato, mi scriveva un biglietto per esprimermi il suo desiderio di vedermi, ed annunciavami la sua visita per ieri giorno di Natale a metà giornata.

Egli * incominciò coll'esprimermi il suo rincrescimento di non aver potuto prima abboccarsi meco, ma scusavasene, allegando le infinite sue occupazioni, essenzialmente quelle causate dalla compilazione del più sopra citato progetto. Dicevami quindi tosto, quel suo lavoro essere ora ultimato, 'ed anzi averlo già spedito a Pietroburgo per la definitiva sua accettazione da parte di quel Gabinetto Imperiale. • Spero, soggiungevami, H mio progetto mi sarà ritornato fra otto giorni, ed allora potrà comunicarvelo, ,e sono persuaso fin d'ora che incontrerà ,l'approvazione del vostro Governo; poiché lo scopo eminentemente pratico e pacifico a cui esso è informato, è pienamente conforme al modo di vedere del Gabinetto di Roma nell'attuale questione; faccio quindi assegno sul Vostro concorso •.

Qui il Conte si mise a parlare della necessità di agire e senza ritardo anche, poiché dalle informazioni pervenutegli, tutto preparerebbesi per dare alla rivolta, nella prossima primavera, un carattere ben altrimenti grave dell'attuale;* e ciò tanto più che i principi di Serbia e Montenegro e quello anche di Rumania, accennerebbero a volel'e, a quell'epoca, scendere anche essi in campo colle forze di cui possono disporre. *A suo avviso il solo mezzo per prevenire l'incendio, si è, che le Potenze garanti unanimi facciano sentire la loro voce sl

alla Porta che agli insorti. Qui parvemi acconcio interpellarlo intorno alla sanzione penale, che dovrebbe essere, a suo avviso, quas1i il corollario di quella specie di ultimatum delle potenze, onde non resti lettera morta *. Ma a questa mia suggestiva interpellanza * il Conte rispose * redsamente, non ravvisar necessità d'una sanzione penale, * l'unanime accordo delle potenze, ch'Egli spera conseguire, essere* (l) cosa abbastanza seria, da non aver bisogno di misure coercitive per produrre i suoi effetti; e qui dichiarommi in modo sì csplidto, che l'Austria Ungheria non intende in maniera alcuna intervenire militarmente, né da sola né in compagnia di altre potenze, che francamente non posso più aver dubbio di sorta in proposito; anzi, avendo io manifestato il mio compiacimento di ricevere un'assicuranza così ·esplicita della sua ferma volontà di mantenere il non intervento, Egli mostrassi meravigliato che non ne fossi da lungo tempo persuaso, ed aggiunsemi, che se non aveva autorizzato il Ministro Tisza ad esprimersi così 'esplicitamente dinnanzi alla Camera Ungarica, e se del pari non era addivenuto al riguardo a dichiarazioni precise, per mezzo della stampa periodica, ciò era unicamente perché il dichiarare formalmente in antecedenza che, qualsiasi cosa potesse avvenire, non si interverrebbe colle armi, sarebbe invogliare coloro, a cui si danno j consigli, di tenerli in non cale; e precisamente per questa ragione, ai Principi di Serbia e di Montenegro prima, e recentemente ancora a quello di Rumania, che ebbero ad interrogarlo, intorno a cosa farebbe l'Austria nel caso in cui fossero dagli evenimenti trascinati a pigliare le armi, Egli sempre rispose badassero ai fatti Loro, che l'Austria, al momento dato, non avrebbe preso consiglio che dalle circostanze.

* Del pari Egli esclusemi l'idea di un controllo Europeo da esereitarsi a Costantinopoli od altrove, a mezzo di una conferenza diplomatica permanente *, dicendomi che un tal progeHo non potrebbe che riescire gradito alla Turchia, che sempre troverebbe mezzo di ,tirare dalla sua parte una delle potenze, onde aver così fondamento a non dare ascolto alle altre, giustificandosi colla non unanimità del consiglio datogli. A questo proposito, il Conte mi parlò delle riforme testé decretate dalla Porta, dietro suggerimento dell'Inghilterra e probabilmente anche dell'Ambasciatore di un'altra Potenza (Ignatieff); dissemi esservi dentro molta troppa roba e niente di pratico; non essere dunque altro che una lustra, a cui le potenze non dovevamo lasciarsi prendere, e di cui anzi non dovevano tener conto. Nel ciò dirmi Egli esprimevasi con non poca acrimonia verso l'acciecamento della Porta, ed anche a riguardo del Sultano, ma mostravasi fiducioso si dovesse finire per far mutare attitudine a quel Governo, allorché l'Europa compaHa gli si sarebbe fatta innanzi, indicandogli con precisione ciò che da Lui si pretende, ed al tempo stesso quali sono i precisi limiti, oltre ai quali le aspirazioni delle sue popolazioni, attualmente in istato di rivolta, non troverebbero ascolto e tanto meno appoggio presso gli altri Gabinetti.

Ecco presso a poco tutto ciò che di più rilevante il Conte ebbe a dirmi intorno a quest'affare, durante il nostro colloquio; in verità io speravo ch'Egli m'avrebbe, almeno parzialmente, alzato il velo che ancora ricopre quel suo oramai famoso progetto; ma senza che io gli facessi domanda in proposito, Egli

si scusò del suo silenzio dicendomi, che le informazioni, necessariamente monche al riguardo, ch'Egli avrebbe potuto darmi, non sarebbero state tali, da darci una giusta idea dell'assieme, che anzi, quali io le avrei riferite all'E.V., avrebbero per avventura po.tuto darle taluna idea meno ·esatta, locché meglio era evitare; d'altronde conchiudeva col ripetermi, che fra pochi giorni mi sarebbe per intiero comunicato, e che così ci troveremmo in grado di apprezzarlo e giudicarlo con piena conoscenza di causa.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, P. 75.

(l) In LV 22 qui è aggiunto: «sufficiente».

518

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 24. Mostar, 26 dicembre 1875 (per. il 2 gennaio 1876).

Dall'ultimo mio rapporto è scorso un mese, né lo stato delle cose in Erzegovina mutò gran fatto.

Per quanto l'Amministrazione turca e il Commissario Imperiale abbiano magnificato per vittorie i combattimenti di Muratovizza (11 e 12 novembre) dei V"assejevitch (2 dicembre) di Plana (4 detto) di Truevizza (5 id.) le gravi perdite sofferte dagli Imperiali in uomini e materiale li caratterizzano però sempre come disastri.

Ma egli sembrami che poco importa di constatare se quei combattimenti sieno state vittorie o sconfitte: basta H loro avvenimento a provare che l'insurrezione continua, e che la Sublime Porta ha difficoltà di venirne a fine. Questo fatto prova poi che l'insurrezione per continuare così gagliarda deve trovare buon appoggio dal di fuori, e che l'Impero Ottomano per non riuscire a vincere sia abbastanza debole, o quanto meno imbarazzato ne' suoi movimenti e ne' suoi propositi. Sono quattro mesi che esso combatte da cinque a Sèttemila insorti, avendo già speso nella sola Erzegovina oltre sei milioni di franchi, e perduto tra uccisi in campo o morti per ferite o malattie 5/m uomini, senza tener conto degli ammalati. Sarà sicura la Sublime Porta di non avere a spendere che solamente altrettanta somma, e perdere altrettanti uomini per ripristinare l'ordine antico?

È a dubitarne; e ciò che più mette pensiero è lo stato miserando della sua armata. Non ospedali non oggetti d'infermeria o di ambulanza: il soldato lacEro non pagato male ricoverato peggio alimenta,to, piuttosto si trascina che marcia; e perché demoralizzato facilmente al fuoco di sbanda. Nessun ordine nelr3.mministrazione miHtare; nessun centro per raccogliere gli sbandati, o prov .'edere per gli uomini distaccati dal loro battaglione. A questi disgraziati ncssu:::o pensa; e perciò per sfamarsi rubano e saccheggiano; e dove nol possono sempre, come in Mostar, vanno accattando. P1er la fornitura dei viveri vi sono appaltatori che guadagnano il 50 % : ma essi consegnano alla frontiera. Il trasporto ai luoghi delle truppe spetta all'Amministrazione turca; e qui sta la grande difficoltà. In Erzegovina non sono più possibili grosse requisizioni di cavalli ai cristiani, perché le precedenti ne hanno già fatto perire la maggior

parte. Rimarrebbe ancora a requisire i Musulmani; al che non si attenta. Il

Governo inviò qualche migliajo di cavalli e di muli che comperò o l'equisì altrove, ma già la più gran parte è ita sicché avviene che nel mentre alle Dogane di deposito presso Methrovich e Trebigne sono accumulati abbondanti viveri, a mezza giornata di distanza le truppe stentano per fame. Alltra difficoltà è la mancanza di foraggio in paese; dì modo che oltre la metà dei cavalli di ogni convoglio è vesa inutile pel servizio dei viveri e del materiale di guerra, dovendo trasportare il bisognevole del fieno e dell'orzo.

In questo inverno adunque, a meno dì caso straordinario, l'insurrezione avrà il vantaggio sulle truppe, e continuerà in armi sino alla buona stagione. A quel tempo sarà di nuovo facile al Governo ottomano di vincerla, purché si chiudano 1e frontiere del Montenegro e della Dalmazia da cui l'insurrezione trae uomini e provvigioni; se no, la guerra durerà quanto lo vorrà e lo potrà chi ora l'ajuta.

Perocché l'insurrez,ione ha ora cambiato di caratteve. Sul principio fu lo scoppio d'infelici che si sollevarono pel diritto di vivere; ma la forza ebbe ben tosto ragione su essi e li disperse. Dai luoghi piani e facili la lotta si ridusse agli aspri e forti, a quelli dei quali gli abitanti non avevano però a lamentarsi di grande oppressione mussulmana. Tali sono gli Zubeiani i Baniani i Pinliani i Vassojevitci. Cotesti plemi slavi che stanno fra l'Erzegovina la Bosnia e il Montenegro pagavano minime tasse alla Porta, e ricevevano per contro un soldo molto maggiore per il servizio di polizia sulla frontiera. Niuna ragione avevano di sollevarsi; ed infatti sul principio della sommossa dei raja di Sto1atz di Nevisigne e Gabella si tenevano quieti. L'Amministrazione turca ebbe l'imprudenza di far uccidere alcw1i dei Pinljani per incutere timore; e ne ebbe contrario ef:l)etto. Ad essi si aggiunsero tosto altre tribù battagliere finittime, poi, i Montenegrini poi i Dalmati; e per essi ora l'insurrezione è divenuta politica.

Il terreno occupato da quelle tribù, che è tutto una roccia, fu già causa

nell'ultimo ventennio di quattro guerre, del 1853, 1858, 1860, e l'attuale; co

stando alla Sublime Porta 60/m uomini e 100 millioni franchi di spesa. La

quale si raddoppia se si calcolano anche le maggiori spese di armamento oc

casionale.

Avvegnaché ci sia noto che ad ogni guerra Montenegrina o insurrezione

d'Erzegovina l'Impero ottomano si trovi in pericolo, e per salvarlo devonsi

radunare gli armati persino dal fondo dell'Asia turca.

Sul principio del mio soggiorno in Mostar ragionando con Server Pascià

su questo punto di vista mi disse egli, intendere la deduzione a cui io pareva

mirare, ma l'onore del Go\11erno ottomano non potel'la accettare. Del resto,

soggiunse il Commissario Imperiale vedersi nella storia che poderose nazioni

si combatterono lungamente per uno scoglio.

Ammettendo per vero l'esempio, ciò sarà avvenuto quando lo scoglio avrà

avuto almeno un'importanza strategica; la quale certo non hanno le aride mon

tagne della bassa Erzegovina. Oltre ciò parmi che molte osservazioni sulla por

tata e sulla giustezza dell'onore menzionato dal Commissario Imperiale si

avrebbero a fare.

Fin d'ora la gran massa dei rifugiati non lascia trasparire buone disposizioni d'animo pel ritorno. Il danno dell'Erzegovina per tanta emigrazione è spaV1entevo1e. La carestia comincia a divenire grande; e ne avverranno conseguenze tanto più gravi che l'Amministrazione turca non se ne dà pensiero. I proprietari mussulmani che nulla raccolsero nell'annata o quasi nulla, vedendo ancora incoHi i loro campi per la prossima stanno in ansia di miseria, e minacciano vendette al dtorno dei cristiani. Costoro decimati, malaticci, nudi come si attenteranno di affidarsi ai loro cruciati padroni?

Il ritorno degli emigrati resta ancora un problema. Assestate in grosso le cose delle riforme bisognerà pure che si pensi a far ritornare il mezzo popolo cristiano che fuggì. Ma come assicurargli il lavoro il possesso di case, come garantirlo dalle violenze dalle rappresaglie dei mussulmani? E se l'Amministrazione turca, siccome è cosa certa, nul:la farà per difendere il ritorno degli emigrati se pure non incoraggierà i rancori, avvenendo un secondo fuggivia, un'altra insurrezione quali ne saranno le conseguenze?

Di fronte ad una situazione così grave la quietezza e l'inattività del Commissario Imperiale inviato per apportarvi rimedio è ciò che reca sorpresa. Il suo Talimat delle riforme di cui ebbi l'onore di far cenno nel mio rapporto 11 ottobre u.s. N. 11 di questa sede (1), è già cosa dimenticata: viene ora la volta dell'ultimo Iradè del Sultano. In esso si condonano gli arretrati ai debitori delle decime, purché non fossero appaltatori. Ma qui in Mostar si tengono ancora in prigione coltivatori cristiani per il debito di decime antiche. Il padre Proviciale dei Francescani si recò sul principio del mese da Server Pascià per ottenere la liberazione di alcuni suoi cattolici. Server Pascià fatto le meraviglie che non si osservasse l'Iradè del Sultano promise l'immediato scarceramento. Ma fin'ora i poverelli 'languiscono in prigione forse per mancanza di riscatto.

Quanto all'ordinaria Amministrazione nessun miglioramento. Le requisizioni forzate continuano malgrado la recente solenne abolizione. A chi si lamenta di violenze, a chi si querela di avere avuto ucciso un parente e ne indica i colpevoli musulmani si risponde: provatelo. Ciò che altrove l'Amministrazione reputa suo dovere e compito, la turca invece non cura. Quindi niun interesse niuna iniziativa per il buon governo e per l'esecuzione delle leggi; unico intento il percepire tributi.

Ma su questo obbietto io ebbi già l'onore di riferire a lungo precedentemente.

519

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L.P Vienna, 26 dicembre 1875.

Le mie previsioni si sono verificate, il desiderio dello scambio delle Ambasciate fra Vienna e Roma mi fu qui chiaramente manifestato.

Dopo il discorso fattomi su quest'argomento dal Barone Hoffman e che io già vi riferii, quel tasto non era stato più toccato al Ministero degli Affari Esteri, ed io mi ·ero astenuto assolutamente dal trar in campo la questione, avendo allora dichiarato non aver avuto incarico di far comunicazioni al riguardo. Di più a quanti fra i miei colleghi ed altri me ne parlavano sempre rispondevo che pel momento non ne era questione. Je11i finalmente siccome vi riferisco in un mio rapporto d'oggi pure (1), H Conte Andrassy venne a trovarmi e mi parlò al lungo del noto suo progetto di pacificazione per l'Erzegovina; però siccome ciò ch'Egli dicevami non era d'importanza ta1e da motivare i1l desiderio insistente che aveva mostrato di vedermi, m'immaginai ben tosto av·esse istruzione di far cadere la conversazione su a1tro argomento, ma neppure in questa previsione credetti a proposito de lui tendre Za pZanche. Già stava in piedi per andarsene allorché mi disse: • A propos aux prochaines Délégations j'espère que je pourrai soumettre la proposition nécessaire pour que nous fassions ensemble ce que Vous avez déjà fait avec Berlin •. A ciò gli risposi sorridendo che se era in quelle intenz·ioni era in grado di dirgli di poter fin da questo momento considerare la cosa come fatta; poiché il Governo del Re avendo col fatto a cui si accennava ammesso in principio l'istituzione delle Ambasciate nell'ordinamento della nostra Rappresentanza diplomatica, desiderava vivamente che la visita di Venezia avesse conseguenza eguale a quella di Milano, e che anzi a meglio dimostrare la cordialità delle relazioni fra i due Stati lo scambio delle Ambasciate fra Roma e Vienna non fosse posposto ad analogo fatto con altri Stati; e qui parvemi acconcio il far rilevare come una tale idea avesse già trovato 1a sua espressione nelle parole pronunciate in Parlamento tanto da Voi quanto da Oratori di diversa parte. Il Conte mostrassi sensibilissimo a quelle mie dichiarazioni dicendomi anche aver constatato con molta soddisfazione il fatto a cui faceva allusione, e dal canto suo volle dirmi che sebbene Egli come questione di principio sarebbe affatto contrario all'istituzione degli Ambasciatori (e qui mi svolse tutte le considerazioni giustissime che si sogliono ripetere in proposito) pur dal momento che Ambasciatori vi sono, con nessun altro Stato desiderava tanto maggiormente la reciproca rappresentanza diplomatica fosse di quel grado, come coll'Italia, e potermi guarentire che la cosa passerebbe senza difficoLtà alle Delegazioni, • Però, soggiungevami tosto, è necessario mi facciate una comunicazione ufficiale in tal senso •. Risposi che non avrei mancato di riferirvi la nostra conversazione. A me pare la questione sia posta nei precisi voluti termini; pokhé se sta bene che il desiderio sia stato prima espresso qui anche per aver la certezza che il terreno è oppo!"tunamente preparato; non è men vero come già parmi eravamo d'accordo a Roma, a noi spetti siccome gli ultimi arrivati nel consorzio delle grandi Potenze il presentarci, esprimendo ufficialmente il nostro desiderio di •esservi ammessi anche in fatto di rappresentanza diplomatica, sullo stesso piede delle altre. Sarebbe quindi necessario m'incaricaste ufficialment·e di far una comunicazione al riguardo al Conte Andrassy e qui potrei concertare che la risposta vi fosse comunicata al modo stesso cioè con

una comunicazione verbale del Conte Wimpfen ovvero colla lettura d'un dispaccio a lui diretto di cui potrebbe anche rilasciarvi copia, insomma collo stesso sistema che voi scegliete nell'incaricarmi me. Due osservazioni però mi permetto ancora sottoporvi. La prima si è: che forse sarebbe opportuno trattandosi che gli Ambasciatori a stabilirsi dovrebbero teoricamente aver la rappresentanza personale del Sovrano che la comunicazione che mi rivolgerete sia fatta a nome di Sua Maestà con incarico di farne pervenire l'espressione a Sua Maestà l'Imperatore a mezzo del Conte Andrassy. La cosa così emmanchée parmi avrebbe meilleur air e riuscirebbe anche più gradita qui (1). La mia seconda osservazione si è che a qualsiasi partito v'appigliate, a parer mio savebbe atto di dovuta cortesia il non andar per 'le lunghe ,ed addivenir senza ritardo alla chiestaci démarche officieHe. È ben inteso che in quanto alla scelta dell'Ambasciatore a nominarsi ed all'effettiva costituzione dell'Ambasciata non vi sarà poi premura di sol'ta.

Ad ogni modo Vi prego a farmi conoscere se possibile con qualche sollecitudine il Vostro apprezzamento sulla piega presa da questa faccenda, nonché sulla risoluzione a cui vi sarete appigliato per dargli il voluto seguito; e ciò anche affinché sia in grado ove incontri il Conte Andrassy di fargli cenno della probabile comunicazione che avrò a fargli.

P.S. Ho creduto meglio informarvi di tutto ciò in via particolare, se poi credeste necessario ve ne riferisca ufficialmente, telegrafatemelo e savete prontamente obbedito.

(l) Cfr. n. 421.

(l) Cfr. n. 517.

520

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 594. Vienna, 27 dicembre 1875, ore 18,26 (per. ore 21,15).

Je vous prie de communiquer au président du Conseil: Rothschild annonce part oe soir à ce qu'il m'a dit satisfait résultat ses confévences ici au sujet desquelles a écrit à Sella. Il croit cependant très nécessaire Sella vienne à Vienne pour conclusion. Il pal'tage son avis. Veuillez me dire ce que je dois répondre si on m'interpelle.

(l) La minuta a questo Punto conteneva la seguente frase, poi cancellata: • Forse anche un telegramma diretto da Sua Maestà all'Imperatore, in cui facesse una frase sul fin dell'anno in cui ebbe luogo la visita a Venezia esprimendogli il desiderio di consacrarne la ricordanza se tale è il suo avviso anche coll'innalzamento delle rispettive Legazioni ad Ambasciate. Questo sistema sarebbe forse il migliore ma potrebbe aver l'inconveniente che se qui nominassero su due piedi Wimvffen potrebbe verificarsi il caso ch'egli assumesse cosi la precedenza sul futuro Ambasciatore di Germania, locché non a torto dispiacereb~e assai a Berlino. Pensandoci dunque bene, sarà meglio non farne niente, salvo che, c1ò che ignoro, pel primo dell'anno abbiate già un Ambasciatore tedesco a Roma! •·

521

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 72. Costantinopoli, 27 dicembre 1875 (per. il 7 gennaio 1876).

Mi giunse a suo tempo il dispaccio che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi li 3 del presente n. 11 della presente serie (l) affine d'ordinarmi dichiarassi alla Sublime Porta il R. Governo non potere accontentarsi delle spiegazioni fornite intol'no all'uccisione del nominato Pugnalini, reclamare una soddisfazione conforme alla gravità del caso.

Tostoché questo dispaccio mi giunse fra le mani, mi trasferii alla Porta ed ebbi a questo riguardo una lunga conferenza con Rachid Pacha. Cercai di fargli intendere come le risposte fatte finora ai nostri reclami non potevano essere considerate come sufficienti, rilevai la leggerezza dimostrata da Raouf Pacha in questa congiuntura, insistetti per che si dessero nuove istruzioni onde mettersi in grado di fornire al Real Governo una equa soddisfazione per l'occorso.

S. E. ascoltò l'e mie parole con seria attenzione, rispose egli essere animato dalla migliore volontà d'accontentare il Reale Governo, verso il quale la Sublime Porta non professava che sentimenti di simpatia e di riconoscenza, e mi domandò in che modo credevo si potrebbe procedere per tale scopo. Gli replicai il miglior mezzo sembrarmi quello d'ordinare all'Autorità competente di fare una nuova e più severa inchiesta, di prendere a tale effetto gli opportuni concerti col Cavaliere Durando, che trovavasi a Mostar in qualità di Console Delegato dell'Italia, di cerca!'e a punire i colpevoli. Io presentavo questa proposta come il minimum che potesse farsi nelle presenti circostanze, però stare al Governo Ottomano di vedere se fosse il caso d'adottare misure più energiche ed efficaci. S. E. osservò la proposta essere piuttosto grave, però manifestavasi poscia disposto ad accettarla, e finì per promettermi spedirebbe gli idonei ordini per telegrafo. Lasciai fra le mani di S. E. un estratto del dispaccio dell'E. V., contenente i principali argomenti con tanta forza citati a sostegno del nostro reclamo, e ne presi commiato.

Lasciai passare un pajo di giorni, e poi pregai il Signor Vernoni di verificare se il telegramma era partito per l'Erzegovina. Esso non era infatti stato spedito, ma il Signor Vernoni, secondo le istruzioni ricevute, insistette energicamente e fu mandato in giornata. Esso è indirizzato al Governatore Generale della Bosnia, porta la data del 25 dicembre ed è concepito ne' seguenti termini:

• In seguito alla istanza fatta dalla Legazione d'Italia, con telegramma in data del 27 Scewal 1292, pregavo V. E. di rinnovare l'inchiesta necessaria sul riguardo dell'ucciso noto suddito italiano. Non avendo ancora ricevuto riscontro a tale telegramma, e la Legazione summentovata insistendo particolarmente acciò nella inchiesta di cui è parola, assista il Cavalier Durando che venne costà inviato, raccomando all'E. V. di procedel'e di nuovo alla necessaria ,inchiesta in presenza del predetto Signore, e di volermi rendere informato del risultato ottenuto •.

Spedii poscia al Cavalier Durando un telegramma per ragguagliarlo degli ordini impartiti dalla Sublime Porta a quelle Autorità, avesse a concertarsi col Governatore affine di procedere ad una seria inchiesta sull'affare, sperare che troverebbe modo d'ottenere una soddisfazione che corrispondesse alla gravità del fatto.

Siccome le corrispondenze tra Mostar e Costantinopoli sono precarie e lentissime, sarebbe forse opportuno che il Signor Cavaliere Durando riferisse anche direttamente al R. Ministero il risultato delle sue pratiche, ed il R. Ministero potrà dal suo canto fornirgli quelle istruzioni che per avventura credesse convenienti (1).

(l) Non pubblicato.

522

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 73. Costantinopoli, 27 dicembre 1875 (per. il 7 gennaio 1876).

Pel mio rapporto delli 14 dicembre, Confidenziale, n. 70 (2), ebbi l'onore di riferire alla E. V. QUanto avevo tratto da buona sorgente circa le minaccie messe innanzi dalla Sublime Porta d'intervenire nel Montenegro.

Sono ora venuti a mia conoscenza ulteriori dettagli sull'incidente, che stimo prezzo dell'opera di comunicare a V. E., sopratutto per la luce che portano sulla posizione di questo Ambasciatore Russo presso la Sublime Porta.

Il Ministro degli Affari Esteri aveva fatto avvisare separatamente li Ambasciatori dei tre Imperi di recarsi presso di lui. Però il Generale Ignatiew conosceva benissimo lo scopo dell'invito, sapeva che, sebbene le accuse del Governo Ottomano si dirigevano specialmente contro il Montenegro, esse si riferivano più ancora contro il Governo Austro-Ungarico. Mi diceva a questo proposito il Generale Ignatiew essere noto come tutto il materiale di guerra destinato agli insorti veniva da Trieste per la Dalmazia, le stesse bande organizzarsi sul territorio Dalmata, saper d'un ufficiale Italiano che aV'eva per un certo tempo esercitato le ~truppe degli insorti apertamente in una città della Dalmazia. Il Generale Ignatiew conoscendo adunque dove erano sopratutto diretti i reclami della Porta, volle presentarsi al Ministro degli Affari Esteri in compagnia del suo Collega d'Austria-Ungheria, e quando questi giunsero alla abitazione di S. E. avendo udito che l'Ambasciatore di Germania stava già col Ministro, si fecero annunziare ed ,entrarono senz'altro nel suo Gabinetto.

Il Ministro parlò adunque del Montenegro, ed ebbe occasione di dire che tutte le armi ,e le munizioni venivano da Trieste ed erano sbarcate lungo quelle coste. Osservò allora il Generale Ignatiew che non conosceva H Montenegro avesse porti di mare, e quelli si menzionarono come punti di sbarco furono trovati appartenere alla Dalmazia. L'E. V. comprenderà di leggieri la posizione

nella quale questa conversazione metteva i tre Ambasciatori in faccia al Ministro della Porta. Si conchiuse gli Ambasciatori degli Imperi farebbero tenere al Ministro un Memorandum sulla questione.

Il Generaie Ignatiew incaricassi della redazione del Memorandum, che grazie alla squisita cortesia di esso, io ebbi fra le mani, né mai lessi un documento più rimarchevoLe per la forma o per la sostanza. Esso diceva il mal Governo e le continue vessazioni avere provocato l'insurrezione dell'Erzegovina, le truppe Turche essersi mostrate impotenti a domarla, il Commissario speciale mandato dalla Porta per provvedere alla pacificazione nulla aver fatto, dopo qualche tempo avere trovato opportuno d'informare il suo Governo l'insurrezione essere spenta, le bande nemiche scomparse, ed ora affine di spiegar le recenti disfatte s'inventava l'apparizione di sette mille Montenegrini; le Potenze Garanti avere interposto i più caldi officii presso il Principe Nicola nel senso della pace, aver questi fatto tutto quello dipendeva da Jui per impedire che li suoi andassero a raggiungere gli insorti. La Porta non aveva alcun diritto di minacciare il Montenegro.

Io mi trovavo all'Ambasciata di Russia fa sera in cui il Generale Ignatiew stava redigendo questo documento cui dava per titolo • Aide-Mémoire •. S. E. chiamò successivamente nel suo Gabinetto i suoi Colleghi d'Austria-Ungheria e di Germania, i quali gli davano la lom piena adesione. Dopo che questi erano partiti, il Generale Ignatiew mi dava un riassunto di quanto era occorso.

Questi spedì poscia ad ora avanzata al Ministro degli Affari Esteri il suo

• -Aide-mémoire •, il quale s'incrociò con una lettera particolare che Rachid Pacha dirigeva al Generale per dirgli, non avendo ancora ricevuto H Memorandum, gli ripeteva le cose dd mattino e conchiudeva colle seguenti parole: • -Dans ces circo::1stances la Sublime Porte croit avoir le droit de considérer dès-à-présent la Monténégro comme en état d'hostilité •.

A questa lettera replicava il Generale Ignatiew ne' termini più energici. Riferirsi per fatti al documento spedito poco innanzi, credere che le parole contenute in auella non rappresentavano i sentimenti del Governo Ottomano,

doverlo prevenire contro le conseguenze fatali che potrebbero derivare dalla loro applicazione, dichiarare la Sublime Porta sarebbe tenuta responsabile degli effetti dei suoi atti, e conchiudeva dicendo che nel tenere questo linguaggio credeva farsi interprete fedele dei sent:mer tl dei tre Governi Imperiali.

Ebbi fra le mani anche questi d·:2 d1·cumenti, la cui importanza per le cose a venire non isfuggirà all'E. V.

Ho buone ragioni per crede!'€ che l'• Aidc-Mé::1oire •, e la lettera che lo seguiva furono comunicati testualmente alla l''laestà del Sultano, ed ebbero per effetto di dissuaderlo da misure che sarehbtro inevitabilmente state seguite dalle più gravi complicazioni.

Le quali cose io riferisco alb E. V. nel modo più conf,idenziale, perché mi risulta che l'Ambasciatore Russo, all'infuori dei due Ambasciatori che vi ebbero parte, non le comunicava ad alcuno dei suoi Colleghi.

P. S. Unita una particolare per V. E.

(l) -Annotazion" marginale: « a Durando 11 gennaio 1876 ». (2) -Non pubblicato.
523

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 27 dicembre 1875.

Ieri ricevetti la carissima tua delli 11 corrente (l) e te ne ringrazio di cuore. Puoi figurarti con quanto amore l'abbia letta e riletta, e vengo senz'altro a dirti le impressioni che essa ha destate nel mio animo.

È curioso quest'episodio delle riforme, che, mentre il Principe Gortchakow diceva a Barbolani che raccomandava alla Porta di soprassedere alla promulgazione delle sue, sta di fatto che il Generale Ignatiew qui s'adoprava col massimo calore perché esse venissero in luce prima che il progetto Andrassy fosse definitivamente convenuto. Ciò potrebbe far supporre che esista una doppia corrente alla Corte di Pietroburgo, ma io credo più probabile che quel Governo si rimetta in gran parte al Generale Ignatiew per quanto riguarda la condotta da tenersi nella quistione d'Oriente. E questi evidentemente non volle lasciare al Conte Andrassy il prestigio d'aver formulato le concessioni da accordarsi agli Slavi, e colla sua rara abilità gli diede scacco matto.

Tu m'esponi il dubbio che nella primavera, in seguito a gravi fatti, possa smascherarsi la batteria d'una nuova poEtica. Questa è la grande e difficile qui<>tione, e mi sovvengo che se ne trattò in quei colloqui ch'ebbi teco e che tantA.. lume mi fornirono per guidarmi nella condotta a tenere in questa residenza. Ed ora voglio dirti quel poco ne trassi nell'intervallo. Io son d'avviso che i governi di Russia e d'Austria desiderano sinceramente la pace, e l'uno e l'altro sono pieni d'ansietà di camminare d'accordo nella questione d'Oriente, tanto che, con mutue concessioni, riuscirono finora nell'intento. Ma non mi pare esista fra d'essi un accordo positivo per le eventualità a venire. I tre Ambasciatori Imperiali sono sempre assieme, e s'intendono sopra tutti gli ìncidenti. Ma l'azione del Generale Ignatiew non s'accorda sempre con quella de•l Conte Zichy nè viceversa. Il primo cerca anzi di mettere il Governo Austro-Ungarico in diffidenza presso la Sublime Porta e presso i colleghi. Né è verosimile che quello avrebbe tenuta la condotta che tenne in questa quistione delle riforme se esistesse un piano d'azione futura concertato fra i due Imperi. Lo stesso Conte Zichy, il quale ben di rado si lascia sfuggire una parola di politica, facendomi un giorno gli elogi del suo collega di Russia finiva per dire. • Naturellement il y a certains points sur lesquels nous ne pouvons pas tomber d'accord •.

L'Ambasciatore di Germania invece non sente, non vede e non agisce che pel Generale Ignatiew, e sarebbe permesso supporre che esista perfetto accordo fra le due Potenze, tanto che H Conte Bourgoing mi diceva or non ha guari venirgli talvolta :il sospetto, che la dimostrazione fatta con tanta ostentazione dalla Russia nella scorsa primavera per trattenere la Germania dall'avventarsi contro la Francia non fosse che una commedia aggiustata fra quelle per

rimettere la partita all'anno prossimo. Però è possibile che discorso positivo non esista e Bismarck non faccia che t,entare la Russia co' sogni d'Oriente perché gli lasci fare quel che vuole in altre parti.

Havvi accordo fra l'Austria e la Germania? Il mio collega di Francia m'esponeva un giorno questo dubbio, aggiungendo essere forse parte del programma che la Germania muova guerra alla Francia nell'anno prossimo. Io non prestai fede a quelle parole, poiché senza prova non è permesso di credere a sì grave accusa. Però v'è qualcosa nella condotta del Conte Andrassy che potrebbe dar luogo a sospetti, ed è la sua smania di voler sempre lasciare da banda le tre potenze occidentali E so che un giorno il Generale Ignatiew parlandone coll'Ambasciatore di Francia, gli diceva: • Prenez garde que Bismarck ne travaille à nous occuper ici afin d'etre libre de tomber sur vous au printemps •. E non più tardi di ieri il Generale diceva a me il Governo aver sempre a combattere 'l'azione del Conte Andrassy tendente a dividere l'Europa in due campi. Arroge che taluni credono esistere una grande intimità fra Bismarck ed Andrassy, e questi stimare che siffatta intimità contribuisce grandemente alla propria solidità.

Non puossi tuttavia negare che il Generale Ignatiew, per la sua lunga esperienza e per la rara superiorità del suo ingegno, eserciti una grande influenza personale sopra a' suoi colleghi Imperiali. E della sua potenza in queste alte sfere politiche ne hai una nuova prova nell'incidente narrato nella mia confidenziale d'oggi (1).

Unisci queste nozioni a quelle avrai d'altra parte, e ne potrai trarre qualche frutto.

Tu mi parli poscia delle tre soluzioni possibili, riforme, autonomia delle popolazioni Slave, annessioni agli Stati vicini. E se le prime non riescono preferiresti la seconda alla terza. Sono anch'io d'avviso che l'Austria s'adatterebbe piuttosto all'annessione che alla costituzione d'un forte Stato Slavo alla sua frontiera. Ora, io ignoro se a Pietroburgo siasi discorso dell'occupazione Austriaca. Ma se non se n'è 'trattato sulle rive della Neva, ne fu più volte parlato sulle riv;e del Bosforo, e già te ne scrissi. E può darsi se ne parli assai più nell'avvenire. Il Generale Ignatiew però si manifestò sempre contra:do a siffatta occupazione, ed è probabile che difficilmente la Russia vi si presterebbe senza reclamare qualche compenso, tanto più che sarebbe facile all'Austria d'entrare nella Bosnia, arduo 'e forse impossibile d'uscirne.

Già le scrissi che il piano del Generale Ignatiew, nel caso le riforme non siano sufficienti, sarebbe auello di dare l'autonomia alla Bosnia, all'Erzegovina, al Montenegro, ma non è neppur sicuro che il suo Governo approverebbe questo progetto.

Del resto io vivo intieramente cogli Ambasciatori co' quali mi trovo in termini di simpatica dimestichezza. Intendo tutto quello si dice attorno a me circa i progetti di soluzione, però mi limito a sostenere le riforme. Tanto più che nel cercarne altri si correrebbe forse il pericolo d'urtare contro le viste recondite di qualche potenza colla quale l'Italia ha interessi a tenersi unita.

Io credo adunque che tutte le grandi Potenze Europee (taluni eccettuano la Germania) vogliano sinceramente la pace. L'Austria si mise in una Hnea difficile, ne sente i pericoli, vorrebbe uscirne, nè sa come. La Russia non ha alcuna impazienza di giungere al Bosforo chè conosce le immense difficoltà che avrebbe ad incontrare in questa rozza confusione di razze e di religioni, né agogna a portare il suo centro d'azione dal Nord al mezzogiorno, che ne potrebbe venire il principio della sua decadenza. L'Inghilterra, la Francia, i'Italia non domandano che il mantenimento del presente assetto colle opportune riforme. Eppure si direbbe talvolta che una forza occulta ed irresistibile trascina quest'Impero alla rovina, ed è prudente di essere preparati a tutto. Né, come tu dici benissimo, c'è tempo da perdere se si vuole salvarlo od almeno prolungarne l'esistenza.

Della cosa ti parlerò in altra mia. p,erò posso dirti fin d'ora ch'io ne sono contentissimo. La sera di San Silvestro si ballerà in queste sale per inaugurare il nuovo anno in lieta brigata, e la gentilissima Signora Ignatiew ne farà gli onori.

(l) Non pubblicata.

(l) Cfr. n. 522.

524

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 595. Pietroburgo, 28 dicembre 1875, ore 20,40 (per. ore 10,50 del 29).

Ministre Amérique a donné lecture au prince Gortchakoff de ia dépeche sur affaire Cuba. Son Altesse lui a répondu c'est une question n'intéressant pas beaucoup Russie ,et quant à peser sur l'Espagne dans le sens que la dépeche indique hl lui faisait observer que la Russie n'a aucune influence sur Espagne. Gouvernement américain ferait mieux de se adresser à l'Angleterre qui s'intévesse davantage à cette question et a plus d'influence à Madrid. Ambassadeur d'Espagne a été chargé de faire des démarches dans un sens opposé mais le prince Chancelier lui a répondu que la Russie ne voulait pas se méler de la question de Cuba.

525

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2402/570. Londra, 29 dicembre 1875 (per. il 3 gennaio 1876).

Ier sera mi venne confidata la notizia che questa mane ho telegrafato all'E. V.

• Il Governo della Regina si è risoluto ad appoggiare e sostenere il Firmano Imperiale Ottomano (to back the Imperial Firman). La guaventigia ideata dall'Austria non era attuabile; era un offrire una tazza di veleno e desiderare

fosse, senza lottar per la vita, bevuta; la Porta mai si sarebbe sottomessa; Lord Derby medesimo disse in una conversazione privata: equivale a voler la guerra da parte della Turchia; né celò il suo biasimo in un discorso pubblico. La Porta ha decretate riforme considerate anche maggiori d'ogni desiderio se saranno ,eseguite; la miglior guarentigia della sua buona fede è la spada che le pende sul capo; ma non sarebbe onesto fosse fatta cadere questa spada senza darle tempo e modo di salvarsi. Non già che sia una cura sincera e radicale sperabile; ma è possibile d'aHontanare una crisi ch'oggi sarebbe funesta per tutta l'Europa; e i progetti del Conte Andrassy, a giudicarne da ciò che n'è trapelato, avrebbero l'effetto di precipitarla. Allo scopo pertanto d'impedire non si vada più oltre sovr'un pendio pericoloso ,e sul quale l'Austria e la Russia non potrebbero durare amiche, il Governo della Regina ha voluto profittare della nuova sospensione delle proposte Austriache per vedere se sia possibile uscire da una situazione ch'è simile a un ingegnarsi d'entrare con fiaccole acc,ese in una Santa Barbara. Però s'è diretto a quella Potenza i cui interessi, la cui politica e le cui osservazioni sono uguali alle Sue, e desidera intenders1i con l'Italia nell'opera comune di allontanare ogni pericolo dal:la pace Europea. La politica di questa intesa, -sebbene indipendente da quella delle Potenze del Nord, -nei momenti attuali, perché seguitata dalle due Potenze le più disinteressate, potrebbe potentemente giovare a quello scopo che tutte àffer

mano d'avere ».

Questo discorso mi è stato rivolto da un'autorevole persona che ha strette attinenze col Governo della Regina; ciò che mi ha detto rispetto all'Italia deve ritrarre la Sua origine dal Governo stesso sia pure un pensiero abbandonato. Ma nel dubbio si tratti d'un progetto già risoluto o di una proposizione non ancora pervenuta a V. E. (ho evitato, interrogando, d'insistere sul delicato argomento) mi è parso, ad ogni buon fine, di doverLe spedire un telegramma. E mi hanno tolta ogni esitanza a spedire il telegramma le ultime parole che mi furono dirette.

Quanto avvi, ad ogni modo, di certo, -al dì d'oggi, -si è che gli uomini

di questo Governo si mostrano più che mai avversi ad ogni idea d'ingerenza

diretta e attiva, e quale sarebbe quella progettata dall'Austria, negli affari della

Turchia. Al Foreign Office è ripetuta l'antica frase: doversi lasciare che la

Porta compia da sé le riforme promesse. E l'Ambasciatore d'Austria (che è il

solo diplomatico che ha visto il Ministro per gli Affari Esteri dopo che il Fir

mano fu qua conosciuto) essendosi recato da Lord Derby la notte delli 15 per

annunciargli l'arrivo fra giorni della Nota del Suo Governo, ebbe a udire un

linguaggio da fargli perdere ogni speranza di adesione e cooperazione dell'In

ghilterra nelle viste del suo Governo. Il Conte di Beust me lo disse 'egli stesso,

quando m'annunziò nella scorsa settimana essere daccapo posposta la comuni

cazione delle proposizioni da Vienna.

E mi soggiunse che il momento opportuno per aver forse quella adesione

fu lasciato trascorrere, ed era dopo la Bancarotta del Governo ottomano e prima

della compra di metà il Canale di Suez. Mi ripetette press'a poco lo stesso

apprezzamento dell'Ambasciatore Germanico; • oggi l'isolamento è la forza

dell'Inghilterra, e si è di questa forza accertata. A una intesa con le Potenze

Continentali, a una possibilità di Congressi di Parigi ripristinati in cui le si potrebbero chiedere spiegazioni e da cui potrebbe essere vincolata per l'avvenire la libertà sua d'azione, è 'inutile, a mio avviso (e giudicando dagli elementi ch'oggi s'hanno sott'occhio) lo sperare che si voglia sottoporre •.

Il Conte di Derby dalla Scozia si è recato alla sua campagna presso Liverpool, e ignorasi quando sarà per tornare a Londra. Da questa sua campagna conduce direttamente con l'Estero la politica inglese. Ed il Conte di Beust, non avendo pertanto potuto discorrere ultimamente con Lord Derby, non saprei da qual fonte abbia potuto accertarsi che, com',ebbe a dirmi avant'ieri,

• l'Angleterre travaille dans le Firman • -né quale significazione l'Ambasciatore volesse attribuire a questa Sua frase.

526

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 69. Pietroburgo, 30 dicembre 1875 (per. l'8 gennaio 1876).

Fui ieri a far visita all'Ambasciatore di Francia qui tornato di fresco dal suo lungo congedo, per presentargli in pari tempo il primo Segretario di questa

R. Legazione Cav. Cova.

Il Generale Le Flò mi disse che il giorno innanzi era stato ricevuto in udienza particolare dall'Imperatore che gli sembrò assai afflitto della grave malattia della Gran Duchessa Maria ed anche egli stesso malandato alquanto in salute ed affetto di un abbassamento di voce, causato da un accesso d'asma cui è andato soggetto nei giorni scorsi.

Ciò nondimeno, spinto dall'Ambasciatore sul terreno della politica, S. M. l'Imperatore accennò subito alla questione ardente del giorno alle condizioni attuali cioè della Turchia che disse essere sommamente deplorevoli e divenute oramai intollerabili per tutti. • Io non domando nulla per la Russia continuò a dirgli l'Imperatore; non ho nessuna mira interessata, ma non permetterò nemmeno, in caso di sfacelo dell'Impero Turco, che altri ne profittino; quello poi che tollererei ancora meno e in nessun caso, sarebbe la ricostituzione di un Impero Bizantino. Ciò che vi ha di meglio a fare dunque in questo momento si è di cercare di conservare lo statu quo ed io lo desidero sinceramente, ma ad una condizione ,ed è cessino una volta le sofferenze dei nostri corre1igionarii d'Oriente, di tutti i sudditi non musulmani della Porta, il cui stato miserevole e precario è una vera vergogna per l'Europa. Non basta venir fuori con promesse di riforme inefficaci ed illusorie a cui più nessuno presta fede. Cosa importa infatti ai contadini di Erzegovina o della Bosnia che a Costantinopoli si decreti l'inamovibilità dei Magistrati? Bisogna dar ad essi garantie serie che li assicurino della loro sorte avvenire •.

Il Generale Le Flò dopo avermi così narrato il discorso tenutogli da Sua Maestà aggiungeva che era stato lieto di aver potuto assicurare l'Imperatove che il Governo Francese guardava le cose dallo stesso punto di vista ed era quindi disposto a dargli tutto il suo appoggio. Ed ho motivo di credere, mi diceva da ultimo l'Ambasciatore che anche l'Italia sia disposta a dare il suo concorso alla politica Russa nei limiti in cui è stata tracciata dall'Imperatore.

Come V. E. può immaginare mi guardai bene dal contraddirlo ·in siffatto divisamento.

527

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

ANNESSO CIFRATO (l) Costantinopoli, 31 dicembre 1875 (per. il 7 gennaio 1876).

Ignatieff se montre assez contrarié d'avoir peut-etre à appuyer ici le projet de réformes du Chance1ier Autrichien. Il ne croit pas que meme devant ce projet les insurgés déposeront les armes et il craint un insuccès de la part des Puissances garantes.

Il a déclaré à l'Ambassadeur d'Autriche qu'il lui laisse toute l'initiative de ces négociations auprès de la Porte. Il parait que Chancelier Autrichien vient de donner à son Ambassadeur ioi instruction d'entretenir des rapports moins réservés avec so n collègue d'Angleterre; avec moi aussi Ambassadeur d'Autriche a été plus explicite dans ces derniers jours.

528

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 31 dicembre 1875.

In obbedienza agli ordini ricevuti, io rinnovai le più calde istanze per l'inchiesta Pugnalini. Però ti confesso che, avendo ricevuto pochi giorni innanzi un rapporto del R. Console a Scutari che m'annun~iava la formazione d'una legione italiana più forte di 260 uomini, ed il giorno stesso un secondo che portava questa legione ad oltl'e a 600, non fu senza una certa peritanza che esposi a Rachid Pacha il nostro recLamo. Le notizie trasmesse dal Signor Berio sono forse esagerate, ma io veramente temevo che il Ministro degli Affari Esteri avrebbe potuto farvi allusione. S. E. od ignorava quelle notizie, oppure non ne fece motto per sentimento di opportunità. Ma sta di fatto che, se realmente si sta formando una legione di volontari italiani nell'Erzegovina, i nostri argomenti per ottenere una soddisfazione pel misfatto Pugnalini ne saranno considerevolmente indeboliti. Arroge che il mal'uso di troncarsi vicendevolmente il capo è piuttosto generale in quelle regioni. Frattanto io ho messo l'affare nelle

mani del Generale Durando il quale col suo tatto e colla sua inteUig·enza troverà modo d'aggiustare le cose in modo conveniente. E la recente erezione dell'Erz,egovina a provincia indipendente dalla Bosnia, colla nomina di Raouf Pacha al governo di quella gli faciliterà il compito, poiché è precisamente a Raouf Pacha, nella sua qualità di Governatore Generale della Bosnia, che devono essere state indirizzate dalla Porta le relative istruzioni.

(l) Al r. 75, che non si pubblica.

529

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

D. CONFIDENZIALE 92. Roma, 1 gennaio 1876.

Votre dernier séjour en Italie m'a fourni l'occasion d'avoir avec vous des entretiens confidentiels, et de recevoir ainsi verbalement de.s renseignements fort intéressants sur la ligne politique du Cabinet de Lisbonne dans des questions qui touchent à la fois aux plus graves tintérets de l'Etat et au sentiment religieux. Il n'est pas inutile de résumer dans cette dépeche tles points saillants de nos entretiens. Mais avant de le faire je crois remplir un devoir en vous priant d'exprimer mes remercimens chaleureux à S. E. M. d'Andrade Corvo pour l'accueil qu'il a bien voulu faire aux commundcations verbales et écrites que je vous ai adressées à différentes époques sur ile grave sujet dont il s'agit. Personne n'a mieux compris que lui ·toute l'importance que les questions reUgieuses ont acquis de nos jours. En homme d'Etat habile, en savant qui connait à fond l'histoire de l'Europe et les traditions du Portugal, il n'a pas hésité à donner son concours aux idées qui nous ont guidés dans la rédaction de la lo i des garanties et qui ont servi de base à ma circulaire du l er janvier 1874. De cette manière il nous a donné une preuve nouvelle et bien prédeuse des rapports intimes qui ·existent entre nos Cours si étroitement aJlliées et il a aussi servi d'une manière que nous espérons eff1cace, la cause générale de la civilisation et de la paix.

D'après ce que vous m'avez dit, il existe entre le Portugal et l'Autriche un accord sur les bases suivantes:

l. tacher que le Conclave ait lieu à Rome, et que toutes les formes traditionnelles soient suivies sans précipitation, de manière à sauvegarder l'élection de toute influence poUtique;

2. -maintenir et faire valoir le droit d'exclusion appartenant à l'Autriche et au Portugal; 3. -favol'iser de préférence l'election d'un Pape qui représente l'esprit de conciliation et d'accord entre l'Eglise et l'Etat.

L'Autriche et le Portugal sont encore d'accord à rejeter toute proposition ayant pour but de piacer le Conclave sous une garantie internationale, car elles sont fermement convaincues que notre loi des garanties, telle qu'elle a été exécutée pendant les cinq années qui viennent de s'écouler, et les assurances que j'ai données spontanément parma dépeche circulaire du l.er janvier 1874 (l) sont amplement suffisantes, à entourer le St. Siège, ainsi que le Conclave, de toutes les conditions désirables de sécurité matérielle et morale. Le Comte Andrassy aurait nommément reconnu, dans une dépeche dont le Représentant du Cabinet de Vienne à Lisbonne aurait donné lecture à S. E. M. Andrade Corvo le l•r mai 1873, qu'on ne pourrait pas demander au Gouvernement Italien des garanties plus grandes en faveur du Conclave que celles qui ont été formulées dans ma dépeche du 1er Janvier. La France ayant insisté sur sa proposition d'assurer la Liberté du Conclave par un traité international le Comte Andrassy déclare dans sa note • qu'H n'e croit plus opportun de poursuivre avec la France des négociations u1térieures sur le meme sujet. • S. E. le Comte Andrassy se serait prononcé, de meme que M. D'Andrade Corvo, en faveur de l'élection d'un Cardinal italien, non seulement pour suivre une tradition maintenue pendant des siècles, mais aussi pour éviter des 11ivalités entre les Puissances. On réussirait encore de cette manière à amoindrir les causes de conflit ,entre la Papauté et le Gouvernement Italien, qui pourraient etre au contraire aggravées par l'election d'un Pape étranger. Les memes vues auraient été exposées par le Comte Andrassy au Cabinet français dans une dépeche adressée à l'Ambassadeur d'Autr:iche à Paris et dont lecture à été donnée au Baron d'Andrade Corvo le 10 aoùt. On y insisterait nommément sur les idées suivantes: l'intéret évident de l'Italie est d'exécuter loyalement ses promesses, et l'Europe peut avoir confiance dans ses assurances. Aucun autre moyen pratique ne peut garantir la Hberté du Conclave, car Rome appartient à l'Italie, et la réunion du Conclave hors de l'Italie exposerait l'Europe à des dangers qu'il convient de prévenir. A quo'i servirait, d'ailleurs, un compromis préalable entre les Puissances en faveur de tel ou de tel autre candidat? Les Gouvernements renonceraient par là à leur liberté d'action sans aucun profit appréciahle.

De son còté M. d'Andrade Corvo en donnant toute so n approbation à ces idées, aurait insisté pour maintenir le droit d'exclusion, en ajoutant qu'il serait convenable de ne pas accumuler sur un seul candidat toutes l'es exclusives mais bien d'en user séparémen:t, pour obtenir un résultat efficace. Mais avant de recourir à ce moyen extreme de l'exclusive, il serait à désirer que des négociations préalables fussent d'un commun accord entamées avec le Conclave par les Puissances qui suivent la mème ligne de conduite, et que les Cardinaux qui auront à exercer une influence sur le Conclave, veçoivent de leurs Gouvernements, ainsi que des Représentants de ces mèmes Puissances auprès du

S. Siège, l'instruction de se mettre d'accord, et d'agir sur les memes principes.

Je considère comme un événement heureux l'entente qui se trouv'e établie désormais entre l'Autriche, le Portugal et I'ItaUe sur 1es bases que je vi,ens de résumer. Je suis, je le répète, très reconnaissant à S. E. M. d'Andrade de la part importante qu'il a bien voulu prendre à ces négociations confidentielles. La situation est, à mon avis, presque exceptionnellement favorable sous bien des rapports. Dans les questions morales et religieuses, l'influence d'un Etat est d'autant plus considérable lorsque sa politique, planant au dessus des questions d'équilibre, n'est pas exposée à paraitre égo!ste et imtéressée. Le

Portugal est admirablement placé pour représenter l'intéret général de la civilisation dans la question du prochain Conclave. Les liens de parenté qui ont établi des rapports si chers à la fois entre les Dynasties et les Gouvernements Italien et Portugais désignent en quelque· sorte le Cabinet de Lisbonne pour etre l'intermédiaire, tout spontané et gracieusement obligeant, entre l'Italie et les autres Puissances dans ces pourparlers d'un caractère aussi délicat. Aussi je vous prie de dire à S. E. M. d'Andrade Corvo que nous lui demandons la permission de nous adresser à lui à coeur ouvert, car nous sommes surs que par sa haute intelligence il est à meme d'ex•ercer la plus heureuse influence en Europe dans l'affaire du Conclave.

Veuillez, M. le Ministre, donner lecture confidentielle de cette dépeche à S. E. le Ministre des Mfaires Etrangères, et lui en laisser copie s'il en exprime le désir.

(l) Cfr. serie II, vol. V, n. 201.

530

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Berlino, 1 gennaio 1876.

M. de Keudell est, ou se·ra, chargé de vous ·expliquer pourquoi, en réponse à la démarche dont j'annonce le résultat dans ma dépeche ci-jointe, je n'ai pas à mon tour l'avis de demander notre agrément pour l'Ambassadeur à Rome. S'il a été pourvu au poste de St. Pétersbourg où le Général de Schweinitz présentera bientot ses lettres de créance, le choix de son successeur près la Cour d'Autriche-Hongrie n'est pas encore ~ixé. On tiendrait ici à faire coYncider la nomination des titulaires pour Rome et Vienne. D'un autre cOté, si tout porte à croire Que le Prince Reuss devra renoncer à la carrière diplomatique en suite de son prochain mariage, il ne le fera que très à contre-coeur. Peut-etre meme se flatte-t-il que, à la dernière heure, il parviendra à vaincre les répugnances que son futur beau-père maintient contre l'avis de l'Empereur, du Prince de Bismark, et meme de la fiancée. Dans ces conditions, Sa Majesté Impériale ne voudrait pas avoir l'air de profiter de son absence, (il se trouve actueUement à la Haye, à cause de santé), pour remplir tous •les postes et fermer ainsi chaque 1issue. L'Empereur veut le voir et l'entendl'e une fois encore, avant de prendre un parti définitif.

Quant au choix pour Rome, dans l'opinion personnelle de M. de Biilow, c'est bien M. de Keudell qui a le plus de chances. Mais tant que la nomination n'est pas signée, on ne peut jurer de rien (1).

• Il y a eu des oscillations pour la candidature Keudell. Il y a eu des concurrents pour l'évincer. On a cru un instant que le Prince Reuss serait l'élu, mais le Grand Due de Weimar a tenu bonu pour s'opposer à ce que son futur gendre restiìt en carrière. 1.\filinl. tenant tout me porte à croire que M. de Keudell, vu la difficulté de lui trouver un successeur qui convienne à la fois à la Cour et au Prince de Bismarck, conservera le postede Rome. La recommandation faite pour sa personne à Milan n'a pas été non plus sans valeur.

L'Ambassadeur est placé très haut dans l'esprit de Sa Majesté Impériale. Il est en quelque sorte à ses yeux comme la présence réeUe de la Royauté. On s'explique à ce point de vue comment l'Empereur hésitait à conférer ce titre à quelqu'un d'aussi jeune au service titré qui reste ici, et qui exclut par conséquent la possibilité de revenir au rang d'Envoyé Extraordinaire >.

22 -Documenti dipl.omatici -Serie II -Vol. VI

Au dire de Secrétaire d'Etat, rien ne s'oppose à ce que je reçoive mes nouvelles lettres de créance, soit comme Ambassadeur tout court, soit comme Ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire. L'une et l'autre de ces désignations s'emploient; cela ne dépend que des usages des différentes Cours. Le Cabinet de Berlin adopte pour ses agents la première de ces désignations.

Je ne vois, comme M. de Biilow, aucun inconvénient à l'expédition de mes Iettres de créance. Les Souverains se sont mis directement d'accord entre eux pour l'établissement d'Ambassades et les journaux officiels des deux Pays en ont informé le public. Là git la véritable réciprocité. Si l'Allemagne a quelques embarras pour trouver ses élus, en la devançant nous prouverions que l'Ita'lie ne se trouve pas dans le meme cas pour motiver un retard.

Il vous appartient, mon cher Ministre, d'aviser pour oe que vous jugerez le plus convenable.

P.S. -Puiso.ue la nomination d'Ambassadeur ne peut tarder, je m'attends chaque jour à la promotion du ChevaHer Tosi. Vous vous souviendrez o.ue vous étiez déjà disposé à la faire sur piace à Berlin meme en septembre 1873, si la question d'Ambassade avait été réglée déjà à cette époque. Cela devrait etre fait maintenant a fortiori.

(l) Con l. p. del 28 dicembre 1875 (AVV) Launay aveva comunicato:

531

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2599. Parigi, 3 gennaio 1876 (per. il 6).

Con telegramma del 14 dicembre scorso (l) l'E. V. mi richiese del modo di vedere del Governo francese relativamente alla circolare qomunicata dal Gabinetto di Washington a varii Governi a fine di indurre questi ultimi a consigliare al Governo Spagnuolo di por fine all'insurrezione di Cuba o di accordare a quest'isola il self-government. Risposi all'E. V. che il Duca Decazes che aveva pure avuta comunicazione della Circolare, s'era limitato per allora a pigliare tempo ed intanto aveva chiesto ragguagli sul modo di v·edere, in ordine a tale quistione, di varii Gabinetti. Egli aveva pure creduto opportuno d'informare amichevolmente il Gabinetto di Madrid di questo passo fatto dal Governo degli Stati Uniti. Posso ora completare quelle prime e sommarie notizie. Ultimamente Lord Lyons, ambasciatore d'Inghilterra in Francia venne a chiedere dal canto suo, ed a nome del Conte di Derby, quale fosse l'avv.iso del Gabinetto di Versaglia in proposito. L'opinione espressa dal Duca Decazes a Lord Lyons, deve essere conforme presumo, a quanto lo stesso Duca Decazes disse a me stesso in una delle ultime conversazioni ch'ebbi con lui e può riassumersi presso a poco nel modo seguente. Il Duca Decazes non sarebbe lontano dall'ammettere la convenienza d'un suggerimento amichevole da darsi al Gabinetto di Madrid con ·tutte le necessarie precauzioni per parte delle Po

tenze, o almeno di quelle fra di esse che sono in miglior situazione per ciò, nello scopo di indurlo a dare alla Colonia una amministrazione indipendente e quasi altrettanto autonoma quanto quella per esempio del Canadà, salvo in favore della metropoli il diritto di guarnigione pagata dall'isola, ed un'imposta proporzionale per le spese generali a carico della medesima, e siccome sarebbe dif:iiicile al Governo centrale di Madrid di prendel'e un'inizia·tiva di accordi cogli insorti e bisognerebbe d'altro lato evitare una esplicita riconoscenza della condizione di belligeranti negli insorti stessi, l'avviso del Duca Decazes sarebbe che le Potenze o alcune di esse offrissero una specie d'interposizione (per non dire mediazione) da esercitarsi non già da Agenti Diplomatici o consolari, ma dai Comandanti delle squadre estere nei paraggi dell'isola.

Il Duca Decazes passando ad un altro ordine di fatti, benché anche essi relativi a Cuba, mi informò che aveva fatto dar ordine al Comandante della squadra francese delle Antille di recarsi a Santiago di Cuba con una divisione della squadra stessa, con istruzioni di proteggere efficacemente ed energicamente i cittadini francesi, la cui vita e le di cui proprietà erano spesso poste a rischio nell'isola. La notizia di questa decisione del Governo francese produsse secondo i ragguagli qui giunti un'impressione abbastanza viva alla Corte di Madrid.

(l) Cfr. n. 504.

532

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 33. Madrid, 3 gennaio 1876 (per. il 9).

Ringrazio l'E. V. per le interessanti istruzioni trasmessemi in data delli 21 dicembre ultimo n. 4 di questa serie (l) e relative alla questione di Cuba. Da auanto ho potuto appurare, sinora il solo Incaricato d'Affari di Francia venne prevenuto della pratica tentata dal Rappresentante degli Stati Uniti d'America presso il Duca Decazes. Questi con suo dispaccio mise al corrente il Conte di Canclaux di auanto gli venne detto dal rappr·esentante Americano, promettendogli una successiva comunicazione appena che avesse raccolto gli avvisi dei principali governi di Europa. Altri dei miei colleghi mi dissero di stare in attesa di istruzioni concernenti Cuba.

Frattanto pare che il Governo Spagnuolo abbia avuto sentore delle pratiche fatte dai Rappresentanti Amel'icani presso le principali Corti di Europa, giacché da più giorni i giornali ufficiosi parlano di una nota diplomatica destinata ad essere comunicata ai Governi, alla cui redazione attende il Ministro di Stato, il quale a questo effetto chiese ai suoi colleghi di marina e della guerra un minuzioso elenco delle forze di terra e di mare nell'Isola di Cuba. Questa notizia mi venne parimenti confermata da altre parti. Se il Governo Spagnuolo darà seguito a questo suo pensiero, i varj Gabinetti di Europa troveranno

la opportunità di presentare i loro consigli sopra una questione oltremodo delicata. Il Governo Spagnuolo pare voglia prendere in maturo esame la situazione di Cuba, e scegLiendo a Comandante generale dell'Isola il generale Jovellar che già vi si distinse in altri tempi, crede di dar prova delle sue sollecitudini. Ma io temo che nulla di radicale verrà operato nell'amministrazione di Cuba, stanteché recentemente H Maresciallo Concha, Marchese dell'Avana, avendo steso un elaboratissimo rapporto sulle condizioni morali e politiche di quella Colonia, invano chiese di pubblicarlo attesoché in esso l'esperimentato uomo di Stato pone in rilievo i v<izj dell'amministrazione spagnuola, e consiglia rimedj che ripugnano alle viziate abitudini burocratiche di questo Governo.

Frattanto le ultime notizie da me raccolte sulla presente situazione delle cose a Cuba sono tali da far temere che anche i migliori rimedii giugnerebbero in oggi troppo in ritardo. Benché gli insorti non oltrepassino la cifra di diecimila, essi spingono le loro scorrerie sempre più verso la città dell'Avana, distruggendo sul loro passaggio i raccolti ed i molini da zuccaro. Le truppe spagnuole tuttoché numerose trovansi disseminate sopra una grande estensione di terreno, ed allorché sono sorprese dagli insorti, invano tentano esse di inseguirli, riparando quelli in foreste impenetrabili per g1i stranieri. Si calcolano a più di trentamila i Cubani rifugiati sul suolo Nord-Americano d'onde aizzano i filibustieri a tentare arditi sbarchi sulle coste Cubane, ed al tempo stesso mantengono vive, sul suolo che loro accorda ospitalità, le aspirazioni al possesso dell'isola.

Come già dissi in altri miei rapporti, negli uomini più chiaroveggenti di Spagna si rafforza il pensiero che Cuba è perduta per la Spagna, ma al tempo stesso debbono confessare che la cessione o perdita dell'Isola porterebbe un colpo mortale al trono del Re Alfonso. Tutti si lusingano che terminata felicemente la guerra civile, la Spagna possa riprendere sulla scena politica qualche prestigio, e quindi prevalersene per mantenere la propria integrità.

(1) Cfr. n. 515.

533

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 309. Cairo, 3 gennaio 1876 (per. il 9 ).

Ieri il Khedive mi ha chiamato per comunicarmi in termini generali ciò che intendeva sottoporre agli studi del Comm. Scialoja. Non si restringerà alla parte economica commerciale, ma vuol consultarlo anche sulla parte finanziaria. Gli darà ,tutti gli elementi che posseggono, e tutti quelli che il Commendatore vorrà indicare -gli esporrà tutto il bene, ma anche tutto il rovescio della medaglia, perché nessuno, soggiunse Egli, conosce meglio di me dov'è il marcio.

Ho ringraziato il Khedive per la fiducia che ha in noi, ma ho creduto rammentargli che il Comm. Scialoja non viene con missione alcuna, ma soltanto per essere interpellato, e fornire i lumi della sua scienza, e della sua esperienza. Il Khedive mi ha ripetuto i più sentiti ringraziamenti per l'E. V. per la scelta di un personaggio così distinto.

Sua Altezza si disse sempr,e più convinto degli intrighi di Nubar, e mi disse che intanto si era deciso togliergH il Ministero del Commercio per farne uno con quello dell'Agricoltura. Ma era imbarazzatissimo a chi affidarlo, ed ebbe la bontà di consultarmi in proposito. Questa è la vera disgrazia del Khedive di mancare assolutamente di uomini. Non fui meno imbarazzato, ma pressato misi innanzi il nome di Hussein Pascià suo secondo figlio, Ministro della guerra, giovane che dà prove di moltissima intellig·enza. Dubitavo che avesse accolto questo suggerimento, ma ero certo di fargli cosa gratissima lodando il Principe. Infatti mi rispose che non poteva decidersi a toglierlo dal Ministero che dirige con tanta capacità. Rimasto indeciso, questa mattina mi ha mandato a dire che aveva fissata la sua scelta su Ragheb Pascià, ex Ministro delle Finanze e dell'Interno, ma da parecchi anni tenuto in disparte. Ragheb è uomo molto intelligente, ma mal fermo di salute, e quel che è peggio non conosce nessuna lingua straniera.

Ormai Nubar non può farsi più ,illusioni, e se Egli non domanda le sue dimissioni dal Ministero degli Affari Esteri, si prevede che non tarderà ad essere congedato.

Nel mio precedente rapporto n. 305 (l) ho accennato aHa probabilità che il Signor Outrey verrebbe come rappresentante francese. Interpellato officialmente il Khedive, egli incaricò Nubar di rispondere che non potrebbe accettare. Il Signor Outrey fu qui anni sono, e creò una posizione così intricata, che il Khedive a Parigi ne chiese personalmente la traslocazione all'Imperatore. Fu Egli allora promosso a Ministro e mandato al Giappone. Nubar non avrebbe compito fedelmente gli ordini ricevuti, anzi il Viceré è convinto che facesse credere il contrario. E pare che le cose fossero così avanzate che il Duca di Decazes non potette retrocedere allorché seppe la vera intenzione del Viceré. Sicché il Signor Outrey arriva; ma la Porta non consentendo che dei Ministri fossero accreditati presso il Viceré, e non dando perciò il Berat, dicono arriverà come Ministro ed Incaricato d'Affari provvisorio. Alieno sempre di susci

tare delle quistioni, e trovandomi il Decano de' miei Colleghi, prego l'E. V. di ordinarmi se dovrò o no cedere la precedenza nelle occasioni officiali al Signor Outrey per le qualità che lo rivestono.

* In questi giorni si è parlato di un'operazione importante finanziaria per la quale il Viceré darebbe come garanzia per trent'anni le ferrovie in affitto e la privativa del tabacco; e S'i sussurrava che quest'offerta veniva da una compagnia di capitalisti inglesi. Ne ho chiesto al Khedive, il quale mi ha risposto che in realtà deLle offerte gli sono state fatte dalla • Société Générale • di Parigi, ma che non è deciso ancora se le prenderà in considerazione * (2).

Ho consigliato non precipitare le trattative, insinuando indirettamente che sarebbe bene di attendere l'opinione del Comm. Scialoja.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il brano fra asterischi è edito in LV 26, p. 2.
534

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 9. Vienna, 4 gennaio 1876, ore 13,48 (per. ore 15,15).

Je crois qu'il serait fort apprécié ici ainsi qu'à Pétersbourg et à Berlin si

V. E. me charg,eait par télégraphe d'annoncer son adhésion complète au projet Andrassy. Evidemment, Cabinets anglais et français approuveront, mais on nous tiendrait bon compte si nous approuvions sans demander ou attendre avis des autres Cabinets. Il n'y a du reste rien dans le projet, ce me semb1e, qui puisse faire hésiter. Atti,tude décidée de notre part entrainerait les autres et ferait très bon effet.

535

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BERLINO, DE LAUNAY, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

T. 3. Roma, 4 gennaio 1876, ore 17,30.

Ayant reçu aujourd'hui communication de la circulaire autrichienne sur les reformes à demander à la Porte, j'ai répondu au comte Wimpffen que le Gouvernement du Roi aurait donné son concours aux démarches proposées dans la note pour arriver à une pacification des provinces ,insurgées.

(Per Berlino ,e Pietroburgo). Je vous autorise à informer le ministre des affaires étrangères de ma réponse au comte Wimpffen.

536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 5. Roma, 4 gennaio 1876, ore 18.

Ministre d'Autriche m'a donné aujourd'hui communication d'une note du 30 décembre relativement aux propositions à adresser à la Porte dans le but d'arriver à la pacification des provinces insurgées. Le secret le plus absolu m'ayant été recommandé pour le moment, je me borne à vous dire que mon impression a été qu'à mon avis la Porte peut accepter ces propositions sans manquer à sa dignité ,et sans amoindrir son indépendance. Tout en voulant s'assurer de l'exécution des réformes qu'elle a spontanément accordées, on s'abstient de soumettre son administration au contròle des puissances étrangères. Vous recevrez bi,entòt instructions. En attendant veuillez vous maintenir dans la plus grande réserve.

537

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

ANNESSO CIFRATO (1). Costantinopoli, 5 gennaio 1876 (per. L' 11).

Il parait véritablement Que le Général Ignatieff suit parfois ici une ligne de conduite qui n'est pas entièrement conforme à celle qui est suivie à Pétersbourg par le Prince Gortchakoff. Cela pourrait s'expliquer jusqu'à un certain point par l'inimitié qu'on sait exister depuis longtemps entre les deux. Dernièrement tandisque à Pétersbourg les Gouvernements de Russie et d'Autriche semblaient marcher de parfait accord, Ambassadeur de Russie ici tout en se maintenant en apparence dans les relations de ila plus grande intimité avec son collègue d'Autriche, travaillai.t sous main à contrecarrer les plans du Chancelier Autrichien. Je crois que le Général Ignatieff est pour beaucoup aussi dans les démarches que la Porte fait maintenant pour empecher la présentation de la note. Ambassadeur d"Angleterre fait des efforts pour faire entendre tout cela à son collègue Autrichien.

538

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 426. Vienna, 5 gennaio 1876 (per. il 14).

Ho consegnato ieri a S. E. il Barone Hofmann un Pro-Memoria, intorno alle abusive funzioni consolari che il Signor Pauletich, sedicente Vioe Console Pontificio a Fiume, si permette di esercitare, non solo con danno di R. Sudditi, ma più ancora con conseguenze ben altrimenti gravi. In Quel promemoria, più specialmente toccai il fatto del passaporto rilasciato sotto falso nome al F. Gentilini, di Castel Bolognese, di cui è caso nell'ossequiato dispaccio della

E. V., del 24 scorso dicembre n. 187 (2), e parimenti feci cenno della abusiva ritenzione che lo stesso individuo si permette fare della matricola marittima dell'Achille Ricchiotti. Verbalmente poi non mancai di insistere ancor maggiormente sulla necessità, che un tale inammissibile stato di cose abbia a cessare senza ritardo, onde evitare anche che l'opinione pubblica abbia a preoccuparsene, con evidente poco vantaggio per le relazioni fra i due Stati.

S. E. il Barone Hofmann assicurommi avrebbe immediatamente posto in avvertenza dell'accaduto il R. Gov,erno Ungherese, affinché avesse a dare al Governatore di Fiume le volute disposizioni, onde il Signor Pauletich avesse ad astenersi in modo assoluto dall'esercitare funzioni che non hanno ragione di essere, non esistendovi più attualmente nè Stato Pontificio nè conseguentemente sudditi di quello Stato, e soggiungevami ancora: • Nous avons bien

conservé aux Consuls Pontificaux, nommés avant l'entrée des troupes Royales à Rome, le droit de continuer à porter le titre honoraire dont ils avaient été légalement investis jadis, mais il est bien entendu que ce n'est qu'un titre honoraire que nous les autorisons à porter, et qu'ils ne peuvent nullement s'en valoir pour exercer une jurisdiction quelconque •.

Veramente questa affermazione d'un fatto di abbastanza controvertibile legalità nei rapporti internazionali e che la prima volta giungeva a mia conoscenza, mi piacque assai poco: credetti però, onde non pregiudicar,e la questione, astenermi in modo assoluto dal rilevarlo. Fui tanto più indotto a tacere senza aver l'aria di dare peso a ciò che mi si diceva, che sono sempre d'avviso non convenga sollevare incidenti di natura particolarmente delicata, quando non ci sarebbe la convenienza di spingere la cose a fondo, e quindi vi ha per lo meno sommo dubbio che si riescirebbe a spuntarli. Non conviene farsi illusione, l'Austria è lo Stato in cui, mediante mezzi termini, concessioni a destra ,ed a sinistra, e molte transazioni, i principi politici i più opposti, attecchiscono a contatto gli uni degli aitri, senza urtarsi troppo gravemente. L'immaginarsi diversamente questa vecchia Monarchia, sarebbe cercar·e l'impossibile. Dal più al meno tutti i grandi Stati d'Europa avrebbero, ove il volessero, occasione di volg·er,e reclami al Gabinetto di Vienna, per la tanta tolleranza, per i riguardi anzi, che tanto la Corte quanto H Governo usano verso Persone o cose che al dì d'oggi sono oggetti da Musei e nulla più. La potente Germania stessa v,ede, senza muovere osservazioni, prodursi fatti qui, che certamente non gli possono riuscire graditi: uno solo ne riterò ad Psempio. L'ex Re d'Hannover e suo figlio, sempre si presentano al pubblico ed anche a Corte, accompagnati da Ufficiali che portano l'uniforme di quell'Esercito che più non esiste. Evidentemente ciò deve riescire abbastanza sgradito a Berlino; nondimeno mi risulta siasene mai fatto cenno qui. La Germania, con ragione, riserva i suoi fulmini per minacciare, allorché ha ragione di temel'e, che uomini a Lei avversi possano avere probabilità di venire al potere a Vienna, e di portare così radicale mutamento nella politica estera della Monarchia.

È mio avviso dunque, fintantoché l'Austria si limita ad ammettere che gli Ex-Consoli Pontificali portino sui loro biglietti da visita un titolo di cui furono altre volte rivestiti, senza che sotto quel titolo essi figurino negli annuari ufficiali e tanto meno esercitino funzioni qualsiasi ad esso inerenti, savio consiglio si è chiudere un occhio.

(l) -Al r. 77, non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
539

IL REGGENTE IL CONSOLATO A RUSTCIUCK, USIGLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. 55. Rustciuk, 6 gennaio 1876 (per. il 18).

Nella scorsa settimana giunse in Rustciuk S.E. Aly-Rizad, latore del Firmano delle Riforme, e incaricato di farne solenne lettura. Questa fu eseguita alla presenza di tutte le autorità locali, e delle comunità religiose, ma senza invito del corpo consolare.

Pochi giorni dopo il Tonna giornale ufficiale del Vilayet pubblicava indirizzi di ringraziamento al Sultano per le accordate riforme, delle comunità Armena ed Israelitica, ma vi mancava quello che sarebbe stato più signficativo, cioè della comunità bulgara.

Da private informazioni potei conoscere che questo indirizzo, malgrado gli sforzi del MetropoLitano e di alcuni capi della comunità stessa, non poté esser sottoscritto per la resistenza dei più numerosi oppositori che si dichiararono non abbastanza contenti delle ricevute concessioni, e i capi di questa opposizione arrivaron perfino a far la guardia dinanzi al Conak onde impedire che i loro partigiani si recassero a trovare S.E. Aly-Bey, e prevenire cosi uno di quei tradimenti che spesso sogliono accadere all'ultima ora.

Ripartì adunque il medesimo senza l'indirizzo della comunità Bulgara, e ormai ogni tentativo che fosse fatto ora per attenerlo mancherebbe di attualità, e non servirebbe che a far maggiormente palese questa resistenza.

540

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1547. Berlino, 7 gennaio 1876 (per. il 10).

D'après les dernières nouvelles de Washington, le courant pacifique aurait toutes chances de l'emporter sur certaines velléités belliqueses à propos des affaires de Cuba; velléités dont une circulaire du Gouvernement des ÉtatsUnis portait quelques traces (rapport n. 1542) (1).

D'un autre còté, le Cabinet de Madrid s'est ·empressé de chercher à mitiger l'impression que le teneur de ce document aurait pu produire chez les Puissances. Les représentants de l'Espagne ont été mis à meme de fournir des explications sur l'état réel des choses, en assurant, entre autres, que les autorités Espagnoles s'appliquent soigneusement à satisfaire aux justes plaintes des étrangers qu'ont éprouvé des dommages par suite de l'insurrection. Le nouveau Gouverneur de l'ile a reçu lui aussi des instructions les plus formelles de s'employer activement à protéger ces intér~ts et à éviter des complications.

Dans ces conditons ainsi que me le disait S.E. M. de Biilow, le Cabinet de Berlin n'avait nu:l motif de se· départir de l'attitude réservée qu'il avait prise tout d'abord dans cette question.

541

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2408/573. Londra, 7 gennaio 1876 (per. l' 11).

Il Marchese di Salisbury è non solo tra i membri più influenti dell'attuale Gabinetto, egli è pure Ministro per l'India; e come tale ha la sua voce un

peso preponderante nei Consigli della Corona per le quistioni del Levante e di Oriente. La Nota del Conte Andrassy gli fu trasmessa appena fu ricevuta al Foreign Office. Credo, pertanto, dover riassumere brevemente all'E.V. i punti principali delle conversazioni che ho avute col nobile Lord mentre sono rimasto questi ultimi giorni, ad eccezione di avanti ieri, con lui nel suo Castello nelle vicinanze di Londra.

I medesimi dubbj pervenuti dagli Ambasciatori mi furono manifestati con strana similitudine dal Marchese di Salisbury. Mi disse: • Vorrei sapere cosa avverrà, ·e si farà, se l" la Porta rifiuta di accogliere le proposte, 2" se gli insorti non depongono le armi. Non saremo più legati che non lo fummo dalla mediaz•ione consolare? Quella ·era un fatto isolato; ma l'adesione alla Nota è l'adesione a tutta una serie di misure che non lascierebbe d'·impegnarci alle conseguenze d'averle dichiarate nostre. Noi potremmo essere vincolati a una politica che imporrebbe con la forza dell'armi straniere la pacificazione dell'Erzegovina. L'opinione pubblica dell'Inghilterra non permetterebbe mai una siffatta politica nel suo Governo; e sarebbe la prima volta nel secolo in cui la Gran Brettagna, con associarsi ad altri per reprimere, reprimerebbe una insurrezione nazionale. Non avvi nulla nella Nota che dia ragione a temerlo? Avvi anzi una frase c di colore oscuro • e un po' ritorta che induce a provar quel timore. Ma il rifiuto dell'Inghilterra di unirsi alle altre Potenze non potrebbe eccitare Ia Porta alla resistenza e gl'insorti alla lotta? Codesto è, di fatto, il nodo del problema per noi; è una verità; l'isolamento -che all'Inghilterra gioverebbe sotto tanti altri aspetti -contradice, in questa occasione, alla base della sua politica estera ch'è la pace d'Europa. Isolandoci, poi rinnegheremmo quella parte moderatrice che siamo chiamati a recitare in Europa: sarebbe, invero, un eccitare gl'insorti alla lotta e la Porta a una cieca resistenza. Il Governo Inglese da molto tempo non si è trovato in una posizione così difficile. Né veggo altra via se non quella d'una c adhésion gardée •. Agli occhj del mondo intero noi dobbiamo aderire; ma dovremo fare le nostre riserve. E quel volere che le Note alla Sublime Porta si>eno identiche non può essere da me approvato; l'Inghilterra dovrà serbarsi 'la libertà della forma. La conversazione di Lord Derby col Conte di Beust non potrà essere se non una

c

discussion diilatoire •; imperocché dubito forte che Lord Derby potrà rispondere in modo concreto e preciso prima d'aver consultati i suoi Colleghi; e il primo Consiglio di Gabinetto è alli 17 di questo mese. Tutte le notizie che intanto ci pervengono fanno prevedere una opposizione assoluta per parte del Governo Turco; e vorrei sapere sino a qual punto ci abbia le mani il Generale Ignatieff •.

Da queste parole apparisce in sostanza che il Marchese di Sa:lisbury influirà coi suoi consigli per l'adesione dell'Inghilterra ma con riserve importanti. La sua frase c adhésion gardée • mi fu da lui varie volte ripetuta.

A rendere più pieghevole questo Governo (se alla fin fine piegherà e in qual modo e limiti) avrà giovata la notizia della sorveglianza e dell'intervento degli Ambasciatori a Costantinopoli negli atti del GoV'erno Ottomano. Non esservi una siffatta clausola, che suscitò tanto scontento nei Ministri della Regina, ha fatto sembrare, eccetto alcuni punti, moderata nell'assieme la Nota dell'Austria.

Addi 5 corrente, col mio rapporto N. 572 (1), ho informato la E.V. che gli Ambasciatori dei tre Imperi chiesero ai rispettivi Governi d'essere ispirati nella risposta che dovrebbero fare se Lord Derby muovesse quei due dubbj rispetto alla resistenza della Porta e all'ostinarsi degli insorti nella lotta. La risposta fatta dal Conte Andrassy è in questo senso: • se gli insorti rifiutano deporre l'armi si lascierà fare alla Porta. Quanto alla resistenza della Porta non è ammissibile se le sei Potenze saranno tutte concordi nell'azione a Costantinopoli •.

Eppertanto la prima parte di questa risposta dovrebbe torre una, e tra le più gravi, delle obiezioni che il Marchese di Salisbury ricavava da una frase della Nota medesima del Conte Andrassy.

(l) Non pubblicato.

542

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE PER LA BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 26. Mostar, 7 gennaio 1876 (per. il 15).

Il Commissario Imperiale Server Pascià era stato testé richiamato, Raouf Pascià, Vali di Bosnia ed Erzegovina e comandante generale delle truppe, nominato Valì di Erzegovina solamente, con incarico anche di disimpegnare le funzioni di Commissario Straordinario, e nel comando militare sostituitogli il Muscir (generale d'armata) Muktar Pascià. Parimente ,era stato testé ordinato che l'Erzegovina sarebbe stata eretta in un vilajet. Ma ecco che jeri giunse contro ordine per il Server Pascià. Egli che si pr,eparava a partire domani resterà di nuovo in Mostar come commissario. Quanto a Raouf Pascià e a,l distacco dell'Erzegovina dall'attuale Vilajet di Bosnia non si sa se vi sia pure contro ordine.

Il nuovo Muscir Muktar Pascià che ha già preso il comando, contrariamente al progetto di Raouf che era di continuare le operazioni contro gli insorti, ha invece ordinato di far prendere alle truppe i quartieri d'inverno. Il movimento delle medesime è di già •incominciato.

Riguardo alle cose degli insorti non pare che esse procedano bene. Trattavasi dai turchi di vettovagliare la popolazione e il presidio di Niksié, ma per farlo era d'uopo passare per le strette di Duga state già in addietro fatali alle soldatesche ottomane. I capi insorti si erano divise le bisogna per impedirne il passo. Raouf Pascià prima di far passare 1.500 cavalli di viveri entrò nelle strette con quindici battaglioni. Fu assalito e tenuto in rispetto da Lazzaro Socizza; l'altro capo Petro Paulovich che conduceva la banda dei montenegrini a vece di accorrere in soccorso secondo l'accordo, andò in un villaggio turco a predare bestiame; e poi col bottino si ritirò in Montenegro. Il Socizza •indignato levò il campo dalle strette di Duga, e si ritirò co' suoi a Piva. Raouf dopo di ciò passò liberamente.

Un persona considerevole per carattere e per grado arrivata jeri da Ragusa mi diceva che il Montenegro è sul punto di abbandonare la causa dell'insurrezione, che tra il Governo turco e il Principe si sta trattando; e si chiede da questi terreno o denaro e dichiarazione d'indipendenza; che dietro al Montenegro vi ha il Console Generale di Russia in Ragusa che tutto consiglia e dirige. Che 'alcun tempo fa ancora il detto Console spingeva risolutamente alla guerra; che per sua opera fu sottoscritto dal Montenegrino Vrbira e un banchiere francese l'imprestito di 5 millioni di franchi dando in pegno le selve del piccolo stato; e che la sottoscrizione avvenne nel consolato stesso di Russia in Ragusa. Mi fu detto che una parte di quel denaro andrà per l'acquisto di 60 cannoni da 8 da farsi in Francia, e di armi portatili di un fabbricante americano. Però da qualche giorno il Console Russo in Ragusa cambiò contegno; ed è tutto per far cessare la guerra in Erzegovina. Sembrerebbe che la Russia non potendo prevedere le conseguenze ultime della presente sommossa, e non 'essendo preparata alla guerra faccia ogni sforzo per la tranquillità. A tale efJietto per mezzo del Montenegro si sarebbe agito da suscitare la discordia fra i capi di Erzegovina, e si sarebbe anzi perfino già ottenuto che la banda degli Zubriani sotto H comando di Luka Petkovich forte di 800 uomini si sia disciolta, non essendovi più rimasti che un centinaio di stranieri fra i quali 50 circa italiani. Sembrerebbe che uno dei principali Consiglieri dell'ultimo Iradé del Sultano sia stato l'Ambasciatore di Russia in Costantinopoli, il quale di quello Iradé molto tempo prima che fosse pubblicato ne aveva avverti,to il Console Delegato mio Collega, ed annunciava sperare che avrebbe fatto buon effetto per la larghezza delLe riforme. Lo stesso Ambasciatore avrebbe poi ancora telegrafato non ha guari al mio collega: che la Porta vedrebbe con piacere una delegazione degli insorti recarsi in Costantinopoli per 'esprimere i loro desideri. Il Console Russo rispose che sarebbe stato difficile indurre gli insorti ad inviare una loro deputazione alla Porta. Ma qui io credo che il mio Collega non capì il pensiero del suo Ambasciatore. Il Generale Ignatieff volle suggerire un consiglio un ordine, 'e che il mio collega prese solamente per una domanda di parere. H Russo Ambasciatore agì come già sul principio dell'insurrezione, quando domandò al Console Generale in Ragusa se per attutire la sommossa credesse potere riuscire utile una missione consolare presso gli insorti. Il Signor Jonine come esperto vide subito cosa si voleva da lui, e fece un rapporto a seconda dei desideri del suo ambasciatore; e quel rapporto sottomesso alla Corte di Pietroburgo diede origine alla missione consolare in Erzegovina. Ma il mio collega, Signor Jastrebow non è ancora iniziato ai misteri dell'Agente Russo, e non capì il suo ambasciatore, siccome venne di confessarlo a me.

In Dalmazia si è frattanto assa,i male in umore contro gli Agenti Russi e contro il Montenegro. Si vede che l'insurrezione è sfruttata solamente da questo piccolo Stato nel mentre che in Dalmazia ne hanno danni grandissimi. Nel circolo di Ragusa solamente si contano circa 15 mila rifugiati di Erzegovina, tutti poveri e miserabili, cui tocca provvedere ogni cosa; mentreché in Montenegro sono assai meno. lvi si dice esservi 60 mila; ma è non solo esagerazione, è inesattezza calcolata. Coll'ingrandire il numero si attirano più soccorsi ed offerte, le quali non vanno punto a sollievo dei feriti né dei rifugiati, ma come il bottino che fanno gli insorti, sono divise tra i principali di quello Stato. Mi diceva la persona che mi dava queste notizie essersi trovata presente in Ragusa presso un membro del Comitato quando due donne del contado vennero a pregave per una commendatizia onde avere restituiti 7 muli stati presi dagli insorti e portati come ogni presa di guerra rin Montenegro. Il membro del Comitato si scusò del meglio, e confessò poi al mio interlocutore che effettivamente i muli 'erano in Montenegro ed erano stati dal Principe regalati ad alcuni senatori. Del pari in Montenegro fuoro spedite le cospicue somme in denaro che si raccolsero in Europa per i feriti ,e i rifugiati in Erzegovina. Mi fu detto altr'e 700 mila franchi. Le dette somme se di Russia erano versate al Console Russo in Ragusa, se di altra parte di Europa a certo Veneliiski cveatura del detto Console; ed ambedue senza curarsi della intenzione dei donatori spedivano tutto al Principe.

La persona, che ho già più volte menzionata, ~essendo a fare visita al Generale Jovanovich in Ragusa sentì dal medesimo ~esprimere il suo malcontento per :il contegno degli Agenti Russi, e del modo brigantesco del Montenegro. Disse rincrescergli che il Governo di Vienna non sia stato destro a cogliere la buona occasione con un colpo ardito, avanti che l'intrigo mutasse la situazione e la Russia avesse il tempo di orientarsi. Ora la cosa essere assai difficile, anche perché facendola si correrebbe il rischio di rinnovare la spedizione dei ducati dell'Elba; senza parlare poi delle stesse difficoltà interne poiché se metà dell'armata e della popolazione austro-slava desidera e fa voti per l'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, l'altra metà austro-ungaro-tedesca la contraria e respinge.

Il mio interlocutore avendo poi fatta conoscenza di certo Signor Li:ikse corrispondente del Tages-Blatt di Vienna, pvesentatogli ~e caldamente raccomandatogli dal Generale Jovanovkh mi narrò su quegli le seguenti cose.

Il partito annessionista della Bosnia e della Erzegovina dopo avere forse visto di essere stato più compromesso che ajutato dai fautori militari e dalle autorità Dalmate e dopo essere per qualche tempo rimasto inoperoso si è di nuovo messo all'opera per quel suo intento. Un Agente principale è il detto Li:ikse, giornalista come ho detto, e in diretta relazione col Generale Molinari, comandante in Croazia e Slavonia, e aspirante al Banato di Croazia e Bosnia unite siccome già erano in antico. Sembra che tra il Lokse e il Generale Molinari la relazione sia delle più intime, poiché quegli corrisponde col Generale per telegrafo in cifra. Il Li:ikse è affatto antirusso: ed è il solo dei corrispondenti giornalisti che abbia osato essendo in Ragusa di non fare visita al potente Console Generale di Russia. Questi che ne subodorò la missione, per togliere al Li:ikse il motivo patente di viaggiai'Ie in Dalmazia andò persino a scrivere alla Direzione del Tages-Blatt offrendosi di inviarle gvatuitamente le più minute informazioni che desiderasse, facendo così risparmiare a quella le considerevoli spese di corrispondente. La Direzione naturalmente ringraziò adducendo avere contratto col suo corrispondente. Il Li:ikse s'informò col mio interlocutore del personale della Commissione attuale Consolare in Mostar, e delle particolari attitudini d'ogni Delegato, e se ne disegnò a ciascuno le attribuzioni in anticipazione pel caso che dovesse essere insediata in queste provinde una Commissione internazionale a seguito di occupazione militare; e si andò per fino a

dire che come Generale dell'occupazione e investito dell'esecuzione delle risoluzioni della Commissione non potrebbero ~essere né il Generale Rodié perché troppo assoluto, né il Generale Filippovié perché poco intenditore di cose amministrative; né il Generale Jovanovié perché troppo caporale; ma il Generale Molinari.

Secondo le comunicazioni del Lokse l'azione, che si vorrebbe ora ricominciare, sarebbe a dirigersi specialmente all'insù della sponda destra della Narenta; al quale effetto si stanno facendo preparativi di armi e d'uomini. Fui assicurato che a Macarsca vi sia stato fatto un deposito di mille fucili a retrocarica con munizioni e biscotto. Macarsca è piuttosto una borgata che città; e nulla può certo farsi senza che l'autorità ne sia informata.

In fine il mio interlocutore avendo avuto abboccamento col Console Russo in Ragusa mi disse avergli sembrato dedurre che si cerchi dai Russi di far ritornare in Costantinopoli le negoziazioni per la questione dell'Erzegovina, perché là essi possono ciò che vogliono; nel mentre che a Vienna deveno tenersi in soggezione.

Mi son fatto dovere di riferire all'E. V. queste notizie datemi da persona a me amica e di posizione ufficiale. Sulla loro ~esattezza io non me ne rendo però garante. Chieggo poi venia sia per la calligrafia che per la forma confusa e disordinata di questo rapporto che ho scritto di primo getto ed essendo sempre indisposto di salute.

P. S. Vengo assicurato che il contrordine a Server Pascià è solamente di rimanere ancora per qualche giorno. Intanto Raouf, il Valì, ha dato la demissione.

(l) Non pubblicato.

543

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1548. Berlino, 8 gennaio 1876 (per. il 13).

D'après les nouvelles ayant cours hier dans les cercles diplomatiques de Berlin, la France avait à son tour adhéré aux propositions présentées par l'Autriche-Hongrie d'accord avec l'Allemagne et la Russie. Il ne restait donc plus qu'à connaitre la réponse de l'Angleterre. Lord Derby s'était réservé de la faire à son retour à Londres après avoir pris l'av,is de la Reine et s'etre consulté avec les Ministres. On s'attendait assez généralement à une acceptation.

La Sublime Porte, après avoir vainement cherché à déjouer le plan concerté à VIenne, et sans meme attendre d'apprendre dans quels termes était conçue la note projetée, avait cru devoir formuler à l'avance des réserves. Si elle accentuait d'une part les bonnes dispositions dont témoignaient des mesures récentes, elle se prononçait d'autre part très-nettement contre toute demande qui porterait atteinte à la souveraineté du Sultan. Les représentants à l'étranger étaient chargés de s'expliquer verbalement dans ce sens. Musurus-Pacha a donné lecture au Foreign-Office et meme laissé copie de ses instructions. On a été quelque peu surpris de ce procédé à Londres, car ce diplomate ne pouvait douter des sentiments dont on y étai't animé envers la Turquie. Aristarchi-bey a été mieux avisé. Il s',est borné à entretenir confidentiellement S.E. M. de Biilow sur ce sujet, de la manière la plus radoucie et sous forme d'hypothèse.

Il lui a été répondu que dans cette question l'Allemagne n'était qu'en seconde ligne. Le Cabinet de Berlin n'avait en vue que l'accord des Puissances et le mainhen de la tranquiHité générale. Le Secrétaire d'Etat donnait en meme temps l'assurance que le Gouvernement Impérial ne visait aucunement à léser en quoi que ce fut les droits souverains du Sultan. S. E. ajoutait que lorsque le texte meme des propositions préparées par le Comte Andrassy serait connu, on se convaincrait toujours plus à Constantinople que rien de semblable n'était entré dans la pensée du Cabinet de Vienne, ni dans celLe des autres Gouvernements qui pretent leur concours.

Si la Turquie est sagement conseiUée, elle se gardera d'opposer une fin de non recevoir aux concessions qui lui seront demandées pour les Provinces rebelles maladroitement exclues du bénéfice des iradés. Un acquiescement n'augmentera certes pas son prestige à l'intérieur, si ce n'est pas une abdication, ce pourrait en etre le pré1ude; mais un refus aurait pour conséquence de dégager l'Autriche et la Russie qui jusqu'ici ont contenu les velléités de la Serbie et du Monténégro de se meler à la lutte. C'est une dernière planche de salwt qu'on tend à la Porte, et elle devrait s'empresser de s'y cramponner pour prévenir, au moins pour quE'lque temps, de plus graves complications. La diplomatie dans l'année qui commence parviendrait alors à conjurer la guerr·e pour la question d'Orient. L'essentiel maintenant, comme garantie de réussite, c'est que si l'accord s'établit, ainsi qu'il est à désirer, entr·e les Puissances, on parvienne à poursuivre à six les négociations commencées à trois.

544

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 20. Madrid, 9 gennaio 1876, ore 16 (per. ore 21,10).

Le ministre d'Etat m'a conf.ié avoir lieu de supposer que les Eta·ts-Unis ménagent un accord avec la France et l'Angleterre à l'égard de la question d'Odent en opposition aux trois Empires et à l'Italie. Il a ajouté qu'après la pacification intérieure l'Espagne, dans le cas de développement de la dite question, se rangerait du còté des trois Empires (1).

c Questo atteggiamento, proseguì il Ministro, è consigliato alla Spagna da quello che da alcun tempo assunse verso di essa la Francia, la quale, durante l'imperversare della guerra civile, non lasciò sfuggire veruna occasione per dimostrare il suo mal animo verso il Governo del Re Alfonso. Nel dirmi ciò, il Ministro volle però distinguere l'azione del Governo Francese da quella della nazione, asserendo che il primo compi nella proporzione che gli fu possibile, i suoi doveri di buon vicino ».

(l) Cfr. il seguente brano del r. confidenziale 36, Madrid 10 gennaio, che sviluppò il contenuto di questo telegramma:

545

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2410/575. Londra, 9 gennaio 1876 (per. il 13).

L'Ambasciatore d'Austria tornava ieri da Knowsley. E ieri sera ho telegrafato testualmente a V. E. il dispaccio telegrafico spedito poco prima dall'Ambasciatore di Ger>nania sui colloquij del suo collega con Lord Derby. Il Conte di Munster volle darmi copia di quel suo dispaccio e autorizzazione di ripeterlo a V. E. I telegrammi degli Ambasciatori d'Austria e di Russia sono uguali; imperocché, concertatisi tutti e tre a telegrafare dn modo identico, la redazione fu opera del Tedesco, fu corretta dall'Austriaco, e fu approvata dal Russo.

Nella conversazione che ho avuta stamane col Conte di Beust, egli non si è scostato da quanto è detto nel telegramma. Trovò Lord Derby assai più ben disposto per le proposizioni Austriache che non isperava; ,e ne dà il merito rin parte alla mitezza della sostanza e della forma di quelle proposte e in parte a non aver potuto l'Inghilterra trovar compagni, d'opposizione o d'astensione.

L'argomentazione dell'Ambasciatore ~ebbe per base la responsabilità grandissima che assumerebbe l'Inghilterra col suo rifiuto; qualunque fatto dannoso o funesto per la pace le sarebbe addebitato, e, anzi tutto, sarebbe incolpata della ostinazione turca e se l'incendio dell'Erzegovina perdurerà dilatandosi.

• L'accordo unanime delle Potenze significa poi la ricostituzione dell'Europa né può essere l'Inghilterra causa che non s'ottenga •.

Lord Derby rispose approvando 'i principj fondamentali svolti nella Nota Andrassy; ma disapprovando quei punti nei quali dai principj s'è voluto discendere all'applicazione d'essi, come nella divisione delle tasse, nei mutamenti proposti al sistema agrario, perché l'Autorità del luogo è sola competente a giudicare e decidere sui modi acconci d'attuazione, e sola non è ignorante di quei particolari e di ouelle condizioni locali la cui cognizione può rendere quei modi pratici e convenienti.

Dalla natura di queste objezioni ha l'Ambasciatore desunto il convincimento che l'Inghilterra non sarà per isolarsi, accetterà le proposte con riserve poco importanti.

Egli ha combattuto il pensiero di formular riserve, osservando al Ministro della Regina che riserve impegnerebbero assai più la politica dell'Inghilterra che non potrebbe impegnarla una intera adesione. Ma il Conte di Beust mi faceva pure osservare che, se le riserve non riguarderanno punti essenziali, il fame non potrà dare se non peso e serietà maggiori all'adesione.

Lord Derby ha avuto cura di fissare non esseve le sue parole una risposta definitiva, i suoi apprezzamenti non potendo impegnare nell'una o l'altra via la decisione che sarà presa in Consiglio di Gabinetto. E la convocazione di questo Consiglio è stata affrettata dal Signor Disraeli; avverrà mercoledì prossimo invece delli 17, 1in modo che per la fine della settimana potrà Lord Derby significare la risoluzione del Governo Britannico.

L'Ambasciatore d'Austria è rimasto ad ogni modo soddisfatto del risultato della Sua conv,ersazione; se non ha ottenuta una risposta diffinitiva, ha pertanto potuto !influire con le Sue spiegazioni e osservazioni sulla decisione avvenire, e stima essere un indizio assai favorevole che il Conte di Derby, fra i Ministri della Corona Inglese quegli ch'è più circospetto e ha più ripulsione per

• atti d'iniziativa •, abbia riconosciuta la forza dell'argomento: • cooperi l'Inghilterra al concerto europeo ripristinato •; e che le objezioni del nobile Lord non abbiano avuto quel carattere di gravità ch'egli temeva.

L'E. V. mi permetterà forse osservare che i discorsi del Marchese di Salisbury da me compendiati nel mio rapporto d'avant'ieri (l) (più espansivi a causa della minore responsabilità) giunsero a quella conclusione d'una adesione con riserve che il Conte di Beust ha ricavata dalle parole del Conte di Derby. Se le objezioni e difficoltà del Segretario di Stato per l'India ebbero un carattere più grave che non quelle del Suo Collega per gli Affa11i Esteri, pure il Marchese di Salisbury ripeteva, -riconoscendone l'esattezza, -le medesime osservazioni che quasi simultaneamente dall'Ambasciatore Austriaco erano a Lord Derby rivolte per convincerlo della necessità per l'Inghilterra di non fare un gran rifiuto.

Lord Derby ha espresso al Conte di Beust la Sua Vliva soddisfazione che nella Nota non vi sia la clausola sull'intervento a Costantinopoli degli Ambasciatori negli atti del Governo Ottomano, che sarebbe stata cagione d'un'assoluta 'e recisa opposizione dell'Inghilterra. L'Ambasciatore mi affermava che a quella notizia è anche da attribuirsi la reazione salutare avvenuta nelle disposizioni di questo Governo; ma sebbene ora s'abbia ragione di credere non sarà per tornare all'attitudine che assunse in tutta la seconda metà del mese andato, nissuno può prevedere se nuove fluttuazioni non avverranno.

546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 11. Roma, 10 gennaio 1876, ore 15,30.

Caratheodory m'a fait communication verbale d'un télégramme portant que la Porte n'aurait pas accepté de note collective des puissances. Je lui ai répondu immédiatement qu'il ne me résultait aucunement que l'envoi d'une note collective eut été décidé entre 1es puissances. J'ai ajouté Q.Ue j'engageais vivement la Porte à ne pas se livrer à des défiances exagérées et à attendre au contraire avec confiance le résultat d'une négociation où l'on tiendrait compte de sa dignité et de son indépendance. Je vous autorise à insister vivement dans ce sens, car j'ai la conviction que la Turquie ferait un très mauvais calcul en se gendarmant dans un faux point d'honneur pour repousser les conseils des puis

sances garantes. Il est assez probable que l'Angleterre accepte, peut etre avec des réserves, de s'assoder aux démarches des autres puissances garantes. Tachez que la question des consuls à Mostar ne soit pas préjugée par la Porte avant la présentation des notes concertées sur les propositions Andrassy.

(l) Cfr. n. 541.

547

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 14. Roma, 12 gennaio 1876, ore 15,45.

Vous étes autorisé à insister d'accord avec vos collègues pour que la Porte ne soulève pas de difficultés et reçoive une communication écrite des propositions du comte Andrassy. Son véritable intéret est d'intéresser les puissances à la pacification des provinces insurgées et nous croyons au'un refus préalable de sa part ne ferai1t qu'empirer la situation.

548

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 22, pp. 95-96)

R. 84. Costantinopoli, 12 gennaio 1876 (per. il 21).

Li 11 del presente ricevetti il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi il giorno innanzi (1), intorno alla comunicazione verbale fattale da cotesto Ministro della Sublime Porta relativamente alla ripugnanza di questa d'accettare una nota collettiva delle Potenze garanti, nonché al desiderio manifestato che si ritirassero i Consoli Delegati dall'Erzegovina.

In obbedienza agli ordini in esso contenuti, mi trasferii senza indugio presso il Ministro degli Affari Esteri, al quale comunicai le sagge osservazioni suggerite all'E. V. dalla comunicazione .in discorso. Dissi a S. E. il R. Governo non avere altro scopo, nella sua partecipazione alle relative pratiche, che quello di trovare una soluzione alle presenti difficoltà, di conservare lo statu quo, d'assicurare il mantenimento della pace; essere lungi dal suo pensiero di associarsi ad a!lcuna proposta che potesse menomamente intaccare la dignità e l'indipendenza della Sublime Porta; desiderare che questa dal canto suo si prestasse di buona voglia ai negoziati che tendevano a sì importante risultato. Conchiusi non convenire in verun caso alla Sublime Povta d'assumere in faccia alle Potenze garanti la grave responsabilità delle conseguenze che avrebbero potuto venire da un 1Miuto.

S. E. mi rispose riconoscere come il Real Governo fosse animato da sentimenti di benevoienza per la Sublime Porta, e fare quindi gran caso de' consigli

che· da esso venivano. Disse la comunicazione in discorso essere stata provocata specialmente dall'assoluto silenzio che i Rappresentanti dei tre Imperi avevano conservato sopra trattative che pure dovevano interessare in sommo grado il Governo Ottomano. Avere questo udito, sia per la via della stampa, sia pei suoi Rappresentanti all'estero, trattarsi di una nota collettiva che riguardava l'amministrazione interna dell'Impero, avere inviato la circolare sovra menzionata affine d'ovviare al pericolo di dover respingere un atto emanato dalle Potenze garanti. Aggiunse, dal momento che il Governo era informato non essere intenzione delle Potenze di rivolgergli una Nota collettiva, la circolare predetta rimaneva senza scopo; la Sublime Porta essere sempre pronta ad ascoltare con deferenza le proposte che le venivano presentate dalle grandi Potenze, e nella presente congiuntura si presterebbe a tutte quelle concessioni che non fossero pe·r derogare alla sua dignità.

Toccai poscia della questione del richiamo de'i Consoli Delegati dall'Erzego·vina, né durai fatica a fargli intendere come il momento fosse eminentemente inopportuno per insistere sopra questa misura. S. E. replicommi comprendere che se le proposte a farsi avessero infatti ad avere qualche probabilità di ricondurre la pace nell'Erzegovina, sarebbe forse a proposito di profittare della presenza di quegli Agenti per far intender ragione agli insorti, e conchiuse per quanto dipendeva da esso non insisterebbe nelle presenti congiunture per l'immediata applicazione della relativa proposta. E così ebbe termine la nostra conferenza.

Non v'ha dubbio che Rachid Pacha non poteva fare più propizia accoglienza, né dar maggior peso alle osservazioni che gli presentavo a nome del Reale Governo, e credo veramente che la convinzione da parte deLla Sublime Porta che i nostri consigli sono sinceri e disinteressati contribuisse grandemente a siffatta accoglienza. E nel prendere commiato da S. E. non mancai d'offerirle i miei ringraziamenti per le concilianti disposizioni per tal modo dimostratemi.

* -Detti in giorna•ta (12 del presente) un cenno telegrafico di questa conversazione all'E. V .... P. -S. Li 13 del corrente comparve il telegramma dell'E.V. delli 12 (l) né man

cherò d'·eseguire gli ordini per esso impartitimi. Unita una particolare a V. E.* (2).

(l) Cfr. n. 546.

549

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 13 gennaio 1876.

Le nostre osservazioni fecero non poca impressione sull'animo di Rachid Pacha, il che viene in parte anche dal fatto che il Rappresentante d'Italia si è astenuto dal portare ad ogni istante consigli alla Porta come facevano vari de'

miei colleghi, ai quali capitò più fiate d'avere a dir bianco oggi e nero domani. E poi già è noto che troppi medici uccidono il malato. Ed ora mi sembra veramente che la Povta sia disposta ad accettare quello che le Potenze saranno per proporle, massime se queste agiranno sinceramente d'accordo. Qui si crede che la forma più probabile della comunicazione del progetto Andrassy sarà quella di dare 'lettura d'un dispaccio dei Governi ai rispettivi rappresentanti in questa residenza, !asciandone copia. Mi viene eziandio riferito che il Conte Zichy ha ordine d'insistere perché la Porta s'impegni a rispondere per iscritto, cui Sir

H. Elliot faceva osservare l'uso diplomatico ,essere che i Governi rispondano quello cvedono conveniente pe' rispettiVIi Rappresentanti all'estero.

Unisco alla presente un paragrafo in cifra che ti prego di considerare come personale.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

Costantinopoli, 13 gennaio 1876.

On explique difficilement la conduite du Général Ignatieff dans ces derniers temps; tandis qu'il recevait des ordres de son Gouvernement de réclamer l'acceptation de la communication il conseillait sous main la résistance. Le Ministre Affaires Etrangères hier s'est ouvert là-dessus avec Elliot qui lui a expliqué le fait par l'opposition que son collègue de Russie a toujours fait ici à l'Autriche estime par son aversion personnelle contre le Chancelier autrichien. Tout cela a produit un léger rapprochement entre les Ambassadeurs Autriche et Ambassadeur Angleterre et a contribué à rendre celui-ci plutòt favorable aux propositions autrichiennes.

(l) -Cfr. n. 547. (2) -II brano fra asterischi è omesso in LV 22.
550

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 313. Cairo, 14 gennaio 1876 (per. il 27 ).

Questa mattina il Comm. Scialoja ha avuto col Khediv,e la prima conferenza sull'oggetto della sua missione in Egitto. La qu:istione vitale del momento essendo la finanza, la conversazione s'è aggirata su questo importante argomento. Il Khedive ha rimesso al Comm. Scialoja tutti i documenti sottoposti al Signor Cave. Li hanno percorsi insieme, e Sua Altezza gli ha date moltissime spiegazioni con la più spontanea e squisita franchezza. Il Commendatore gli ha fatte alcune nuove interrogazioni, riserbandosi di completarle, dopocché avrà studiati 'Ì numerosi documenti. Non mi è permesso invadere un terveno, allorché il proprietario stesso deve informare l'E. V. della sua natura, del raccolto attuale e di quello che potrà essere, introducendovi quelle modificazioni ed innovazioni che la scienza e lo studio hanno scoperto. È argomento troppo difficile per me, e debbo lasoiarne al Comm. Scialoja tutto l'obbligo ed il merito, con gran vantaggio per l'E. V. Quello che posso assicurada si è che il nostro distinto economista è accolto con gran simpatia, e che il Vic•e Re ed i nuovi Ministri ne hanno quel concetto che merita, e che si ripromettono di 11itrarre grandi vantaggi dai suoi consigli.

Per ciò che riguarda gli studi sulla parte commerciale ed industriale, il Vice Re ha incaricato il Signor Acton, Direttore del Ministero del Commercio, di mettersi a disposizione del Comm. Scialoja, e fornirgli tutti quei documenti e schiarimenti che può desiderare, ·ed è persuaso che da questo studio, non solo ne profitterà l'Egitto, ma facilmente si potranno stabilire le basi per stipulare un trattato di commercio con noi.

551

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 38. Parigi, 15 gennaio 1876, ore 15,20 (per. ore 16,40).

J'ai reçu aujourd'hui note de M. Decazes portant que le Gouvernement français accepte la prorogation du traité de commerce et de la convention de navigation jusqu'au premier juillet prochain, à laquelle époque il espère· que les nouveaux accords qui se négocient pourront entrer en vigueur.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 5. Roma, 15 gennaio 1876.

Il Rappresentante di Spagna venne, per ordine del suo Governo, a darmi notizia di una circolare del Gabinetto di Madrid in risposta a quella degli Stati Uniti sugli affari di Cuba. Nella nota del Governo spagnuolo si risponde ad alcuni degli argomenti esposti nella comunicazione fatta dal Gabinetto di Washington ai principali Governi d'Europa. Non crede il Gabinetto di Madrid che lo stato attuale di Cuba sia causa di danni per gli Stati Uniti. Egli osserva che in questi ultimi anni il commercio fra l'isola ed il continente nordamericano andò sempre acquistando maggiore sviluppo. Il Gov•erno del Re Alfonso spera di potere fra breve portare un colpo vigoroso e decisivo al carLismo e prepara diggià i mezzi necessari per la spedizione a Cuba di nuove forze militari in numero sufficiente per vincere l'insurrezione. Inoltre, ed è questa la parte più rimarchevole della circolare spagnuola, il Governo di Madrid dichiara di riconoscere l'opportunità di introdurre nell'amministrazione di Cuba delle importanti riforme e di fare a quella colonia delle larghe concessioni. Ciò che è stato fatto per Portorico è un pegno di ciò che la Spagna farà anche per Cuba appena le circostanze lo permetteranno. Intanto è anche una prova della sollecitudine con cui questa questione sarà esaminata e risoluta, l'invio come

governatore generale dell'isola di un personaggio che occupa un posto così distinto nel suo paese e nella fiducia del suo Governo, come il Generale Jovellar. Infine il Ministro di Stato spagnuolo fa delle riserve circa il diritto che un Governo estero può avere di intervenire fra un al,tro Governo ed i sudditi ribelli del medesimo.

Ringraziai il Conte Coello della comunicazione fattami per ordine del suo Governo, e gli dissi che quando ricevetti dal Signor Marsh l'altra comunicazione relativa a questa stessa questione, io Io pregai di far sapere al Governo degli Stati Uniti che mi sarei limitato ad informare di quei passi la Legazione italiana in Madrid. Più tardi, se si fosse presentata opportuna occasione, e senza dipartirsi dalle regole osservate fra le Nazioni indipendenti, l'Italia si sarebbe associata alle altre Potenze per manifestare il desiderio che fra la Spagna e gLi Stati Uniti si stabilisca un accordo che valga ad allontanare il pericolo di un conflitto e forse di una guerra di cui le nazioni marittime avrebbero a soffrire gravemente per i loro interessi.

Le informazioni che ho ricevuto dai rappresentanti italiani presso i principali Stati d'Europa non mi permettono di supporre che vi sia alcuna Potenza la quale voglia in questo momento interporsi molto energicamente nella quistione di cui si tratta.

La S. V. Illustrissima potrà quando se ne presenti l'occasione esprimersi in un senso analogo al linguaggio che io tenni al Rappresentante di Spagna.

553

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 41. Parigi, 16 gennaio 1876, ore 13,45 (per. ore 21,20).

Decazes m'a dit et j'ai la satisfaction de vous annoncer que le Gouvernement anglais consent à entamer négociations commerciales avec la France. Le négooiateur anglais est attendu à Paris en février. Decazes pense que les traités anglais-français et français-italien pourront etre signés en mars, soumis à la sanction législative dans les mois suivants et entrer en vigueur au premier juillet prochain.

554

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2604. Parigi, 16 gennaio 1876 (per. il 19).

Ieri ho avuto l'onore d'intrattenermi col Duca Decazes intorno agli affari d'Oriente e più specialmente intorno all'accoglienza fatta dal Gabinetto di

S. Giacomo alla Nota del Conte Andrassy. Il Duca Decazes si mostrò meco assai preoccupato dell'attitudine presa a questo riguardo dall'Inghilterra. Il Marchese d'Harcourt l'aveva informato che H Conte di Derby gli aveva annunziato come i Ministri della Regina dopo maturo esame s'erano pronunziati nel senso d'una astensione o quasi astensione per parte dell'Inghilterra ad associarsi agli uffizii delle altre Potenze intesi a raccomandare alla Sublime Porta l'adoz,ione e l'esecuzione del programma contenuto nella nota austriaca. Il Gabinetto Britannico, secondo il Conte di Derby, dovrebbe limitarsi a far presente al Go·verno ottomano la responsabilità che gli incomberà ove rigetti i consigli delle Potenze, ma si asterrebbe da ogni altro uffizio in proposi,to; in sostanza senza disapprovare la proposta austriaca, non si assoderebbe all'azione comune. Il Duca Decazes scrisse subito al Marchese d'Harcourt, in via privata e confidenziale invitandolo a combattere le obbiezioni poste innanzi dal Conte di Derby per declinare l'azione comune-ed a fare nuovi uffizi per indurre i Ministri della Regina a non negare H loro concorso a questo tentativo di pacificazione dell'Europa orientale. Nella lettera da lui scritta all'Ambasciatore di Francia a Londra, il Duca Decazes osserva che l'isolamento, in quest'occasione, dell'Inghilterra sarebbe interpretato come un indizio d'una politica particolare ed 1interessata per parte di questa Potenza, la quale verrebbe· così sospettata di sostituire, nelle cose d'Oriente, alla politica dell'integrità dell'Impero Turco, la politica che potrebbe chiamarsi dei compensi. Egli fa allusione a certe voci giunte ad un tempo da Costantinopoli, da Pietroburgo ed anche da Berlino, secondo le quali Musurus Pascià, in compenso dell'astensione dell'Lnghilterra avrebbe offerto al Gabinetto Britannico una specie d'abbandono dell'Egitto all'esclusiva influenza inglese. Quantunque H Duca Decaz,es sia disposto a non dar soverchia importanza a simili ·voci, non può tuttavia astenersi dal confrontare questi rumo11i coll'attitudine per dir così imperativa degli Agenti inglesi in Egitto, la quale avrebbe di già eccitato i sospetti ·ed i lagni del Khedive.

Passando ad un altro lato della quistione il Duca Decazes scrive· al Marchese d'Harcourt che dalle notiZJie inviate dall'Addetto militare di Francia a Costantinopoli risulta evidente che la Turchia non è in istato di sostenere una campagna militare nemmeno col Montenegro.

La pittura fatta dall'Addetto militare francese delle forze ottomane è affatto scoraggiante. L'esercito ottomano è appena l'ombra d'un esercito. I soldati mancano di ogni cosa. Non v'è paga; non muniZJioni di bocca, né di guerra; non vestimenta; non disciplina. Anche le armi sono vendute o dissipate. Il tesoro turco è vuoto, ed ogni sorgente di credito intieramente esausta.

Il Duca Decazes crede quindi che il Governo Ottomano non ha che una sola via di levarsi temporariamente d'impiccio ed è di accettare le proposte delle Potenz,e e di eseguirle col concorso di esse. Ma per questo è necessario il concorso di tutte le Potenze signatarie del Trattato del 1856 e quindi quello dell'Inghilterra. Ogni altra ipotesi apre il campo a sinistre previsioni.

Nel confidarmi tutte queste cose che il Duca Decazes ha del resto fatto conoscere confidenzialmente a Lord Lyons, al Principe Orloff e credo anche al Principe di Hohenlohe, egli mi espresse >il desiderio che l'E. V. dal suo lato faccia ufficj presso il Gabinetto Britanrnico perché questi consenta a non rimanere separato dall'accordo stabilito fra le altre Potenze intorno a questo gravissimo soggetto.

555

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 18. Roma, 17 gennaio 1876, ore 15,25.

Ne pouvant faire donner des conseils à lord Derby par un simple chargé d'affaires intérimaire, j'ai causé longuement avec ministre d'Angleterre qui a télégraphié pour insister vivement en mon nom afin que le Cabinet anglais ne se sépa!le pas dans les circonstances actuelles des autres puissances garantes.

556

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 369. Roma, 17 gennaio 1876.

Mi faccio p!lemura di trasmettere all'E. V., le lettere Reali che La accreditano nella qualità di Ambasciatore presso S. M. l'Imperatore di Germania e Re di Prussia.

In questa circostanza mi è grato manifestarle tutto il piacere che provo per questo nuovo ed eminente attestato della Sovrana soddisfazione che S. M. H nostro Augusto Sovrano si è compiaciuto di dare all'E. V. in considerazione deU'antico e costante suo attaccamento all'Augusta Dinastia di Savoia e dei lunghi e segnalati servizi che Ella ha reso al paese.

Io non dubito che V. E. saprà valersi della sua nuova posizione per mantenere e migliorare ancora le ottime relazioni d'amicizia ora felicemente esistenti fra le due Corti ed i due Governi.

557

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 24. Roma, 19 gennaio 1876, ore 15.

Gouvernement anglais adhère en principe aux démarches proposées par le comte Andrassy en réservant examen des détaHs.

558

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI

(Carte Oldoini)

L. P. Roma, 19 gennaio 1876.

Vi mando le istruzioni che vi pregai di attendere. Esse non sono molto voluminose, ma alcuni dati richiedevano delle ricerche e delle informazioni che non potei prima raccogliere. Voi potete ora partire per Lisbona.

Nella presente spedizione vi troverete: un dispaccio per ringraziare il signor Andrade Corvo e provargli l'importanza che poniamo alle sue comunicazioni confidenziali (l); alcuni appunti che completano le istruzioni che vi diedi a voce e si riferiscono a certe considerazioni da far valere secondo l'opportunità e a certe investigazioni affidate al vostro zelo e al vostro tatto; infine due liste che comprendono i nomi dei Cardinali italiani facienti parte del Sacro Collegio.

La lista A contiene i nomi di quei Cardinali che a nostro avviso, dovrebbero escludersi e di cui ci sembra pericolosa l'elezione al Papato sia per le loro opinioni fanatiche e , ultra retrive, sia perché la loro azione come Pontefici sarebbe, sotto altri aspetti a temersi. Questi sono i primi nella lista anzidetta e ad essi se ne aggiungono altri i quali, oltre l'avere poca o nessuna probabilità di riuscita, sono anche sprovvisti di quelle qualità che si richiedono per un così alto Ministero. La lista B contiene i nomi di quei Cardinali che, secondo il nostro giudizio, non avrebbero contro di sè alcuna ragione per una particolare esclusiva. Essi sono posti, specialmente i primi nell'ordine delle loro attuali probabilità di elezione, per ciò che almeno può giudicarsi dalle disposizioni che ora sembrano prevalere nel Sacro Collegio. Il Cardinale Franchi non è posto fra i candidati più probabili, perché dalla sua recente promozione e dalla sua età ancor giovine egli è fra quei Cardinali di cui si fanno piuttosto i Segretari di Stato che i Papi.

Nella lista A, vale a dire in quella dei Cardinal.i la cui nomina ci sembra pericolosa, voi noterete che ho posto il Cardinale Riario-Sforza. Quando ebbi il piacere di vedervi a Roma vi dissi il mio intimo pensiero intorno alla possibile candidatura del Cardinale Riario-Sforza. Vi dissi che alcuni fatti speciali avevano contribuito a dare al Cardinario Riario un'apparenza di disposizioni liberali che, in realtà, non esistevano. Egli è il capo dell'aristocrazia borbonica a Napoli e quindi di una specie di partito legittimista e separatista del me·zzogiorno d'Italia. Egli è il candidato forse della Francia e più probabilmente di quel partito cattolico francese, rappresentato, per meglio esprimermi con un nome proprio, da Monsignor Dupanloup, partito che odia l'Italia, che è certo più illuminato degli ultra-dericali fanatici, ma che ha un programma anche più pericoloso, il programma cioè di costituire il clero come un partito politico e di introdurre in Francia, in Italia, e negli altri paesi cattolici, le condizioni e le lotte del Belgio. Il favore di questo partito e le sue simpatie borboniche faranno sì che il Cardinale Riario potrà contare su potenti influenze francesi ed esserne, al tempo stesso, lo strumento.

Dal punto di vista dunque dei nostri interessi nazionali e dinastici credo la candidatura del Cardinale Riario pericolosa per noi.

Voi sapete che non abbiamo candidati, che su questo argomento intendiamo sempre parlare con riserva e moderazione anche coi nostri migliori amici com'è il signor d'Andrade Corvo. Ma di questi nostri dubbii voi potrete parlare confidenzialmente con lui. Egli vedrà, colla sua molta perspicacia, i pericoli delle tendenze e delle aderenze che vi ho ora segnalate, non solo per gli interessi

speciali dell'Italia unita da così forti vincoli dinastici al Portogallo, ma anche per coloro che desiderano la pace religiosa col rispetto dei diritti dello Stato e n()n già il clero mescolato nelle lotte politiche e la religione diventata un partito. Non vi parlo di quegli altri pericoli che deriverebbero per la pace d'Europa da una recrudescenza nelle simpatie papali della Francia.

È questo un argomento assai delicato, e in cui la mano dell'Italia non deve essere veduta. Ma io credo che il Governo portoghese ci renderebbe un servizio esercitando la sua influenza nel senso di rendere meno probabile la candidatura del Cardinale Riario e anche includendo il Cardinale Riario insieme con qualche altro Cardinale del partito fanatico, Panebianco, Patrizi, nelle previsioni della sua esclusiva. Cercate di investigare abilmente il terreno, senza mancare a quella cordiale franchezza che noi desideriamo usare col Gabinetto di Lisbona e poi vogliate riferirmi le impressioni destate dal nostro modo di vedere.

ALLEGATO l.

INDICAZIONI CONFIDENZIALI PER OLDOINI

18 gennaio 1876.

l. Tiìcher de savoir indirectement si le Gouvernement Français a changé d'attitude dans l'affaire du Conclave, après l'avènement du Ministère actuel: en un mot, si le Due Decazes continue à mettre en avant le projet des garanties internationales.

2. -Prier le Baron d'Andrade-Corvo de sonder adroitement l'Espagne, pour savoir si on pourrait, sans s'exposer à des dangers ou à des inconvénients, communiquer au Cabinet de Madrid les idées sur lesquelles sont tombés d'accord le Portugal, l'Autriche et l'Italie. Il faudrait savoir si M. Canovas del Castillo, l'homme le plus éminent du pa~rti alphonsiste, partage les convictions du Baron d'Andrade, et ses appréciations sur l'état actuel de la situation religieuse. 3. -Déclarer franchement que le Gouvernement Italien, n'a pas de candidat pour la prochaine élection, et s'abstiendra de faire connaitre ou d'avoir des préférences; et cela pour les motifs suivants.

Désigner un candidat, se serait probab1ement, de la part du Gouvernement Italien, empecher son élection: car le parti fanatique, si nombreux dans le Sacré Collège, empècherait à tout prlix sa nomination.

En outre, en désignant un candidat, le Gouvernement Italien pourrait s'exposer à des accusations d'intrigues ou de pression, qu'il est dans l'intérét commun d'éviter. Ainsi qu'il en a pris l'engagement par sa dépéche du 1•• Janvier 1873, le Gouvernement Italien se bornera donc à assurer complètement l'ordre public et à garantir la liberté absolue de l'élection.

On se tromperait cependant si on voyait, dans cette attitude du Gouvernement Italien, de l'indifférence ou de l'apathie quant au résultat de ce vote solenne!. On ne saurait étre plus convaincu que le Gouvernement du Roi de l'extrème importance de cette élection pour l'Eglise et pour l'Italie elle-méme. Ce serait le plus grand bonheur pour le monde ainsi que pour l'Italie en particulier si le

S. Siège était occupé par des Papes comme Benoit VIII et Clemente XIV qui délivrèrent l'Eglise du joug des jésuites. Nul ne désire plus ardemment que nous un tel résultat. Mais l'influence morale de l'Autriche, du Portugal et des autres Puissances qui envisagent de la méme manière que M. d'Andrade Corvo les dangers d'une crise politico-religieuse peut contribuer à une bonne élection beaucoup mieux que ne saurait le faire le Gouvernement Italien, car il se trouve malheureseument exposé à des accusations, dont il tient à démontrer la fausseté, par son attitude impartiale et réservée.

4. Le Comte de Thomar a été sans doute à meme de fournir au Cabinet de Lisbonne des détails biographiques sur les membres du Sacré Collège. Toutefois, pour l'instruction personnelle du Marquis Oldoini, et pour le mettre à meme de répondre aux interrogations qui pourraient lui etre adressées par le Baron d'Andrade, on lui remet ici-joint deux listes des cardinaux italiens.

La première, avec l'indication A, contient 21 noms. Ce sont 1es Cardinaux dont les opinions trop connues s'écartent considérablement des vues du Cabinet de Lisbonne, ou dont, par d'autres motifs, l'élection ne serait pas à désirer.

La seconde liste, sous 1a lettre B, contient 12 noms de Cardinaux qui ont le réputation d'etre conciliants dans les idées et dévoués plutòt à la religion qu'aux intérets hiérarchiques. On a eu so·in de les mettre d'après l'ordre des chances qu'ils paraissent actuellement étre en position d'avodr dans la prochaine élection. Il est à peine besoin d'ajouter que ce calcul purement hypothétique est sujet à changer à chaque instant, surtout si le Pape se décide à donner encore les Chapeaux vacants.

ALLEGATO Il

A. B.

Patrizi Pecci De Angelis Trevisanato Riario Sforza Amat Panebianco Morichini Bilio De Luca Caterini Mertel Antonucci Di Pietro Asquini Vannicelli Bizzarri Sacconi Ferrieri Guidi Berardi Franchi (l) Monaco Consolini Borromeo Bartolini Giannelli Pacca Oreglia Martinelli Antici Randi Carafa

ALLEGATO Ili (AVV) (2)

l. Patrizi di anni 78 7. Asquini 74 13. Trevisanato . 75

2. -Amat 80 8. Sforza 66 14. De Luca 71 3. -di Pietro 70 9. Morichini 71 15. Bizzarri 74 4. -Sacconi 68 10. P ecci 66 16. Guidi 61 5. -De Angelis . 84 11. Antonucci 78 17. Bilio 50 6. -Vannicelli 75 12. Panebianco . 68 18. Ferrieri 66 19. -Berardi 66 24. Borromeo 55 29. Martinelli 20. -Caterini 72 25. Bartolini 30. Franchi 21. -Monaco 49 26. Giannelli 31. Antici 22. -Mertel 70 27. Pacca 32. Randi 23. -Consolini 69 28. Oreglia 33. Carafa di Traetto

N. l. -Questi è un fac-simile con proporzioni e forme ruvide e miserabili di Pio IX. Senza cuore e senza mente. Ha però un partito fra tutti coloro, che desiderano prolungata la politica attuale del Vaticano con forme anche più dure ed aspre. Si escluda.

N. 2. -Uomo di sentimenti liberali e conciliativi, ma l'età gravissima e la infiacchita sanità lo escludono.

N. 3. -Sarebbe uomo di temperati e conciliativi intendimenti; ma l'annebbiata sua opinione lo rende impossibile, in ogni caso sarebbe accettabile.

N. 4. -Questi è uomo di piccola mente; incerto e vacillante nelle sue convinzioni, se pure ne ha, lo si crede impossibile. Certo non darebbe sicura garanzia a felice avvenire, non per forza propria, ma perché trasportato dalle influenze che potrebbero dominarlo.

N. 5. -Troppo conosciuto per la sua ostinata fermezza; la quale però riposa sopra principi assolutamente retrivi e dispotici. Di età vecchissima. Si escluda.

N. 6. -Uomo di dolce e mansueta tempera, ma fatto debole per vecchiezza e malanni. Difficilmente avrà i voti dei suoi colleghi. Ma non è da escludersi.

N. 7. -Stato sempre imbecille, è escluso da tutte le possibilità.

N. 8. -Uomo sul quale è vario il giudizio. Di pochissima istruzione, di carattere testardo nel sostenere le convinzioni della propria coscienza, la quale facilmente si atteggia a scrupoli. Il suo programma è che la Chiesa deve essere libera nell'esercizio della sua Missione, senza intromettersi nella politica. Ha avute delle velleità nel promuovere l'intromissione dei Cattolici nell'elezioni. Non si sa se in questo avesse avuto per fine l'immedesimare i Cattolici negli interessi Nazionali, o avesse voluto servirsi di ciò per dominare con la potenza del suo partito nella politica nazionale. Così pure egli si mostra e dichiara avverso alla politica jesuitica, che impera nel Vaticano; ma non si saprebbe ben discernere se condannasse quella veramente, come contraria al bene nazionale, o come stata impotente a raffermare le ideee retrive della Curia Romana. Ha egli molti voti nel partito clericale e nel S. Collegio; è tenuto papabile. Ha in suo favore la fermezza e l'onestà del carattere, aborrente dai bassi intrighi partigiani; fermo nella opinione che, come lo Stato non debba osteggiare l'esercizio della Missione ecclesiastica, così la Chiesa non debba disturbare il corso della vita sociale. Ha contro di sé le sue vecchie affezioni borboniche. Non si sa ora fino a qual misura affievolite dagli avvenimenti e le sue relazioni col partito clericale borbonico.

È incerto perciò il finale giudizio della sua papabilità.

N. 9. -Sarebbe il vero uomo degno del papato, ma apoplettico si esclude.

N. 10. -Sufficientemente colto; di carattere piuttosto mite; stato prima nunzio ed ora Vescovo non si è mostrato mai oppositore passionato al nuovo ordinamento Nazionale, od almeno si è tenuto in una riserva prudente da non provocare dissidii col Governo. Vissuto sempre fuori di Roma è stato estraneo alle mene e cospirazioni curiali; pel che non ebbe avversarii nel S. Collegio, e raccoglie molti voti pel papato. Non si possono affermare in lui qualità positive ad essere oggi un degnissimo Papa, ma le qualità negative, che ha la sua vita, lo fanno il più adatto al Papato; perché queste qualità negative sono il Maximum sperabile in un futuro Papa, scelto fra questi Cardinali.

N. 11. -Uomo di poca mente, ignavo, con antecedenti di niun valore, retrivo. Si esclude.

N. 12. -Per le sue convinzioni politiche e per la durezza del suo carattere incerto, assolutamente si esclude.

N. 13. -Vecchio di età. Ha opinione di uomo temperato. La debolezza però del suo carattere, ed i suoi legami col Governo austriaco potrebbero renderlo istrumento dei partiti clericali e diplomatici.

N. 14. -Sarebbe un buon Papa, ma la sua salute fiacca e la timidezza del suo spirito lo fanno quasi impossibile.

N. 15. -Apoplettico, retrivissimo. Si esclude.

N. 16. -Non cattivo d'indole, fu oppositore dell'infallibilità, per debolezza del suo carattere si rit:r~attò. Non gode la fiducia di alcuno. Si esclude.

N. 17. -Venuto in Roma religioso con fama di liberale, mansueto e moderato fu cardinale per la redazione del Syllabus, la cui dottrina sostenne e sostiene acremente. Si esclude assolutamente.

N. 18. -Uomo leggiero. Senza convinzioni. Si esclude, non godendo alcuna fiducia.

N. 19. -Per tutti i riguardi la pubblica opinione lo esclude.

N. 20. -La sua vecchissima età, la sua fiera ed ostinata indole, le sue convinzioni ultra retrive lo escludono.

N. 21. -Giovane sufficientemente istruito è di dubbia fede morale, si mostra retrivo di convinzioni, epperò non possibile, nè desiderabile Papa. Non lo sarà finché dura la poca fiducia che suoi col1eghi hanno della lealtà del suo carattere.

N. 22. -Dotto giureconsulto, uomo di carattere chiuso, non so se per calcolo, o per indole, rispettato generalmente ebbe fama di liberale. Fu sempre onesto ed integerrimo, comunque lo accusarono talvolta d'inerzia negli affari. Non sarebbe da escludersi come Papa, ma difficilmente ne raccoglierebbe i voti per quella riputazione liberale, quantunque non si sapessero fatti che la provassero.

N. 23. -Onesto uomo, ma per età, malferma salute e per debolezza di animo non darebbe molto a sperare.

N. 24. -Per la giovane età, per la grossa ignoranza e per politica da escludersi.

N. 25. -Dabbenuomo, colto nelle scienze ecclesiastiche, retrivissimo si esclude.

N. 26. -Per imbecillità, per le sue opinioni politiche, non raccoglierà voti e si esclude.

N. 27. -Non vale il parlarne; non sarà Papa.

N. 28. -Uomo senza alcuna riputazione.

N. 29. -Meschino frate; retrivissimo di convinzioni politiche, giovane d'età sarebbe una sventura averlo Papa, ma non raccoglierà voti, perché giovane.

N. 30. -Uomo di spirito, che conosce i tempi e saprebbe essere Papa; conciliativo e di modi e di principii, ma difficilmente riunirà i voti, perché ne temono la fresca ed intelligente energia. Sarà un futuro Papa; ed è desiderabile.

N. 31. -Nullità. Oggi apoplettico.

N. 32. -Fu Ministro di Polizia e lo è ancora da Cardinale; basta.

N. 33. -Uomo onesto. Debolissimo di scienza e di carattere. La nullità di lui provata nel governo di una Diocesi mostra quel che farebbe da Papa. I suoi colleghi non gli daranno mai il voto, perché lo conoscono.

Da questo quadro statistico si rileva che di 33 cardinali Italiani solamente cinque, o sei sarebbero tollerabili; ma di questi soli tre potranno rassegnatamente accettarsi (Trevisanato, Pecci e Riario), perché hanno probabilità di voti. Ma di questi tre il preferibile è il Pecci.

Bisogna avvertire che ve ne sono tre (Patrizi, De Angelis e Panebianco) che potranno raccogliere una maggioranza retriva. È uopo escluderli.

(l) Cfr. n. 529

(l) -L'age du Cardinal Franchi, et sa nomination trop récente, paraissent le désigner plutòt pour le poste de secrétaire d'Etat, que pour le successeur du Pape. [Nota del documento]. (2) -Questo documento che non esiste nelle Carte Oldoini, è tratto dall'Archivio Visconti Venosta dove è allegato ad una copia delle istruzioni ad Oldoini che reca la data gennaio 1876 senza giorno.
559

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

(Ed. in LV 22, p. 95)

D. 12. Roma, 20 gennaio 1876.

Il Barone d'Uxkull ha ricevuto dal suo Governo un telegramma che mi ha oggi comunicato. Il Principe Cancelliere lo informa con quel telegramma del modus agendi stabilito d'accordo fra i Gabinetti di Pietroburgo, Vienna e Berlino per la presentazione alla Porta ottomana delle domande che le Potenze hanno deciso di fare in favore dei Cristiani di Bosnia e di Erzegovina e per la pacificazione di quelle provincie.

L'Inviato di Russia ha l'incarico di appoggiare presso il R. Governo la comunicazione che in proposito mi è stata fatta dal Rappresentante austroungarico, il quale mi ha fatto conoscere, :in nome del suo Governo, la risoluzione presa dai tre Governi imperiali di presentare a Costantinopoli la mota stessa del Conte Andrassy nella quale sono enunciati i punti che formano l'oggetto dell'accordo delle Potenze. Fra i tre Gabinetti imperiaLi è stato inoltre convenuto che essi non si accontenteranno di una risposta che contenga semplicemente la ricevuta della loro comunicazione alla Porta. Quei Gabinetti si propongono di ottenere una risposta scritta contenente un impegno formale. Ed il Barone d'Uxkull ripetevami oggi ciò che già m'era stato detto dal Conte Wimpffen, che le altre Potenze non hanno alcun impegno circa la scelta della forma che loro converrà meglio di adottare per presentare le proposte da farsi alla Turchia, ma che il Governo russo spera che anche noi chiederemo alla Porta una risposta scritta contenente una promessa formale.

Ho risposto al Ministro di Russia che il Governo italiano si accingerebbe prontamente ad esaminare in quale forma gli conv,errebbe meglio presentare alla Porta i punti da noi accettati della nota austriaca del 31 dicembl"'e. Soggiunsi però che l'ItaLia era disposta a rivolgere alla Turchia una comunicazione scritta alla quale la Porta avrebbe dovuto rispondere nella medesima forma.

560

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 87. Costantinopoli, 21 gennaio 1876 (per. il 27).

Pel mio rapporto del 18 del presente n. 86 di questa Serie (1), ebbi l'onore di riferire a V. E. come avessi udito la Sublime Porta avere l'intenzione di domandare alle Potenze Garanti, nell'occasione della presentazione del nuovo progetto di riforme, la piena facoltà di intervenire colle sue forze nel Montenegro quando lo credesse opportuno nell'interesse della pacificazione della Erzegovina.

Traggo ora da fonte autentica che quando ,trattossi, or non ha guari, della eventualità in discorso, gli Ambasciatori dei tre Imperi ricevettero dai rispettivi Goverilli. l'ordine di protestare formalmente nel caso la Sublime Porta mettesse innanzi siffatta pretesa; e questa protesta non è finora intervenuta solo perché il caso non s'è presentato.

Ed in questi giorni l'Ambasciatore di Russia avendo ragguagliato il Governo Imperiale correr voce che la Sublime Porta aveva l'intenzione di profittare della predetta congiuntura per reclamare la libertà di agire contro il Montenegro, il Principe Gortchakow risposegli per telegrafo non avesse in verun caso ad ammettere siffatta pretesa.

P.S. -Ho ricevuto regolarmente il telegramma dell'E. V. delli 19 del presente (2). Untta una particolare per V. E. (3).

561

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 21 gennaio 1876.

E' cosa triste a dirsi ma nessuno· di questi Ambasciatori ha fede nell'efficacia del progetto Andrassy per Quanto riguarda la pacificazione dell'Erzegovina. L'Ambasciatore di Russia si rise dell'idea che le elucubrazioni viennesi siano per far cadere le armi dalle mani degli insorti. Quello di Francia non si fa alcuna illusione a questo riguardo. E lo stesso Conte Zichy mostrasi assai scoraggito dopo che gli è nota la l'!isposta inglese. E frattanto l'Inghilterra accetta i principi e si riserva d'esaminare i dettagli, come il naufrago che invece d'afferrare la tavola di salvamento si riservi d'esaminarne le condizioni. Eppure sarebbe stato della più alta importanza che tutti i Governi che vera

mente hanno a cuore la pace si fossero francamente uniti per far riuscire questo comune sforzo mentve s'è ancora in tempo. E' facile di trovar difetti al progetto Andrassy, ma qual'altro mezzo è proposto per dissipare le gravi nubi che minacciano di scoppiare nella prossima primavera? Le Potenze che si fanno a biasimare il progetto austriaco non ne suggeriscono alcuno. Il solo di questi Rappresentanti che tenga in petto un rimedio di cui garantirebbe la riuscita è il generale Ignatieff. Egli vorrebbe che i distretti meridionali della Erzegovina fossero uniti al Montenegro, il che mi rammenta quel detto che

• gli uomini si debbano o vezzeggiare o spegnere •, né volendo a niun patto il Mantenegro spento, lo avrebbe beneficato. Questa sarebbe secondo lui una soluzione pratica poiché spegnevebbe ipso facto la favilla che minaccia l'incendio. Ma quali Potenze in Europa accetterebbero questa soluzione? Né iJ. Generale stesso è incaricato di proporla.

Andrem dunque alla Porta colla nota emendata e corretta in modo da non urtare la suscettibilità di quella, e poi si vedrà quello che seguirà.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 557. (3) -Cfr. n. 561.
562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI

(Ed. in LV 22, pp. 97-100)

D. 15. Roma, 22 gennaio 1876.

Les instructions que j'ai eu souvent l'occasion de vous envoyer par télégraphe depuis l'époque où des troubles sérieux ont éclaté en Bosnie et dans l'Herzégovine, n'ont pu vous laisser aucun doute sur le vif intéret avec lequel le Gouvernement du Roi a suivi, dès le commencement, les événements qui se sont produits dans ces provinces de la Turquie. Moi-méme, dans des entretiens fréquents avec S. E. le Ministre du Sultan, j'ai exprimé à plusieurs reprises le désir sincère du Gouvernement du Roi de voir la Sublime Porte réussir, par ses seuls efforts, à rétablir l'ordre dans ces provinces et à pacifier les esprits par des concessions opportunes et spontanées.

S. E. M. Carathéodory, loin de repousser ces conseils, est venu me communiquer de la part de son Gouvernement l'iradé du 2 octobre et le firman impérial du 12 décembre dernier. Je me suis abstenu jusqu'à présent de répondre officiellement à des communications qui, toutes Vlerbales qu'elles étaient, n'avaient pas moins un caractère officiel. En agissant ainsi, j'étais inspiré surtout par le désir de témoigner à la Sublime Porte notre respect pour son indépendance et de ménager la dignité d'une puissance arnie et alliée.

J'espérais que la Sublime Porte aurait réussi à supprimer les causes qui entretiennent ,1e désordre dans son administration et qui produisent, dans une partie de son vaste territoire, le mécontentement et la révolte.

Notre concours n'a pas, non plus, manqué au Gouvernement Turc lorsqu'il a fait appel aux bons offices des puissances garantes pour empècher que des éléments extérieurs ne vinssent accroitre les périls aux quels il se trouve exposé. C'est, en efiet, aux conseils que les principaux Gouve·rnements de l'Europe se sont empressés de donner au Gouvernement Serbe et au Prince de Monténégro que la Sublime Porte est redevable que les événements de la Bosnie et de l'Herzégovine n'aient pas pris des proportions plus formidables. Un consul italien a pris part, avec les délégués des autres puissances, à la tentative de pacification entreprise par la commission consulaire à Mostar.

Ainsi, accorder avec empressement à la Sublime Porte notre concours moral pour l'aider à surmonter ses embarras actuels et l'encourager à poursuivre l'ceuvre des réformes, sans contrevenir au devoir de ménager son indépendance et sa dignité, telle a été notre po1itique dans la série des pourparlers auxquels ont donné lieu les vicissitudes actuelles. C'est aux memes principes que s'inspire le Gouvernement du Roi en vous chargeant d'adresser au Gouvernement de S.M. le Sultan une communication qui nous ·est imposée, à la fois, par notre amitié sincère et par le désir de contribuer efficacement au maintien de la paix.

Pour parvenir à mettre fin aux désordres en Bosnie et dans l'Herzégovine, la Sublime Porte a eu recours à la fois à des mesures militaires et à la concession de réformes dans tout l'Empire. Il est regrettable de devoir constater que l'envoi de forces considérables dans les provinces révoltées n'a pas suffi à rétablir la paix. L'hiver a ralenti pour le moment, d'un còté ·et de l'autre, les hostilités; mai quelles prévisions peut-on faire pour le printemps prochain?

Les réformes que le Sultan a cru devoir octroyer constituent sans doute un programme très-vaste d'améliorement dans toutes les branches des services publics. Mai quelque soit l'accueil que ces actes de l'autorité souveraine du Sultan ont reçu dans les autres parties de l'Empire, il est encore regrettable pour nous de devoir constater que dans les provinces insurgées elles n'ont trouvé aucun écho.

Je m'abstiens de rechercher les causes de l'état actuel des choses. Mon but est exclusivement de constater la situation et les dangers qu'elle recèle pour l'avenir. C'est en effet, •en se livrant consciencieusement à l'examen de tous les éléments de son état politique actuel que la Sublime Porte trouvera les moyens de rétablir son autorité.

Depuis plusieurs mois une vaste région de son territoire est ravagée par l'insurrection. Ces malheureux événements ont eu Iieu, non dans un coin reculé de son empire ou dans des pays ·environnés de tous còtés par des populations restées fidèles au Sultan, mais tout près des frontières d'une grande Puissance, et au contact des populations serbes et monténégrines. En mème temps, l'insurrection fommit l'occasion pour des mesures financières générales d'une déplorable gravi•té, et qui imposent à l'Europe des sacrifices pécuniaires considérables.

La Sublime Porte ne doit pas s'étonner que les puissances garantes de rintégrité de l'Empire ottoman se préoccupent des conséquences probables

23 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

d'une telle situation. La recherche des moyens pratiques de remédier aux troublès actuels s'impose à tous 1es amis sincères de la Sublime Porte. Cette recherche n'a rien d'inconciliable avec les droits du Sultan, ni avec les traditions politiques des Grandes Puissances dans les affaires d'Orient; elle est un véritabie devoir pour tous les hommes d'Etat qui ont à creur le maintien de la paix.

Il est naturel aussi que l'Autriche-Hongrie, qui se trouve exposée en première ligne par suite de sa situation géographiQue au contrecoup des troubles de l'Herzégovine et de la Bosnie, ait pris l'initiative de pourparlers confidentiels, dont la conclusion nous a été communiquée, ainsi qu'aux autres Puissances garantes.

La note circulaire de S.E. le Comte Andrassy du 30 décembre dernier, dont vous trouverez ci-joint une copie à titre d'aide-mémoire. expose une série de considérations, et propose une série de mesures qui me paraissent dignes de toute l'attention du Gouvernement de S.M. le Sultan.

L'étude que le Gouvernement du Roi a faite des conclusions formulées par le Cabinet de Vienne m'a amené à la conviction que la Sublime Porte, en les acceptant, et en prenant l'engagement de les mettre en exécution, agirait ct'après ses véritables intérets.

Je remarque, en effet, que les propositions de S.E. le Ministre des Affaires Etrangères de Sa Majesté lmpériale et Royale Autrichienne n'ont rien de contraire aux pr1ncipes formulés dans le firman impérial du 12 décembre dernier. Ce firman témoigne de la sollidtude de S.M. le Sultan pour tous les peuples de son Empire. Mais la vastité meme de ce programme ne laisse aucun espoir qu'il puisse etre mis à exécution dans peu de jours. On ne parvient pas facilement à appeler à la vie politique des popuÌations si différentes de race, de langue, de religion. On ne transforme pas en un instant toutes les branches de l'administration; on ne change pas si vite l'assiette de tous les impòts, le choix ou l'élection des nouveaux fonctionnaires de la justice, de la police, de tous les services civi1s et administratifs, n'est pas l'reuvre d'un jour. C'est à ces difficultés qu'il est permis d'attribuer, au moins en partie, l'insuccès des réformes précédentes octroyées par la Sublime Porte, et en particulier de l'Ratti Huma1oum, auquel se réfère il'article 9 du traité de 1856.

Cependant il est urgent de pourvoir au sort de l'Herzégovine et de la Bosnie, si on ne veut pas s'exposer à voir l'anarchie s'étendre et amener des complications internationales que toutes les Puissances ont à creur de conjurer.

Les réformes formulées par S.E. le Comte Andrassy ne s'appliquent qu'aux provinces insurgées, et elles ont précisément pour but de ramener l'ordre et la paix dans ces pays si profondément troublés. Leur promulgation et ·leur application, l'engagement que la Sublime Porte prendrait vis-à-vis des Puissances garantes, de veiller sans cesse à leur exécution, contribuerait énormément à leur efficaci:té morale sur l'esprit de ces populations malheureuses.

Il est urgent, sans doute, d'adopter des mesures de réforme qui s'appliquent à · tout l'Empire; mais c'est l'état des provinces placées au sud du Balkan, c'est la condition de l'Herzégovine et de la Bosnie, qui réclament surtout, en

ce moment, toute la sollicitude du Gouvernement ottoman. A des maux locaux il faut opposer des remèdes déterminés; tels sont, surtout en ce qui concerne le sort des paysans chrétiens, ceux indiqués par le Cabinet de Vienne.

D'un autre còté, la communication officielle donnée par la Sublime Porte des réformes générales énoncées dans le Firman du 12 décembre, et l'engagement qu'elle prendrait d'appliquer loyalement les mesures spéciales indiquées par le Comte Andrassy, mettrait l·es Puissances à meme d'agir d'accord, avec une grande autorité, pour empecher que le conflit ne s'étende et ne prenne des proportions plus dangereuses. C'est en s'appuyant sur la certitude d'une amél,ioration réelle et efficace du sort des popula.tions et sur les assurances formelles qu'elles auront obtenu à ce sujet de la Sublime Porte, que les Puissances pourront faire prévaloir leurs conseils pacifìques.

L'Europe offre donc à la Sublime Porte un moyen de pacification qu'elle peut accueillir sans déroger aucunement à sa dignité. L'engagement qu'on lui demande est en substance le meme qu'elle a déjà pris dans le ·traité de 1856.

Appelée à cette époque à jouir des avantages du concert européen, la Sublime Porte avait dès lors compris que la garantie de son 1intégrité territoriale avait implicitement pour condition l'amélioration réelle et e.ffective du sort des habitants chrétiens de son empire. Elle avait pris de bon gré cet engagement; elle ne peut que regretter les circonstances qui l'ont empechée de remplir, dans toute son étendue, cette promesse solennelle.

L'Europe est disposée à accorder encore une fois à la Sublime Porte son appui moral. Donné par toutes les Puissances garantes, ce concours moral peut etre la source d'une grande autorité pour surmont.er les diffìcultés actuelles. Un engagement pris vis-à-vis de toutes les Puissances ne saurait, à mes yeux, offrir à la Sublime Porte que des avantages.

Un de ces avantages, et certes le plus précieux, serait de constater de nouveau l'accord des Puissances pour l'intégrité de l'Empire Ottoman. Cette considération devrait suffire à elle seule, si je ne me trompe, à surmonter les hésitations du Gouvevnement du Sultan.

Tel est le langage <:JUe je vous prie, lVI. le Comte, de tenir à S.E. le Ministre des affaires étrangères. La Sublime Porte verra, en tout cas, dans cette démarche une preuve nouvelle de notre sollidtude pour son avenir. Le maintien de la paix générale est la base meme de la poHtique italienne; nos intérets commerciaux en Orient ne sauraient se développer Que par la prospérité et le bien-etre des populations de l'Empire ottoman. En indiquant franchement au Gouvernement turc la vaie qui, dans les circonstances actuelles, nous semble etre la meilleure, nous suivons à la fois les inspirations d'une amitié sincère et celles de nos intérets, qui, heureusement, sont, dans toutes les questions importantes, identiques aux intérets généraux de l'Europe.

Veuillez, M. le Ministre, donner lecture et copie de cette dépeche et de son annexe à S.E. le Minist!'e des affaires étrangères, s'il en exprime le désir, et le prier de vous faire connaitre par écrit l'impression qu'elle aura fait sur lui et les délibérations du Gouvernement de S.M. le Sultan.

563

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

(BCB, Carte Minghetti)

L.P. Parigi, 22 gennaio 1876.

Due sole righe, per segnarvi ricevimento della vostra del 20 (1).

Rispetto all'affare della banca di credito non m'occorre nulla a dirvi ora. Ho confermato al nostro agréé, Signor Schayé, ,le vostre istruzioni portanti in sostanza che il Tesoro non può transigere sulla intera somma del capitale, ma sì bene sugl'interessi e sul:la dilazione da accordarsi pel rimborso, quando questo sia d'altronde assolutamente assicurato.

Sono lieto di sapere che il Ministero si sia deciso a rivendicare le carte politiche di Cavour. Voi sapete qual carattere delicato rivestano molte di esse. Devono esistere, in un incartamento da me ordinato, le lettere dirette da me a Cavour da Parigi nel 1858-1859, e quelle scrittemi da Cavour alla stessa epoca che io gli restituii in originale. Quelle carte, come risulta da una lettera di Cavour che conservo, dovevano essermi legate da lui alla sua morte, ma, come sapete, egli morì senza poter rinnovare il suo testamento. In quelle carte c'è anche la copia del trattato che si considerò poi distrutto e che fu distrutto in fatti d'accordo dai due Governi di Francia e d'Italia, e venne surrogato da altro. V'è la corrispondenza relativa ai tentativi di accomodamento con Roma e molte altre carte di eguale importanza. Vi sarò molto grato se vorrete tenermi informato del procedere di quest'affare.

Vengo al ,trattato di commercio e di navigazione. Ho telegrafato a Visconti le parole stesse del Duca Decazes e le ho confermate nella corrispondenza commerciale ordinaria. Suppongo che anche il relativo mio dispaccio vi sarà stato comunicato da Visconti. Io non metto in dubbio la buona volontà del Duca Decazes e la sua ferma intenzione di firmare i nuovi patti in guisa che possano entrare in vigore pel l o luglio prossimo, come desiderate. Mi sono adoperato il meglio che potei per giungere a questo risultato sapendo tutta quanta 1'1importanza che voi gli attribuite giustamente. La prova che il Governo francese conta sulla prossima stipulazione, voi la trovetere non solo in quelle affermazioni che io ho trasmesso a nome del Duca Decazes, ma anche nella lettera ufficiale con cui il Duca Decazes accetta la proroga degli antichi trattati soltanto fino al l o luglio prossimo, e nel relativo annunzio fatto nel giornale ufficiale francese.

La conferenza monetaria procede regolarmente, e su ciò non ho nulla da aggiungere ai telegrammi che vi spedii giornalmente. Vi osserverò soltanto che, dopo aver letto le vostre istruzioni mi domandai se veramente valeva la spesa di mandar qui un delegato speciale. Colla scorta di quelle

istruzioni, e tenendovi in capo al filo telegrafico, la Legazione bastava ad ogni attuale esigenza. Il nuovo delegato non guasterà nulla, ed avrà la da molto tempo ambita legion d'onore, ma non aggiung,erà nulla alla rinomanza scientifica ed amministrativa del giovane regno d'Italia.

(l) Cfr. Copialettere Minghetti, vol. Il, pp. 797-798.

564

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 58. Ginevra, 24 gennaio 1876 (per. il 26).

Nella speranza di poter d'ora innanzi ,esattamente informare V.E. delle mene dei sedicenti rifugiati Italiani nei Cantoni di questa Giurisdizione Consolare, credo opportuno di raggranellare alcuni particolari sul carattere e le abitudini di costoro.

La cosiddetta emigrazione dei rivoluzionarj Italiani in Ginevra può dividersi in 3 gruppi: 1• Terzaghi, Guelpa e i socialisti italiani che fanno di tanto in tanto un soggiorno in questa città;

2• Danesi, Cattani, C€sari, Didimi, Mastrangelo;

3• Stano, Umiltà, Febo.

1" Gruppo.

Il Carlo Terzaghi, da Lodi, dalla caduta del giornale che redigeva, Il Proletario, e dal processo quaranta in poi, non fa più parlar di sé; è in urto col 2• gruppo che lo tratta di spia e che scrive anche libelli contro di lui; però è in rapporto attivo coi Socialisti Italiani, massime col redattore del Tribuna di Salerno.

Il Guelpa, operajo meccanico, dimorante a Vevey è in relazione col precedente e rappresentò il 3 corrente a Neuchàtel la sezione di Venezia ad una adunanza d'internazionalisti Francesi e Svizzeri della quale avrò probabilmente un resoconto fra giorni.

2" Gruppo.

Il Danesi Alfonso passò a Bologna nelle file dell'Internazionale perché i Mazziniani non ne volevano più sapere della sua persona. Tanto questi che il Cesari presero una certa parte ai tentativi delle Bande Armate, perché pagati da Cafiero, Costa e Bakounine. Mi si assicura ch'egli non ha influenza alcuna in Italia né sui rifugiati che sono a Lugano; non ha istruz,ione di sorta ed è il nemico più accanito del Terzaghi.

Il Cattani Ludovico, da Bologna, venne a Ginevra per lavorare e dall'uccisione Renaud in poi fa l'uomo politico e si dice rifugiato benché sia munito di regolare passaporto rilasciatogli da questo Consolato su Nulla Osta del Sindaco di Bologna. Grande e robusto, è per così dire il braccio di Danesi, debole e zoppo. Credo non sappia nemmeno scrivere.

Al Cesari Cesare, di Medicina (Bologna) viene imposto silenzio dagli stessi suoi compagni quando vuol parlare di politica, tanto essi temono di sfigurare per le insanità che dice. Egli si vantò di voler assassinare quel principe della Real Casa di Savoja che passerebbe a Ginevra.

Il Gaetano Didimi, da Treja, uomo senza istruzione e senza importanza, trovasi ora a Losanna.

Angelo Mastrangelo, da Pescara, è il nome di un tale compromesso nel processo degli internazionalisti che dovrà dibattersi quanto prima a Bologna; attualmente trovasi in Ginevra presso M. Campredon, alle Eaux-Vives. L'osteria Campredon è pure il Convegno di questo gruppo. Il Mastrangelo fu per diverso tempo nel Ticino che abbandonò imbrogliando pecuniariamente parecchi suoi amici. In fatto d'istruzione, d'iniziativa politica, è una nullità e non fa che seguire e ripetere ciò che altri fanno.

Tutti fanno l'amico, riservandosi di sparlarne dietro le spalle, di Umiltà e Stano.

Per affermare vieppiù che il movente politico di tali individui è l'interesse, dirò che nello scorso esta,te, invitati da Cafiero a tenersi pronti per raggiungere in Lombardia una banda armata, che era in via di progetto, primo Cattani, risposero tutti negativamente perché non v'era denaro pronto.

3• Gruppo.

Sono indifferentemente socialisti, repubblicani, democratici.

StaHo Luigi, di Genova, ben conosciuto in Italia, ove è malveduto dagli uomini anche del suo partito, pretenderebbe avere la supremazia su tutto e uomini anche del suo partito, pretenderebbe avere la supremazione su tutto e ne è per questo fraternamente odiato dall'Umiltà; spesso anzi sono in urto. Stallo frequenta giornalmente il secondo gruppo e s'atteggia a maestro del Danesi e dei suoi amici.

L'Angelo Umiltà invece non cerca nessuno ma vuol essere cercato e si mantiene sempre sulle riserve, diffidando di tutti; uomo di una certa istruzione, destro ed ipocrita, sopporta qualunque insulto e si vendica quando può ma mai apertamente. È in corrispondenza attiva con Bizzoni, Bignami, Sammito, Bettini, Campanella. Fa voti perché la rivoluzione si compia per essere innalzato a capo di qualche Prefettura.

Flebus, detto Febo, operajo Veneziano, amico d'Umiltà, si bisticcia con tutti gli altri; si crede una personalità spiccata della rivoluzione Italiana. È amicissimo di Cafìero e mantiene una attiva corrispondenza con certo C. Salvioni studente a Basilea, membro del Comitato Italiano per la Rivoluzione Sociale.

Tutto sommato, i predetti sedicenti rifugiati non hanno una influenza da poter produrre dei disordini in Italia. Eccetto Terzaghi, Stallo e Umiltà, non hanno né intelligenza né istruzione.

Ebbi a rispondere ai Prefetti di Milano e di Novara sul conto di Rochefort; ho assunto informazioni e non mi consta in nessun modo che egli siasi recato negli scorsi giorni od abbia spedito qualcheduno per conto suo in Italia. Del suo seguito nessuno si è mosso. In Ginevra, coloro che tengono la corrispondenza coi rivoluzionarj Italiani, sono il Delron e l'Joukowski. Rochefort corrisponde spesso col Bignami della Plebe ma solo per lo smercio della sua Lanterna. Esso ha pochissime relazioni politiche in Italia; una di queste è col Sammito, che fece p.er mezzo del Franzoi, redattore del Ficcanaso, ora in carcere a Torino.

Mi si dice che Rochefort si troverebbe in questa posizione: malveduto dai Mazziniani, perché partecipò alla Comune e non dimostrò abbastanza coraggio a Parigi in occasione dei funerali di Victor Noir; dai Socialisti e specialmente dai rifugiati della Comune è schivato e segnato a dito quale borghese. Solo il fatto di essere stato alla Nuova Caledonia fa sì che è da essi in certo modo rispettato ma è oggetto di critiche continue nelle assemblee della Sezione dei Comunisti; Lefrançais, Joukowski, Réclus, Chalain, non lo salutano nemmeno.

Sono in grado di assicurare all'E.V. ad ogni buon fine che la redazione del giornale repubblicano Fede ed Avvenire di Messina, in data delli 23 dicembre prossimo passato, scrisse a persone appartenenti al partito socialista in Italia per domandare come doveva regolarsi per schierarsi con gli internazionalisti. Venne risposto di abbandonare anzitutto il programma del partito Mazziniano.

Al caso terrò informata l'E. V. delle decisioni ulteriori prese da quella redazione, non ancora conosciute.

La sezione Italiana di Lugano scrisse una circolare alle sezioni Internazionali per participare la Costituzione della • Federazione Italiana del Ceresio •. Me ne fu promessa una copia.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 35. Roma, 25 gennaio 1876, ore 16.

Je suis de l'avis du due Decazes (1), et je crois plus convenable d'adresser une note à Constantinople, avec l'ordre d'en laisser copie. Seulement pour que nos communications soient autant Que possible analogues à celles des trois Empires, je préfère joindre à ma note, comme annexe, le texte de la circulaire Andrassy dont Corti laissera également copie. Dans ma note je demanderai une réponse par écrdt.

«Il Duca Decazes osserva di fatti che la comunicazione che farebbe l'Ambasciatore di Francia al Governo Ottomano d'un documento, come è la circolare austriaca, diretto dal Conte Andrassy al Conte Apponyi, non sarebbe regolare né conforme alla tradizione diplomatica. Egli opinerebbe quindi che sarebbe più corretto che l'Ambasciatore di Francia comunicasse alla Porta un dispaccio diretto a lui dal Ministro degli Affari Esteri del proprio paese, il quale dispaccio conterrebbe la sostanza della circolare austriaca. 'lluttavia quando dalla maggioranza delle Potenze fosse giudicato più conveniente che si dovesse comunicare da tutte a Costantinopoli il testo stesso della circolare austriaca, il Duca Decazes si asterrebbe dal sollevare un'obbiezione assoluta a proposito d'una semplice quistione di

forma».

(l) Cfr. per il parere di Decazes il seguente brano del r. 2607 di Nigra, pari data:

566

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 56. Berlino, 25 gennaio 1876, ore 18,16 (per. ore 21,20).

J'ai eu aujourd'hui l'honneur de présenter à Sa Majesté l'Empereur les lettres par lesquelles S.M. le Roi Notre Auguste Souv·erain daigne m'accréditer en qualité de son ambassadeur et d'etre reçu ensuite par Sa Majesté l'Impératrice. Leurs Majestés m'ont exprimé à cette occasion les sentiments les plus gracieux pour Notre Auguste Souverain.

567

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

L.P. Roma, 26 gennaio 1876.

Rispondo alla vostra lettera particolare del 26 dicembre scorso (1). In essa mi riferite una conversazione confidenziale avuta col Conte Andrassy durante la quale, insieme ad altri argomenti, si parlò anche dell'elevazione al rango di Ambasciata della Legazione italiana a Berlino, della Legazione germanica a Roma, e della introduzione del grado di Ambasciatore nel servizio diplomatico di Sua Maestà.

Sono lieto di potervi dire che approvo completamente il linguaggio da voi tenuto in questa circostanza al Conte Andrassy. Esso fu conforme alle intenzioni di Sua Maestà e del suo Governo, quali ·ero già stato in grado di farvele conoscere sin da quando ebbi il piacere di vedervi a Roma, e alle dichiarazioni da me fatte in seguito al Parlamento. Fu poi con vera soddisfazione che trovai ancora una volta nel linguaggio tenutovi dal Conte Andrassy l'espressione di quei sentimenti amichevoli che sono sinceramente contraccambiati da noi, e ai quali quell'illustre uomo di Stato ha così lealmente improntate le relazioni politiche fra l'Austria-Ungheria e l'Italia.

L'istituzione delle Ambasciate fu ammessa in principio dal Governo italiano e la visita di S.M. l'Imperatore di Germania a Milano oi parve un'occasione propizia per attuarla nelle relazioni diplomatiche fra la Germania e l'Italia.

Vi dissi a Roma che, nel nostro pensiero, questo fatto non doveva l'imanere isolato, e nello stesso tempo vi aggiunsi che conoscevo abbastanza le intenzioni di Sua Maestà per potervi assicurare essere desiderio di Sua Maestà che quando si stabilissero altr·e Ambasciate, ciò avvenisse in primo luogo ed anzitutto coll'Austria-Ungheria. Poiché l'elevazione delle rappresentanze diplomatiche ebbe luogo in seguito alla visita di S.M. l'Imperatore di Germania a Milano, Sua Maestà desiderava che un fatto uguale venisse a confermare il

ricordo e le felici conseguenze della visita che ricevette a Venezia da S.M. l'Imperatore Francesco Giuseppe.

Il Re associa nella stessa gradita memoria che ne serba questi due avvenimenti, i quali furono con soddisfazione pavi, salutati dalla intera nazione. Inoltre, voi sapete quale importanza e quale pregio particolare Sua Maestà ponga alle sue relazioni personali con S.M. l'Imperatore Francesco Giuseppe e ai cordiali rapporti esistenti fra i due Governi e i due Stati.

Il linguaggio tenutovi dal Conte Andrassy e che voi mi riferite nella vostra lettera particolare non mi lascia alcun dubbio sulle reciproche disposizioni che noi potremo trovare presso il Gabinetto di Vienna. Dopo dunque aver preso gli ordini del Re, debbo incaricarvi, a nome di Sua Maestà, di pregare S.E. il Conte Andrassy perché voglia far conoscere a S.M. l'Imperatore che sarebbe desiderio di S.M. H Re che le rispettive rappresentanze diplomatiche fossero elevate al rango di Ambasciate, quando S.M. l'Imperatore convenga in questo desiderio, e come l'espressione della intimità e della importanza delle relazioni esistenti fra i due Sovrani e fra i due Stati.

Quando S.E. il Conte Andrassy vi chiedesse qualche schiarimento sulle quistioni di forma, io credo che noi non potremmo meglio rispondere che esponendo genuinamente in qual modo furono istituite le Ambasciate fra l'Italia e la Germania.

Noi non abbiamo rivolto al Governo Germanico alcuna nota o comunicazione scritta su questo argomento. Vi erano bensì state prima, e a vari intervalli, sia a Berlino che a Roma, alcune conversazioni affatto extra-ufficiali che non avevano avuto nulla di ben determinato e preciso e che solo ci avevano permesso di constatare quali erano le reciproche disposizioni. Fu a Milano, nel colloquio avvenuto fra i due Sovrani, che il Re fece all'Imperatore la proposta delle Ambasciate. L'Imperatore Guglielmo si associò molto cordialmente al pensiero e al desiderio •espressogLi dal Re e i due Sovrani informarono dell'accordo intervenuto direttamente fra di ·loro il Signor di Biilow e me, perché ne regolassimo in seguito la forma e i particolari. Mi trovai infatti col Signor di Biilow per adempiere all'incarico avuto, ·e senza alcuna discussione rimanemmo intesi che la forma a darsi alla decisione dei nostri due Sovrani sarebbe stata quella del reciproco accordo e del comune consenso. Determinammo anche fa pubblicazione simultanea nei due giornali ufficiali di un comunicato che annunciasse, nella forma intesa, la decisione dei due Sovrani.

Ciò che dunque vi propongo, è la riproduzione dei procedimento e della forma adottata colla Germania, sostituendo alle comunicazioni dirette avvenute a Milano fra i Sovrani, la comunicazione di cui, per ordine di Sua Maestà, vi incarico di far pervenire la espressione a S.M. l'Imperatore, per mezzo di

S.E. il Conte Andrassy.

Il Governo del Re vedrebbe con viva soddisfazione realizzarsi un fatto il quale sarebbe, agli occhi di tutti, la solenne conferma di quelle cordiali relazioni fra l'Italia e l'Impero Austro-Ungarico, che sono sinceramente apprezzate dall'opinione pubblica del nostro paese e che hanno per guarentigia della loro durata e del loro sviluppo i leali propositi dei due Governi e i reciproci interessi dei due Stati.

(l) Cfr. n. 519.

568

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2439/583. Londra, 26 gennaio 1876 (per. il 30).

* Lord Derby mi ha detto quest'oggi d'aver consegnata ieri al Conte di Beust la risposta Inglese alla Nota del Conte Andrassy. Quel documento (che principia con una estesa esposizione di ciò che la Porta ha voluto fare nella via delle riforme) * (l) non contiene altre riserve se non quelle due che sin dapprincipio furono fatte da Lord Derby all'Ambasciatore d'Austria, e ch'ebbi già cagione di ripetere a V.E.. Ma anche queste riserve sono formulate in modo da essere, -piuttosto che un rifiuto assoluto del Governo Britannico di appogg.iare le due proposte a cui si riferiscono, -una sospensione, per così dire, del Suo giudizio. La nota Inglese * termina ad ogni modo col promettere che l'Ambasciatore Britannico a Costantinopoli darà un appoggio generale ( • generai support •) ai cinque punti in cui si div,idono le proposizioni Austriache *. Non avvi dunque neppur riserva, (siccome fu temuto negli ultimi giorni) rispetto a ciò ch'è considerato come la base essenziale delle proposizioni, ossia, la domanda alla Porta che prenda l'impegno con le Potenze di compiere quelle riforme. Ma l'animo di Lord Derby non mi è parso sicuro su questo punto; imperocché, dopo avermi detto di riconoscere il peso dello argomento che gli venne fatto essere quella specie di guarentigia necessaria per poter agire sugli insorti, tuttavia mi soggiunse: • attendons à cet égard ce qu'en dira la Porte; et n'anticipons pas •.

Lord Derby mi ha SV1iluppate, nel discorso che mi ha tenuto, le varie considerazioni che l'hanno indotto a sostenere presso i suoi colleghi la convenienza della decisione ch'è stata presa. Gl'inconvenienti dell'astensione erano pel Governo della Regina assai maggiori di quelli dell'adesione. All'Inghilterra sarebbe stata addebitata da tutta l'Europa 'e la resistenza della Porta e quella degl'insol'ti. E • nello stato disgraziatamente così incerto dell'Europa • non poteva il Governo della Regina assumere una cotale responsabiHtà. Non trattasi alla perfine (e Sua Signoria accentuò questa frase) della città di Costantinopoli. E le due Potenze limitrofe dell'Impero Ottomano avevano pure il diritto d'occuparsi d'una quistione dagli effetti e dalle conseguenze più importanti per esse che per nissun'altra.

L'osservazione delle condizioni attuali dell'Austria ·e della Russia dimostra, poi, che sono sincere nello sforzo tentato adesso. L'Austria-Ungheria non desidera annessioni di Slavi e gli bastano quelli che già possiede. La Russia non è preparata; la condizione delle sue finanze coll'annuo deficit che il suo bilancio patisce, la necessità di mantenere un esercito nell'Asia centrale le fanno desiderare che le cose non abbiano a precipitare. È anche una g:aranzia, in un paese governato dalle influenze personali, essere l'Imperatore individualmente desideroso di pace ed essere l'età del Suo Gran Cancelliere tale da non indurlo a una politica di avventura. Quanto alle proposizioni Austriache,

se la insurrezione ha le sue radici, le sue cause e il suo vero alimento nelle province stesse insorte, non potranno recar rimedio quelle proposte; lo potranno forse se l'insurrezione, come da alcuni è affermato, riceve ogni sua forza dai paesi attornianti, e se l'Austria potrà bloccare i suoi confini e la Russia porre un veto al Montenegro e alla Serbia. Tutti intanto sonosi accertati che le truppe turche non valgono niente.

* Lord Derby ha voluto anche questa volta esprimersi come e l'Italia e l'Inghilterra abbiano gli stessi interessi e la medesima azione moderatrice da esercitare *.

L'Ambasciatore di Germania mi disse che la prima lettura della Nota di Lord Derby non produsse una buona impressione sugli Ambasciatori di Austria e Russia a causa di quel suo principio ch'è l'esposizione storica delle riforme decretate dalla Porta e l'esame critico delle proposizioni di Andrassy. Ma il Conte di Munster mi soggiunse che quella impressione s'è cancellata mercé all'osservare che nella sostanza la risposta Inglese è quanto si poteva desiderare, e che quel suo princ,ipio non è se non il rifle·sso delle tendenze traclizionali che perdurano da sempre negli Uffici del Foreign Office.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, o. 105.

569

IL CONSOLE A MELBOURNE, MARINUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 52. Melbourne, 27 gennaio 1876.

Rivengo sul progetto di occupazione per parte del R. Governo di qualche punto della Polinesia, recandomi ad onore trasmettere aU'E. V. qui unite per extenso le lettere dal Signor de Albertis scritte sulla Nuova Guinea e di cui è cenno nel mio rapporto di questa Serie n. 48, soggiungendo che il Signor Professore Davide Thomatis, il quale fu di passaggio in Melbourne ed ora è in giro per questa Colonia, con l'odierno corriere va a dirigere anche una sua relazione all'E. V. per propugnare la proposta.

Indipendentemente da quanto il Signor Thomatis scriverà all'E. V. mi fo lecito richiamare l'attenzione dell'E. V. sulla convenienza di un possedimento italiano nel Pacifico, se non la Nuova Guinea sia pure qualcuna delle isole adiacenti e che potrebbe col tempo riescire di una immensa utilità. Io non ho piena conoscenza delle località e per conseguenza non sono al caso cli porgere nozioni dettagliate e precise, ma le stesse non sarà diff,icile, quando il Real Governo si mostrasse disposto a secondare il divisamento di procurarle. Intanto le informazioni del Signor de Albertis sulla Nuova Guinea, che fra parentesi rilevo esser strano non se ne sia servito per fare il vantaggio del proprio paese, sono pienamente favorevoli per una occupazione e le sue assicurazioni per l'esperienza acquistata meritano piena fede. Solamente si tratterebbe giacché il Governo Inglese tentenna nel prenderne possesso di agire con una certa sollecitudine affin di non lasciar sfuggire l'occasione, ove si reputi che la Nuova Guinea convenga più che ogni altro luogo.

V. E. troverà forse di troppo le mie insistenze, ma la importanza e lo interesse di un fatto simile mi vi spingono, anche perché mi risulta dalla Commissione testé affidata al Signor Ingegnere Cav. A. Biraghi per parte del Ministero di Agricoltura ,e Commercio, che il R. Governo non sarebbe alieno di occupare, essendovi opportunità, un territorio in quei mari.

570

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R.R. 19. Washington, 28 gennaio 1876 (per. il 13 febbraio).

In considerazione della dichiarazione che feci al Signor Fish che avrei tenuto assolutamente segreto, finché la cosa fosse in corso, ogni passo che egli credesse di poter fare per indurre il Governo del Venezuela a dar soddisfazione ai nostri reclami, egli consentì a promettermi di prendere la cosa in seria considerazione. Fra pochi giorni, mi disse egli, gli verrà l'occasione di manifestare al Governo del Venezuela i consigli amichevoli del Governo degli Stati Uniti; e mi terrà a giorno di quanto crederà poter dire in nostro favore. Io non ometterò nulla, nei limiti della dovuta prudenza, per ottenere che l'aggiustamento dei nostri reclami verso il Venezuela venga compreso in via confidenziale nelle condizioni della mediazione ufficiosa di questo Governo. Ma per ciò è necessaria la massima riservatezza, finché il risultato non sia ottenuto: ,e mi permetto perciò di pregare V. E. a voler considerare per ora come strettamente confidenziali le presenti informazioni (1).

571

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 41. Roma, 29 gennaio 1876, ore 21.

Voici l'analyse de ma dépeche à la Porte (2). Je vous prie d'en donner communication au due Decazes, en le remerciant de l'attention qu'il a eue de nous communiquer la sienne.

« Accennai al vantaggio che deriverebbe al Venezuela dal soddisfare onorevolmente a quei reclami italiani che il nostro Governo non volle sostenere con alcuna dimostrazione meno amichevole, ma che dovrebbero tanto più essere oggetto della spontanea sollecitudine di un governo civile, conscio dei suoi veri interessi e geloso della propria rispettabilità. Allusi alla lealtà del nostro modo di agire sia verso il Venezuela che verso l'Olanda nella circostanza in cui il Presidente Bianco parve volere invocare i nostri buoni uffici pressoil Gabinetto dell'Aja e riconoscere la legittimità dei nostri propri reclami: ed aggiunsi che senza poter per nulla impegnare le future determinazioni del mio Governo, io non credeva ingannarmi presumendo che noi potremmo usare della benevolenza meritatamente acquistata all'Aja per contribuire colla nostra influenza all'appianare le difficoltà in cui il Venezuela si trova verso l'Olanda, se il Veneruela prendesse una volta verso di noi una posizione corretta e tale da fare augurare meglio della sua capacità ad adempiere i propridoveri internazionali.

Questi suggerimenti avendo incontrata buona accoglienza Der oarte del Signor Fish, ed avendo egli dimostrato il desiderio di conoscere più precisamente le condizioni dei nostri reclami verso il Venezuela, io entrai al proposito in più ampii ragguagli e gliinvierò domani un pro-memoria confidenziale in cui confermerò le esatte circostanze espostegli a voce. Non sono senza qualche speranza che ne succeda un risultato utile ai nostri interessi » •

Après avoir •exposé la politiaue de l'Italie dans la phase actuelle, j'examine la situa·tion des choses en Herzégovine, et j'y trouve des raisons suffisantes pour donner aux puissances garantes le droit d'adresser des conseils amicaux à la Porte. L'initiative de l'Autriche s'explique par son voisinage près du théatre de l'insurrection. Les propositions du comte Andrassy nous semblent acceptables par la Porte, car elles se réfèrent particulièrement aux provinces insurgées, auxquelles il est urgent de pourvoir, tandis que le Firman s'applique à tout l'Empire et exige beaucoup de temps pour etre mis en exécution. En prenant l'engagement d'exécuter :J.es réformes proposées par le comte Andrassy et celles promulguées par le Sultan, la Pol'lte fortifierait l'action des puissances sur Serbie et Monténégro et suivrait son véritable intéret. Cet engagement est au fond le meme qu'elle a pris en 1856. Il est de l'intéret de la Porte de ne pas repousser le concours moral de l'Europe. Un engagement pris vis-à-vis de toutes les puissances garantes constaterait encore une fois leur accord dans le maintien de l'intégrité de l'Empire ottoman. Notre but est le maintien et l'affermissement de la paix, ai:nsi que l'amélioration des conditions des sujets chrétiens du Sultan.

(l) Si pubblica qui un brano del r. 18, pari data, di Blanc:

(2) Cfr. n. 562.

572

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 28-29 gennaio 1876.

Oggi t'ho indirizzato un lungo telegramma sulla forma adottata dalle altre Potenze per la comunicazione da farsi alla Sublime Porta per 'la seguente ragione. L'Ambasciatore d'Inghilterra mi disse essergli stato telegrafato da Londra che ieri (giovedì) Paget avvisò Lord Derby le istruzioni del R. Governo a questa Legazione partirebbero da Roma domani (sabato), e si trattava d'un dispaccio del Ministro a me pel quale mi sarebbe ordinato indirizzassi una nota officiale alla Porta trasmettendo copia del dispaccio del Conte Andrassy al Conte Wimpffen delli 30 dicembre appoggiando fortemente il progetto di riforme per esso suggerito, e domandando una risposta officiale scritta.

Io ignoro se tali veramente siano le determinazioni prese dal R. Governo, ma siccome siffatto modo di presentare il progetto Andrassy sarebbe stato diverso da quello adottato da tutte le aUre Potenze credetti mio dovere di spedirti senza indugio il telegramma nel quale riassumevo tutte le notizie avevo scritto officialmente già prima che vedessi Sir Henry Elliot. Tanto più che non solo il modo era diverso, ma •era anche tale da metterei forse in una posizione difficile in faccia alla Sublime Porta, imperocché essa non comprenderebbe come, mentre tutte le altre Potenze avevano soppresso almeno nella forma tutto quello che poteva urtare la sua suscettibilttà, l'Italia sola non ne avrebbe tenuto conto. Ma naturalmente eseguirò fedelmente gli ordini che sarai per impartirmi.

Le ultime notizie dell'Erzegovina hanno alQuanto rialzati gli spiriti e taluni come per es. g1i Ambasciatori d'Austria e d'Inghilterra nutrono fondate speranze che la presente operazione diplomatica abbia ad avere per effetto la pacificazione di Quella Provincia. E Dio voglia che i loro voti siano esauditi.

P. S. 29 gennaio, ore 1.

Dopo aver scritto quel che precede passai la sera dal Generale Ignatiew il quale mi fornì ragguagli che modificavano assai le asserz-ioni di Sir H. Elliot. Il Generale mi fece leggere il telegramma del Principe Gortchakoff contenente il riassunto delle istruzioni. Queste dicono che l'Ambasciatore avrà a dar lettura della nota del Conte Andrassy, il che potrebbe benissimo riferirsi a quella del 30 dicembre, e che avrà a domandare una risposta per iscritto. Ed H Generale crede che potrà indurre la Porta a fare questa risposta. Egli mi mostrò pure il telegramma del Conte Andrassy al Conte Zichy il quale diceva fra l'altre cose non avesse ad offrire la copia della nota se era domandata. Ed il Generale Ignatiew conchiudeva in mezzo a queste dubbiezze il meglio sarebbe d'intendersi quando avremmo ricevute le nostre istruzioni.

Il Conte Zichy mi disse dal suo canto essergli stato telegrafato di dar lettura della nota che gli era stata spedita, ma ignorare se questa era identica a quella del 30 dicembre, oppure contenesse qualche modificazione.

Credetti quindi opportuno di mandare un secondo telegramma.

Il Generale Ignatiew aveva ricevuto in giornata oHo poste da Pietroburgo, e fece meco i più grandi encomi della parte che avesti a questi negoziati.

573

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

T. 67. Vienna, 30 gennaio 1876, ore 14,50 (per. ore 18).

Difficultés intérieures Autriche-Hongrie sont si graves aujourd'hui que je ne comprendrais pas la possibilité pour elle de conclure traité de commerce. Votre lettre confirme mes impressions. Hongrie, si nous cédons sur alcool 'etc. signe de suite, mais l'Autriche ne pourrait dans les circonstances actuelles signer un traité qui ne fiìt pas infiniment plus protecteur de so:o. industrie que le précédent. Le Baron Schwegel serait enchanté conclure, mais à condi.tion que nous cédions sur tout. A l'état des choses il est évident pour moi que l'Autriche veut ,trainer en longueur pour obtenir de nous prorogation du traité actuel et aller ainsi en avant encore un an au moins et peut-etre deux. Je suis d'avis que le seul moyen de sauvegarder notre avenir c'est, vu que de toutes manières aucun nouveau traité ne pourra plus entrer en vigueur au premier Juillet, d'interrompre les négociations en les renvoyant à l'autòmne et déclarer et maintenir ferme l'application du tarif général depuis le premier juillet. Par

ce moyen seulement nous viendrons à bout, dans les prochaines négociations, des prétentions déraisonnables de l'Autriche.

574

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

(Ed. in LV 22, pp. 105-107)

D. 243. Roma, 30 gennaio 1876.

Il giorno 27 corrente Sir A. Paget mi comumco il sunto telegrafico della risposta data da Lord Derby al Conte Andrassy circa le pratiche da farsi presso il Governo ottomano affinché questi adotti ed eseguisca senza indugio quelle riforme che per unanime consenso dell'Europa sembrerebbero necessarie alla pacificazione delle province insovte di Bosnia ed Erzegovina.

Il Governo inglese, mi disse Sir A. Paget, ha esaminato con attenzione il progetto elaborato a Vienna e contenuto nella nota austriaca del 30 dicembre. ll Gabinetto di Londra riconosce che la Gran Bretagna e ['Austria Ungheria, hanno, nella quistione presente, interessi identici e che il loro desiderio comune è che la Sublime Porta s'induca a pacificare le province insorte con larghe concessioni che migliorino la sorte di quelle popolazioni. Il Governo della Regina riconosce quindi che la Sublime Porta non avrebbe ragione di respingere dei consigli che le sono dati nel suo stesso interesse.

Il Conte Derby nella sua risposta alla circolare del Conte Andrassy esamina i varii punti in quel documento enunciati. Egli osserva che la maggior parte delle proposte austriache sono conformi ai principi già espvessi. in varii atti emanati dal Sultano; ma egli fa delle riserve sul punto che si riferisce al riparto nella destinazione del prodotto delle imposte dirette e di quello delle imposte indirette, perché questo sistema potrebbe avere delle conseguenze pregiudizievoli per le Finanze ottomane e per i creditori della Turchia. Circa alle riforme che richiederebbero dei mutamenti nelle condizioni delle proprietà rurali, il Governo inglese dichiara non ritenersi abbastanza ben informato per potere aderire fin d'ora alle idee svolte dal Conte Andrassy. Ammette però il Gabinetto di Londra che per il continuarsi dell'insurrezione presso i confini dell'Austria-Ungheria, quel Governo imperiale abbia uno speciale J.nteresse a studiare ed a proporre i mezzi che gli sembrano più opportuni per la pacificazione delle provincie limitrofe dell'Impero. Lord Derby espvime il desiderio che, secondo la proposta contenuta nella circolare del Conte Andrassy, le Potenze abbiano, in seguito a queste pratiche, ad esercitare la loro azione morale per indurre gli insorti a deporre le armi e per impedire cosi che il conflitto prenda proporzioni maggiori. Il principale Segretario di Stato di S. M. la Regina si dichiara dunque disposto a dare alle proposte del Gabinetto di Vienna un appoggio generale salvo le riserve più sopra indicate.

Ho ringraziato il Rappresentante di S. M. Britannica della comunicazione che egli mi faceva e gli dissi che l'Italia avendo aderito senza riserve alle proposizioni contenute nella nota austriaca del 30 dicembre, noi cJ. preparavamo a spedire (l) a Costantinopoli delle istruzioni acciocché l'azione del Governo del

Re potesse associarsi a quella delle altre Potenze per ottenere il ristabilimento della tranquilLità in Bosnia ed Erzegovina ed allontanare così il pericolo di gravi complicazioni. L'effetto morale dell'azione che le Potenze si propongono di esercitare presso il Governo del Sultano, sarà, a parer nostro, 'tanto maggiore quanto più intimi e perfetti risulteranno gli accordi prestabiliti fra le Potenze stesse circa il programma delle riforme di cui si giudica necessaria l'applicazJ.one pronta, completa e leale. A questo fine il Governo italiano aveva deciso di unire ad una comunicazione scritta, di cui il suo Rappresentante a Costantinopoli darebbe lettura e lascerebbe copia, anche la copia della circolare austriaca del 30 dicembre. Questo modo di procedere risponderebbe esattamente alla realtà delle cose poiché il Governo >italiano non aveva circondato di alcuna riserva l'accettazione di tutti i punti enunciati in quel documento del Gabinetto di Vienna.

Avendomi Sir A. Paget, oggi stesso comunicato il testo della risposta sc11itta da Lord Derby al Conte di Beust ho potuto ancora meglio formarmi un concetto esatto della linea di condotta preferita dall'Inghilterra nell'appoggio da darsi alle domande concertate fra i tre Gabinetti Imperiali. In quest'occasione ebbi l'opportunità di rettificare le idee che il Rappresentante inglese si era fatte circa il carattere delle pratiche che l'Italia farà a Costantinopoli. Gli dissi che, essendo stato avvisato da Vienna che la nota austriaca del 30 dicembre sarebbe consegnata dai tre Ambasciatori Imperiali a Rachid pascià sulla domanda di quest'ultimo ed a titolo di aide-mémorie, il Conte Corti seguirebbe l'esempio di quei Rappresentanti non consegnerebbe copia delle istruzioni del

R. Governo prima che il Ministero degli affari esteri di S. M. il Sultano gliene faccia la domanda.

Ringraziai vivamente Sir A. Paget di avermi consegnato una copia dell'interessante documento dal quale risultava la parte che la Gran Bretagna prenderà nella fase a·ttuale delle trattative. Il Governo di Sua Maestà, sebbene abbia stimato opportuno di adottare un modo di procedere diverso da quello che il Gabinetto di Londra ha preferito di seguire, è lieto di trovarsi in una perfetta armonia di idee con l'Inghilterra riguardo alla sostanza delle cose poiché anche codesto Governo si dimostra persuaso della necessità che la Sublime Porta abbia da applicare seriamente quei provvedimenti tante volte annunciati ma finora troppo imperfettamente eseguiti.

La S. V. vedrà nella copia del dispaccio di cui il Conte Corti darà lettura a Rachid pascià (l) che sopra questo concetto il Governo di Sua Maestà si è particolarmente appoggiato nel raccomandare alla Sublime Porta l'adozione dei mez2li che per comune consenso delle Potenze dovrebbero bastare ad ottenere la pacificazione delle popolazioni insorte.

Del mio dispaccio a Costantinopoli Ella potrà dar lettura a Lord Derby se

S. E. esprime il desiderio di averne conoscenza.

(l) In LV 22 • avevamo spedito •·

(l) Cfr. n. 562.

575

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 30 gennaio 1876.

Mi preme aggiungere alla mia lettera sull'affare delle Ambasciate (l) che rimane bene inteso che se prima di dar corso alla comunicazione, credete di farmi qualche osservazione sul modo di vedere in proposito, vi sarò grato se sospenderete la cosa, telegrafandomi. Ciò che desidero insomma è che dalla pubblicazione ufficiale si constati solo il mutuo consenso dei dure Sovrani e non si faccia cenno dell'iniziativa, conformandosi così ai communicati che, apparirono per le Ambasciate fra l'Italia e la Germania, nei giornali di Berlino e di Roma.

Riceverete, con questa spedizione, le note e i dispacci per gli affari di Oriente. Non si potrà dire che non abbiamo fatto prova di buona volontà, senza troppo indagare la situazione fatta ane altre tre Potenze garanti. Solo faccio voti perché Questa situazione che non si può modificare sostanzialmente nel fondo, si attenui almeno nella forma. Per ora attenderemo i risultati del!la campagna diplomatica incominciata a Costantinopoli. Né vedo che altro ci sia da fare.

Vi prego, in questo periodo, di indagare, col vostro solito acume, se nelle sfere della politica del Conte Andrassy, cominciano a farsi giorno dei progetti

o delle intenzioni o delle previsioni pel caso che, malgrado che la Porta le accetti, le proposte riforme non abbiano la virtù di far cessare l'insurrezione e nelle provincie insorte lo stato delle cose continui a peggiorare.

Il Conte Andrassy considera l'occupazione austriaca dell'Erzegovina con quel piacere con cui si pensa a farsi cavare un dente. Malgrado questo poco diletto, si va però dal dentista.

Voi convenite meco che nell'interesse nostro noi non possiamo desiderare che si ponga presto in Europa la necessità delle soluzioni radicali, nella quistione d'Oriente.

Vedo bene che cosa potrebbero prendere gli alt:ri, ma per quel complesso di circostanze che voi ben conoscete, l'Italia non è ancora in misura di assicurarsi, in questo caso, dei compensi e sopratutto dei compensi che bilancino gli inconvenienti che le verrebbero dag1i ingrandimenti altrui.

Lo statu quo, un po' migliorato, o quello che più somiglia allo statu quo è ciò che, per ora, meglio ci conviene.

Ma se lo statu quo non potesse conservarsi, se le riforme non pacificassero l'Oriente, se rimedii più decisivi fossero necessarii, noi potremmo ancora acconciarci all'istituzione di autonomie più o meno vassalle o anche indipendenti che costituirebbero un certo altro equilibrio sostituito a quello che trova la sua espressione nell'Impero Ottomano. Ciò che meno ci conviene sono le

soluzioni per mezzo di annessioni, di acquisti e ingrandimenti territoriali da parte dei grandi Stati.

È noto che se le Grandi Potenze potessero convenire in questo principio che, quando lo statu quo non potesse più conservarsi, si cercherebbe di regolare una soluzione a beneficio delle autonomie locali, ognuna delle Potenze rinunciando ad ogni ingrandimento ed acquisto suo particolare, noi potremmo intravvedere l'avvenire con maggior sicurezza e per la pace dell'Europa e pei nostri speciali interessi.

Nel tempo stesso se la politica tedesco-magiara rappresentata dal Conte Andrassy non desidera le annessioni, pare però che meno ancora accetterebbe la formazione di autonomie slave considerate come centro di attrazione e di agitazione per gli slavi del Sud della Monarchia. In una parola per l'attuale Gabinetto di Vienna le annessioni sarebbero un male minore, anzl una necessità per evitare questo maggior male. Nella scala delle preferenze ci sarebbero

. le riforme -le annessioni -le autonomie. Credete voi che queste supposte disposizioni del Conte Andrassy sieno da calcolarsi come un proposito definitivo ed assoluto, come uno dei punti fissi della situazione?

Certo scrivendovi queste idee non vi aiuto ad uscire dalla riserva nella quale siamo rimasti nnora. Sarebbe anzi ora prematuro ed inopportuno 11 porre innanzi delle teorie che oltrepass1no la fase attuale. Solo desidero conoscere il vostro modo di vedere sulle disposizioni attuali della politica austriac1,1 in vista di ulteriori eventualità e sulla quistione <'he vi ho posta poc'anzi.

(l) Cfr. n. 567.

576

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in L V 22, p. 113)

R. 91. Costantinopoli, 1 febbraio 1876 (per. il 7 ).

Ieri l'ambasciatore d'Austria-Ungheria si trasferì alla Sublime Porta e comunicò verbalmente al Ministro degli Affari Esteri la nota indirizzatagli dal Cancelliere Imperiale e contenente il progetto di riforme da adottarsi dal Governo Ottomano allo scopo principale di ristabilire la pace nella Bosnia e nell'Erzegovina, e di stabilire uno stato di cose che fornisca qualche guarentigia di tranquillità per l'avvenire. Ascoltollo attentamente Rachid Pacha, e gli espresse poscia il desiderio di avere presso di sé, a modo di promemoria (ad.demémoire), una copia della nota stessa. Alla quale domanda naturalmente aderiva l'Ambasciatore Austro-Ungarico.

Seguillo l'ambasciatore della Gran Bretagna, il Quale informò il Ministro degli Affari Esteri aver ricevuto l'ordine di dichiarare che il Governo di S. M. Britannica, esaminate le proposte austriache e trovato che esse non contenevano alcuna violazione del tratta.to di Parigi né intaccavano l'indipendenza del Governo ottomano, aveva risoluto di dare ad esse il suo valido appoggio.

Vennero poscia l'ambasciatore di Russia ed indi quello di Germania, ed entrambi appoggiarono quanto più efficacemente poterono le proposte fatte dal conte Zichy.

Entrai io per quinto, e dissi a S. E. non avere ancora ricevuto le istruzicni le quali si trovavano in cammino; però il R. Governo frattanto avermi ordinato per telegrafo avessi a sostenere le proposte austriache, e venivo ad adempiere * come meglio per me si poteva * (l) all'incarico avuto. Osservai le Potenze garanti avere per iscopo principale di dissipare i gravi pericoli che minacciavano la pace europea; al Governo Italiano stare sommamente a cuore di ristabilire la tranquillità nelle provincie insorte, e di mantenere l'integrità dell'Impero; il Governo Ottomano assumerebbe una gravissima responsabilità se me,ttesse ostacoli al corso di pratiche che avevano uno scopo di tanta importanza pel suo avvenire. Rachid Pacha mi rispose 'le proposte in discorso essere state fatte in guisa da non compromettere in verun modo la dignità della Sublime Porta; essere quindi dovere di questa di prenderle in seria considerazione affine di vedere se nulla contenevano che potesse costituire una intromissione delle Potenze estere tra la Maestà del Sultano ed i suoi sudditi; farebbe poscia una risposta la quale s'ispirerebbe ai medesimi sentimenti di benevolenza e di riguardi che i Governi delle Potenze garanti avevano dimostrati verso la Sublime Porta nella presente congiuntura. E ne presi commiato.

L'ambasciatore di Francia non aveva peranco vicevuto le relative istruzioni, e quindi non poté fare alcuna comunicazione nella giornata di ieri.

* Però, mentre io mi trovava iersera conversando con esso, gli comparve un lunghissimo telegramma in cifra, H quale si comprese ben presto contenere tutta la nota ch'egli avrà a comunicare alla Sublime Porta. E S. E. aveva l'intenzione di fare nella g,iornata d'oggi la relativa comunicazione *

577

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 431. Vienna, l febbraio 1876 (per. l' 11) (2).

Dacché ho l'onore di rappresentare l'Italia a Vienna, e saranno ben tosto cinque anni, ebbi più volte già occasione di assistere a gravi minacce di crisi in questa Monarchia; ma nessuna però ebbe fin Qui a presentarsi ai miei occhi con caratteri sì imponenti, quali sono quelli di cui la presente va rivestita. Il patto d'un~one (Ausgleich) che forma la base attuale della Monarchia AustroUngarica dovendo scadere l'anno venturo, la sua preveduta revisione doveva naturalmente effettuarsi nel corrente di questo, ma in conseguenza della necessità di addivenire alla stipulazione di un nuovo trattato di commercio coll'Italia, si dovette forzatamente anticipare i negoziati per quella revisione, e ciò

fece sì che già in oggi la questione è arrivata al suo punto più critico. Nel momento precisamente in cui la Monarchia avrebbe d'uopo di maggiore compattezza e quindi della sua massima potenza, onde trovarsi in grado di spiegare la sua aziollle nella questione Orientale, con quel prestigio e quella forza che dovrebbero corrispondere alla speciale posizione delle circostanze fatte alla diplomazia Austro-Ungarica nella presente questione, questa Monarchia travasi 'impigliata in difficoltà interne d'ordine gravissimo, tali anzi da forzatamente influire sulla sua azione all'estero.

Da circa tre anni lo Stato che costituisce la Cisleitania si dibatte entro un dissesto economico e finanziario, che non solo non accenna a prossima fine, ma anzi sembra volersi ogni giorno più aggravare; ,ed è precisamente in questo momento che l'Ungheria, ia quale d'altronde trovasi ancora in peggiori condizioni, accampa pretese, che, ove venissero per intiero accolte, porrebbero, non v'ha dubbio, a grande repentaglio la Monarchia, ma che però sembrami fornirebbero terreno a transazione. È fuori di dubbio che a Pest si chiede troppo, ma molto probabilmente non si mostra pretender tanto, se non per ottenere qualche cosa almeno. A Vi:enna invece si dichiara recisamente che tutto ciò che si può concedere si è la continuazione dello statu quo. Il Ministero Auersperg non divdde, credo, queste idee così assolute, e sarebbe disposto a concedere qualche cosa, anche per assecondare le tendenze dell'Imperatore che continuano a mantenersi molto favorevoli all'Ungheria. Ma questo Gabinetto già scosso dalla prolungata crisi economica, dal disavanzo che accenna ve,rso un continuo aumento, nonché dalla persistente guerra che gli è fatta dal partito retrogrado federalista, avrà esso forza abbastanza da fare accettare dai due rami del Parlamento nuove concessioni a farsi alla l'livale Ungheria? Di ciò è lecito dubitare grandemente. D'altra parte il Gabinetto di Pest, emanazione del parUto liberale avanzato, non può rinnegare la sua origine, e forza gli è ottenere, almeno in parte, la realizzazione del programma politico, mercé H quale fu assunto al potere. Non conviene illudersi, la situazione è grave; poiché, se i due Ministeri di Vienna e di Pest dovessero ritirarsi, essendo essi l'ultima possibile ,espressione del pavtito liberale nei due paesi, a succedere loro doVl'ebbero essere chiamati dal Sovrano personaggi di par,te retviva a comporre i due Gabinetti. Or bene come potrebbero questi due nuovi Governi, conciliare 1la loro azione all'interno coll'attuale indirizzo della politica estera dell'Impero? e potendolo il vorrebbero essi? Nessuno potrà crederlo mai; iÌl passato di quegli uomini ed anche la loro presente attitudine, ogni qual volta si porge loro il destro di manifestare la loro opinione, chiaramente palesa che ben altro indirizzo vorrebbero dare alla politica estera della Monarchia.

Oltremodo grave sarebbe questa situazione in qualsiasi altro paese, ammesso che ve ne fosse un secondo in cui essa potrebbe prodursi: convien però aver presente, che in questa Monarchia il Sovrano gode di un prestigio personale, quale forse non ha l'uguale altrove, quindi è che larghissima azione conciliatrice potrà ancora esercitare l'Imperatore a Vienna, il Re a Pest, tanto più ch'Egli sarà col massimo zelo assecondato dal Conte Andrassy, il quale gode sempre ancora di molta popolari<tà in Ungheria, ed in Austria, malgrado non gli sia riuscito di farsi un partito realmente a lui devoto, pur la maggio

ranza degli uomini, che hanno influenza politica, sentono, anche contro le naturali loro tendenze, che attualmente Egli è l'uomo necessario.

Questi sono i fattori di conciliazione che parmi si potranno contrapporre a quelli che ,tendono a gettare l'una sull'altra le due parti della Monarchia, con una passione, che certo maggiormente non aizza in oggi, a danno l'una dell'altra, la Francia e la Germania. La possibilità di un pacifico accordo, non è così intieramente tolta, ma certo le probabiHtà in suo favore non sono grandi.

Ho anche creduto mio dovere esporre alla E. V. questo stato di cose, poiché parmi in modo particolare meritevole di tutta la nostra attenzione, nel momento in cui precisamente stiamo negoziando un trattato di commercio coll'AustriaUngheria, locché suppone l'accordo fra le due parti che a noi si presentano come ente unico.

(l) -I brani fra asterischi sono omess1 m LV 22. (2) -Annotazione marginale: « Spedito per occasione il 6 febbrajo ».
578

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 432. Vienna, l febbraio 1876 (per. l' 11) (1).

Mi sono astenuto dal portare a conoscenza dell'E. V. :le poche informazioni datemi dal Barone Hofmann, intorno al modus agendi relativo alla presentazione alla Sublime Pol'ta del progetto Andrassy, sapendo ch'Ella avrebbe ragguagli più precisi in proposito dal Conte Wimpfen, conseguentemente alle istruzioni mano mano direttamente imparti,tegli dal Ministro Imperirue degli Affari Esteri, da Pest prima ed in questi uLtimi g1iorni da Vienna. Non occorre quindi neppure io ritorni oggi su cose già conosciute, e quindi compito mio ritengo sia ora soltanto H sottoporre all'E. V. i miei apprezzamenti, intorno al presumibile svolgersi degli eventi, conseguentemente ai passi che ora si stanno facendo a Costantinopoli. È opinione mia, divisa d'altronde, a quanto ho luogo di ritenere, dai miei colleghi, che la Porta accoglierà non solo le domande che gli si sta per fare, ma sarà anche larga nelle sue promesse d'attuazione. Nessuno però può credere che essa voglia fermamente applicare le consigliategli riforme, ed anche ove fosse disposta a ciò fare, nessuno crede che ne abbia i mezzi. Universalmente poi si ritiene, che gli insorti non faranno caso alcuno delle riforme consigliate dalle potenze e tanto meno delle eventuali promesse della Porta. Si raggiungerà così fa primavera, ed a quella prossima epoca la questione Orientale si imporrà più seriamente che mai. Un intervento armato d'estera potenza nelle provincie insorte, sarà allora il solo momentaneo rimedio possibile onde arrestare l'incendio. Ma un tale intervento il'Austria non lo vuole, e tanto meno poi l'Ungheria, ed il Conte Andrassy si è ripetutamente dichiarato ad esso contrario. Ciò non impedirà però che l'Austria-Ungheria sia precisamente la potenza a cui auel compito verrà affidato dagli altl'li due Imperi. Essa verrà a ciò fatalmente spinta dalla Russia, che in tutta questa fac

cenda Orientale, sin da quando il Conte Andrassy credette inaugurare la sua nuova politica, fu, col concorso e l'appoggio della Germania, la sola vera forza motrice, che a Vienna coprivasi coll'az,ione del Conte Andrassy, ed in Oriente col mezzo del suo ambasciatore a Costantinopoli e degli infiniti suoi agenti nelle provincie insorte soffiava sui carboni, che poscia si accendevano, dando occasione all'incendio il viaggio di Sua Maestà Francesco Giuseppe in Dalmazia. Entrate le truppe Austro-Ungariche nella Bosnia e nella Erzegovina cosa succederà? DiUicile si è il prevederlo oggi nei suoi particolari, ma certo si è, come il Conte Andrassy ne aveva l'intuizione, manifestandomi la sua avversione ad un simile fatto, ch'essa altro non farà se non, come volgarmente si dice, cavare le castagne dal fuoco per la Russia. Generale è qui il sentimento, che eventi grossi si preparano per un non lontano avvenire ed il Governo stesso non si mostra estraneo a tali apprensioni; infatti esso spinge, quanto più possibile, la fabbricazione dei nuovi cannoni, di cui tre al giorno soltanto l'Arsenale di Vienna ne doveva dare, ed ora si è già quattro al giorno che quello stabilimento è chiamato a fornire, .e con somma attività si lavora, onde far sì che al p!'limo Maggio già la metà dell'Artiglieria dell'Esercito mobilizzato sia del nuovo modello. A Petervardein e ad Esseck, poi si fanno, con segretezza e alacrità, grossi apprestamenti di munizioni e di vettovaglie per campagna. Intanto la situazione interna, come ne discorro in altro rapporto, va facendosi sempre più tesa, ed ove essa traesse per conseguenza, non necessaria ma neppure impossibile, un mutamento negli uomini che dirigono la politica dell'Impero, ciò avrebbe gravissima influenza nell'andamento degli eventi, non solo perché gli uomini nuovi, che soli potrebbero venire chiamati al potere, cercherebbero indubbiamente di guadagnarsi l'appoggio della razza Slava, per contrapporlo alla preponderante influenza di quella Tedesca e della Magiara, ma ancora più, perché la Germania, che con vigile occhio veglia sulla possibile evoluzione che la sua vicina lascia a certi indizi credere possa compiere, (prova ne sia l'attitudine assunta dalla stampa ufficiosa ed anche ufficiale di Berlino, in occasione del recente incidente Schmerling), non mancherebbe di assumere verso di Lei ben diversa attitudine della presente. Circostanze fortuite potranno bensì ritardare di alcun poco lo scoppio della bufera, ma farla dileguare intieramente non lo credo possibile. Più che mai si vuole in oggi fare suonare alto l'accordo unanime delle grandi potenze; alcuni giorni fa l'Ambasciatore Russo dicevami, • on ne pourra plus répéter maintenant le mot du Comte de Beust: Où est l'Europe, je ne la vois plus car il n'y en a plus; l'Europe y est de nouveau et elle s'affirme en ce moment à Constantinople •. Pvecisamente perché il Signor di Novikof mi diceva queste parole, io mi convincevo che l'Europa c'è oggi meno che mai. C'è la Germania e la Russia, d'accordo oggi e pronte a disunirsi quando la loro alleanza avrà prodotto tutto ciò che deve dare nel reciproco loro interesse. In quanto alle rimanenti potenze, salvo momentaneamente l'Austria, necessaria ai due altri Imperi pei loro scopi attuali, le circostanze fortunatamente non permettono si uniscano fra di loro, e giuoco forza quindi loro è piegare il capo, ed anche, non senza sacrificio di dignità, dare eseguimento alle istruzioni che vengono da Pietroburgo, passando per Vienna, onde scemarne l'imperiosità della forma. L'Ambasciatore Francese ha un bel ripetere in tutti i tuoni, che un gran

fatto si è compiuto, il ristabilimento cioè del concerto Europeo, primo ed anzi unico assoluto fattore di pace. Ma questa sua affermazione trova intorno a Lui la più fredda accoglienza, e ben vedesi che egli è il primo a non prestarvi fede. Tutti d'altronde teniamo un linguaggio analogo, senza però potersi a lungo guardare in viso, volendo ognuno evitare si scorga sulle sue labbra il noto sorriso degli auguri pagani.

L'E. V. potrà, colla scorta delle informazioni che i miei colleghi Le manderanno dalle varie Capitali d'Europa, nonché di quelle molte altre che fanno a Lei capo, vagliare questi miei apprezzamenti che, a malgrado il sempre possibile pericolo vengano dallo svolgersi degli avvenimenti contradetti, ho creduto dover mio esporle senza reticenze.

(l) Annotazione marginale: « Spedito per occasione il 6 febbrajo •.

579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 47. Roma, 2 febbraio 1876, ore 17,30.

J'ai recu vos rapports et lettres Scialoja qui m'ont donné une impression claire de la situation. Ayant conféré aujourd'hui avec président du Conseil, je m'empresse de vous faire connaitre notre avis. L'idée de fondre les deux groupes en un seul peut etre bonne, mais elle se heurterait probablement contre le refus des deux offrants dont chacun vise évidemment à etre le seul maitre des chemins de fer. Par conséquent je ne crois pas devoir donner officiellement ce conseil. La situation financière de l'Ita:He ne permettant pas de prendre une part considérable à des affaires de ce genre, il vaut mieux laisser le Khédive libre de se déoider d'après ses convenances. Mais M. Scialoja pourrait suggérer projet d'instituer une banque égyptienne en la réservant à des capitalistes itaUens. Naturellement ce projet devrait l'ester secret jusqu'à ce que des propositions sérieuses lui soient présentées. Le Khédive trouverait dans cette institution un moyen de se soustraire, si non pour le présent, pour l'avenir, à des infl.uences fìnancières trop exclusives et qui deviennent par là meme des moyens de politique. Je d'sire que vous laissiez l'initiative de ce projet à M. Scialoja en vous bornant à l'appuyer confìdentiellement et en dehors des voies officielles, si le Khédive vous en parle.

580

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 587. Roma, 2 febbraio 1876.

Il Signor Marchese di Noailles che si è tenuto costantemente in relazione con me per conoscere le disposizioni del R. Governo circa le pratiche da farsi a Costantinopoli nel senso della circolare del Conte Andrassy, ebbe incarico di comunicarmi anche il sunto telegrafico della nota che il Governo francese ha deliberato di rimettere in copia alla Sublime Porta.

La nota francese incomincia coll'accennare alle trattative preliminari che ebbero luogo fra le Potenze, trattative dalle quali risultò un accordo comune intorno ai provvedimenti i più appropriati per facilitare la pacificazione delle provincie insorte. Questi provvedimenti sarebbero quelli enunciati nell'Iradé e nel Firmano del 12 dicembre e quelli più particolarmente indicati nei cinque punti speciali della nota del Conte Andrassy che ai primi servono di complemento. Questi cinque punti sono testualmente ripetuti nel dispaccio del Duca Decazes. Nell'esame del terzo punto il Gabinetto di Parigi trova opportuno di esprimere il timore che l'applicazione del provvedimento di cui si tratta possa nuocere 1in qualche modo agli interessi dei creditori della Turchia. Il Governo francese osserva che l'occasione gli si offrirà ulteriormente di acquistare a questo riguardo una maggiore certezza. La raccomandazione alla Turchia di accettare il programma deHe riforme proposte dall'Austria-Ungheria, all'infuori della sovr'indicata riserva, è piena ed assoluta. La Francia nutre fiducia che la Sublime Porta darà al programma stesso una conferma pronta e completa colla sua accettazione. Il Gabinetto di Versaiiles ha nel tempo stesso il desiderio di vedere ristabilita la pace in Bosnia ed in Erzegov;ina e l'autorità del Sultano assicurata in ,tutti i suoi domini.

Il Duca Decaz'es ricorda le principali fasi delle pratiche anteriori. L'azione delle Potenze in favore della pacificazione degli animi tanto in Servia che al Montenegro, fu esercttata sulla domanda del Governo ottomano. La necessità di far cessare i patimenti di cui si lagnano le popolazioni mediante alcuni determinati provvedimenti è incontestabile se pur si vuole che le rimostranze pacifiche delle Potenze abbiano da conseguire il loro effetto. Le decisioni che può prendere il Governo del Sultano non possono produrre un'impressione sufficiente negli animi mal disposti delle popolazioni, se quelle decisioni non saranno rivestite di una forma abbastanza solenne. Pare dunque al Governo francese che sia necessario che la Turchia manifesti le sue risoluzioni notificandole ufficialmente alle sei Potenze ed in questa notificazione dovrebbero essere compresi, insieme ai cinque punti elaborati dal Gabinetto di Vienna, tutti i provvedimenti già promulgati dal Governo ottomano. La nota del Governo francese afferma la necessità di procedere prontamente e tenacemente nell'esecuzione delle generose ispirazioni del Governo del Sultano. La Francia sarà lieta di trovare un'occasione di darne atto alla Turchia. Il Gabinetto di

Versailles dtiene che le dichiarazioni anterio11i e gli impegni sinceri già presi sembrerebbero sconfessati dalla Sublime Porta se questa esitasse a rinnovarli in una comunicazione che sarebbe una nuova testimonianza delle intenzioni generose del Sultano verso i suoi sudditi appartenenti a diversa fede religiosa.

Per corrispondere alla cortese comunicazione del Gabinetto francese io ho desiderato che la S. V. fosse in grado di comunicare al Duca Decazes il sunto telegrafico del dispaccio che a mia volta ho indirizzato al Rappresentante del Re a Costantinopoli per associare l'Italia alle pratiche che le Potenze hanno deciso di fare nel senso della circolare austriaca del 30 dicembre.

Ora mi affretto di mandare qui unito una copia di quella mia comunica:zJone {l) acciocché Ella possa darne lettura a S. E. il Duca Decazes se questi Le dimostrasse il desiderio di averne più completa notizia.

Dal suo rappresentante a Roma il Governo francese fu 'informato dei motivi che ci indussero a seguire un modo di procedere diverso da quello che fu preferito dalla Francia. Nella sostanza però delle cose l'armonia la più perfetta regna fra i due Governi e noi saremo sempre lieti di cooperare al mantenimento di questo accordo continuando l'amichevole e frequente scambio di idee che si è stabilito fra Roma e Parigi.

581

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 2 febbraio 1876.

Ieri le cose si passarono assai convenientemente, il che devesi soprattutto all'avere eliminato, quanto alla forma, tutto quello che poteva minimamente offuscare la dignità della Porta. Io troyai il Ministro di buon'umore, m'adoprai principalmente a fargli intender~e come noi fossimo unicamente guidati dal vivo deside11io di dissipare le nubi che gravemente minacciavano l'Oriente, ed insistetti sulla grandissima responsabilità che 1a Porta assumerebbe frapponendo ostacoli alle pratiche fatte di comune accordo dalle Potenze garanti. Le parole dette a nome del Governo Italiano hanno sempre un gran peso alla Porta, né credo abbiano mancato d'efficacia neHa presente congiuntura.

Le cose promettono dunque di procedere senza ser,ie difficoltà. Ma sovrasta sempre il pericolo d'una crisi Ministeriale. Non v'ha dubbio che ~tre giorni sono Mahmoud Pacha corse gravissimo pericolo d'essere sbalzato, ed il Generale Ignatieff mi disse essere appena arrivato a tempo a rimetterlo in sella. Ed ora vengo assicurato da buonissima fonte che il Sultano trovasi in uno stato di vivissima esasperazione, tanto che si teme per la sua salute. Avant'ieri ordinò che quattro corazzate lasciassero il Corno d'Oro, e venissero ad ancorarsi nel Bosforo innanzi al Palazzo Imperiale. Rifiuta ostinatamente di vedere il Gran V,izir, e questi trema pe' suoi giorni. Nè ho bisogno di dire come nelle presenti circostanze un mutamento di Governo potrebbe avere funeste conseguenze.

E questo pel passato. Resterà poi a vedersi l'effetto che l'operazione diplomatica sarà per produrre presso gli insorti dell'Erzegovina. E Dio voglia che esso sia conforme ai nostri voti.

(ll Cfr. n. 562.

582

IL MINISTRO A WASHINGTON, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 22. Washington, 3 febbraio 1876 (per. il 20).

Finché le pretese dell'antico Console Pontificio a Nuova York si limitarono ad assumere il titolo ed a fare in tale qualità degli inviti che i Consoli regolarmente accredita·ti a Nuova York declinavano, come succedette l'anno scorso in occasione dell'arrivo di Monsignor Roncetti, era ovvio che la R. Legazione non vi desse importanza. Ma risulterebbe ora, da informazioni pervenutemi, che sia a prevedersi il caso in cui quel personagg•io riuscisse ad essere nominato dalla Santa Sede, Commissario per l'Esposizione di Filadelfia, nella sua qualità di Console Pontificio, il quale fatto gli g.ioverebbe ad attribuire alla difficoltà che opponessimo al riconoscimento della sua qualità consolare un carattel'e di ostilità all'opera interessante dell'Esposizione Pontificia.

Mi parve adunque evidente l'opportunità di dipartirei in vista di tale eventualità dalla solita regola di aspettare che nascano le difficoltà per farvi contro, ponendo in chiaro la questione del preteso Consolato Pontificio mentre lo possiamo senza un'apparenza odiosa; che anzi io all'occasione non mancherei di esprimere il convincimento che una esposizione pontificia può essere di decoro anche all'Italia.

Prendendo adunque a chiarire la questione di fatto dell'exequatur, scrissi al segretario di Stato la lettera qui unita in copia e ne ricevetti la risposta che V. E. troverà pure unita al presente rapporto (1). Tale risposta essendo la constatazione pura e semplice di uno stato di cose irregolare, interrogai in via privata il Segretario di Stato per conoscere come egLi lo considerava. Egli mi disse che non essendogli stato da noi chiesto il ritiro dell'exequatur agli Agenti Consolari Pontifici e non essendo stato chiamato a definire praticamente nessun caso di esercizio dell'autorità Consolare per parte di agenti Pontificj negli Stati Uniti, egli non aveva preso né intendeva prendere spontaneamente nessun provvedimento al riguardo, non poter a meno egli di considerare teoricamente l'agente pontificio possessore d'un exequatur come tut

t'ora Console Pontificio, non risultandogli chiaramente se la facoltà della Santa Sede di ricevere e di inviare diplomatici non includa la facoltà di accreditare agenti minori, che il fatto della riunione delle provincie già pontificie all'Italia ha per effetto che nella pratica non si potrà presentare facilmente un caso d'esercizio pratico delle attribuzioni consolari per parte di un agente pontificio, ed in conclusione mi disse toccare a noi il notificargli, se lo credevamo, il nostro modo di vedere al riguardo.

Io ascoltai queste dichiarazioni senza entrare più avanti nell'argomento,

V. E. vorrà vedere se la difficoltà pratica in questione non possa presentarsi nel caso in cui un bastimento, poniamo di qualche paese dell'America del

Sud, avente a bordo oggetti per l'Esposizione Pontificia, ricorresse al cosidetto Console Pontificio e Commissario all'Esposizione per lo sbarco e l'entrata di detti oggetti.

Avendo per scarico di responsabilità sottoposto l'eventualità in questione

alla previdenza di V. E ....

(l) Non si pubblicano.

583

IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI, SPAVENTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N.RR. 9619/1159. Roma, 4 febbraio 1876 (per. l' 8).

Il rapporto del Commissario Federale che ha proceduto all'inchiesta sui fatti del 27 e 28 luglio a Goschenen e sulle cause che li motivarono, ha messo in piena luce che le Autorità Amministrative locali, mancarono del tutto di previdenza e che la condotta della forza armata Cantonale nel reprimere i disordini non sarebbe in ogni punto giustificata.

Risulta infatti dal rapporto predetto (pag. 7) che quando cominciarono i lavori a Goschenen non si aveva sul luogo che un solo gendarme: che dopo l'avvenuto maltrattamento di esso nel 4 Dicembre 1873 (pag. 6) fu destinato un secondo gendarme e che solo dopo i fatti del Luglio ne fu chiamato un terzo.

Il commissario a ragione nota che questi tre gendarmi non sono un numero sufficiente per prevenire o reprimere disordini di una certa importanza, ed è ben facile il convincersi di ciò, se si tien presente che non meno di

1642 sono gli operaj che lavorano a Goschenen (pag. 10).

Questa circostanza di fatto del considerevole numero di lavoranti dimo

stra anche chiaramente che il distaccamento di soli 22 uomini (pag. 4) com

pletato a Goschenen per reprimere il tumulto nello scadere del mese di

Luglio 1875 era del tutto inadeguato al bisogno e che a questa notevolissima

inferiorità numerica devesi probabilmente attribuire l'aver esso distaccamento

ecceduto nell'uso delle armi per la repressione. Il rapporto (a pag. 6) enu

mera 7 feriti dei quali due caddero morti sul luogo del tumulto, due morirono

nei giorni appresso e tre furono curati nell'Ospedale dell'Impresa.

Il Commissario Federale non dissimula (a pag. 20) come era di grande

importanza accertarsi se la truppa non avesse continuato a far fuoco sugli

operaj in fuga, egli dal piccolo numero dei feriti e dalla concorde deposizione

dei testimoni interrogati vorrebbe indurre la negativa, ma però conserva un

assoluto silenzio intorno alla località delle ferite, circostanza che era ben

facile di constatare se si fosse voluto effettivamente escludere ogni dubbio.

Intorno alla causa del tumulto dopo le esplicite dichiarazioni fatte dal

Commissario (pag. 15) che se ne riferisce ad un rapporto dell'Ingegnere Capo

del Gottardo, accettato completamente dall'Ispettore Federale, rimane com

provato che il vero movente fu quello che nel dopo pranzo del 27 Luglio un

gruppo di operaj dichiarava (pag. 2) all'Ingegnere dell'Impresa Signor Hor

kalper cioè l'impossibilità di lavorare in mezzo ad un fumo molto denso.

Pertanto non può ritenersi che gravissima sotto tale rapporto la responsabilità dell'Impresa che non provvedendo come era suo preciso dovere alla ventilazione della galleria, poneva gli operaj nell'assoluta necessità di abbandonare il lavoro.

Grave senso ha poi fatto il rilevare constatato in diverse parti del rapporto (pag. 8 e 14) che l'Impresa Favre non osserva le prescrizioni del Codice Civile del Cantone d'Uri e che le Autorità Amministrative non hanno energicamente curato, come dovevano, che tali prescrizioni fossero dalla detta Impresa scrupolosamente rispettate.

Premesse queste osservazioni sulla parte espositiva del citato rapporto il sottoscritto pregiasi manifestare il proprio parere in merito alle conclusioni espresse nel rapporto medesimo.

Sulla 1• conclusione che si riferisce al bisogno di curare la stretta osservanza delle Leggi e dei regolamenti e di costituire a tale intento un Commissario permanente nulla avrebbesi ad opporre; solo è spiacevole che siasi dovuto attendere che si verificassero i funesti casi che si deplorano per prender provvedimenti tanto necessarii.

Intorno alla 2• conclusione che riguarda l'alloggio degli operaj si osserva che per escludere la speculazione privata sarebbe necessario che l'Impresa, la quale in oggi dà alloggio a solo un settimo circa del proprio personale, costituisse un maggior numero di case per gli operaj, imitando Quanto si fece al Cenisio, ove si prepararono ricoveri in modo così economico da renderli persino rimuneratorii anche recando immenso giovamento agli operaj. La scarsità di alloggio è una delle cause che allontanano molti operaj dai lavori

del Gottardo.

La 3• conclusione che mira a procurare agli operaj un nutrimento mi

gliore a prezzi discreti è ovvia; occorrerà però che si procuri realmente di

raggiungere il lodevole scopo anche adottando la quarta conclusione che esclu

derebbe assolutamente l'Impresa dei lavori dall'attendere per proprio conto

alla somministranza dei viveri.

L'ultima conclusione riguarda un punto tecnico cioè la ventilazione in

Galleria la cui deficienza è benissimo descritta nel rapporto dell'Ingegnere

Capo della Società Signor Hellwag; egli giustamente mette in rilievo l'inespli

cabile trascuranza dell'Impresa nel porre in opera gli aspiratori che da molto

tempo collocati non funzionano per mancanza di tubi. È però da notare che

questi tubi non potrebbero collocarsi se non nella parte di Galleria finita in

calotta e cunetta almeno cioè per una tratta insufficiente a risanar l'aria oltre

a 1000 o 1500 metri dalla bocoa. Quindi la lamentata condizione della defi

ciente ventilazione è un'altra delle conseguenze dell'enorme ritardo che l'Im

presa apportò nei lavori di allargamento e di rivestimento.

Per ottenere maggiori risul,tati possibili sotto questo rapporto è di asso

luta necessità che l'Ispettore federale si adoperi di fatto presso l'Impresa con

tutti i mezzi dei quali può per proprio uffizio disporre, promuovendo, in caso

di insufficienza di essi, speciali provvedimenti del Governo Federale.

Il sottoscri·tto sarà tenuto a codesto Dicastero se vorrà fargli conoscere

il tenore delle comunicazioni che in merito al citato rapporto indirizzerà al

Governo Federale.

584

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 589. Roma, 5 febbraio 1876.

Il Ministero dell'lntemo ha chiamato qualche tempo fa la mia attenzione sopra la presenza di un sedicente Console Pontificio a Marsiglia, il quale, d'accordo con la compagnia des Transports mm·itimes e con alcuni parroci dell'Italia meridionale, si varrebbe della qualità che egli si attribuisce per faciHtare l'emigrazione degli italiani verso l'America meridionale.

Di questo Console Pontif<icio il Signor Comm. Strambio mi aveva opportunamente riferito in altre occasioni, pareva però che seri atti di giurisdizione consolare non fossero stati da lui compiuti rispetto a cittadini italiani dopo la cessazione del potere temporale del Papa. Volli tuttavia scrivere al Console generale di Sua Maestà per metterlo in grado di riferirmi quali nuovi fatti avessero potuto dar motivo alle osservaz,ioni pervenutemi per parte del Ministero dell'Interno.

Ella troverà qui unito la risposta datami dal Signor Comm. Strambio, risposta dalla quale risulta manifestamente che se non si hanno prove che il Signor Prospero Gueyrand, già Console generale pontificio prima del 22 settembre 1870, abbia, dopo questa data, esercitato atti di vera e propria giurisdizione consolare, si hanno invece continui esempi del riconoscimento in lui della quaHtà consolare per parte dell'autorità governativa francese.

Prescindendo dalla parte che si può ragionevolmente supporre che egli abbia nei colpevoli raggiri relativi all'emigrazione nelle nostre provincie meridionali, pare a me che convenga concentrare la nostra attenzione esclusivamente sopra ciò che si riferisce ai rapporti del Signor Gueyrand come Console pontificio con l'autorità francese. Quest'ultima non solamente gli permette di far uso dei distintivi esteriori che sono riservati ai Consoli legalmente riconosciuti, ma gli accorda tuttora delle prerogative e delle distinzioni incompatibili con la cessazione della giurisdizione consolare.

Sopra queste cose V. S. dovrà chiamare l'attenzione di S. E. il Duca Decazes pregandolo di far cessare il più presto possibile una irregolarità che, avvertita dal pubblico in Italia, potrebbe essere causa di spiacevoli apprezzamenti circa i sentimenti del Governo francese a nostro riguardo. Se V. S. trovasse più opportuno di aspettare che siano cessate le preoccupazioni presentemente create dal movimento elettorale in Francia prima di chiedere a codesto Signor Ministro degli affari esteri un provvedimento relativo al Signor Gueyrand, io non vedo motivo per non soprassedere di alcuni giorni nei passi da farsi in proposito. Ella sarà buon giudice del momento più opportuno per intavolare queste pratiche alle quali vorrei assicurare un pronto e favorevole esito per impedire che una questione di questa natura possa venire inasprita da una intempestiva ed appassionata pubb1icità.

585

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A SCUTARI, BERIO

D. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 5 febbraio 1876.

Ringrazio V. S. Onorevolissima dei rapporti di questa serie trasmessimi regolarmente sino al n. 135 inclusivamente. Ella ha fatto bene di informarmi non solamente delle notiz.ie relative all'Alba-nia, ma anche di quelle che giungono al suo orecchio da altre provincie e sopratutto dal Montenegro. Non crederei però opportuno che la S. V., nelle circostanze attuali, si recasse a Cettinije. La di Lei presenza nella capitale del Montenegro o sanzionerebbe tacitamente il contegno che quel paese sembra aver assunto apevtamente o ci costringerebbe a dare a V. S. delle istruzioni incompatibili con la riserva che per ora vogliamo conservare.

Sarebbe però utile che il R. Governo avesse qualche pm precisa notizia circa la presenza di tanti italiani (circa 400 come Ella mi scrive) rtNle file dell'esercito insurrezionale. Nel fare le indagini che Le sembreranno più opportune per procurarmi tali notizie io desidero però che Ella si conduca colla massima prudenza evitando tutto ciò che potrebbe far nascere la supposizione che il Governo italiano segua con occhio inquieto le sovti di quei arruolati. A questo proposito io desidererei anzi che Ella mi facesse sapere se è a sua notizia che un tale Eugenio Popovic abbia un incarico qualsiasi per parte del Principe del Montenegro in Italia. Questo Signore pubblicò una lettera in un giornale di Roma quali:Ncandosi investito dei poteri dei Capi dell'insurrezione e del personaggio che dirige in modo supremo il movimento insurrezionale. Se Ella avesse qualche informazione da darmi sopra questa persona Le sarei molto grato. Appena è mestieri che io Le dica che una persona la quale s'impegna in una polemica di giornali e pubblica delle lettere nelle quali assume la qualifica sovra mentovata, non può essere in relazioni né dirette né indirette col R. Governo il quale non ha quindi a questo riguardo altro interesse fourché quello di una sorveglianza da esercitare.

Le condizioni presenti del Paese dove Ella tiene un posto consolare di molta importanza, sono così gravi che io non debbo trascurare questa occasione per raccomandarle seriamente di usare la maggiore circospezione in tutti i suoi atti. Non basta che V. S. tenga il più assoluto silenzio sopra ciò che il Ministero Le comunica e sopra le comunicazioni che Le potessero pe·rvenire da altri uffici all'estero, ma è anche più che mai necessario che Ella non faccia conoscere ai suoi Colleghi di altre Potenze il senso della corrispondenza ufficiale che Ella tiene con me e col Conte Corti. Bisogna assolutamente evitare che nascano degli equivoci sul nostro attuale contegno che deve essere quello di una perfetta riserva. Ciò non esclude che Ella possa, in favorevoli occasioni, dimostrare al Valì ed alle altre superiori autorità dell'Albania che l'Italia desidera, nell'interesse stesso della Turchia e per la conservazione della pace, il miglioramento delle condizioni della vita civile ed economica di codeste popolazioni. Ma a tali consigli è mestieri conservare il carattere che loro attribuiscono i sentimenti che li inspirano ed Ella non dovrà mai

dimenticare che noi vogliamo dare solamente dei suggerimenti benevoli per ajutare la Turchia a togliersi dalle difficoltà che la circondano e potrebbero anche aggravarsi.

586

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, PRAMPERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 252. Atene, 5 febbraio 1876 (per. il 10).

Un Comitato si è qui istituito recentemente, per venire in soccorso dell'insurrezione dell'Erzegovina, e vuolsi che esso abbia il segreto intendimento di maneggiarsi altresì per far insorgere, a suo tempo, l'Epiro. Uno dei membri del Comitato, certo Cazimbali, è assai popolare in Atene, per essere stato il fondatore e il protettore delle scuole serali.

Lettere da Alessandria qui pervenute hanno annunciato la recente partenza dall'Egitto di certo Scalzà, suddito Ellenico, unitamente ad alcuni greci ed italiani, coll'intendimento di recarsi ad ingrossa!'e le fila degli insorti dell'Erzegovina.

Questi diversi movimenti, palesi o segreti, non hanno però la virtù di turbare l'indifferenza e l'apatia con cui l'opinione pubblica in Atene considera l'insurrezione dell'Erzegovina. Il Governo Ellenico, memore delle somme e del sangue che gli ha costato la sollevazione di Creta, mantiene rapporti di buon vicinato colla Turchia, ed assiste, semplice spettatore, alle dolorose vicende del suo vicino, il quale corre gradatamente ed infallibilmente, per la forza stessa delle cose, alla sua rovina. Una prova di queste relazioni di buon vicinato col Governo Ottomano si può dedurre dal recente accordo intervenuto fra i due Stati, relativamente alla questione pendente da lungo tempo, circa l'indigenato di parecchie migliaja di Greci domiciliati nell'Impero Ottomano. Di questo accordo non furono finora gettati che i preliminari, in virtù de' quali il Governo del Sultano riconosce come Sudditi Elleni tutti coloro che avevano ottenuto l'indigenato ellenico fino alla fine del 1858. La soluzione di questa controversia debbesi all'abilità di questo Signor Ministro degli Affari Esteri, e allo spirito di conciliazione, di cui diedero prova i Ministri del Sultano.

Corse qui voce, in questa settimana, di certi intrighi operati in Creta, per invocare la protezione dell'Inghilterra su quell'isola. Sembra che quell'Agente Bri·tannico si sia fatto imprudentemente l'interprete di siffatto desiderio, espresso probabilmente da un piccol numero di quegli isolani. Il R. Console alla Canea non essendo in corrispondenza con questa Legazione, non sono in grado di riferire precisamente come andarono le cose. Forse sarebbe opportuno che il Signor Macchiavelli venisse invitato dal R. Governo a trasmettere a questo Ufficio :le notizie politiche di maggior rilievo, a somiglianza di quanto fanno i suoi Colleghi verso le rispettive Legazioni residenti in Atene.

Si sta organizzando attualmente, in questa capitale, un battaglione universitario, composto di cinque compagnie, ciascheduna di 250 giovani all'incirca. Siffatto battaglione esisteva all'epoca della cacciata del Re Ottone; ma fu sciolto di poi.

Il viaggio reale avrà luogo verso il maggio prossimo. Un certo malumore ha qui destato l'intendimento del Re di condurre seco tutti i membri, nessuno escluso, della sua Famiglia. Non credo, tuttavia, che abbiano fondamento le voci corse intorno di manifesti che Sua Maestà invierebbe dall'estero al popolo ellenico, per fargli noto l'impossibilità di governare lo Stato coll'attuale Costituzione. Un tal divisamento, ove si effettuasse, attese le non ben salde radici poste dalla Dinastia su questo suolo, potrebbe causarle la stessa fine incontrata dal Re Ottone.

587

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 30. Ragusa, 5 febbraio 1876 (per. il 10).

L'Agente secreto spedito dal nuovo Governatore Generale e Commissario dell'Erzegovina Alì Pascià è ritornato da Cettinje H l • del corr.ente mese in questa città, da cui ripartì il 4 per Mostar. Ebbi occasione di parlargli e mi disse raccomandandomi la più scrupolosa discrezione che il Principe del Montenegro è dispostissimo ad adoperarsi per la pace, ma che domanda concessioni onde provare al suo popolo che se esso lo trattenne dal prendere parte alla guerra fu buona politica. Pare che il Principe chiegga annessione dei distretti che attorniano il Montenegro, riconoscimento della sua indipendenza, e libera navigazione sulla Bojana sotto propria bandiera. L'Agente mi disse che trovò cortesissimo accoglimento da pal'te del Principe, e moderate pretese relativamente alla favorevole posizione sua nell'attuale stato delle cose.

Pare che la Sublime Porta sia disposta a riconoscer'e l'agognata indipendenza, alla libera navigazione sulla Bojana; ma, contraria a cessioni di territorio verso Bosnia ed Erzegovina, a vece di queste cessioni sarebbe forse più incline a cedere n littorale di Spitza, per cui già in addietro il Montenegro aveva fatto l'impossibile per averlo. Se non che ora non sarebbe più guarì accetto dal Principe Nikita, per la ragione, disse egli, che il littorale di Spitza richiede lavoro e denaro per ridurlo a porto; e perciò il regalo o sarebbe inutile

o rovinerebbe le esigue finanze del Principato. L'Agente mi aggiunse che egli avrebbe raccomandato al Commissario Alì Pascià di consigliare alla Sublime Porta di non arrestarsi a mezzo; ma concedere grosso e senza esitazione; perocché nello stato in cui si ,trova l'armata turca se il Montenegro entra in campo l'Erzegovina sarà perduta in quindici giorni. Al Montenegro terrà dietro la Serbia; poi avverranno le sollevazioni; e se la Turchia stenta a contenere ora poche migliaja d'insorti Erzegovesi, sarà per certo impotente a difendersi contro tanti nemici. Essere il Montenegro provvisto di 6 milioni di cartuccie, 20 mila uomini bene armati e cannoni, l'Europa liberale sarebbe tutta per esso, e i soccorsi e i doni gli pioverebbero. Avendo io chiesto se era vero H prestito di 5 millioni fatto non ha guarì con una casa di Marsiglia e stato firmato nel Consolato Generale di Russia in Ragusa, l'Agente mi rispose non credere; aV'ergli il Principe detto che alcun tempo addietro aveva bensì intavolato negoziati in Trieste per un centinajo di mine fiorini, ma che non si era caduto d'accordo, però non preoccuparlo il bisogno di denaro: avere egli buone offerte da banchieri slavi e a tempo opportuno avrebbe migliori condizioni.

Il ritorno dell'Agente da Gettinje e il buon accoglimento fattogli, gettò lo scompiglio nel comitato slavo qui di Ragusa e negli agenti russi. Il comitato è furioso contro il Montenegro che mira solamente al proprio vantaggio, ed abbandona gli insorti. Si v'a riandando i fatti nei quali il condottiere Montenegrino Petro Paulovich a vece di concorrere a decisive disfatte dei turchi

o si ritirò o rimase inoperoso. Tutto il maneggio del Principe essere diretto non a vincere ma a prolungare l'insurrezione onde indurre la Sublime Porta di venire a patti con esso.

Sul che io credo pure che vi sia molto di vero. E l'Agente testé venuto da Cettinje mi diceva avergli fatto intendere il Principe, essere stato per suo ordine che H Paulovich non si oppose al vettovagliamento di Nikscich: la qual cosa provava che vi era mezzo di accordarsi con esso.

Gli Agenti russi sono poi anch'essi indispettiti temendo che H Principe faccia accordi senza loro consenso. Dapprima assicuravano che l'Agente turco non era stato ricevuto dal Principe; e credo che il Console Russo di qui avesse così consigliato. Poi dissero che H cortese ricevimento era stato solamente un atto di urbanità, ma non 'essere punto disposto il Principe alle piccole concessioni che gli si offrivano. Frattanto jeri ed oggi varii agenti russi sono corsi a Cettinje, e mi si assicura che lo stesso Console Generale Signor Jonine vi sia andato. Il corrispondente del Times, che dicono comperato anima e corpo al Conso,lato Russo, mi confermava pure l'inverosomiglianza di trattative tra il Principe e il Commissario Alì Pascià; e mi diceva essere tal cosa sparsa a bello studio dal Consolato Generale di Turchia onde far nascere discordie tra i capi e-rzegovesi e montenegrini.

A quanto pare l'intento del Console Jonine è di ottenere pel Montenegro quella parte di Erzegovina che dalla frontiera Montenegrina va sino alla Narenta. Altri Agenti mi spiegarono che un progetto più completo sarebbe il seguente. Al Montenegro estensione di territorio sino alla Narenta ma compreso anche il littorale dalmato da Budva a CaHaro sino aUa foce di quel fiume. All'Austria per compenso della perdita o cessione del detto littorale, l'Erzegovina superiore dalla Narenta in su, e la Kraina Bosnese, meglio conosciuta in geografia sotto il nome di Croazia turca. In questo modo gli ortodossi sarebbero sotto il Montenegro ingrandito; e i cattolici sotto l'Austria. II resto della Bosnia alla Serbia. Però i Russi non sono molto disposti a favorire la Serbia. Ad essi non va a sangue l'a,ttitudine della Serbia che rifiuta di riconoscere e sottomettersi al protettorato di Russia: ad essi pure non piacciono i principii dell'Omladina Serba; principii 'liberali e democratici, opposti a quelli assoluti del Principe di Montenegro e perciò più conformi a quelli dell'Impero di Russia. Per la qual cosa gli Agenti russi sono in bivio relativamente al resto

24 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

della Bosnia, o di erigerla in principato vassallo della Turchia, o di !asciarla unita alla medesima con buone leggi ed amministrazione semi-cristiana.

Anche il partito governativo Dalmato-Austriaco è grandemente contrariato dalla probabilità di accordi tra il Montenegro e la Turchia. In primo luogo perché prevede che cessando il Montenegro di ajutare l'insurrezione di Erzegovina, quel:la ben tosto cadrà. Ora egli è nella continuazione della guerra che il parUto spera essere forzata l'Austria ad occupare l'Erzegovina e la Bosnia. In secondo luogo teme che gli accordi turco-montanegrini sieno per essere svantaggiosi agli interessi Austriaci. Mi diceva, jeri sera il generale Iovanovich avere inteso che una delle concessioni chieste dal Montenegro a suggerimento dei Russi era la cessione della Sutorina. Se ciò avvenisse, soggiungeva il Generale, il Montenegro avvilupperebbe ·le possessioni Austriache nelle Bocche di Cattaro dove per tradizioni, costumi e religione avvi già tante simpatie per quel Principato; sicché ben presto l'Austria avrebbe in quelle possessioni un'Erzegovina come la Turchia; senza considerare poi gli sforzi che farebbero i Russi di assicurare le Bocche al Montenegro onde essere padroni di un superbo porto militare in Adriatico.

Nel mentre che le Autorità austriache di Ragusa mi accertano che si fa rispettare la frontiera Dalmata e si impedisce agli insorti di passare per essa onde sottrarsi alle mosse delle truppe turche o di recarsi in buone posizioni contro quelle, il Console Generale ottomano mi sostiene tutto dl contrario. Secondo esso, negli ultimi fatti quando gli insorti erano sul punto di essere circondati dalle truppe si lasciò che una parte di quelli entrasse in Dalmazia, tra quali l'intiera banda di Vukalovich armata di tutto punto, che poté così con una marcia di fianco sul territorio austriaco ed a breve distanza delle truppe turche portarsi alle spalle di esse e riprendere le antiche e forti posizioni di Zubsi dalle quali era stata tagliata. Mi disse ancora che a tolleranza e forse con ajuto dell'istesse autorità austriache in Dalmazia si è testé ricostituita la banda dei cattolici di Ravno sopra Klek, comandata dal frate francescano Muscich, il quale aveva già fatto sommessione e promesso al Governo Ottomano di adoperarsi a pacificare i suoi cattolici. Già dapprima esso Console aveva pregato il Vescovo di Ragusa di usare della sua autorità non solo sul Muscich quanto sugli altri parroci da lui dipendenti in Erzegovina affinché esortassero i cattolici di non prendere parte all'insurrezione; ma il Vescovo avevagli risposto avere legate le mani. Al che il Console aveva soggiunto che per esonerarlo di ogni responsabiUtà avrebbe potuto fargli ottenere un ordine perentorio dal Vaticano. Ed il Vescovo allora risposegli che neppure malgrado un ordine consimile avrebbe potuto agire nel senso che esso Console raccomandavagli perché così volevasi da alte influenze.

Jeri arrivò in Ragusa una grande quantità di barili per acqua trasportabili a dorso di cavallo, e di cesti e di basti: ed ogni cosa fu allogata nel magazzeno delle sussistenze militari. Dicesi che sieno i preparativi per una spedizione in Turchia. Di truppe non avvi però fin'ora alcun serio concentramento. Mi si assicura che questo abbia luogo invece sulle frontiere della Croazia e della Slavonia. Il Generale Jovanovich mi diceva che nello stato attuale delle cose, l'Austria cominciava a rinforzare le guarnigioni sulle frontiere in sem

plice osservazione, e non altro; quindi non avere il menomo fondamento le pubbliche dicerie.

P. S. Non posso -inviare copia di questo rapporto alla R. Legazione in Costantinopoli, per non essere scritto a registro.

588

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 320. Cairo, 5 febbraio 1876 (per. il 12).

* La situazione finanziaria non ha subito fin oggi nessun mutamento. Debbo però ritener per certo che il Viceré non combinerà nulla col gruppo francese, le cui condizioni, Egli assicura, esser esagerate ed inammissibili. Invece le trattative col gruppo inglese continuano sempre, e malgrado del mistero con cui le circondano, credo poter affermare che si tratta di una operazione molto più importante di quello che si è detto, e che avrebbe per iscopo di unificare il debito * (1).

Sono felicissimo di aver previste le intenzioni di V. E., trasmessemi col suo telegramma del 2 corrente (2), che ho subito communicate al Comm. Scialoja.

Dopo le prime visite· e conversazioni in termini generali col Khedive, e perché non si attribuisse nessun carattere ufficiale alla missione del nobile Senatore, particolarmente riguardo la quistione finanziaria, sulla quale il Khedive lo ha consultato, 'e perché ed esso e il Khedive potessero in via tutta particolare essere più liberi di cambiare le loro reciproche idee ed opinioni, malgrado tutta la fiducia che il Khedive mi dimostra, ho creduto, manifestandone la causa all'uno ed all'altro, di tenermi a parte e non intervenire nelle loro conferenze. Il Khedive ha apprezzato questa mia delicatezza, perché in questo paese non è possibile che l'opinione pubblica si persuada che un funzionario estero possa interamente svestirsi del suo carattere officiale.

H Comm. Scialoja si è acquistata la più grande fiducia del Khedive, il quale ad Esso solo ha confidati i suoi progetti quando non ri,escissero le trattative col gruppo inglese. Confidati sotto il suggello del segreto, non posso essere indiscreto a vplerli penetrare, e perciò debbo lasciare al Comm. Scialoja interamente qudto soggetto. Egli mi ha soltanto confidato di aver combattuto, senza nominare l'Inghilterra o altra Potenza, il progetto di una operazione finanziaria le cui combinazioni inevitabilmente soHometterebbero l'Egitto ed il Viceré, ad un protettorato di tale entità che distruggerebbe l'autonomia e l'indipendenza del paese.

* Il Signor Cave dichiara sempre che il Governo inglese è interamente estraneo ai negoziati, ed all'operazione proposta dal gruppo Elliot, * ma m~algrado il

(2l Cfr. n. 579.

mistero e l'astuzia; di cui dà prove .esser maestro, non è possibile credere che il Governo e politica inglese sieno estranei alle trattative che sono in corso. E non vi è duQbio che il funzionario del Signor Elliot, il quale avrebbe a controllare e dirigere l'andàmento dell'amministrazione delle finanze, per cinquant'anni, e con la condizione dell'inamovibilità, di fatto sarebbe un funzionario del Governo Bdtannico. Quando ciò avesse a succedere, ed a tali condizioni, l'indipendenza dell'Egitto diverrebbe una parola effimera.

Avendo dovuto assentarmi per alcuni giorni in Alessandria per affari di servizio, n()n ho potuto raggranellare quegli indizi che possono far concretare una supposizione verosimile, e perciò debbo riservarmi a ritornare su questo soggetto col prossimo corriere.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 26, o. 6.

589

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 5 febbraio 1876.

Ho appena il tempo di aggiungere due linee particolari per dirti che mi viene riferito all'istante che ieri il Sultano fece chiamare Mahmoud Pacha a palazzo, e, dopo averlo fatto aspettare in anticamera per più ore, lo ricevette in udienza. Ne seguì una conferenza durante la quale Sua Altezza fece intendere e Sua Maestà lo stato delle cose, l'unione delle sei Potenze garanti ad appoggiare il progetto di riforme, la necessi,tà d'ottemperare ad esse. Sua Maestà rispose era disposto ad accettare quello era stato proposto, ed i Ministri aggiustassero le cose come credevano opportuno.

Pel momento adunQue i pericoli di crisi sono sventati. Però sincera riconciliazione non è intervenuta, e le nubi potranno ricomparire da un momento aU'altro.

590

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA

T. 53. Roma, 6 febbraio 1876, ore 16.

En présence des assurances positives données il n'y a pas long temps par le due Decazes pour le maintien du statu quo à Tunis je désire connaitre avant tout si vos collègues d'Angleterre et d'Allemagne partagent vos appréhensions sur les éventualités que vous me signalez (1).

(l) Con t. 83 del 5 febbraio, non pubblicato perché il suo contenuto è espresso più ampiamente nel n. 596.

591

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 435. Vienna, 6 febbraio 1876 (per. il 10).

S. E. il Conte Andrassy mi tenne parola oggi della recente circolare diretta dal Governo Rumeno ai suoi Agenti all'Estero, onde porli in grado di spiegare ai vari Governi, presso i quali essi sono accreditati, le cagioni che indussero il Gabinetto del Principe Carlo a prendere speciali misure militari di precauzione. Egli dicevami non essersi lasciato dar lettura di quel documento dal Signor Costaforo, interrompendolo alle prime parole col porgli in rilievo la nessuna utilità per la Rumenia di armare; visto che la Porta non la minaccia, e che se altre Potenze pensassero a traversare il suo territorio non sarebbero certo quei suoi diecimila uomini di più che potrebbero farvi ostacolo; e col fargli anche chiaramente sentire l'assoluta mancanza di opportunità di venir a parlar d'armamenti in un momento in cui l'Europa unanime grida pace pace. Insomma :l'accoglienza fatta qui a quel poco prudente passo del Governo di Bukarest non fu certamente buona, e già aveva potuto convincermene dai discorsi tenutimi dal Signor Costaforo, che mi aveva dato confidenzialmente lettura del documento di cui è caso.

S. E. il Conte Andrassy, sebbene abbia evitato di prendere ufficialmente conoscenza di quella circolare, pure av·eva perfetta cognizione del suo contenuto. EgH dicevami, scherzando, la Rumenia vuole imitare il Piemonte, ma essa mi fa l'effetto della rana, che vuole ingrossarsi come il bue. Parlando poi del confronto col Belgio, che ripetutamenrte vien fatto nel documento in quistione, il Conte Andrassy dicevami che questo non poteva stare; poiché ove la Rumenia venisse a costituirsi a Regno indipendente, le Potenze non lo avrebbero mai ammesso altrimenti che !asciandogli i rischi e perigli della sua nuova situazione, e quindi non guarentendo mai la sua neutralità. Dall'assieme deUe cose dettemi dal Conte Andrassy, nonché dalla sua attitudine in questi ultimi tempi a fronte del Governo Principesco di Bukarest, io mi formai l'impressione che H Gabinetto di Vienna, d'accordo in ciò anche con quelli di Berlino e Pietroburgo, non farà opposizione ai successiV'i atti d'indipendenza che il Principe Carlo farà di mano in mano (come stipulazione di convenzioni commerciali, creazione d'ordine cavalleresco, coniazione di moneta coll'effige del Sovrano ecc. ecc.) fino a giungere all'assunzione del titolo reale; purché tutto ciò avvenga senza scosse, e quindi senza contraccolpo nel·la vicina Serbia. Parvemi capire che il Conte Andrassy ravvisi nei Pràncipati Uniti un'avanguardia (espressione ch'egli anzi impiegò meco) della civiltà Europea, chiamati ad esercitare utile influenza in Oriente; •e quindi creda opportuno il favorire la solita costituzione, come preparazione alla certa formazione in avvenire di altre autonomie, attenendosi così senza complicazioni internazionali, e a gradi a gradi, la soluzione della Quistione d'Oriente. Ben inteso che la protezione dell'Austria-Ungheria cesserebbe dal momento in cui la Rumenia accennasse a voler ricongiungere a sé le sparse membra della razza Rumena.

Nel tenermi i discorsi, a cu1 10 credetti, forse con Qualche pericolo d'interpretare con soverchia larghezza le idee del mio nobile interlocutore, dar forma più concreta, il Conte Andrassy richiesemi se dal canto nostro non si pensava anche a conchiudere una convenzione commerciale colla Rumenia. Risposi, pel momento credevo non ci si pensasse avendo prima altri trattati commerciali !>en più importanti da rinnovare. Credo però non dover tacere che dopo i fattimi discorsi, quella interrogazione parvemi venisse come un'insinuazione o meglio un invito ad entrare noi pure nell'ordine d'idee svoltemi. Evidentemente non credetti dover lasciar vedere questa mia impressione, e lasciai cadere la conversazione

592

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Vienna, 6 febbraio 1876.

Pervennemi il 3 corrente a mezzo del nuovo Addetto di Legazione Marchese Cappelli la Vostra lettera particolare del 26 scorso gennaio (1), e stamane adempii presso il Conte Andrassy a<ll'incarico in ,essa affidatomi.

S. E. accolse molto gentilmente la comunicazione ch'io ebbi a fargli nella forma ed anzi direi nei termini stessi da Voi :indicatimi, ed assicurommi che avrebbe quanto prima portato a conoscenza di S. M. l'Imperatore il desiderio da me espressogli dietro Vostro incarico a nome dell'Augusto nostro Sovrano. Dissemi Quindi, la mia comunicaz.ione esser giunta in buon punto onde poter comprendere la posizione relativa alla nuova Ambasciata a crearsi a Roma, nel bilancio da presentarsi nel prossimo aprile alle Delegazioni. Credetti allora opportuno toccar indirettamente la questione di forma, ed accennai il reciproco accordo ed il comune consenso, indicando anche la simultanea pubblicazione ,avvenuta nei due giornali ufficiali di Berlino e Roma come un modus agendi che si potrebbe seguire. Toccai però tutto ciò senza insistere, non sembrandomi il momento, bastandomi rimanessimo d'accordo, il da fare s'avesse a concertar con precisione, allorché l'Imperatore l'avrebbe incaricato di far pervenir a mio mezzo la Sua risposta a Sua Maestà, ad ogni modo però il Conte Andrassy prese nota degli appunti da me fornitigli come sopra dissi intorno al modus agendi.

Riservandomi di riferirvi per telegrafo, ove ne sia il caso, la risposta che il Conte Andrassy mi farà, ho creduto intanto dover mio informarvi sin d'ora del modo col quale avevo da,to adempimento agli ordini che vi ,era piaciuto impartirmi. Da Quanto ebbe poi ancora a dirmi il Conte in quest'argomento

delle Ambasciate capii, che anche qui la questione della scelta degli Ambasciatori è causa di molti imbarazzi in questo momento.

P.S. Risponderò quanto prima anche alla vostra lettera particolare del 30 (l) sebbene già l'abbia fatto in parte, prima di riceverla col mio rapporto del l • febbraio n. 432 (2) che oggi soltanto potei spedirvi non avendo avuto propizia occasione prima.

(l) Cfr. n. 567.

593

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, CODRONCHI ARGELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N.R. 604. Roma, 7 febbraio 1876 (per. l' 8).

Mi viene riferito confidenzialmente che il Comitato internazionalista di Locarno presieduto dal Bakounine intenda promuovere un movimento socialista nella Russia, col denaro che verrebbe somministrato dal Governo inglese, il quale vorrebbe con una serie di disordini interni distogliere quella Potenza dall'ingerirsi nella questione di Oriente.

A Questo fine il Bakounine avrebbe fatte ultimamente diverse gite a Londra, ove avrebbe avuto delle conferenze con gli uomini di Stato del Regno Unito.

Credo conveniente comunicare queste notizie all'E. V. per quelle verifiche e partecipazioni che ritenesse opportune.

594

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 434. Vienna, 7 febbraio 1876 (per. il 10).

Segno ricevuta all'E. V. dei suoi ossequiati dispacci della presente serie

N. 190, 191, 192 (1), portatimi dal R. Addetto di Legazione· Marchese Cappelli. Essendomi procurato ieri un'udienza da S. E. il Conte Andrassy, mi feci grato dovere di esporgli sommariamente H contenuto del dispaccio direttomi dall'E.

V. il 30 Gennaio, sotto il numero 192, e conformemente al desiderio espressomene, glie ne lasciai copia, come pure di Quello diretto al Conte Corti, che vi andava annesso. S. E. ringraziavami della fattagli communicaz.ione e dissemi avere incaricato il Conte Wimpffen di porgere all'E. V. i suoi sentiti ringraziamenti pel concorso così pronto e completo datogli dal Gabinetto del Quirinale nell'azione diplomatica, che dietro sua iniziativa, sta in Questo momento

svolgendosi a Costantinopoli. • Sì , dicevami Egli, • vi dobbiamo ,tanta maggior gratitudine, che proprio si fu la nessuna esitanza colla quale voi avete accettato immediatamente tutte le nostre proposte, che ha trascinato gli altri Gabinetti •. Parlavami a.uindi con rincrescimento dell'avvenuta pubblicazione, nella Gazzetta di Colonia, del suo dispaccio circolare del 30 Dicembre, fatto ch'Egli considera come una grave sconvenienza verso la Pol'ta, fatta con intenzione di nuocere all'azione fin Qui con felice sucoesso condotta dall'Austria. Ad ogni modo però, dicevami egli, la cosa è troppo bene avviata perché ciò possa avere inconvenienti, ed infatti soggiungeva Egli tosto, l'accordo dell'Europa a fronte della Questione orientale è costituito in oggi come mai poté esserlo prima; la Porta si persuaderà così, che non vi ha per L,ei altro scampo, se non di eseguire conscienziosamente ciò che le potenze unanimi le consigliano, e così pure tanto la Serbia come il Montenegro, che già si erano divisi fra di loro la peUe dell'orso, prima che l'orso fosse ucciso, si persuaderanno della necessità assoluta di astenersi da azioni bellicose in un momento in cui le potenze unanimi mostrano di voler vedere ripristinati l'ordine e la pace nelle provincie Turche !'ivoltate. Quanto oltre al fin qui riferito, il Conte ebbe a dirmi, a riguardo della fase, in cui l'azione delle potenz'e è entrata a Costantinopoli, accennava alla fondata speranza per parte sua, che colla risposta che la Sublime Porta sarà per fare fra breve alle Potenze, che associano la loro azione a quella del Gabinetto di Vienna, si potrà ritenere finita la presente

vertenza.

(l) -Cfr. n. 575. (2) -Cfr. n. 578. (l) -Non pubblicati.
595

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1554. Berlino, 7 febbraio 1876 (per. il 12).

Après une longue absence, le Cardinal Prince Hohenlohe est retourné à Rome où, ainsi que le télégraphe l'annonce, il a été déjà reçu par le Pape. Aussitòt les journaux se sont livrés à des commentaires. en attribuant à Son Eminence une mission pour négocier un modus vivendi, et méme une pleine réconciliation entre l'Eglise et i'Etat en Allemagne. S. E. M. de Biilow à nié positivement qu'il s'agit d'une mission quelconque. Un accord ne serait possible qu'à la condition que la Cour de Rome se soumit aux dernières lois promulguées à Berlin. Je me suis borné à rappeler au Secrétaire d'Etat que,, si difficile que peut-ét!'e en ce moment un rapprochement du Cabinet de Berlin avec le Saint Siège, les obstacles en seraient moins insurmontables que pour l'Italie où la question ecclésiastique se compliquait d'intéréts temporels. Des considérations semblables. il s'en souvenait, lui avaient été exposées en Octobre 1875 par notre Pl'ésident du Conseil, en répondant à des observations dictées par une certaine inquiétude que nous pourrions nous réconcilier avec la Papauté au détriment de l'Allemagne

J'admets la vérité de l'assertion du Secrétaire d'Etat, mais rien ne prouve qu'à défaut d'une mission officielle dans le sens strict du mot, le Prince Hohenlohe n'ait pas été chargé de sonder le terrain à l'effet de constater si du còté de Rome il y aurait aujourd'hui quelques chances d'une entente sur une base qui sauvegarderait dans une mesure acceptable la nouvelle législation de ce Pays. En supposant mème que le Gouvernement soit complètement étranger au voyage du Cardinal, il est assez vraisemblable que les catholiques libéraux parmi lesquels il range, l'aient induit à faire un essai d'entente. Au reste a-t-il peut-ètre suivi sa propre inspiration en prenant lui-mème une initiative? Dans tous les cas, je sais que son frère le Due de Ratibor lui a transmis d'ici un exposé de la situation de nature à servir de guide dans ses entretiens avec le Pape.

Cette tentative aboutira-t-elle? Je serais assez tenté de le révoquer en doute. Le Saint Père formulait ainsi so n jugement sur le Cardinal: • E' un santarello, ma di poco ingegno •. Aussi n'a-t-il jamais voulu consentir à préconiser Son Eminence pour l'Archevèché de Co,logne. Le Prince rencontrera d'ailleurs une forte opposition dans l'entourage du Vatican où il est mal noté, à peu près dans la mème mesure que feu le Cardinal d'Andrea. Le parti influent des Jésuites l'a en horreur, parce qu'il est leur ennemi déclaré. Si je suis bi:en renseigné, il se montre favorable à des transactions avec l'Italie aussi bien qu'avec l'Allemagne, mème au prix de l'abrogation du serment que :l.es Papes prètent de garder intègre le domaine de Saint Pierre. D'un autre còté, quand on se rend bien compte du caractère du Pape et de ses antécédents, on ne saurait se bercer de l'illusion qu'il modifi·era ses dispositions.

Pour ce qui concerne le Cabinet de Berlin, il ne saurait se départir de son attitude sans opérer un changement de front qui lui aliénera.it le parti national-libéral. Celui-ci malgré de certaines défaillances dont les derniers votes du Parlement ont donné la mesure, forme u111e majorité sur laquelle il faudra bon gré mal gré s'appuyer jusau'aux prochaines élections. Il se peut qu'alors de nouveaux éléments déplacent la force des partis, mais dans ce cas mème l'énergie du Prince de Bismarck saurait résister à des .tendances qui ne cadreraient pas avec son programme. Il est vrai que H n'hésiterait pas à le modifier, si les circonstances l'exigeaient.

Je persiste toujours à croire qu'aucun accord sérieux n'interviendra sous le Pontificat actuel. A moins d'avoir le don de prophétie, il serait présomptueux de vouloir prédire quelle sera la marche des choses sous l·e successeur quel qu'il soit de Pie IX. En attendant, si le Cardinal Hohenlohe se présente à Rome comme un renfort pour le parti modéré, l'équHibre sera retabli en quelque sorte par l'arrivée du Cardinal Ledochowski qui appartient au parti de l'Ultramontanisme et dont le prestige s'est accru aux yeux des fidèles par un long emprisonnement.

Je n'ai pas besoin d'ajouter aue le Cabinet de Berlin ne démontre aucune lassitude dans l'application des lois de Mai. Les condamnations des ecclésiastiques rebelles aux lois de l'Etat vont leur train, au'il s'agisse du bas ou du haut Clergé. Rien n'indique donc que nous soyons à la veille je ne dirai pas de la paix, mais d'une simple trève (1).

(l) Con nota 602 dell'B febbraio il ministro dell'Interno Cantelli, dette comunicazione a Visconti Venosta dell'arrivo a Roma del cardinale Hohenlohe « venuto per trovare un modus vivendi nella lotta che si agita tra l'Impero Germanico ed il Papato, quantunquegli organi della stampa ufficiale di Berlino lo smentiscano •.

596

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 481. Tunisi, 7 febbraio 1876 (per. il 12).

Quanto nello scorcio di una breve settimana si va qui passando ha richiamato più di mai la mia attenzione, e lasciando in disparte le ciarle e i commenti che se ne fanno da ogni classe di persone, mi terrò solamente ai fatti.

Nell'aLtro lunedì, giorno in cui il Bey suole rendel'e giustizia, alla quale assiste sempre il suo primo Ministro, questi si recò invece alla Goletta, ed ivi ispezionò minutamente i forti, le battel'ie del molo e l'arsenale. Nell'istesso tempo si seppe ch'erano chiamati sotto le armi i vecchi soldati, e che andavasi facendo una leva straordinaria in tutta la Re-ggenza. Si aggiunge che il Duletri (Governatore della città) è giorno e notte comandato alla Driba (palazzo di giustizia), come lo sono nei quartieri i comandanti della truppa e delle fortezze lasciate sin qui in abbandono. Ma quel che dà più da pensare si è il grande smercio che si va facendo di armi e munizioni. L'armuciere [sic] italiano Signor Blanc ha venduto ai Beldi (abitanti della città) 148 fucili, 79 pistole ed oltre a 6 mila cartucce a palla senza contare le commissioni che sta tutta dì eseguendo.

Questi sono i fatti. Venendo ora alle· voci che corrono in piazza, gli uni dicono che siano ordini venuti da Costantinopoli in previsione degli avvenimenti cui può dar luogo la questione d'Oriente; altri vogliono che siano delle misure prese per impedire il colpo di mano che medita •l'Italia d'impadronirsi di Tunisi (!), onde il concentl'amento di tutte le forze in questi dintorni, e siccome dicesi -e la notizia fu messa innanzi dallo stesso Consolato di Francia -che sia imminente l'arrivo d'una squadra francese, vi sono pure di quelli che pensano sia in corso di esecuzione un qualche complotto concertato colla Francia, e ciò in vista che pochi giorni sono H Generale Khereddin reeavasi in Consolato di Francia, e che l'indomani il Signor Roustan andava a trovarlo nella sua casa della Manuba contro le prescrizioni del medico che la mattina stessa lo aveva operato per un pericoloso vespajo al collo.

Com'è naturale, la popolazione è piuttosto inquieta, i mori temendo un attacco dagli europe·i, e questi dai mori. E notisi che l'esaltazione si fa sempre maggiore nel basso popolo musulmano.

In questo stato di cose ho creduto mio dovere di chiedere direttamente al Bey cosa vi era di nuovo che minacciasse l'ordine e la tranquillità pubblica per dar luogo alle misure straordinarie che si stavano prendendo, e che mettevano in allarme tutti indistintamente gli abitanti della città. Sua Altezza nel rispondermi ha cercato di attenuarne la portata e l'importanza, assicurandomi che tutte queste disposizioni non avevano altro scopo che di riordinare la sua piccola armata •e di mantenere la sicurezza pubblica, il che mi porse l'occasione di rassicurare da parte mia l'Altezza Sua che se questi armamenti tendevano an

cora ad impedire lo sbarco di truppe italiane, come n'era corsa la voce, erano fatti en pure perte, perché più di mai il Governo del Re era lontano non che dall'eseguire, dal meditare un simile progetto che, per malevolenza o per altri motivi, gli si vuole attribuire. Il Bey nel mostrarsi sensibilissimo a questa mia dichiarazione si protestò da parte sua premuroso di mantenere con noi i migliori rapporti.

Il Bey però è ridotto a tale stato che si può dire non conti più nulla. Indeciso e pauroso persino della sua ombra non vede persone estranee alla sua casa, compresi i Principi, che alla presenza del suo primo Ministro, tuttocché gli sia più che inviso, odioso. Mi si dice che sia di pessimo umore, e che da qualche tempo a questa parte abbia persino rinunziato ai poco onesti suoi divertimenti. Forse avrà contribuito a questo cambiamento nelle sue abitudini l'avviso non ha guarì ricevuto d'un piccolo attacco apoplettico che si tenne nascosto al pubblico, e siccome sarebbe questa una malattia di famiglia, Sua ALtezza se ne preoccupa grandemente.

Ora riandando al passato, cioè le confidenze avute dal vecchio Ministro della sterminata ambizione del Generale Khereddin, delle alte sue mire, e del non lontano suo progetto d'introdurre nella Reggenza una forte colonia circassa cui egli originariamente appartiene, e confrontando questi dati colle misur~ straordinarie che si vanno prendendo senza un plausibile motivo, come pure colle notizie che si hanno, quali sono gli armamenti generali, il collltinuo arrivo alla spicciolata di truppe irregolari, il ritiro delle forze principali dell'interno, il concentramento di truppe francesi che in numero di 25 mila uomini si dicono scaglionate nei diversi blokaus della frontiera, danno pur troppo il fondato sospetto che il Generale Khereddin stia preparando niente meno che un colpo di stato per impadronirsi del supremo potere, come fece nel principio di questo secolo il fondatore dell'attuale dinastia, ed in questo tentartJLvo non sarebbe 'estranea la Francia mediante cessione, a tempo e luogo, della linea della Megerda. Non si dimentichi che il Presidente della Repubblica francese è l'antico Governatore Generale dell'Algeria, il quale predicava sempre di non potersi conservare queHa colonia alla Francia senz'annettervi la Tunisia.

Se non che potrebbesi ancora supporre che questo sia pur uno de' soliti mezzi di cui si serve il Generale Khereddin per sempre più dominare il Bey che ne subisce suo malgrado l'influenza.

Il fatto si è che il malcontento è generale nella popolazione indigena, e che per la quarta volta sonosi trovati in pochi giorni alle porte delle moschee e dei bazar degli affissi contro la sua amministrazione.

I Consoli d'Inghilterra e d'Alemagna si mostrano, almeno in apparenza, soddisfatti delle spiegazioni che ricevettero dal Generale Khereddin nell'istesso senso che io ebbi dalla stessa bocca di Sua Altezza; da parte mia però non posso dire altrettanto. In ogni modo non faccio che riferire le mie impressioni e i miei timori, nulla desiderando di meglio che di essermi ingannato nelle mie previsioni.

597

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 71. Pietroburgo, 7 febbraio 1876 (per. il 16).

Mi faccio un dovere di confermare col presente rapporto le informazioni

che io ebbi precedentemente l'onore di dare all'E. V. per via telegrafica.

Il Principe Gortchakoff nel farmi conoscere, nei primi giorni dello scorso mese ch'egli aveva spedito un corriere alla Legazione Imperiale a Roma, latore del progetto del Conte Andrassy sulle riforme da introdursi nelle provincie turche insorte, mi aveva espresso la sua fiducia sulla buona accoglienza che siffatte proposte, state da lui pure trasmesse ai Gabinetti di Londra e di Versaglia, incontrerebbero presso il Governo del Re.

L'E. V., come tosto ebbe comunicazione dall'Inviato d'Austria-Ungheria a Roma del dispaccio circolare austriaco, si compiacque di farmi parte della risposta da Lei data al Conte di Wimpffen, cioè che il Governo italiano prestevebbe il suo concorso alle pratiche da farsi, indicate nella Circolare del Conte Andrassy, ed aventi in mira la pacificazione delle provincie insorte.

* Il Principe Gortchakoff che era stato -giusta l'autorizzazione datami dall'E. V. con suo telegramma delli 4 ultimo scorso mese -sollecitamente da me informato della risposta fatta, nel senso surriferito, da:ll'E. V. al Rappresentante austro-ungarico, si mostrò compiaciutissimo della premura dimostrata dal Governo del Re ad acconsentire di prestare esso pure la sua opera, e mi dava il grato 'incarico di esprimeve all'E. V. i suoi sentiti ringraziamenti, come ebbi l'onore di fare con mio telegramma delli 5 gennaio scorso l 24 dicembre * (1).

Il Principe Cancelliere mostravasi del pari soddisfatto delle buone disposizioni del Governo f11ancese ,ed era lieto che il •tenore della risposta del Ministro degli affari ,esteri di Francia potesse influire nel senso di decidere il Governo Inglese a non rifiutarsi a prestare anche il suo concorso. H poco buon voleve, a QUesto riguardo, dei Ministri della Regina ed in ispecie l'atteggiarsi ostile di Sir Henry Elliot a Costantinopoli, non mancavano di essere oggetto di apprensione per parte di Sua Altezza.

Sull'eventualità poi dell'esito che avrebbero a Costantinopoli i passi delle Potenze, il Principe Gortchakoff mi diceva esplicitamente: • noi facciamo tutto il possibile per comporre le cose pel meglio, se i Turchi si rifiutano a questi nostri adoperamenti, tanto peggio per loro •.

Cabouli Pacha, ambasciatove del Sultano presso questa Corte Imperiale diede conoscenza nei primi giorni del passato mese al Principe Gortchakoff d'un telegramma che aveva ricevuto da Costantinopoli, e per cui la Porta dichiarava che essa era bensì disposta ad udire i consigli delle grandi Potenze, ma che

non riceverebbe veruna comunicazione ufficiale riferentesi ai propri affari interni.

Il Principe Cancelliere mi fece in allora -come ebbi l'onore di riferire all'E. V. con mio telegramma delli 9 gennaio u.s. 128 dicembre -pregare di recarmi da lui, e fattomi conscio della pa11tecipazione surriferita fattagli dall'Ambasciatore di Turchia, mi disse che trovava inaudito un siffatto passo dato dalla Porta, prima ancora ch'essa avesse conoscenza del progetto del Conte Andrassy. Sua Altezza si compiacque quindi mettermi sott'occhi un telegramma ch'egli aveva ·indirizzato al Generale Ignatiev ed in cui ·era detto: • Noi non possiamo ammettere la pretesa elevata dalla Porta di prescrivere alle Grandi Potenze la forma delle pratiche ch'esse stimerebbero di dover fare •.

Il Principe Cancelliere nello stesso colloquio mi aggiunse che •egli nutriva speranza che l'E. V. vedrebbe la questione sotto lo stesso punto di vista e darebbe analoghe istruzioni al R. Rappresentante a Costantinopoli. In consimile tempo il Principe Goi'Itchakoff s'intrattenne poi cogli altri Rappresentanti delle Potenze garanti.

Con mio telegramma poi delli 11 gennaio l 30 dicembre, ebbi l'onore di riferire all'E. V. che H generale Ignatiev aveva risposto alla comunicazione telegrafica sovraindicata del Principe Gortchakoff che il Gran Vizir e Rachid Pacha, mentre protestavano delle loro intenzioni di non volere incagliave per nulla le pratiche delle Potenze, •esponevano che, per considerazioni d'ordine interno, il Governo della Sublime Porta non potrebbe ricevere sul proposito nissuna comunicazione scritta. Siffatta dichiarazione del Governo russo spiacque oltremodo al Cancelliere Imperiale, • ed essa, ei dicevami, costttuisce una flagrante contraddizione con quella precedentemente fatta dalla Porta, che il Governo del Sultano cioè presterebbe orecchio ai consigli delle Potenze e non fa prova, aggiungevami il Principe, della buona fede del Governo Turco •. L'Ambasciatore Russo a Costantinopoli riceveva quindi immediatamente per telegrafo l'ordine di persistere nella dichiarazione dianzi fatta, vale a dire che non puossi ammettere la pretesa del Govemo della Sublime Porta di dettare alle Potenze la forma dei loro adopramenti, • et qu'on passerait outre •. Sua Altezza sperava che l'Inviato del Governo del Re a Costantinopoli riceverebbe dall'E. V. l'ordine di agire nel senso stesso.

L'E. V. nel farmi compiacentemente consapevole, col suo telegramma delli 10 u. s. mese dei consigli cotanto saggi ed autorevoli ch'Ella aveva fatto udire a codesto Ministro di Turchia, che avesse cioè la Porta ad attendere fiduciosa, anziché con esagerata diffidenza, il risultato dei negoziati in corso fra le Potenze, accennava averle H Signor Caratheodory Effendi fatto unicamente una comunicazione verbale di cui il senso era che la Porta non avrebbe accettato una nota collettiva di tutte le Potenze garanti, ed al che l'E. V. aveva risposto non risultarle che i consigH che le Potenze garanti avvebbero a dare alla Porta, dovessero essere formulati in una nota collettiWl. Così è che ìa comunicazione verbale fatta all'E. V. dal Signor Caratheodory ha dovuto essere incompleta, poiché nel testo del telegramma che Cabouli Pacha -a sdebitarsi dell'analogo suo mandato -aveva mostrato al Principe Gortchakoff, era questione non di nota collettiva, ma di nota ufficiale qual che si fosse.

(l) Il brano fra asterischi è edito in LV 22, p, 116.

598

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 63. Ginevra, 8 febbraio 1876 (per. il 10).

Ho l'onore di comunicare a V. E. le ultime informazioni che ricevetti sulle mene dell'Internazionale che accennava nei miei precedenti rapporti di questa serie.

La Sezione del Ceresio ha scritto ai Socialisti Italiani che probabilmente verso la metà di marzo essa terrà in Lugano o Bellinzona un Congresso Internazionale Italiano.

Tale Congresso non è ancora fissato definitivamente perché finora non si sa quante e quali Sezioni d'Italia vi aderiranno o potranno :inviare dei delegati. In ogni modo ne terrò informata ad ogni buon fine :l'E. V. mentre mi si assicura che sarebbe questo un importante avvenimento nei fasti della Internazionale.

Tale sezione fu altresì aumentata da un indiv-iduo tenutosi a tutt'oggi a parte da ogni politica; esso è certo Alessandro Riboni, bolognese, disertore della 9" Compagnia di Disciplina ove era relegato pei fatti rivoluzionarj del 24 marzo 1870.

Peraltro il Comitato Direttivo della Sezione del Ceresio è cosi composto: Joseph Favre, Svizzero, il quale figura da gerente e Presidente dirimpetto al Governo e si rende responsabile degli atti sociali;

C. Salvioni, da Bellinzona, socio corrispondente, residente a Basilea (Università); Tito Zanardelli; Sebastiano Baldrati e Lodovico Nabruzzi.

La sezione in discorso avrebbe in animo di proporre il seguente riordinamento della Internazionale in Italia. Il progetto venne altresl approvato dalla Sezione di Vevey, dal Comitato della Federazione del Giura sedente alla Chaux de Fonds e dal Consiglio Regionale della Federazione Internazionale Belga sedente ad Anversa. Lo Zanardelli ne scrisse al V. Dondi di Ferrara, al Boenco Rodolfo di Venezia, all'Ingegnieros di Palermo, allo Gnocchi di Roma ed al Natta di Firenze; Zanardelli assicura i titubanti suoi amici che 0 ggidì trattandosi d'una semplice organizzazione Operaja, anche sotto il titolo d'Internazionale il Governo non potrà perseguitare i soci.

Ecco il progetto d'organizzazione:

Sede del Comitato Federale di Corrispondenza e Statistica . Lugano; della Regione Piemontese . Torino; Ligure Genova; Toscana Firenze; Romagna Ravenna; Emilia Bologna; Marche, Umbria Ancona;

Stato Romano Roma; (provincia di Roma) Partenopea Napoli; Sicula Palermo; Veneta Venezia.

Il progetto non fa menzione della Lombardia, forse perché in tale Regione

l'Internazionale non può contare che pochissimi addetti.

Infatti, dalle informazioni che ebbi a procurarmi su tale lacuna, risulta

che né a Milano né in altre città di Lombardia esistono sezioni dell'Interna

zionale; in Lombardia vi sono bensì molti individui che nutrono delle idee socia

liste ma sembra che trovino poco o nessuno appoggio nella Classe Operaja e

per questo riesce loro difficile fondare delle sezioni.

In Lombardia, invece dell'Internazionale, ha una certa influenza la cosi

detta • Consociazione Repubblicana Lombarda •, guidata dal Pozzi, dal Bettini,

dal Fighetti, dal Brusco-Onnis, ma che, tranne forse a Pavia, la massa della

popolazione non s'accorge nemmeno della esistenza di essa.

Da queste notizie l'E. V. potrà rilevare che dal Partito Repubblicano al Partito Internazionalista corre una enorme differe·nza e che è quasi ·impossibHe che, in una città ove vi siano delle Corporazioni Repubblicane ed Internazionaliste queste abbiano a lavorare di conserva per diffondere la loro propaganda.

A Milano v'era una società Internazionale detta • I figli del lavoro • che forse anche sarà caduta dopo la espulsione del Malon; del resto Milano e Como non sarebbero ormai che i punti di transi-to fra la Sezione del Ceresio e le Sezioni d'Italia. L'Internazionale in Italia attecchirà nelle Marche, in Toscana, nella Romagna, a Bologna e qualche po' nel Veneto. A Roma vi potrà pure sorgere qualche sezione.

A Napoli l'Internazionale fece troppo parlare di sè e gli operaj ne sono stufi; la propaganda vi è fatta quasi tutta fra gli studenti Universitarj.

In Sicilia Ie sezioni sorgerebbero numerose se non mancassero gli uomini che prendono l'iniziativa dell'organizzazione oppure che non temendo i rigori della Legge, si azzardassero di agire.

In Piemonte ed in Liguria l'Internazionale ha pochissima influenza.

In Italia, più delle Sezioni, sono pericolosi quei socialisti sparsi qua e là e non facenti parte di alcuna sezione, come il Dalmasso, di Torino, l'Ingegnieros di Palermo, lo Gnocchi di Roma, il Ramina di Monselice, il Condorelli di Catania, il Pol'tolano di Girgenti e .tanti altri, i quali si occupano continuamente a scrivere nei giornali, incoraggiare i timidi eone loro lettere e scrivono incessantemente pel • trionfo della Rivoluzione Sociale •.

Riferendomi a quanto più sopra scrissi sul riordinamento della Internazionale in Italia soggiungerò che le sedi dei singoli Comitati Regionali verrebbero cambiate semestralmente od annualmente, come pure ogni Regione o provincia sarebbe autorizzata a tenere dei parziali Congressi detti Regionali, cioè composti dei rappresentanti delle sezioni che sono sotto la giurisdizione della Regione in discorso. E' un argomento identico a quello esistente nel Belgio. Però non v'ha dubbio che troverà mille ostacoli prima di effettuarsi.

Del resto l'ostacolo il più serio, il Socialismo lo troverà sempre nel Mazzinianismo, tanto è vero che il Vincenzo Dondi che nella scorsa settimana fu perquisito in Adria, ora ritornato nehla sua patria, F·errara, scrive allo Zanardelli perché comunichi alla sezione del Ceresio che egli sta per ritirarsi dal Club Socialista di Ferrara per gravi dissensioni sorte fra lui ed Augusto BernardeHo. Il motivo dei dissensi è perché il Dondi, giovane estremamente ambizioso, oltre all'essere InternazionaHsta, tiene relazioni al<tresì coi Garibaldini e coi Mazziniani. È quanto appunto non garba a~li altri socialisti componenti il Club di Ferrara.

P.erò l'Internazionale trova molti alleati negli amanuensi delle singole amministrazioni dello Stato i quali, affigliati all'Internazionale od alle società democratiche, collaborano in giornaH avversi all'attuale ordine di cose; ve ne sal'ebbe un certo numero a Firenze e mi si assicura che l'Almanacco Socialista, edito in Fir·enze da F. Serantoni è stato sequestrato dalle Autorità Giudiziarie, fu compilato da un impiegato governativo. Il Serantoni non avrebbe fatto che prestare il nome essendo d'altronde privo d'ogni studio. Questa informazione potrebbe essere utile, massime che H Serantoni dovrà comparire pel reato ascrittogli al pubblico dibattimento.

E' bene anche osservare che tutta l'iniziativa del Socialismo vi•ene dai Francesi e credo perciò utille di trasmettere qui unita all'E. V. una circolare diramata in Francia da un nucleo di rifugiati Comunisti, tutta in opposizione alla circolare di un altro gruppo di Comunisti la quale ·invitava all'astensione dal voto elettorale e di cui feci già parola in altro mio rapporto; della circolare qui compiegata vennero spedite 50 copie dalla sezione di Vevey a queLla del Ceresio per distribuirle •in Italia.

Le unisco pure una copia dell'Almanacco del Proletario di cui le parlava nel mio rapporto del 26 Gennajo, No 59 di questa serie; V. E. osserverà sul 3° foglio il bollo deLla sezione del Ceresio.

Il 10 del corrente mese il Comitato Internazionale della Federazione del Jura terrà una seduta a Chaux de Fonds (Neuchàtel). Me ne fu promessa una relazione.

P. S. -Mi viene comunicato che il Comitato della sezione per gli studi Socialisti nel Jura Bernois darà alla luce quanto prima il seguente programma che dovrà servire di base alla propaganda da farsi e da svolgere in seno alla sezione dell'Internazionale:

1° Proclamazione della Comune; 2° Autonomia delle Comuni; 3° Massima estensione del suffragio universale; 4° Assemblee Comunali da rinno'Varsi ogni biennio; 5° Soppressioni de1le alte cariche; 6° Funzionarj revocabili dalla maggioranza del collegio elettorale; 7° Abolizione dell'esercito permanente; so Elezione dei giudici stabilita da un quadro d'attitudine; 9° Commissione arbitrale fra i cittadini;

10" Abolizione di tutti i privilegi e monopolj, abolizione dei dazj ed imposte indirette; 11° Abolizione delle spese pei culti; 12" Istruzione integrale, gratuita, obbligatoria e laica; 13° Organizzazione del credito al lavoro; 14" Libertà assoluta di pensiero, di parola, di stampa, di lavoro, di commercio, di riunione e d'associazione; 15° Abolizione della pena di morte per tutti i delitti; 16" Abolizione della detenzione per affari politici.

599

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1559. Berlino, 8 febbraio 1876 (per. il 12).

J'ai reçu hier ,}a dépéche de V. E. N. 370 (1). Son annexe ainsi que la circulaire autrichienne du 30 décembre échu -j'ai eu connaissance de ce dernier document par la Gazette de CoLogne qui vient d'en pubHer le texte -m'ont fourni l'occasion d'un ·entretien avec le Secrétaire d'Etat. Il se louait beaucoup de notre concours et de 1a manière empressée et si complète avec laquelle nous l'avions accordé. Il ne mettait pas un seul instant en doute que la Porte donnerait une réponse satisfaisante. Une nouvelle phase se dessinait dans ·la question d'Orient. Dans ce second acte, parviendra-t-on à donner un caractère de réalité aux réformes proposées à Constantinople, et obtiendra-t-on la soumission de la Bosnie et de l'Herzégovine? L'intéret démontré par les Puissances à des Provinces révoltées ne servira-t-il pas d'encouragement à d'autres populations chrétiennes de l'Empire? Pourra-t-on à la longue contenir la Servie et le Monténégro que jusqu'à ce jour déjà on a eu tant de· peine à tenir en dehors d'une participation ouverte au mouvement? Ce sont là autant de points d'interrogation auxquels il serait malaisé de répondre hic et nunc avec quelque certitude. Au reste la tàche de la diplomatie n'est pas de résoudre à la fois toutes ces difficultés, ma·is de les aborder en quelque sorte l'une après l'autre dans le but parfaitement déterminé de l'amélioration du sort des chrétiens en Orient et du maintien de la paix générale.

Sous ce dernier rapport il existait une parfaite entente entre les Puissances du Nord, et la démarche récente faite en Turquie constatait, à quelques nuances près, un accord précieux entre tous les Cabinets de l'Occident, pleins de sollicitude pour la conservation de la tranquillité générale. A Berlin, entre autres, o n avait une ferme confiance dans les relations entre l'Italie et l'Allemagne rattachées par l'amitié des deux Souverains, par la communauté de leurs

intérets et par cette force des choses qui prévaudra contre toute tentative de séparer leur cause.

Tel a été l'ordre d'idées développées par M. de Bi.ilow. Il avait reçu de Vienne des nouvelles rassurantes sur la position du Comte Andrassy, qu'on se plaisait à dépeindre récemment encore comme menacée. Si ses ennemis recrutés dans le camp des féodaux et du parti clérical se sont crus un instant de force à l'évincer, leurs tentatives ont été impuissantes. Son attitude dans les affaires orientales lui a valu de justes éloges à l'intérieur comme à l'étranger et il est aujourd'hui plus que jamais un conseiller bien venu dans les cercles les plus influents de Vienne. Il ne songe point à des agrandissements de l'Autriche vers l'Est. Son esprit des plus perspicaces lui en démontre les inconvénients. Un diplomate le sondait sur un prétendu projet de conquete de la Bosnie. Le Comte Andrassy en manifestait son étonnement. Il citait et appliquait le propos attribué à un mari apostrophant ainsi l'amant de sa femme: • Comment pouvezvous jouer ce ròle, quand vous n'y etes pas obligé! •. Cet homme d'Etat jouit des plus grandes sympathies à Berlin et à Saint Pétersbourg. Il continuera entre autres, à vouer tous ses efforts à sauvegarder dans les luttes qui semblent renaitre maintenant, la transaction d'où est sorti l'Empire Austro-Hongrois: ce dualisme Qui convient à l'Italie aussi bien qu'à l'Allemagne.

Il n'est pas moins vrai, ainsi que je le faisais observer à M. de Bi.hlow, que la marche politique des choses dans le Nord de l'Europe, dépend en grande partie de trois éminentes personnalités: celle de l'homme d'Etat qu'il venait de nommer, et celles des deux Chanceliers d'Allemagne et de Russie. Que l'une d'elles disparaisse, et la confiance ne sera plus la meme. M. de Bi.ilow ne niait pas qu'u111e semblable éventualité pourrait amener bien des changements vis-àvis de l'Autriche, surtout si une crise amenait au pouvoir des adversaires de l'Allemagne et de la Russie. Mais il comptait sur la sagesse de l'Empereur François-Joseph pour conjurer un pareil danger.

Je sais indirectement que le Prince de Bismarck dit à qui veut l'entendre que la paix n'est sérieusement menacée d'aucun còté. Il ne verrait à l'horizon qu'un point noir dans 1le cas où une ·insurrection persistante en Bosnie, dans l'Herzégovine et se propageant en Servie et dans le Monténégro, pourrait pousser l'Autriche-Hongrie à procéder à une occupation militaire qui aurait pour ~ontre-coup une marche en avant de la Russie vers la Bessarabie. Mah; il ne renonce pas à l'espoir de parvenir à concilier les intérets, si divergents qu'ils soient, de ces deux Puissances. Quant aux relations avec la France, il s'est produit un certain apaisement depuis que les élections pour le Sénat ont donné un résultat qui laisse prévoir de quels éléments sera aussi composée la Chambre des députés. Le Gouvernement du Maréchal Mac-Mahon disposera d'une majorité trop peu homogène pour triompher entièrement des partis qui divisent et fatiguent la France. Il sera trop absorbé à l'intérieur pour créer de sitòt de graves ·embarras à ses voisins. Si les idées de revanche reprenaient le dessus, l'Allemagne se sentirait assez forte pour en prévenir au besoin l'exécution. Elle ne néglige rien de ce Qui peut augmenter sa puissance militaire déjà si formidable. Ses 18 Corps d'Armée composant ce qu'on appelle 1la première armée active de près de 700.000 hommes, pourraient etre mobilisés et concentrés vers la frontière en 17 jours: c'est à dire plus rapidement qu'en 1866 et en 1870. La France parviendrait, il est vrai, à mobiliser deux jours plus tòt ses b81tteries à cheval et sa cavalerie à l'effet d'envahir, ou du moins de menacer le .terrain entre Metz et Strasbourg. Dans cette prévision la garnison de la première de ces villes serait mise en état de tenir tete au premier choc. Mais pour le mouvement de l'ensemble des troupes, l'Etat Major de Berlin calcule qu'il gagnerait sur ses ennemis deux jours pour passer à l'offensive, et cela sans tenir compte des retards qui se produiraient très probablement dans les .transports par chemins de fer chez les Français qui n'ont pas la meme expérience que les Allemands.

En parlant de l'Etat Major allemand, la pensée se reporte tout naturellement à son Hlustre Chef. Voici une manière de voir qu'il m'a exprimée tout récemment. C'est surtout la difficulté, pour ne pas dire l'impossibilité, d'une entente pour la possession de Constantinople, qui contient bien des ambitions. D'un autre còté, quelle que soit la bonne· volonté du Sultan, les conditions intérieures de l'Empire ne lui permettront guère une application sérieuse des réformes qui lui sont demandées. Le mécontentement des populations ne fera que s'accroitre en causant de très graves embarras aux Puissances limitrophes. Il se présenterait dans ce cas ile danger d'une intervention militaire qui mettra à une rude épreuve le concert des trois Puissances du Nord. Si le Prince de Bismarck ne réussissait pas alors à prévenir une rupture, le Cabinet de Berlin devrait prendre une position plus accentuée. Ses sympathies seraient pour l'Autriche, mais la raison l'entrainerait probablement vers la Russie, car il est assez dans la marche ordinaire des choses de se ranger du coté du plus fort. Une semblable opinion n'est certes pas sans valeur.

A propos de la Russie, il est presque superflu d'ajouter que tout ce qui se passe en Turquie est bien fait pour y augmeDJter son prestige, qui grandira encore quand la dipilomatie européenne aura, comme telle, prouvé son impuissance à améliorer le status quo o11iental. Les populations chrétiennes tourneront alors de plus en plus leurs regards vers le Cabinet de Saint Pétersbourg qui manreuvre aV'ec autant de finesse pour concilier ses propres convenances avec la protection des intérets des chrétiens en Orient. Si une insurrection parvenait à refouler les Tures en Asie, les populations victorieuses ne tarderaient pas elles aussi à donner un testimonium paupertatis pour s'organiser d'une manière un peu stable. Au dire du Maréchal de Moltke, sauf les Arméniens-catholiques, les autres sectes chrétiennes inspirent encore moins de garantie, que les Mahométans.

On rappelle parfois le mot de Frédéric le Grand: • une fois que les Russes auront Constantinople, deux années leur suffiront pour etre à Konigsberg •. Ce jugement qui pouvait avoir quelque justesse à la fin du siècle dernier, a beaucoup perdu de sa valeur depuis la forma.tion, au centre de l'Europe, de l'Empire d'Allemagne. Dans ces conditions une extension de la Russi e vers le Bosphore serait plutot une cause d'affaiblissement, soit pour l'ofFensive, soit pour la défensive con:tre une Puissance militaire de premier ordre. L'Empire des Tsars en s'élargissant outre mesure s'exposerait à subir la vérité du dicton: • qui trop embrasse mal étreint •. Aussi en se mettant de son bord, en cas de conflit avec l'Autriche, l'Allemagne le ferait moins par préoccupation des succès plus apparents que réels de la Russie, mais afin de prévenir que la France ne cherche à se prévaloir des complications Orientales pour trouver à Saint Pétersbourg U:n allié dans ses projets de revanche. Une alliance entre l'Autriche et la France offrirait ici moins de périls qu'une alliance entre la Russie et la France

(l) Non pubblicato.

600

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1560. Berlino, 8 febbraio 1876 (per. il 12).

Je me permets de signaler à V. E. une correspondance de Venise, insérée dans la Norddeutsche Allgemeine Zeitung du 3 Février, N. 28, avec le motto crescit eundo. C'est déjà ,Ja seconde fois, à court intervalle, que ce journal officieux parle des agitatioos de certains comités, pour favorise·r des projets d'annexion à notve Royaume, non seulement du Trentino, mais aussi de l'lstl'ie, Gorz, Trieste et des còtes de la Dalmatie.

Si nous ne pouvons QUe nous féliciter de voir l'élément italien se fortifier dans le Tyrol Méridional, si nous devons désirer que les conjonctures nous deviennent favorables pour fixer notre frontière à l'Isonzo, il faut convenir que nos amis se laissent entrainer trop loin dans leurs aspirations patriotiques, en les accentuant aujourd'hui d'une manière qui impliquerait un certain assentiment de tla part du Cabinet de Berlin. Celui-ci, cela saute aux yeux, est tenu à observer, dans les conditions politiques actuelles, une grande réserve et à dégager, vis-à-vis de l'Autriche, toute connivence, meme indirecte, dans une semblable question. Il l'avait déjà fait lors des manifestations qui ont eu lieu au passage de l'Empereur d'Allemagne, nommément à Trento en Octobre dernier, et la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, dans la correspondance précitée, insiste nouvellement sur ce point.

601

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 31. Ragusa, 8 febbraio 1876 (per. il 14).

Nella scorsa settimana una squadra da otto a dieci italiani, specialmente Livornesi passò per questa città diretti a Castelnuovo; e di là per Sutorina a Zubsi; o forse più precisamente a Grahovo di Montenegro ove, a quanto si dice, vuolsi formare una legione straniera al servizio della insurrezione di Erzegovina. Si indica esservi tre capi italiani organizzatori: un certo Vivaldi-Pasqua che qualificano col titolo di duca; un tale Ceretti, ed un tal altro Montalti. Dicesi che il primo sarebbe il rappresentante del partito aristocratico d'Italia (??);

il secondo dell'internazionalista; il terzo del Mazziniano. Tutti tre poi sarebbero in relazione con un Comi•tato centrale di Roma sotto la protezione e con la coo~ perazione del Generale Garibaldi. Che il nostro popolare personaggio abbia scritto più volte al Comitato Slavo di Ragusa ed abbiagli promesso adesione e soccorsi, mi .fu più volte assicurato e· da parte slava e da parte turca.

Mi fu ancora riferito che il Comitato centrale di Roma debba spedire fra breve una batteria di (sei) cannoni da montagna, ed abbia promesso anche l'invio di trecento mille franchi. Delle quali .circostanze i Turchi si mostrano estremamente preoccupati, temendo a ragione che a poco a poco si abbia ad ag. giungere alle difficoltà interne dell'insurrezione dei cristiani quelle dell'interven· to dei partiti estremi stranieri.

Si conta già come nucleo della Legione straniera una sessantina di individui di differenti nazionalità, tra quali una quarantina di italiani. Porta-bandiera di questa legione in gestazione è una donna Olandese sui quaranta anni, e che appellano • Madamigella Merkus • : vecchia cattolica, e ricca. Questa stessa viaggiò già molto in Oriente, e fabbricò del suo proprio una chiesa in Palestina spendendo grosso denaro.

Si è detto testè in alcuni giornali che gli organatori della Legione straniera abbiano fatto trattato col Principe di Montenegro. Io non lo credo per la seguente ragione. Quelli siccome corifei del partito così detto democratico e int·ernazionalista si appoggiano all'Omladina Serba contraria al Montenegro, il quale di principii autocratici e medioevali non tende che al proprio interesse. Questo contrasto io l'ho osservato palpabilmente nel corso dell'attuale insurrezione. Sino dal principio di essa l'Omladina aveva inviato e soccorso il Voivoda Micio Balordich, meglio conosciuto sotto il nome di Ljubibratich (amante dei fratelli). Il Ljubibratich si era messo a campo nei Zubsi, aveva accolto stranieri e corrispondenti di giornali, e voleva dare all'insurrezione il carattere nazionale jugoslavo-serbo. Il Principe Nikita lo contrariò in ogni modo, e non essendo in ultimo riuscito di assoggettare il Ljubibratich a' suoi disegni, lo destituì da Voivoda. A V. E. sarà nota la lettera del Voivoda stampata testé in tutti i giomali colla Quale egli prende commiato dagli insorti dicendo :titirarsi per non innalzare la bandiera della discordia. In un colloquio, che ebbi jeri l'altro col Ljubibratich, egli mi dichiarò essere addolorato che l'insurrezione si risolva a puro benefizio del Montenegro H quale farà ·e vorrà solo quanto la Russia ordinerà: e mi sostenne essere stata l'azione del Montenegro fatale all'insurrezione anziché di ajuto.

Infatti l'azione del montenegrino Petro Paulovich nei varii scontri che avrebbero potuto essere decisivi contro i turchi, fu al tutto equivoco. E' per colpa del Paulovoich se i fortini di Goransko e di Piva furono lasciati vettova· gliare, è sua colpa se fu permesso a Raouf Pascià di passare le inespugnabili strette della Duga, e impedire così la presa della città e distretto di Nikscich. Il motivo si è che il Montenegro non essendo in guerra colla Turchia non poteva prendere possesso di questi luoghi, e non voleva per altro che lo prendessero gli insorti, per tema che essi inorgogliti del successo si rendessero da lui indipendenti. Egli è per lo stesso motivo che lasciò più volte solo nei combattimenti il capo degli insorti Socizza. Questi, giovane intraprendente coraggioso, si era in poco tempo guadagnato l'affetto e la devozione degli Erzegovesi, in guisa che si parlava assai di proclamarlo il Principe della Erzegovina. La qual cosa non andava a sangue del Principe Nikita. Dopo l'affare della Duga, ove il Socizza fu lasciato sopraffare da sedici battaglioni turchi mentre che il Paulovich se ne stava a poca distanza co' suoi Montenegrini, Quegli tutto sdegnato si era ritirato a Piva. L'insurrezione pareva dunque essere al suo fine quando nuovamente concertatisi gli Agenti Russi e il Montenegro di riprendere il campo, si agì sul Socizza per rappattumarlo. Si riuscì infatti, ma però fu fatto giurare al Socizza e gli si fece sottoscrivere un atto, col quale egli riconosceva la supremazia del Petro Paulovich nel comando ·e nei disegni della guerra e nelle condizioni di pace.

Dai fatti che vengo di esporre e da quelli che ebbi già l'onore di esporre in precedenti rapporti risulta la questione attua1e dell'Erzegovina è spinta e controspinta da tre diverse influenze: dagli Agenti Russi, dal Comitato slavo a cui si associa l'Omladina Serba, e dagli Slavi austriaci. In un prossimo mio rapporto mi studierò di delineare più chiaramente il tracciato di loro azione.

Il grosso degli insorti si trova di nuovo accampato nei Zubsi e nei Baniani, avendo alle spalle l'appoggio della frontiera montenegrina e il passo alla Sutorina. I comandanti turchi che avevano così bene tagliato gli insorti dalla loro base di operazione o non seppero o non poterono o non vollero annientarli.

I cattolici di RaVlilo non sono uniti con gli insorti del Paulovich.

In questa città di Ragusa si continua l'affaccendarsi per le segrete negoziazioni tra il Principe del Montenegro ed Ali Pascià di Erzegovina. Il Console Russo e parecchi altri agenti russi non sono ancora ritornati da Cettinje.

602

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Costantinopoli, 8 febbraio 1876.

Colla spedizione officiale ricevetti la tua particolare delli 29 gennaio per la quale ti ringrazio assai.

Avevo talmente sentita l'importanza d'evitare ogni pericolo che la Porta trattasse noi in modo diverso da quello tratterebbe i tre Imperi che, quando feci la mia comunicazione verbale i[ giorno in cui la fecero i tre Ambasciatori, io dissi bensì a Rachid Pacha che le mie istruzioni scritte non erano per anco giunte, ma mi tenni sulle generali riguardo ad esse, tanto che S. E. credette che la mia comunicazione fosse completa, e se egli avesse risposto prima che il tuo dispaccio (l) fosse comparso, la medesima risposta che avrebbe fatta a quegli Ambasciatori l'avrebbe fatta a noi. Questa prudente condotta m'era consigliata eziandio dall'ansietà manifestatami dai miei colleghi e soprattutto dal Conte Zichy che la pratica non soffrisse indugio affine di profittare delle momentanee buone disposizioni del Sultano. Né ciò impediva che Rachid Pacha accogliesse poi con manifesta soddisfazione la nostra ulteriore comunicazione.

Permettimi ora d'esprimerti per mio conto l'ammirazione che provai nel leggere questo dispaccio che per l'abilità della forma, la logica stringente degli argomenti, l'elevatezza delle viste è di gran Junga superiore alle redazioni Austriaca e Francese.

E mi piacque assai non fosse esplicitamente domandata la comunicazione officiale del Firmano del 12 dicembre, chè, dopo la notificazione e trasmissione fattaci allora dal Ministro degli Affari Esteri, siffatta pretesa mi sembrava una puerilità.

M'interessò in sommo grado quanto mi dicesti circa la nostra posizione rispetto all'accordo dei tre Imperi. E veramente credo d'aver sempre informata la mia condotta a queste idee che già m'avevi manifestate verbalmente. Dal momento che i nostri interessi ci consigliavano di stare coi tre Imperi, io fui sempre d'avviso essere assai più conforme alla nostra dignità, di non mostrare alcune velleità di mal'umore per questo accordo, e non cessai quindi dall'applaudire ad esso, ed esprimere caldi voti per la sua durata. Dirò anzi di più, e se ho torto potrai correggermi. A me sembra che l'accordo fra i tre Imperi costituisca la migliore possibile guarentigia pel mantenimento de:l!la pace in Europa e dello statu quo in Oriente. Finché i tre Imperi sono uniti infatti quali Potenze in Europa avrebbero voglia di far loro la guerra? Ed i tre Imperi, camminando l'uno al lato dell'altro in Oriente, si sorvegliano mutuamente, e si paralizzerebbero nel caso J.'un d'essi avesse qualche velleità di mutamento. Mentre invece il giorno in cui quest'accordo venisse a cessare l'Italia avrebbe forse a scegliere fra i due campi, e la scelta potrebb'essere penosa I voti adunaue che faccio per l'unione dei tre Imperi non sono solamente sulle labbra ma anche nel cuore poiché l'Italia ha soprattutto bisogno di pace.

Fece qui una triste impressione la prematura pubblicazione del dispaccio Andrassy, poiché v'è sempre qualche pericolo finché la risposta non sia ratificata dal Sultano. E si può mettere pegno che chi tradiva per tal modo il segreto non è sincero partigiano della pace Europea.

(l) Cfr. n. 562.

603

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2452/586. Londra, 9 febbraio 1876 (per. il 13).

Il Conte di Derby ha avuta la cortesia di scrivermi ier sera ch'io mi recassi da lui quest'oggi.

Ho esposto a Sua Signoria la linea di condotta del Governo del Re nelle presenti congiunture in Turchia e le considerazioni che l'E. V. si compiacque scrivermi, con l'ossequiato Suo dispaccio n. 243 (1).

Ho poi data lettura al Conte di Derby, sul desiderio che me ne ha manifestato, del dispaccio di V. E. al Conte Corti.

Dopo che Sua Signoria mi ebbe incaricato di fare a V. E. i suoi ringraziamenti per questa comunicazione, soggiunse trattarsi adesso della risposta che

farà la Porta. Lord Derby crede sarà soddisfacente, ma sarà per contenere la medesima riserva da lui medesimo fatta sul punto che si riferisce al riparto nella destinazione del prodotto delle imposte dirette e indirette.

Sua Signoria si è quindi fermata a discorrermi sulle probabilità di riuscita dell'azione iniziata dalla Nota del Conte Andrassy; ,e mi ha in proposito ripetute le cose che già mi disse e ch'ebbi l'onore di riferirLe.

Il Principale Segretario di Stato della Regina mi ha espresso il convincimento che la quistione stia nelle mani dell'Austria-Ungheria e da lei dipenda, imperocché (mi asserì questa volta) 'l'insurrezione non ha forza per mantenersi da sé sola se aiuti d'uomini, d'armi e di provvigioni non le giungono dai paesi attorniati. Ma Sua Signoria nell'affermarmi convenga che l'Austria-Ungheria si adoperi efficacemente ad isolare il campo di quella insurrezione, pur ne riconobbe le difficoltà per la natura della frontiera e le simpatie degli Slavi sudditi Austriaci.

• Ciò che (terminò Lord Derby col dirmi) inspira, infine, sfiducia nel buon esito delle riforme da essere applicate in Erzegovina e Bosnia, non è la mala volontà della Porta, ma la mancanza d'uomini capaci d'attuarle, e, -ove gli uomini capaci si palesassero -l'instabilità perpetua nel Governo O:ttomano che impedirebbe non solo un qualunque seguito nei proponimenti di quegli uomini, ma che tanto rimangano sui luoghi da veder gli effetti di ciò che farebbero •.

E però gli stessi dubbj persistono sempre nell'animo del Ministro della Regina e sembrano togliersi molta f,ede nel tentativo a cui si provano le Potenze per porre un fine alla condizione di cose lamentata.

Nel riserbarmi di spedire quest'oggi stesso un riassunto delle situazioni avvenute ier sera nelle due Camere del Parlamento sull'adesione dell'Inghilterra alla Nota Andrassy e sulla compra delle Azioni del Canale di Suez...

(l) Cfr. n. 573.

604

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 32. Ragusa, 10 febbraio 1876 (per. il 17).

Console Generale di Russia in questa città è il Signor Jonine, intelligente e destra persona. Sebbene il posto, secondo l'organizzazione russa non sia che semplice Consolato, tuttavia per la sua speciale attitudine fu il Signor Jonine mantenuto ivi, elevando però il grado ad personam a Console Generale, e ancora affatto recentemente a Consigliere intimo, per cui avrebbe diritto tra suoi al titolo di eccellenza. Si afferma che il Montenegro penda da lui come un ragazzo dal suo ajo; e persone colte e serie di Ragusa mi accertarono che nella guerra sostenuta dall'Austria contro il krivoscie, il Signor Jonine abbia avuto grandissima parte nei maneggi, e non certamente a favore del Governo imperiale presso il quale era accreditato. La cosa più mirabile era poi, mi dicevano quelle, che nel mentre l'attitudine e l'azione del Signor Jonine era nota a tutti e pubblicamente parlavasene in Ragusa, il Governo di Vienna ne era all'oscuro; e ciò arguirsi dal non avere esso insistito per l'allontanamento del Signor Jonine; anZJi dall'averlo poi insignito della commenda della corona di ferro.

In una città, dove non avvi sudditi russi né navigazione o commercio qualsiasi, sono addetti al Consolato due segretari inviati, un corriere fisso. Oltre a questo personale Ufficiale, avvi attualmente ancora un CoJonnello di Stato maggiore, certo Maximoff, un capitano e varii luogotenenti; e impiegati poi del Ministero degli Esteri di Pietroburgo sovente vanno ,e vengono dal Montenegro e dal campo degli insorti. Questo secondo personale tiene il più stretto incognito. Fin ora io non ebbi occasione di accertarmi del medesimo, ma la sua presenza mi fu assicurata da un mio collega a più riprese.

L'Ambasciatore Russo in Costantinopoli incalzò sempre H Console Delegato in Mostar ad opporsi a qualsiasi azione comune che arieggiasse o intervento o pressione straniera in Turchia, a eccitare e consigliare il Commissario Straordinario Server Pascià a fare le più ampie concessioni ai cristiani, a pacificare a finire insomma; e ultimamente avvertiva il mio Collega di Russia • che La Porta vedrebbe con piacere una deputazione d'insorti recarsi in Costantinopoli •. Il mio collega non capì il secreto del suggerimento. Ne parlò arl Collega di Austria, il quale ne informò l'Internunzio. Questi chiese subitamente spiegazione al Generale Ignatieff, il quale disdisse il senso della cosa; ma poi redarguì aspramente il suo Console e della indiscrezione e dell'ignoranza sua.

Di fronte ad una attitudine dell'Ambasciata Russa così favorevole alla Turchia fa enorme contrasto la condotta del Consolato Generale di Russia in Ragusa, tutto opera e tutto azione a scassinare il Governo della Porta in Erzegovina.

Un mio amico e Collega nella Commissione Consolare dicevami non ha guari, non essere cosa nuova questa contraria attitudine negH Agenti e rappresentanti russi, tanto da parere dubbio alle volte che appartengano allo stesso Governo; e raccontavami che al tempo dell'ultima commissione Europea per pacificare il Montenegro colla Sublime Porta erano Consoli Russi il Signor Sucenkoff in Scutari d'Albania; e il Signor Petkovich in Ragusa. Or bene nel mentre che l'uno era turcofilo wltra, l'altro era turcofobo extra, non già in parole ma nei fatti i più patenti e al rischio di dar luogo a disgustosi inconvenienti. Ciò malgrado erano ambedue quegli agenti approvati dal loro Governo, ed ambedue ricevevano nello stesso giorno le stesse decorazidni, le stesse promozioni di grado.

In alcuni miei precedenti rapporti ebbi l'onore di riferire già alcuni atti di questo Consolato Generale di Russia nell'appoggiare, dirò anzi, nel soccorrere la guerra degli insorti. Ora compierò le notizie, secondo la riserva che mi son fatta nell'ultimo mio rapporto dell'8 corrente: e fu per dare una più precisa idea dell'azione dei Russi in Ragusa che riferii le circostanze che precedono.

Tutti gli sforzi loro non tendono punto a prò degli insorti e dei cristiani in generale di Erzegovina, ma a favorire unicamente il Montenegro e ad acquistargli un aggrandimento. A pervenirvi s'avvidero che bisognava protrarre a lungo l'insurrezione. Il Consolato russo fu allora il centro a cui affluirono le somme cospicue donate per i rifugiati e per i feriti. Il corrispondente del Gol.os mi assicurava che il suo giornale solamente trasmise 120 mila rubli; e calcolava che dalla Russia erano già stati inviati testé oltre 800 mila rubli. Della qual somma i rifugiati e i feriti poco o nulla fruirono. Una parte andò e va a comprare e stipendiare giornalisti, il resto fu rimesso al Principe Nikita. Dice il Montenegro che esso è obbligato a mantenere 60 mila rifugiati. L'esagerazione è infantile per non dire altro. Dalla bassa Erzegovina i rifugiati che soli avrebbero potuto prendere la via del Montenegro non ascendono a 20 mila. Ora di questi havvene 17 mhla nel circolo di Ragusa inscritti e matricolati; ai quali il Governo Austriaco passa un sussidio giornaliero. Non restano dunque che un 3 mila per il Montenegro, e persone competenti dubitano ancora di questo effettivo. Oltreciò la maggior parte di quei rifugiati furono quelli che portarono seco bestiame denaro e grani; avendo il Montenegro avuto cura di cacciare in Dalmazia i nullatenenti. Tuttavia quel Principato menando grosso scalpore per i suoi 60 mila rifugiati, riuscì per alcuni mesi a farsi pagare dall'Austria 60 mila fiorini al mese. Ma essendo poi stata ridotta questa sovvenzione a soli 5 mila fiorini mensili, la parte Russa fece le alte grida sulla inumanità del Governo Austriaco.

Parimenti dei molti oggetti di biancheria e dei letti inviati presero bensì la via del Montenegro ma non quella dell'ospedale di Grahovo; e qui si racconta ridendo che molti Senatori di Cettinje che dormivano prima sopra una stuoja ora giacciono sopra due o tre materassi.

È poco tempo che partì da questa città un certo Vesseliski, venutovi nell'agosto scorso, il quale dicevasi delegato da un comitato internazionale di Parigi, del quale erano membri il Metropolita ortodosso di Serbia e il Vescovo Strossmayer di Diahovo. Ma persone degne di fede mi affermarono che il comttato internazionale era una invenzione; e che i due Prelati nulla sapevano di quello. Il vero essere che il Vesseliski aveva altro nome, e che egli era un impiegato del Ministero Esteri di Pietroburgo mandato in Ragusa ad ajutare il Consolato Russo nel ricevere e distribuire i soccorsi provenienti di Russia. Mi si disse ancora essere qualche cosa di simile l'ambulanza della croce rossa testé andata in Montenegro e venuta da Mosca.

Dopo il combattimento di Muratovizza (4 dicembre ultimo scorso) perduto dalle truppe turche, Raouf Pascià avendo necessità di passare oltre, e impedendolo gli insorti, scrisse al loro capo Socizza di permettergli il passaggio per vettovagliare Ll.a fortezza di Goransko, di cui la guarnigione era affatto priva di viveri; e ad un tempo accennava a buone disposizione di venire a porgere orecchio ai lamenti dei cristiani. II Socizza inviò la lettera di Raouf al Principe del Montenegro, e questi al Console Jonine per il suo parere. Il Console Russo, dicesi, abbia consigliato di acconsentire alla domanda del passaggio dei viveri per i motivi che ho già indicato nel mio rapporto precedente, e ancora per provare che il Montenegro mediante compensi potrebbe adoperarsi a fare cessare l'insurrezione. Nel dare ordine al Socizza di lasciar libero pa~saggio ai viveri, il Principe fecegli intendere che ciò era per strategia di guerra. Il Socizza obbedì, e Goransko e Piva furono riprovvedute.

Dopo ciò Raouf Pascià si preparò a vettovagliare il distretto e la cittaduzza Nikscich. Ma per ciò fare dovevasi passare le strette di Duga. Guardavale il Socizza cogli insorti di Erzegovina, e il Petro Paulovich co' suoi Montenegrini. Raouf Pascià attendeva buona occasione per forzare il passaggio; e frattanto si decise ad inviare al Principe certo Constant Effendi, di cui ebbi già a parlare ne' precedenti rapporti, e fatto allora di fresco Mutasserif dei Distretti insorti. Constant giunto in questa città di Ragusa fu visitato dal Signor Jonine. La conferenza durò parecchie ore; e pare che si sia trattato di dare al Montenegro alcuni compensi territoriali mediante i quali il Principato si adopererebbe alla pacificazione, e pare che Constant abbia accettato di riferire favorevolmente alla Sublime Porta. Si recò allora a Costantinopoli ove coll'appoggio dell'Ambasciata russa fu nominato Pascià. Alcuni giorni dopo la conferenza del Signor Jonme con Constant Effendi, Raouf Pascià marciò per le strette della Duga. Il Socizza e il Paulovich dovevano impedirlo. Il primo cominciò il combattimento (26 dicembre) e lo continuò tutta la giornata con perdite. Il Paulovich a vece di soccorrerlo lo abbandona, va a prendere bestiame e si ritira in Montenegro. Questa volta il Principe Niki,ta non potendo addurre al Socizza ragioni strategiche per ordinare al capo dei Montenegrini di non opporsi a Raouf Pascià, lasciò barbaramente sacrificare più di cento insorti Erzegovesi. Il Socizza vistosi tradito abbandona il campo, e !lascia libero .n passo a Raouf che ottiene il suo intento. L'abbandono fatto dal Paulovich produsse gran malumore nella parte slava. La Glas Cruog01·ska, giornale ufficiale del Montenegro, scusò la ritirata del Paulovich in modo equivoco; e il Signor Jonine comunicò al mio Collega di Russia in Mostar che oramai !l'insurrezione era all'agonia e che il miglior partito era Quello che cessasse addirittura.

O sia che le domande dei compensi al Montenegro non sieno state accolte dalla Sublime Porta; o sia che il Constant Pascià non le abbia ben patrocinate, il fatto è che andando in lungo la cosa, H Consolato Russo consigliò di ricominciare la guerra. Il Petro Paulovich con altri capi venne ad abboccarsi in Ragusa col Signor Jonine. Vi fu cena data a quelli da un Agente russo; alla quale lo stesso Signor Jonine assieme al suo segretario vi assisté per alcun tempo, e a tarda notte partiti i capi si recarono al campo in Zubsi. Dopo due giorni avvenne il combattimento favorevole al Paulovich del 19 gennajo. In quella giornata fu ucciso il Capitano dei Banjavi, Massimo Bacevich. Il corpo fu fatto passare per Ragusa onde trasportarlo in Montenegro. Però in questa città gli furono celebrati grandi funerali; e passando il corteggio davanti al Consolato di Russia la bandiera di questo fu innalzata a mezz'asta. La dimostrazione era significante.

Il Paulovich essendosi 'troppo allontanato daUa sua base di operazione fu

tagliato dalle truppe turche sopravvenute in forze; e dissi già il come riuscì

il fiero Montenegrino a salvarsi.

In questo frattempo il nuovo Governatore e Commissario per l'Erzegovina

Alì Pascià approdava a Klek; ed incaricava un suo confidente di recarsi dal

Principe Nikita. Della sua missione, dello scompiglio nato negli Agenti russi,

nel comitato slavo, e nel partito Dalmato austriaco, della corsa del Console

Russo a Cettinje ebbi già l'onore di riferire nel rapporto 5 febbrajo corl'ente.

Aggiungerò una notizia che· servirà a caratterizzare il grado dell'influenza russa nell'insurrezione presente.. Esiste in Ragusa un Comitato di Signore· per soccorrere i rifugiati. Dopoché esse videro che un numero considerevole di insorti feriti transitavano per Ragusa diretti al Montenegro stabilirono di organizzare un ospedale per dare a quelli i primi soccorsi. In esso· entrarono in questi ultimi giorni degli insorti che erano già stati ivi precedentemente ricoverati. Loro si domandò come mai si fossero di nuovo battuti auando non erano ancora neppure guariti dalle prime ferite. Essi risposero con una franchezza primitiva • fintantoché la Santa Russia ci comanderà di combattere noi combatteremo; quan" do ci comanderà di mettere giù le armi, noi le metteremo •. Posso assicurare la verità di questa loro risposta.

Malgrado che io abbia omesso molte altre particolarità riuscii oltremodo prolisso. Ma io credo che così fosse pure necessario, onde spiegare nel miglior modo possibile quale sia l'azione degli Agenti russi nella questione che ci occupa.

Mi farò dovere di riferire in altro rapporto il lavoro delle altre influenze,

605

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 11 febbraio 1876.

Come vi scrissi ufficialmente, m'intrattenni ieri col Duca Decazes intorno alla missione del Signor Outrey ed alle cose d'Egitto. Quando gli dissi, da parte vostra, che l'Italia non aveva alcun interesse finanziario de' suoi cittadini da appoggiare nelle trattative che si stanno proseguendo al Cairo fra il Khedive dall'un lato e fra i due gruppi bancarii francese ed inglese dall'altro; e che perciò il Governo del Re non credeva di poter dare un suggerimento od agire altramente in un senso piuttosto che in un altro in questa faccenda, il Duca Decazes si mostrò alquanto désappointé, e me lo disse servendosi appunto di questo termine. E me ne spiegò la ragione. Egli m'informò che il Khedive vagheggiava in questo momento l'instituzione al Cairo o ad Alessandria d'una grande banca internazionale destinata a riscuotere le entrate ed a distribuirle nei modi e limiti da determinarsi, ai creditori ed al tesoro del Vicerè etc. Il Khedive, secondo le informazioni ed il modo di vedere del Duca Decazes, si preoccupa in modo speciale e quasi esclusivo delle sue finanze private, e quando queste siano pienamente guarentite e poste al sicuro d'ogni rischio avvenire, sembra disposto a far buon mercato della sua condizione politica e di quella dell'Egitto. L'idea d'essere equiparato ad un Maharagia Indiano, provvisto d'una fovtuna personale immensa che oramai non sarebbe più esposta ai pericoli d'eventi politici, non avrebbe nulla di sgradevole agli occhi del Vicerè. Tale almeno è il concetto del Duca Decazes. D'altro lato il Duca Decazes mi disse in secreto (permettendomi soltanto di riferirne a voi anche soHo il sigillo del secreto) che Disraeli gli aveva fatto

fare delle entrature nel senso di istituire una commissione anglo-francese al Cairo, avente per iscopo d'amministrare le finanze egiziane. Ora il Duca Decazes non ame~èbbe (nell'ipotesi che si deva dar corso a quest'idea) di trovarsi faccia a faccia colla sola Inghilterra in un affare· che giustamente considera come affare grave ed importante e che potrebbe avere anche maggior gravità in date eventualità a venire. Egli preferirebbe che in vèce di due si fosse almeno in tre, ed aveva pensato all'Italia, e si riserva 'eventualmente di farvi fare delle entrature in proposito a suo tempo. È l;>ensì vero che potrebbe al bisogno ricorrere all'Austria, i di cui interessi nell'Egitto, benché inferiori ai nostri, sono ancora cl?nsiderevoli. Ma l'Italia avrebbe, agli occhi di .Decazes, ogni titolo ad una preferenza.

Io non poteva pigliar sopra di me d'esporre un'opinione intorno a ciò. Domandai a Decazes la facoltà di riferirvene, che mi fu accordata a condizione che l'idea messa in campo dal Gabinetto Inglese non sia svelata, almeno per ora, e ciò per evitare le suscettibilità britanniche, molto delica,te in questa questione. Ora lascio a voi la cura d'esaminare attentamente la cosa e, di vedere se convenga all'uopo pigliare a suo tempo un partito e quale.

Io vi sono ancora in debito di risposta intorno a certi argomenti toc~ cati in una delle vostre ultime lettere. Non è ora opportuno di trattare con Decazes le questioni che hanno relazione col futuro Conclav:e. Qui la febbre elettorale è intensa, e finché dura non c'è modo di trattar seriamente quec stioni di tal natura. Se però la previsione di quest'eventualità d'un Conclave si facesse più vicina, vogliate, vi prego, informarmene senza ritardo e darmi le vostre ultime istruzioni al :l'iguardo.

L'altro argomento della prevedibile elevazione della Legazione al grado d'Ambasciata io non toccai finora, né toccherò fino a nuovo avviso. Dal lato suo Decazes s'astenne dal parlarmene ed io evitai ogni conversazione che potesse accennarvi anche da lontano.

606

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SENATORE SCIALOJA (l)

T. 64. Roma, 12 febbraio 1876, ore 19.

Veuillez me dire immédiatement si le Khédive est toujours libre de tout engagement pour les chemins de fer. Je répondrai demain à votre télégramme d'aujourd'hui. Mais je dois vous dire dès à présent que notre but en proposant institution d'un établissement itaHen serait loin d'etre atteint par la combinaison dont vous parlez. Nous n'avons pas en vue de patronner intérets de quelques banquiers, mais d'avoir des moyens d',exercer une influence pour le moins aussi légitime que celle des autres puissances.

(l) Il telegramma venne inviato tramite l'agenzia diplomatica al Cairo.

607

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 437. Vienna, 12 febbraio 1876 (per. il 15).

Col mio rapporto del 7 corrente n. 434 (l) riferiva all'E. V. aver comunicato a S. E. il Ministro Imperiale e Reale degli Affari Esteri, a seconda degli impartitimi ordini, il dispaccio direttomi dall'E. V. in data 30 scorso Gennajo (2), nonché l'annessovi in copia diretto il 22 stesso mese al Conte Corti (3). S. E. il Conte Andrassy ch'io incontrai ieri l'altro dissemi aver presa attenta conoscenza di quei due importanti documenti, ed averli grandemente apprezzati, sommamente compiacendosi in particolar modo di aver così avuta esplicita conferma della perfettissima armonia delle sue vedute con quelle dell'E. V. • In verità, egli dicevami, non sarebbe stato possibhl.e immaginare maggior comunanza d'idee fra di noi; infatti trovai nel dispaccio del Cavalier Visconti Venosta al Conte Corti istruzioni che io pure ebbi a dare al Conte Zichy in precedenti dispacci, di cui H Vostro Governo non ebbe comunicazione; principalmente si è in esso accentuato, come ebbi a farlo io pure, l'avvertimento che questa è l'occasione ultima, che l'Europa offre alla Porta per scemare i pericoli che 'le sovrastano. Ho specialmente incaricato il Conte Wimpffen di ringraziar molto sentitamente il Ca·valier Visconti Venosta pel sì valido appoggio prestatomi in questa circostanza; ma ho del pari tenuto a che questi ringraziamenti gli pervengano per mezzo Vostro •.

608

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 321. Cairo, 12 febbraio 1876 (per. il 20).

* -Con il mio precedente rapporto accennai all'E. V. la possibilità che l'operazione finanziaria che si negoziava potesse prendere altro andamento. Questa previsione si è avverata* (4), ed il Comm. Scialoja lo ha annunziato a V. E. con telegramma del 9 corrente. * -In una conversazione che ebbi col Khedive il giorno 8, Egli mi confidò che il Signor Elliot non aveva potuto descire neppure a dargli i due milioni di sterline che aveva chiesto ad ognuno dei due gruppi, finché si trattasse la grossa operazione. Ed infatti * ·il Generale Stanton mi aveva detto confidenzialmente che * i capitalisti inglesi rifiutavano di dar denari finché non si conoscesse l'esito della missione del Signor Cave, e che i•l Khedive lo aveva pre

gato * di chiedere per telegrafo al suo Governo * che fosse al più presto pubblicato il rapporto di questo Signore. Il Khedive mi soggiunse che gli restavano perciò il progetto del Signor Pastré, gruppo francese, e quelli del Signor Cave * Venni così ad accel'tarmi, e l'E. V. lo rimarcherà, che * l'Elliot non era patronato dal Cave, ma che questi ha presentati progetti suoi, l'uno con l'ammortizzazione del debito unificato in 14 anni, e l'altro in 50 anni, con la garanzia delle strade ferrate, porti e telegrafi, e dell'inamovibilità del funzionario inglese preposto al controllo dell'Amministrazione delle finanze dello Stato. Il Khedive, benché con me non entrasse a discutere la questione sotto il punto di vista finanziario, non poté nascondermi la sua grande preoccupazione, e titubanza tra le condizioni onerose del gruppo francese, e le esigenze amministrative del Signor Cave, * che mal celavano il segreto intento che le dettava. Lasciando libero al Comm. Scialoja il campo finanziario, * mi limitai a ripetergli il consiglio già più volte manifestatogli, di evitare in ogni modo di cadere sotto influenze esclusive, le quali comprometterebbero e rovinerebbero quella posizione che l'Egitto deve ormai pensare seriamente ad acquistare, e quella libertà d'azione che potrà tanto influire sull'avvenire del paese negli avvenimenti che un Governo prudente deve prevedere. *

Il giorno seguente, 9 corrente, il Khedive per prendere una determinazione ebbe una conferenza col Comm. Scialoja. Lasciando a questi come è mio debito, di riferirla ne' suoi dettagli all'E. V. * sono Uetissimo di poterle annunziare che * il linguaggio esplicito e leale tenuto nello stesso senso dal Comm. Scialoja, ha determinato il Khedive a conservare intatta la sua indipendenza, e lo ha salvato di cadere sotto un'influenza il cui peso non avrebbe tardato l'Egitto a sentire duramente. Estranei alla speculazione dehl'operazione finanziaria, guidati dall'intento, non dubbio sotto il punto di vista politico, di condurre l'Egitto a crearsi una costitul!lione solida ed indipendente da qualsiasi protettorato esclusivo, le nostl'e parole (l) * hanno avuto gran peso sull'animo del Khedive.

Non vedendo altro partito che quello di trattare col gruppo francese, della Anglo-Egyptian, il Khedive, per ottenere migliori condizioni, ha chiamato il Signor Pastré, gli ha communicato il progetto * confidato al Comm. Scialoja, * e gli ha presentata l'alternativa o di accettarlo o ch'Egli accetterebbe il progetto del Signor Cave. Il Signor Pastré, dopo aver ottenuto il.'aumento dell'interesse al 9 %, ed una commissione, lo ha accettato.

Non entrerò nei particolari del progetto, temendo nella mia poca pratica delle cose finanziarie, di alterarne il concetto. * H Comm. Scialoja lo comunicherà all'E. V., tanto più che molte modificazioni da esso proposte in due conferenze, jeri e questa mattina col Khedive, alle Quali assistevano i Ministri, ed i Signol'!i Pastré e Sinadinò, Direttori dell'Anglo-Egyptian, sono state accettate e dall'una e dall'altra parte. * Dirò soltanto che il progetto, ormai di natura tutta privata, abbraccia un imprestito di 18 milioni sterline per pagare il debito fluttuante, al 9 % interessi, ed ammortizzazione in 10 anni, e la costituzione di una banca nazionale con servizio di tesoreria, e con quattro milioni sterline di capitale, essendo delegata la stessa Anglo-Egyptian di costituirla.

Si è ottenuto con cw, ed era il nostro scopo principale, e direi unico, che né strade ferrate, né porti, né telegrafi, né questa stessa Banca, cadessero neUe mani di estero Governo, le quali amministrazioni tutte restano nelle mani del Governo Egiziano * e che le giuste apprensioni delle Potenze interessate all'indipendenza amministrativa dell'Egitto non hanno più a temere le conseguenze di un protettorato esclusivo.

Il Comm. Scialoja per delicatezza, e perché il Khedive non avesse a credere che potesse chiedere un compenso, ha moilto esitato ad interessarsi per banchieri italiani. Ma siccome ora la Banca sarà per azioni private, e resterà istituzione, istituzione privata, il Comm. Scialoja, basandosi anche sul telegramma di V. E. del 2 corrente (1), non potendo naturalmente riservarla per intero ai nostri banchieri, ha creduto raccomandarli al Khedive perché fosse loro riservata una parte. Il Khedive, per deferenza all'Italia, mi ha manda,to a dire confidenzialmente di telegrafare ch'Egli imporrebbe ai Signor Pastré di riservar loro una interessenza nella Banca fino a 500.000 lire sterline purché potessimo assicurargli la loro accettazione, naturalmente condizionale, del progetto. Le trattative precipitano, in questo momento il Comm. Scialoja è a palazzo, ove ha luogo una terza conferenza, * e certamente questa sera sarà firmato il contratto, e dimani il Signor Pastré parte per Parigi. * Il Comm. Scialoja ha telegrafato a V. E. la graziosa offerta del Khedive in favore dei nostri banchieri. Inoltre l'onorevole Senatore, per aperture già fattene, potrebbe ottenere che fossero riservate ai nostri l'istituzione di una Banca di credito fondiaria, e della Regia del tabacco; ma per chiedere questa riserva è indispensabile sapessi se è possibile qualche combinazione per l'accettazione dell'uno o dei due progetti.

Il Khedivce mi ha detto in ,tutta confidenza esser qui arrivato il Signor Meyer, Consigliere di Legazione, inviato segretamente da1l Governo AustroUngarico, per sorvegliare l'andamento delle cose.

Debbo invocare l'indulgenza di V. E. per la precipitazione con cui ho

scritto questo rapporto, ma è legata a quella degli avvenimenti...

(l) -Cfr. n. 594. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 562. (4) -I brani fra asterischi sono editi in l~V 26, pp. 9-10.

(l) In LV 26 c i leali consigli dell'Italia •.

609

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SENATORE SCIALOJA (2)

T. 65. Roma, 13 febbraio 1876, ore 17,20.

Président du Conseil, après avoir conféré avec Allievi et Balduino me charge de vous télégraphier ce qui suit. L'affaire de la banque, comme simple participation, ne touche qu'aux i'ntérets personnels des banquiers e't ne répond pas à notre idée d'avoir en Egypte une institution dans laauelle l'élément italien piìt avoir un ròle important et exercer une influence durable. Il est d'ailleurs

à notre connaissance que des ouvertures directes ont été déjà faites à ~eè sujet à des capitalistes italiens de la part des contractants. Du moment aue la question de la banque est sur le point d'etre réglée, 11 resterait à examiner s'il existe quelqu'autre combinaison, par exemple l',exploi<tation des chemins de fer, dans laquelle l'élément italien piìt jouer un ròle considérable. En tout cas, vous pouvez faire comprendre au Khédive qu'au point de vue politique, c'est à dire des influences en Egypte, n ne suffirait pas de réserver une participation à quelques banquiers italiens dans des affaires dont l'avantage politique serait exclusivement réservé à d'autres influences. M. Minghetti vous écrira par le prochain courrier (1).

(l) -Cfr. n. 579. (2) -Il telegramma venne inviato tramite l'agenzia diplomatica al Cairo.
610

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 92. Madrid, 13 febbraio 1876, ore 17,54 (per. ore 22,25)

Le ministre des Etats Unis insiste pour la médiation de son Gouvernement dans l'affaire de Cuba. Le ministre d'état croit que le président Grant a en vue solution encore plus radicale. Il m'a transmis confidentiellement requete sur la question dont lecture doit vous avoir été faite par minis~re d'Espagne. Veuillez bien me faire connaitre si je· dois vous en envoyer une copie. Rapport suit.

611

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, 13 febbraio 1876.

S. E. il Conte Andrassy ch'io fui a trovare oggi per presentar~li il Cav. Sella giunto ieri sera a Vienna dissemi aver portato a conoscenza di S. M. l'Imperatore la comunicazione da me fattagli precisamente otto giorni fa, intorno al desiderio manifestato dall'Augusto Nostro Sovrano di veder le rispettive rappresentanze a Roma e Vienna innalzate al rango d'Ambasciate. Il Nobil Conte aggiunsemi, S. M. l'Imperatore avergli manifestato aggradire e dividere simile intendimento, ed aver comune con S. M. il Re il desiderio che il convegno di Venezia abbia a questo riguardo, conseguenza eguale a quella avuta dal convegno di Milano. L'Imperatore avendo quindi incaricato il Conte Andrassy, di proporgli il modus agendi onde dar pratico compimento al

25 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

comune desiderio, questi, a quanto ebbe a dirmi, risposegli che gli avrebbe presentato le sue proposte in proposito, che intanto però accennavagli come il miglior a suo avV'iso modus agendi, quello già attuato fra la Germania e noi, cioè il contemporaneo annuncio nei due giornali ufficiali della determinazione presa dai due Sovrani. Al che Sua Maestà non avendo fatto osservazioni, Egli riservavasi in una prossima occasione di formalmente concretargli la Sua proposta.

La cosa parmi dunque avviata conformemente alle istruzioni che Vi piacque impartirmi, e spero verrà del pari condotta a termine nello stesso senso. Dal canto mio mi adoprerò a ciò conseguire nel miglior modo che mi sarà possibHe, conciliabilmente colla maggior o minor opportunità che le circostanze saranno per porgermi, di far prevalere dal punto di vista della forma i desideri di Sua Maestà e Vostri.

(l) La lettera di Minghetti, del 18 febbraio, è edita in M. MrNGHETTI, Copialettere 1873-1876, vol. II, pp. 854-855.

612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 70. Roma, 14 febbraio 1876, ore 17,15.

J'ai reçu votre lettre, (l) et je l'ai communiquée à Minghetti. Nous sommes d'accord en principe pour accueillir les ouvertures du due Decazes quant à un accord d'Italie France et Angleterre pour l'Egypte. Je vous écrirai demain làdessus. En attendant vous pouvez, si vous en avez l'occasion, faire connaitre ce qui précède au due Decazes.

613

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

L. P. Roma, 14 febbraio 1876.

Ho letto con molto interesse, nella vostra particolare dell'll corrente (1), quanto il Duca Decazes vi disse intorno alle cose d'Egitto. Egli si mostrò alquanto désappointé delle vostre parole, ma credo che in ciò vi sia un malinteso.

Qual'è il nostro interesse politico in Egitto? Noi dobbiamo desiderare che l'Egitto rimanga un paese indipendente, ch'esso lo sia ora nei rlimiti dello statu quo politico e che pel caso di una futura crisi dell'Oriente, esso si prepari quelle buone condizioni finanziarie, amministrative e politiche che sole potranno assicurare all'Egitto, se le circostanze lo richiederanno, una più comple,ta indipendenza. Senza consigliare il Khedive ad accrescere le difficoltà

di Oriente, e ad affrettare gli eventi, anzi sconsigHandolo formalmente dal farlo, desideriamo ch'egli però non perda di vista, tanto pel presente che per l'avvenire, le condizioni politiche dell'Egitto, che abbia, a così esprimermi, la coscienza di queste condizioni e rimanga convinto che la forza delle cose sarà in suo favore, e che, al postutto, le grandi potenze mediterranee avranno un interesse a mantenerlo indipendente, quand'egli sappia e voglia esserlo.

Vorremmo Quindi ch'egli non si lasciasse trascinare da impressioni momentanee o da interessi transitori ad alienare il suo avvenire in mano di influenze esclusive di quelle altre legittime influenze che spettano alle potenze che hanno interessi considerevoli in Egitto, e che cercasse invece di mantenere fra ,esse un giusto equilibrio. Tra queste potenze vi è certo l'Italia. Noi abbiamo in Egitto molti gravi interessi po:litici e commerciali che reclamano la viva sollecitudine del Governo e dobbiamo con ogni cura procurare di avere la nostra parte e di non rimanere 'esclusi.

Se il Commendator Scialoja, oltre l'esame di possibili accordi per una convenzione di commercio, ebbe qualche altro incarico confidenziale, ciò fu appunto nel senso di consigliare al Khedive questo ordine di idee.

Ora, qual'era alcuni giorni sono lo stato delle cose al Cairo? V',erano colà due gruppi di banchieri uno inglese un altro francese che si contendevano lo stesso affare, vale a dire la conclusione di un prestito al Viceré di 16 milioni di lire sterline, includendo nell'affare medesimo la vendita delle ferrovie, dei telegrafi, la percezione dei diritti di dogana e del porto d'Messandria. Colla rivalità finanziaria si complicava la rivaHtà politica in quella condizione di cose creata dall'acquisto delle azioni del canale fatto dal Governo ingJ,ese. Quando a noi, se avessimo avuto a dare un consiglio al Khedive, sarebbe stato quéllo di dare al contratto un carattere puramente finanziario, soeverando

1uello che avrebbe potuto avere anche un aspetto politico e conseguenze politiche. A così brev,e distanza dall'affare del Canale, gli avremino piuttosto suggerito di non ,entrare nella via dell'alienazione dei grandi servizi pubblici o di combinazioni che se potevano migliorare la sua condizione di proprietario, potevano anche diminuire la sua condizione di sovrano. Ma, quando l'affare che il gruppo francese e il gruppo inglese si contendevano era lo stesso, come potevamo noi parteggiare per l'uno o per l'altro e sostenere che ciò ch'era buono coi francesi era cattivo cogli inglesi, o viceversa? Avremmo potuto, nei limiti dell'azione che ci era concessa, favorire la fusione dei due elementi, o quella combinazione in cui entrassero 'interessi italiani, bene inteso non come una semplice partecipazione di capitali -perché ciò non sarebbe stato che un affare privato di banchieri -ma come un'equa partecipazione nella rappresentanza e nei consigli amministrativi dell'affare. Ma come nessuna di queste considerazioni si verificava, ci era diffidle prendere un'altra attitudine. Ora, il contratto fu modificato, perché a un'alienazione ci.eue ferrovie e dei telegrafi fu sostituita una garanzia sul reddito della strada ferrata. Furono i capitalisti francesi che conclusero l'affare; e, né i loro rappresentanti, né il Console di Francia, né il Sig. Outrey avranno avuto a lagnarsi della condotta del nostro Console e del Commendator Scialoja. Voi potrete constatare questo fatto col Duca Decazes, quando ne avrete l'occasione.

Il prestito concluso ora dal Signor Pastré e dai capitalisti francesi, non è in grandi proporzioni, che uno di quegli espedienti atti a riparare ciò che vi ha di urgente negli imbarazzi attuali, ma che, rinnovandosi, non potrebbero che condurre le finanze egiziane a più certa rovina. Il Duca Decazes vi ha parlato dell'istituzione di una grande banca internazionale destinata a riscuotere le entrate e a distribuirle nei modi da determinarsi ai creditori del Khedive e al Tesoro. E forse, la creazione di una Banca di Stato, fondata in modo da non ripetere la storia della Banca Ottomana, e in cui sarebbero entrati francesi, inglesi, e italiani con un giusto equilibrio di partecipazioni non solo al capitale ma anche alla direzione, poteva essere intuita in modo da dare una forma pratica alle idee di un efficace ed utile controllo sull'amministrazione delle finanze egiziane. Ma la banca che·, nel loro contratto col Vicerè, fu dai capitaHsti francesi connessa coll'affare principale del prestito, non parmi risponda al concetto di una seria Banca di Stato che serva in certo modo di regolatore e di freno all'Amministrazione finanziaria, ma sembra piuttosto u:na banca di comodo per facilitare l'op~razi:one principale del prestito.

Ora vengo al punto principale della vostra lettera. l'l Duca Decazes vi parlò confidenzialmente di una entratura conf·idenziale del Signor Disraeli per una Commissione anglo-francese al Cairo. Comincio coll'assicurarvi che questa confidenza del Duca Decazes rimarrà assolutamente segreta.

Non so farmi un'idea precisa della forma che potrà praticamente prendere questo progetto. Ma, ad ogni modo, se esso si concreta, è per noi del più grande interesse il prendervi parte, il far sì che ~l'Italia non ne rimanga esclusa ed io raccomando vivamente quest'affare alla vostra sollecitudine. Vi ho già autorizzato con un telegramma a far conoscere confidenzialmente al Duca Decazes .che il Governo del Re è disposto ad entrare con ispirito amichevole, nell'ordine d'idee che egli vi ha lasciato intravedere. A quel sistema di rivalità che si manifesta con una vicenda di successi più o meno stabiliti, di insuccessi e di rivincite, io preferisco l'accordo sulla base di un equo riguardo e di una giusta partecipazione fra le potenze principalmente interessate.

Lo scopo comune tanto della Francia quanto dell'Italia è l'indipendenza dell'Egitto. Ora lo stato delle finanze egiziane crea in date eventualità un pericolo per questa indipendenza. È naturale dunque che i governi se ne preoccupino. Ma ciò che è avvenuto sinora e minaccia di sempre più accentuarsi in Egitto, vale a dire il sistema della rivalità finanziaria fra compagnie di banchieri appartenenti all'una o all'altra nazione e appoggiate o combattute dall'influenza politica dei governi, mi pare offra serii inconvenienti.

Queste rivalità finanziarie implicano necessariamente le rivalità politiche; l'influenza e il prestigio dei Governi ci si impegnano ed esse possono, un giorno o ~l'altro, degenerare pei governi in improvvise e serie complicazioni internazionali. La gara delle offerte non farà che incoraggiare l'imprevidenza del Khedive e assettarlo nella via che conduce al fallimento. E se i primi contraenti si saranno affrettati a sbarazzarsi con un benefizio dell'affare, i capitalisti però che vi avranno realmente impegnati i loro denari, finiranno coll'essere travolti in un disastro finanziario inevitabile.

Mi sembra utile duno..ue che i Governi considerino d'accordo, da un punto di vista più alto, più conforme ai veri interessi della politica, le quistioni della situazione finanziaria dell'Egitto e del concorso del capitale europeo.

Il Duca Decazes vede certamente che al modo con cui accennarono di incamminarsi le cose in Egitto, l'antagonismo fra l'Inghilterra e la Francia finirà col compromettere le relazioni dei due paesi e porre la politica inglese in una via che non può convenire agl'interessi generali del Governo francese.

Per Questo egli accetterebbe l'accordo accennato ancora vagamente dal Gabinetto di Londra, ma non amando trovarsi faccia a faccia colla sola Inghilterra, avrebbe pensato alla partecipazione italiana. Vi ripeto che noi siamo, in massima, disposti a entrare in quest'ordine di idee. Abbiamo troppi interessi colà, una troppo numerosa colonia, troppe tradizioni, per rimaner fuori. Sarebbe uno smacco per la nostra politica se l'Austria venisse a prendere il posto dell'Italia. Noi entreremmo in una combinazione di questo genere con delle disposizioni di cui il Governo francese non avrebbe a lagnarsi, col desiderio di veder conservata la buona intelligenza tra la Francia e l'Inghilterra e di essere, occorrendo, un elemento conciliatore. Considererei Questo come un fatto favorevole per le relazioni tra l'Italia e la Francia. E un'occasione nella quale la Inghilterra, la Francia e l'Italia agirebbero unitamente e con una equa partecipazione, servirebbe, dopo tante vicende e tante mutazioni, a riannodare alquanto gli interessi delle potenze occidentali negli affari d'Oriente che toccano all'avvenire del Mediterraneo.

Forse avrà fatto poco buona impressione presso il Governo francese un dìspaccio del Ministro d'Inghilterra a Roma, pubblicato nel Blue Book, in cui è riferita una mia conversazione sull'affare del Canale di Suez. Io dissi a Sir

A. Paget che, come la politica commerciale inglese aveva rinunciato a ogni idea di monopolio, così ero sicuro che l'influenza acquistata dal Governo ingJese negli affari del Canale sarebbe stata rivolta a conservare ad esso il carattere di una gran via aperta pacificamente al commercio di tutte le nazioni, tanto più che anche pel passato eravamo stati d'accordo nel cercare che le tasse di passaggio non fossero elevate di ~troppo; aggiunsi anche che l'Italia non aveva ad adombrarsi se l'Inghilterra sviluppava la sua influenza nel Mediterraneo, poiché l'Inghilterra e l'Italia avevano nel Mediterraneo dei comuni interessi di pace e di equilibrio che sarebbero diventati un vincolo di più per le nostre buone relazioni tradizionali. Paget riferì il senso delle mie parole, ma alterandone alquanto il tuono, ed esagerando 'la forma in modo da lasciar quasi supporre che vi fossero nel mio linguaggio delle allusioni diffidenti od ostili.

In conclusione, io vi raccomando di sollecitare con sollecitudine, nelle vostre relazioni col Duca Decazes, auesti affari egbdani. Il Governo è in grado di esercitare anche una certa azione verso i capitalisti italiani, perché quando si presenti l'occasione, concorrano anch'essi unitamente agli altri, ma, ben inteso, per modo che alla partecipazione del capitale corrisponda la legittima parte d'influenza. Ad ogni modo, se un progetto del genere di quello per cui il Signor Disraeli fece Qualche entratura al Duca Decazes venisse a verificarsi, a noi non converrebbe assolutamente il rimanerne fuori. Se quaJche simile combinazione si verificasse, essa avrebbe agli occhi di tutti in Europa una incontestabile importanza, e se l'Italia figurasse in tale combinazione, per la tutela e lo sviluppo degl'interessi suoi, al pari della Francia e della Inghilterra, credo che l'opinione pubblica dei nostro paese ne sarebbe assai soddisfatta e considererebbe questo come un successo della nostra diplomazia.

(l) Cfr. n. 605.

614

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 35. Ragusa, 15 febbraio 1876 (per. il 21).

Havvi pel momento un po' di confusione ne.Ue tre influenze che lavorano per l'insurrezione di Erzegovina. Sebbene il partito russo, che è tutto uno col montenegrino, e gli Agenti turchi abbiano smentito a tutto uomo la notizia di segrete negoziazioni tra ila Turchia ed il Montenegro, tuttavia un'ombra al dubbio oscura sempre la cosa. I Dalmati-austriaci ne furono in pensiero; e il partito riuni,to del Comitato Slavo e dell'OmJ,adina di Serbia ne sta ancora più che mai sospettoso. L'agitarsi di quest'ultimo contro le mene del Montenegro, e per la formazione della Legione straniera ove si aggruppano gli elementi i più radicali, contraria assai il partito russo. Più che il radicalismo ,esso teme il liberalismo nella Jugoslavia, che è l'opposto del russofilismo. Sembra quindi che i Russi non sieno stati del tutto estranei alle dissensioni che testé avvennero tra capi ,e gregari della legione straniera a Sutorina. I liberali proponevano di unirsi al Montenegro; i democratici e internazionalisti si opponevano; e tanto s'infocò la disputa che fu formato un Tribunale di Guerra e si voleva condannare a grave pena il nominato Duca Vivaldi-Pasqua, di cui ebbi l'onore di parlare nel mio rapporto 8 corrente N. 31 (1). Ma essendo prevalsi mi~liori consigli, la condanna si limitò al bando; e la sentenza porta la intestazione di • Repubblica della Sutorina •.

Il Console russo mi diceva jeri, non presogire bene dell'intromissione nelle cose erzegovesi di elementi così disordinati; ed aggiungeva che egli non aveva mai cessato di rappresentare al suo Governo i gravi inconvenienti di lasciare protrarre la guerra attuale, per cui l'insurrezione dei cristiani, forse in sè giusta e di legittima difesa contro la tirannia ottomana, si era mutata in rivoluzione.

Molto vi ha di vero in cotesta osservazione del Console Generale di

Russia. A vece che le aspirazioni delle varie popolazioni jugoslave si svolgano

in una direzione d'ordine e di progresso si lasciano fuorviare in un radicali

smo insensato. La qual cosa accenderà tra queste genti ancora novelle ed igno

ranti un focolare di agitazioni che saranno causa in avvenire di continui tor

bidi. Senonchè parmi che il Console di Russia non riferiva questi inconvenienti

ai generali principii di nazionalità ordinata; ma alle pure contrarietà di van

taggi per il Montenegro. Scopo precipuo del partito russo è ora di controbilan

ciare l'influenza e le mire dell'Omladina e del Comitato Slavo. Quanto all'ac

cordo di esso con i Dalmati-Austriaci pare di nuovo rinnovarsi. Il Console Dele

gato d'Austria che prima _si mostrava opposto alle compensazioni montenegrine, ora ne è favorevole. Lo stesso è per riguardo ad alcuni personaggi delle autor~tà civili e militari di Ragusa. Dal Governo di Vi·enna venne ordine, non ha guarì, alla Dogana di questa città di lasciare passare in franchigia ogni oggetto diretto all'ambulanza e Consolato Russo; anzi di non visitare neppure i colli. La persona che mi comunicava questa notizia, persona tra le più riguardevoli dell'aristocrazia ragusea, aggiungeva che queLl'ordine era sì perentorio e spoglio delle immancabili espressioni della burocrazia Austriaca che dimostrava a prima giunta venire non dagli Ufficii di Ministero, ma da Gabinetto.

L'impressione prodotta in questa città dalla Nota del Conte Andrassy è quella del dubbio; e si dice in generale che le considerazioni di massima non corrispondono alle conclusioni. Quanto agli insorti, si dice pure che essi continueranno la guerra non avendo fiducia in riforme, di cui l'esecuzione non è garantita. Sul che mi adopererò intanto di attingere più precise informazioni, e mi farò dovere di riferirne.

(l) Cfr. n. 601.

615

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 102. Costantinopoli, 15 febbraio 1876 (per. il 22).

La risposta fatta dalla Sublime Porta alle comunicazioni delle Potenze garanti diede generalmente grande soddisfazione alle parti interessate. La forma di quella indirizzata ai tre Imperi è considerata come identica a quella fatta alle altre tre Potenze, la sola frase di\nersa essendo quella che corrisponde alla differenza che riscontravasi nella forma delle comunicazioni fatte dai rispettivi Rappresentanti. Tale è l'avviso dell'Ambasciatore di Francia, e tale è pure quello dell'Ambasciatore d'Inghilterra; senonché questi fece a Rachid Pacha qualche osservazione verbale sulla parola entièrement, là dove la nota dice che il Governo Britannico si è associato alle proposte in discorso, allegando che l'appoggio dato dall'Inghilterra ·era generale ma non intero. Rachid Pacha rispose prenderebbe in considerazione le osservazioni fatte; e può darsi che un'aggiunta sia fatta alla risposta diretta al Rappresentante inglese. Sir H. Elliot disse essere stato indotto a fare questa riserva dal desiderio di stabilire la verità dei fatti, e di premunire il Governo pel caso che nel Parlamento fosse accusato di aver data la sua completa adesione a proposte che non e·rano accettabili nella loro integdtà.

Molto parlarono i giornali in questi ultimi tempi di trattative che sarebbero state intavolate tra il Governo Ottomano e quello del Montenegro, per le quali sarebbe ceduto a questo un porto sull'Adriatico, oppure anche certi distretti montagnosi del mezzogiorno dell'Erzegovina; e per tal modo s'otterrebbe la astensione del Governo Montenegrino da11 prestar aiuto all'insurrezione delle vicine provincie. L'E. V. conosce da qual parte vengano siffatte aspirazioni e siffatte voci; ma per quanto riguarda le presenti disposizioni della Sublime Porta, esse non hanno alcun fondamento diverso. Quello havvi

di vero si è che, in seguito a ripetuti consigli dati a (luesta di entrare in negoziati col pericoloso vicino, il nuovo Governatore dell'Erzegovina, Alì Pacha, tostoché giunse ahl.a sua residenza, inviò un dragomanno a Cettigne colla missione di notificare al Principe Nicola il suo arrivo a Mostar, presentargli i suoi doveri, e significargli che quella visita potrebb'essere il segno di future negoziazioni. Questa visita non ebbe naturalmente altro effetto; però sta di fatto che la Sublime Porta ricevette or sono pochi giorni un telegramma da Ragusa pel quale si diceva l'annunzio dell'invio di Quell'Agente a Cettigne da parte del Governatore dell'Erzegovina aver prodotto un incremento d'agitazione in quei circoli Slavi, ed aver essi immediatamente mandato un fido agente a Cettigne per insistere presso il Principe non cedesse alle· blandizie della Sublime Porta, tenesse fermo ancora per un poco, nella primavera avrebbe senza dubbio H concorso della Bosnia e della Serbia. Ignoro qual fondamento queste notizie possano avere, però ·esse non mancarono di produrre una penosa impressione alla Sublime Porta, dando, se non altro, il sospetto che il Governo Austro-Ungarico possa incontrare gravi difficoltà nel dare esecuzione agli impegni assunti d'impedire che dalle sue frontiere vengano aiuti all'insurrezione.

Mi vien d'altra parte riferito che, or non ha guarì, il Principe· Carlo di Romania, discorrendo coll'Agente di una delle grandi Potenze, disse avvicinarsi il momento in cui il suo Stato si scioglierebbe da ogni soggezione verso il Governo Ottomano; siffatti legami essere un'onta pel popolo rumeno; ·esser egli un Hohenzollern, e sapere quello che deve al suo popolo. Ed avendogli l'interlocutore domandato se si trattava veramente del riscatto, come n'era corsa la fama, S. A. rispose in altri tempi avrebbe trattato del riscatto, ora esser d'avviso che sarebbe una spesa inutile. Queste parole di S. A. non sono forse che vane millant.erie, ma ho creduto prezzo dell'opera di riferirle a V. E. perché mi furono riferite da fonte autentica.

616

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. CONFIDENZIALE 264. Lisbona, 15 febbraio 1876 (per. il 13 aprile).

J'ai eu l'honneur de communiquer à ce Ministre des Affaires Etrangères, et, d'après son désir lui en délivrer copie, l'importante dépeche confidentielle du l"' Janvioer N. 92 (1), en y ajoutant les informations supplémentaires, que

V. E. a bien voulu me mettre à meme de fournir au fur et mesure qu'elles

seronrt utiles, par les annexes reservées et la lettre particulière (2), contenues dans le pli, dont j'ai accusé réception au Ministère par télégraphe le 20 Janvier dernier.

M. d'Andrade Corvo a pris connaissance de :la dépékhe italienne complétée par mes indications verbales avec le plus vif intéret en approuvant à plusieurs

reprises pendant notre entretien, et de la mamere la plus explicite dans toute leur étendue le fond et la forme des idées si loyalement et habilement développées par V. E., au sujet de cette communication confidentielle.

Quant à la partie qui le concerne individuellement, le Ministre a été on ne peut plus sensible, et visiblement touché de l'opinion et de la confiance, que sa politique Romaine comme homme d'Etat, et ses sympathies personnelles envers l'ItaHe nous ont inspirées, et dont V. E. a su apprécier la valeur en lui en exprimant notre gratitude d'une manière si gracieuse et si empressée.

M. d'Andrade Corvo m'a dit avam tout qu'il désirait répondre par écrit à ma communication, ainsi qu'il vient de faire par sa lettre particulière de hier, dont copie ci-jointe, laquelle rend mieux de ce que je pourrais le faire, en rapportant ses premières paroles, la pensée intime du Ministre Portugais.

• Les listes A et B sont des indications précieuses, m'a dit S. E., j'en ai déjà moi-meme quelques unes fournies par le Comte de Thomar plus ou moins dans le meme sens, et les commentaires dont vous etes chargé de les accompagner, verbalement, sont encore plus précieux. Aucun doute si l'état actuel des chances ne se modifie pas qu'il faut par l'exclusion parer le coup le plus dangereux, celui signalé dans la lettre particulière de V. E., car je le considère tel aussi, dans l'intéret de· la Religion elle meme, et de la paix Européenne, si l'élection tombait sur des Cardinaux à la Dupanloup, lesquels sous certaines apparences plus ou moins libérales, sont au fond les plus intransigeants, ·et les plus dangereux, comme représentants l'Eglise militante et politique à outrance.

S'il y avait modification des chances, il faut me le faire savoir sans delai.

En attendant je continuerai avec le plus grand empressement et le plus

vif intéret à poursuivre jusqu'au bout le travail que nous avons commencé,

et dont le premier et plus heureux résultat a été le· plein accord ·entre l'Italie,

l'Autriche et le Portuga,l, accord qui nous donne déjà une force à Rome que

séparés nous n'aurions jamais.

Je comprends que l'Italie dans son propre intéret, et dans l'intéret commun

garde une juste reserve sur la base de la loi des garanties et des déclarations

diplomatiques, .et perlementaires de V. E.

Quant à faire entrer la France et l'Espagne dans notre accord préalable,

je ne crois pas pouvoir compter sur la France, malgré les a:Llures plus libérales

et pas ultramontaines du Ministère actuel, nommément personnelles du Due

Decazes.

Le levier clérical en France est une grande arme dans les mains de tout

Gouvernement à l'intérieur; comme il est à l'étrange·r maintenant un boulet

attaché aux pieds de l'Allemagne.

Ce sont deux raisons majeures qui dominent 1la situation politique en

France.

Néanmoins j'aurai soin de sonder le ·terrain avec toute reserve, et tàcher

de savoir, ainsi que vous le désirez, si la France a modifié son attitude relati

vement à la garantie internationale du Conclave, la quelle à son début a été

nettement déclinée a Vienne et à Lisbonne, le sera toujours par l'Italie, et

j'espère par l'Europe.

Pour ce qui concerne l'Espagne, je crois qu'on pourra aller désormais plus loin qu'avec la France dans nos confidences.

Dès l'avènement du Roi D. Alphonse, son premier Ministre entama une

conversation sur le futur conclave et l'élection Papale avec le nouveau Repré

sentant Portugais à Madrid, le quel n'ayant pas d'instructions, et n'ayant pas

voulu lui en. donner après dans l'état encore très precaire de l'Espagne, n'a

pas été en mesure d'accepter et poursuivre de pareils pourparlers.

Je crois que mantenant on pourrait faire des demi-confidences à Madrid, et la manière, dont ·elles seront :reçues nous donnera la mesure de les compléter sans danger à venir ou de les arreter net.

Je me reserv,e donc de vous répondre au sujet de la France et de l'Espagne dès que je saurai à quoi m'en tenir •.

P.S. -Ci-joint une lettre particulière pour V. E. (1).

ALLEGATO.

ANDRADE CORVO A OLDOINI

L.P. Lisbona, 14 febbraio 1876.

La dépeche confidentielle de S. E. M. Visconti Venosta, dont vous m'avez donné lecture et fait l'honneur de me laisser copie, est tellement flatteuse pour moi, que je m'empresse de vous prier instamment d'exprimer à S. E. le Ministre des Affaires Etrangères mes plus vifs remerciments, et de l'assurer de ma chaleureuse reconnaissance.

Je suis profondément convaincu de l'importance que peut avoir pour les plus hauts intérets de l'Europe le futur Conclave; et je crois de mon devoir de mettre en action tous les moyens dont peut disposer le Gouvernement de Sa Maj·esté Très Fidèle pour arriver à une solution, qui puisse nous faire espérer un accord entre l'Eglise et l'Etat, sans sacrifier aucune des grandes conquetes de la civilisation et de la liberté. La conformité d'opinion et de vues qui existe heureseusement entre les cabinets d'Italie, d'Autriche et du Portugal, sur une question aussi grave, ne peut pas manquer d'avoir une heureuse influence sur la marche des événements du futur conclave; mais il faut, à mon avis, profiter de toutes les ci11constances pour mettre d'accord tous les intérets autant que possible, et tacher de réunir dans une action commune toutes les forces morales sur lesquelles on puisse compter pour agir efficacement au moment opportun.

Vous pouvez assurer à votre Gouvernement, Monsieur le Ministre, que j'accompagnerai jusqu'au bout l'Italie dans la ligne de conduite honorable et élevée qu'elle s'est tracée. Je recevrai donc avec le plus vif intéret les rensei~nements que S. E. M. Visconti Venosta voudra bien me donner; et je serai heureux de pouvoir suivre avec V. E. tout échange d'idées, qU:i puisse assurer l'heureuse solution que les intérets de nos deux pays, et, je crois aussi, l'intéret de l'Europe nous font désirer.

(l) -Cfr. n. 548. (2) -Cfr. n. 558.
617

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 100. Ragusa, 16 febbraio 1876, ore 18,20 (per. ore .21,15).

Hier seize italiens arrivés par mer ici et destinés pour la légion étrangère d'Herzégovine ont été sommés de repartir. Ils ont refusé. L'autorité autri

chienne les a arretés. Ils ont recouru au Gouvernement centrai de Zara. On attend réponse. J'ai su que cet ordre a été donné de Vienne au Gouvernement de Dalmatie qui l'a transmis ici. Comité légion a rtélégraphié à Garibaldi. Par prochain bateau, arriveront d'autres italiens. Il faudra, si l'ordre susdit est maintenu, les repousser avant Q.u'Hs aient accompli leur voyage, pour écarter nombre d'inconvénients.

(l) Annotazione marginale: • Ritirata •·

618

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI :E;STERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 103. Costantinopoli, 16 febbraio 1876 (per. il 22).

Da due giorni trovasi a Costantinopoli il Signor Holmes, Console della Gran Brettagna nella Bosnia, il Quale già adempiva l'ufficio di Console Delegato nell'Erzegovina; e dico adempiva poiché, dopo ch'egli ebbe presentato il suo rapporto in seguito alla missione ese·guita presso quelli insorti, il suo Ambasciatore cessava di considerarlo come Delegato in missione speciale. Il Signor Holmes veniva ora chiamato a Costantinopoli affine di riferire a viva voce tutto quello poteva gettar luce sulla situazione delle cose. Egli fu a vedermi e mi tenne lungo discorso sulle cause dell'insurrezione, e sui rimedii da applicarsi. Egli accusa le Autorità dell'Austria nella Dalmazia di grande parzialità, e sovra di esse getta la più gran parte della responsabilità della prolungazione della lotta. ~i consigli della Russia attribuisce che il Montenegro abbia tanto favorito il movimento; tanto che, secondo il suo dire, gli Agenti dell'Austria e della Russia avrebbero fatto a gara a chi dimostrava maggiori simpatie pel movimento slavo. Il Signor Holmes non presta gran fede agli effetti della nota Andrassy in ordine aHa pacificazione dell'Erzegovina; però è d'avviso che l'Austria potrebbe esercitare un'influenza decisiva per tale scopo se volesse e potesse adottare energiche misure per impedire che la Dalmazia sia la base d'operazione e degli approvvigionamenti degli insorti. Senonché ad esso· sembrerebbe la misura più efficace affine di ottenere non solo la pacificazione immediata ma anche una maggiore garanzia per l'avvenire, ·esser quella di guadagnarsi il Montenegro; e converrebbe per tale scopo concedere a questo un porto sull'Adriatico, e fors'anco qualéhe distretto meridionale dell'Erzegovina, riconoscendo in pari tempo l'indipendenza di quello Stato. Questa soluzione il Signor Holmes reputerebbe preferibile alla pacificazione ottenuta unicamente per gli offizi dell'Austria, eziandio perché temerebbe che -in questo caso la Russia gelosa e scontenta potrebbe sotto mano suscitare incagli alla soluzione della questione. Conchiudeva il Signor Holmes doversi in ogni modo adottare pronti provvedimenti, poiché altrimenti l'incendio scoppierebbe infallantemente nella primavera.

Queste cose mi furono dette dal Console di S. M. Britannica nella Bosnia,

ma debbo osservare che, come l'E. V. comprenderà di leggieri, alcune di

esse sono ben lungi dall'essere conformi alle idee di Sir H. Elliot, e piuttosto

si accosterebbero a quelle del Generale Ignatiew.

619

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

(Carte Robilant)

L. P. Roma, 16 febbraio 1876.

Mi affretto a rispondere alla vostra lettera del 13 corrente (l) relativa all'affare dell'Ambasciata. Sono lieto della risposta data dall'Imperatore e parmi che possiamo considerare la cosa come in massima combinata. Dopo quanto v.i disse il Conte Andrassy confido che anche la quistione di forma non potrà offrire difficoltà.

Comprendo io pure che in avvenire ogni qual volta si stabilirà una delle tre o quattro Ambasciate che ancora rimangono a 'istituire non sarà necessario di riprodurre l'identica forma e l'identico communicato che finirebbe col diventare monotono. Ma per questa occasione, coll'Austria, e col comune ricordo delle due visite Imperiali di Milano e di Venezia, parmi sempre che sia preferibile l'adottare l'uguaLe procedimento e 11'ugual forma che fu adottata colla Germania e la pubblicazione simultanea nei due giornali ufficiali dell'accordo dei due Sovrani.

Ora è d'uopo ch'io vi esponga la ragione per la quale vivamente desidero che la pubblicazione possa essere combinata colla maggiore sollecitudine.

Dopo mille difficoltà e varie combinazioni che sarebbe troppo lungo l'esporvi il posto di Londra fu finalmente destinato al Generale Menabrea. Dopo un così lungo inter.im di quella Legazione è necessario non ritardar·e troppo l'invio del nuovo titolare una volta ch'esso è desi~nato. Ma il Generale Menabrea come antico Presidente del Consiglio ·e come Collare dell'Ordine chiede di essere accreditato come Ambasciatore. Ora dopo il cortese procedere del Conte Andrassy in questa faccenda, io non vorrei far precedere un'altra Ambasciata all'annuncio ufficiale delle Ambasciate istituite fra l'Austria e l'Italia. Fatto l'annuncio ufficiale il resto è un affare d'esecuzione. Ma questa priorità mi sembra consigliata dalla convenienza e frattanto però il Ministro d'Inghilterra a Roma che conosce la nomina in fatto del Generale Menabrea insiste sotto varie forme per averne la communicazione ufficiale ed io mi trovo in un certo imbarazzo. Cercate dunque, vi prego, per quanto le convenienze lo permettono, di affrettare un poco la conclusione e vogliate anche servirvi del telegrafo per tutte le communicazioni che potranno essere richieste da questa •trattativa.

Il Barone Schwegel è chiamato a Vienna e parte domattina. Voi conoscete le difficoltà di questa laboriosa e stentata negoziazione. Io cercherò di far annunciare nei giornali nostri la partenza del negoziatore austriaco in modo da ·togliere a questo fatto ogni aspetto d'una rottura dei negoziati, il che potrebbe destare nel pubblico l'impressione di qualche difficoltà nelle relazioni nostre coll'Austria. E' questa una ragione di più per farmi desiderare che si affretti per quanto è possibile l'annuncio della decisione presa dai due

Governi circa l'elevazione in grado delle rispettive rappresentanze diplomatiche. Esso avrebbe agli occhi miei anche una speciale opportunità perché sarebbe la migliore prova che queste speciali trattative lasciano inalterati gli ottimi rapporti politici che esistono fra i due Stati.

Io debbo far:vi mille scuse. Ponendo in ordine le vostre lettere particolari trovai dimenticato in fondo a una busta un vostro gentHe augurio a cui anche la Contessa di Robilant ha avuto l'estrema bontà di associarsi. Vi prego di mettere ai piedi della Contessa i miei ringraziamenti e di raccomandare alla sua indulgenza tutte le mie scuse.

(l) Cfr. n. 611.

620

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 17 febbraio 1876.

Da tre o quattro giorni spira un'aura più pura. La prontezza dimostrata dalla Porta nel dar esecuzione agli impegni assunti e le dichiarazioni dell'Austria ,e della Russia hanno prodotto questa impressione. Ancora stamane il Conte Zichy fu alla Porta a dare le più ampie assicurazioni da parte del suo Governo, ed a prova dell'efficacia delle risoluzioni prese citò il fatto di due cento Garibaldini diretti all'Erzegovina. cui fu impedito di sbarcare a Ragusa. Il Generale Ignatiew ha comunicato a Rachid Pacha i messaggi mandati per ordine del suo Imperatore a Belgrado ed a Cettigne, e da alcuni giorni tiene un linguaggio sì pacifico che è impossibile non trarne felici auguri per l'avvenire. GH animi s'aprono facilmente a Hete speranze, imperocchè se tutte le grandi Potenze son veramente decise ad evitare la conflagrazione, il mezzo per riuscirvi si troverà.

Mahmoud Pacha ieri fu ricevuto dal Sultano, ed oggi Sua Maestà si è recata alla Moschea, dimodochè anche quelle nubi si vanno pel momento diradando.

Al momento di chiudere la lettera mi viene fra le mani l'interessantissimo rapporto del Cavalier Durando delli 3 del presente, e ti ringrazio assai d'avermelo mandato sì prontamente. P,el prossimo corriere te ne terrò parola con una confidenziale.

621

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO

T. 78. Roma, 18 febbraio 1876, ore 16,30.

Tachez d'accord avec notre consul que les seize italiens arretés soient mis en liberté ou envoyés en Italie. Agissez avec. prudence pour ne pas avoir l'air ni de favoriser des entreprises illégales, ni d'aggraver le sort de ces individus.

622

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, CODRONCHI-ARGELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 838. Roma, 18 febbraio 1876 (per. il 19).

Da lungo tempo e ripetutamente ho ordinato alle autorità politiche del Regno di impedire con tutti i mezzi gli arruolamenti e le partenze di italiani per l'Erzegovina ed ora ho rinnovate le raccomandazioni in proposito.

Devo però par notare all'E.V. che se riesce possibile, benché difficile l'impedire gli imbarchi e le spedizioni di uomini e d'armi, non si hanno mezzi per impedire che partano alla spicciolata dei volontari, i quali possono facilmente sottrarsi ad ogni vigilanza prendendo per recarsi in Erzegovina la via dell'Impero austro-ungarico per entrare nel quale non abbisognano di passaporto.

Osserverò inoltre a V.E. che i molti italiani che si troverebbero attualmente nelle file degli insorti potrebbero in gran parte essere originari delle province italiane dell'Impero suddetto, poiché, per quanto mi risulta, assai scarso sarebbe il numero dei regionali partirti per il campo dell'insurrezione.

Di questo scarso numero faceva parte il Ceretti Celso internazionalista di Mirandola (Modena) il quale però assieme a due compagni nel giorno 24 gennajo ultimo ritornava in patria, ripartendone da solo poco dopo senza lasciar traccia della presa direzione.

623

IL DELEGATO DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 107. Ragusa, 19 febbraio 1876, ore 18,40 (per. ore 22).

Aujourd'hui neuf italiens ont été conduits par les gendarmes en prison où se trouvent les autres. Ce spectacle a fait mauvaise· impression dans la ville. Notre consul a demandé par écrit et verbalement de ne pas traiter ces italiens comme des repris de justice. L'autorité répondit exécuter ordres et qu'elle aurait pourvu à l'expulsion.

624

IL CONSOLE A RUSTCIUK, DE GUBERNATIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. l. Rustciuk, 19 febbraio 1876 (per. il 3 marzo).

Giunto qui da men che una settimana non sono ancora in grado di rispondere adeguatamente ai varii quesiti contenuti nelle istruzioni scritte rimessemi in Roma al momento della mia partenza; mi limito per ora a ringraziare

l'E.V. della fiducia riposta in me ed assicurarla che sarà mio studio di attenermi rigorosamente a Quella linea di condotta chiaramente e saviamente tracciatami dall'E.V.

Parendomi intanto che nessuna cosa di qualunque entità essa sia debba esserle nascosta, Le annunzio il passaggio in Rustciuk di Server Pascià, il quale di ritorno dall'Erzegovina si reca in Costantinopoli. Tale passaggio è troppo naturale perché possa dar luogo a commenti, e sebbene il suo soggiorno di quarant'otto ore in questa città sembra a rtaluno legarsi alla quistione delle riforme amministrative da applicarsi alla provincia, io credo invece che il suo soggiorno si debba soltanto alla mancanza di un'immediata coincidenza per Costantinopoli; oggi essendovi tale coincidenza egli parte. Nessuno de' miei colleghi si è recato finora a vederlo, e me ne astenni io pure; questa astensione sembra confermare la poca importanza da attribuirsi al suo passaggio in Rustciuk.

Ebbimo qui uguaJmente un addetto dell'Ambasciata di Francia in Costantinopoli, il Signor Rojé, il quale •nuovamente arrivato al suo posto, intraprese tosto un viaggio nella Bulgaria, malgrado la stagione difficilissima. Egli era accompa~ato da un servo che non parlava che francese sebbene il tipo francese mancasse assolutamente alla sua fisionomia e da un altro servo Serbo vestito del suo costume nazionale. Tentai di scoprire prudentemente se tl.a venuta del Signor Rojé fosse stata particolarmente notata dai miei colleghi e constatai che nessuno di loro se n'era verunamente adombrato. Tuttavia non posso nascondere all'E.V. le mie impressioni; non già che io dia a cotale viaggio un vero significato politico; sarebbe difficile infatti di afferrare le ragioni; ma trovo ad ogni modo stvano che un giovine addetto, appena giu:nto al suo posto lo abbandoni per un'escursione in Bulgaria, e scelga per una gita di piacere la più difficile e sgradevole stagione dell'anno. I servi del Signor Rojé stabiliti nel principale albergo di questa città si trattarono da signori, e non ebbero contatto a!cuno con le altre persone che vi erano installate. Il signor Rojé partito da Costantinopoli per Tatar Bajargik, di là si condusse a Sofia, di Sofia a Nisch dove si trattenne qualche <tempo e di Nisch a Rustciuk donde per Varna si recò col Signor Usigli a Costantinopoli. Io riferisco questi fatti all'E.V. qualunque importanza essi possano avere.

Mi permetta ora d'intrattenerla brevemente sull'indole de' miei colleghi in Rustciuk, quasi terreno preparatorio alle mie future informazioni. Il Console ~erale d'Austria e Ungher;ia Signor Montlong parmi fra tutti il più srtimabile; pratico del paese, in cui risiede da parecchi anni egli si mise a mia disposizione per tutti quei ragguagli che mi potessero occorrere e prev·edo che mi sarà facile e grato l'aver ottimi rapporti con lui. Il Signor Montlong è aiutato "lelle sue funzioni da un vice console e da un applicato volontario, ·eccellenti giovani entrambi.

Il Console di Germania, Signor Kalisch non è di carriera, e mi parve scoprire in un colloquio in Bukarest fra il Barone Fava e l'Agente· Diplomatico di Germania che il Signor Kalisch non godeva tutta la stima di quest'ultimo; lo si accusò un tempo di aver preso parte ai maneggi con la Valachia per provocar torbidi in questa provincia. Ad ogni modo le mie prime relazioni con lui furono nttime e non mi par difficile di mantenerle tali.

Il Console Inglese Signor Reade pare animato dagli stessi sentimenti che ispirarono le istruzioni impartitemi dall'E.V.; non troppo ligio ai Turchi; non facile· a condannarli; ha lunga pratica del levante e lo credo un ottimo ausiliario nella politica che predomina la situazione.

Mi parve persona calma e prudente il Console Greco, ma non affretto il giudizio sul conto suo, poiché le circostanze potrebbero alterarlo. Né parlo del Console Belga, la cui importanza è troppo secondaria per meritar l'attenzione de1l'E.V.

Quanto al Console Russo Signor Mochnine, ho trovato unanimi e concordi i miei colleghi nel deplorare che non tenesse una condotta e un modo di esprimersi conforme a quello imposto dalle circostanze e dalle istruzioni dei nostri gov·erni; lo si giudica come un faiseur d'embarras, e lo si fugge; ora è ammalato ed io non ebbi ancora occasione di conoscerlo personalmente; riferisco intanto il giudizio degli altri in attesa di poterne pronunziare uno io stesso. Quel che più duole nella condotta del Signor Mochnine è una cotale smania di attaccar briga col Governatore Generale, il quale dal suo canto, allontanandosi da quei consigli di moderazione che gli sono imposti dalla sua carica, non nasconde il suo odio verso ila Russia ed il suo Console in Rustoiuk. Mehemet Assiro Pascià è in fondo un ottimo uomo pieno di buona volontà, ma è intieramente circondato da persone di poco conto le quali, a quanto dicesi, sono tutte vendute al Signor Mochnine. Di questa guisa non v'è parola pronunziata dal Vali che non sia riferita al Console Russo, ed avendo questi contezza d'ogni cosa, resta sempre più avvelenata la relazione fra le due autorità. Il Signor Montlong deplorando l'imprudenza del Governatore Generale, mi disse che spesso gliene aveva tenuto parola raccomandandogli maggior riserbo; a tale condotta del Signor Montlong m'associai pienamente io stesso, e nella seconda conversazione col Vali, gli feci sentire i danni che scaturirebbero dalle sue troppo tese relazioni col Console Russo.

Mehemet Assiro Pascià nella prima visita che gli feci mi parve fidente in un prossimo lieto avvenire; secondo lui la Sublime Porta avrebbe co' suoi firmani accordato a' suoi popoli al di là di ciò che accorda la nota Andrassy, e quindi nulla si frapporrebbe alla completa pacificazione dell'Impero. Nel secondo colloquio che ebbimo insieme lo trovai intieramente mutato; non solo mi parlò della Russia e de' suoi raggiri in modo violento, mostrando gravi timori per l'avvenire, ma si ·esternò quasi cosi ostilmente contro la nota Andrassy, dicendo: badi, l'Austria a se stessa ché non è letto di rose quello su cui giace. Io credo che tale mutamento sia provenuto dall'idea dominante che .trovai a Vienna, a Bucharest, a Rustciuk, ossia che la nota Andrassy avrà per conseguenza inevitabile l'occupazione per parte deH'Austria delle provincie insorte. Trattandosi di cosa incerta e futura, sebbene forse probabile io non posso dire ancora all'E.V. l'impressione che un tal fatto produrrebbe in Bulgaria; credo però che questo popolo non ne riceverebbe grave scossa come non la ricevette alla notizia dei torbidi scoppiati in Erzegovina. È tuttavia da supporsi che una tale occupazione non sarebbe una buona impressione; la Bulgaria in se stessa non ha una coscienza politica ma ne riceve una di rimando dai comitati Panslavisti dei Principati e di Russia; ora siccome quei comitati sono essen

no

zialmente anti-tedeschi, siccome in Valachia fra i valachi stessi si ravvisa una ostilità crescente contro il Germanismo, e specialmente contro ,l'Impero austriaco, è probabile che la Bulgaria inspirandosi agli stessi sentimenti in mancanza di sentimenti proprii vedrà di mal occhio !'·eccessiva ingerenza dell'Austria negli affari di Turchia.

Piaoemi intanto di assicurare l'E.V. che pel momento un'assoluta tranquillità regna in questa provincia; tale tranquillità m'invoglia a cogliere questo momento per un'escursione a Viddin, Nisch, Sofia ·e Tirnovo, i quattro punti più essenziali dove un movimento bulgaro può trovar fautori e prende·re radice. Da Rustciuk mal si riesce a farsi un'idea di quei centri, tanto più che io non li credo uniformi, sibbene animati da diverse aspirazioni; converrebbe studiarli sul !luogo; converrebbe procurarsi in essi, colla massima circospezione, qualche persona prudente che fosse in grado d'informare a suo tempo questo Consolato sulle agitazioni che vi si produrranno (1).

In un momento di calma come questo, un viaggio mio non può adombrare alcuno; a Sofia e a Viddin devo prov·vedere assolutamente; a Nisch il Console Generale Montlong, ha proposto l'istituzione di un Vice consolato persuadendosi che quell'antica capitale di regno slavo merita tutta l'attenzione del suo Governo; quanto a Tirnovo capitale anch'essa una volta della Bulgaria, e seduta a' piedi del Balkan, è un centro troppo attivo di agitazione Bulgara perché si disconosca l'importanza di avervi chi possa all'occorrenza tenermi d'ogni cosa ragguagliato.

Se l'E.V. crede di autorizzarmi aHa progettata escursione si compiaccia di farlo al più presto, prima cioè che la soluzione da darsi alle cose d'Erzegovina possa recare in Bulgaria qualche grave, sebbene finora imprevedibile, complicazione..

P.S. Nella rassegna dei Consoli dimenticai quello di Francia: il Signor Aubaret è in congedo ed è provvisoriamente rimpiazzato dal Signor Mallet Vice Console di Francia in Adrianopoli.

625

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 105. Costantinopoli, 20 febbraio 1876 (per. il 3 marzo).

Col dispaccio di V.E. in data 11 corvente, Politico n. 18 (2) Ini giunse la copia del rapporto che il Cavalier Durando le indirizzava da Ragusa il 3 di questo mese (2), e la ringrazio assai per questa pronta comunicazione.

Di una delle questioni trattate in tale rapporto m'occorre oggi di far parola, poiché da alcuni giorni essa formò il soggetto di diversi discorsi in questi circoli diplomatici. Il Cavalier Durando si manifesta favorevole all'op

portunità di concedere al Montenegro, affine di indurlo a desistere dall'aiutare l'insurrezione, il riconoscimento della sua indipendenza, una lingua di lit,torale marittimo, una rettificazione della frontiera verso l'Erzegovina. Sta di fatto che progetti di tal genere sono grandemente accarezzati da questo Ambasciatore di Russia; e se avessero qualche probabilità di attuazione presenterebbero, oltre al vantaggio d'accontentare il Montenegro, quello non meno importante d'interessare sempre più la Russia al ristabilimento della pace. Senonché essi incontrerebbero una prima grave difficoltà. Come si può domandare alla Sublime Porta un sacrificio di territorio anche di pochissima ·entità immediatamente dopo che se ne ottennero 1e importanti concessioni di riforme che si dicevano avere per iscopo la pacificazione delle provincie insorte? Non è la prima volta che si parla di fare concessioni territoriali al Montenegro; ed è noto che quando se ne trattò nel tempo che Fuad Pacha teneva le redini del Governo, quel Gran Vizir replicava la Sublime Porta non poter prendere in considerazione una proposta che ave·sse per iscopo l'ingrandimento territoriale del Montenegro indipendente, poiché esso costituirebbe una cessione di territorio cui non poteva prestarsi, mentre invece nulla osterebbe ad addivenire ad una modificazione della circoscrizione amministrativa, qualora il Montenegro riconoscesse la sovranità della Sublime Porta. A queste obbiezioni il Generale Ignatiew risponde (•ed in tali termini ebbe ad esprimersi or non ha guarì con Sir H. Elliot) che, in vista delle concessioni di vantaggi territoriali, egli si favebbe forte di ottenere dal Principe di Montenegro il riconoscimento della sovranttà pvedetta.

È mio debito di riferire all'E.V. questi discorsi sebbene finora i progetti cui si riferiscono non abbiano preso alcuna forma concreta, né si scorga da qual pavte possa venirne l'iniziativa, se la Russia non trova mezzo di farne la formale proposta.

(l) -Annotazione marginale: A Sofia si manderà fra breve un Vice Console di carriera. (2) -Non pubblicato.
626

IL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 73. Pietroburgo, 21 febbraio 1876 (per. il 27).

L'annunzio ricevuto ne' giorni scorsi che Ia Sublime Porta, dopo qualche esitazione da parte del Sultano, abbia accettato le proposte di riforme da operarsi nella Bosnia e nell'Erzegov>ina quali le venivano suggerite dalle sei potenze garanti, ha cagionato qui non lieve soddisfazione nelle alte sfe·re del Governo Imperiale.

La massa però del pubblico che non va tanto pel sotti>le, che non vede tutti gli aspetti della questione orientale e che si lascia per conseguenza solo guidare dai suoi sensi di simpatia verso i correligionari slavi e di odio inveterato contro i Turchi, è rimasta, fa d'uopo il dirlo, del tutto indiffevente a siffatto annunzio.

Essa infatti non sa spiegarsi come la Russia non tragga profitto dalla presente favorevole condizione di cose per farla finita una volta per sempre con la eterna quistione orientale e non si adoperi ·a risolverla nel modo più confacente ai suoi interessi e alle sue aspirazioni.

Non è già che essa vagheggi idee di conquista, di annessioni o di un aumento qualsiasi di territorio, ma il punto fisso a cui mira e a cui son rivolti con pertinacia tutti i suoi sforzi è l'espulsione de' turchi dalle provincie di qua dai Balkan, dove l'elemento slavo è predominante.

Queste idee d'altronde non rimangono in uno stato latente, ma si manifestano alla luce del giorno, non mi è mai accaduto finora d'imbattermi in un Russo che non le ·esprima senza ambagi di sorta e non faccia voti apertamente pel trionfo della causa degl'insorti.

Ora un tale stato di cose rende in questo momento assai difficile e delicato il compito del Governo Imperiale, dappoiché vinta la ritrosia del Divano bisogna accingersi all'opera più ardua d'indurre gl'insorti a deporre le armi.

Il Governo ImperiaLe vuole lealmente la pace e non anela che a veder rimosso ogni fomite di contesa, ogni causa di possibili complicazioni. Nondimeno è obbligato a tener conto delle manifestazioni della pubblica opinione, e non potrebbe quindi assumersi in Oriente la parte odiosa del gendarme. In casi estremi esso si rassegnerebbe piuttosto a tollerare che un tale incarico sia devoluto all'Austria. Il Barone di Jomini mi ha detto a più riprese che una occupazione temporanea delle provincie insorte da parte dell'Austria, sebbene non verrebbe certo guardata qui di buon occhio dal pubblico, sarebbe forse il minore degl'inconvenienti. Egli soggiungeva che il fatto del resto non sarebbe nuovo negli annali della storia ottomana e mi· citava come esempio, di data non molto antica, l'occupazione della Siria per parte della Francia all'epoca de' massacri de' cristiani in quelle contrade.

Solo ci par che il'Austria, e di questo V.E. debbe essere già informata, sia per cagioni analoghe a quelle che trattengono la Russia, i riguardi cioè che deve allo elemento slavo dell'Impero, sia anche, come taluni pretendono per semplici motivi pecuniari, non mostrasi punto desiderosa di addossarsi il peso di un intervento.

Dicevami ieri un personaggio che è molto addentro nelle segrete cose, esser gran ventura che in questo momento stia al timone dello Stato e soprattutto aUa direzione delle relazioni estere un vecchio e vero russo, un uomo così provato qual'è il Principe Gortchakoff, imperocché nessun aLtro al suo posto inspirerebbe eguale fiducia e ciò che egli può fare nessuno l'oserebbe, nemmeno l'Impe·ratore. Indi è che la posizione del cancelliere, alquanto scossa al cominciare dell'inverno, si è ora più che mai consolidata. Ciononpertanto anche il Principe Gortchakoff riceve da qualche tempo le·ttere anonime, talune delle quali contenenti minacc-e, che lo spingono alla liberazione de' fratelli slavi.

Lo stesso personaggio asseriva che il Governo Imperiale non ha molto da lodarsi della condotta che serba in questi frangenti il Gabinetto Germanico e più particolarmente il Principe di Bismark, al quale viene attribuito il progetto di spinger sotto mano l'insurrezione alla resistenza e perfino di soccorerla con danaro, nello scopo di suscitar zizzanie fra l'Austria e la Russia.

Tali asserzioni appaiono certamente inverosimili e non dovrebbero infatti avere alcun valore di fronte alle solenni ed esplicite dichiarazioni fatte di recente dal Principe di Bismark al cospetto del Parlamento Germanico. Nondimeno è bene che V.E. sappia che anche qui, nelle alte sfere dello Stato, esiste una corrente anti-germanica che non presta fede agli intendimenti pacifici del Gran Cancelliere...

627

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 36. Ragusa, 21 febbraio 1876 (per. il 28).

La smenHta di negoziazioni segrete tra il Principe del Montenegro e l'inviato del Commissario Ottomano in Erzegovina fu primamente data dal Times e da S. Pietroburgo. In ambi i casi fu data a suggerimento degli Agenti Russi. Credo inutile riferire i minuti ragguagli in proposito. La sollecitudine e il calore messo dagli agenti Russi nel dare quella smentita era sospetto; e pare infatti che si continuino attivamente le negoziazioni di riconoscimento d'indipendenza e di ingradimento te·rritoriale pel Montenegro. Il Governatore e Commissario Ali Pascià vidde pur troppo che senza disinteressare quel Principato sarebbe difficile al Governo turco di rende·rsi padrone dell'insurrezione. Egli si adopera pertanto a tutto uomo di fare comprendere a Costantinopoli la necessità di questo partito; ma un serio ostacolo sarebbe quello di trovare l'uomo coraggioso che lo proponga al Sultano. I Russi spingono assai e vorrebbero che si facesse presto.

Il pl'incipe Nikita è titubante. P·er un verso teme di scade·re nell'opinione degli Slavi meridionali; per l'altro sarebbe contento di ingrandirsi senza guerra; perocché a quanto mi fu assicurato più volte, egli non sentasi della stoffa di sfidare troppo i pericoli delle battaglie. Si aggiunga poi che il medesimo è tutto sotto l'influenza del così detto suo primo Ministro Maxo Vrbiça; il quale è uomo venalissimo, e pare che realmente consigli ad accettare i vantaggi che senza correre rischio si possono strappare alla Sublime Porta. I Russi appoggiano; e per esortare il Principe alla cosa gli intimarono non ha guarì che la Russia non permetterebbegli di dichiarare guerra, non essendo essa preparata allo scioglimento della questione orientale.

Per causa delle· negoziazioni in corso il Montenegro tiene gli insorti inattivi. Anzi essendosi saputo che il Ljubibratich, capo deHa fazione (l'Omladina Serba) contraria al Principato, si preparava ad un'azione, il Principe Nikita ordinò agli insorti delle bande di Zubsi Grebsi ed altri luoghi di recarsi tutti alla Sutorina sotto il Montenegrino p,etro Pavlovic a pena in caso di disobbedienza di essere privi dei viveri, e di vedersi dippiù cacciate dal Montenegro l·e loro famiglie.

Scopo di quest'ordine non è solo d'impedire per ora alcun fatto d'armi nella speranza di fare riuscire ~e negoziazioni; come anche di togliere i mezzi alla insurrezione che non lavori per esclusivo vantaggio del Montenegro. Qualora quelle non camminassero sarà facile al Principe di ordinare la ripresa delle armi.

Parlando jeri con uno degli Agenti Russi meravigliavami dell'inoperosità degli insorti. Quegli risposemi: difettare di munizioni; ma egli dimenticò che otto giorni prima mi aveva assicurato esserne gli insorti provvisti meglio che le truppe turche. Infatti so che testé due navigli inglesi ne sbarcarono grande quantità, assieme a due mille fucili e quattro cannoni.

Ciò che spinge i Russi e il Montenegro a conchiudere sollecitamente col Governo turco, si è la tema che la Serbia o apertamente o sotto mano entri ad ajutare ,e dirigeve l'insurrezione. Un membro del Comitato Slavo mi mostrò una lettera in cui si riferiva fare ogni sforzo l'Omladina per strascinare il Governo Serbo a qualche intrapresa e fare radunanza di armi e denaro. Poco o nulla essendo la influenza russa sull'Omladina i partigiani di essa e del Montenegro ne sono in pensiero : perciò vorrebbero impedire ogni azione di quella.

628

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, PINNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 484. Tunisi, 22 febbraio 1876 (per. il 27).

Ne' miei precedenti rapporti avevo l'onove di accennare a V.E. i preparativi militari d'ogni genere che si stavano facendo, e la diversa impressione che questo insoUto movimento avea prodotto tra gli ,europei ed indigeni. Ora, essendo stati sospesi d'un balzo tutti gli armamenti e tolte quelle misure di rigore e di sorveglianza che senza motivo erano state adottate, la massima calma ha succeduto alla generale inquietudine: anzi per più tranquillare, o dirò meglio per addormentare la popolazione mi si assicura sia stata pure contram81Ildata la rivista che il Bey è solito passare alla cavalleria irregolare araba in principio di primavera, ed ingiunto ai capi di venire invece quest'anno con pochissima scorta a prestare al Bey il consueto omaggio. Parrebbe adunque che il momento non fosse opportuno per mandare ad effetto i concepiti propositi; ma con ciò dubito sempre che il Generale Khereddin ne abbia deposto il pensi,ero, e che altro non sia in oggi che partie remise a tempi migliori.

D'altra parte ho dalla stessa persona ~che m'avea informato confidenzialmente del prossimo ritorno del Generale Hussein dall'Italia, e della immediata sua partenza in missione per Costantinopoli, che questi ne abbia recisamente declinato l'incarico; mi fu inoltre aggiunto che tra lui ed il primo Ministro non regna più~ l'entente di prima.

629

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 37. Ragusa, 22 febbraio 1876 (per. il 28).

Venni a conosce·re che l'altra sera (19) il Governatore dell'Erzegovina Alì Pascià inviò a questo Consolato Generale di Turchia un telegramma segreto, nel quale partecipavasi che il Governo di Vienna aveva promesso all'Ambasciatore Orttomano di ordinare severamente alle Autorità Dalmate la più rigorosa sorveglianza e chiusura della frontiera agli insorti; e che per meglio fare eseguire tale ordine si sarebbero spediti fra breve in Dalmazia 10 mila uomini a scaglionarsi sul confine da Knin a Castelnuovo di Cattaro.

Seppi infatti che si aspettano due reggimenti di rinforzo alle trupi>e stanziate nel circolo di Ragusa che abbraccia dalla Narenta all'estremo confine meridionale. Quanto alla promessa di chiudere la frontiera agli insorti, il giorno avanti si era dall'Autorità civile di Ragusa pubblicata una grida annunziando essere d'ora in avanti proibito agli insorti che <entrassero sul territorio austriaco di ripassare il confine a pena di essere penalmente processati.

Un Agente russo, col quale discorrevo su questa grida mi diceva • purché non 'impediscano il transito dei viveri, il resto poco disturba l'insurrezione. D'altra parte come si fa a conoscere che individui disarmati, i quali vanno e vengono dall'Erzegovina in Dalmazia, sieno insorti? • Parimente nel pubblico di questa città la grida produsse niun effetto; e ciascuno è persuaso che quella fu lanciata unicamente per dare soddisfazione alle insistenti lagnanze di questo Consolato e Ambasciata Ottomana in Vienna; ma che in quanto ad eseguirla vi si oppongono cento difficoltà e contrasti d'interessi.

I partigiani adunque dell'insurrezione che si erano allarmati per la chiamata in Vienna del Governatore della Dalmazia Generale Rodich, del Bano dalla Croazia e del Generale Mollinary comandante delle Truppe in Croazia e Slavonia, si sono di nuovo rassicurati dopoché seppero che le misure di rigore non erano che quelle sovraccennate e vagamente manifestate.

Né maggiol'e effetto produsse il nuovo fatto di respingere ora gli Italiani dall'accorrere ad ingrossare la legione straniera che si forma alla Sutorina. Si osservò che il rigore è specialmente diretto contro gli Italiani, rigore che le Autodtà austriache volentieri eseguiscono per tema tradizionale del nome garibaldino. Mi fu anche supposto che a questo rigore contro i nostri italiani non sieno estranei gli Agenti Russi. Essi vedono di mal'occhio introdursi in cotesta insurrezione elementi di radicalismo: e fece loro impressione il rifiuto dei nostri italiani di porsi sotto gli ordini di capi Montenegrini espresso col motto • non vogliamo essere i giannizzeri del Principe Nikita •.

Sebbene il Comitato Slavo di questa città abbia preso a difendere e proteggere gli Italiani, a cui si proibisce di proseguire per la Sutorina, tuttavia esso non se ne mostra molto contrariato, riguardandosi l'ajuto di stranieri sicsome poco efficace per la singolare guerra che si combatte in Erzegovina e soprattutto per le difficoltà locali e per ogni privazione, alle quali solamente possono resistere Erzeg<}Vesi e Montenegrini. Osservando io al Presidente di questo Comitato, poiché non reputavansi di grande ajuto si cessasse dal fare venire Italiani in Dalmazia, mi rispose non dipendere ciò dal Comitato Slavo, ma da quello democratico-garibaldino di Roma. Che anzi essendosi pregato cotesto comitato a spedire il denaro di preferenza che uomini; fu risposto che per disegno di propagare i suoi principii si credeva meglio d'inviare uomini.

Un mio collega di Mostar ed amico mi scrive che il Governatore e Commissario Alì Pascià trovasi impotente a mettere ordine in quella disgraziata provincia; e pensa con una dimissione opportuna a trarsi d'impaccio. Lo stesso mi scrive ancora essere stato assicurato che domenica (13 del corrente) il Vescovo Cattolico dal pulpito dichiarò, essere oramai divenuto impossibile di rimanere più sotto il giogo turco; e doversi perciò preparare i fedeli ad emigrare; egli sarebbesi messo alla testa. Una simile dichiarazione è sovranamente capitale; ed è d'uopo di esserne meglio accertato per credervi. Ho già scritto in proposito. Se fosse vera, l'attuale questione già tanto intricata si abbujerebbe ancora più. L'idea di Monsignore Kraljevich non sarebbe per altro d'ora soltanto. Egli me la espresse più volte quando io ·era a Mostar pel caso che le Potenze non intervenissero o non garantissero -più umana amministrazione dei cristiani erzegovesi. Ma giammai, assolutamente giammai avrebbe ard1to il Vescovo ad enunciarla pubblicamente se non vi fosse stato incoraggiato, e non avesse avuto promessa di appoggio. Naturalmente i suggeritori non possono essere stati che gli Agenti Austriaci. Il che :lascerebbe credere che il partito per l'occupazione militare non si darebbe ancora per vinto. Questa mia supposizione riceverebbe conferma dal fatto seguente. Nella settimana scorsa l'Autorità civile di Ragusa chiamò i migliori tra i profughi erzegovesi qui rifugiati, e spiegato loro il senso delle riforme della nota del Conte Andrassy, e le promesse della TurchiQ. di applicarle li interrogò se volessero ritornare ai loro villaggi di Erzegovina. I rifugiati risposero: • non avere cuore di affidarsi ai turchi; preferire l'esiglio e pregarono di essere ricevuti come fedeli sudditi dell'Imperatore che li aveva fino allora protetti •. Mi fu detto che di questa risposta (stata suggerita) ne fu fatto processo v·erbale, e spedito a Vienna.

Se i rifugiati non ritornano, a chi applicare le riforme? Per quanto dicasi che la risposta .sovra ri:llerita sia stata indettata, io sono però intimamente convinto che se l'Aust11ia non caccerà quegli infelici a forza dal suo territorio pochi o nessuno avranno il coraggio di rimettersi alla mercé del Governo turco. E sono anche intimamente convinto che essi hanno ragione.

630

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

Vienna, 21-22 febbraio 1876.

L. P.

Mi auguro di potervi mandare telegraficamente prima che queste righe vi giungano, una qualche notiz:ia concludente in ordine alla questione dello scambio del1e Ambasciate; ad ogni modo però credo bene porgervi qualche

schiarimento al mio telegramma di ieri. Come vi accennai m esso il ritardo di circa un mese e mezzo a rispondere alla iniziativa molto gentilmente presa dal Conte Andrassy in questa faccenda, produsse due inconvenienti. H primo quello di lasciar sfuggir il momento opportuno, ed il secondo di froisser alquanto qui lasciando credere non facessimo gran caso di quell'iniziativa. Vi compiaceste dirmi le ragioni per le quali tardaste a rispondermi, ed evidentemente non ho a farvi osservazioni, •ed anzi per conto mio ne rimasi capacitato; ma ciò non toglie che l'inconveniente vi fu quale ve lo riferisco; ed alle prime parole da me dette al riguardo al Conte Andrassy subito me n'accorsi poiché esse furono accolte con una freddezza che non corrispondeva al calore col quale Lui primo m'aveva di ciò tenuto parola. Non vi scrissi allora questa mia impressione poiché parvemi che ad ogni modo l'affare avrebbe finito per andare, e quindi trovai inutile d'informarvi di piccoLe difficoltà che mi lusingavo d'appianare. Infatti ritornando con garbo e molta prudenza sull'argomento ogni qualvolta mi si presentò l'opportunità, riuscii a far andar avanti la questione. Devo però constatare che l'Imperatore ch'io ebbi di poi l'occasione di vedere due volte mentre fu con me più che mai cortese non mi disse verbo di questa faccenda mentre che avendo io parlato a nome di Sua Maestà sembrami sarebbe stato naturale me n'avesse detto una parola. Ma poco importa, il Conte Andrassy parlommi a nome del Suo Sovrano e quindi a noi basta. Certo però si è per me che a

S. M. Francesco Giuseppe non fa un piacere grande il farsi rappresentare presso il Quirinale da un Ambasciatore, le sue ripugnanze al riguardo maggiori di quelle di qualsiasi altro Sovrano si spiegano facilmente, e quindi conviene teneme conto, e non chieder da Lui a'l di là del necessario. Ben prima di ricevere la Vostra lette·ra del 16 (l) io m'ero persuaso dell'interesse che avevate acché questa faccenda procedesse sollecitamente, e quindi come vi dissi mi studiai di non lasciar dormir l'affare senza ben inteso venir meno a quella riserva impostaci anche dalla nostra dignità. Onde spiegar la mia insistenza dissi esser da noi desiderato lo scambio delle dichiarazioni nei rispettivi giomali ufficiali avvenisse ancora entro il corrente mese onde poter far figurar l'Ambasciata di Vienna nel bilancio definitivo per l'anno in corso da presentarsi al Parlamento alla sua convocazione. Ma come ben sapete a Vienna gli affari non procedono mai cel•eremente, e quando poi il buon volere non è che mediocre, proprio non progrediscono affatto. Riuscii poi a farmi riparlar della cosa dal Conte Andrassy, ed egli allora dissemi aver scritto a Berlino per avere· il testo della dichiarazione contenuta nel Reichsanzeiger sulla quale desiderava modellare quella ad inserirsi nella Gazzetta di Vienna. Ma ieri sera ad un pranzo a casa mia seppi dal Barone Hofmann che quel dispaccio all'Ambasciata di Berlino sebben già firmato non era ancor parti·to, allora feci come Rosina nel Barbiere, e cavai fuori di tasca e gli consegnai copia delle dichiarazioni emanate a quell'epoca dai due Gabinetti. Gli raccomandai particolarmente l'affare facendo appello al suo esperimentato efficace concorso, e non mancai di colorire l'espressione dei nostri desideri, cogli argomenti i più simpatici per S. M. l'Imperatore e pel Suo Govemo che credei poter mettere innanzi. A proposito poi della noti

zia data dai giornali del mattino, della nomina del Generale Menabrea ad Ambasciatore a Londra dissi che se ritenevo possibile avesse a verificarsi credeva però poter guarentire che nulla vi ,era ancora di fatto in proposito, ben sapendo che Sua Maestà non intendeva procedere alla creazione di altre Ambasciate prima che la questione a ciò relativa colla Corte di Vienna non fosse risoluta collo scambio delle note dichiarazioni. Queste mJ,e spiegazioni parvemi producessero buona impressione, ed ho abbastanza fondata speranza ~a cosa procederà ora con maggior speditezza. Restammo intesi, mi si comunicherebbe lo schema di dichiarazione che qui proporrebbero, ch'io ve lo manderei per telegrafo, e che ottenuto il vostro concorde assenso si fisserebbe il giorno per la simultanea pubblicazione. Ovce il progetto che mi si presenterà fosse ai miei occhi pienamente accettabile, a risparmio di tempo fisserei anche qui il giorno della pubblicazione, ben inteso coll'espressa riserva della preventiva accettazione per parte Vostra tanto del tenore della pubblicazione a farsi, che del giorno. Queste comunicazioni ve le farò per telegrafo come me lo avete ordinato.

Dei negoziati condotti dal Sella non tocca a me tenervi parola, le cose paionmi molto bene avviate, e credo che domani s'entrerà in porto. A me spetta però il dirvi che il nostro egregio negoziatore trovò qui un'accoglienza eccezionalmente onorevole tanto da parte di S. M. l'Imperatore che dei suoi Ministri. A questo proposito anzi devo dire che se la salute del Commendatore Sella resiste alla prova di tutti i pranzi che si danno in suo onore dacché egli è a Vienna, sarà prova della grande sua robustezza. Lasciando però da parte gli scherzi tengo a dirvi che crederei opportuno esprimeste a Wimpfen

o m'incaricaste me di manifestar qui la gratitudine del Governo del Re per le proprio moltissime cortesie che vennero usate al negoziatore italiano.

22 febbraio.

Confido questa lettera al Berruti che il Comm. Sella fa partire per Roma. Le previsioni nostre fallirono, i negoziati per la separazione invece di entrare in porto vennero ad urtarsi contro scogli che minacciano di rompere la barca. Siam ben montati di tre questioni pendenti attualmente coll'Austria nessuna accenna a proficuo felice risultato. In quanto alla questione delle Ambasciate ne tenni parola coll'Orczy e mi parve capire si voglia accampare un nuovo pretesto per tirar in lungo; quello cioè che non si può costituzionalmente annunciare la creazione delle Ambasciate prima che le Delegazioni abbiano approvato la spesa. Simili scrupoli non si ebbero allorché trattossi dell'Ambasciata a Pietroburgo. Per conto mio ho fatto il possibile, la nostra dignità parmi non consenta io spieghi in questo momento maggior insistenza. Vedremo se si decideranno prima della presentazione del nostro bilancio, in caso diverso

giudicherete se convenga lasciar indietro l'Ambasciata di Vienna e presentar senz'altro quella di Londra. Quel che è strano si è che tutto ciò succeda in un momento dove proprio vi ha nell'Imperatore, nel Conte Andrassy ed in tutti, il miglior volere di coltivar buone relazioni con noi. Conviene tener conto di ciò, e non chiudersi la porta ad ulteriori accomodi. Finisco in fretta poiché il Berruti parte fra un'ora.

(l) Cfr. n. 619.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, ULISSE BARBOLANI

T. 83. Roma, 23 febbraio 1876, ore 15,30.

Le roi a donné son consentement au proj,et de voyage du prince et de la princesse à Pétersbourg pour le mois de juillet.

632

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 23 febbraio 1876.

Ieri soltanto ho ricevuto la vostra lettera del 14 corrente (l) relativa alle cose d'Egitto..Oggi poi m'intrattenni in proposito col Duca Decazes.

Non v'eravate ingannato pensando che il dispaccio di Sir A. Paget che riferisce la vostra conversazione con lui rispetto alla compra delle azioni del Canale di Suez, avesse prodotto cattiva impressione sul Governo Francese. Prima ancora che mi giungesse la vostra lettera, il Duca Decazes me ne aveva pal'llato con sentimento di rammarico. Nella mia conversazione d'oggi m'applicai, colla scorta della vostra lettera, ad attenuare quell'impressione ed a ridurre a corretta lezione la relazione alquanto inesatta dell'Inviato Inglese a Roma. Il Duca Decazes accolse con soddisfazione la SIJ€Cie di rettifica da me fatta, pur tuttavia osservando, che mentre la Germania, l'Austria e l'Italia avevano applaudito alla conclusione di quell'affare, la Russia s'era, con cura, astenuta dal pronunziarsi ed aveva serbato un prudente silenzio.

Ma dal terreno delle tendenze politiche passiamo ora ai fatti che si producono in Egitto.

Il prestito, come accennate, è fatto al Khedive da una Società francese. Una banca di Stato (così almeno pare si debba chiamare) è in procinto di formarsi. Ma affinché questa banca non diventi la riproduzione della banca Ottomana, affinché essa presenti ai creditori guarentigie vere, e possa, in una parola, servire utilmente allo scopo per cui deve essere creata, un controllo efficace è indispensabile. Chi deve somministrare questo controllo ed esercitarlo fedelmente? Non certo il Viceré né il suo Governo. Ma nemmeno i privati creditori. Un controllo esercitato da una commissione nominata da questi ultimi sarebbe, in Egitto, illusorio ed affatto insufficiente. Perché sia efficace e

reale è necessario che sia esercitato a nome dei Gov,erni esteri. H Duca Decazes, al quale ho svolto le savie considerazioni contenute nella vostra lettera, accolse con soddisfazione la notizia che l'Italia accetta in massima l'idea di partecipare ad una commissione finanziaria insieme colla Francia e coll'Inghilterra. E fin d'ora impegnò i contraenti francesi (e specialmente il sig. Pastré) ad esigere dal Vicerè ch'egli domandi per la Banca il controllo della Francia, dell'Inghilterra e dell'Italia. Il Duca Decazes crede che il Viceré farà questa domanda e ciò gli porgerà l'occasione di ripigliare l'esame di questa questione col Gabinetto inglese.

Rispetto a quest'ultimo, io vi avevo informato confidenzialmente che Disraeli aveva fatto fare (pe·r mezzo di Rotschild) alcune entrature presso il Duca Decazes per l'istituzione eventuale d'una Commissione finanziaria anglo-francese in Egitto. Voi dovete certo sapere quali erano le proposte fatte dal sig. Cave al Vicerè. Se non m'inganno, questi proponeva il consolidamento al 6 % col controllo inglese. Se il sig. Cave avesse fatto accettare la sua proposta, il Gabinetto inglese (tale almeno è la supposizione di Decazes) si sarebbe presentato al Governo Francese col contratto Cave alla mano ed avrebbe generosamente invitato la Francia a partecipare al controllo. Ma il Cave fallì nelle sue trattative. Fatto sta che 1e aperture del Disraeli furono fatte a Decazes, nel senso che v'ho scritto prima del naufragio del negoziato di Cave, cioè 1'8 o il 9 corrente. Il signor Disraeli non solo fa.ceva in via, per dir così, secreta, quelle entra·ture al Duca Decazes, ma spingeva quest'ultimo a prender·e l'iniziativa dell'istituzione della commissione anglo-francese pvesso il Conte di Derby, il quale sembra anche al suo collega nel Gabinetto assolutamente ripugnante o molto restìo a pigliave iniziative di tal fatto. Adunque Decazes, consentì a prender l'iniziativa della proposta, sostituendo però alle parole Commissione anglo-francese queste altre Commissione internazionale, si applicava allà Francia, all'Inghilterra ed all'Italia. Ne parlò con Lord Lyons in questo senso, e Lord Lyons ne scrisse a Lord Derby. Ora Lord Derby rispose, come suol fare ad ogni prima domanda quale che sia, colla negativa. Facendo questa

risposta negativa, Lord Derby ha, o non ha consultato il suo collega Primo Ministro? Decazes non lo sa, ed io inclino a creder di no. Comunque sia, Decazes ha fatto avvertir Disraeli di questa risposta, e non dispera ancora di condurre il Gabinetto inglese a consentire al controllo internazionale delle finanze egiziane sotto l'una o l'altra forma. Intanto il Ministro Francese degli Affari Esteri ha dichiarato al sig. Pastré e socii, che il Governo Francese avrebbe disapprovato il contratto d'impl.'estito e che non avrebbe ammesso i titoli aHe borse di Francia, se il Khedive non avesse domandato ed ottenuto il controllo delle Potenze, cioè della Francia, deWinghilterra e dell'Italia.

Eccovi lo stato presente delle cose egiziane, quale mi fu riferito dal Decazes. Io seguirò qui quest'affare colla maggior sollecitudine possibile, tenendo conto dello stato d'indecisione in cui si trova il Gabinetto francese in presenza delle elezioni nuove e della sua probabile dislocazione. Ma sarebbe pur utile che voi agiste a Londra con qualche efficacia. Ed anche per questo mi sembra di tutta urgenza che vi decidiate a mandar·e un titolare alla Legazione del Re in Londra.

(l) Cfr. n. 613.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT

T. 84. Roma, 24 febbraio 1876, ore 22.

Plusieurs italiens ont été mis en prison à Raguse parce qu'ils se proposaient d'aUer en Herzégovine. Je n'ai oertes pas plus que l'Autriche l'intention de favoriser des tentatives illégales. Cep€ndant je vous prie de faire remarquer qu'il serait plus convenable d'expulser les individus en les obligeant à se rembarquer pour l'Italie, que de les tenir en prison sans procès. D'autant plus qu'ils se sont rendus en Dalmatie par Trieste et qu'à Trieste on aurait pu prendre les précautions nécessaires. Veuillez donc faire avec prudence des démarches dans le sens que je vous ai indiqué.

634

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 89. Roma, 25 febbraio 1876, ore 16,15.

J'espère que ma lettre du 19 sur les affaires égyptiennes vous sera parvenue régulièrement. Scialoja mande que d'après le conseil qu'il a donné au vice roi, celui-ci a pris l'initiative de demander à l'ItaHe, à la France et à l'Angleterre de lui désigner chacune un commissaire pour l'établissement financier qui se charge de l'amortissement de la dette flottante. Cette combinaison me parait répondre aux idées du due Decazes. Pour ma part je suis disposé à y donner mon adhésion. Faites-moi connaitre par le télégraphe si le due Decazes est du meme avis. Quelle est votre impression sur les élections?

635

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 125. Berlino, 25 febbraio 1876, ore 16,35 (per. ore 17,05).

La nomination de M. de Keudell à Rome a été signée par l'Empereur.

636

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 107. Costantinopoli, 25 febbraio 1876 (per. il 2 marzo).

* Già ebbi l'onore di riferire a V. E. come due alti funzionari ottomani stavano per trasferirsi nella Bosnia e nell'Erzegovina coll'incarico di dirigervi l'applicazione delle riforme di recente decretate. Essi stanno ora facendo i

preparativi di partenza, ma questi preparativi non riescono facili. Una delle principali condizioni per ristabilire lo stato normale in quelle provincie, si è di ottenere il pronto rimpatrio dei fuorusciti, e questa condizione è eziandio richiesta con insistenza dal Governo Austro-Ungarico, cui pesa il sostentamento della parte rifugiata nel suo territorio. È dunque convenuto tra i due Governi che dall'una e dall'altra parte si accorderà agli emigrati un mese entro il quale avranno a far ritorno ai rispettivi focolari. Ma dove sono questi focolari? E dove troveranno essi i mezzi per provvedere alle spese di trasporto, ai primi bisogni di soste!lltamento, alle sementi da porsi nel suolo? Tutto è miseria, tutto è desolazione nell'Erzegovina. Si tratta dunque di fornire a questi rifugiati le spese di viaggio, nonché qualche sussidio per provvedere alle prime necessità. Vassa Pacha destinato all'Erzegovina, dichiarò che non partirebbe se non gli si fornivano i mezzi per ovviare a questa difficoltà. Il Gran Vizir ed il Ministro degli Affari Esteri comprendono questa necessità delle cose * (1). Però intendo che nell'ultimo Consiglio dei Ministri fuvvi una vivissima discussione sull'argomento, durante la quale Rachid Pacha fu vivamente attaccato da alcuni suoi colleghi per volere per tal modo premiare i traditori. * La misura sarà senza dubbio adottata, poiché non si può altrimenti pacificare l'Erzegovina. Credo anzi che l'emanazione del relattvo de<:reto come di quello d'amnistia seguirà probabilmente anche prima che queste linee giungano fra le mani dell'E. V. Allora sorgerà la difficoltà di trovare i fondi, pel quale scopo H Governo avrà a sopportare ingenti sacrifizii. *

Avant'ieri comparve in questi giornali un articolo che portò lo scompiglio soprattutto nei circoli finanziarii dove si presta fede anche alle voci più assurde. Diceva ,l'articolo la Sublime Porta ave·r intimato ai Governi di Serbia e di Montenegro che se entro un mese i rispettivi sudditi che si tro\'ano cogli insorti non avessero deposto le armi le forze Ottomane invaderebbero •i loro Stati. Si domandarono immediatamente spiegazioni al Ministro degli Affari Esteri il quale dichiarò la notizia essere completamente falsa, e sarebbe smentita; ed infatti i giornali di ieri la smentirono in modo categorico. Seppi di poi che l'errore ,era nato da ciò che, Quando nell'ultimo Consiglio dei Ministri si discusse la misura di accordare un mese ai rifugiati per rimpatriare, alcuni Ministri, e credo specialmente quello della Guerra, compresero si trattasse della Serbia e del Montenegro, ed essi comunicarono la notizia ai giornali.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. CONFIDENZIALE 120. Roma, 16 febbraio 1876.

Dai rapporti della S. V. fui informato dell'esito che ebbero le elezioni dei magistrati chiamati a presiedere i nuovi tribunali in Egitto. Non saprei nascondere il dispiacere che ho provato nel vedere che neppure uno dei nostri magi

strati fu chiamato all'ufficio di vice-presidente, mentre la parte attiva da noi presa nell'ordinamento delle nuove magistrature giudiziarie sembrava doverci assegnare in quest'ordine di cose una posizione distinta. Accenno il fatto e Le espongo francamente il sentimento che ne provo, sebbene io sappia che, trattandosi di elezioni da farsi dal corpo della Magistratura, l'influenza del Governo locale non abbia potuto forse avere un effetto decisivo.

Ciò che è accaduto però in questa occasione deve farci riflettere sulla necessità di mantenere quella legittima influenza che deve assicurarci in codesto paese la parte importante che, per mezzo degli italiani chiamati alle alte cariche amministrative, noi dobbiamo prendere in tutte le riforme tendenti a far progredire l'Egitto nella via della civiltà. Se nella parte che tocca più direttamente agli interessi finanziari del paese, l'Italia non può competere con altri Stati che in simHi affari esercitano un'azione preponderante, noi non dobbiamo trascurare di rinforzare l'azione che in un senso di vera civilizzazione è già esercitata in varii rami dell'amministrazione egiziana da funzionari italiani. Raccomando principalmente a V. S. la posizione che è stata fatta dall'Egitto ai funzionari chiamati a riordinare, secondo le nuove esigenze degli ordinamenti giudiziari, il Ministero della Giustizia. L'opera di quei funzionari merita di essere sostenuta poiché l'influenza che può derivarne all'Italia è grande non certamente al punto di vista degli interessi materiali, ma al punto di vista di quella posizione che incontestabilmente acquista e conserva verso un paese quello che gli ha portato i benefici di una civiltà ordinata e durevole. Dopo la parte che il Governo di Sua Maestà ha preso nelle trattative diplomatiche che hanno pe·rmesso all'Egitto di riformare i suoi ordinamenti giuridici, io credo che ci resti a compiere l'opera adoperandoci, entro i limiti che l'opportunità prescrive, ad assicurare il buon esito della riforma la quale potrà essere considerata anche in avvenire come un'opera di civiltà dovuta principalmente all'Italia se i funzionari italiani che il Khedive ha chiamato nel IV(inistero di Giustizia troveranno presso Sua Altezza tutto l'appoggio necessario per vincere le difficoltà che s'incontrano sempre nell'impianto dei nuovi ordinamenti amministrativi.

Ella potrà, Signor Commendatore, far conoscere Questo dispaccio al Signor Senatore Scialoja e concertarsi con lui sui passi che nel senso del medesimo sarebbe opportuno di fare.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 22, pp. 127-128.

638

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENQSTA

R. CONFIDENZIALE 2477/593. Londra, 27 febbraio 1876 (per. il 3 marzo).

Nei rapporti che, in occasione delle recenti discussioni parlamentari sul Canale di Suez e 'l'Egitto, ho avuto l'onore di rivolgere a V. E., mi sono provato a segnare i diversi criterj coi quali è giudicata la politica di questo Governo; ed addì 22 di Questo mese Le ho riferita la conversazione d'un deputato del Partito Conservatore, la quale riproduceva ciò che si pensi e si voglia dalj.a gran maggioranza. Lo ~tesso Signor Gladstone, parlandomi ier sera, lamentava • l'esaltazione unanime • dei suoi concittadini e la sbagliata direzione del~a opinione pubblica. Egli mi palesava poi la sua inqui,etudine per rispetto alle future complicazioni a cui la Gran Brettagna potrà essere condotta dalle condizioni delle Finanze Egiziane, e mi asseriva quanto sarebbe lieto se fosse possibile al Governo di lasciar cadere a terra quel pericoloso impegno del Khedive di pagare un annuo interesse per le azioni mentre son prive dei c coupons •. I motivi di questa preoccupazione si spiegano appunto col linguaggio opposto ch'io Le ripeteva nel mio rapporto succitato. E la domanda pertanto, mi si asseriva, del Governo Egiziano, ai principj di Novembre, per ottenere due Signori che s'occupassero delle sue Finanze, non fu la causa ma il pretesto della missione CaV:e decisa dopo la compra delle azioni; e nel fatto, ch'essendo compiuta la parte d'investigatore e Consigliere, non sia questo Signore

ma il Signor Rivers Wilson quegli che direttamente metterà le mani all'Amministrazione finanziaria dell'Egitto, non avvi in sostanza se non se un cambiamento di nomi e che la carica in Inghilterra dell'uno muta coi Ministeri e quella dell'altro è permanente. Convien nondimeno che osservi essere le funzioni di • Pay-master Generai • più cospicue ed elevate di quelle di c Controller Generai • del Debito Nazionale (che dovranno essere lasciate dal Signor W~lson nel prendere servizio in Egitto) siccome n'è prova che le prime sono dette politiche, mutando il ti-tolare col partito al potere.

Il Segretario di Stato per le Indie mi discorse avant'ieri del pensiero del riscatto europeo ed instituzione d'un Sindacato Internazionale pel Canale di Suez. Il Marchese di Salisbury si palesò favorevole in principio, e mi disse che, col tempo, potrebbe pur finire col trionfare, ma che, al di d'oggi, l'opinione pubblica inglese -malgrado notabili ecce,zioni -non vi consentirebbe e c chi volesse proporre quel progetto cadrebbe •. Soggiunse essere un altro impedimento che non erano" tutte le Potenze concordi a volerlo; e mentre l'Austria e l'Italia sarebbero favorevoli, la Russia, sotto l'apparenza d'indifferente, e la Francia oramai repubblicana, epperò con una recrudescenza di c chauvinisme •, sarebbero avverse. Codesti ostacolii senza accennare agli altri minori, che _forse potrebbero essere più facilmente superati, sono i due principali per cui sembra al Marchese di Salisbury l'idea prematura.

Aggiungerò che l'Ambasciatore di Germania le si dimostra contrario; e a me stesso disse, discorrendo sulle recenti discussioni parlamentari, oramai non sembrargli cosa pratica il fermarsi a un siffatto pensiero. Il Conte di Munster ne tenne parola col Conte di Derby, e, alludendo al modo come l'instituzione d'un Sindacato Internazionale sia qui da varie persone intesa, dimandò al Principale Segretario di Stato se l'Inghilterra, che per tre quarti dovrebbe sostenere le spese ed ha per tre quarti 'l'uso del Canale, sarebbe soddisfatta della perfetta uguaglianza in quel Sindacato né pretenderebbe una parte maggiore nella direzione e amministrazione del Canale riscattato. Il Principale Segretario di Stato avrebbe risposto questa essere appunto la difficoltà.

Ma non pertanto è da osservare come un nucleo di persone ragguardevoli (fra le quali citerò lo • Speaker • del:la Camera dei Comuni) dichiarando che la situazione attuale dell'Inghilterra, principale azionista d'un'estera Compagnia, non possa, né debba perdurare, accolgono H concetto d'un Sindacato Internazionale • simile alla Commissione Danubiana • come la soluzione più pratica e più vantaggiosa.

Siccome ho potuto constatare daLle corrispondenze litografate di Novembre e Dicembre, giuntemi soltanto ier l'altro, che l'E. V. desidera essere informata d'o~i indizio di cambiamento o d'ulteriore svolgimento nella situazione, così credo mio dovere di rapportare non solo i fatti che giungono a mia notizia, ma quei discorsi che traggono la loro importanza da chi li pronunzia.

639

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 134. Madrid, 28 febbraio 1876, ore 17,30 (per. ore 9,45 del 29).

Don Carlos e seguaci rifugiati in Francia si presentarono autorità francesi. Guerra civile terminata, Madrid ~imbandierata.

640

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1564. Berlino, 28 febbraio 1876 (per. il 2 marzo).

L'Allemagne et l'Italie ne peuv~ent ou'etre satisfaites du résuitat du demier

scrutin en France. Ce résultat doit inspirer quelque confiance aux amis de la

paix. Les électeurs dans leur grande majorité ne rangent point parmi les ar

dents répubUcains. Ils étaient avant tout préoccupés de conserver des insti

tutions qui aujourd'hui divisent le moins le pays, et qui étaient battues en

breche précisément par les partis dont l'avènement au pouvoir aurait eu pour

conséquence une révolution à l'intérieur et une guerre de revanche à l'étran

ger. Les suffrages se sont donc portés de préférence sur des candidats républi

cains qui ont su gagner l'opinion publique par la modération relative de leur

programme. Le Gouvernement républicain, par les conditions inhérentes à sa

propre nature, est d'ailleurs moins enclin que les partisans des Bourbons, des

Orléanistes, des Bonapartistes, à s'engager dans des luttes avec ses voisins. Il

devra ménager toutes ses ressources pour se consolider à l'intérieur. De son

còté, le Maréchal Mac-Mahon ne saurait méditer nn coup d'état pour conserver

une place que personne ne songe sérieusement pour 'le moment à lui contester.

Il saura donc s'adapter au changement de scène. Il devra -comme il est

déjà au reste ~en voie de le faire -s'appuyer sur les anciens éléments renfor

cés de la gauche et du centre gauche.

En émettant ce jugement sur les récentes élections, jugement conforme aux

dépeches reçues de Paris, M. de Biilow exprimait toutefois quelques réserves

sur le dévceloppement régulier des choses ~en France. La majorité au Sénat et

surtout à la Chambre des députés sera-t-elle assez consistante, assez sage pour résister à toutes les impaHences et pour prévenir toutes les violences? Saura-telle suffisamment sauvegarder les grands intérets sociaux et garantir au peuple cette sécurité des esprits, cet ordre moral qui n'est pas moins néoessaire que la liberté elle-meme pour le développement de la prospérité publique? Il faudra avant de se prononcer, voir le Parlement à l'oeuvre. S'il commettait la faute de céder aux entrainements des ultra-radicaux, la France ne manquerait pas alors de faire appel au Césarisme représenté par les Bonaparte qui malgré la catastrophe de 1870 ont su conserver des amis et se ménager des influences dans le nouveau Parlement.

Le Secrétaire d'Etat relevait aussi l'importance de l'insuccès des cléricaux devan,t le verdict du suffrage uniV"ersel. Il n'y a nul doute que l'ingérence du Clergé qui s'exerçait encore sous le Ministère Buffet, excitait ici beaucoup de soupçons et que 'la disparition ou l'affaiblissement de cette influence rendra le terrain plus favorable à de meiUeurs rapports 'entre les deux Gouvernements.

Si au point de vue des chances pour le maintien de la paix, on doit se féliciter de la déconvenue des partis dont l'asoendant aurait tot ou tard amené des complications internationales, nn certain affermissement de la république est un fait qui donne matière à réfléchir. Jusqu'ici cette forme de Gouvernement n'avait eu qu'une existence passagève en France en ne laissant que de tristes souvenirs. Si elle parvenait à durer quelques années encore sans commettre les anciennes erreurs, ce serait une impulsion de plus à la marée montante de la démocratie sur notre continent. Ce serait un encouragement pour ceux qui font la propagande des memes idées dans les Etats régis par des Souverains constitutionnels; et cela sans tenir compte des conditions spéciales de chaque Pays, parfois meme dans l'uniq_ue but de satisfaire des ambitions personnelles ou les intérets de la démagogie universelle. Raison de plus de veiller attentiv,ement sur de semblables menées, et de les réprimer avec énergie là où se produirait une transgression des lois -surtout des lois fondamentales -obligatoires dans toute l'étendue du territoire et pour tous oeux qui s'y trouvent.

Au moment où la République fait un essai plus sérieux en France, il se passe un événement très-impovtant en Espagne: la fin de la guerre civile. Là aussi la cause des prétendants tous solidaires entre eux, a subì une série d'échecs dont ils auront de la peine à se relever. Cet événement, important aussi sous le rapport international, a produit ici la meilleure impvession. Il reste à savoir si l'Espagne parviendra à rentrer dans une vie normale après plusieurs années de ~troubles persistants.

641

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 40. Ragusa, 28 febbraio 1876 (per. il 6 marzo).

Si era sparsa voce che l'Austria avvebbe deciso di sospendere alla metà del prossimo marzo il soccorso che fa giornalmente distribuire ai rifugiati. Da in

26 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

formazioni che ho attinto presso le istesse Autorità Austriache, nulla vi ha di vero in questa diceria. Anzi, mi fu soggiunto, che qualora tal partito gli fosse anche proposto dal suo Governo l'Imperatore non vi acconsentirebbe. Imperocchè sarebbe un votare alla fame ed agli orrori della massima miseria cinquanta mille persone, e meglio sarebbe, secondo l'espressione di un Generale Austriaco, buttarle addirittura in mare.

Ed invero se si costringesse l'emigrazione a ritornare in paese come farebbe a sussistere? Senza case senza bestiame senza utensili agricoli come ricoverarsi e come lavorare? Che si ha a sperare dal Governo ottomano? Se anche la Sublime Porta disponesse davvero di grossi soccorsi pecuniarii, la rapacità della sua amministrazione li sciuperebbe in gran parte. Ho riferito cnel precedente mio rapporto lo stato dello scarso numero della sacca di grani che si trasportano ora in Erzegovina per provvedere alle sementi. Quei grani non sono più atti a germogliare. Del resto nell'imbarazzo finanziario in cui si trova la Sublime Porta come farà a fornirsi delle somme necessarie ai biso~ della immigrazione, essa che non paga da mesi le sue truppe, gli appaltatori delle proviande militari? Come si deciderà a soccorrere i raja infedeli e ribelli essa che non ajuta i mussulmani ridotti per il guasto e gli incendii dell'insurrezione a spaventevole rovina? Inoltre non è a pensarsi che i soccorsi ai rifugiati che rientrano si limiteranno a pochi mesi. Bisogna provvedere per lo meno fino al raccolto del 1877; vale a dire per circa diciotto mesi. Perocché oramai per questo anno è tardi per ottenere raccolto. Supponendo l'impossibile, che cioè il ritorno si faccia nel modo il più regolare, che si provveda stupendamente ad ogni cosa, i rifugiati non saranno in stato di lavorare che a mezzo maggio al più presto. Ora per la Bosnia e l'Erzegovina le seminazioni fatte a quell',epoca non giungono più a maturazione. Che avverrà allora? I rifugiati si troveranno in un paese devastato incolto; abbandonati dall'Amministrazione turca per impotenza e mal volere, perseguitati dalla fame quale altro partito loro rimarrà se non quello di emigrare nuovamente in massa? Un tale avvenimento darà di bel nuovo allarme nei paesi slavi; l'agitazione le ire i rancori si rinfuocheranno; e chi può prevederne le conseguenze?

Io non credo peccare di pessimismo; ma ne avessi dubbio, il modo e la condotta che tiene l'Amministrazione turca per invogliare i rifugiati a rientrare me lo torrebbe. Tutto il lavoro della medesima si limita a proclami a lettere d'invito a vaghe promesse ai cristiani, ad agire sul Governo Austriaco per mezzo dell'ambasciata ottomana in Vienna di oessare dall'alimentare i rifugiati, e ad inviare messi officiosi presso i comitati privati di beneficenza onde distorglierli dal distribuire coperte e vestiti, e di non curarli se ammalati. Ma se si ascoltassero le esortazioni turche che ne diverrebbe di tanti infelici abbandonati? Ove sono in Erzegovina e Bosnia i depositi di cereali di utensili, le casse di denaro per provvedere alla ricostruzione delle case, alla ricompra del bestiame indispensabile per i primi bisogni della coltura? Per far rientrare una sì considerevole massa di persone vuolsi un'organizzazione di una speciale amministrazione; voglionsi preventive misure per l'allogamento loro, commissioni e sotto commissioni probe ed oneste per la registrazione degli immigranti, per la distribuzione delle sussistenze, per la sorveglianza e protezione; e vuolsi sopratutto che avanti d'ogni cosa si abbiano in pronto tutti i mezzi materiali. Ora, non solo di tutto ciò nulla si prepara, ma non si ha neppure l'idea di pensarlo: e bisogna essere turchi, mi si perdoni l'espressione, bisogna essere turchi per credere che sieno sufficienti le vaghe promesse per invogliare i rifugiati a rientrare, promesse di cui i raja conoscono per esperienza il niun valore, e per credere che basta l'avere lanciato un proclama onde esimersi da ogni altro debito della più semplice e primitiva amministrazione.

A mio paPere, il ritorno dei rifugiati cosUtuisce ancora un grave problema, assai più grave che la repressione dell'insurrezione, la quale ormai è piuttosto un affare di partiti estranei ai veri interessi dell'Erzegovina.

642

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

T. 91. Roma, 29 febbraio 1876, ore 17.

Vous pouvez vous unir à vos collègues pour présenter au Ministre d'état les félicitations du Gouvernement du Roi pour la fin de la guerre carliste.

643

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 109. Costantinopoli, 1 marzo 1876 (per. il 7).

* Ieri la Maestà del Sultano degnavasi firmare 1l'Iradè pel quale si concedono l'amnistia agli insorti della Bosnia e dell'Erzegovina che saranno per deporre le armi, e certe facilitazioni ai rifugiati che saranno per far ritorno alle loro case entro un mese.

Nella sera stessa la Sublime Porta indirizzava a questo Ambasciatore Austro-Ungal'1ico una nota per la quale 'l'informava il Governo, prendendo in considerazione le osservazioni fatte circa la situazione dei rifugiati che trovansi nel territorio Austro-Ungarico, ha decretato di accordare a quelli che saranno per restituirsi in patria entro un mese, l) piena sicurezza ,e garanzia per le loro persone e pei loro beni; 2) un sussidio per la costruzione delle case distrutte e per le seminagioni; 3) esenzione dalle decime per l'anno corrente, e dei tributi per due anni.

In giornata sarà eziandio promulgato un proclama pel quale si esorteranno gli insorti a deporre le armi, assicurando il perdono dei loro traviamenti * (1). Non mi sarà però possibile di avere il testo del proclama prima della partenza della posta d'oggi, tenendo quanto ho l'onore di riferire pel presente all'E. V.

dall'estrema cortesia del mio collega d'Austria-Ungheria, il quale si compiacque darmene pronta contezza.

L'impressione generale qui continua ad essere che l'energia spiegata in questi ultimi tempi dal Governo Austro-Ungarico per impedire che QuelLe frontiere continuino ad essere la base delle operazioni degli ~nsorti, e 1e categoriche dichiarazioni del Gov·erno Russo indurranno gli insorti ad abbandonare la lotta. Aggiungesi H viaggio del Governatore della Dalmazia a Cettigne, allo scopo, per quanto m vuole, d'intendersi col Principe Nicola pel ristabilimento della pace. E le sovrane concessioni che oggi si faranno note non mancheranno di confermare le pacifiche impressioni già esistenti.

Questo è oggi lo stato dell'opinione generale in questa residenza. Però, mentre gli animi si aprono a fondate speranze suWavvenire, già sorge un nuovo punto nero nella Serbia; e di questo s'intenderà meglio appresso.

Qui unita una lettera particolare per V. E. (1).

(l) Il brano fra asterischi è edito in LV 22, pp. 123-124.

644

IL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Carte Robilant)

L. P. Vienna, l marzo 1876.

Ecco dunQue regolato l'affare dell'Ambasciata e spero con Vostra soddisfazione. Presi su di me di accettar senza riserva la forma del comunicato quale fu r·edatto qui poichè parvemi pienamente conforme ai Vostri desideri, ed essenzialmente perché se si fosse dovuto aspettar la Vostra approvazione altri otto giorni andavano perduti (2). Non starò a contarvi le difficoltà materiali che dovetti sormontare onde arrivar·e cel·erement.e alla desiderata conclusione, ciò sarebbe perfettamente inutile oggi che l'affare è finito ed a mio avviso bene, tanto più dopo le parole dettemi ieri sera con molto calore dall'Imperatore, e ch'io vi telegrafai stamane. A questo proposito, vi prego di avvertire Sua Maestà, che l'Imperatore gli telegraferà direttamente (almeno ho o~ ragione di crederlo) le sue felicitazdoni nel suo giorno natalizio il 14 Marzo. Naturalmente converrà Sua Maestà :lo ringrazi del pari direttamente per telegrafo. Sarà poi mia cura avvisar in tempo affinché a sua volta nel mese di Agosto il Re mandi le sue felicitazioni all'Imperatore il giorno della sua festa.

L'innalzamento ad Ambasciata del posto di Roma, ed il ritiro del Conte Appony danno occasione a molti intrighi per ottenere posti d'Ambasciatore. Il Wimpfen fa quanto gH è possibile per ottener il posto di Parigi, ma credo non vi riuscirà, e molto probabilmente sarà lui il primo Ambasciatore di S. M. Apostolica presso il Quirinale. Si parla anche del Barone Hofmann per questo posto. Lui lo ambirebbe grandemente ma non mi par probabile raggiunga per ora il suo intento. Per conto mio credo farebbe benissimo a Roma. Anche il

Beust non pare più molto fermo sulle sue gambe a Londra dove il Principe Metternich fa ogni possibile per surrogarlo, ed ove questi riescisse non vi sarebbe ni,ente d'impossibile l'antico Cancelliere venisse mandato ana nostra Corte, questa combinazione però non mi piacerebbe gran che, il Beust essendo uomo che ha assolutamente bisogno di far parlar di sè, ,e quindi in fondo poco comodo.

Il Sella vi dirà l'accoglienza eccezionalmente onorevole che gli fu fatta qui, e che non è senza 1importanza anche come accentuazione del pregio in cui si tengono qui le relazioni coll'Italia .

Dovrei ora rispondere a quella parte della Vostra lettera particolare del 30 Gennajo (l) che si riferisce agli affari d'Odente, ma lo stato delle cose è talmente mutato da quell'epoca che ciò che potrei dirvi non presenterebbe più grand'interesse.

Il Conte Andrassy ha l'assoluta fiducia che l'incendio non tarderà ad essere pienamente spento, ed io sebbene l'ottimismo non sia il mio vizio capitale credo del pari che per ora la questione è finita. Assolutamente nè l'Austria nè l'Ungheria vogliono che il Conte Andrassy si lasci trascinare a farsi cavare quel tal dente di cui ebbe a parlarmi l'anno scorso. Su tutta la linea dunque venne seriamente impegnata l'azione pacificatrice, e questo non mancherà di portar i suoi frutti.

I Generali Mollinary e Rodich ricevettero finalmente ordini ben precisi, e l'azione che in conseguenza di essi dovranno strettamente esercitare sarà più proficua alla pacificazione delle provincie insorte che nol sarebbe quella di due Corpi d'Esercito Turchi. D'altra parte la Russia e l'Austria, ho !luogo di ritenere di pieno accordo questa volta parlarono chiaro a Cettigne ed a Belgrado, e quindi anche da quei due Principati ogni appoggio materiale ai rivoltosi verrà meno. Lascia,ti così soli a fronte dei turchi i non molti insorti Erzegovinesi faranno di necessità virtù e la lotta cesserà. Nell'ipotesi non fosse per verificarsi la pacificazione voi mi mostravate ritener,e il Gabinetto di Vienna (l'attuale ben s'intende) avrebbe amato meglio le annessioni che le autonomie. Se veramente questa preferenza, se così può chiamarsi ciò che neppur si vuole, vi sarebbe stata, come scelta del minore fra i due mali, però ove si tratti di scrutare le tendenze che vi potrebbero avere per l'avvenire dirò che avendovi agio a preparar le cose ed a far cader il frutto soltanto allorché maturo si p:rleferirebbero le autonomie ben inteso come garbano a Vienna ed a Pest, e non altrimenti. La Convenzione colla Rumania ,era un primo passo in tal senso. Ma inutile parmi avventurarsi per ora a far della politica conghietturale, l'avvenire a riguardo dell'Oriente dovendo si può dire esclusivamente dipendere dalla conservazione o non, e dall'ulteriore sviluppo o meno dell'alleanza dei tre Imperatori, ed in questa questione la morte d'un uomo a Berlino od a Pietroburga, ,e la caduta di un Ministero a Vienna sono fattori che possono cambiar d'un tratto la situazione Per intanto a me sembra che la politica che facciamo attualmente studiandoci di coltivar intime relazioni coi tre Imperi, sii la sola conveniente poiché non solo non ci compromette per l'avvenire, ma anzi ci pre

para proficuamente il terreno; ad ogni modo poi è fattore essenziale di pace per l'Europa, togliendo la possibilità della divisione dell'Europa in due campi. A questo proposito ho veduto con piacere dai giornali che il viaggio del Principe e Principessa di Piemonte a Pletroburgo sarebbe cosa decisa. Forse sarebbe opportuno che nell'andata o nel ritorno passassero da Vienna, ma pel momento non sembrami ancora il caso di farne parola, anzi l'assoluto nostro silenzio al riguardo sarebbe preferibile, poiché così molto probabilmente il desiderio ne verrebbe espresso da qui, locchè sarebbe sempre meglio.

(l) -Annotazione marginale: • Ritirata •. (2) -Il testo del comunicato era stato inviato da Robilant con t. del 29 febbraio.

(l) Cfr. n. 575.

645

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2481/594. Londra, 2 marzo 1876 (per. il 6).

Non ho creduto dover scrivere prima d'ora a V.E. sulla nomina dei tre Commissarj, francese, italiano ed inglese, per la Banca Nazionale in Egitto. Le informazioni da me ricevute nei giorni scorsi non originando da persone di auesto Governo (con le quali mi astengo parlarne) erano di lor natura troppo indefinite; ·e sia dall'Egitto, sia da Parigi l'E.V. avrà ricevute notizie più chiare e certe, che da Londra non Le avrebbero potuto essere comunicate, sulle varie fasi della quistione finanziaria egiziana che riuscirono al progetto in parola, sulle basi di Questo progetto di Banca Nazionale e sulle cause che hanno condotto al pensiero d'una sorveglianza internazionale simile a quella per Tunisi. E così, per atto d'·esempio, Ella avrà saputo s'egli è vero (siccome mi fu detto e mi è adesso riconfermato in modo autorevole) che il Signor Cave propose al Kedive la consolidazione del suo debito fluttuante, e andò forse al di là delle intenzioni di Lord Derby nel voler vincere le esitazioni del Vice-Re e i suoi timori d'una siffatta proposizione; i quali furono, per altro, così forti -mi spiegava l'Ambasciadore di Francia -• da volgere H Kedive dalla parte dei rappresentanti degl'interessi finanziarj francesi •. E ne sono nate le trattative col Signor Pastré e il progetto che occupa attualmente l'attenzione dei Governi di Francia e d'Inghilterra.

* Il Marchese di Harcourt si è recato da Lord Derby per conoscere il suo pensiero circa la nomina del Commissario Inglese, e discutere le objezioni che potesse il Principale Segretario di Stato muove11e contro il concorso dell'Inghilterra a questa disposizione. Lord Derby, di fatto, non si palesò favorevole; disse all'Ambasciadore di Francia non essere persuaso circa la posizione che avrebbero i Commissarj se il Kedive non fosse sincero, né circa le conseguenze che ne potrebbero nascere, e si manifestò preoccupato che non si abbiano a sollevare i sospetti e le suscettibilità di altre Potenze * (1). L'Ambasciadore rispose che, come i tre Imperi credettero dl dover agire da so.Ji nella quistione Erzegovese e non ne furono le altre tre Potenze * indisposte, così possono adesso agire da sole queste Potenze, i cui interessi concentrati nel bacino mediterraneo superano quelli delle altre. Il Conte di Derby terminò

la conversazione coll'asserire che il Gabinetto della Regina desiderava aspettare il ritorno del Signor Cave, né prenderebbe una decisione se non dopo d'averlo ascoltato *.

L'opinione che ha più credito è pertanto quella che afferma agirà l'Inghilterra .in questa occasione come nelle passate; • si mostrerà avversa, esitante, diffidente come al solito di tutto ,e tutti, e finirà per cedere andando a rimorchio •. E nel ripeterLe questa opinione, così come mi è stata espressa, debbo aggiungere che la freddezza con la quale Lord Derby accolse l'entratura della Francia è attribuita alla contrarietà d'alcuni membri del Gabinetto di vedere che altri s'ingerisca nelle faccende egiziane e mentre è il Signor Rivers Wilson per diventare il • Direttore delle Entrate 'e Spese • dell'Egitto. Ma codesta asserzione non mi è stata avvalorata da nissun fatto o nissun discorso che le tolga il carattere d'una semplice supposizione.

Giova pure attribuire la presente attitudine di QUesto Governo all'indole oltremodo cauta dl Lord Derby. Ed a questo proposito osserverò come sia generalmente riconosciuta adesso l'esistenza di due correnti opposte nel Gabinetto: l'elemento Disraeli e Salisbury, cui non ripugna la responsabilità purché di non tornare a nissun costo all'antica politica est,era d'astensione, e l'elemento Derby, sostenuto da Northcote, avverso o almeno poco disposto agli atti d'iniziativa nella politica estera. In ogni quistione codesta divergenza e codesti • tiraillements • sono scoperti; e fra i seguaci più caldi del primo elemento non di rado s'ode affermare che il Principale Segvetario di Stato abbia tendenze che lo accostano troppo a quelle della part,e liberale; e div,erse persone si spingono fino a profetizzare che verrà il giorno della scissura.

Nell'attuale condizione delle cose, quando gli affari di politica estera primeggiano assolutame·nte in Questo paese e mentre il sentimento pubblico direbbesi stanco d'inazione, non era forse inutile che profittassi di questa occasione per accennare a V.E. come da personaggi che sono in grado d'averne conoscenza venga asserito che gli animi del Gabinetto non sieno interamente concordi sul punto precisamente fondamentale dell'indirizzo politico da seguitarsi.

P.S. Un certo Signor Laski, che avvebbe attinenze col • Crédit foncier • consiglia e informa il Marchese d'Harcourt sulla parte finanziaria dell'attuale combinazione per l'Egitto. È l'Ambasciadore medesimo che me l'ha detto. La sua venuta pertanto -secondo mi si af:f!erma -sarebbe autorizzata dal Governo francese; ed egli sarebbe l'agente del signor Pastré.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV 26, p. 12.

646

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, CODRONCHI-ARGELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1143. Roma, 3 marzo 1876 (per. il 4).

Il Signor Prefetto di Venezia, al quale come a tutti i Prefetti del Regno aveva raccomandato d'impedire la partenza di volontari per la Erzegovina

siccome io annunciava all'E.V. con mio foglio del 18 Febbrajo scorso N. 838 (1), mi riferisce che viene mantenuta una assidua sorveglianza per impedire possibilmente quelle partenze, e che un Delegato di pubblica sicurezza fu a tal uopo destinato a recarsi giornalmente al Lloyd Austriaco per verificare di volta in volta se e quale movimento sussista in quel senso.

Osserva però il Signor Prefetto che l'I.R. Console Austriaco permette soltanto di far retrocedere dai vapori del Lloyd quei minorenni dei quali fosse domandato il rinvio in patria; così ché l'azione dell'autorità di pubblica sicurezza non può estendersi ad altve persone ancorché abbiasi fondamento di sospettave che siano dirette alla Erzegovina.

Ciò mi pregio partecipare alla E.V. anche in relazione alla mia lettera del 14 febbraio scorso N. 751 (2), alla quale gradirò un cenno di riscontro.

647

IL CONSOLE A RUSTCIUK, DE GUBERNATIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 6. Rustciuk 3 marzo 1876 (per. il 13).

Sebbene appena orizzontato, non frappongo tempo a comunicarle le notizie che ho potuto raccogliere sui Comitati Bulgari nella Romania; sono notizie incomplete, ma, spesso, non inutili.

Le sedi principali di questi centri d'insurrezione sono Bucarest, Galaty, Ibraila; sedi secondarie Ploeschti, al nord di Bucarest, Giurgevo, Alexandria, Jumissa e Calafat sul o pvesso il Danubio. La loro impovtanza è oggi assai maggiore che nel passato, attese le numerose emigrazioni di gioventù bulgara, non mai cessate dal 1867 in poi. Tengono vegolari riunioni ed amministrano le rendite, loro abbandonate dalla Russia e dai Panslavisti in generale. Però l'amministrazione di rtali rendite è ben lungi dal corrispondere alla scopo, cui furono dirette. Come sempre accade in tali circostanze, buona parte dei denari è distratta a particolare vantaggio degli amministratori, e sebbene la fonte di tali rendite possa dirsi inesauribile, pei sempre nuovi soccorsi che arrivano ai comitati, con tuttociò, pur limitandosi quest'ultimi a pochissime spese di propaganda a sbalzi, il bilancio loro è tutt'altro che florido e sarebbe impo,tente ad assumere l'alimento di una rivoluzione generale in Bulgaria.

L'opera dei comitati in questa provincia si riduoe a qualche piccolo invio d'armi a grande distanza di tempo l'uno dall'altro a qualche invio di libri e giornali che si tenta di spargere in secreto fra la popolazione per ecdtarla a scuotere il giogo, all'invio infine di Qualche emissario che fa una perlustrazione nella provincia, e fugge appena l'Autorità ha un qualche sentore della sua presenza. Intanto la popolazione è fredda, calma, nullamente disposta a scuotere decisamente il giogo; q_ua e là si rileva bensì un certo movimento, un desiderio di migliorave la propria sorte, un qualche orgasmo al nome di Comitato Bulgaro

e di rivolta; ma la massa non si agita, non si commuove, e fra la massa si trova troppo facilmente il padre che spioneggia e tradisce il figlio, il fratello che vende il fratello. Non vi è adunque motivo di credere all'importanza dei Comitati Bulgari e dell'opera loro in Bulgaria.

Tuttavia io temo che a Bucaresrt, o si esageri nel togliere ogni valore a quei Comitati, o se ne diminuisca pensatamente l'importanza per trarre in inganno l'Europa sulla parte che la stessa Romania vi pl"ende. Quando nel 1868 numerose bande passarono il Danubio, si scusò la Romania, dicendo che non ha truppe sufficienti per guardare così vasta estensione di confini, e che la Turchia direttamente intel"essata pensi essa al modo d'impedire che le bande approdino nelle sue province. Quella ragione sembrava plausibile, ma si poteva applicare alla Romania, ciò che durante l'insurrezione di Candia fu applicato alla Grecia, richiamandola severamente a spiriti di non menzognera :neutralità. Le bande che traversavano il Danubio erano state organizzate sotto gli occhi del Governo Rumeno; :i comitati non si nascondevano, né avevano bisogno di nascondersi; era dunque facile il sorvegliarli, il sapel"e quel che meditavano ed ordivano, e indubbiamente il Governo Rumeno lo seppe. Ma in tutti quegli Stati la Serbia, la Rumania, la Grecia si vuol scimmieggiare il Piemonte, che seppe, a suo tempo, sotto la guida del genio, dar la mano alla rivoluzione e condurre l'Italia di tappa in tappa al Campidoglio. Il nostro esempio non è alcunamente applicabile alla Romania, che traV~ersato il Danubio si trova in urto con un'altra nazionalità. Forse il sogno dei Rumeni è di acquistarsi la gratitudine di una Bulgaria indipendente per completare poi il loro programma nazionale che li spinge in Transilvania?

Comunque siasi, mentre i Comitati Bulgari esistono e lavorano, il negarne l'esistenza e la entità lascia :luogo a sospetto; ché se l'opera di quei Comitati non turba ancora il sonno dei Turchi, dovrebbe però avvertire il Governo Rumeno sulla responsabilità che esso da parecchi anni assume sui futuri avvenimenti.

L'ultima azione di quei Comitati in Bulgaria ebbe luogo sulla fine del 1875; il mio predecessore aveva già accennato sullo scorcio d'ottobre ad agitazioni in Sciumla che potevano provo.care gravi rappresaglie per parte dei Musulmani; però man mano la ragione di quelle agitazioni si fece chiara e si seppe lo scopo dei Comitati. Dinanzi ai fatti d'Erzegovina, e profittando della scarsezza delle .truppe nella Bulgaria orientale, si tentò d'impadronirsi della ferrovia da Rustciuk a Sciumla, e dei lavori già incominciati fra Sciumla e Iamboli che sta al di là del Balkan; per giungere all'intento si fecero impiegare in quelle ferrovie alcu:n:e persone appartenenti ai Comitati, fra cui due preti Bulgari ed un cotale Ilarion; quest'ultimo ricev:eva denari, libri, giornali dalla Romania che andava spargendo fra la popolazione. Però mentre si avvicinava il momento d'esecuzione del divisato progetto che doveva mettere i Balkan in più rapida e facile comunicazione col Danubio, i cospiratori vennero traditi da un loro compatriota e l'Iarion dovette alla fuga la sua salvezza. Molti furono allora gli arrestati; si fanno salire a 300 di cui parecchi, e fra questi i due Preti sovracitati, ottennero la grazia; 36 furono giudicati colpevoli, e condannati a diversi anni di carcere, o d'internamento, secondo la parte da essi presa nel complotto.

Dopo quell'infelice tentativo non tornarono altri emissarii dei Comitati in Bulgaria. Del resto il tentativo era male inteso, e mal diretto. Ammesso puve che si fossero impadroniti della ferrovia, come, con quali mezzi se ne sarebbero mantenuti in possesso? Finché la massa del paese rimane insensibile ai loro sforzi è vano il tentare una rivoluzione in questa provincia; il passato dovrebbe essere scuola del presente. Le bande del 1868 trovarono forse i Bulgari colle armi alla mano ad aspettarle a soccorrer1e? Mentre adunque da un Iato è importantissimo di consigliare alla Turchia di toglier di mezzo ogni pretesto a lagnanze dei Bulgari contro l'amministrazione, dall'altro è opera utile e generosa ad un tempo di consigliare maggior prudenza ai Comitati Bulgari residenti in Romania, affinché con l'opera loro non aggravino le condizioni dei loro connazionali e non si allontanino le simpatie dell'Europa, simpatie che conserveranno ove abbiano di mira il lento e progressivo sviluppo della loro nazionalità, senza scosse, senza disordini.

Questa pacifica e vantaggiosa influenza appartiene aHa Romania; il suo Governo deve impedire che i Comitati diventino un pericolo per essa, allontanando le potenze garanti, e disgustando la Turchia; essa li sorvegli, li guidi, li rivolga ad una meta nobile e degna di un popolo che sente il valore della libertà. Come ora sono costituUi, producono un danno alla Bulgaria ed alla Romania, senza beneficio alcuno; o se vi è beneficio, lo è di quei pochi che amano di pescare nel torbido, Panslavisti sacri al disordine, gent~e egoista e malefica, cui poco importa in fondo che la grande idea del loro partito, cammini allo svolgimento.

P.S. Vengo informato che in Eski-Saara, provincia di Adrianopoli abita un cotale Drinow, uscito dalle scuole di Russia; egli viaggia in quelle parti, sotto colore di procurarsi un posto di maestro, ma realmente nello scopo di spandere le idee panslaviste. Lasciata la Russia nell'agosto nell'anno scorso, venne a Rustciuk accompagnato da diverse casse all'indirizzo del Consolato generale di Russia, le quali naturalmente vennero ritirate dalla dogana senza che se ne conoscesse il contenuto. Il Drinow con le sue casse partì tosto pei Balkan e di là per Eski-Saara dove in questo momento si trova. Inutile aggiungere che secondo l'opinione dei Bulgari quelle casse contenevano armi.

(l) -Cfr. n. 622. (2) -Non pubblicata.
648

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L.P. Costantinopoli, 3 marzo 1876.

Io non ti scrissi mai nulla sull'opportunità d'erigere questa legazione ad Ambasciata poiché credetti che per ora il Governo avesse l'intenzione di fermarsi a quella di Berlino. Ma siccome veggo ora da' giornali che si tratta di

farne altre, crederei di mancare a' miei doveri se non ti dicessi il mio avviso sopra di Questa.

Ti dirò dunque francamente che, finché il Regno d'Italia s'accontentò d'avere de' semplici Ministri, la Legazione di Costantinopoli andava coll'altre. Ma dal momento che esso si decide ad assumere in altri paesi una posizione pari a quella delle altre grandi Potenze con farsi rappresentare da Ambasciatori è per me evidente che non si può a meno di farne altrettanto per CostanHnopoli, che anzi questo bisogno si fa sentire qui più che in qualunque altra parte. Quale è infatti la residenza nella quale la differenza fra la posizione delle Grandi Potenze e quelle delle secondarie sia tanto spiccata come in questa? In virtù de' trattati le sei Potenze garanti esercitano una al,ta giurisdizione sulla politica dell'Impero. Ogniqualvolta sorgono delle complicazioni sono queste che ne regolano le sorti. Quando la gran quistione d'Oriente fa capolino sono esse che la trattano. Ed i rispettivi Rappresentanti a Costantinopoli costituiscono infatti una specie d'alto consiglio di sorveglianza. Ed in questi ultimi tempi s'ebbe un luminoso esempio dell'influenza esercitata dalle singole Potenze, che, mentre qualcuno ebbe la velleità di limitare l'azione ai tre Imperi, s'ebbe poi a vedere nella pratica che non conveniva passarsi delle altre tre. In tali circostanze è evidente che non può convenir né alla dignità né agli interessi dell'Italia d'essere rappresentata da un agente di rango inferiore a quello degli altri Stati. Arroge che anche il sentimento nazionale di questa importante nostra colonia non è soddisfatto di vedere l'Italia occupare un rango inferiore a quello delle altre grandi nazioni. Io mi trovo in contatto quotidiano coi cinque Ambasciatori e faccio tutto quello che da me dipende per avere con essi le migliori rela:llioni possibili. Ma naturalmente l'inferiorità del rango si fa sentire ad ogni istante. Metti per es. alle cerimonie di Oorte, il Ministro del Belgio, quello di Grecia, quello di Persia mi prendono il passo. Tu comprenderai di leggieri l'inconveniente di dover sempre fare le stesse cose che fanno gli Ambasciatori ed occupare una posizione inferiore, il quale inconveniente si fa ora tanto più sentire essendo io solo della mia specie, mentre or non ha guari v'eran due altri, l'Austriaco ed il Tedesco. Aggiugni che se un giorno avessi a fare qualche comunicazione al Sultano non potrei giungere fino a Sua Maestà.

Non entrerò nella quistione d'opportunità poiché non dubito che sentirai più di me l'impressione che farebbe a Pietroburgo ed a Parigi il fatto d'erigere ad Ambasciata la Legazione di Londra e non quelle. E facendo tutte l'altre e non quella di Costantinopoli s'avrebbe l'aria d'abdicare fino ad un certo punto la nostra posizione in Oriente. Del resto, 'io son persuaso che predico ad un convertito poiché tu che fosti in questa residenza, e con tanto amore ed intelligenza segui le cose d'Oriente comprendi senza dubbio la grande importanza d'assumere in questo gran teatro politico, sia per le cose presenti, sia in vista delle eventualità a venire, la posizione che ci spetta, adottando una misura che sarà come la consacrazione della gloriosa epopea della nostra re

denzione.

649

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 151. Parigi, 4 marzo 1876, ore 14,30 (per. ore 17).

Voici l'extrait de la réponse de M. Decazes au sujet du ,traité de commerce

• Je n'hésite pas à venouveler assurance sur les dispositions du Gouvernement français à répondre au désir du Gouvernement italien en se mettant en mesure de conclure avec lui avant le premier juillet avec l'approbation des Chambres les traités de commerce et de navigation destinés à remplacer les conventions actuellement en vigueur. J'ai chargé expressément M. de Noailles de faire connaitre ces dispositions au Cabine1t de Rome et je conserve espoir que les circonstances permettront de les réaliser. Toutefois le Gouvernement français dépasserait les limites dans lesquelles il croit pouvoir engager dès à présent sa responsabilité s'il déclarait que les conventions en cours de négociation pourront etre conclues pour un long terme tel qu'une période de 10 ans. Cett<e question a été formellement réservée dans les conférences préparatoires. J'ajouterai que les questions de la durée et de l'uniformité de l'échéance sont au nombre de celles sur lesquelles le Gouvernement français ne saurait se prononcer définitivement sans avoir pris l'avis du conseil supérieur du commerce qui se réunira prochainement et sans etre préalablement fixé sur les intentions des puissances avec lesquelles il doit s'entendre pour négocier les nouveaux traités. Je regrette de ne pouvoir en ce qui concerne ce point spécial satisfaire le désir que vous m'avez exprimé au nom de votre Gouvernement qui voudra bien reconnaitre l'obligation où nous sommes de maintenir à cet égard une complète réserve ». Signé Decazes.

650

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

T. 153. Parigi, 4 marzo 1876, ore 16,05 (per. ore 22 ).

Je prends la liberté de vous recommander d'éviter dans le discours de la couronne tout ce qui pourrait blesser susceptibilité de la France, et meme un si1ence que l'on croirait calculé. En évitant cela vous agirez je crois conformément à nos intérets... (l) et commerciai. L'amitié de la France après avoir été l'un des facteurs principaux de notre unité est devenue pour nous une garantie d'indépendance et vous savez mieux que personne que la France est notre premier marché, tandis que vis-à-vis d'elle nous ne tenons que le cinquième poste. Elle est en outre notre principal foyer d'enseignement à l'étranger, si je dois en juger par nombre étudiants et employés qui viennent d'Itailite pour se perfectionner ici en toute espèce de science, art, et industrie.

Je vous soumets ces considérations en laissant bien entendu leur appréciation à votre haut jugement.

(l) Gruppo indecifrato.

651

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE SCIALOJA

(BCB, Carte Minghetti; ed. in M. MINGHETTI, Copialettere 1873-1876, vol. II, pp. 877-878)

L.P. Roma, 4 marzo 1876.

A me pare veramente che voi abbiate risoluto un problema difficilissimo che è quello di aver conseguito una influenza e un credito grandissimo, senza quei due requisiti che mi indicavate in una vostra interessante lettera: forza e capitale. Avete sparso germi, che spero saranno :t!econdi per l'Italia. Ma io non dispero neppure che capitali italiani possano unirsi, e concorrere a codesta Banca. Coloro ai quali ne parlai erano favorevoli in massima, ma parvero timorosi d'ingolfarsi in una impresa rtoppo vasta. Io credo mio debito di farvi conoscere una informazione datami, che è in sostanza il sunto di ciò che viene scritto di Francia ai nostri Banchieri. Nondimeno stimo di poter ancora richiamarli, e insistere presso di loro perché non lascino sfuggire una occasione che può esser utHe ai loro interessi, e propizia al nostro paese.

Ma il punto capitale sarà quello della fiducia nel Governo della nuova Banca. E qui io vi esprimo francamente il mio pensiero, che ho molto fra me medesimo meditato, pur tenendo conto di tutte le difficoltà e anche di quei p11egiudizii che regnano nel nostro paese. Io sono d'avviso che se voi accettaste il posto di direttore e capo della nuova banca, voi fareste opera utile all'Italia. E quindi H Governo italiano dovrebbe esservi riconoscente di questo atto, dico dovrebbe, perché non ho parlato di ciò ad alcuno dei nost11i colleghi ad eccezione del Visconti, ma credo di .interpretare la opinione loro dicendovi che, accettando almeno per un certo tempo, rendereste un vero servigio alla nostra pa,tria. Torno anch'io al tema della vostra lettera. Forze non abbiamo tali da poter competere con altre grandi potenze, per indurre speranza o timore. Se potremo concorrere coi capitaH, sarà in una misura modesta, e certo inferiore alla Francia e all'Inghilterra. Resta dunque l'influenza personale dell'ingegno e dell'animo; e questo dipende tutto dalla persona. Noi faremo ogni sforzo perché il Commissario sia una persona degna e rispettabile, ma il direttore della Banca avrebbe naturalmente ben altra importanza. E siccome la Banca diverrebbe in qualche modo un organo precipuo delle finan2le per la riscossione delle entrate, ne segue che questa importanza si stenderebbe a tutto l'andamento economico dell'Egitto Questa è la mia conclusione, e per conseguenza vi aggiungo la mia preghiera. Io non credo che il clima potesse nuocervi; e non dubito poi che vi sarebbe da,to qualche mese di libertà per tornare ogni anno in patria. Parmi eziandio che potreste prendere l'impegno per un tempo non lungo. Ma quando la buona stella nostra ci porge occasione che, laddove è una colonia numerosa come l'Italiana in Egitto, la chiave della volta finanziaria ed economica sia offerta ad un italiano della onestà e capacità vostra, sarebbe da rammaricarsi fortemente del rifiuto. È naturale che qualora voi

v'induceste ad accogliere la preghiera del Kedivé ci intenderemmo con voi per la scelta del commissario, giacché dovrebbe esservi persona grata. E sopra di ciò stiamo pensando già con Visconti.

Per ora mi premeva di esprimervi il mio concetto che è pur comune allo stesso Visconti, e il nostro comune desiderio (1).

Consegno a vostro figlio un cifrario pel caso che aveste qualcosa da telegrafare senza passi per le mani di alcuno. Potete dirigere al Visconti i telegrammi perché ne dò anche a lui una copia.

Infine vi rinnovo i miei ringraziamenti, e sono lieto che già la vostra presenza abbia prodotto frutti salutari.

652

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, CODRONCHI-ARGELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

N. 1193. Roma, 5 marzo 1876 (per. il 6).

Mi scrive il Signor Prefetto di Venezia che per quanto sembra il Governo Austro Ungarico avrebbe da qualche giorno adottata la massima di respingere dal suo territorio quegli italiani sui quali cadesse sospetto che fossero diretti all'Erzegovina.

Si presentarono difatti nel giorno 2 corrente a quella Questura provenienti dal detto Impero, ed in uno stato veramente miserevole, certi Lomi Oreste, Bertolan Francesco, Sarti Angelo, Fedi Arturo e Barlamé Neri tutti di Livorno, che furono rimandati in patria.

Credo conveniente rendere di ciò informata l'E.V. per opportuna intelligenza.

653

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. CONFIDENZIALE 2486/595. Londra, 5 marzo 1876 (per. il 9).

L'Ambasciadore di Germania mi ha detto ieri che il Signor Rivers Wilson (nominato Compagno dell'Ordine del Bagno; la qual distinzione non è, nelle attuali circostanze, priva d'una certa significazione) occuperà le sue prime settimane in Egitto a studiare la condizione delle cose; e accettato ch'egli avrà servigio dal Kedive, la sua carriera dn Inghilterra gli sarà mantenuta per altri

sei mesi dal Governo britannico pcl caso s'avveda, in questo spazio di tempo, non poter durare, con utilità e decoro, nell'Amministrazione dell'Egitto. Il Signor Rivers Wilson, che da lunga data conosce il Conte di Munster, l'assicurava che dal rapporto del Signor Cave (caduto infermo a Bologna) risuLta basterebbe ordine e probità per ristabilire le finanz,e di quel paese. • Ma il nuovo Agente dell'Inghilterra (continuò a dirmi l'Ambasciadore) non s'illude sulle difficoltà, che consistono principalmente negli intriganti e speculatori d'ogni specie che stanno in Egitto, e nella natura spendereccia del Kedivé, la quale, se la crisi presente sarà in parte superata, potrà essere in lui più potente degli attuali suoi proponimenti •.

Il Conte di Munster, parlando poi sul progetto di Banca Nazionale, mi affermò che l'Inghilterra non piegherebbesi mai a nominare un Commissario; e dalle parole rivoltegli da varj Ministri della Regina -fra i quali mi nominò Sir Stafford Northcote -si è convinto non sarà né per cedere né per mutare l'ostilità a un progetto che considerano • essere un intrigo sottomano del Governo francese direttamente avverso alla politica e agl'interessi britannici •.

L'opposizione dell'InghHterra si è, invero, dispiegata chiaramente negli ultimi giorni. Il Signor Gavard, asserendo ieri allo stesso Sir. Stafford Northcote essere comune il desiderio nei due paesi di salvare l'Egitto da un naufragio finanziario, s'udì rispondere: • è vero; ma noi dissentiamo totalmente nei mez2!i per raggiungere Questo fine •. E dal linguaggio pressoché unanime dei giornali di Londra, V.E. avrà osservato come l'opinione pubblica -che in nissun paese, quanto in Questo, ha modo e potenza di manifestarsi con uguale certezza -siasi dichiarata nimica del progetto Pastré e d'un qualunque concorso, diretto o indiretto, dell'Inghilterra in quel progetto. Il Marchese d'Harcourt l'ha pure dovuto riconoscere. • Debbo confessare (mi diceva ier sera) essermi ingannato nella fiducia vcerrebbe la Gran Brettagna a rimorchio; ed è mio avviso che se finalmente rifiuterà d'associarsi a noi per mezzo del suo Commissario, ci convenga desistere anche noi. Dissi a Lord Derby come l'azione isolata ed esclusiva del suo Governo in Egitto equivale a un ritorno di quelle lotte d'influenze, conflitti d'interessi e attriti che la Francia sperava cessate. Ma continuando noi senza l'lnghilrerra nel progetto in parola non faremmo che avvivare Questa lotta e questo antagonismo, ,e andremmo contro allo scopo che avevamo in vista. Gl'intendimenti e i fini politici dell'Inghilterra si pale

serebbero intanto assai diversi dalle dichiarazioni ministeriali •.

L'Ambasciadore di Germania (debbo aggiungere) considera il tentativo del Signor Pastré, e non ne dissimulava la sua soddisfazione, come fallito, non essendo possibile che, per la data stabilita delli 15 di questo mese, sieno raccolti i capitali occorrenti. E codesta era i1eri l'opinione del Barone Lionello Roth

schild. L'E.V. conosce quale sia la linea di condotta che, siccome traspare nei suoi discorsi, è da assai tempo seguitata dall'Ambasciadore tedesco in Inghilterra rispetto all'Egitto. E, però, se anche sarà questo rapporto per giungerLe con ritardo sui fatti, avrà forse giovato d'averlo scritto come un nuovo schiarimento al complesso della situazione.

(l) Cfr. il seguente t. 95 dello stesso 4 marzo, ore 22 di Visconti Venosta a De Martino: c Président du conseil écrit aujourd'hui à Scialoja pour l'informer que d'après son avis et le mien il rendrait au pays et au Gouvernement du roi un véritable service en consentant à accepter au moins pour quelques années les fonctions que le Khédivé lui a offert. Ce serait évidemment le meilleur moyen d'affermir l'influence de l'Italie en Egypte. Veuillez communiquer ceci à M. Scialoja •·

654

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

R. 74. Ginevra 6 marzo 1876 (per. l' 8).

Alla riunione di Losanna, la sezione di V'ev.ey, per quanto mi viene viferito, proporrà d'inviare un telegramma di fratellanza e d'augurj alla sezione del Ceresio e con questo cercar,e, se sarà possibile, d'appianare la vertenza sorta con la Federazione del Giura.

Il Circolo dei rifugiati Spagnuoli in Ginevra ebbe pure l'invito e probabilmente vi andrà il De la Calle.

Mi si assicura che i noti Cafiero Carlo ed Enrico Malatesta, principali attori del Comitato cosidetto Italiano per la Rivoluzione Sociale cercano di fare proseliti, impegnando le loro antiche conoscenze, negli Abruzzi e specialmente nella provincia e città d'Aquila, facendo luccicare agli occhi degli illusi come loro stessi, la caduta imminente della Monarchia e l'avvenimento della Comune; salvo errore e per facilitare le indagini, soggiungerò che due anni or sono, i caporioni della Internazionale dovevano essere certi Mattei, Squassi e Di Fabio.

Il Mastrangelo intanto ricevette da Locarno, forse dal Cafiero, una lettera nella quale è dettagliato il lavorio intrapreso in quella provincia.

Il Mastrangelo, com'è noto, risiede in Ginevra; egl1i è assai malveduto da diversi internazionisti che lo dicono ladro, giocatore, camorrista, e lo credono capace d'ignobili azioni. Tal'è la voce che corre.

Al momento di chiudere questo rapporto ricevo una comunicazione importante che mi affretto a trasmettere a V. E.

Alla sezione di Chaux-de-Fonds essendo scaduto l'incarico di funzionare da • Bureau Fédéral • dell'Internazionale, come ne era stata incaricata dal Congresso di Vevey, fu designata dalle sezioni del Giura quella di Neuch<Hel con membri i nominati: Albagès, Jenny, Getti e Guillaume.

Il Getti è uno dei compromessi nel processo di Bologna.

Tale deliberazione fu presa il sabato 4 Marzo corrente.

655

IL DELEGATO NELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE IN BOSNIA ED ERZEGOVINA, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 44. Ragusa, 6 marzo 1876 (per. il 13).

Il Console generale di Turchia mi disse jeri sera avere ricevuto comunicazione dall'Ambasciata Ot.tomana in Vienna che ,in Italia si era noleggiato un piroscafo dal Comitato per la spedizione di volontari italiani in Erzegovina; e che Questo naviglio sarebbe stato pronto fra poco a salpare con uomini per la spiaggia della Suttodna.

Il Console m'invitava di telegrafare a V. E. questo avviso. Osservai a quegli che la notizia, di cui trattavasi, era stata a Vienna trasmessa sicuramente dalla Legazione Ottomana in Roma, per cui parevami inutile avvertire per telegrafo cotesto R. Ministero, dal quale forse era primamente quella notizia stata comunicata.

Negli scorsi giorni allo stesso Signor Console che parlavami sugli Italiani che erano alla Suttorina ·tra le fi1e degli insorti, dissi • sapere che parecchi di quei Italiani, anzi quasi la maggior parte di essi erano pentiti per molte ragioni di trovarsi là, e volentieri avrebbero abbandonato la loro intrapresa se avessero avuto mezzi di rimpatl"io; credere io perciò che grande vantaggio morale ne sarebbe venuto al Governo Ottomano se esso fornendo i mezzi di rimpatrio avesse riuscito a farli partire dall'Erzegovina. Un tale fatto meglio che qualsiasi altra misura preventiva o repressiva avrebbe dissuaso altri Italiani di seguire l'esempio dei primi, senza parlare poi della sensazione che si sarebbe prodotta nella pubblica opinione sfavorevolmente all'andamento dell'insurrezione •.

Il Console ottomano mi rispose: riflettere a Questo avviso, e forse vi avrebbe aderito. L'altro jeri infatti mi comunicò essere disposto di provvedere al viaggio sino a Trieste ad ogni italiano arruolato. Si restò d'accordo di non far partecipare in nulla l'Agenzia Consolare Italiana al rimpatrio così inteso. Si trovò persona terza che si assumesse l'incarico di condurre a bene cotesto negozio. Ho fiducia che si riuscirà, e dn tal caso sarà anche un indiretto vantaggio per il Governo del Re; togliendosi cause per quanto infime di probabili difficoltà. Oggi partono per Italia sette de' nostri concittadini provenienti dal campo della Suttorina. Parlai con due di loro, un livornese e un comasco. Dissero essersi decisi aHa ventura di Erz•egovina per avere letto nei giornali mirabili cose sull'insurrezione: ora averne avuto disinganno su tutti i rapporti. Non essere stati mali accolti dagli insorti; anzi accordarsi ad essi miglior vitto, la qual cosa spiaceva loro perché nel mentre che essi erano relativamente meglio nutriti vedevano i camerati erzegovesi mangiare cattivissimo pane, o soffrire la fame.

Mi compiacqui di questo loro sentimento che dimostra generoso carattere.

Essi mi dissero ancora che rimanevano a Suttorina circa trenta di loro, e tutti disposti ad abbandonare la partita anche per la ragione che non volevano sottomettersi agli ordini del Montenegro (veggasi in proposito rapporto 15 febbraio u.s. n. 35) (l) alcuni altri invece avevano accettato l'arruolamento montenegrino, ed erano stati comandati di abbandonare la Suttorina e di accamparsi a Graliovo (Montenegro).

Ebbi testé avviso che il Vali Alì Pascià di Mostar debba andare fra tre giorni a Trebigne. Mi recherò colà, e mi adopererò di venire ad una conclusione dell'affare Pugnalini.

656

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 98. Roma, 7 marzo 1876, ore 14.

Après avoir reçu votre télégramme, j'ai prié le ministre d'Angleterre de télégraphier pour prier en mon nom lord Derby d'adhérer à la nomination des

commissaires en Egypte. La réponse de Disraeli à la chambre des communes ne laisse pas beaucoup d'espoir de réussir. Cependant, on pouvait essayer eucore en faisant mieux déterminer par le Khédive les attributions des commissaires pour le contròle des dépenses. Veuillez me dire ce qu'en pense le due Decazes et faites lui mes félicitations de sa brillante élection.

(1) Cfr. n. 614.

657

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, CODRONCHI-ARGELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1228. Roma, 7 marzo 1876 (per. l' 8).

Ho interessato il Signor Prefetto di Ancona a verificare se sussistesse, come mi veniva riferito, che da quella città fossero partiti per l'Erzegovina 100 volontari in un solo giorno.

Quel Pre:f)etto mi assicura che quella notizia manca dti fondamento ed in prova mi rimette la unita distinta deLle partenze dei piroscafi e bastimenti a vela che salparono da quel porto nella seconda metà dello scorso mese di febbrajo per Venezia e Trieste.

Soggiunge poi che pochi giorni or sono vennero presentate a quella Prefettura molte domande di passaporti per Castellizza e Traù (Dalmazia) e che avendo egli potuto sapere per mezzo del Console Austro-Ungarico che in quei paesi non eranvi lavori straordinari e che gli operai italiani che vi si fossero recati sarebbero stati senz'altro respinti al confine, non vennero accordati i passaporti domandati.

Questo fatto potrebbe però essere stato causa della voce corsa di numerose partenze da Ancona per l'Erzegovina.

Ho creduto conveniente rendere di ciò informata l'E. V., aggiungendo che le no•tizie del Comando dei Carabinieri, del Commissario di sanità marittima e del Capitano del Porto confermano l'insussistenza dell'asserita partenza, ed escludono pur anche la possibilità di un imbarco clandestino lungo il litorale.

658

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 140. Scutari, 7 marzo 1876 (per. il 15).

Il richiamo del Barone de Rodich Governatore Civile e Militare della Dal

mazia a Vienna coincideva colla famosa nota Andrassy e coi rigori spiegati

sulle frontiere austriache riguardo aU'insurrezione.

Ma il Barone de Rodich ritornò non ha guari al suo posto in Zara, donde

partì per recarsi al Montenegro (essendo accreditato presso il Principe) e lasciò

Cettigne Venerdì scorso 3 corrente, per ritornare dopo una dimora di tre

giorni, alla sua residenza.

Sapere che cosa sia venuto a fave a Cettigne è forse impossibile; è d'uopo ricorrere ad illazioni per argomentarlo.

Il Barone de Rodich Feld Maresciallo d'Artiglieria è croato ed è uomo d'alto affare: egli non dissimula le sue simpatie slave; il Principe Nicola disse a me ripetutamente • i1 est mon ami, mon bon ami • e mi soggiunse che faceva a fidanza con esso lui.

Il Barone de Rodich ha un grand'asc,endente, malgrado il Ministero, nei consigli aulici: ad ogni pié sospinto e quasi regolarmente due volte all'anno rassegna le sue dimissioni di Governatore della Dalmazia all'Imperatore che non le accetta ed obbliga i suoi Consiglieri responsabili a venire ad accomodamento col Rodich.

Il perché di questa che par debolezza -e probabilmente è -sta in CIO (mi parlò il Cav. Wassi,tsch, croato anch'egli) che il Barone de Rodich è il v~ncitore di Custoza (nel 1866) ed è perciò più che amico, fratello dell'Arciduca Alberto.

Il Barone de Rodich in quella giornata comandava l'arUgliera e con sublime audacia, comecché disubbidisse ad ordini ricevuti, concentrando molte artiglierie in un dato punto (così mi raccontò il Wassitsch) assicurò l'esito della battaglia, ond'è che l'Arciduca Alberto lo ha come dissi per amico e fratello e presso l'Imperatore gli è scudo ed avvocato.

Del vesto in Dalmazia il Barone de Rodich non f> da tutti ugualmente ben voluto, da molti non è amato.

Or che cosa significa il ritorno del Barone de Rodich?

Certo s'egli credesse di non poter essere utile agli slavi avrebbe data la sua dimissione e sarebbe ritornato alle sue artiglierie -s'egli avesse avuto da fare al Principe Nicola una dichiarazione precisa e netta, egli non avrebbe assunto siffatto poco amichevole incarico e così discorde de' suoi precedenti dunque, pare a me, egli crede di poter ,essere utile ai suoi slavi ed al Principe Nicola o per dir meglio l'Austvia rompe in visiera colla insurrezione, col Montenegro solo di parvenza e non di realtà.

659

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 143. Scutari, 7 marzo 1876 (per. il 15).

Ho ricevuto il dispaccio confidenziale in data del 5 decorso (l) e lieto di aver ottenuto l'approvazione di V. E. per le notizie che ho trasmesso, mi affretto ad assicurarLa che non mi sono dipartito né mi dipartirò dalla riserva che è la linea di condotta che V. E. mi traccia.

La riserva di fatti per parte del Governo di Sua Maestà nelle attuali vertenze mi parve sempre il partito più utile comecché o l'Austria sia costretta ad

Il) Cfr. n. 585.

inorientarsi e ne possa venir vantaggio dn tale circostanza alla nostra patria o possa sottrarsi a questa che a me pare necessità ed in tal caso la nostra prudenza non avrà compromesso lo stato attua1e ed i nostri rapporti.

Quanto al miglioramento civile ed economico delle popolazioni albanesi io non mancherò certamente a questo dovere ove me ne venga l'opportunità, ma questo è incarico più alto che nol comportino le mie modeste funzioni; io considero l'elemento albanese (ed assicuro che non vado errato) come il principale e più formidabile ostacolo all'espansione Slava nella penisola Balkanica; ma se sia utile il farlo e fino a qual punto è problema che ·esce dalla mia competenza.

Limitandomi pertanto unicamente a riferire ed a studiare e mantenendomi strettamente nei limiti che V. E. mi ha tracciati io spero di rispondere al debito mio e con tale speranza...

P. S. Dovendo riservatamente e prudentemente procedere non potei finora aver notizie esatte dell'Eugenio Popovich: credo però di averle fra breve.

660

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. 244. Roma, 10 marzo 1876.

Ho il pl'egio di informare V. S. Illustrissima che il Governo del Re avendo, d'accordo col Governo britannico, divisato di elevare al rango d'ambasciata le rappresentanze diplomatiche rispettive a Londra ed a Roma, la scelta di Sua Maestà è caduta, pel posto di suo ambasciatore .in codesta residenza, sopra

S. E. il generale Menabrea, Gran Collare dell'Ordine della SS. Annunziata e Senatore del Regno. Il Ministro d'InghHterra cui aV'evo comunicato codesta intenzione di Sua Maestà, è venuto stamani a darmi conoscenza di un telegramma di Lord Derby col quale egli era incaricato di dichiarare che S. M. la Regina gradisce la nomina del generale Menabrea come Ambasciatore d'Italia in Londra, e si propone, dal canto suo, di accreditare un Ambasciatore presso la Corte del Re.

661

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2620. Parigi, 10 marzo 1876 (per. il 13).

Il carattere recisamente repubblicano delle ·elezioni generali, le dichiarazioni fatte nelle riunioni preparatorie della nuova maggioranza parlamentare, e le demissioni de' Signori Buffet e de Meaux, seguite da quelle di tre altri Ministri, resero necessaria la ricostituzione completa del Gabinetto. Una serie

di decreti presidenziali inseriti nel Journal officiel d'oggi vi provvede nel modo seguente:

Il Signor Dufaure è nominato Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro della Giustizia e dei Culti;

Il Signor Duca Decazes, Ministro degli Affari Esteri;

Il Signor Ricard, già membro dell'Assemblea Nazionale, Ministro dell'Interno; Il Signor Léon Say, Ministro delle Finanze; Il generale de Cissey, Ministro della Guerra; Il Vice Ammiraglio Fourichon, Ministro della Marina; Il Signor Waddington, Ministro dell'Istruzione Pubblica e delle Belle Arti; Il Signor Christophle, Ministro de' Lavori Pubblici; Il Signor Teisserenc de Bort, Ministro di Agricoltura e Commercio.

Finora il Capo del Gabinetto aveva il titolo di Vice Presidente del Consiglio. Tale titolo è ora mutarto in quello di Presidente, ciò che è più conforme alle <esigenze del Governo costituzionale e parlamentare che impone al Ministero solo la responsabilità della politica gen~erale. La quali:lìicazione di Vice Presidente data finora al Capo del Ministero pareva diffatti giustificata soltanto dalla partecipazione diretta e personale del Presidente della Repubblica alla responsabilità de' Suoi Ministri. Il titolo che ora si restituisce al Capo del Gabinetto è voluto dallo spirito stesso della Costituzione del 25 febbrajo secondo il quale il Presidente della Repubblica può e deve rimanere estraneo alle lotte di partiti parlamentarii.

L'amministra21ione de' culti che era finora nelle attribuzioni del Ministro dell'Istruzione Pubblica e delle Belle Arti, fu con decreto speciale staccata dal suo Dicastero e riunita al Ministero della Giustizia.

Il nuovo Ministero così ricostituito ha un colore francamente vepubblicano e rappresenta, con perfetta omogeneità, lo spirito 'e le tendenze del centro sini,stro. Una nomina che è forse specialmente degna di nota si è quella del Waddington al Ministero dell'Istruzione Pubblica. Il Signor Waddington, protestante, succede diffatti in quel Dicastero al Signor Wallon, di cui non erano ignoti i sentimenti clericali.

P. S. Solo tra i nuovi Ministri, il Signor Ricard non è membro né dell'una né dell'altra Camera. È però probabile la sua elezione a senatore. I Signori Léon Say, de Cissey, Fourichon, Waddington e Teisserenc de Bort sono senatori; i Signori Dufaure, Duca Decazes e Chvistophle sono membri della Camera dei Deputati (1).

(l) Si pubblica qui un brano del r. 2622 di Nigra del 15 marzo: c La dichiarazione ministeriale, che fu accolta con plauso nelle due Camere, rassomiglia quasi a ciò che è negli Stati Costituzionali il discorso della Corona, e tiene diffatti luogo d'un manifesto del Presidente della Repubblica. II Ministero afferma anzitutto che giammai Governo non fu più legittimamente stabilito dell'attuale e che i poteri rmbblici non possono avere una più alta origine nelle società umane. Egli ricorda quindi la promessa fatta dal Presidente della Repubblica di non usare della facoltà spettante a lui solo di provocare prima del 1880 la revisione della Costituzione e s'impegna a governare costituzionalmente. A tale scopo esso annunzia l'intenzione di circondarsi di funzionarii i quali non si facciano detrattori del Governo repubblicano. Una frase della dichiarazione r>are sr>ecialmente diretta contro i bonapartisti. "La repubblica, cosi essa suona, ripugnerà dalle avventure guerriere nelle quali troppo spesso i Governi impegnarono l'onore e la fortuna delle nazioni"».

662

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2492/599. Londra, 10 marzo 1876 (per. il 14).

Il Duca Decazes ha telegrafato al Marchese d'Harcourt di recarsi da Lord Derby e dirgli che il Governo francese non tiene a un mezzo più che a un altro per raggiungere la conversione del Debito Egiziano; che sia pur fatta da una Compagnia inglese, s'è a questo prezzo che darà l'Inghilterra il suo concorso; che dalla Francia altro non è voluto se non se di salvare dalla rovina l'Egitto, dove tanti interessi francesi sono impegnati.

L'Ambasciadore si è recato da me quest'oggi al suo ritorno dal Foreign Office. Mi ha detto d'aver letto quel telegramma al Principale Segretario di Stato e d'avergli discorso senza ambage: non trattasi più adesso di prendere una decisione che potrebbe involgere in rapporti commerciali, né trattasi più d'una Compagnia francese, poiché non inspirava fiducia al Governo della Regina; sia pur salvato dalla sola Inghiliterra l'Egitto, purché si salvi; la responsabilità d'un rifiuto •e delle sue conseguenze rimanga tutta con l'Inghiliterra.

La risposta di Lord Derby sarebbe stata intesa a guadagnar tempo, e ad evitare una qualunque asserzione che lo potesse vincolare. Parlò al Marchese d'Harcourt della dissomiglianza ch'esiste fra uno Stato Europeo e un • Despota • (fu questa la parola ripetutami) che non può dar le necessarie guarentigie. Affermò nondimeno che nissuno, come il Governo britannico, desidera la salvezza finanziaria dell'Egitto; che, però, la mattina stessa era rimasto chiuso in consiglio col Signor Disraeli e il Signor Cave (giunto ier sera); che le deliberazioni sarebbero senza sospensione continuate; che forse potrebbesi trovare un modo di soccorrere temporaneamente H Kedive; ma che nulla era stato ancora deciso in sì grave materia; che probabilmente sarebbe in grado ·tra breve di far conoscere al suo interlocutore le risoluzioni fissate.

L'Ambasciadore di Francia non mi celava il suo scontento per la risposta ricevuta. Alludendo alla riunione in Parigi, alla Quale assistettero, col Duca Decazes e il Rappvesentante la combinazione finanziaria francese, i Signori Cave e Wilson, non senza autorizzazione del loro Governo, egli si chiedeva se l'Inghilterra, che ha l'impegno del Kedive di pagarle 200 mila sterline annue, possa non aver già un progetto suo; e se • il Signor Disraeli, coi Rothschild, non abbia un'aHra volta a uscir fuori, con un Deus ex machina •.

663

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 112. Costantinopoli, 10 marzo 1876 (per. il 17 ).

Gli ultimi giorni furon giorni agitatissimi per questi circoli diplomatici. Già ebbi l'onore di riferire all'E. V. come, mentre l'orizzonte pareva rasserenarsi nell'Erzegovina, dense nubi si mostravano dalla parte della Serbia. E le notizie che ne vennero in seguito confermarono la determinazione del Principe Milano di tenersi parato agli eventi, quella della Sublime Porta di rinforzare le sue guarnigioni sulla frontiera.

Due giorni sono poi il Governatore dell'Erzegovina telegrafava alla Sublime Porta che, mentre seguiva un combattimento tra Turchi ed insorti a Loubouchka, un corpo organizzato d'insorti accompagnato da una ventina di carri carichi di munizioni aveva passato la fronti·era dalmata ed erasi congiunto agli insorti combattenti. Notizie giunte di poi porterebbero che i Turchi hanno avuto la peggio e perduto due cannoni. V. E. comprenderà di 'leggieri l'impressione che siffatta notiz,ia av•eva a produrr<e alla Sublime Porta. Dopo tante assicurazioni fornite dal Governo Austro-Ungarico era dunque questo il modo con cui si custodiva la frontiera? Un corpo di 700 uomini non poteva pure organizzarsi in Dalmazia senza che le Autovità ne avessero conoscenza; né poteva dirigersi alla frontiera senza esser visto. Ed ora si comprendeva perché il Principe Nicola di Montenegro, alle istanze fattegli dal Governatore della Dalmazia a nome del suo Governo di desistere dall'aiutare l'insurrezione, rispondesse seguirebbe l'esempio che sarebbe per fornirgli il Governo AustroUngarico. Il Ministro degli Affari Esteri telegrafava immediatamente a Vienna per domandare spiegazioni, a Plietroburgo per comunicare il fatto.

Jer sera uno di questi Ambasciatori poi mi riferiva aver ricevuto in giornata un telegramma pel quale era informato alcune soldatesche Turche esser entrate nel territorio Dalmata dove, essendosi imbattute in Austriaci che probabilmente fecero qualche resistenza, avrebbero loro reciso il capo. Naturalmente comunico questa notizia a V. E. sotto la maggiore riserva; però, se vera, Ella conosceralla prima che queste linee Le vengano fra le mani.

Comparve finalmente un telegramma speditomi dal Cavalieve Durando per informarmi l'emigrazione dall'Erzegovina nella Dalmazia incominciare di nuovo, e sembrare che l'insurrezione riprenda vigore. Le quali notizie son troppo conformi a quelle che vengono da altre parti per non avere qualche fondamento di vero.

Né altro mi occorre per oggi senonché di rinnovare...

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

Costantinopoli, 10 marzo 1876.

Les dernières nouvelles de la Dalmatie et de l'Herzégovine ont fourni au général Ignatieff l'occasion d'insister plus vivement que jamais sur son idée qu'on ne parviendra jamais à rétablir la paix si l'on ne donne pas des satisfactions réelles au Monténégro. Il me parait meme avoir converti à son avis la plupart des hauts fonctionnaires de la Porte, tels que le Grand Vizir, le Ministre des affaires étrangères et le Gouverneur de la Bosnie, ou bien ils prétendent etre convertis. Le dernier aurait meme télégraphié à plusieurs reprises dans ce sens à la Porte, mais personne n'ose en faire la proposition au Sultan. Sa Majesté a été très affectée par les dernières nouvelles de l'Herzégovine.

664

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1574. Berlino, 12 marzo 1876.

Bien que l'oeuvre de pacification entreprise par les Puissances dans la presqu'ìle des Balkans se heurte à ma,intes difficultés, il faudrait se garder de prendre à la lettre les nouvelles suivant lesquelles on aurait reconnu dès maintenant l'impossibilité d'amener les insurgés à déposer les armes. Le Secrétaire d'Etat m'a dit avoir reçu des rapports plutòt rassurants de Vienne et de St. Pétersbourg. L'Autriche se multiplie pour démontrer à la Bosnie et à l'Herzégovine la nécessité de l'adoption des réformes proclamées par la Porte sous la contrainte morale de l'Europe, et la Russie exerce toute son 1influence à Cettigné et à Belgrade pour empecher que le soulèvement ne reçoive de nouveaux renforts.

Mais M. de Biilow s'abstenait d'émettre un jugement sur les chances de succès des tentatives pacifiques des Puissances. Le fait est que si les mesures prises par la Turquie pour affirmer ses récentes concessions et faciliter le retour des insurgés, attestent chez elle le sentiment de ses devoirs envers l'Europe et de la gravité de la crise qui la menace à l'intérieur, il semble d'un autre còté que les rayahs ne croient plus ni à ses paroles, ni mème à ses actes. A leur point de vue cette défiance est parfaitement justifiée, car le Gouvernement Ottoman ·est impuissant, -il l'a assez prouvé depuis 1856 -à traduire ses promesses à complète exécution.

Aristarchi-bey déclare que l'insurrection est réduite aux convulsions de l'agonie du moment où la Russie et l'Autriche suivent une attitude des plus correctes. Il serait plus exact de dire que ces Puissances parviendront peutètre, tant qu'elles seront d'accord, à préserv·er l'Europe du contre-coup d'une crise orientale, mais eUes ne pourront lutter à la longue contre la force des choses, contre les éléments qui décomposent à vue d'oeil ce qui forme aujourd'hui encore l'intégrité de la Turquie.

665

IL MINISTRO A BERNA, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 279. Berna, 14 marzo 1876 (per. il 17).

Mi risulta da una lettera direttami dal Presidente della Società di Protezione e Beneficenza costituitasi, non ha guari, in Airolo fra gli operai italiani, che circa 300 fra quelli addetti al traforo della Grande Galleria del San Gottardo si sono messi in istato di sciopero per essersi accresciute le ore di lavoro, e nello stesso tempo diminuito il salario senza però che si sia avuto finora a lamentare alcun disordine.

Ho recato al Consiglio Federale questa notizia, facendo instanza perché fosse provveduto ad impedire che lo sciopero non desse colà luogo al rinnovellamento dei fatti di Goeschenen.

Ho incontrato al palazzo Federale il Signor Favre, e gli ho chiesto la causa dello sciopero. Egli ha riconosciuto che dopo che furono superate le difficoltà del terreno, e che divenne possibile poter imp~egare di nuovo le macchine alla perforazione, fu mestieri il :licenziare molti degli operai che da un certo tempo lavoravano, alla mano, nella Gallevia, ed offrir loro per conseguenza, un salario minore per altri lavori, ciò che del resto, si era fatto dal lato di Goeschenen.

Egli negò però che si fossero aumentate pei licenziati le ore di :lavoro. Lo informai delle pratiche che io aveva già fatte su questo oggetto presso il ConsigHo Federale e cercai di renderlo accorto sulla conseguenza che potrebbe avere per lui la riproduzione ad Airolo dei guai di Goeschenen.

Ho scritto nello stesso tempo al Presidente della Soctetà precitata perché tutti i soci si adoperassero al fine che l'ordine fosse mantenuto e che la libertà degli operai che accettano le condizioni che fa l'Impresa fosse per ogni riguardo rispettata.

Terrò l'E. V. informata dell'esito che dopo ciò potrà avere lo sciopero.

666

IL CONSOLE A SCUTARI, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 144. Scutari, 14 marzo 1876 (per. il 22).

Le notizie che giungono dall'Erzegovina non lasciano sperare pronta la pacificazione di quella provincia: in data del 3, 4 ed 8 corrente Vli furono avvisaglie e scontri fra gl'insorgenti e le Truppe, le due prime tra Trebigne e Ragusa, l'ultima ancora a Muratwitza, per respingere le Truppe che devono vettovagliare Niksich, di nuovo bloccata e ridotta ormai agli estremi.

Quale sia la decisione del Montenegro •e la condotta ch'esso intende tenere in questa nuova fase dappoi l'accettazione delle riforme da parte della Porta, finora non si conosce: spero però che al ritorno del Signor Colonna-Ceccaldi da Cettigne che di ora in ora s'a:ttende potrò essere .in grado di dare qualche ragguaglio positivo in proposito.

Ciò soltanto si sa che gli ultimi proVV1edimenti del Governo Austro-Ungarico hanno fatto nelle provincie insorte e nella Dalmazia stessa odioso il nome austriaco.

La missione del Barone de Rodich però non può, come notai nel prec•edente rapporto del 7 corrente, essere assolutamente sfavorevoLe agl'insorti, agli slavi, e quanto meno al Montenegro. I sentimenti del Luogo Tenente Imperiale della Dalmazia, l'amicizia che lo lega al Principe Nicola escludono ch'egli abbia accettato una missione dalla quale non torni utile agli slavi, al Principe.

Probabilmente se da una parte l'interesse dell'Austria e la volontà della Europa esigono ch'egli twteli le ragioni della pace, dall'altra non è impossibile che offra al Principe una transazione.

Già il Governo Ottomano offrì al Principe di Montenegro questa transazione mercé una cessione di te-rritorio dalla Sutorina a Niksich, e non fu accettata. Avant'ieri ancora il Valì di Scutari mi diceva che la Porta è disposta a cedere la Sutorina e tanta parte del territorio di Zubci quanta è necessaria per ristabilire dirette comunicazioni tra la Sutorina e Grahovo, anzi mi lasciò pensare che la Porta non sia lontana dal cedere SpHza, rada tra Budva (austriaca) ed Antivari (ottomana).

Però il Principe non può tanto desiderare un porto quanto un accrescimento di territorio. Il mare, un porto a che cosa gioverebbero per un paese senza produzione, che nulla ha da esportare, povero e che nulla ha da importare?

Sutorina poi essendo un'enclave dalle Bocche di Cattaro (porto di guerra) non offre nissuna indipendenza ai commerci montenegrini; e neppure Klek perché è considerato mare interno rinchiuso com'è dalla penisola di Sabbionello. Spitza finalmente non è che una rada aperta a tutti i venti e per farne un porto la spesa sarebbe troppo più grande che non franchi.

Il Principe perciò quand'anche desiderasse un porto sull'Adriatico non può tenersi pago né di Klek né della Su1orina né di Spitza.

Né, pare a me, gli si possa cedere un porto che possa esser capace di una flotta da guerra (e Spitza mercé molti lavori potrebbe esserlo) perché un porto in mano del Montenegro sarebbe nulla più che un ricovero per una flotta russa nell'Adriatico, nel Mediterraneo.

Ma lasciando a parte Questi timori certo anticipa,ti egli è palese, per la situazione economica del Principato, ch'esso non ha tanto d'uopo d'uno sbocco al mare quanto d'un accrescimento di territorio.

Esso ha d'uopo di territorio piuttosto che di mare, onde provvedere alle prime e più stringenti necessHà de' suoi sudditi, d'una popolazione data all'agricoltura ed alla pastorizia.

Il Principe vorrebbe scendere a Scutari ed aver tutto il distretto che è fino ad Alessio: allora avrebbe mare, porti, pasture, una grande Città, un gran fiume, commerci, un territorio fertilissimo; ma queste speranze finora non possono essere che sogni, come lo è quella di annettere al lVIontenegro tutta l'Erzegovina.

Ma il Principe ed i suoi sono realmente più modesti nelle loro ambizioni: essi desiderano la diritta della Moratsca ed il territorio alla diritta della Bibnitza, confluente della Moratsca a poca distanza da Podgorizza. Quel territorio sarebbe utHe al Montenegro perché acconcio alla coltura ed ai pascoli e gli darebbe il possesso di tutte Quelle fortezze (Zabliak e Spouz) che la Turchia con tante spese e con poco utile mantiene e costruisce (18 Kulé) sul confine: s'avrebbe in tal modo un confine naturale e preciso.

Tali des,iderj non sono esagerati: Il Signor NecQuard nella sua Description de l'haute Albanie scriveva già: « En vertu de la Convention Leiningen, les Monténégrins l'evendiquent cette plaine, (de Lieskopol) QU'ils occupaient avant l'expédition d'Ornar Pacha; depuis lors elle fut toujours la cause des hostili

tés entre les Tures et les Monténégrins. Pour réussir à conclure une trève, je du3 obtenir des deux parties Que ce riche territoire resterait inculte. Si la Turquie veut en finir avec le Monténégro, elle fera bien de lui laisser cette plaine et une partie du district de Spuz. Le Monténégro aurait ainsi la Moratcha pour limite, et il serait plus facile d'empecher les tchétas. Spuz occasionne à la Porte des dépenses inutiles; à peine à l'abri d'un coup de main, elle se trouve tellement enclavée dans le Monténégro qu'il faut des forces considérables pour la ravitailler •.

Anche Quello del riconoscimento in principio dell'indipendenza non è parmi desiderio eccessivo -il Montenegro è come tale riconosciuto da varie Potenze e specialmente dall'Austria; è riconosciuto come autonomo dalla Turchia stessa collo scambio di note del 31 Agosto 1862 in Cettigne: ora pare strano che la Turchia si ostini ad avere una sovranità in partibus.

Il diritto poi di libera navigazione con bandiera montenegrina sul lago e sulla Bojana (diritto lungamente ·ed invano reclamato dal Principe) non pare che secondo i principj possa sollevare difficoltà, poiché data com'è incontrovertibile l'autonomia del Montenegro viene la libertà di navigazione sul lago che è comune ·e sulla Bojana che è inte:rmazionale, che è un emissario del lago (Bluntchli Diritto Internazionale Art. 93, 314, 316, ecc.).

Tali erano in addietro i desiderata del Principe e dei suoi ufficiali. Forse adesso queste soddisfazioni, queste cessioni non basterebbero per indurre il Principe a voler veramente la pace.

Il Montenegro non può non volersi assicurare dalla parte Ovest di Zubci, di Niksich ecc. e l'Austria non può non volere che il Montenegro sia più forte ch'ora non è, massime ove realmente sia costretta ad intervenire nella Bosnia, (come ne cor11e la fama) non foss'altro che per far del Montenegro un antemurale al suo nuovo possesso, a quello che non tarderebbe ad essere suo nuovo possesso.

Quindi all'Austria debbe importare che il Montenegro abbia tutta la zona che si stende dalla Sutorina a Niksich non solo ma anche quella che è compresa tra la Tara e la Piva e che è abitata dai Drobniak e dagli Scharanzi popolazioni che non furono dagl'Ottomani mai dome ·e che in realtà obbediscono al Principe di Montenegro. Cedere il distvetto tra la Tara e la Piva non è una perdita per la Turchia, è un utile al Montenegro ed un utile all'Austria la quale spingendo il Montenegro a Fotsca o per lo meno ad Hum riescirebbe ad isolare la Bosnia e l'Erzegovina dal resto dell'Impero, tanto più se alla Serbia si cede Vischegrad.

Il Barone Rodich feee al Principe di Montenegro balenare Queste speranze?

Il tempo solo probabilmente può dirlo, ma l'Austria considerò già la quis'bione montenegrina in tal senso ed io ebbi già a ri:flerire in altra circostanza ed in seguito agli avvenimenti di Podgorizza (rapporto del 31 Gennaio 1875

n. 78) (1), che questi (della cessione del territorio dei Drobniaki e degli Scharanzi) erano disegni stati studiati dal Gabinetto di Vienna.

(l) Cfr. n. 45.

667

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO

D. 245. Roma, 15 marzo 1876.

Ella è informata come, in seguito all'arvesto di alcuni sudditi britannici per opera dei carabinieri, il rappresentante della Gran Brettagna a Roma mosse vive lagnanze alle Quali il R. Governo si è fatto premura di rispondere prendendo in accurato e serio esame le circostanze che avevano accompagnato gli arresti medesimi. Si potè per tal guisa verificare che tra gli arresti avvenuti in locaLità affatto diverse non poteva esistere relazione alcuna e che essi non potevansi neppure attribuire a disposizioni speciali o più severe prese dall'autorità per sorvegliare i viaggiatori stranieri. Il Governo di Sua Maestà, ancorché dovesse comnincersi che al solo caso poteva attribuirsi la frequenza degli spiacevoli equivoci avvenuti, stimò opportuno di dare delle istruzioni agli agenti deUa forza pubblica nel senso il più largo allo scopo di impedire che simili errori si rinnovassero con grave incomodo dei viaggiatori stranieri che in tanto numero percorrono il nostro paese. Volle inoltve la superiore autorità govevnativa che delle pene disciplinari fossero inflitte a quei carabinieri che dalle inchiest'e eseguite visultavano aver interpretato con eccessivo rigore le disposizioni delle leggi di polizia esistenti. Di tutto ciò come pure delle disposizioni della legge nostra di pubblica ,sicurezza relative all'obbligo che hanno i cittadini come gli stranieri di dar conto di sè agli agenti dell'autorità, io ho da1o piena notizia al rappresentante :inglese a Roma in varie note colle quali ho risposto alle comunicazioni da lui fattemi successivamente. Ma sir

A. Paget aveva anche domandato che in due casi, nei quali i carabinieri avevano ecceduto nell'esecuz:ione della legge, si corrispondesse alle persone arrestate indebitamente un'indennità pecuniaria, ed a questa domanda io mi trovai costretto fin da principio ad opporre un rifiuto. L'indennità non era infatti domandata dal rappresentante ingLese come il compenso di perdite materiali sofferte dagli arrestati, ma propriamente come un risarcimento per l'ingiuria inflitta ai medesimi. Ebbi più di una volta l'occasione di spiegare a sir A. Paget che la legislazione nos,tra, a somiglianza di quelle di quasi tutti gli stati del cont,inente, non ammette il diritto a simili indennità pecuniarie e non gli tacqui che il Governo di Sua Maestà non avrebbe in alcun caso potuto aderire alla domanda fattagli senza stabilire un precedente che io era in dovere di evi~tave. Bisognava pure che io riflettessi che nessuno degli inglesi arrestati e che si dicevano vittime dei soprusi dei carabinieri aveva avuto ricorso alle vie ordinarie delle procedure giudiziarie e che le lagnanze essendomi state presentate in forma diplomatica non avevano potuto essere esaminate e trattate altrimenti che in via amministrativa. In questa via, trattandosi di militari il cui servizio è obbligatorio, l'autorità aveva facoltà assai limitate per dare

al rappresentante inglese le soddisfazioni che egli domandava per i suoi concittadini. Le puni~ioni disciplinari proprie dei militari e quelle specialmente rigorose del corpo dei carabinieri erano state applicate nel modo consueto e questa era la maggiore soddisfazione che gli ordinamenti nostri permettevano di accordare per casi simili

Mi lusingava che sir A. Paget si fosse egli stesso persuaso dell'ottima volontà colla quale noi avevamo procurato di dargli tutte le soddisfazioni conciliabili con la nostra legislazione, quando, or sono pochi giorni, ·egU venne di nuovo a dirmi che delle istruzioni gli erano annunziate da Londra per insistere presso di noi affinché dichiarassimo quale documento è necessario ad un Inglese che viaggia in Italia per essere sottratto al pericolo di vedersi arrestare dai carabinieri. Contemporaneamente sir A. Paget m'intrattenne ancora della somma convenienza che a suo cvedere vi sarebbe di offrire un'indennità pecuniaria a coloro che furono indebitamente arrestati. Questo sarebbe il solo modo, mi disse il rappresentante inglese, di finire per sempre questa spiacevole vertenza.

Fui dispiacentissimo di non poter ripetere a sir A Paget che quelle cose stesse che io già gli aveva più volte spiegato tanto sul significato generale della nostra legge di P.S. quanto sull'interpretazione che alla medesima dev'e essere data secondo le istruzioni impartite dal Ministero dell'Interno agli agenti della forza pubblica. Insistetti sopra quelle considerazioni che ognuno può fare rendendosi conto della difficoltà in cui quest'ultimi si troverebbero di v.egliare alla sicurezza pubblica se la semplice dichiarazione di appartenere ad estera nazionalità bastasse ad interdire qualunque investigazione sull'identità personale di un viaggiatore che col suo contegno o per qualche altra ragione dia dei sospetti di nascondere il proprio nome. Ma più particolarmente io mi fermai sull'apprezzamento che il Governo ingle·se era stato in grado di fare della premura con la quale il Governo del Re aveva accolte le rimostranze presentategli dalla Legazione inglese. Noi non aV"evamo ricusato di occuparci seriamente dei provvedimenti amministrativi che era in nostra facoltà di prendere nell'intento di impedire per quanto è possibile la ripetizione di eQuivoci che deploravamo di non potere prevenire in modo assoluto. Del nostro miglior·e volere a tale riguardo il Governo di Londra deve avere avuto ripetutamente le più esplicite assicurazioni. Lo insistere pertanto di nuovo per ottenere delle indennità pecuniarie avrebbe costretto il Governo di Sua Maestà a rispondere con un rifiuto che io desideravo moltissimo di non trovarmi nel caso di dover ripetere.

Dal rappresentante inglese sarà certamente stato riferito a Londra il senso della conversazione sopra indicata. Io mi lusingo che il Gabinetto britannico non vorrà maggiormente insistere per un affare nel Quale i passi da lui fatti ebbero quell'esito soddisfacente che noi potevamo dare ai medesimi. Sarà tuttavia opportuno che la S V. valendosi delle cose che Le venni sin qui esponendo, colga le occasioni opportune che Le si offrissero per appoggiare col suo linguaggio ciò che dal canto mio ho procurato di fare intendere nei modi i più cortesi ed amichevoli al Gov,erno inglese per mezzo del suo rappresentante in Italia.

668

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Costantinopoli, 15 marzo 1876.

Facendo seguito alla mia del 4 corrente (1), circa l'elevazione di questa Legazione al rango d'Ambasciata, m'incombe di riferirti che l'altro giorno ad una serata del Ministro degli Affari Esteri, il Gran Vizir venne a me e dopo avermi indirizzate cortesissime parole sulle prove di simpatia date anche ultimamente al suo Governo da quello di Sua Maestà, disse avere inteso che l'Italia stava per nominare degli Ambasciatori presso i principali Governi d'Europa, e lusingarsi che, siccome le altre grandi Potenze trattavano questo Stato come un grande Impero, così l'Italia gli dimostrerebbe dal suo canto la medesima considerazione.

E diede in mia presenza al Musteshar degli Affari Esteri l'ordine di scrivere in questo senso al Signor Caratheodori. Essendo probabile che questi colga una prossima occasione per intrattenerti di questo argomento ho creduto opportuno di fartene avvertito.

Anche il Generale Ignatiew mi disse parole amichevolissime in proposito. Che, se mi fosse lecito esprimere un'opinione, direi che, sia per riguardo alle Potenze, sia per la convenienza della relativa comunicazione da farsi al Parlamento, il meglio sarebbe di creare contemporaneamente le altre Ambasciate che s'intendono fare.

669

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2498/600. Londra, 17 marzo 1876 (per. il 21).

Le dichiarazioni fatte alcuni giorni or sono da Lord Derby all'Ambasciadare di Francia mi parvero meritevoli d'essere telegrafate a V. E. Il Pr1ncipale Segretario di Stato riconobbe che il Governo della Regina, coll'invio del Signor Cave, si era impegnato a soccorrere il Vice-Re di Egitto nelle presenti sue difficoltà finanziarie; e soggiunse che i Ministri deliberavano ogni giorno sui mezzi appunto di dar quell'ajuto e non solo con vivo desiderio ma con buona speranza di giungere a una decisione favorevole

Ho tardato a confermarLe con un rapporto quel mio telegramma nella speranza di poter aggiungere qualche particolare sulla combinazione studiata dal Governo Inglese e della quale il Conte di Derby parlando al Marchese di Harcourt serbò un assoluto silenzio.

Ma non sono in grado di poter affermare all'E. V. altra cosa se non che il Governo Britannico tratta con le Case Rothschild e Behring. Lord Derby non lo ha negato avant'ieri allo stesso Ambasciadore di Francia quando costui gliene fece la domanda. Sua Signoria gli ha soggiunto che la maggiore difficoltà consiste in ciò, che mentre il Governo della Regina non può dare una guarentigia la quale l'impegni nella operazione finanziaria di cui si tratta, quei banchieri non possono o non vogliono fare a meno di qualche sicurtà che valga più della semplice parola del Kedive; e lo studio attuale in gran parte s'aggira appunto sul modo di trovare una soJuzione a questa difficoltà.

Ogni altro tentativo per ottenere da Lord Derby qualche altro particolare non è riuscito all'Ambasciatore; ond'è ch'egli sospetta che, se l'Inghilterra vuoi salvare l'Egitto, vuoi essere sola a salvarlo e senza il concorso o la ingerenza del Governo di Francia. In questo ,suo sospetto egli è fortificato da una frase dettagli da Lord Derby per lagnarsi che il Kedive non si mostri pieghevole quanto dovrebbe ai desiderj del Governo Inglese. E il Marchese di Harcourt attribuisce questa lagnanza (nè saprei con qual fondamento) alla volontà ch'egli dice essere stata risolutamente manifestata dal Kedive di non volersi abbandonare esclusivamente nelle mani deLl'Inghilterra, ma di volere che i Governi di Francia e d'Italia abbiano una parte uguale nel sistema -qualunque sarà per essere -di sorveglianza e amministrazione delle finanze egiziane.

Scemate, pertanto, nel Marchese di Harcourt le preoccupazioni per una rovina finanziaria 'in un paese ove tanti interessi francesi sono impegnati, crescono in lui i timori di nartura prettamente poHtica e i sospetti contro il predominio dell'Inghilterra. Mi ha detto che in quest'ordine di ide·e si mantiene il Governo, il ouale sarebbe però stato indotto • a prendere posizione coll'invio del Signor Villet •. A Parigi, mi soggiunse l'Ambasciadore, si dubita che gli attuali temporeggiamenti dell'Inghilterra possano originare da due cause: o dalla intenzione di spingere il Governo Egi:zJiano a tale estremità da non avere altra scelta se non se di patire la volontà esclusiva della Gran Brettagna; oppure dal desiderio d'aspettare il prossimo passaggio in Egitto del Principe di Galles e di Sir Bartle Frère perché conv,incano il Kedive a seguitare docilmente gli intendimenti dell'Inghilterra.

L'estrema riserva da me mantenuta in quistione così dilicata e per la quale non ho rlcevuto istruzioni dall'E.V. non mi dà modo né occasione d'accertare quale e quanto fondamento abbiano queste supposizioni, né di provarmi ad appurare lo stato e la verità delle cose.

Ma nondimeno mi permetterò d'osservare che il rifiuto del Governo Britannico a concorrere nella combinazione francese, se la segretezza mantenuta per le attuali sue deliberazioni, e se la sua diffidenza d'ogni azione francese in Egitto danno peso alle supposizioni che mi furono confidate dal Marchese di Harcourt, egli è pur possibile che il Governo Britannico possa anche per altre sue ragioni essere indotto a procedere con cautela e lentezza che sembrano soverchie. In diverse quistioni ebbe il Governo disgraziate inspirazioni; e basterà citare la sua condotta nei procedimenti pel • Vanguard •, le circolari sulla schiavitù, la violazione del segreto nelle lettere di Sir Daniel Lange, il titolo d'Imperatrice delle Indie. Il sentimento pubblico non si è palesato in queste ed altre circostanze favorevole al Gabinetto e il suo favor popolare n'è rimasto scosso sebbene sia stato sostenuto da una compatta maggioranza nella Camera; e alle due ten,.. denze divergenti in politica estera ch'esistono fra i Ministri s'è aggiunta adesso (mi è affermato da persone autorevoli), come causa d'irresoluzione, una certa mancanza di confidenza nelle proprie azioni. Avvi, poi, che non essendo più la combinazione ch'è elaborata coi Rothschild e Behring intesa a salvare l'Egitto da un pericolo imminente, se è vera la notizia che il K!edive abbia trovata una quarantina di milioni per far fronte aUe più immediate esigenze, sembrerebbe plausibile che sia pacatamente e cautamente studiata la difficoltà accennata da Lord Derby :e sciolto il problema della guarentigia necessaria ai capitali in un cotal modo che non potendo da quella guarentigia (o sia trovata nell'intervento di Commissarj o in un'altra qualunque forma) apparire il Governo compromesso con le finanze di un'altra Nazione, non abbia a incontrare una potente opposizione in Parlamento ·e un severissimo biasimo nel Paese.

Aggiungerò infine che l'Ambasciadore di Francia mi ha informato come abbia il Barone Alfonso di Rothschild annunziato al Signor Say, Ministro delle Finanze di Francia, di essersi posto in comunicazione col • Crédit Fonder • per questo affare di Egitto.

(l) Recte 3, cfr. n. 648.

670

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 22, pp. 128-129)

R. 117. Costantinopoli, 17 marzo 1876 (per. il 24).

Si continuano le più attive pratiche affine di ottenere la pacificazione dell'Erzegovina. Jeri il Conte Andrassy telegrafò a questo Ambasciatore AustroUngarico, il Generale Rodich ed il Principe di Montenegro aver cercato di conferire coi capi degli insorti affine di far loro intendere le ragioni che dovrebbero indurii a deporre le armi; gli insorti avere risposto che sarebbero disposti a recarsi al convegno alla condizione che i Turchi concedessero dieci giorni d'armistizio, imperocché non volevano che questi profittassero della loro assenza dalle fol'ti posizioni che occupavano per fare qualche operazione miUtare ad essi pregiudizievole. Il Cancelliere invHava quindi il Conte Zichy a comunicare senza indugio le cose pl'edette alla Sublime Porta, lasciando ad essa piena libertà di scegliere quel partito che credel'ebbe più conveniente. Radunavasi immediatamente il Consiglio dei Ministri affine di deliberare sulle fatte proposte. Non v'ha dubbio che l'interesse della Sublime Porta di accettare le proposte di armistizio era evidente, ma le ripugnava di fare un atto che tenderebbe a riconoscel'e gli insorti come beUigeranti. Le ultime notizie da me tratte da buona fonte portano che il Consiglio dei Ministri decise d'ordinare ad Achmet-Mouktar Pacha, Comandante in Capo delle truppe Imperiali nella Bosnia e nell'Erzegovina, d'intendersi col generale Rodich per una sospensione d'armi durante le trattative in discorso, la quale non si chiamerebbe armistizio, ma consisterebbe solo nell'impegno preso dall'una e dall'altra parte di non muoversi durante il tempo determinato. Mi viene tn pa!'li tempo riferito d'altra parte che gl'insorti hanno dato segno di volersi intendere direttamente con Mouktar Pacha. * Dimodoché si può conc,epire fondata speranza che in un modo o nell'altro si intavoleranno delle trattative che potranno condurre alla pace.* (l)

671

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

(Ed. in LV 26, p. 18)

D. 121. Roma, 18 marzo 1876.

Il rapporto, indirizzatomi da V. S. il giorno 9 di questo mese (2), mi fa conoscere l'impressione che si aveva al Cairo del contegno serbato dal Gabinetto di Londra rispetto alla proposta fatta dal Khediv'e a quel Governo, alla Francia ed a noi di designargli tre persone che potessero esercitare le attribuzioni di Commissari pre,sso la Banca che verrebbe incaricata del servizio di tesoreria. Le informazioni che Ella aV!eva circa le disposizioni deWinghilterra, ancor prima che a Lei pervenisse il mio telegramma del 15 corrente (2), Le avranno fatto comprendere quali difficoltà dovessero incontrare le pratiche che il Khedive desiderava che si facessero anche da noi a Londra per decidere quel GoV1erno ad aderire alla sua doffilanda. Dalla formazione del Comttato di riscontro, nel quale do,vrebbero sedere le per,sone designate dai tre Governi, poteva dipendere in gran parte Iii buon esito dei progetti accettati da Sua ALtezza pel riordinamento delle finanze egiziane. Ma l'effic,acia dell'opera che da tale Comitato si aspettava dipendeva soprattutto dall'accordo dei tre Governi che erano invitati a designare i Commissari.

Qualunque potesse esseve l'esito delLe trattative iniziate a questo riguardo, parve a noi necessario di mettere in chial'o quale sarebbe il carattere delle attribuzioni che il Comitato dovrebbe avere per assicurare la riscossione delle pubbliche 'entrate ed il regolare impiego delle medesime secondo le previsioni di un bilancio normale. A questo riguardo ci parve doV'esse risultare esclusa qualsiasi responsabiHtà anche semplicemente morale dei Gov,erni nelle operazioni commerciali del nuovo Istituto di credito che si tratta di fondare in Egitto.

Dallo scambio di idee avvenuto in proposito, è emersa quella di costituire con le persone designate dai tre Governi, un Consiglio del tesoro, i componenti del quale avrebbero nomina dal Khedive. Il Governo francese dal canto suo sembrava inc1ina'to a limitare l'istituzione ad una Commissione di sorveglianza sopva una cassa speciale da crearsi per provvedere unicamente al servizio del debito dello Stato.

I numerosi interessi che legano il nostro paese all'Egitto non ci permettevano di rimanere estranei a queste trattative ed ai concerti che ne doveano risultare. La difficiLe situazione delle finanze egiziane meritava tutta la nostra attenzione ed al Khedive che ci domandava di designargli subito una persona

27 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. VI

che potesse cooperare all'ordinamento delle finanze egiziane, noi abbiamo risposto che eravamo pronti a designargli la persona desiderata, alla condizione però che alla medesima fosse asslicurata nell'amministrazione finanziaria dell'Egitto una parte importante e pari a quella che vi avrà qualsiasi altro delegato straniero.

Con altro dispaccio io mi riservo di farle conoscere il nome della persona da designarsi alla nomina del Khedive. Intanto reputo opportuno che Ella metta in rilievo che il Governo del Re non intende col designare la persona di cui si tratta né di assumere indebite ingerenze, né di prendere la responsabilità degli atti che dalle nuove istituzioni finanziarie dell'Egitto potranno compiersi.

(l) -Il brano fra asterischi è omesso in LV 22. (2) -Non pubblicato.
672

IL CONSOLE A GINEVRA, GAMBINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 79. Ginevra, 20 marzo 1876 (per. il 22).

Ho l'onore di far conoscere a V.E. ciò che si è passato alla riunione dei socialisti a Losanna nei giorni 18 e 19 corrente.

Alla commemorazione della Commune intervennero la gran parte dei caporioni dehl'Lnternazionale residenti a Berna, Zurigo e Lucerna e se non v'erano proprio tutti, è perché diversi rimasero nelle rispettive loro locaUtà per festeggiare colle sezioni il 18 Marzo.

V'erano altresì moltissime donne, russe e francesi.

V'intervennero: Guillaume, Schwitzguébel, Floquet, Joukowski, Réclus, Pherrace,Dumartheray, Thomacot, Mastrangelo, Brousse e Blanchard; in tutti sommavano la cinquantina.

Il Mastrangelo rappresentava la sezione di Bologna; il Getti non interv,enne. Dopo il banchetto della sera delli 18, sulla proposta (per lettera) di Getti, s'aprì una sottoscrizione pei detenuti Internazionalisti di Bologna, la quale fruttò L. 46.30.

Indi prese la parola lo Schwitzguébel sulla questione importante dei servigj pubblici nelle Nazioni, allorquando sarà stabilita la Comune. Su tale oggetto parlarono anche Brousse ,e Blanchard e qui compiegato trasmetto all'E.V. un opuscolo distribuito fra i convitati, il quale appunto riassume quanto si può aV1er detto (La question des services publics devant l'Internationale; rapport présenté au Congrès Jurassien tenuto a VeV1ey l'es 1•r et 2 Aoiìt 1875, par la section des graveurs et guillocheurs du District de Courtelary).

Dumartheray si lamentò della Borghesia di Losanna che non volle prestare il • teatro delle famiglie • ad uso del Meeting. Disse che la Borghesia è infame tanto nelle Repubbliche come nelle Monarchie e soggiunse che a Goeschenen gli operaj fuorono fucilati dalle truppe Repubblicane. Il Dumartheray abita a Ginevra.

Si lessero poscia diversi telegrammi giunti al banchetto, fra i quali uno di felicitazione proveniente da Lugano e firmato Malon e Favre.

Il giorno 19, in una sala dell'hotel Guillaume Tell alle ore 9 antimeridiane si tenne seduta segreta preparatoria pel meeting del dopo pranzo; Joukowski stava alla porta per verificare che non entrassero degli estranei.

Mastrangelo prese la parola in cattivo francese per dire che in Italia la Rivoluzione sociale non è soffocata e che si aspetta un giorno non lontano la riscossa popolare.

Brousse, Réclus, Schwitzguébel, Thomacot, trattarono della utilità della Comune dal punto di vista politico ed economico e ripeterono quanto si disse alla seva.

J oukowski verso le ore 11 entra in sala e dice che è ben dolente di non poter spedire un teLegramma alle sezioni Italiane perché sicuro che il Governo lo sequestrerebbe.

Dumartheray chiuse la seduta con un discorso di tre quarti d'ora, dimostrando che l'operajo non deve ingerirsi di cose politiche borghesi ma anzi combatterle per spianare il terreno alla rivoluzione. Quanto può av·er detto in proposito il Dumartheray, lo si può leggere nell'altro opuscoletto che qui unisco.

Al Meeting, tenuto nello stesso locale alle ore 2 pomeridiane, vi assistevano circa 80 persone, in gran parte donne; soliti oratori e velativa replica di quanto si disse al Banchetto e nelle sedute preparatorie.

All'entrata del meeting accadde un incidente che merita di 'essere segnalato.

L'Joukowski ed il noto Terzaghi per ranrori, come mi fu riferito, che datano dal 1873 per causa d'una polemica del Proletario, si scambiarono alla povta del meeting una quantità di epiteti violenti e certo si sarebbe passato a via di fatto se il presidente del meeting non avesse p11egato e supplicato i contendenti .a non turbare la quieta discussione.

Molti soci della sezione di Vevey presero le parti del Terzaghi e dichiararono che essi si ritirevanno dall'Inter:nazionalie se Joukowski non dà soddisfazione al medesimo.

Null'altro d'interessarute si sarebbe verificato in tale riunione.

In ordine al riverito dispaccio dell'E.V. di questa sede, S.N., in data 15 marzo (1), ho già preso le opportune disposizioni per poter informarla fra breve sul nominato Capellini.

673

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 329. Belgrado, 21 marzo 1876 (per. il 27 ).

La crisi è terminata, e sebbene di mala voglia, fu pur costretto il Principe dalla 1energica pressione fatta dall'Austria-Ungheria secondata dalla Russia, a piegare <il collo all'intimazione di non sturbare la intrapresa pacificazione delle provincie insorte con un'isolata ed avventurosa guerra.

Nel medesimo momento cadde ogni speranza di guadagnare alleanze nei negoziati che già da molto tempo ebbi ad osservare incominciati fra la Serbia e la Grecia, questo regno dichiaravasi interamente estraneo al moto incominciato dagli slavi contro la volontà dell'Europa, e lontano dal volerne approfittare: mutando le condizioni ristrette dell'insurrezione ed invadendo questa le altre provincie della Turchia europea, sarebbero naturalmente mutate pure le esigenze della politica ellena; ma al presente la Grecia recò un concorso non inefficace alla azione dei Governi europei. Il Principe di Montenegro sembra aver desiderato egli stesso di non dare altri sospetti di una doppia politica, ed avere perciò provocato il richiamo dell'inviato serbo.

Se ciò le debbe essere contato ad onore, rimane alla Serbia il vanto d'avere l'ultima, 'e quando abbandonata da ognuno, rinunciato a porre le armi sue al servizio di una sollevazione inopportuna ed insufficiente, ma pur sempre annunziatrice della crescente e comune coscienza di nazionalità fra i popoli slavi di due imperi.

È bensì nota la risoluzione del Governo serbo, ma rimane al Principe Wrede alcun dubbio intorno al modo più o meno corretto e dspettoso col quaJ.e il Principe Milano annunzieralla. E sembverebbe che della sua futura buona condotta vorrassi ottenere qualche guarentigia; si rinfaccia al Governo serbo di aver tentato di inceppare l'azione pacificatrice dell'Austria-Ungheria, e si crede necessario di pigliare precauzioni per l'avvenire.

Sembrami che l'Austria-Ungheria se debbo giudicare la politica sua a norma del linguaggio del principe Wrede, voglia valersi dell'amicizia presente della Russia per stabilire la sua preponderanza in Serbia: così discorrendo del pericolo che al Principe Milano minaccia il malcontento de' suoi, e che potrebbe manifestarsi all'improvviso colla sua cacciata, dicea l'agente Austro-Ungaruco che sarebbe un dovere degli sta,ti che lo costring001o a rimaneve pacifico di soccorrerlo e mantenerlo sul trono e di salvarlo dalle conseguenze che per cagione loro gli sovrastano.

Con molta ragione il signor Wrede supponeva quasi impossibile che questa domanda potesse venir fatta dal Principe Milano, ma il suo discorso indicherebbe nondimeno una minor ripugnanza dell'Austria-Ungheria ad occupare militarmente la Serbia, unico modo efficace di puntellare all'occorrenza il trono del Principe Milano.

La poscritta apposta al dispaccio ch'ebbi l'onore di scrivere a V.E. il 19 del corrente mese (1), ebbe origine dalla relazione fattami dal mio collega Britannico di una con\'ersazione col rappresentante Austro-Ungarico: il Signor White intese chiaro che l'Austria-Ungheria era in corso di negoziati cogli stati garanti per avere facoltà di occupare al bisogno il Principato: non credette dubbia la interpretazione sua e telegrafonne a Londra. Credetti necessario di chiarire la cosa e dall'altro mio collega di Germania ebbi bensì essere già convenuto che l'Austria-Ungheria sarebbe 1incaricata dei provvedimenti coercitivi contro la Serbia, ma che la natura di essi non era stata ancora oggetto di esami.

S'aspetta un mutamento di Ministero: non v'è chi contrasti che il Principe è nell'assoluta necessità di chiamare il Ristic ed i suoi amici.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

674

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A VIENNA, DI ROBILANT (l)

(Carte Robilant)

L.P. Roma, 23 marzo 1876.

Non voglio lasciare il mio ufficio senza prima ringraziarvi con tutto il cuore pel concorso così prezioso, così cortese ed amichevole che non avete cessato di darmi durante Questi anni. È per me una memoria gratissima di questo mio lungo Ministero l'aver contribuito a stabilire e consolidare le ottime relazioni che esistono fra l'Italia e 'l'Impero Austro-Unga11ico. Ma posso sapere meglio d'ogni altro che a voi personalmente è soprattutto dovuto questo felice risultato e posso meglio di ogni altro apprezzare quanto vi abbia contribuito il modo intelligente e degno con cui il Governo del Re è stato da voi rappresentato a Vienna.

Se avete occasione di vedere il Conte Andrassy vi prego di dirgli quanto gradita memoria io porti meco delle nostre relazioni ufficiali e personaLi e quanto profonda gratitudine per la bontà di sui S.M. l'Imperatore volle colmarmi quando ebbi l'onore di presentare a Sua Maestà i miei omaggi a Vienna e a Venezia. Vi prego anche de' miei complimenti al Barone Hoffman. Abbiate di nuovo, caro Conte, i miei ringraziamenti, vogliate mettermi ai piedi della Contessa.... (2).

675

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 55. Madrid, .24 marzo 1876 (per. il 30).

Durante tre giorni Madrid fu in festa per celebrare il ritorno del Re, il quale fece il 20 corrente il suo ingresso nella cap1tale alla testa di 26.000 uomini. Tutta la cit.tà trovavasi spendidamente parata, e straordinaria fu l'accorrenza dalle provincie. Il Re fu più o meno applaudito a seconda delle

vie da Lui percorse. Tuttavia l'impressione generale fu quella di un entusiasmo ufficiale. Per lo contrario le truppe vennero ovunque accolte colle più vive e spontanee dimostrazioni di affetto e di gratitudine. Spiccarono le manifestazioni entusiastiche prodigate al generale Martinez-Campos, H quale venne costantemente acclamato e coperto di fiori, come rare volte avvenne ai maggiori

vincitori.

Il corpo diplomatico avendo chiesto il favore di essere ammesso a presentare le sue felicitazioni al Re, fummo introdotti, nella giornata delli 21 corrente, alla presenza di Sua Maestà e della Principessa delle Asturie. Il Nunzio tenne un'allocuzione in cui erano espresse, in termini convenienti, le nostre felicitazioni per il pronto termine della guerra civile. Il Re rispose assai cortesemente, mostrandosi grato delle simpatie dimostrategli anche in questa circostanza dalle estere Potenze. Fu da noi tutti osservato l'aspetto

sparuto del giovine Monarca, prodotto forse dalle sofferte fatiche, ma non isfuggì parimente a nessuno la scomparsa della consueta giovialità.

Ora che i festeggiamenti sono trascorsi, e che Madrid riprende gradatamente l'usata fisionomia, si può con maggior calma appl'ezzare la situazione politica all'indomani della conclusione della guerra civHe.

Anzitutto commentansi i vivaci discorsi tenutisi all'occasione della discussione dell'indirizzo, e da taluno ironicamente venne osservato che dalle cose dettesi, quattro personaggi tengono uguale diritto di disporre dei destini della Spagna: il Re Alfonso, la Regina Isabella, il Duca di Montpensier, e MartinezCampos, designato dal grido popolare come l'uomo della situazione cioè come quegli che ad un tempo dato, porrà la sua spada nella bilancia.

Le difficoltà si accumulano e sempre più diviene fosca l'atmosrera p~itica. Il Presidente del Consiglio, il quale in uno dei suoi ultimi discorsi sembrava disposto a fulminare la parte più avanzata delle Cortes, dicesi si adoperi ora a calmare la giusta irritazione suscitata dalle sue ,imprudenti parole. Alcuni deputati di parte liberale, i quali tenevano intenzione di muo·vere interpellanze al Signor Canovas, abbandonarono per ora il loro progetto, in mira di non aggravare soverchiamente la situazione.

Il Breve Pontificio, di cui ebbi l'onore di tener parola all'E.V. nel mio rapporto n. 53 (1), solleva vivissimo malcontento nella stampa liberale; e la stampa ufficiosa trovasi assai imbarazzata nel rispondergli. Il Governo vorrebbe investire di ogni importanza quel documento, sostenendo ch'esso non è che una riproduzione della nota del Cardinale Antonelli, già caduta nel pubblico dominio, e che la Spagna, non essendosi ancora pronunziata sulla questione religiosa, è naturale che la Santa Sede difenda sino all'estremo il suo assunto, senza che per ciò il Governo ne rice•va offesa. In questo senso si 'espresse ieri il Presidente del Consiglio nel seno delle Cortes, lasciando gli animi però poco convinti di questa opinione del Gabinetto.

Altra questione destinata a sollevare prossime tempeste sarà quella della abolizione dei fueros, abolizione vivamente reclamata da ogni parte della Spagna, e che durante le :~!este servì di motto popolare. Il Governo non vorrebbe

lo si sollecitasse troppo, ma vorrebbe ottenere dalle Cortes una legge mediante la quale sarebbe lasciato in sua balìa di regolarsi a seconda delle opportunità.

Egli è vero che anche la parte liberale delle provincie sottomesse si dimostra avversa all'abolizione dei suoi privilegi, ma il sentimento nazionale in !spagna destasi imperioso contro il mantenimento d'uno stato di cose che contraddice alla unità politica, e può servire di fomento ad una nuova insurrezione. La timidità del Governo d'innanzi a questioni che esigono una pronta decisione può riuscirg1i fatale tanrto più allorché fra non molto il Signor Salaverria, Ministro delle finanze, si presenterà alla tribuna, e colla usata sua franchezza isvelerà come imminente una catastrofe finanziaria, dacché trovansi esauriti tutti i mezzi che la ritardarono sinora. Frattanto sono assicurato che il partito repubblicano, profittando di tutti questi errori preparasi in silenzio alla lotta, e non tarderà a trovare qualche generale malcontento, disposto a farsi esecutore dei suoi tenebrosi disegni.

(l) -In AVV si conserva una l. p. pari data con cui Visconti Venosta ringrazia Nigra per l'amichevole concorso datogli durante il suo lungo Ministero. (2) -Si pubblica qui un brano di una l. p. pari data di Robilant a Visconti Venosta (Carte Robilantl: « Alea jacta est, il telegrafo mi annuncia la comnosizione del nuovo Ministero, e quindi conviene rassegnarmi al fatto compiuto. Se i nuovi venuti vorranno di me, e se potrò continuare decorosamente a coprire la carica che la vostra fiducia ebbe ad affidarmi, andrò avanti, altrimenti non sarò nell'indecisione sulla risoluzione a prendere. Intanto però permettetemi che nel momento in cui cesso dall'essere sotto i vostri comandi, io vi esprima tutta la mia profonda gratitudine per la somma prova di fiducia che vi piacque darmi allorché ben poco ancora conoscendomi voleste chiamarmi a servir sotto di Voi in così importante ufficio. Se non ebbi a far intieramente fiasco alla prova, devo dichiararvi senza ambagi che sento unicamente doverlo a quella cosi simpatica direzione di cui sempre mi foste largo. La vostra indulgente benevolenza non mi venne mai meno un sol istante, ben naturale è quindi ch'io tenga a professarvene oggi la mia più sentita riconoscenza. La caduta del Ministero Minghetti causò qui in tutti i circoli la più spiacevole impressione, i giornali d'ogni colore si espressero in identico modo a riguardo della cessata amministrazione. Sul conto vostro poi in particolare mi sentii a dire cose che non potevano a meno di farmi sommo piacere mostrandomi quanto eravate giustamente apprezzato qui come ovunque. Gravi retaggi lasciate ai vostri successori, Dio voglia per l'avvenire dell'Italia ch'essi sentano i doveri loro imposti da una tal successione »

(l) Non pubblicato

<
APPENDICI

APPENDICE I

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione all'aprile 1875)

ARGENTINA

Buenos Aires -DELLA CRocE DI DoJOLA conte Enrico, tnviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NICOLIS DI RoBILANT conte Carlo Felice, maggior generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuRTOPASSI Francesco, consigliere; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, segretario; TERZAGHI Carlo, segretario; NICCOLINI Ca:rtlo, addetto onorario; RISTORI Giovanni Battista, addetto onorario; MAJNONI D'INTIGNANO Luigi, maggiore di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -GREPPI conte Giuseppe, inv,iato straordinario e ministro plenipotenziario (accreditato anche presso il granducato di Assia); ZANNINI conte Alessandro, segretario.

BELGIO

Bruxelles -BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenzial1io; GERBAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, segretario; BECCARIA INCISA marchese Emanuele, addetto.

BOLIVIA

GARROU Ippolito, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -CAVALCHINI-GAROFOLI barone Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, segretario.

CILE

Santiago -SANMINIATELLI Fabio, incaricato d'affari.

CINA

FE' n'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Tokio).

COSTARICA

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MINGHETTI AchHle, addetto onorario.

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RESMANN Costantino, segretario; AVARNA, dei duchi di Gualtieri, Giuseppe, addetto; GuAsco DI Bisio A!lessandro, addetto; LANZA conte Carlo, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (accredttato anche presso i regni di Prussia 'e di Sassonia, presso i granducati di Baden, di Sassonia, di Mecklemburgo Schwerin e Strelitz e di Oldemburgo e presso i ducati di Brunswick e di Sassonia Altemburgo, Coburgo-Gotha e Meining·en); Tosi Antonio, segretario; TUGINI Salvatore, segretario; D'ALBERTAS Felice, addetto.

GIAPPONE

Tokio -FE' n'OsTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LITTA-BIUMI-RESTA conte Balzarino, segretario; BECCADELLIBOLOGNA Paolo, principe di Camporeale, addetto onorario.

GRAN BRETAGNA

Londra -CADORNA Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE MARTINO Renato, segretario; CoNELLI DE' PROSPERI Carlo, segretario; CATALANI Tommaso, segretario; CAPPELLI, dei marchesi, Raffaele, addetto; DEGLI Ar.EssANDRI conte Giovanni, addetto onorario.

GRECIA

Atene -MIGLIORATI marchese Giovanni Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GALVAGNA barone Francesco, segretario.

GUATEMALA Guatemala -ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari.

HONDURAS ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala). MAROCCO Tangeri -ScovAsso Stefano, incaricato d'affari.

MESSICO Messico -BIAGI Giuseppe, incaricato d'affari.

NICARAGUA ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala). PAESI BASSI Aja -BERTINATTr Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRAMPERO conte Ottaviano, segretario.

PERU' Lima -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

PORTOGALLO

Lisbona -0LDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ScoTTI conte Alberto, segretario; DE FoRESTA Ernesto, addetto.

RUSSIA

Pietroburgo -ULrssE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAROCCHETTI barone Maurizio, segretario; AvoGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO, Luig;i, segretario; DALLA VALLE DI MIRABELLO marchese Alessandro, addetto; CARACCIOLO Dr BELLA marchese Giuseppe, addetto onorario.

SAN SALVADOR

ANFORA, dei duchi di Licignano, Giuseppe, incaricato d'affari (residente a Guatemala).

SPAGNA

Madrid -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAFFEI DI BoGLIO conte Alberto, consigliere, incaricato d'affarri; FRANCHETTI Giulio, segretario.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -CoRTI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; N.N., segretario.

SVEZIA E NOVERGIA

Stoccolma -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoBBIO Ettore, segretario.

SVIZZERA

Berna -MELEGARI Luigi Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTUSCELLI Ernesto, segretario; VIGONI Giorgio, segretario; HIERSCHEL DE' MINERBI Qscarre, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CovA Enrico, segretario; CoTTA Francesco, segretario; VERNONI Alessandro, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, alunno interprete.

VICEREAME D'EGITTO

Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente diplomatico e conso1e generale.

REGGENZA DI TUNISI

Tunisi -PINNA Luigi, agente diplomatico e console generale.

ROMANIA

Bucarest -FAVA barone Saverio, agente diplomatico e console generale.

SERBIA

Belgrado -JoANNINI CEVA DI SAN MICHELE conte Luigi, agente diplomatico e

console generale. URUGUAY Montevideo -CERRUTI Giovanni Battista, incaricato d'affari.

VENEZUELA Camcas -VIVIANI Giovanni Battista, incaricato d'affari.

WURTEMBERG

Stoccarda -RATI 0PIZZONI conte Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione all'aprile 187 5)

MINISTRO

VISCONTI VENOSTA Emilio, deputato ar Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE

ARTOM !sacco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle funzioni di segretario generale.

DIVISIONE POLITICA

TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, consigliere di legazione, reggente la divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del Ministro Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche -Cifra e telegrammi.

RIVA Alessandro, segretario di 2" classe; PANSA Alberto, segretario di 2• classe; BIANCHI DI LAVAGNA Francesco, sottosegretario di P classe.

UFFICIO II

Personale del Ministero, delle Legazioni e dei Corrieri di Gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di Corte -Cancelleria dell'Ordine della SS. Annunziata -Biblioteca -Archivi.

BERTOLLA Giuseppe, archivista capo di l" classe; SEvEz Lorenzo, archivista capo di 2" classe; ALINARI Enrico, archivista di 3" classe; GABUTTI Pasquale Pietro, ufficiale d'ordine.

RAGIONERIA

Bilancio -Contabilità generale dei RR. Agenti diplomatici e consolari Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa.

CATTANEO Angelo, ragioniere capo; ODETTI DI MARCORENGO Edoardo, segretario di 2• classe, supplente ragioniere

capo; BERNONI LUIGI, ragioniere di l a classe; GuGLIELMINETTI Giuseppe, ragioniere di 2" classe; BELLISOMI Lodovico, computista di l" classe.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale -Personale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur degli Agenti esteri.

BARILARI Federico, sottosegretario di 2' classe; BERTOLLA Cesare, sottosegretario di 2a classe.

DIVISIONE I

DE VEILLET Francesco, direttore capo di divisione di 1• classe.

UFFICIO I

Corrispondenza coi R.R. Agenti diplomatici e consolari residenti presso i diversi stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia; coi Ministeri, colle Autorità e coi privati in tutte le materie non politiche, né commerciali.

ScHMUCKER barone Pompeo, capo sezione di 2• classe; CAVACECE Emilio, segretario di l a classe; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario di l a classe; MONTERSINO Francesco, segretario di l a classe; CAPELLO Carlo Felice, segretario di 2• classe; BAZZONI Augusto, segretario di 2a classe; 0RFINI conte Ercole, sottosegretario di l' classe; VACCAJ Giulio, sottosegretario di 2' classe;

FASSATI DI BALZOLA Ferdinando, sottosegretario di a• classe; MANASSERO DI CosTIGLIOLE Vincenzo, sottosegretal1iO di a· classe; CASTELLI Stefano, console di 2• classe, addetto all'ufficio; MADDALENA Giuseppe, vice console di l" classe, addetto all'ufficio.

UFFICIO II

Corrispondenza coi RR. Agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero Ottomano, in Asia, Africa ed America, e cogli Agenti diplomatici e consolari di detti paesi in Italia; coi Ministeri, colle Autoritd e coi privati, in tutte le materie non politiche né commerciali.

BIANCHINI Domenico, capo sezione di 2• classe; MILIOTTI Luigi, segretario di 1• classe; MAssA Nicol'Ò, sottosegJ.'Ietario di l" classe; PIRRONE Giuseppe, sottosegretario di 2• classe.

DIVISIONE II

MALVANO Giacomo, direttore capo di divisione di 2• classe.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, consolari, monetarie, doganali, postali e telegrafiche ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino consolare.

DE GOYZUETA, dei marchesi di Toverena, Francesco, capo sezione di 1• classe; BOREA D'OLMO marchese Giovanni Battista, segretario di 1• classe; PucciONI Emilio, sottosegretario di 1• classe; DEL CASTILLO DI S. ONOFRIO marchese Ugo, sottosegretario di 1• classe; BARDI Alessandro, sottosegretario di 2' classe; PAGANUZZI Daniele, sottosegretario di 3" classe; DE ANGIOLI Eugenio, uffioialle d'ordine.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa alle successioni di nazionali all'estero ed agli atti di stato civile rogati all'estero.

SANTASILIA Nicola, capo sezione di 1• classe: CASELLI Carlo, segretario di 2• classe; BARILARI Pompeo, sottosegretario di 3" classe; NARDUCCI Augusto, volontario.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Economato -Servizio interno.

BROFFERIO Tullio, archivista di 1• classe. DE NoBILI Achille, archivista di 2• classe.

PASSAPORTI E LEGALIZZAZIONI

PAPINI Andrea, archivista capo di 2• classe.

ISPETTORE GENERALE (ONORARIO) DEI CONSOLATI

NEGRI Cristoforo, console generale di l • classe a riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

INTERPRETI

TKALAC Emerico, interprete di l" classe; VALERGA Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

CORRIERI DI GABINETTO

Corrieri di Gabinetto di l" classe -ARMILLET Giuseppe; ANIELLI Eugenio. Corrieri di Gabinetto di 2" classe -VILLA Antonio; LoNGO Giuseppe.

USCIERI

Capi uscieri: CAVAGNINO Pietro; FERRERO Antonio; CARELLO Giuseppe.

Uscieri: Rossi Antonio; SAROGLIA Giuseppe; Bo Ignazio; BRUNERI Michele; DONZINO Domenico; MoRoNE Giovanni Battista; BERNARDI Lodovico; ZEI Giuseppe; DE MATTEIS Giacomo; BRUSA Luigi; VILLANI Antonio; CoMPAGNO Lorenzo; RosA Ettore.

Inserviente: CRAVANZOLA Luigi.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Qu,estioni di diritto internazionale, di nazionalità, di leva, interpretazione di trattati, ecc.

PRESIDENTE

N. N.

VICE PRESIDENTE

VrGLIANI Paolo Onorato, senator,e del Regno, ministro di Stato.

CONSIGLIERI

Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri; MIRAGLIA Giuseppe, senato11e del Regno, primo presidente della Corte d'Appello di Roma; ALFIERI DI SOSTEGNO marchese Carlo, senatore del Regno; GUERRIERI-GONZAGA marchese Anselmo, deputato al Parlamento; RAELI Matteo, consigliere di Stato; TABARRINI Marco, senatore del Regno, consigliere di Stato; MAURI Achille, senatore del Regno, consigliere di Stato.

SEGRETARIO

Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri.

SEGRETARIO AGGIUNTO

BIANCHINI Domenico, capo sezione presso il Ministero degli Affari Esteri.

APPENDICE III

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione all'aprile 1875)

Argentina -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Austria Ungheria -WIMPFFEN conte Felix, invia·to straordinario e ministro plenipotenziario; PASETTI voN FRIEDENBURG barone Marius, segretario; VoN SCHWARTZ-MOHRENSTERN, segretario; VON BIEGELEBEN barone Rudiger, Se·gretario; LuTzow conte Franz, addetto; ScHOFER J., addetto; VoN HAYMERLE, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Baviera -VoN BIBRA barone Alfred, inviato straordinario e miJUistro plenipo.tenziario; VoN TAUTPHOEUS barone Rudolf, consigliere.

Belgio -VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HooRICKX Frédérdc, consigliere; LE GHAIT Alfred, segretario.

Brasile -DE JAVARY barone Joao, ministro re,sidente; ITIBERE DA CuNHA B., addetto; HALVÉ DE CARVALHO H., addetto.

Costarica -DE LINDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Danimarca -FRIEDERICHSEN DE KJOER Fritz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -DE NOAILLES marchese Emmanuel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TIBY Vietar, primo segretario; DE GROUCHY, visconte, secondo segretario; BRIN barone L., terzo segretario; Du MAREUIL, visconte, addetto; DE VoiZE, addetto; LEMOYNE, capo squadrone di Stato Maggiore, addetto militare.

Germania -VoN KEUDELL Robert, inv,ìato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN LYNAR, principe, consigliere; VoN SCHWEITZER, barone, addetto, VoN HASPERG maggiore Gus.tav, addetto; VoN Bi.JLOW, addetto; VoN PoRTATIUS, capitano, addetto militare.

Giappone -KAVASE MATASAKA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAKURADA, segretario; AssAi', addetto interprete; TANAKA, addetto.

Gran Bretagna -BERKELEY PAGET sir Augustus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HERRIES Edward, primo segretario; LASCELLES Frank Cavendish, secondo segretario; KENNEDY John Gordon, terzo segretario; MuRRAY Charles James, addetto; HowARD capitano Edward Henry, addetto navale.

Grecia -MELITOPOULOS Leonidas, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Honduras -THIRION DE MONTAUBAN Julio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Nicaragua -DE FRANCO José Tomaso, ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, ministro residente.

Portogallo -FERREIRA BoRGES DE CASTRO V'isconte· José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE ToVAR, segretario; DE SA NoGUEIRA, maggiore, addetto militare.

Russia -D'UxKULL-GYLLENBANDT barone Karl, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SCHEWITCH barone Dimitd, primo segretario; DI BENKENDORFF conte Aleksandr, secondo segretario; NowiTZKY, generale, agente militare; ScHESTAcow, contrammiraglio, agente di marina.

S. Salvador -SUAREZ Francisco da Paola, inviato straordinario e ministro plenipotenziar·io.

Spagna -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL MORAL marchese, primo segretario; CoRDERO Santiago Alonso, secondo segretario; RICA v CALVO José, terzo segretario.

Stati Uniti -MARSH George Perkins, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WURTS George W., segretario.

Svezia e Norvegia -DI EssEN barone Hans Eric, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoNDE, barone, addetto.

Svizzera -ProDA Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Luigi, segretario.

Turchia -CARATHEODORY, Alessandro, effendi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CHRYSSIDI effendi, primo segretario; DJEMAL bey, secondo segretario.

Uruguay -ANTONINI v DIEZ Paolo, ministro residente.